Patrizia Sardina
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO
DI AGRIGENTO NELL’ETÀ DEI MARTINI (1392-1410)
Prima di giungere in Sicilia Martino il Vecchio, duca di Montblanc, e il figlio
Martino il Giovane, re di Sicilia in virtù del matrimonio con Maria, figlia e
unica erede legittima di Federico IV, iniziarono a pianificare il futuro assetto
burocratico delle città siciliane, affidando l’amministrazione delle finanze e
della giustizia ai loro seguaci. S’inserisce nel solco di tale politica la concessione a vita della vicesecrezia di Agrigento al messinese Giacomo Campolo,
detto Pino,1 a partire dall’anno indizionale 1391-92, con la facoltà di scegliere come sostituto una persona di comprovata fiducia2. In realtà, quando nel
marzo 1392 i Martini giunsero nell’isola, il Campolo non poté ricoprire la carica, perché Agrigento era nelle mani della famiglia Chiaromonte, che aveva
affidato la vicesecrezia a Belluchio de Bellomo. Dopo la decapitazione di
Andrea Chiaromonte, avvenuta a Palermo il 1° giugno 1392, i Martini cambiarono il loro iniziale progetto di affidare la carica al Campolo e scelsero come
vicesecreto per l’anno 1392-93 il notaio agrigentino Vitale de Filesio3, che era
stato sfregiato in viso dai ribelli e costretto a lasciare Agrigento4.
Il notaio è chiamato nei documenti latini alternativamente de Filesio, Falesio, Filexio, Falexio, in quelli siciliani Filexi, mentre nei documenti in catalano ricorre la variante de Felicio5. Forse Vitale era originario del Val di Noto,
Sigle e abbreviazioni utilizzate: Asp = Archivio di Stato di Palermo; Ass = Archivio Storico Siciliano; Asso = Archivio Storico per la
Sicilia Orientale; Cp = Corte Pretoriana; Ma
= Miscellanea archivistica; P = Protonotaro
del Regno; Rc = Real Cancelleria; Trp = Tibunale del Real Patrimonio.
1 Su Giacomo Campolo, cfr. D. Santoro, Messina l’indomita. Strategie familiari del patriziato urbano tra XIV e XV secolo, Sciascia,
Caltanissetta-Roma, 2003, pp. 143-144.
2 Doc. in appendice n.5.
3 Asp, Cp, reg. 2832, fasc. 43. Sui secreti di
Palermo, cfr. P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte: splendore e tramonto di una signoria.
Potere nobiliare, ceti dirigenti e società tra XIV
e XV sec., Sciascia, Caltanissetta-Roma,
2003, pp. 259-286. Sulla secrezia di Catania, cfr. Eadem, Tra l’Etna e il mare. Vita cittadina e mondo rurale a Catania dal Vespro
ai Martini (1282/1410), Sicania, Messina,
Mediterranea
8
n.
1995, pp. 223-225.
4 Doc. in appendice n. 2. Il notaio Vitale è
ricordato dal Mugnos come il capostipite
della nobile famiglia Filesio, in una fantasiosa ricostruzione genealogica, che mischia
fatti reali a notizie poco credibili e prive di
riscontri documentari (F. Mugnos, Teatro
genealogico delle famiglie nobili titolate feudali ed antiche nobili del fidelissimo regno di
Sicilia viventi ed estinte, vol. I, Palermo,
1647, r.a., Forni, Sala Bolognese, 1978, pp.
358-359).
5 La forma de Felicio si ritrova in una lettera
spedita il 22 ottobre 1392 da Maria de Luna,
duchessa di Montblanc, al marito Martino (F.C.
Casula, Carte reali diplomatiche di Giovanni I il
Cacciatore, re d’Aragona, riguardanti l’Italia,
Cedam, Padova 1977, p. 107, doc. 83) e in un
doc. del 15 aprile 1393 indirizzato dal duca di
Montblanc a Guglielmo Raimondo Moncada,
conte di Augusta (Asp, Rc, reg. 22, c. 24r).
Ricerche storiche
Anno III - Dicembre 2006
423
P. SARDINA
dato che il cognome Falesi, derivante dal francese falaise, ossia, ‘roccia scoscesa sul mare’, è diffuso a Noto6. Non sappiamo se fosse imparentato con il
netino Luca de Filesio (o Falixio), titolare di tre feudi posti nel territorio di
Noto: Alfano, legato alla figlia Damiata; Molisino e Bumuscuru, lasciati alla
figlia Giacoma, feudi che nel 1335 rendevano annualmente agli eredi di Luca
15 onze7. Di certo, Vitale visse e lavorò nel Val di Noto nel 1396, mentre si trovava in esilio.
