Cap. VI: Esempi di datazione magnetica (Dating case studies)
In questo capitolo proveremo ad esaminare alcuni esempi applicati di datazione magnetica fra
quelli disponibili nella letteratura scientifica: alcune evidenze magnetiche legate all’eruzione del
Vesuvio del 79 d.C.; alcune datazioni di materiali pittorici conservati nella Provincia di Torino;
la datazione di un forno del 1700 nell’Inghilterra meridionale (Dogmersfield Park).
Il materiale qui raccolto è tratto dalle seguenti pubblicazioni:
• G.Chiari, R. Lanza et al., Physics of the Earth and Planetary Interiors 118 (2000) 227-240
• R. Lanza, G. Chiari. Pictorial remanent magnetization as an indicator of secular variation of
the Earth’s magnetic field. Physics of the Earth and Planetary Interiors 101 (1997) 79-83
• Zanella, E., Gurioli, L., Chiari, G., Ciarallo, A., Cioni, R. De Carolis, E., Lanza, R,
Archaeomagnetic results from mural paintings and pyroclastic rocks in Pompeii and
Herculaneum, Physics of the Earth and Planetary Interiors 118 2000. 227–240
• Lluís Casas, Paul Linford, and John Shaw, Journal of Archaeological Science, Vol. 34, Issue
2, (2007), 205-213
Pompei ed Ercolano
L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è stata l'eruzione di tipo esplosivo più conosciuta, non solo
del Vesuvio, ma di tutta la storia della vulcanologia. Essa è stata descritta in due lettere di
Plinio il Giovane (61-114 d.C.) allo storico Tacito. Tali lettere costituiscono la prima descrizione
di un'eruzione e da qui nacque la denominazione di eruzione “pliniana” per questo tipo di
fenomeno eruttivo, particolarmente violento e distruttivo. Nell'eruzione, Pompei ed Ercolano
furono completamente distrutte e molte altre città furono fortemente danneggiate fra cui
Oplonti e Stabia, dove probabilmente Plinio il Vecchio trovò la morte all'età di 56 anni.
Figura 24: visione schematica dell’area del Vesuvio interessata dall’eruzione del 79 d.C.. L’area di
Pompei (Sud-Est) fu colpita anche dal cono (grigio scuro) formato dal materiale gassoso e solido
(piroclastico) fuoriuscito dal vulcano; Ercolano (Ovest) fu sepolta anche a causa di frane causate
dall’eruzione.
Campionamento
I materiali sottoposti ad analisi sono stati prelevati dagli scavi di Pompei ed Ercolano. A
Pompei, pigmento (ematite) da affreschi (Case dei fauni, Casa di Fabio Rufo, Casa di Giulio
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Polibio, Terme Stabiane) e tegole (Villa dei papiri e Villa rustica). A Ercolano: da una sezione
della “Parete a mare” sono stati estratti frammenti di tegole e materiale piroclastico (Fig. 25).
Approfondimento: Le lettere di Plinio il Giovane sull’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Diversi anni dopo l'eruzione del 79 d.C. lo storico Caio Cornelio Tacito, dovendo scrivere un
racconto storico di quegli anni chiese all'amico Plinio il Giovane di fornirgli notizie relative alla
morte di suo zio Caio Plinio Secondo (noto come Plinio il Vecchio, 23-79 d.C.) comandante della
flotta romana di stanza a Miseno - uno dei porti più importanti dell'impero- ed autore della
Historia Naturalis, un'enorme enciclopedia di 37 volumi. Al tempo dell'eruzione il diciottenne
Plinio il Giovane, segretario imperiale di Traiano, viveva con la madre presso lo zio, in quanto
orfano di padre. Tacito fu così interessato dalla prima lettera, che riscrisse a Plinio il Giovane per
chiedergli una seconda lettera che lo ragguagliasse sulla sorte sua e di sua madre, dopo la
morte dello zio. Le lettere furono scritte quindi su richiesta di Tacito e descrivono i danni subiti
da Plinio il Giovane e della morte dello zio Plinio il Vecchio. E' probabile però, che lo zio sia
morto per cause cardiache e non per l’eruzione, come racconta Plinio il Giovane.
