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pubblicazioni
Medicina penitenziaria: l’esperienza
dell’equipe infermieristica dell’ A.O.
San Paolo di Milano
di Martina Melesi, Coordinatrice U.O. Medicina Penitenziaria A.O. San Paolo e altri*
I
ntroduzione
Il presente lavoro si propone di illustrare l’attività dell’unità operativa Medicina Penitenziaria
nata all’interno dell’Azienda Ospedaliera San
Paolo di Milano nel 2001.
Questo particolare reparto di degenza nasce
dalla necessità di creare una struttura idonea
all’accoglienza di detenuti affetti da patologie
non sempre curabili con le risorse sanitarie a
disposizione dei vari istituti penitenziari italiani. Si ottimizzano così al meglio le risorse
umane addette alla vigilanza contribuendo
sensibilmente alla riduzione dei costi inerenti
all’organizzazione delle traduzioni (si veda
glossario) esterne dai vari istituti di pena
verso le strutture ospedaliere del territorio
nazionale.
La Regione Lombardia in accordo con il
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria,
hanno concordato la realizzazione della prima
struttura-pilota in Italia all’interno dell’Azienda
Ospedaliera San Paolo di Milano.
Una realtà nuova, quindi, istituita in conformità alle normative vigenti riguardanti il riordino della medicina penitenziaria (D.L. 239/99
“Riordino della medicina penitenziaria a
norma dell’articolo 5 della legge 30 Novembre
1998, n°419) con carattere di multidisciplinarietà destinata esclusivamente al ricovero di
detenuti uomini.
La peculiarità del reparto è riscontrabile non
tanto nella casistica (necessariamente eterogenea - si veda a tal proposito tabella e grafico
1) quanto nelle specifiche necessità del
paziente detenuto.
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Il reparto, inaugurato nel 2001 con 12 posti
letto e 2 di Terapia Sub Intensiva (TSI), nell’arco di sei mesi ha vissuto un grande incremento dell’attività, determinato da un lato dall’aumento della richiesta di ricoveri dall’esterno, dall’altro dalla necessità di monitorare nel
tempo i pz. affetti da patologie croniche.
L’evoluzione è stata la seguente:
2001:
2004:
2005:
2007:
12
16
19
20
pz.
pz.
pz.
pz.
+
+
+
+
2
2
2
2
T.S.I.
T.S.I. + DH (Day Hospital)
T.S.I. + DS (Day Surgery)
T.S.I. + DS
Attualmente l’incremento dell’attività del reparto ha reso possibile l’attivazione totale dei 20
posti letto + 2 di TSI + il DH e il DS (fatta eccezione quando vi sono casi di isolamento sanitario e/o giuridico che ovviamente precludono
l’utilizzo della totalità dei posti).
Tabella 1. Prevalenza patologie anno 2007 (n=567)
Pz con cardiopatia ischemica
150 27%
Pz con HCV+HBV
110 20%
Pz con infezione da HIV
45
9%
Pz con patologie respiratorie
110 20%
Pz con patologie gastroenteriche
107 19%
Pz con patologie uronefrologiche
78 14%
Pz con patologie neurologiche
65 12%
Pz con patologie onco-ematologiche
60 11%
Pz con sottoposti ad interventi chirurgici 80 15%
Età media dei pazienti: 48 anni
Pazienti extracomunitari 140 (25%)
Pazienti tossicodipendenti 110 (20%)
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Grafico1. prevalenza patologie anno 2007
le ambulanze, i mezzi di servizio della polizia
penitenziaria e per il personale sanitario e non,
che vi lavora; uno interno per i servizi e per i
consulenti sanitari che accedono dagli altri
reparti dell’ospedale.
L’accesso è regolamentato e consentito solo al
personale sanitario registrato in una apposita
lista nominativa in possesso del personale di
polizia penitenziaria in cui vengono specificati
il motivo d’ingresso e l’autorizzazione a portare all’interno strumentazioni per eseguire indagini diagnostiche.