Durante il regno di Federico IV, Vitale era cittadino di Agrigento e iniziò ad
esercitare la professione notarile quando i suoi concittadini lo elessero e l’approvarono all’unanimità come notaio, con un decreto presentato alla Curia
Regia. Il 22 luglio 1369 il sovrano, dopo un’attenta lettura e verifica del decreto, nominò Vitale notaio regio, con la facoltà di rogare atti in tutte le città, le
terre e i luoghi della Sicilia, dopo il consueto giuramento sui Vangeli. Nella lettera patente di nomina, indirizzata a tutti gli abitanti della Sicilia, il re affermava che il decreto dell’universitas di Agrigento era stato ratificato dopo avere
sondato la fedeltà e la preparazione di Vitale8, ma non specificava se costui
avesse superato un vero e proprio esame d’idoneità presso il protonotaro9. In
ogni caso, Federico IV agì nel pieno rispetto delle consuetudini locali, che consentivano di accedere al notariato soltanto ai cittadini ritenuti degni e preparati dalla comunità di appartenenza10.
Per Vitale si trattava di un ambito traguardo, poiché nella seconda metà
del XIV secolo i notai siciliani più preparati e intraprendenti, grazie alla conoscenza del diritto e ai contatti sociali, riuscivano non solo ad arricchirsi, ma
anche a partecipare attivamente alla vita politica delle città, entrando a far
parte dell’élite dirigente11. Nella statica società siciliana, dominata dall’aristocrazia feudale e poco aperta alla mobilità sociale, i notai, specialisti di diritto
e consuetudini locali, potevano utilizzare l’amministrazione delle secrezie e
vicesecrezie e le cariche nei consigli municipali come strumento di ascesa
sociale, ma si trovavano in una posizione ambigua. Mentre alcuni notai, che
aspiravano a far parte della nobiltà civica, mandavano i figli allo Studium di
6 G. Caracausi, Dizionario onomastico della
Sicilia, Centro di Studi Filologici e Linguistici
Siciliani-Epos, vol. I, Palermo 1994, pp. 574,
575 e 612.
7 R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum qui res
in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retulere, Palermo 1792, vol. II, p. 465; I capibrevi di
Giovanni Luca Barberi, a c. di G. Silvestri, I. I
feudi del Val di Noto, Società Siciliana per la
Storia Patria, Palermo, 1879, pp. 148 e 149;
A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Quaderni - Mediterranea.
Ricerche Storiche, Palermo, 2006, p. 164
(reperibile on line sul sito www.mediterranearicerchestoriche.it). Sulla Descriptio, cfr.
A. Marrone, Sulla datazione della «Descriptio
424
feudorum sub rege Friderico» (1335) e
sull’«Adohamentum sub rege Ludovico»
(1345), «Mediterranea. Ricerche storiche», n.
1, giugno 2004, pp. 123-168 (reperibile on
line sul sito www.mediterranearicerchestoriche.it).
8 Doc. in appendice n. 1.
9 G. Cosentino, I Notari in Sicilia, « Ass», N.S.,
XII (1887), p. 318.
10 B. Pasciuta, I notai a Palermo nel XIV secolo. Uno studio prosopografico, Rubbettino,
Soveria Mannelli (Cz), 1995, pp. 47, 48, 52 e
53.
11 A. Romano, “Legum doctores” e cultura giuridica nella Sicilia aragonese, Giuffrè, Milano
1984, pp 43-44, n. 54.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
Bologna con grandi sacrifici economici, affinché acquisissero l’ambito e prestigioso titolo di dottore in legge e diventassero giudici, altri, «sensibili alle
aspirazioni democratiche», si posero alla testa di tumulti popolari12. Inoltre,
non si trattava di un ceto omogeneo per ricchezza, perché le fortune del notaio
dipendevano dalla sua clientela e dalla sua capacità di rinvestire il denaro
nell’agricoltura e nel commercio13. In definitiva, secondo Bresc, sebbene fosse
un ceto più mobile e aperto dell’aristocrazia feudale, la classe notarile siciliana era ostacolata dall’eccessiva cristallizzazione politica e sociale e il malcontento dei notai testimonia l’incapacità degli intellettuali siciliani di dare vita
ad una classe borghese autonoma14.
