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Patologie da BIOTERRORISMO
Un numero limitato di microrganismi, che causano malattia e morte, può essere
utilizzato in attacchi di bioterrorismo. Oltre al Bacillus anthracis e al virus del vaiolo,
indicati quali potenziali armi biologiche, questo termine include diversi tipi di
microrganismi di animali, piante e umani e alcuni loro prodotti quali le tossine.
Bioterrorismo è correttamente inteso quale l’uso di agenti biologici per causare malattie
e/o morte di uomini, animali o piante. Sono considerati potenziali armi biologiche:
Bacillus anthracis (antrace o carbonchio); la tossina del Clostridium botulinum;
Yersinia pestis (peste); Francisella tularensis (tularemia); il virus del vaiolo e i virus
delle febbri emorragiche [Arenavirus (Lassa) e Filovirus (Ebola)].
Le Brucelle (brucellosi) sono state recentemente rimosse dalla lista delle potenziali armi
biologiche, pur rimanendo un possibile agente insieme a: Coxiella burnetii (febbre Q);
Burkholderia mallei (melioidosi); Vibrio cholerae; enterotossina B stafilococcica,
micobatteri multiresistenti, e gli agenti delle encefaliti virali: flavivirus (dengue e febbre
gialla), hantavirus e arenavirus (Lassa).
Bacillus anthracis
Generalità
Il Bacillus anthracis è tra i primi nella lista dei potenziali agenti patogeni utilizzabili nel
bioterrorismo. È stato isolato e caratterizzato da Robert Koch, che ha descritto le sue
caratteristiche culturali e morfologiche nel 1867.
Caratteristiche morfologiche e colturali
Il B. anthracis forma grossi bastoncini gram-positivi disposti a catenelle, è aerobio,
immobile, capsulato e sporigeno. Le spore, che si formano solo in presenza di ossigeno,
sono ovali, subterminali, ma non rigonfiano lo sporangio. La resistenza delle spore del
B. anthracis è rimarchevole, in quanto possono sopravvivere nel terreno fino a 40 anni.
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Figura 1. Colorazione di Gram del Bacillus anthracis
Bacilli del carbonchio Gram-positivi nello striscio di sangue periferico ottenuto da una scimmia rhesus
deceduta per carbonchio inalatorio (JAMA 281:1735-1745, 1999).
I criteri di identificazione sono: le forme caratteristiche all’esame microscopico dopo
colorazione con Gram, la morfologia delle colonie, la presenza di spore e l’immobilità.
Patogenesi
Il carbonchio è una malattia che colpisce soprattutto gli erbivori (pecore, bovini ed
equini), che si infettano ingerendo le spore presenti nel terreno. Le spore germinano
quando entrano in un ambiente ricco di aminoacidi, nucleosidi e glucosio, ad esempio il
sangue o i tessuti dell’ospite in prossimità dei punti d’entrata. Diversamente, quando le
sostanze nutritive si sono esaurite oppure quando i liquidi contenenti i bacilli del
carbonchio sono esposti all’aria, si formano solo spore. I bacilli vegetativi si
moltiplicano rapidamente con la formazione di un edema gelatinoso con congestione. Di
raro la malattia colpisce l’uomo, quasi esclusivamente allevatori, conciatori e contadini,
che vengono a contatto con pelli, lana ed altri prodotti degli animali.
La massima virulenza del bacillo del carbonchio richiede la presenza sia della capsula
(attività antifagocitaria) e sia della tossina multifattoriale carbonchiosa formata da tre
proteine: fattore edematogeno (EF = edema factor), fattore letale (LF = lathal factor) e
antigene proteggente (PA = protective antigen). Anticorpi diretti verso l’antigene
proteggente, che è in grado di interagire con un recettore di membrana ubiquitario nelle
cellule animali, provocano la neutralizzazione.
I batteri vegetativi hanno una limitata sopravvivenza al di fuori dell’ospite, inferiore alle
24 ore, in netto contrasto alla pluridecennale resistenza nell’ambiente delle spore.
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Diagnosi
Il bacillo del carbonchio può essere isolato da: liquido e pus raccolti dalle lesioni
cutanee, campioni respiratori (espettorato), feci, liquor e sangue.
Il test microbiologico di maggiore utilità è la classica emocoltura, che dovrebbe
evidenziare una crescita in 6 – 24 ore. La conferma della crescita si ottiene isolando il
batterio in coltura (in piastre di agar-sangue). Se il laboratorio è stato allertato sulla
possibile presenta del B. anthracis, le prove biochimiche e la morfologia delle colonie
(aspetto a caput medusae) dovrebbero consentire una diagnosi presuntiva dopo 12-24
ore.
