News3_08 23-10-2008 14:33 Page 28 pubblicazioni Medicina penitenziaria: l’esperienza dell’equipe infermieristica dell’ A.O. San Paolo di Milano di Martina Melesi, Coordinatrice U.O. Medicina Penitenziaria A.O. San Paolo e altri* I ntroduzione Il presente lavoro si propone di illustrare l’attività dell’unità operativa Medicina Penitenziaria nata all’interno dell’Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano nel 2001. Questo particolare reparto di degenza nasce dalla necessità di creare una struttura idonea all’accoglienza di detenuti affetti da patologie non sempre curabili con le risorse sanitarie a disposizione dei vari istituti penitenziari italiani. Si ottimizzano così al meglio le risorse umane addette alla vigilanza contribuendo sensibilmente alla riduzione dei costi inerenti all’organizzazione delle traduzioni (si veda glossario) esterne dai vari istituti di pena verso le strutture ospedaliere del territorio nazionale. La Regione Lombardia in accordo con il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, hanno concordato la realizzazione della prima struttura-pilota in Italia all’interno dell’Azienda Ospedaliera San Paolo di Milano. Una realtà nuova, quindi, istituita in conformità alle normative vigenti riguardanti il riordino della medicina penitenziaria (D.L. 239/99 “Riordino della medicina penitenziaria a norma dell’articolo 5 della legge 30 Novembre 1998, n°419) con carattere di multidisciplinarietà destinata esclusivamente al ricovero di detenuti uomini. La peculiarità del reparto è riscontrabile non tanto nella casistica (necessariamente eterogenea - si veda a tal proposito tabella e grafico 1) quanto nelle specifiche necessità del paziente detenuto. 28 Il reparto, inaugurato nel 2001 con 12 posti letto e 2 di Terapia Sub Intensiva (TSI), nell’arco di sei mesi ha vissuto un grande incremento dell’attività, determinato da un lato dall’aumento della richiesta di ricoveri dall’esterno, dall’altro dalla necessità di monitorare nel tempo i pz. affetti da patologie croniche. L’evoluzione è stata la seguente: 2001: 2004: 2005: 2007: 12 16 19 20 pz. pz. pz. pz. + + + + 2 2 2 2 T.S.I. T.S.I. + DH (Day Hospital) T.S.I. + DS (Day Surgery) T.S.I. + DS Attualmente l’incremento dell’attività del reparto ha reso possibile l’attivazione totale dei 20 posti letto + 2 di TSI + il DH e il DS (fatta eccezione quando vi sono casi di isolamento sanitario e/o giuridico che ovviamente precludono l’utilizzo della totalità dei posti). Tabella 1. Prevalenza patologie anno 2007 (n=567) Pz con cardiopatia ischemica 150 27% Pz con HCV+HBV 110 20% Pz con infezione da HIV 45 9% Pz con patologie respiratorie 110 20% Pz con patologie gastroenteriche 107 19% Pz con patologie uronefrologiche 78 14% Pz con patologie neurologiche 65 12% Pz con patologie onco-ematologiche 60 11% Pz con sottoposti ad interventi chirurgici 80 15% Età media dei pazienti: 48 anni Pazienti extracomunitari 140 (25%) Pazienti tossicodipendenti 110 (20%) IO INFERMIERE - N.3 /2008 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 29 Grafico1. prevalenza patologie anno 2007 le ambulanze, i mezzi di servizio della polizia penitenziaria e per il personale sanitario e non, che vi lavora; uno interno per i servizi e per i consulenti sanitari che accedono dagli altri reparti dell’ospedale. L’accesso è regolamentato e consentito solo al personale sanitario registrato in una apposita lista nominativa in possesso del personale di polizia penitenziaria in cui vengono specificati il motivo d’ingresso e l’autorizzazione a portare all’interno strumentazioni per eseguire indagini diagnostiche. Tutti gli operatori sono tenuti comunque a depositare i telefoni cellulari ed eventuali oggetti ritenuti non idonei in appositi armadietti situati all’ingresso e sottoporsi al controllo con il metal detector. Gli spazi all’interno del reparto sono suddivisi e fra loro separati: la degenza vera e propria con gli studi medici ed i locali infermieristici e l’area dedicata agli agenti di polizia penitenziaria nella quale è situata la sala colloqui, ove avvengono gli incontri tra i detenuti e i parenti, le associazioni di volontariato, assistente legale, autorità giudiziaria. Le risorse umane impiegate Ubicazione e struttura del reparto L’unità Operativa di Medicina penitenziaria La collocazione del reparto risulta centrale afferisce al Dipartimento Medicina, dipartirispetto ai servizi diagnostici, al comparto opemento