Alla morte di Federico IV (1377), quando i conti Manfredi Chiaromonte,
Artale Alagona, Guglielmo Peralta e Francesco Ventimiglia si spartirono il controllo dell’isola, governando in qualità di vicari a nome delle debole regina
Maria15, Vitale era perfettamente inserito nella città di Agrigento, dove non si
limitava a svolgere l’attività privata di notaio, ma nel 1387-88 lavorò anche
come giudice della Curia Civile16. Inoltre, fu incaricato di conservare gli atti
del defunto notaio Manfredi de Attardo17, probabilmente dietro il rilascio dell’usuale licenza regia, che autorizzava il conservatore a redigere in forma pubblica gli instrumenta in mundum, traendoli dalle imbreviature del notaio scomparso18.
Dopo lo sbarco in Sicilia dei Martini e della regina Maria, avvenuto a Favignana il 22 marzo 1392, Agrigento, controllata dai Chiaromonte, fu investita
dal fuoco della ribellione. I drammatici eventi che toccarono la città coinvolsero anche il notaio Vitale, «in facie percussus usque ad sanguinis effucionem», durante il conflitto scoppiato nel castello, e costretto ad andare in esilio per rimanere fedele ai Martini19. Probabilmente Vitale si rifugiò a Barcellona, da dove il 22 ottobre 1392 Maria de Luna, duchessa di Montblanc, scrisse una lettera chiusa al marito Martino il Vecchio, per raccomandargli il
notaio Vidal de Felicio di Agrigento, che si recava da lui20. Quando i Martini
riconquistarono Agrigento, Vitale rivolse loro una supplica, nell’intento d’instaurare un fattivo e proficuo rapporto di collaborazione. La supplica di Vitale e la raccomandazione della duchessa sortirono l’effetto sperato: il notaio,
ascritto nel novero dei familiares e fideles regi, fu nominato vicesecreto di
Agrigento ed entrò in carica nel novembre 139221. Di conseguenza, il 19
novembre i Martini gli concessero a vita 30 onze annue di stipendio sui pro-
12 H. Bresc, Il notariato nella società siciliana
medievale, in Per una storia del notariato
meridionale. Studi storici sul notariato italiano, VI, Consiglio nazionale del notariato,
Roma, 1982, pp. 192-193.
13 Ivi, pp. 205-211.
14 Ivi, p.220.
15 Sulla regina Maria, cfr. M.R. Lo Forte Scirpo, C’era una volta una regina … Due donne
per un regno: Maria d’Aragona e Bianca di
Navarra, Liguori, Napoli, 2003.
8
n.
16
P. Collura, Le più antiche carte dell’Archivio
capitolare di Agrigento, Manfredi, Palermo,
1961, p. 281, perg. 95.
17 Asp, Archivio Montaperto di S.Elisabetta,
reg. 66, cc. 58 v-59 r.
18 G. Cosentino, I Notari cit., pp. 312-313.
19 Doc. in appendice n. 2.
20 F.C. Casula, Carte reali cit., p. 107, doc.
83.
21 Asp, Cp, reg. 2832, fasc. 43.
425
P. SARDINA
venti del porto e della marina di Agrigento, in denaro o in vettovaglie da esportare in Sicilia o fuori dal Regno nei luoghi consentiti, con la nave, o le navi in
cui veniva caricato il frumento della Curia Regia, dietro prestazione del consueto servizio militare di un cavallo armato per ogni 20 onze di reddito. Il
notaio avrebbe potuto effettuare personalmente l’esportazione del grano, o
delegarla ad un suo procuratore, computando il prezzo di ogni salma sulla
base dello ius exiture in vigore22.
Nell’arco di cinque mesi Vitale riuscì a guadagnarsi la piena fiducia di Martino il Vecchio, che il 14 aprile 1393 scrisse una lettera ad Aloisio de Montaperto, figlio di Lamberto e Isabella Chiaromonte23, «ceterisque probis hominibus de Agrigento», per informarli che aveva affidato al notaio l’incarico di «parlari supra certi fachendi li quali ridundinu a serviciu et a gratu di la nostra celsitudini», e raccomandò di prestare fede alle sue parole24. Il giorno dopo, il
duca di Montblanc spedì una missiva di uguale tenore a Guglielmo Raimondo
Moncada, conte di Augusta, e lo pregò «que a tot ço quel dit notar vos dirà de
nostra part sobre los affers de sus dits donets fe e creença plenaria»25. In questa fase estremamente critica per la vita del Regno, oltre a gestire la carica di
vicesecreto, il notaio ebbe il delicato compito di fungere da trait d’union fra il
re e la città. In risposta ad un’allarmante lettera inviatagli da Vitale sullo stato
del castello, il 14 maggio 1393 il duca di Montblanc l’avvertì che bisognava
rifornire «lu castellu di Girgenti et tinirisi comu si aparteni» e gli ordinò di utilizzare i soldi e le gabelle dell’anno in corso, posticipando di un anno il pagamento dei debiti e delle provvigioni, «ca meglu vali furnirisi lu dictu castellu per
kistu modu, a cuy haja a richipiri aspictari quistu pocu tempu a pagarisi, ki
riscari lu dictu castellu yfurnitu et bisognusi per lu modu ki si trova»26.
