L A P E R S O N A CO L P I T A D A I C T U S il percorso riabilitativo visione organica e complessiva delle problematiche della persona e della sua famiglia Atti del Convegno a cura di Alida Rota Altare, Villa Rosa 29 Giugno 2007 ORGANIZZATORI LEO LEO CLUB VALBORMIDA Presidente Giacomo Pizzorno ASL 2 SAVONESE DIPARTIMENTO CURE PRIMARIE Direttore Dr. M. Modenesi STRUTTURA SEMPLICE DIPARTIMENTALE Recupero Rieducazione Funzionale Presidio Ospedaliero di Cairo Montenotte Responsabile Dr V.G. Grosso Si ringrazia: • La Cassa di Risparmio di Savona • Il Comune di Altare per la gentile concessione di Villa Rosa. SEGRETERIA SCIENTIFICA Alida Rota Claudio Solinas “Rinascita della vita” del Maestro Bruno Barbero AGENDA LAVORI • Approccio al paziente emiplegico Daniela Malatesta: relatore • Approccio infermieristico alla persona affetta da ictus Claudio Solinas: relatore • Riabilitazione del paziente affetto da ictus Vittorio Guglielmo Grosso: relatore • La riabilitazione logopedica nel paziente con ictus Francesca Lugano: relatore • Terapia farmacologica post ictus Alida Rota: relatore Felice Rota: moderatore I PRESENTAZIONE Per il gruppo multidisciplinare che ha in carico il malato, progettare il recupero significa coinvolgere precocemente sia la persona colpita sia la sua famiglia, al fine di fornirgli un’assistenza efficace e assicurargli un rapido recupero. LEO Presidente Leo Club Valbormida Il Leo Club, è un’associazione internazionale di servizio, che riunisce quasi 140.000 giovani di tutto il mondo, aventi un’età compresa tra i 14 e i 30 anni. In Italia, sono presenti più di 4.000 soci Leo, che ogni anno, attraverso i 315 Clubs in cui si ripartiscono, promuovono migliaia di iniziative di beneficenza e di sensibilizzazione a favore delle comunità locali nelle quali sono insediati e non solo. Il Leo Club Valbormida, nell’ambito della consolidata e fruttuosa collaborazione instaurata con il Presidio Ospedaliero di Cairo Montenotte, ha contribuito a realizzare questo evento, in quanto la sensibilizzazione della cittadinanza al tema del percorso riabilitativo della persona affetta da ictus, non può che rivestire una grande importanza in un’area geografica come la nostra, dove il crescente invecchiamento della popolazione è un dato acquisito. Giacomo Pizzorno II Past Presidente Distrettuale Leo Il paziente, colpito da ictus, all’uscita dall’Ospedale, non è a volte informato sulla natura della sua malattia e sulle conseguenze, anche gravi, a cui può andare incontro nella vita quotidiana. E’ necessario quindi, dare le informazioni appropriate sia al paziente sia alla sua famiglia. Occorre coinvolgere il paziente, senza creare allarmismi o ansie, per non far nascere sensazioni di solitudine o di abbandono. Emerge la necessità che sia il paziente sia la sua famiglia, intesa come unico referente, vengano supportati da una equipe sanitaria che agisca non solo durante il ricovero ma anche dopo il ritorno a casa. L’equipe multidisciplinare costituita da un medico ospedaliero, da un fisiatra, da un fisioterapista, da un logopedista, da un infermiere professionale e da un medico di medicina generale, deve prevedere incontri periodici con il paziente e col famigliare referente per risolvere i problemi sia patologici sia psicologici sia quelli della vita quotidiana. Lo scopo del Convegno e della raccolta degli atti è quello di dare la giusta informazione al cittadino, colpito direttamente o indirettamente da tale patologia, usando sia l’informazione verbale sia l’informazione su materiale cartaceo. Il Mondo Leo, da sempre sensibile ai problemi legati alla salute del cittadino, ha contribuito alla realizzazione di questo progetto. Alida Rota III ASL 2 SAVONESE Coordinatore Infermieristico S.S.D. Recupero Rieducazione Funzionale Presidio Ospedaliero Cairo Montenotte Perseguire con forza la personalizzazione dell’assistenza attraverso la definizione di piani di assistenza individuali, migliorare l’appropriatezza sia dell’accesso che delle prestazioni e potenziare quantitativamente l’offerta, ottimizzando tutte le risorse disponibili, questo è l’obiettivo della riabilitazione. Oggi ci troviamo a dover necessariamente affrontare il problema della cronicità, con particolare riferimento alla popolazione anziana che costituisce il target prevalente rispetto