il cui criterio di aggregazione è per ratorio, alla rianimazione ed al poliambulatograndi aree specialistiche; nello specifico la rio, questo per facilitarne l’accesso utilizzando Medicina Penitenziaria accoglie i pazienti in percorsi più rapidi e sicuri. regime di detenzione con particolare orientaStrutturalmente presenta caratteristiche finalizmento alla patologia cardiovascolare, metabozate a garantire la massima sicurezza sia all’ingresso che nelle zone perimetrali: A: porte blindate elettropneumatiche dotate di vetri con intelaiatura e chiusura blindata; B: stanze di degenza dotate di bagno e di spioncino verificabile dall’esterno (come negli istituti penitenziari); C: impiego di sofisticate apparecchiature di vigilanza, come telecamere a circuito chiuso con centrale di controllo monitorizzata e sistema anti intrusione a raggi infrarossi. Il reparto è inoltre dotato di due accessi: uno esterno autonomo per Struttura gerarchica personale sanitario Medicina Penitenziaria. IO INFERMIERE - N.3 /2008 29 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 30 lica ed infettiva. Sono presenti due componenti ben distinte, quella sanitaria e quella dedicata alla sorveglianza/sicurezza, con due ruoli diversi ma che comunque debbono costantemente integrarsi fra loro. La turnazione è articolata su tre turni di servizio nelle 24 ore e l’Operatore Socio Sanitario (OSS) è affiancato al personale infermieristico. Si è reso indispensabile istituire un servizio di pronta Disponibilità infermieristica, limitato alla sola U.O. di Medicina Penitenziaria in quanto per problemi contingenti alla sicurezza non è possibile attingere all’istituto della pronta disponibilità infermieristica già presente in Azienda. Oggi, l’aumento della complessità assistenziale e la completa saturazione dei posti letto implica necessariamente una revisione delle risorse umane dedicate. Il corpo degli Agenti di Polizia Penitenziaria (P.P.) è composto da una struttura gerarchica dove al vertice c’è un Sostituto Commissario di P.P. (S.C.P.P.), responsabile della sicurezza del reparto, coadiuvato da 24 agenti di P.P. suddivisi per grado ed anzianità di servizio la cui attività consiste principalmente nella sorveglianza dei pazienti/detenuti all’interno dell’U.O. e nella gestione delle traduzioni nella loro complessità. Al corpo degli Agenti di P.P. compete la delicata valutazione in merito alla compatibilità giudiziaria dei pazienti/detenuti che afferiscono al reparto dai vari istituti di pena, conciliandola con le attività sanitarie richieste dal ricovero. È importante specificare che la componente sanitaria NON viene in possesso della documentazione giudiziaria che accompagna il paziente e non entra in merito ad alcuna decisione che implichi tale aspetto. L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA L’assistenza infermieristica in medicina penitenziaria non è impresa facile: una realtà da scoprire ed inventare con tanti vincoli imposti e poche certezze; uno scenario dove l’infermiere deve sviluppare un’abilità nuova: oltre a quella organizzativa e gestionale che tiene in 30 considerazione gli aspetti peculiari del reparto, anche quella comunicativo-relazionale con il paziente, con i componenti dell’équipe sanitaria e con una terza componente rappresentata dagli agenti di polizia penitenziaria abituati a lavorare in una realtà totalmente diversa da quella sanitaria. Per quanto concerne gli aspetti organizzativi e gestionali il primo intervento è stato quello di stilare delle linee guida al fine di regolamentare le attività di reparto, analizzandole successivamente con il Sostituto Commissario di P.P. per adattarle alle norme di sorveglianza e sicurezza imposte dall’Autorità Giudiziaria e ben definite all’articolo 4 del D.L. 239/99 il quale definisce: “al Ministero di Grazia e Giustizia sono riservate tutte le competenze in materia di sicurezza all’interno delle strutture sanitarie ubicate negli istituti penitenziari e nell’ambito dei luoghi esterni di cura ove siano ricoverati i detenuti e gli internati. Il personale appartenente al Servizio sanitario nazionale è tenuto all’osservanza delle norme previste dall’ordinamento penitenziario dal relativo regolamento di esecuzione, dal regolamento interno dell’istituto penitenziario, nonché delle direttive impartite dall’amministrazione penitenziaria e dal direttore dell’istituto medesimo in materia di organizzazione e sicurezza”. Questo