Le preoccupazioni del duca di Montblanc non erano infondate, infatti nel
luglio 1393 Enrico Chiaromonte promosse ad Agrigento una sollevazione contro
i Catalani, che controllavano la città da circa un anno. Tutte le entrate delle
gabelle finirono nelle mani dei servitori e dei seguaci dei Chiaromonte, che le utilizzarono per sostenere l’assedio dei castelli di Agrigento, Favara e Naro. In seguito alla ribellione della città, Vitale fu costretto a presentare il bilancio consuntivo della vicesecrezia di Agrigento del 1392-93 ai maestri razionali di Enrico Chiaromonte27. Dato che considerava la rivolta una folle avventura destinata a fallire
ed era politicamente legato ai Martini, Vitale preferì lasciare nuovamente la sua
città, piuttosto che seguire i ribelli, e dovette abbandonare la madre, la moglie, i
figli e i beni28. Mentre il vicesecreto era lontano da Agrigento, per volontà della
moglie Maria e su mandato dei giurati della città, i registri notarili di Manfredi de
Attardo, prima conservati da Vitale, furono affidati al notaio Antonio de Rosata29.
22
Doc. in appendice n. 2.
Sui Montaperto, cfr. A. Marrone, Repertorio
cit., pp. 278-283; E.I. Mineo, Nobiltà di Stato.
Famiglie e identità aristocratiche nel tardo
medioevo. La Sicilia, Donzelli, Roma, 2001,
pp. 271-273.
24 Doc. in appendice n. 3.
23
426
25
Asp, Rc, reg. 22, c. 24r.
Asp, Rc, reg. 22, c. 52v.
27 Asp, Cp, reg. 2832, fasc. 43.
28 Doc. in appendice n. 4.
29 Asp, Archivio Montaperto di S.Elisabetta,
reg. 66, cc. 58 v-59r.
26
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
Durante l’esilio Vitale si trasferì nella Sicilia orientale, dove svolse compiti
di varia natura per conto dei Martini. Il rapporto confidenziale che legava il
notaio agrigentino al re di Sicilia è attestato dall’uso del siciliano nella corrispondenza e dagli ordini dati a voce. Il 6 aprile 1396 il re l’incaricò di recarsi
a Noto, insieme a tre persone scelte dalla stessa universitas, per raccogliere i
diritti delle nuove imposte, da utilizzare come sussidio per la Curia Regia e gli
armigeri30. I quattro collettori avrebbero ricevuto come salario il 5% di tutti i
frutti raccolti nell’anno indizionale 1395-96, del mosto del 1396-97, e il 4%
delle vettovaglie, ossia, frumento, orzo, vino, fave, ceci e altri legumi31. Il 10
ottobre 1396 i Martini ordinarono a Vitale di andare a Siracusa, per parlare
con Raimondo de Muru, consigliere e algozirius32, che l’avrebbe informato
circa le vettovaglie e il vino di Siracusa spettanti alla Curia Regia33. Due giorni dopo i Martini intimarono al capitano e ai giudici di Randazzo di obbligare
Giovanni de Raccuya, miles e legum doctor, a restituire a Vitale una serva, in
ottemperanza ad una lettera della Magna Regia Curia34. Il 12 novembre il re
comunicò all’universitas di Noto che aveva comandato a bucca, ossia a voce,
a Vitale di prendere 50 salme di frumento, in qualità di collettore della sovvenzione, per fare il biscotto da destinare alle galee regie, e il suo ordine era
stato prontamente eseguito. Pertanto, dovevano consentire ai compagni di
Vitale di trasportare il biscotto al porto con l’aiuto dei mulattieri, per assegnarlo alle galee35.