Le lettere descrivono, inoltre il susseguirsi dei fenomeni eruttivi ed i loro effetti quali le scosse
sismiche che preludono all'eruzione, la grande colonna di cenere e gas a forma di pino, le
ricadute di ceneri e di pomici che seppelliscono gli edifici, gravando sui tetti e ostruendo le vie
respiratorie degli abitanti e la totale oscurità. Secondo le lettere l'eruzione sarebbe iniziata a
mezzogiorno del 24 agosto e terminata intorno alle 6 del pomeriggio del 25. E' da rilevare che a
quell'epoca il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e sulle sue pendici sorgevano
diverse floride città. L'eruzione fu preceduta da una serie di terremoti come testimoniato dalle
tracce di lavori di riparazione provvisori effettuati poco prima dell'evento eruttivo e rinvenuti in
molte case distrutte dall'eruzione e riportate alla luce dagli scavi archeologici. Il terremoto più
grave avvenne nell'anno 62 o 63 d.C. e fu avvertito anche a Napoli e a Nocera, dove si
verificarono alcuni danni.
Dallo studio dei prodotti dell'eruzione del 79 d.C. osservati a Pompei e nelle altre città distrutte
è stato possibile ricostruire la dinamica e la successione dei fenomeni eruttivi tipici di
un'eruzione pliniana. Si possono così distinguere tre fasi:
• La prima fase, iniziata all'incirca alle ore 13 del 24 agosto, fu caratterizzata dall'interazione
magma-acqua (attività freatomagmatica) con apertura del condotto vulcanico ed accompagnata
da una serie di forti esplosioni.
• La seconda fase, durata fino alle ore 8 del 25 agosto, fu caratterizzata dalla formazione di una
colonna di gas, ceneri, frammenti litici e pomici bianche e grigie alta circa 15 km al di sopra del
vulcano accompagnata da frequenti terremoti. Secondo alcuni autori la nube raggiunse
probabilmente un'altezza di 26 km durante la fase delle pomici bianche e successivamente di 32
km durante quella delle pomici grigie. I volumi di magma emessi nelle due fasi delle pomici, che
a Pompei formano un deposito con spessore di circa 4 m, ammontarono rispettivamente a 1 e
2.6 km3. Durante la notte molte persone, approfittando di una stasi dell'attività eruttiva, fecero
ritorno alle proprie case, ma nella mattinata del 25 soffrirono della ripresa dell'attività. Si
verificò, infatti, il collasso completo della colonna eruttiva con conseguente formazione di flussi
piroclastici che si distribuirono radialmente rispetto al centro eruttivo e causarono la distruzione
totale dell'area di Ercolano, Pompei e Stabia. In seguito si formò una nuova grande nube
eruttiva il cui collasso diede origine ad una serie di surges piroclastici che riversandosi verso
valle ad altissima velocità seppellirono tutto quanto incontrarono lungo il loro cammino. Ercolano
soffrì particolarmente durante questa fase.
• Nella terza fase, durata fino alla tarda mattinata del 25 agosto, continuarono a formarsi i flussi
piroclastici mentre la grande nube raggiunse Capo Miseno. Durante questa eruzione furono
emessi circa 3-4 km3 di magma con una portata di circa 40 mila m3 al secondo.
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Figura 25: Diagrammi di Zijdervald di materiale piroclastico recuperato a Ercolano. I cerchi pieni
connotano la Declinazione, i quadrati pieni l’Inclinazione, rilevate dopo trattamento termico
smagnetizzante progressivo fra T = 20 °C e 540 °C (sinistra) e dopo applicazione di campi AC
smagnetizzanti (destra) con intensità crescente da 0 a 90 mT. Sugli assi x e y sono riportati valori di
intensità del campo (H espresso in A/m = SI).