ai destinatari delle cure. Occorre quindi garantire non solo continuità delle cure ma anche modalità di intervento che rendano accettabile la qualità della vita alla persona malata e ai familiari specie quando si prolungano le situazioni di difficoltà. L’estrema variabilità nel grado di disabilità, di handicap e di qualità della vita che si può verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo paziente uno specifico progetto riabilitativo e organizzare i servizi in modo da offrire risposte diversificate ai bisogni dei pazienti. La metodologia adottata ha come punto di forza un approccio flessibile e progressivo in cui le fasi della progettazione, definizione del modello, attuazione e verifica non si susseguono rigidamente l’una nell’altra ma si generano, si intersecano e si modificano reciprocamente, in un modello che si adatta al divenire dell’assistenza riabilitativa. La Struttura Riabilitativa nasce su tre principi fondamentali: - la centralità della persona ed il suo bisogno di essere attiva nella partecipazione della vita sociale; - l’importanza della presa in carico riabilitativa continua in ogni fase evolutiva della malattia; - il ruolo dell’equipe nelle attività di riabilitazione. (un ex paziente “La differenza fra le cose impossibili e le cose possibili è la misura della volontà umana”) Claudio Solinas IV Primo intervento APPROCCIO AL PAZIENTE EMIPLEGICO Daniela Malatesta Coordinatrice Fisioterapisti S.S.D. R.R.F Presidio Ospedaliero Cairo Montenotte Con il termine emiplegia si intende la perdita dei movimenti volontari di un emilato del corpo. Molte volte sono associati anche disturbi della sensibilità sia superficiale che profonda, problemi del linguaggio, della scrittura,della lettura e della deglutizione. Il paziente è confuso e disorientato i due lati del corpo gli mandano sensazioni diverse e non vi è interazione tra loro. Il lato colpito non offre nessuna garanzia, non si muove, talvolta il paziente non lo sente o non lo riconosce più fino a “non sapere di averlo”e dimenticarlo. Le difficoltà del modo in cui il paziente percepisce il proprio corpo, il mondo circostante e l’interazione tra i due possono provocare una grande varietà di problemi a differenti livelli. Alcuni pazienti sembrano incapaci di muovere gli arti,mentre altri possono muoversi con facilità ma essere incapaci di usare i movimenti per compiti funzionali. In pratica il paziente non riceve informazioni adeguate dal proprio corpo. Per questo è importante intervenire tempestivamente con manovre atte a stimolare la percezione delle posizioni e dei movimenti corretti. Nella prima fase definita “acuta” e importante una corretta posturazione del paziente a letto con: • Manovre lente • Prese avvolgenti • Guide corrette • Informazioni adeguate • Rassicurazioni, empatia Le strategie usate devono attingere dal bagaglio psicomotorio normale in modo da permettere al paziente di “sentire” e “collaborare” inducendolo a poco a poco a cooperare. Anche la disposizione della stanza può avere un ruolo importante per fare in modo che il lato plegico riceva automaticamente la maggiore stimolazione possibile durante il giorno. Il letto deve essere posizionato in modo che tutta l’attività e gli eventi abbiano luogo dal lato plegico, anche il comodino va posto da quel lato in modo da costringere il paziente a girare la testa per guardare o cercare l’oggetto e muovere il braccio “sano” oltre la linea mediana per prendere 1 qualsiasi cosa gli serva. Il corretto posizionamento è una fase importante del trattamento e va ripetuto ad intervalli regolari per tutta la durata della degenza. Di fondamentale importanza è il trattamento in palestra. Compito del fisioterapista è : RI ABILITARE cioè RENDERE di nuovo ABILI a fare Ridare una certa qualità di vita costituisce un preciso dovere per chiunque si occupi di riabilitazione indipendentemente dalla prognosi. La parola chiave è APPRENDIMENTO cioè la capacità di accumulare informazioni che possono essere richiamate in qualsiasi momento o adattarsi a delle variabili. Nell’apprendimento gli stimoli hanno una grande importanza. I° APPROCCIO: umano – empatico Ossia andare INCONTRO alla persona paziente PRENDERE CONTATTO. Dal paziente si può esigere molto purché si parli e si discutano seriamente le questioni con lui. E’ importante