Sebbene continuasse a lavorare nella Sicilia orientale, a tre anni dal drammatico e doloroso allontanamento dalla sua città, Vitale non aveva perso le
speranze di rivederla e preparava il terreno per un suo ipotetico ritorno. Recatosi dal re, Vitale gli riferì che doveva 200 onze ad alcuni cittadini e abitanti
di Agrigento, ossia: Andrea de Rosa, «in rebellionis perfidia defunto», Nicolò
Sellario, Nardo Corbuli, Tommaso de Ripulino e Giovanni, detto lu Siccu, i cui
beni mobili, immobili e crediti erano stati confiscati per il reato di ribellione
commesso dall’universitas di Agrigento e soprattutto dai creditori di Vitale,
che persistevano «in vicio rebellionis». Alla luce di quanto esposto, il notaio
supplicò il re di cancellare benigne i suoi debiti. Il 15 novembre 1396 il re
accolse la richiesta di Vitale e ordinò al maestro giustiziere e ai giudici della
Magna Regia Curia di annullare i debiti, in considerazione dei servizi resi dal
notaio, e di non includerli in eventuali remissioni concesse a tutta la città o a
singoli individui36. Nel documento non si specifica per quale causa Vitale
dovesse ai suoi concittadini ribelli una somma di denaro tanto elevata, ma
possiamo ragionevolmente ipotizzare che si fosse indebitato per pagare un
riscatto ai rivoltosi, ottenendo come contropartita la libertà di lasciare Agri-
30
Asp, Rc, reg. 24, c. 163v.
Asp, Rc, reg. 24, c. 170.
32 Il termine algozirius, di origine iberica,
indica un funzionario della Corte aragonese
(Ch. Du Cange, Glossarium mediae et infimae
latinitatis, r. a., vol. I, Graz 1954, p. 177).
Sulla carica d’algozirius, cfr. P. Corrao,
31
8
n.
Governare un regno. Potere, società e istituzioni in Sicilia fra Trecento e Quattrocento,
Liguori, Napoli, 1991, pp. 317-318.
33 Asp, Rc, reg. 27, c. 21.
34 Asp, Rc, reg. 27, c. 27r.
35 Asp, Rc, reg. 29, c. 50r.
36 Doc. in appendice n. 4.
427
P. SARDINA
gento, dato che in un documento successivo si parla dei danni e della carcerazione patiti dal notaio «per lu sou riscactu»39.
Frattanto, Vitale rimaneva nella Sicilia orientale e il 17 gennaio 1397 Martino di Sicilia gli comandò perentoriamente di dare subito «senza altra contradicioni» a Pietro de Arbea, castellano di Aci, le 80 salme di frumento provenienti dalla colletta di Noto, assegnategli in cambio delle 63 onze dovutegli, in
ottemperanza all’ordine impartitogli dal padre Martino d’Aragona38. Il 22 gennaio Martino I affidò a Vitale l’incarico di recarsi a Noto, per riscuotere i residui delle gabelle e delle nuove imposte dell’anno 1395-96, e ordinò al capitano, ai giurati e ai giudici di assisterlo39.
Quando nel febbraio 1397 i Martini riuscirono a riconquistare Agrigento, Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Augusta, marchese di Malta e
maestro giustiziere, divenne rettore della città40 e Vitale poté finalmente
ritornare ad Agrigento. La ricompensa per la sua costante fedeltà fu la vicesecrezia di Agrigento a vita, concessagli poiché «relictis per eum in eadem
amplis bonis suis elegit pocius nostras prosequi maiestates tamquam exul
quam nostrorum rebellium detestando facinori consentire». Prestato giuramento sui Vangeli,41 il notaio agrigentino iniziò a lavorare come vicesecreto regio e si occupò, fra l’altro, di consegnare ai sostenitori dei Martini i
beni confiscati ai ribelli. L’8 febbraio 1397 Martino I gli ordinò di porre Giacomo Campolo in possesso di tutti i beni immobili, feudali e allodiali, di
Federico de Aloysio, morto durante la ribellione, posti in tutto il Regno di
Sicilia, specialmente nella città e nel territorio di Agrigento42. Il 4 giugno
Martino I ordinò al vicesecreto e al capitano di Agrigento di dare a Guglielmo Raimondo Moncada le 200 onze assegnategli sui beni dei ribelli posti
ad Agrigento43.