Dalla figura 25 si osserva che i due diversi procedimenti di smagnetizzazione (applicazione di T
e di un campo alternato AC) operati sui due campioni hanno prodotto risultati comparabili, sia
per quanto riguarda i valori di Declinazione e Inclinazione rilevati, sia per quanto riguarda la
progressiva perdita della magnetizzazione rimanente. Inoltre, Declinazione e Inclinazione nei
due campioni sono identificabili con incertezza contenuta. La figura 26 mostra alcuni dati
relativi alla magnetizzazione dei campioni a campi elevati (Hmax ~ 2 T). Le informazioni
petrografiche, chimiche, geometriche e dimensionali dei campioni sono quasi sempre
indispensabili per comprenderne coerentemente il comportamento magnetico.
Fig. 26: Magnetizzazione di saturazione, (o curve di magnetizzazione: I quadrante) ottenute su
campioni di pigmento prelevati a Pompei 1) dalla casa di C. Iulius Polybius: campione PO8,
composto di ematite e goethite, e 2) dalle Thermae Stabianae: campione TS42, principalmente
costituto di ematite.
L’Intensità di magnetizzazione è riportata come momento magnetico (IRM = Am2, non diviso
per unità di volume o di massa) in funzione del campo applicato (misurato in Tesla = non
conforme al SI). La scala del campo applicato è logaritmica. Si noti anche la difficoltà a
raggiungere un valore di saturazione magnetica in entrambi i campioni, dovuta alla presenza di
ematite.
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La componente di alta T (250-570°C) è
quella originaria della tegola, acquisita
durante la cottura dell’argilla, non più
riconducibile a una direzione correlabile con
il campo terrestre.
La componente (secondaria) della NRM a
bassa T (0-250 °C) è stata acquisita
durante l’eruzione, dopo la distruzione
dell’edificio, allineata con NRM dei materiali
vulcanici
Figura 26: frammento di tegola di Pompei sottoposto a smagnetizzazione Termica fra 0 °C e 570 °C.
Declinazione (•); Inclinazione (♦). Si osservano due componenti della NRM (0 - 250 °C) + (250 – 570 °C), a
indicare due NRM di diversa origine.
PiRM (Pictorial Remanent Magnetization)
RISULTATI SPERIMENTALI SULL’ACQUISIZIONE DELLA MAGNETIZZAZIONE RIMANENTE NELLE
PITTURE MURALI di S. Saudino, R. Lanza, Dipartimento di Scienze della Terra, Università di
Torino e G. Chiari, Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche, Università di Torino
È stato recentemente dimostrato che il colore rosso preparato con pigmento di ematite,
quando è applicato su un muro, acquisisce una magnetizzazione rimanente (PiRM,
magnetizzazione rimanente pittorica) di intensità dell’ordine di 0.1-1 A/m e direzione prossima
a quella del campo magnetico terrestre. La PiRM resta fissata quando il colore asciuga e può
conservarsi inalterata per lungo tempo. Il fenomeno è quindi utilizzabile come strumento di
indagine archeo-magnetica. Data però la scarsità di indagini finora eseguite, non è ancora
chiaro quanto fedele sia la registrazione del campo ambientale da parte della PiRM.
Da parte degli autori sopra citati, sono stati presentati i risultati di prove sperimentali eseguite
dipingendo pannelli di cartongesso accuratamente orientati rispetto al campo magnetico
terrestre. La pittura è stata eseguita con la tecnica a tempera, utilizzando quattro pigmenti
diversi, tutti a base di ematite e di largo impiego nelle pitture italiane degli ultimi secoli. Lo
strato di pigmento si è dimostrato capace di acquisire una rimanenza magnetica pittorica
(PiRM), con direzione statisticamente identica a quella del CMT (1° < α95 < 5°). In diversi casi,
però, la PiRM è risultata sistematicamente deviata, fino a 12°, lungo la direzione orizzontale
della superficie pittorica. Questa prima serie di prove ha riguardato l’affidabilità delle misure di
magnetizzazione rimanente eseguite con un magnetometro spinner JR-5. Gli esperimenti
hanno dimostrato che le misure sono praticamente indipendenti dalla posizione del dischetto e
sono ripetibili quando il momento magnetico del campione è maggiore di 10-9 Am2; per
momenti minori, il rumore strumentale e la non perfetta compensazione del portacampioni
introducono errori rilevanti.