Tutti gli operatori sono tenuti comunque a
depositare i telefoni cellulari ed eventuali
oggetti ritenuti non idonei in appositi armadietti situati all’ingresso e sottoporsi al controllo con il metal detector.
Gli spazi all’interno del reparto sono suddivisi
e fra loro separati: la degenza vera e propria
con gli studi medici ed i locali infermieristici e
l’area dedicata agli agenti di polizia penitenziaria nella quale è situata la sala colloqui, ove
avvengono gli incontri tra i detenuti e i parenti, le associazioni di volontariato, assistente
legale, autorità giudiziaria.
Le risorse umane impiegate
Ubicazione e struttura del reparto
L’unità Operativa di Medicina penitenziaria
La collocazione del reparto risulta centrale
afferisce al Dipartimento Medicina, dipartirispetto ai servizi diagnostici, al comparto opemento il cui criterio di aggregazione è per
ratorio, alla rianimazione ed al poliambulatograndi aree specialistiche; nello specifico la
rio, questo per facilitarne l’accesso utilizzando
Medicina Penitenziaria accoglie i pazienti in
percorsi più rapidi e sicuri.
regime di detenzione con particolare orientaStrutturalmente presenta caratteristiche finalizmento alla patologia cardiovascolare, metabozate a garantire la massima sicurezza sia all’ingresso che nelle zone perimetrali:
A: porte blindate elettropneumatiche
dotate di vetri con intelaiatura e
chiusura blindata;
B: stanze di degenza dotate di bagno
e di spioncino verificabile dall’esterno (come negli istituti penitenziari);
C: impiego di sofisticate apparecchiature di vigilanza, come telecamere a circuito chiuso con centrale di
controllo monitorizzata e sistema
anti intrusione a raggi infrarossi.
Il reparto è inoltre dotato di due
accessi: uno esterno autonomo per
Struttura gerarchica personale sanitario Medicina Penitenziaria.
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lica ed infettiva.
Sono presenti due componenti ben distinte,
quella sanitaria e quella dedicata alla sorveglianza/sicurezza, con due ruoli diversi ma che
comunque debbono costantemente integrarsi
fra loro.
La turnazione è articolata su tre turni di servizio nelle 24 ore e l’Operatore Socio Sanitario
(OSS) è affiancato al personale infermieristico.
Si è reso indispensabile istituire un servizio di
pronta Disponibilità infermieristica, limitato
alla sola U.O. di Medicina Penitenziaria in
quanto per problemi contingenti alla sicurezza
non è possibile attingere all’istituto della pronta disponibilità infermieristica già presente in
Azienda. Oggi, l’aumento della complessità
assistenziale e la completa saturazione dei
posti letto implica necessariamente una revisione delle risorse umane dedicate.
Il corpo degli Agenti di Polizia Penitenziaria
(P.P.) è composto da una struttura gerarchica
dove al vertice c’è un Sostituto Commissario di
P.P. (S.C.P.P.), responsabile della sicurezza del
reparto, coadiuvato da 24 agenti di P.P. suddivisi per grado ed anzianità di servizio la cui
attività consiste principalmente nella sorveglianza dei pazienti/detenuti all’interno
dell’U.O. e nella gestione delle traduzioni nella
loro complessità.
Al corpo degli Agenti di P.P. compete la delicata valutazione in merito alla compatibilità
giudiziaria dei pazienti/detenuti che afferiscono al reparto dai vari istituti di pena, conciliandola con le attività sanitarie richieste dal
ricovero.
È importante specificare che la componente
sanitaria NON viene in possesso della documentazione giudiziaria che accompagna il
paziente e non entra in merito ad alcuna decisione che implichi tale aspetto.