Il rapporto tra Vitale e il Moncada divenne talmente stretto che il 16 marzo
1397 il marchese di Malta nominò suoi procuratori il notaio Vitale de Filesio
e Luca Furmusa, con un atto pubblico stilato ad Agrigento dal notaio Giacomo de Iuvenio, affinché si recassero a Palermo per vendere i beni confiscati ai
Chiaromonte e concessi al Moncada44. E i notai erano in grado di amministrare grandi patrimoni immobiliari, per la loro preparazione ed esperienza, e
mettevano la loro competenza professionale al servizio della nobiltà e degli
enti ecclesiastici, ricavandone un indubbio vantaggio sociale, oltre che economico45. Il 23 marzo 1397 i Martini ordinarono a Ubertino La Grua, viceré del
Val di Mazara46, di aiutare Vitale e Luca, inviati a Palermo «per alcuni ardui
et necessarii fachendi li quali redundanu in beneficiu et exaltamentu di la
nostra sacra curuna», fornendo loro la necessaria assistenza durante la per-
37
42
38
43
Asp, P, reg. 12, c. 27.
Asp, Rc, reg. 27, c. 55v.
39 Asp, Rc, reg. 26, c. 142v; Rc, reg. 29, c.
83r.
40 Asp, P, 8, c. 74.
41 Doc. in appendice n. 5.
428
Asp, Rc, reg. 29, cc. 94 v-95r.
Asp, Trp, Lettere Reali, reg. 1, c. 68r.
44 Asp, Rc, reg. 35, c. 149v.
45 B. Pasciuta, I notai a Palermo cit., pp. 62-63.
46 Su Ubertino La Grua, cfr. P. Sardina,
Palermo e i Chiaromonte cit., pp. 239-258.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
manenza in città47. La delicatezza dell’incarico è attestata da una lettera scritta il giorno dopo dall’universitas di Palermo, per impedire ai due procuratori
d’includere fra i beni dei Chiaromonte assegnati al Moncada i mulini dell’erede di mastro Antonio di Simone Andrea, che rischiava di finire in miseria48.
Ancor più complessa fu la vicenda delle quattro botteghe dei Chiaromonte
concesse al Moncada, poste in contrada Lattarini, vendute da Vitale de Filesio e Luca Furmusa a Berto de Serafinis per 61 onze, con un atto stilato a
Palermo dal notaio Giacomo de Pilato. Alla morte del Moncada, la Corte Pretoriana di Palermo restituì le botteghe al monastero di S. Maria degli Angeli,
al quale erano state concesse da Manfredi Chiaromonte. E il 19 febbraio 1399
il re ordinò di risarcire Berto sui beni del Moncada49, a testimonianza degli
strascichi legali prodotti a due anni di distanza dalle decisioni dei procuratori del Moncada.
Quando alla fine del 1397 Guglielmo Raimondo Moncada promosse la
ribellione di Agrigento, mentre Luca Furmusa decise di seguirlo, Vitale de
Filesio preferì mantenersi fedele ai Martini e il tempo gli diede ragione. Conclusasi anche la breve avventura del Moncada, il re riconquistò definitivamente la città e decise di visitarla. Vitale ebbe il compito di fare restaurare lo Steri
dei Chiaromonte, confiscato da Martino I per utilizzarlo come residenza regia,
quando si recava ad Agrigento. Il vicesecreto spese 15 onze e 25 tarì «in concia, reparacione et aptacione magni sterii sive hospicii dicte civitatis»50, per
prepararlo ad accogliere in modo adeguato il re, che sostò ad Agrigento fra il
18 e il 26 novembre 139851. Oltre che dei lavori di ristrutturazione dello Steri,
Vitale si occupò di rimettere in sesto il malandato castello di Agrigento. Il 27
dicembre 1398 il re gli ordinò di valutare, insieme ai mastri muratori e ai periti, di quali interventi avesse bisogno il castello regio, restaurando prima la
torre «perkì pati ruyna», poi i fossati, infine tutto il resto. Il re raccomandò al
secreto di rifornire il castello di un numero adeguato di balestre, pavesi e altre
armi. Inoltre, comandò «ki cuperiti lu trabuccu oy chi dati quillu meglu riparu ki sia plui utili». Doveva, poi, comprare per il castellano un mulo «per lu
chintimulu», ossia il mulino a trazione animale del castello. Infine, doveva
recuperare la restante parte del vino donato al re dalla città di Agrigento, per
venderlo e dare il denaro ricavato allo scrivano regio di racioni52.
Tra il 1398 e il 1399, avvalendosi del sostegno di Martino I, Vitale cercò di
ottenere il completo risarcimento dei danni patrimoniali subiti durante le varie
rivolte succedutesi ad Agrigento e di risolvere questioni economicamente meno
rilevanti. Considerati «li dampni et carceracioni li quali notaru Vitali Filexi,
familiari et fideli nostru, a lu presenti havi substinutu per lu sou riscactu», il
47
Doc. in appendice n. 6.