compito, che sembra di facile realizzazione, in realtà è stato di difficile esplicazione in quanto se da un lato alcuni di questi vincoli sono ferrei ed irrinunciabili, dall’altro, esistono normative più elastiche sulle quali il Direttore dell’U.O. ed il Coordinatore Infermieristico hanno insistito per raggiungere il fine di ospedalizzare il più possibile il reparto (Es: porte blindate delle stanze di degenza chiuse a chiave di notte ma aperte di giorno dalle ore 8 alle ore 19 quando vi è una maggior presenza di Agenti di polizia penitenziaria), contrariamente all’apertura del reparto quando erano invece chiuse 24 ore. Un’altra caratteristica importante e propria del reparto che incide sull’attività infermieristica è legata al fatto che ogni prestazione rivolta al paziente e all’ambiente in cui soggiorna deve IO INFERMIERE - N.3 /2008 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 31 avvenire necessariamente, per motivi di sicurezza, alla presenza di un agente di polizia penitenziaria il quale ha l’obbligo di presenziare ad ogni contatto fisico e/o verbale del paziente con il personale sanitario. Ciò significa che è vietato entrare nelle stanze o parlare con i pazienti, anche dal corridoio, se non si è fisicamente accompagnati da un agente di polizia penitenziaria. Facile immaginare quanto questo abbia comportato delle notevoli difficoltà di adattamento per quanto riguarda gli operatori sanitari, ed in particolare per gli infermieri, costretti, soprattutto di notte a porte chiuse, a valutare attraverso il vetro della porta blindata l’effettiva necessità di chiamata del paziente ed a mediare l’eventuale apertura della stanza di degenza. I disagi iniziali d’integrazione e collaborazione sono stati tanti ed inevitabili per la diversità del ruolo che la componente sanitaria e quella penitenziaria rivestono, ma nonostante la loro radicata cultura carceraria, oggi la situazione è decisamente migliorata e si è raggiunto un buon grado di collaborazione. Il punto di maggiore criticità resta comunque la gestione della traduzione interna all’ospedale del paziente/detenuto verso i servizi diagnostici, essendo il momento di maggior pericolo per gli operatori sanitari nonostante gli agenti della scorta siano armati. Il problema è stato di ideare un sistema organizzativo rapido, sicuro che limitasse al minimo il tempo di permanenza esterna dal reparto del paziente sia nel tragitto di trasporto verso la diagnostica, sia per il tempo reale di svolgimento della consulenza o esame o intervento chirurgico. Oltre la sicurezza si è cercato di preservare la privacy ed il “pudore” del paziente/detenuto, occultando con un ingegnoso artifizio le manette che vengono posizionate al paziente e ancorate alla carrozzina o alla barella con cui vengono trasportati all’esterno del reparto. Occorre precisare che tutti i pazienti, anche se autosufficienti, sempre in ottemperanza all’ordinamento penitenziario, vengono tradotti singolarmente, mai a piedi, ma con un mezzo di trasporto che a seconda delle esigenze può IO INFERMIERE - N.3 /2008 essere una carrozzina o una barella. Nel gestire l’assistenza sono emerse due problematiche molto articolate e complesse dal punto di vista del coinvolgimento professionale e personale: la prima, riguarda il rapporto con il paziente, la seconda, l’integrazione del personale sanitario con quello di polizia penitenziaria. Rapporto con il paziente Il profilo di un paziente ricoverato, è caratterizzato da un’età media molto più bassa rispetto ai reparti di Medicina (48 anni), con una quantità e molteplicità di patologie psico-fisiche che nella popolazione civile sono poco frequenti o inesistenti (ad esempio tutti i problemi correlati allo sciopero della fame, della sete, agli episodi autolesivi, la comparsa di problematiche legate alle patologie cronicodegenerative che solitamente compaiono in età avanzata). La tipologia giudiziaria del paziente è una delle componenti più importanti che influenza l’organizzazione del reparto. Fondamentale è sottolineare che la compatibilità giudiziaria tra detenuti spiega l’enorme difficoltà ed i pesanti vincoli imposti dal reparto sia in termini di accettazione ed assegnazione delle stanze di degenza, sia ai livelli di sorveglianza che il personale di polizia penitenziaria deve garantire soprattutto nella gestione delle traduzioni verso l’esterno dei pazienti. Benché non si possa affermare che tutti i pazienti detenuti