parlare al paziente come a una qualsiasi persona adulta normale esponendo concetti chiari e precisi. II° APPROCCIO: tecnico Il trattamento dell’emiplegia non è una serie di esercizi isolati svolti in una sequenza preordinata, ma è una sequenza di attività finalizzate che si susseguono per recuperare certe funzioni. Non esistono regole assolute che possono essere applicate indifferentemente a tutti i pazienti. Esistono principi di neuroriabilitazione (elaborati da diversi studiosi) che applicati dopo una attenta valutazione, aiutano il paziente a superare le problematiche che ostacolano l’esecuzione del movimento. Nell’ambito di ogni trattamento si fa un: F funzioni cioè si osserva un’attività del paziente O osservazione si osserva come il paziente la svolge C cause si individua il motivo per cui il paziente non compie il gesto correttamente. Il fisioterapista imposta così il PIANO DI LAVORO. Ricerca i movimenti selettivi degli arti superiore ed inferiore, lavora per il recupero del controllo del tronco, per arrivare alla verticalizzazione con attività in carico fino all’avvio alla deambulazione e all’esecuzione delle scale. III° APPROCCIO funzionale Si basa sull’analisi del gesto motorio finalizzato al raggiungimento di un obiettivo. E’ l’atto finale del trattamento, dove il paziente viene rieducato a svolgere le normali attività della vita quotidiana utilizzando nuove strategie, sicuramente diverse da quelle di prima ma non per questo meno efficaci per riaffrontare la quotidianità e le nuove sfide della vita. 2 Secondo intervento APPROCCIO INFERMIERISTICO ALLA PERSONA AFFETTA DA ICTUS Claudio Solinas Coordinatore Infermieristico S.S.D. R.R.F Presidio Ospedaliero Cairo Montenotte La necessità di personalizzare l’assistenza e di garantire prestazioni di qualità, sono concetti ormai acquisiti per il personale infermieristico: nella relazione infermiere paziente è di fondamentale importanza il riconoscimento e la valorizzazione dei bisogni individuali ed è necessario saper cogliere anche gli aspetti emotivi del “prendersi cura”; ciò consente di avere una visione olistica dell’uomo che rende maggiormente efficaci i nostri interventi. Il paziente è inserito in un dato contesto sociale oltre che familiare; vale a dire che vi sono influenze multifattoriali nel determinare il modo in cui concetti come benessere, salute e malattia vengono valutati, e in che termini viene elaborato il concetto di diritto alle cure che sottende all’identificazione del rapporto infermiere paziente. L’estrema variabilità nel grado di disabilità, di handicap e di qualità della vita che si può verificare dopo un ictus, rende necessario definire per ogni singolo paziente uno specifico progetto riabilitativo con risposte diversificate ai bisogni dei singoli pazienti. Tali bisogni sono a loro volta determinati non solo dalle condizioni cliniche, ma anche dal contesto familiare, da quello sociale, nonché dalle capacità e aspettative del paziente prima della malattia. La centralità della persona è un principio fondamentale della moderna attività riabilitativa. La riabilitazione è infatti un processo finalizzato alla risoluzione dei problemi della persona nel suo complesso, con l’obiettivo di fondo di ottimizzare le funzionalità del corpo e le attività nella vita quotidiana ad esso correlate, nonché di garantire la migliore partecipazione sociale possibile. Prendere in carico significa progettare il recupero di una funzione tenendo presenti tutte le problematiche della persona con disabilità. Ecco perché è importante il momento dell’accettazione e dell’accoglienza del paziente. 3 Le informazioni che si rilevano ancora prima del ricovero sono importantissime per programmare ed accogliere nel modo più adeguato la persona. L’accoglienza consiste nel prendere in carico l’utente nelle condizioni ottimali di sicurezza e confort. Costituisce il primo momento di “incontro” fra utente e il team curante. Rappresenta l’espressione di una prima relazione e definisce il quadro di riferimento dal quale si pianificherà e attuerà l’assistenza individualizzata. L’intervento infermieristico e degli Operatori Socio Sanitari assumono nel contesto riabilitativo un significato centrale perché sono gli operatori che passano il maggior tempo a contatto con i pazienti e pertanto hanno la