Acta Curie Felicis Urbis Panormi, 11, Registri di Lettere e atti (1395-1410), a cura di P.
Sardina, Municipio di Palermo e Accademia
Nazionale di Scienze Lettere e Arti di Palermo, Palermo, 1995, doc. 4.
49 Asp, Rc, reg. 35, c. 149.
48
8
n.
50 Asp, Ma, II, reg. 34, c. 5v. Doc. pubblicato
in G. Beccaria, Spigolature sulla vita privata
di re Martino in Sicilia, r. a. Intilla, Messina,
1993, doc. XXVIII, p. 135.
51 Asp, P, reg. 12, cc. 149r e 155r.
52 Asp, P, reg. 12, c. 187v.
429
P. SARDINA
22 maggio 1398 il re ordinò al secreto di Messina di dargli 5 onze sui primi proventi della secrezia, a Giacomo Campolo di dargliene altre 5 sui redditi della
Zecca di Messina, «non obstanti altra provisioni pro anno presenti»53. Vitale
raccontò a Martino I che, al tempo della prima ribellione di Agrigento, aveva
perso molti beni, fra i quali un mulo, finito nelle mani del giudice Matteo de
Assenso. Rientrato ad Agrigento dopo la fine della rivolta, il notaio aveva chiesto più volte al giudice di ridarglielo, in base all’ordinanza regia pubblicata
«super recuperandis bonis mobilibus apparentibus», ma costui si era rifiutato
e l’aveva, addirittura, venduto. Ammessa la supplica del notaio, il 28 maggio
1398 il re ordinò al capitano di Agrigento di rendergli il mulo, o di corrispondergli il prezzo equivalente54. Inoltre il 21 ottobre 1398 Martino I intimò al
barone Guichardo di Li Sages di restituire immediatamente i buoi di Vitale e
quelli «di li boni homini di Girgenti», in potere suo o dei suoi uomini, e minacciò in caso contrario di procedere contro di lui «cum riguri de iusticia»55.
Si trattava di piccoli aiuti, rispetto alla ben più spinosa e complessa questione dei danni patrimoniali, il cui valore ammontava a ben 1000 onze,
secondo un calcolo effettuato dopo la rivolta del luglio 1393. In un primo
momento, i Martini decisero di concedere a Vitale tutti i beni immobili dei
ribelli agrigentini Luca Furmosa e Luca de Palmerio, posti nel territorio e nella
città di Agrigento, con la clausola che, se la città si fosse arresa, Vitale avrebbe ottenuto 1000 onze in proventi delle gabelle di Agrigento, o sui beni di altri
ribelli posti sia ad Agrigento sia in altre città e terre del Regno di Sicilia. Dopo
la remissione accordata alla città nel febbraio 1397, Vitale non poté avere i
beni di Luca Furmosa e Luca de Palmerio, perché costoro furono perdonati.
Inoltre, quando nel 1398 i beni di Luca Furmosa furono nuovamente confiscati, perché costui aveva sostenuto la ribellione promossa dal Moncada,
Vitale non poté ottenere il risarcimento sui beni di costui, perché furono ridistribuì ad altri seguaci del re. Pertanto, il vicesecreto chiese ai Martini 1000
onze sui beni feudali e allodiali confiscati ad altri ribelli, posti ad Agrigento o
in altri luoghi della Sicilia, e sul feudo Burrayda di Simone de Policio, situato nel territorio di Agrigento. Il 15 ottobre 1398 i Martini ordinarono al maestro giustiziere e ai giudici della Magna Regia Curia di assegnare a Vitale beni
dei ribelli ancora disponibili del valore di 1000 onze posti in Sicilia, specialmente nella città e nel territorio di Agrigento e nel Val di Mazara, o, in loro
mancanza, sulle gabelle di Agrigento56. Quanto al feudo Burrayda, appurato
che Simone de Policio non aveva seguito nella ribellione il Moncada, si aprì un
contenzioso presso la Magna Regia Curia. La causa fu composta con l’intervento di amici comuni, la donazione a favore di Vitale fu annullata e il 10
53
Asp, P, reg. 12, c. 27. Sul margine sinistro
delle due lettere in siciliano con cui vennero
concesse a Vitale le 50 onze, si legge la parola nihil, che non serviva ad annullare il provvedimento, dato che le lettere non vennero
cassate, ma ad esentare dal diritto dovuto
430
per l’emanazione delle lettere regie.