L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA
L’assistenza infermieristica in medicina penitenziaria non è impresa facile: una realtà da
scoprire ed inventare con tanti vincoli imposti
e poche certezze; uno scenario dove l’infermiere deve sviluppare un’abilità nuova: oltre a
quella organizzativa e gestionale che tiene in
30
considerazione gli aspetti peculiari del reparto,
anche quella comunicativo-relazionale con il
paziente, con i componenti dell’équipe sanitaria e con una terza componente rappresentata
dagli agenti di polizia penitenziaria abituati a
lavorare in una realtà totalmente diversa da
quella sanitaria.
Per quanto concerne gli aspetti organizzativi e
gestionali il primo intervento è stato quello di
stilare delle linee guida al fine di regolamentare le attività di reparto, analizzandole successivamente con il Sostituto Commissario di P.P.
per adattarle alle norme di sorveglianza e sicurezza imposte dall’Autorità Giudiziaria e ben
definite all’articolo 4 del D.L. 239/99 il quale
definisce: “al Ministero di Grazia e Giustizia
sono riservate tutte le competenze in materia
di sicurezza all’interno delle strutture sanitarie ubicate negli istituti penitenziari e nell’ambito dei luoghi esterni di cura ove siano ricoverati i detenuti e gli internati.
Il personale appartenente al Servizio sanitario
nazionale è tenuto all’osservanza delle norme
previste dall’ordinamento penitenziario dal
relativo regolamento di esecuzione, dal regolamento interno dell’istituto penitenziario, nonché delle direttive impartite dall’amministrazione penitenziaria e dal direttore dell’istituto
medesimo in materia di organizzazione e
sicurezza”.
Questo compito, che sembra di facile realizzazione, in realtà è stato di difficile esplicazione
in quanto se da un lato alcuni di questi vincoli sono ferrei ed irrinunciabili, dall’altro, esistono normative più elastiche sulle quali il
Direttore dell’U.O. ed il Coordinatore
Infermieristico hanno insistito per raggiungere
il fine di ospedalizzare il più possibile il reparto (Es: porte blindate delle stanze di degenza
chiuse a chiave di notte ma aperte di giorno
dalle ore 8 alle ore 19 quando vi è una maggior presenza di Agenti di polizia penitenziaria), contrariamente all’apertura del reparto
quando erano invece chiuse 24 ore.
Un’altra caratteristica importante e propria del
reparto che incide sull’attività infermieristica è
legata al fatto che ogni prestazione rivolta al
paziente e all’ambiente in cui soggiorna deve
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avvenire necessariamente, per motivi di sicurezza, alla presenza di un agente di polizia
penitenziaria il quale ha l’obbligo di presenziare ad ogni contatto fisico e/o verbale del
paziente con il personale sanitario.
Ciò significa che è vietato entrare nelle stanze
o parlare con i pazienti, anche dal corridoio, se
non si è fisicamente accompagnati da un agente di polizia penitenziaria. Facile immaginare
quanto questo abbia comportato delle notevoli difficoltà di adattamento per quanto riguarda
gli operatori sanitari, ed in particolare per gli
infermieri, costretti, soprattutto di notte a porte
chiuse, a valutare attraverso il vetro della porta
blindata l’effettiva necessità di chiamata del
paziente ed a mediare l’eventuale apertura
della stanza di degenza.
I disagi iniziali d’integrazione e collaborazione
sono stati tanti ed inevitabili per la diversità del
ruolo che la componente sanitaria e quella
penitenziaria rivestono, ma nonostante la loro
radicata cultura carceraria, oggi la situazione è
decisamente migliorata e si è raggiunto un
buon grado di collaborazione.
Il punto di maggiore criticità resta comunque
la gestione della traduzione interna all’ospedale del paziente/detenuto verso i servizi diagnostici, essendo il momento di maggior pericolo per gli operatori sanitari nonostante gli
agenti della scorta siano armati.