La conferma della diagnosi deve essere fatta con test diretti del tipo ELISA per
l’antigene proteggente e amplificazione genica (PCR), che sono disponibili sono in
laboratori di riferimento e richiedono 1-2 giorni per il loro completamento. Questi test
devono essere impiegati nei falsi casi di carbonchio e nelle analisi di materiale sospetto.
Negli ultimi 4-5 anni sono stati descritti test molecolari di identificazione e tipizzazione.
Sono state identificate sequenze specifiche e conservate (Ba8113 di 277 bp) e le prove
di amplificazione genica hanno confermato una ottima specificità e sensibilità di circa10
spore in 100 gr di terreno.
Recentemente l’impiego di metodiche di PCR in tempo reale ha consentito
l’identificazione di B. anthracis in campioni diversi (ad es. 100 litri di aria filtrati) in
meno di 1 ora. Inoltre l’impiego di due sonde consente l’analisi delle temperature di
annealing e di melting con una accurata tipizzazione.
Biosicurezza
La manipolazione di alcuni agenti biologici utilizzabili nel Bioterrorismo (B. anthracis,
Y. pestis, e i campioni contenenti tossine botuliniche) può essere fatta senza rischio per
gli operatori applicando le procedure di BioSafety Level 2 (BSL 2).
Brevemente, i laboratori BSL 2 devono ovviamente applicare le procedure di BSL 1 (i
protocolli di sicurezza generale quali il divieto di mangiare e bere in laboratorio e
l’obbligo di lavarsi le mani prima di uscire dal laboratorio). Devono inoltre soddisfare
alcuni requisiti specific1: laboratori BSL 2 diretti da ricercatori competenti, accesso
controllato ai laboratori e segnali visibili di rischio biologico.
Il personale dei laboratori BSL2 deve esser stato specificamente istruito nella
manipolazione di agenti patogeni e nell’uso appropriato dell’equipaggiamento
protettivo (camici, guanti e mascherine per il viso). Le procedure per lo smaltimento
controllato di strumenti appuntiti e del materiale infetto devono essere attivate e
documentate da un registro di biosicurezza. Tutte le procedure di laboratorio devono
esser eseguite con l’obiettivo di minimizzare la produzione di aerosol. La vaccinazione
non è necessaria per un’attività limitata.
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La decontaminazione di superfici e strumentazione si esegue con ipoclorito di sodio
(5%), che è attivo alla diluizione 1:10.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE
Il Bacillus anthracis causa normalmente patologia tra gli erbivori; accidentalmente si
trasmette all’uomo tramite il contatto con animali infetti o loro prodotti o per inalazione
di spore presenti nell’ambiente o per ingestione di carne poco cotta di animali infetti. La
trasmissione interumana è estremamente rara ed è stata dimostrata solo per via cutanea
tramite materiale infetto.
MANIFESTAZIONI CLINICHE
LOCALIZZAZIONE CUTANEA (95%): papula pruriginosa localizzata più
frequentemente agli arti o alle mani che aumenta progressivamente di dimensioni e si
ulcera in superficie, circondata da vescicole. La lesione ha di solito un diametro di 2-3
cm, è rotondeggiante e non dolorosa. Dopo 2-3 settimane evolve in escara che poi lascia
una cicatrice permanente. La lesione può essere accompagnata da linfoadenopatia locale
e da malessere generale, febbre e cefalea.
LOCALIZZAZIONE POLMONARE: iniziale sintomatologia simil – influenzale con
astenia, febbricola, tosse. Comparsa dopo 1-2 giorni di dispnea, tosse secca, febbre
elevata, talvolta accompagnate da ematemesi e melena. La radiografia del torace può
documentare broncopolmonite a focolai disseminati, allargamento del mediastino e
versamento pleurico. Tale patologia è gravata da un’elevata letalità. Il decorso può
essere rapidamente fatale in paziente con sensorio integro o il decesso può
sopraggiungere dopo insorgenza di shock settico ed eventuale disseminazione meningea
del microrganismo.
LOCALIZZAZIONE INTESTINALE: l’ingestione di carne contaminata può portare
dopo 3-7 giorni a due differenti forme cliniche: addominale e orofaringea.
Antrace addominale: insorgenza di nausea, vomito, anoressia, febbre seguiti da dolori
addominali, ematemesi e diarrea sanguinolenta. Successivamente uno stato tossico con
shock settico e cianosi portano al decesso nel 25-60% dei casi. Presenza di lesioni
ulcerative soprattutto a livello del cieco e del colon.
Antrace orofaringea: faringodinia, disfagia, febbre, linfoadenopatia laterocervicale;
presenza di edema e necrosi tissutale con formazione di lesioni ulcerative della mucosa
orofaringea, del palato duro e delle tonsille.
MENINGITE: la localizzazione meningea può costituire una complicanza di una delle
precedenti forme in circa il 5% dei casi.