possibilità di sfruttare questo canale preferenziale per raccogliere maggiori informazioni. Ne consegue obbligatoriamente che a volte è difficile definire i limiti delle proprie competenze e autonomia . L’attività dell’infermiere riveste un ruolo fondamentale nella conduzione del processo di riabilitazione delle gravi disabilità; le attività assistenziali verranno svolte con modalità riabilitativa utilizzando un modello di assistenza personalizzato sui singoli pazienti in base ai loro reali bisogni e operando per obiettivi e non per singole prestazioni e mansioni. L’infermiere in riabilitazione valuta ed interviene sui seguenti bisogni del paziente: • cure igieniche • programmi per raggiungere l’autonomia vescicale, rettale e nella alimentazione • interventi specifici per mantenere l’integrità cutanea e curare le eventuali ulcere cutanee già presenti • fattori ambientali quale la temperatura, il rumore, il controllo degli effetti personali, la sanificazione, il controllo delle infezioni e la sicurezza ambientale • l’uso di dispositivi adattativo–compensatori necessari per la comunicazione, l’alimentazione, la mobilità, l’evacuazione, il vestirsi e la deambulazione • specifiche misure per prevenire gli effetti dell’immobilità • promuovere l’orientamento spazio-temporale e il controllo di turbe comportamentali • specifiche misure per promuovere il raggiungimento di una ottimale indipendenza • aiutare i pazienti nella gestione del tempo, inclusa l’integrazione con le varie terapie riabilitative specifiche nell’ambito delle loro attività quotidiane • somministrazione farmacologia 4 Il completamento del team riabilitativo con un operatore professionalmente preparato a dare giuste risposte di nursing a soggetti gravemente disabili in famedi recupero rappresenta una tappa fondamentale per garantire ad un’ampia fascia di popolazione prestazioni sanitarie riabilitative adeguate al livello di sviluppo sociale, culturale, economico e organizzativo del nostro Paese i cui punti di forza sono la pianificazione dell’assistenza, la personalizzazione dell’assistenza, l’interazione fra processo infermieristico e attività del gruppo multidisciplinare ed utilizzo di una modulistica orientata al paziente. Il nostro metodo di lavoro consiste quindi nello stimare, programmare, erogare e valutare (componente intellettuale dell’infermiere). Il raggiungimento di un cambiamento positivo, il ripristino dell’autonomia dell’utente, la soddisfazione e la gradibilità dell’utente e della sua famiglia sono, per gli infermieri, il raggiungimento dello scopo della professione ed il conseguimento di elevata soddisfazione professionale . Il punto focale nella professione diventa la relazione d’aiuto, la centralità del processo sul paziente con un piano di assistenza personalizzato. Non più curare, ma prendersi cura con finalità ben precise, costruendo un rapporto empatico con l’utente e la sua famiglia basato sulla professionalità, sulle conoscenze, sulla coscienza e umanizzazione e tradotto nell’organizzazione. Il ripristino dell’autonomia è sicuramente una sfida emozionale ed intellettuale considerevole. 5 Terzo intervento RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA ICTUS Vittorio Guglielmo Grosso Responsabile S.S.D. R.R.F Presidio Ospedaliero Cairo Montenotte Definizione Riabilitazione: processo di sviluppo personale, finalizzato alla realizzazione dell’intero potenziale fisico, psicologico, relazionale, sociale, professionale, occupazionale ed educativo compatibile con le menomazioni psicologiche e/o anatomiche e le limitazioni ambientali. Secondo ICIDH (ora ICF) l’OMS individua: 1. MENOMAZIONE: perdita o anomalia di una struttura o di una funzione. E’ l’esteriorizzazione di una condizione patologica. 2. DISABILITA’: in conseguenza ad una menomazione, limitazione o perdita della capacità di effettuare una attività nel modo o nei limiti considerati normali per un essere umano. E’ l’oggettivazione di una menomazione. 