Il problema è stato di ideare un sistema organizzativo rapido, sicuro che limitasse al minimo il tempo di permanenza esterna dal reparto del paziente sia nel tragitto di trasporto
verso la diagnostica, sia per il tempo reale di
svolgimento della consulenza o esame o intervento chirurgico.
Oltre la sicurezza si è cercato di preservare la
privacy ed il “pudore” del paziente/detenuto,
occultando con un ingegnoso artifizio le
manette che vengono posizionate al paziente e
ancorate alla carrozzina o alla barella con cui
vengono trasportati all’esterno del reparto.
Occorre precisare che tutti i pazienti, anche se
autosufficienti, sempre in ottemperanza all’ordinamento penitenziario, vengono tradotti singolarmente, mai a piedi, ma con un mezzo di
trasporto che a seconda delle esigenze può
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essere una carrozzina o una barella.
Nel gestire l’assistenza sono emerse due problematiche molto articolate e complesse dal
punto di vista del coinvolgimento professionale e personale: la prima, riguarda il rapporto
con il paziente, la seconda, l’integrazione del
personale sanitario con quello di polizia penitenziaria.
Rapporto con il paziente
Il profilo di un paziente ricoverato, è caratterizzato da un’età media molto più bassa rispetto ai reparti di Medicina (48 anni), con una
quantità e molteplicità di patologie psico-fisiche che nella popolazione civile sono poco
frequenti o inesistenti (ad esempio tutti i problemi correlati allo sciopero della fame, della
sete, agli episodi autolesivi, la comparsa di
problematiche legate alle patologie cronicodegenerative che solitamente compaiono in
età avanzata).
La tipologia giudiziaria del paziente è una
delle componenti più importanti che influenza
l’organizzazione del reparto.
Fondamentale è sottolineare che la compatibilità giudiziaria tra detenuti spiega l’enorme difficoltà ed i pesanti vincoli imposti dal reparto
sia in termini di accettazione ed assegnazione
delle stanze di degenza, sia ai livelli di sorveglianza che il personale di polizia penitenziaria deve garantire soprattutto nella gestione
delle traduzioni verso l’esterno dei pazienti.
Benché non si possa affermare che tutti i
pazienti detenuti possiedono un tratto francamente psichiatrico (i dati relativi al 2007 denotano comunque una prevalenza di patologie
concomitanti psichiatriche intorno all’11%) è
indubbio che ogni persona che impatti con
una realtà volta a limitare la sua libertà personale non possa che vivere un forte disagio, il
quale genera un’altrettanta forte labilità psicologica.
L’atteggiamento è spesso tendente alla manipolazione, l’operatore diventa una delle poche
“vie vitali” di comunicazione diverse dall’ambiente del carcere e a contatto con l’esterno e
qualunque dettaglio relazionale è iper-investito ed idealizzato.
Fin dall’apertura del reparto tutto il personale
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sanitario, in modo particolare l’infermiere, si è
dovuto confrontare con questo caratteristico
atteggiamento appesantito da una connotazione ulteriore: il costo d’ansia della libertà sovrasta e prevale nettamente sul costo d’ansia della
malattia.
Troppo spesso la malattia viene strumentalizzata e vissuta come mezzo per ottenere agevolazioni (esempio una sorveglianza meno
oppressiva o la vita del carcere in qualche
modo più vivibile).
Nonostante condizioni anche molto gravi di
malattia, il paziente mette in atto delle strategie manipolatorie nei confronti dei sanitari che
innanzitutto tendono a coinvolgere gli stessi
emotivamente nel proprio vissuto facendo leva
sul senso di colpa e sulle implicazioni morali.
Inoltre è presente la tendenza all’enfatizzazione della malattia in atto con l’esaltazione e la
simulazione di segni e sintomi spesso inesistenti a volte finalizzati all’incremento di
dosaggio della terapia sedativa, che per i suoi
effetti di stordimento, crea un sopportabile
compromesso con il regime detentivo.