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Successivamente, si è proceduto a controllare il parallelismo tra la direzione della PiRM e quella
del campo magnetico terrestre (a Torino) per diverse orientazioni della superficie dipinta.
Latitudine
L
on
g
i
tu
d
i
ne
Fig. 27: (Sinistra) La città di Torino si colloca, rispetto alle coordinate geografiche: Latitudine:
44° 20’ N, Longitudine: 7° 37’ E; rispetto alle coordinate magnetiche: Declinazione: D = 0°,
Inclinazione: I = 64°. (Destra) Proiezione su diagramma polare dei valori di Declinazione
(posizione rispetto agli assi NSOW) e Inclinazione (distanza angolo radiale, fra centro e
perimetro) dei campioni artificialmente riprodotti per la misura della PiRM. La stella riportata
nel grafico corrisponde ai valori di direzione del campo terrestre attualmente riscontrati a
Torino.
I valori medi, ottenuti dalle misure eseguite su 10 campioni, presentano una dispersione molto
ridotta (< 3°) e in genere la deviazione dalla direzione attesa è dello stesso ordine di
grandezza della dispersione. In alcuni casi, come quello di superficie dipinta sul piano
orizzontale, la deviazione è maggiore (fino a 12°) e statisticamente significativa a causa di un
effetto secondario di rimanenza magnetica, di tipo detritale (DRM). La DRM additiva potrebbe
essere causata dal fatto che i granuli di ematite hanno prevalentemente forma di piastrine, che
potrebbero tendere a disporsi parallelamente alla pellicola di colore; in questo caso, i loro
momenti magnetici sarebbero sistematicamente deviati referenzialmente verso il piano della
pellicola stessa.
Figura 28: rappresentazione schematica di un dipinto murale. I granuli bianchi rappresentano
le piastrine di ematite; h è lo spessore dello strato di pigmento (alcune decine di µm); F
rappresenta il CMT.
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L’eventuale orientazione preferenziale delle piastrine è stata controllata tramite misure di
anisotropia magnetica. Le prove di acquisizione della magnetizzazione rimanente isoterma
(IRM) hanno dimostrato un grado di anisotropia diverso da pigmento a pigmento, ma nel
complesso hanno permesso di osservare che l’asse di facile magnetizzazione dei granuli di
ematite giace sempre lungo il piano parallelo alla superficie dello strato pittorico. Questa
osservazione è stata interpretata come risultato di un’orientazione preferenziale delle piastrine
di ematite che si formano secondo direzioni cristallografiche definite, tali che le loro direzioni di
magnetizzazione facile e difficile sono rispettivamente parallela e ortogonale al piano definito
dalla piastrina. L’orientazione preferenziale spiega la distribuzione elevata osservata nella PiRM
dei campioni artificiali rispetto al CMT (Fig. 27, destra).
I risultati ottenuti hanno dimostrato che la direzione della PiRM può essere sistematicamente
deviata rispetto alla direzione del campo magnetico terrestre presente all’epoca di esecuzione
del dipinto, e che la deviazione dipende dal grado di anisotropia della pellicola di colore
(maggiore anisotropia = maggiore deviazione) e dall’angolo che la pittura murale forma con il
Nord magnetico. L’errore sistematico può essere valutato eseguendo misure di anisotropia
della magnetizzazione rimanente, ad esempio la IRM, e in ogni caso ridotto considerando la
direzione media ricavata da campioni prelevati da muri con diversa orientazione.
Successivamente misure di PiRM sono state eseguite su alcuni campioni prelevati in alcuni
edifici storici dell’area torinese (Villa della Regina, Tetti Grandi, Abbazia di Novalesa in Val di
Susa ). Alcuni risultati sono mostrati nei diagrammi di Zijdervald di figura 29. I dati relativi
all’Abbazia di Novalesa sono riportati in Figura 30.