3. HANDICAP: situazione di svantaggio sociale per una menomazione e/o disabilità. E’ la socializzazione di una menomazione o di una disabilità. Cosa è l’ictus: improvvisa e prolungata mancanza di apporto sanguigno ad una determinata area (profonda e superficiale) del cervello a cui consegue: morte cellulare massiva. Se il neurone, che è una cellula perenne, non viene sostituito dopo un ictus, quali sono le basi anatomiche della ripresa funzionale? Teoria principale: sprouting E’ provato che, dopo lesioni del nervo periferico, da fibre rimaste integre, partano rami collaterali che vanno ad occupare i minus lasciati all’interno del perinevrio. Si pensa che un processo analogo possa avvenire anche nel S.N.C. 6 In relazione alla distribuzione del deficit si distingue: • EMI plegia/paresi • PARA plegia/paresi • TETRA plegia/paresi • DI plegia/paresi • MONO plegia/paresi La fase acuta dell’emiplegia è caratterizzata, normalmente, da destrutturazione motoria e cioè flaccidità e assenza di motilità volontaria. Un adeguato e precoce trattamento infermieristicoriabilitativo condiziona la buona riuscita dell’intero programma riabilitativo. Il posizionamento corretto deve garantire: Prevenzione di complicanze generali ( decubiti, TV o TE, stasi polmonare). Prevenzione dei vizi posturali, delle contratture, delle retrazioni capsulo-ligamentose e dell’ipertono in flessione (stimolazioni plantari, poplitee, gomito etc.) a carico degli AA colpiti. Inibizione dei pattern di “liberazione” dal controllo corticale. Stimolazione dell’attenzione del paziente all’emilato affetto. Le tecniche del fisioterapista sono mirate a: Facilitare la ripresa motoria con esercizi appropriati. Sorveglianza sulla coordinazione Inibizione dei pattern di “liberazione” dal controllo corticale. Stimolazione dell’attenzione del paziente all’emilato affetto. 7 Quarto intervento LA RIABILITAZIONE LOGOPEDICA NEL PAZIENTE CON ICTUS Francesca Lugano Logopedista S.S.D. R.R.F Presidio Ospedaliero Cairo Montenotte La persona colpita da un evento cerebro-vascolare può presentare disturbi, di interesse logopedico, molto importanti e che possono causare un’alterazione della qualità della vita, del benessere biopsico-sociale e, talvolta, grave disabilità; fra questi ricordiamo: • La disfagia Definizione (che cos’è) Consiste nella difficoltà o nei casi più gravi, nell’impossibilità a deglutire gli alimenti, solidi o liquidi; può essere alterato uno o più momenti che compongono l’atto deglutitorio. Conseguenze (che cosa comporta) Tutto ciò potrebbe causare malnutrizione e disidratazione, rischio di aspirazione (cioè di ingresso di alimenti nelle vie aeree) con conseguenti soffocamenti/polmoniti e patologie polmonari croniche, perdita di piacere di alimentarsi e di bere, sentimenti di imbarazzo e di esclusione sociale in attività che prevedano momenti conviviali. Trattamento (cosa fare) Il logopedista, insieme a diverse figure mediche e paramediche, provvederà a : valutare la forza e la motilità degli organi coinvolti nella deglutizione, osservare il paziente durante il pasto, per valutare le posture, i comportamenti ed i movimenti, eseguire prove specifiche per valutare la deglutizione. Il trattamento varierà in base alla natura ed alle caratteristiche del problema e consisterà in esercizi, posture e manovre che consentano una deglutizione più agevole e sicura, in una eventuale modificazione delle consistenze di cibi e bevande affinché possano essere deglutiti più facilmente ed al riparo da rischi di aspirazione. • L’afasia Definizione (che cos’è) E’ un disturbo che deriva da un danno ai centri del cervello che controllano il linguaggio; di conseguenza, una persona che fino a quel momento era stata perfettamente in grado di comunicare attraverso il linguaggio, di comprendere ed esprimersi, di leggere e di scrivere, vedrà limitata se non, nei casi più gravi, quasi abolita la sua capacità di fare tutto ciò. 8 La natura e la gravità di tali problematiche varia da paziente a paziente ed è in stretta relazione con la sede e la dimensione del danno cerebrale; naturalmente, anche altri fattori, quali l’età e lo stato di salute, possono incidere sulla gravità del quadro. Conseguenze (che cosa comporta) Nelle condizioni più gravi una persona afasica può comprendere molto poco di ciò che gli viene detto e può essere in grado di dire solo qualche parola; nelle forme più lievi, chi ne è colpito può essere in grado di sostenere una conversazione, ma avere difficoltà nel trovare le parole o nel comprendere frasi molto lunghe e complesse. Trattamento (cosa fare) Il logopedista può effettuare una valutazione delle abilità linguistiche e