Un’altra dimostrazione della volontà del
paziente a non collaborare al processo di guarigione, ma al contrario a determinare un
aggravamento delle sue condizioni è rappresentata dalla mancata osservanza della dieta
impostata, dall’occultamento del farmaco o dal
totale rifiuto della terapia, dallo sciopero della
fame e della sete e dal rifiuto di sottoporsi ad
indagini diagnostiche tramite la deliberata
inosservanza del digiuno o della preparazione
all’esame (es: la non corretta esecuzione della
pulizia intestinale necessaria per gli esami
endoscopici come rettoscopia e colonscopia).
Altro fenomeno, del tutto inaspettato, è stato
quello di osservare che i pazienti tentano di
riprodurre, anche all’interno del reparto, quel
microcosmo di attività, connivenze, interazioni
reciproche che indubbiamente, nel contesto
del carcere tendono a rendere la vita del detenuto “più sopportabile” permettendogli di sentirsi parte di un gruppo, ma che risultano essere poco realizzabili se trasferite in un reparto
ospedaliero.
Questo determina una sensazione di isolamen32
to in quanto il paziente si sente più solo, più
sorvegliato dagli agenti e osservato maggiormente dai sanitari e quindi, psicologicamente
indifeso, mal sopporta le regole imposte dal
sistema chiuso.
Diventando polemico e talvolta manifestando
un atteggiamento oppositivo nei confronti
degli operatori sanitari considerandoli come
collaboratori della stessa autorità che lo ha
condannato.
Integrazione personale sanitario - Polizia penitenziaria
Tale aspetto contempla la necessaria collaborazione tra agenti di polizia penitenziaria e
personale sanitario, quindi l’interazione di due
culture profondamente diverse.
Il controllo dei pazienti/detenuti è un dovere
istituzionale degli agenti ma garantisce anche
la sicurezza personale degli operatori sanitari.
Questo, però, non deve in nessun modo far
dimenticare che i “fruitori” del reparto sono
persone che, nonostante vincolati ad una sentenza che li ha privati della libertà personale,
sono, nel preciso momento in cui entrano nel
reparto, dei malati con pari diritti e dignità di
ogni libero cittadino (L. 28 marzo 2001 n°145
“Ratifica della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, Oviedo 1997”).
Il corpo di Polizia Penitenziaria, come accennato in precedenza, presenta una struttura
gerarchica rigida e verticale, strettamente vincolata ad una serie di regole istituzionali e
consolidate nel tempo; si nota così una netta
differenziazione tra questo gruppo coeso,
molto forte, monolitico e quello degli operatori sanitari che, soprattutto inizialmente, risultava molto eterogeneo ed inesperto nell’affrontare le varie problematiche emergenti.
La divergenza dapprima ha rappresentato per
gli operatori sanitari un grosso handicap.
Successivamente, le due componenti grazie
all’esperienza diretta sul campo e al progressivo instaurarsi di un rapporto fiduciario di reciproco rispetto e comprensione dei ruoli,
hanno raggiunto oggi un buon livello di collaborazione favorito anche dalla stabilità degli
elementi che compongono le due équipes.
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ASPETTI EVOLUTIVI DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA IN MEDICINA PENITENZIARIA
Sebbene l’assistenza agli esseri umani sia universale, i modi di erogarla variano nelle diverse culture e nei diversi contesti.
L’Assistenza Infermieristica è arte umanistica e
scienza centrata su fenomeni e su comportamenti, funzioni e processi personalizzati al
fine, in questo caso, di portare a guarigione.
Spesso esistono diversità tra chi soffre e chi
riceve assistenza sanitaria, tali diversità possono generare conflitti, tensioni e fenomeni di
imposizione culturale.
Attraverso la teoria dell’Assistenza transculturale, Madaleine Leininger sottolinea quanto i fattori culturali sono importanti nell’assistere i
pazienti al fine di offrire loro un’assistenza
infermieristica culturalmente congruente in
grado di contribuire allo stato di salute.