PREVENZIONE
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Il vaccino disponibile per uso umano è prodotto da ioPort Corporation, Lansing,
Michigan, ed è un vaccino costituito da un filtrato di colture di un ceppo di B. anthracis
privo di capsula e non virulento che produce l’antigene protettivo (vaccino vivo
attenuato). Esso viene somministrato per via sottocutanea in 6 dosi, rispettivamente a 0,
2, 4 settimane e dopo 6, 12 e 18 mesi con necessità di un richiamo annuale. L’efficacia
dimostrata è del 92.5%. La vaccinazione è raccomandata nei seguenti gruppi: personale
di laboratorio a contatto con B. anthracis, persone a contatto con animali o con prodotti
animali provenienti da aree ad elevata incidenza di antrace o dove le misure di controllo
siano insufficienti, militari impiegati in aree ad alto rischio. Per essere efficace il ciclo
vaccinale deve essere eseguito almeno 18 mesi prima del contatto a rischio.
Non vi è necessità di isolamento dei pazienti affetti da antrace.
Fig. A
Paziente presentatosi con una lesione al
volto pruriginosa e non dolente,
associata a linfoadenopatia regionale
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Fig. B
La colorazione di Gram del
fluido vescicolare rivela la
presenza di bacilli capsulati
tipizzati poi come B. anthracis
Iconografia tratta da Mandell, Douglas, and Bennett’s Principles and Practice of
Infectious Diseases, Fifth Edition
TERAPIA
Le raccomandazioni inerenti l’uso di antibiotici e vaccino nella eventualità di un
attentato di bioterrorismo sono condizionate da un numero limitato di esperimenti sugli
animali e dalla mancanza di studi clinici sull’antrace da inalazione nell’uomo.
Dato il decorso estremamente rapido della forma inalatoria dell’adulto, la
somministrazione i fase precoce di antibiotici è ritenuta essenziale. Un ritardo di poche
ore potrebbe compromettere le possibilità di sopravvivenza.
La maggior parte dei ceppi di B.anthracis è sensibile alla penicillina e questo è stato il
trattamento storico di elezione. La FDA approva l’uso di penicillina o in alternativa di
doxiciclina. La ciprofloxacina ed i fluorchinoloni non sono stati studiati sull’uomo, ma
prove sull’animale ne suggeriscono una eccellente efficacia.(41,56,57)
Si può assumere come verosimile che un uso a fini terroristici dell’antrace si
avvarrebbe di ceppi resistenti e quindi esistono sufficienti consensi all’uso di
ciprofloxacina nell’adulto con diagnosi sospetta di antrace da inalazione.
Per quanto riguarda la via di somministrazione, nel caso di episodi sporadici, viene
consigliata la via endovenosa. Nel caso di attentato di massa, per ragioni di reperibilità
del farmaco e di praticità di somministrazione, viene data la preferenza alla via orale.
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La durata della terapia antibiotica deve essere almeno di 60 giorni (a causa della
possibilità di germinazioni ritardate di spore), sostituendo appena possibile alla
somministrazione endovenosa quella orale.
La contemporanea somministrazione di vaccino (tre dosi a 0-2-4 settimane) può
consentire di ridurre la durata della terapia a 30-45 giorni.
Il trattamento della forma cutanea si può avvalere della terapia orale con ciprofloxacina
o doxiciclina o amoxicillina, così come indicato nelle tabelle. Sebbene la durata della
terapia nella forma cutanea sarebbe di 10 giorni, le raccomandazioni (per la forte
probabilità di aver anche inalato spore) sono per la prosecuzione della terapia a 60
giorni. La terapia topica non ha alcun effetto.
Il B.anthracis è sensibile in vitro a numerosi antibiotici quali cloramfenicolo, penicilline
protette, macrolidi, vancomicina e cefalosporine di prima generazione. L’uso di tali
antibiotici è però raccomandabile solo in caso di indisponibilità degli altri di prima
scelta.(58,59,64)
Profilassi post-esposizione
La stessa terapia che per i casi clinici conclamati.
Pazienti speciali
Bambini. E’ noto come l’uso dei fluorchinoloni non sia raccomandato al di sotto dei 18
anni. Ciononostante esistono raccomandazioni al loro impiego a causa della loro sicura
efficacia, con eventuale sostituzione dopo la verifica della sensibilità in vitro del germe
isolato.
Il vaccino non è mai stato testato nei giovani sotto i 18 anni, ma l’esperienza con
vaccini inattivati similari suggerisce una sua sicurezza ed efficacia.
Donne in gravidanza. Medesimo ragionamento che per i bambini. In caso di sensibilità
accertata alla penicillina, se ne raccomanda l’uso endovena (v. tab….)
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l`antrace e le patologie da bioterrorismo