comunicative residue ed adottare il programma di trattamento più idoneo in collaborazione con altre figure mediche o paramediche; per la valutazione saranno impiegati test appositamente studiati per valutare il linguaggio afasico, nonché l’osservazione diretta dei comportamenti comunicativi. • La disartria Definizione (che cos’è) Consiste nella difficoltà o impossibilità ad articolare i suoni necessari per parlare, pur essendo a conoscenza del messaggio che si vorrebbe esprimere, a causa di un indebolimento dei muscoli coinvolti nell’articolazione del linguaggio che non sono più in grado di muoversi velocemente e appropriatamente. Conseguenze (che cosa comporta) Da ciò potrà risultare un’articolazione imprecisa e faticosa, una diminuzione della voce o un suo cambiamento (nasale, rauca, ecc.), un rallentamento dell’eloquio, o, al contrario un’accelerazione eccessiva, una limitazione nella gamma dei movimenti di lingua, labbra e mandibola, perdita di saliva, difficoltà nella deglutizione e nella masticazione; il tipo e la severità della disartria dipendono da quale area del cervello è stata colpita. Trattamento (cosa fare) Il trattamento logopedico della disartria dipende dalla natura, dalle cause e dalla gravità. Un logopedista può intervenire per migliorare le abilità comunicative di chi ne è colpito, può programmare un trattamento che ha come obiettivi il rallentamento di un eloquio troppo accelerato, il miglioramento della respirazione al fine di produrre una migliore qualità della voce, l’esecuzione di esercizi finalizzati a migliorare la forza e la motilità di lingua, labbra e mandibola al fine di migliorare l’intelligibilità; può inoltre aiutare i familiari e chi si prende cura del paziente a modificare le condizioni ambientali, in modo che la persona colpita possa risultare più facilmente comprensibile; nei casi più gravi il logopedista potrà adottare misure alternative per garantire la comunicazione ed insegnarne il corretto utilizzo. In generale, la riabilitazione nel paziente colpito da ictus ha un ruolo fondamentale! L’obiettivo principale del trattamento riabilitativo è permettere alla persona disabile di adattarsi alla sua realtà socio-ambientale e di interagire con essa. La riabilitazione è l’arte di aiutare una persona ad imparare a vivere nel miglior modo possibile e a fare il più possibile con la massima autonomia, tenendo conto delle proprie limitazioni e disabilità, ma anche delle proprie potenzialità! 9 Quinto intervento TERAPIA FARMACOLOGICA POST ICTUS Alida Rota Farmacista L’obiettivo è quello di presentare percorsi terapeutici appropriati per un trattamento farmacologico a lungo termine per pazienti durante la fase di recupero e/o di cronicità. Definizione Ictus: improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale e/o globale(coma) delle funzioni cerebrali di durata superiore alle 24 ore o ad esito infausto, non attribuibile ad altra causa apparente se non a vasculopatia cerebrale. Trattamento farmacologico • Riduzione del rischio di fratture La riduzione del rischio di fratture dopo ictus, nel paziente anziano, sia femminile che maschile, soprattutto a livello dell’anca, si ottiene con la somministrazione di vitamina B 12 e folato. In questi pazienti vi è un aumento di omocisteina plasmatica e per ridurre l’iperomocisteinemia, che è un fattore di rischio di fratture, si somministra vitamina B 12 e folato. Uno studio giapponese (Sato Y et al; JAMA 2005; 293: 1082-1088) ha dato i seguenti risultati. n° pazienti esaminati n° pazienti terminato studio età sesso tutti emiplegia residua follow-up 628 559 65 o sup. mef sup. a 1 anno 2 anni farmaco dose somministrazione risultati riduzione frattura folato 5 mg os 28% riduzione omocisteina 7% vitamina B 12 1500 microg os 28% riduzione omocisteina 7% os 31% aumento omocisteina 0 placebo 10 • • Riduzione della mortalità La riduzione della mortalità, nei pazienti dopo ictus sia affetti da depressione sia senza depressione, si ottiene con la somministrazione di antidepressivi, E’ dimostrato che nel paziente depresso la mortalità aumenta nei primi 5 anni. In uno studio (Jorge RE et al, Am J Psichiatry 2003; 160: 1823-1829) si è voluto dimostrare che il trattamento con antidepressivi ha ridotto la mortalità post ictus. n° pazienti arruolati somministrazione