Mai come in un contesto come quello della
Medicina Penitenziaria, dove comportamenti,
obiettivi e compiti variano con la struttura
sociale e con i valori specifici delle persone, le
azioni di osservazione/mantenimento, adattamento/negoziazione, rielaborazione/riconfigurazione, acquistano significato.
Oltre ai problemi di tipo sanitario già trattati, il
paziente presenta esigenze assolutamente particolari e proprie del suo stato detentivo, quindi non assimilabili alle richieste di pazienti
degenti dei reparti comuni. Il bisogno del
paziente di dedicarsi a qualche occupazione è
soddisfatto attraverso una serie di interventi
quali:
allestimento di una piccola biblioteca
disposizione di mazzi di carte, puzzle, dama
notiziari
possibilità di vedere la televisione (è un
diritto che i pazienti/detenuti hanno anche in
carcere).
Oltre a questo non si è tralasciata la necessità
di pensare al soddisfacimento del bisogno di
eseguire pratiche religiose richiedendo, e ottenendo, l’autorizzazione ad assicurare l’assistenza religiosa con visite ricorrenti e messe periodiche in coincidenza delle maggiori ricorrenze
religiose, avvalendoci della preziosa collaborazione del Cappellano dell’ospedale, e delle
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prestazioni dei mediatori culturali per comprendere al meglio i pazienti/detenuti/extracomunitari.
Inoltre, vista l’età media dei pazienti, è stata
ideata ed introdotta un’integrazione alimentare
alle ore 16:00 con la somministrazione di
yogurt, biscotti, budini, frutta in quanto la tipologia del paziente/detenuto non beneficia
delle visite dei parenti, che come per gli altri
degenti ricoverati nelle unità Operative potrebbero ricevere generi alimentari.
Come avviene negli istituti di pena, è stato
possibile attivare un servizio tramite
l’Associazione di Volontariato Opera San
Fedele di Milano che visita settimanalmente i
pazienti/detenuti ed oltre al colloquio, quando
è possibile, gli procura generi di primaria
necessità sia per l’igiene personale che per
l’abbigliamento.
Grazie alla donazione di una lavatrice e di una
asciugatrice è stato istituito dagli operatori
stessi un “servizio di lavanderia” utilizzato
soprattutto in quei casi di lunghe degenze non
frazionate da visite parenti (infrequenti perché
anch’esse
regolamentate
dall’Autorità
Giudiziaria). Dall’anno 2006 l’Unità Operativa
si è resa disponibile come sede di tirocinio,
ospitando gli studenti di 3° anno del Corso di
Laurea in Infermieristica, e dal 2007 anche gli
allievi del Master di 1° livello in Infermieristica
e ostetricia legale e forense dell’Università
degli Studi di Milano. Infine è stata concordata, con il Coordinatore Infermieristico di
Dipartimento, una modalità d’inserimento
delle nuove unità infermieristiche ed O.S.S.
che prevede per gli stessi una esperienza
osservativa di 3 giorni all’interno del reparto e,
successivamente prima di dare il proprio
assenso definitivo, un mese di prova.
CONCLUSIONI
Da quanto sopra descritto emerge che all’infermiere che lavora presso un reparto di
Medicina Penitenziaria viene richiesto di attivare processi ed interventi interni in grado di
rispondere alle esigenze ed ai bisogni assistenziali della persona con limitazione della libertà
personale, concilianti con il sistema di sicurez33
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za previsto dal regime penitenziario.
Trovare il giusto equilibrio tra queste due culture non è stata e non è, una cosa facile, ma fa
parte di un vasto progetto di interazione-integrazione e cooperazione che ha come unico
scopo la cura del malato/detenuto.
Inoltre deve possedere notevoli capacità relativo-comunicative, essere ancorato ai principi
giuridici ed ai valori etico-deontologici che
caratterizzano la professione infermieristica.