possiedono un tratto francamente psichiatrico (i dati relativi al 2007 denotano comunque una prevalenza di patologie concomitanti psichiatriche intorno all’11%) è indubbio che ogni persona che impatti con una realtà volta a limitare la sua libertà personale non possa che vivere un forte disagio, il quale genera un’altrettanta forte labilità psicologica. L’atteggiamento è spesso tendente alla manipolazione, l’operatore diventa una delle poche “vie vitali” di comunicazione diverse dall’ambiente del carcere e a contatto con l’esterno e qualunque dettaglio relazionale è iper-investito ed idealizzato. Fin dall’apertura del reparto tutto il personale 31 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 32 sanitario, in modo particolare l’infermiere, si è dovuto confrontare con questo caratteristico atteggiamento appesantito da una connotazione ulteriore: il costo d’ansia della libertà sovrasta e prevale nettamente sul costo d’ansia della malattia. Troppo spesso la malattia viene strumentalizzata e vissuta come mezzo per ottenere agevolazioni (esempio una sorveglianza meno oppressiva o la vita del carcere in qualche modo più vivibile). Nonostante condizioni anche molto gravi di malattia, il paziente mette in atto delle strategie manipolatorie nei confronti dei sanitari che innanzitutto tendono a coinvolgere gli stessi emotivamente nel proprio vissuto facendo leva sul senso di colpa e sulle implicazioni morali. Inoltre è presente la tendenza all’enfatizzazione della malattia in atto con l’esaltazione e la simulazione di segni e sintomi spesso inesistenti a volte finalizzati all’incremento di dosaggio della terapia sedativa, che per i suoi effetti di stordimento, crea un sopportabile compromesso con il regime detentivo. Un’altra dimostrazione della volontà del paziente a non collaborare al processo di guarigione, ma al contrario a determinare un aggravamento delle sue condizioni è rappresentata dalla mancata osservanza della dieta impostata, dall’occultamento del farmaco o dal totale rifiuto della terapia, dallo sciopero della fame e della sete e dal rifiuto di sottoporsi ad indagini diagnostiche tramite la deliberata inosservanza del digiuno o della preparazione all’esame (es: la non corretta esecuzione della pulizia intestinale necessaria per gli esami endoscopici come rettoscopia e colonscopia). Altro fenomeno, del tutto inaspettato, è stato quello di osservare che i pazienti tentano di riprodurre, anche all’interno del reparto, quel microcosmo di attività, connivenze, interazioni reciproche che indubbiamente, nel contesto del carcere tendono a rendere la vita del detenuto “più sopportabile” permettendogli di sentirsi parte di un gruppo, ma che risultano essere poco realizzabili se trasferite in un reparto ospedaliero. Questo determina una sensazione di isolamen32 to in quanto il paziente si sente più solo, più sorvegliato dagli agenti e osservato maggiormente dai sanitari e quindi, psicologicamente indifeso, mal sopporta le regole imposte dal sistema chiuso. Diventando polemico e talvolta manifestando un atteggiamento oppositivo nei confronti degli operatori sanitari considerandoli come collaboratori della stessa autorità che lo ha condannato. Integrazione personale sanitario - Polizia penitenziaria Tale aspetto contempla la necessaria collaborazione tra agenti di polizia penitenziaria e personale sanitario, quindi l’interazione di due culture profondamente diverse. Il controllo dei pazienti/detenuti è un dovere istituzionale degli agenti ma garantisce anche la sicurezza personale degli operatori sanitari. Questo, però, non deve in nessun modo far dimenticare che i “fruitori” del reparto sono persone che, nonostante vincolati ad una sentenza che li ha privati della libertà personale, sono, nel preciso momento in cui entrano nel reparto, dei malati con pari diritti e dignità di ogni libero cittadino (L. 28 marzo 2001 n°145 “Ratifica della Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, Oviedo 1997”). Il corpo di Polizia Penitenziaria, come accennato in precedenza, presenta una struttura gerarchica rigida e verticale, strettamente vincolata ad una serie di regole istituzionali e consolidate nel tempo; si nota così una netta differenziazione tra questo gruppo coeso, molto forte, monolitico e quello degli operatori sanitari che, soprattutto inizialmente, risultava molto eterogeneo ed inesperto nell’affrontare le varie problematiche emergenti. La divergenza