Diagrammi di Zijderveld, area di Torino
Tetti Grandi (1954)
Villa della Regina (1740)
Figura 29: Diagrammi di Zijderveld su campioni di affresco prelevati a Tetti Grandi (sinistra) e Villa della
Regina (destra). (+) Inclinazione, (♦) Declinazione. Il processo di smagnetizzazione è avvenuto tramite
applicazione di un campo AC fra 0 e 40 mT (campione Tetti), e fra 0 e 100 mT (campione Villa).
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Novalesa (Susa), 1826
NRM: dispersione dei dati
sperimentali “grezzi”
Characteristic Remanent Magnetization CRM:
(dopo selezione/pulizia dei dati di NRM
outlayer, rilevati attraverso applicazione di
campi AC)
Figura 30: proiezione polare dei dati di PiRM rilevati su campioni di pittura da affreschi di
Novalesa prima NRM complessiva (sinistra) e dopo, ChRM (destra), smagnetizzazione mediante
campo AC. Dati sperimentali (•); Valore medio calcolato ().
Nel complesso, tutti i valori sperimentali raccolti sono stati elaborati e raggruppati in grafico in
figura 31, in funzione dei valori di Declinazione e Inclinazione riscontrati. Il confronto è con la
curva di Variazione secolare di Roma e con quella ricostruita per Torino.
Figura 31: Confronto della Variazione Secolare del CMT per la regione di Torino (linea
tratteggiata) ottenuta per correzione in Declinazione e Inclinazione dei dati di Roma (linea
continua) con i valori di D e I misurati sui campioni provenienti da Villa della Regina, Novalesa,
Tetti Grandi (λ) o ricavati da fonti storiche (+).
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Datazione archeomagnetica di un forno in mattoni di Dogmersfield Park (Inghilterra
Meridionale) Lluís Casas, Paul Linford, and John Shaw
La datazione archeo-magnetica di campioni prelevati da un forno di mattoni scoperto a
Dogmersfield Park è stata ottenuta grazie al rilievo della direzione (D e I) e dell’Intensità (I)
della NMR misurata. Le misure archeo-magnetiche sono state confrontate con una
distribuzione di probabilità di abbinamento rispetto alla variazione secolare del campo terrestre
nel luogo del prelievo. Per i tre campioni misurati la datazione corrisponde ad un’età prossima
al 1700 d.C..
Quando si combinano le probabilità di distribuzione della datazione su ogni parametro (D, I, F)
si ottiene una distribuzione maggiormente ristretta (accurata), a sottolineare l’importanza di
una misura integrata della direzione e dell’intensità, durante l’analisi archeo-magnetica.
Nel complesso le rilevazioni archeo-magnetiche hanno fornito i seguenti valori:
L’età del forno ( ~ 1700) stimata grazie al confronto con le curve di Variazione secolare (figura
32), ovvero è consistente con quella ottenibile da fonti storiche.
Figura 32: datazione dei campioni di Dogmersfield Park. (Sinistra) confronto dei valori
sperimentali (linea tratteggiata) con le curve di variazione secolare (linea continua) per
(dall’alto
verso
il
basso)
archeo-Declinazione,
archeo-Inclinazione
e
archeoIntensità.(Destra) Corrispondente probabilità di distribuzione dell’età di datazione per D, I e
F e; in basso, valore di distribuzione della datazione combinato su D-I-F.
La data di utilizzo del forno, secondo alcuni documenti, corrisponde al periodo 1698–1719 d.C..
Questo lavoro consente di aggiungere con ottima accuratezza i dati del forno di Dogmersfield
al vettore della Variazione secolare del CMT della regione di Dogmersfield Park (longitudine
0.9°W, latitudine 51.3°N). I valori di Variazione secolare disponibili per l’Inghilterra Meridionale
degli ultimi 400 anni sono particolarmente attendibili, confrontati attraverso dati sperimentali e
fonti storiche.
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Appunti Parte VI