osservazione durata trattamento periodo 104 os 9 anni 12 settimane primi 6 mesi dopo ictus farmaco pazienti realmente trattati pazienti rimasti in vita fluoxetina o nortriptilina 53 36 (67%) Placebo 28 10 (35%) Riduzione del rischio di recidive di eventi cerebrali vascolari La riduzione del rischio di recidive di eventi cerebrali vascolari nei pazienti affetti da ictus si ottiene con il trattamento con l’ACE – inibitore Perindopril Questo è stato dimostrato da uno studio della durata di 6 anni su 6105 Pazienti reclutati in 172 Ospedali in Australia, in Europa e in Asia ( Lancet 2001; 358: 1033-1041). farmaco perindopril (ace-inibitore) e follow up riduzione 28% incidenza globale di ictus effetti collaterali pochi 4 anni 50% ictus emorragico indapamide (diuretico) 26% eventi vascolari maggiori 38% infarto miocardico Tutti questi risultati sono indipendenti sia dal tipo di ictus, sia dai valori pressori, sia da patologie concomitanti. Ad oggi, pochi sono i pazienti colpiti da ictus a cui vengono somministrati ipotensivi. Circa 5 milioni di persone colpite da ictus muoiono all’anno e circa 15 milioni rimangono limitati nella loro autonomia, persistendo danni irreversibili. Lo scopo dello studio precedentemente esposto è quello di somministrare l’ACEinibitore Perindopril e l’indapamide ai pazienti indipendentemente dai valori pressori e dall’età. 11 • Riduzione del rischio di recidiva La riduzione del rischio di recidiva nei pazienti colpiti da ictus, è prevista con l’uso delle statine dal 2003 dal’FDA (Food and Drug Administration). Al momento lo studio più significativo è quello dell’HPS (Heart Protection Study) con l’uso di simvastatina alla dose giornaliera di 40 mg. E’ stato effettuato un follow-up per 5 anni che ha dimostrato l’utilità delle statine entro 2 anni dall’inizio della terapia con simvastatina, tale da considerarla di impiego di routine. Si è avuto una riduzione del 21% di recidive di ictus. L’effetto benefico della somministrazione della simvastatina si è avuto anche nei pazienti normocolesterolemici. Lo studio SPARCL (Stroke Prevention by Aggressive Reduction in Cholesterol Levels) ha valutato se le statine sono in grado di ridurre il rischio di recidiva di ictus. Sono stati reclutati 4731 pazienti affetti da ictus o TIA e trattati con atorvastatina (lipitor/torvast) alla dose giornaliera di 80 mg o con placebo. Il follow-up a 5 anni ha dimostrato una riduzione del rischio di recidiva del 3,5%. • Riduzione delle complicanze vascolari La riduzione delle complicanze vascolari in pazienti con pregresso ictus, ha come farmaco di riferimento anche l’acido acetil-salicilico (ASA). La FDA (Food and Drug Administration) ha consigliato dosaggi di 50 e 325 mg al giorno. Un’analisi, di vari studi, ha dimostrato che l’uso di un anti-aggregante ha evidenziato la riduzione del 25% di complicanze vascolari gravi, compreso l’ictus. • Riduzione dei rischi connessi agli eventi combinati ictus, IMA e morte da causa vascolare La riduzione dei rischi connessi agli eventi combinati ictus, IMA e morte da causa vascolare si ottiene con un altro farmaco: la ticlopidina, usato alla dose di 500 mg al giorno. Nel Canadian American Ticlopidine Study (CATS) sono stati trattati 1000 pazienti divisi in due gruppi: il primo trattato con ticlopidina e il secondo gruppo trattato con placebo. Nel primo gruppo vi è stata una riduzione del 30% dei rischi connessi agli eventi combinati ictus, IMA e morte da causa vascolare. La ticlopidina ha un rapporto costo – beneficio migliore rispetto all’ASA, ma siccome il beneficio è solo lievemente superiore, è utile usare la ticlopidina quando il paziente è intollerante all’ ASA. • Trattamento con anticoagulanti orali (warfarin). 12 L A P E R S O N A CO L P I T A D A I C T U S progettare il recupero: visione organica e complessiva delle problematiche della persona e della sua famiglia Interverranno Vittorio Guglielmo Grosso Responsabile S.S.D. R.R.F. Ospedale Cairo Montenotte Alida Rota Farmacista Claudio Solinas Coordinatore Infermieristico S.S.D. R.R.F. Ospedale Cairo Montenotte Daniela Malatesta Coordinatrice Fisioterapisti S.S.D. R.R.F. Ospedale Cairo Montenotte Francesca Lugano Logopedista S.S.D. R.R.F. Ospedale Cairo Montenotte Altare, Villa Rosa 29 Giugno 2007 Ore 20,30 La cittadinanza è invitata a partecipare