dapprima ha rappresentato per gli operatori sanitari un grosso handicap. Successivamente, le due componenti grazie all’esperienza diretta sul campo e al progressivo instaurarsi di un rapporto fiduciario di reciproco rispetto e comprensione dei ruoli, hanno raggiunto oggi un buon livello di collaborazione favorito anche dalla stabilità degli elementi che compongono le due équipes. IO INFERMIERE - N.3 /2008 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 33 ASPETTI EVOLUTIVI DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA IN MEDICINA PENITENZIARIA Sebbene l’assistenza agli esseri umani sia universale, i modi di erogarla variano nelle diverse culture e nei diversi contesti. L’Assistenza Infermieristica è arte umanistica e scienza centrata su fenomeni e su comportamenti, funzioni e processi personalizzati al fine, in questo caso, di portare a guarigione. Spesso esistono diversità tra chi soffre e chi riceve assistenza sanitaria, tali diversità possono generare conflitti, tensioni e fenomeni di imposizione culturale. Attraverso la teoria dell’Assistenza transculturale, Madaleine Leininger sottolinea quanto i fattori culturali sono importanti nell’assistere i pazienti al fine di offrire loro un’assistenza infermieristica culturalmente congruente in grado di contribuire allo stato di salute. Mai come in un contesto come quello della Medicina Penitenziaria, dove comportamenti, obiettivi e compiti variano con la struttura sociale e con i valori specifici delle persone, le azioni di osservazione/mantenimento, adattamento/negoziazione, rielaborazione/riconfigurazione, acquistano significato. Oltre ai problemi di tipo sanitario già trattati, il paziente presenta esigenze assolutamente particolari e proprie del suo stato detentivo, quindi non assimilabili alle richieste di pazienti degenti dei reparti comuni. Il bisogno del paziente di dedicarsi a qualche occupazione è soddisfatto attraverso una serie di interventi quali: allestimento di una piccola biblioteca disposizione di mazzi di carte, puzzle, dama notiziari possibilità di vedere la televisione (è un diritto che i pazienti/detenuti hanno anche in carcere). Oltre a questo non si è tralasciata la necessità di pensare al soddisfacimento del bisogno di eseguire pratiche religiose richiedendo, e ottenendo, l’autorizzazione ad assicurare l’assistenza religiosa con visite ricorrenti e messe periodiche in coincidenza delle maggiori ricorrenze religiose, avvalendoci della preziosa collaborazione del Cappellano dell’ospedale, e delle IO INFERMIERE - N.3 /2008 prestazioni dei mediatori culturali per comprendere al meglio i pazienti/detenuti/extracomunitari. Inoltre, vista l’età media dei pazienti, è stata ideata ed introdotta un’integrazione alimentare alle ore 16:00 con la somministrazione di yogurt, biscotti, budini, frutta in quanto la tipologia del paziente/detenuto non beneficia delle visite dei parenti, che come per gli altri degenti ricoverati nelle unità Operative potrebbero ricevere generi alimentari. Come avviene negli istituti di pena, è stato possibile attivare un servizio tramite l’Associazione di Volontariato Opera San Fedele di Milano che visita settimanalmente i pazienti/detenuti ed oltre al colloquio, quando è possibile, gli procura generi di primaria necessità sia per l’igiene personale che per l’abbigliamento. Grazie alla donazione di una lavatrice e di una asciugatrice è stato istituito dagli operatori stessi un “servizio di lavanderia” utilizzato soprattutto in quei casi di lunghe degenze non frazionate da visite parenti (infrequenti perché anch’esse regolamentate dall’Autorità Giudiziaria). Dall’anno 2006 l’Unità Operativa si è resa disponibile come sede di tirocinio, ospitando gli studenti di 3° anno del Corso di Laurea in Infermieristica, e dal 2007 anche gli allievi del Master di 1° livello in Infermieristica e ostetricia legale e forense dell’Università degli Studi di Milano. Infine è stata concordata, con il Coordinatore Infermieristico di Dipartimento, una modalità d’inserimento delle nuove unità infermieristiche ed O.S.S. che prevede per gli stessi una esperienza osservativa di 3 giorni all’interno del reparto e, successivamente prima di dare il proprio assenso definitivo, un mese di prova. CONCLUSIONI Da quanto sopra descritto emerge che all’infermiere che lavora presso un reparto di Medicina Penitenziaria viene richiesto di attivare processi ed interventi interni in grado di