Più che mai deve credere e saper rispettare i
principi del segreto professionale, del diritto
alla privacy, e deve riconoscere in sé una forte
motivazione e dimostrare il relativo impegno
professionale così come declinato nel Codice
deontologico dell’infermiere al punto 4.6
“L’infermiere assicura la tutela e la riservatezza
delle informazioni relative alla persona. Nella
raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati si
limita a ciò che è pertinente all’assistenza” e
deve riconoscere in sé una forte motivazione e
dimostrare il relativo impegno professionale.
È proprio attraverso un atteggiamento orientato
sempre più alla professione che si raccolgono i
maggiori consensi fra i pazienti (dato emerso
dai questionari di gradimento somministrati ai
degenti). Nessuna commiserazione o atteggiamento compassionevole né freddo distacco, ma
la creazione di un clima favorevole ad una relazione più proficua. Quindi il problema dell’operatore sanitario è quello di farsi accettare
come tale e non associato al resto del regime a
cui il paziente è sottoposto.
L’infermiere, soprattutto, deve saper operare in
sospensione di giudizio e senza discriminazioni
legate alle posizioni giuridiche del paziente,
rispettando il principio cardine del Codice
Deontologico al punto 1.3 “La responsabilità
dell’infermiere consiste nel curare e prendersi
cura della persona, nel rispetto della vita, della
salute, della libertà e della dignità dell’individuo” non dimenticando quanto definito al
punto 4.8 “L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico ma per
intima convinzione e come risposta concreta
alla fiducia che l’assistito ripone in lui”.
Dovendo delineare un bilancio complessivo, si
può affermare che l’esperienza è senza dubbio
34
positiva, stimolante sotto il punto di vista professionale, un arricchimento umano ma anche
molto impegnativa sia per i processi operativi
che per l’enorme responsabilità che coinvolge
tutti gli operatori ed in particolare l’infermiere.
GLOSSARIO / PAROLE CHIAVE
- Attesa di giudizio: persona sottoposta a processo penale che è in attesa di condanna
- Autorità giudiziaria: titolo che riunisce le istituzioni che indagano durante i processi penali
- Capo posto: responsabile del personale di
polizia penitenziaria del turno di servizio in svolgimento
- Compatibilità giudiziaria: situazione in cui uno
o più pazienti/detenuti hanno commesso tipologie di reati tali da non permettergli di stare a
contatto tra loro
- Isolamento giudiziario: situazione che si verifica quando un paziente/detenuto ha commesso
particolari tipi di reato; per tale motivo l’autorità
giudiziaria stabilisce che deve stare separato
dagli altri pazienti/detenuti
- Occultamento della terapia: comportamento
utilizzato dal paziente/detenuto per fingere e/o
evitare di assumere le terapie
- Simulazione/Manipolazione/strumentalizzazione della malattia: comportamento utilizzato dal
paziente/detenuto per accentuare e/o aggravare
e/o emulare il reale stato di malattia
- Scorta: gruppo di agenti di polizia penitenziaria (armati) che accompagnano il paziente/detenuto in tutti gli spostamenti
- Sorveglianza: azione di controllo a vista del
paziente/detenuto esercitata dagli agenti di polizia penitenziaria 24h/24
- Sospensione di giudizio: stato mentale con il
quale gli operatori sanitari devono agire
- Sospensione della pena: situazione in cui al
condannato viene momentaneamente sospesa la
condanna per gravi motivi di salute
- Traduzione: accompagnamento/trasporto del
paziente/detenuto all’esterno del reparto
*autori: Martina Melesi, Coordinatrice U.O. Medicina
Penitenziaria A.O. San Paolo
Inf. Armelloni Alessandra, Abbiati Carolina, Costarelli
Marco, Fernandez Rosa, Germani Barbara, Giannattasio
Camilla, Nigrelli Vincenzo, Russo Romualdo, Varesano
Francesco.
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