rispondere alle esigenze ed ai bisogni assistenziali della persona con limitazione della libertà personale, concilianti con il sistema di sicurez33 News3_08 23-10-2008 14:33 Page 34 za previsto dal regime penitenziario. Trovare il giusto equilibrio tra queste due culture non è stata e non è, una cosa facile, ma fa parte di un vasto progetto di interazione-integrazione e cooperazione che ha come unico scopo la cura del malato/detenuto. Inoltre deve possedere notevoli capacità relativo-comunicative, essere ancorato ai principi giuridici ed ai valori etico-deontologici che caratterizzano la professione infermieristica. Più che mai deve credere e saper rispettare i principi del segreto professionale, del diritto alla privacy, e deve riconoscere in sé una forte motivazione e dimostrare il relativo impegno professionale così come declinato nel Codice deontologico dell’infermiere al punto 4.6 “L’infermiere assicura la tutela e la riservatezza delle informazioni relative alla persona. Nella raccolta, nella gestione e nel passaggio di dati si limita a ciò che è pertinente all’assistenza” e deve riconoscere in sé una forte motivazione e dimostrare il relativo impegno professionale. È proprio attraverso un atteggiamento orientato sempre più alla professione che si raccolgono i maggiori consensi fra i pazienti (dato emerso dai questionari di gradimento somministrati ai degenti). Nessuna commiserazione o atteggiamento compassionevole né freddo distacco, ma la creazione di un clima favorevole ad una relazione più proficua. Quindi il problema dell’operatore sanitario è quello di farsi accettare come tale e non associato al resto del regime a cui il paziente è sottoposto. L’infermiere, soprattutto, deve saper operare in sospensione di giudizio e senza discriminazioni legate alle posizioni giuridiche del paziente, rispettando il principio cardine del Codice Deontologico al punto 1.3 “La responsabilità dell’infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto della vita, della salute, della libertà e della dignità dell’individuo” non dimenticando quanto definito al punto 4.8 “L’infermiere rispetta il segreto professionale non solo per obbligo giuridico ma per intima convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l’assistito ripone in lui”. Dovendo delineare un bilancio complessivo, si può affermare che l’esperienza è senza dubbio 34 positiva, stimolante sotto il punto di vista professionale, un arricchimento umano ma anche molto impegnativa sia per i processi operativi che per l’enorme responsabilità che coinvolge tutti gli operatori ed in particolare l’infermiere. GLOSSARIO / PAROLE CHIAVE - Attesa di giudizio: persona sottoposta a processo penale che è in attesa di condanna - Autorità giudiziaria: titolo che riunisce le istituzioni che indagano durante i processi penali - Capo posto: responsabile del personale di polizia penitenziaria del turno di servizio in svolgimento - Compatibilità giudiziaria: situazione in cui uno o più pazienti/detenuti hanno commesso tipologie di reati tali da non permettergli di stare a contatto tra loro - Isolamento giudiziario: situazione che si verifica quando un paziente/detenuto ha commesso particolari tipi di reato; per tale motivo l’autorità giudiziaria stabilisce che deve stare separato dagli altri pazienti/detenuti - Occultamento della terapia: comportamento utilizzato dal paziente/detenuto per fingere e/o evitare di assumere le terapie - Simulazione/Manipolazione/strumentalizzazione della malattia: comportamento utilizzato dal paziente/detenuto per accentuare e/o aggravare e/o emulare il reale stato di malattia - Scorta: gruppo di agenti di polizia penitenziaria (armati) che accompagnano il paziente/detenuto in tutti gli spostamenti - Sorveglianza: azione di controllo a vista del paziente/detenuto esercitata dagli agenti di polizia penitenziaria 24h/24 - Sospensione di giudizio: stato mentale con il quale gli operatori sanitari devono agire - Sospensione della pena: situazione in cui al condannato viene momentaneamente sospesa la condanna per gravi motivi di salute - Traduzione: accompagnamento/trasporto del paziente/detenuto all’esterno del reparto *autori: Martina Melesi, Coordinatrice U.O. Medicina Penitenziaria A.O. San Paolo Inf. Armelloni Alessandra, Abbiati Carolina, Costarelli Marco, Fernandez Rosa, Germani Barbara, Giannattasio Camilla, Nigrelli Vincenzo, Russo Romualdo, Varesano Francesco. IO INFERMIERE - N.3 /2008