Asp, P, reg. 12, c. 31r.
55 Asp, P, reg. 12, cc. 130v-131r.
56 Asp, Rc, reg. 33, cc. 72 v-73r; reg. 34, cc.
191v-192.
54
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
maggio 1399 Martino I ordinò al capitano e al secreto di Agrigento di mantenere Simone in possesso del feudo57. Altrettanto vano fu il tentativo di ottenere alcune terre poste nel territorio di Agrigento, in contrada de li Chanecti,
appartenenti ad Enrico de Montileone, poiché erano state concesse circa trent’anni prima al padre di costui, Antonio, da Giovanni Chiaromonte. E il 29
giugno 1399 il re ordinò al capitano di Agrigento di mantenere Enrico in possesso delle terre, ma lasciò a Vitale la facoltà di adire le vie legali, se avesse
accampato diritti su di esse58.
Mentre andava avanti il lungo iter processuale concernente il rimborso dei
danni patrimoniali, Vitale aveva ormai instaurato uno stretto rapporto di collaborazione con il re d’Aragona, il cui segno più tangibile è la lettera del 28
febbraio 1399, con la quale Martino il Vecchio comunicò al vicesecreto che egli
sarebbe stato incoronato re a Saragozza il 7 aprile, domenica di Pasqua, sua
moglie Maria de Luna regina la settimana successiva, e manifestò la sua
immensa gioia per la nascita del tanto desiderato nipote Pietro, figlio di Martino il Giovane e Maria59.
Il 2 maggio 1399 Vitale ottenne un’importante ricompensa per i servizi prestati. Accolta la sua supplica, i Martini gli concessero il permesso di sfruttare a vita una miniera di sale facente parte del demanio regio, posta nel feudo
Raccabu, nel territorio di Agrigento, appartenuto un tempo a Federico Cagnacio e passato poi all’erede di Andrea de Rosa, per il censo di tre tarì annui,
con la facoltà di lasciarla alla sua morte ad uno dei suoi figli. Si trattava di
una forma d’investimento che comportava qualche rischio economico e discrete capacità imprenditoriali, poiché il notaio avrebbe dovuto spendere molto
denaro «pro qua invenienda, facienda et ad comodum sive redditus reducenda»60. La licenza fu rilasciata a Vitale sull’onda dello sfruttamento delle grandi miniere di salgemma poste nella Valle del Platani, iniziato tra il 1360 e il
1380 e culminato nel 1440, quando l’accresciuta produzione di salgemma
ridusse sensibilmente le importazioni di sale dall’estero61. Infatti, il feudo in
cui si trovava la miniera si può localizzare nell’attuale contrada Racabo, a
nord di Porto Empedocle, zona tutt’oggi ricca di salgemma62.
Oltre alla miniera di sale, il vicesecreto ricevette come risarcimento altri
beni, non meglio identificati, dei ribelli agrigentini, in data anteriore al 23
57 Asp, Rc, reg. 35, c. 225v; reg. 37, cc. 145 v146r. I capibrevi di Giovanni Luca Barberi, a c.
di G. Silvestri, III. I feudi del Val di Mazzara,
Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo,
1888 , p. 186. Su Burrayda, cfr. F. San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli
nobliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni (1925), vol. IX, Palermo, 1940, pp. 374-375;
A. Marrone, Repertorio cit., p. 346.
58 Asp, Rc, reg. 37, c. 176.
59 Aca, Cancilleria Real, reg. 2298, cc. 91 r92r. Sull’argomento, cfr. M.R. Lo Forte, C’era
una volta cit., p. 106.
8
n.
60
Doc. in appendice n. 7.
H. Bresc, Un monde méditerranéen. Économie et société en Sicile 1300-1450, Accademia
di Scienze Lettere e Arti di Palermo, I, Palermo, 1986, pp. 218-221. Sulla produzione e il
commercio del sale, cfr. J.F. Bergier, Une
histoire du sel, Press Universitaires de France, Fribourg (Suisse), 1982.
62 Nelle fonti anteriori troviamo nel 1305 il
casale Rahab, nel 1326 le terre di Rachabo
(M.S. Rizzo, L’insediamento medievale nella
valle del Platani, «L’Erma» di Bretschneider,
Roma, 2004, pp. 31, 39 e 42).
61
431
P. SARDINA
aprile 1404, giorno in cui Martino I ordinò al capitano di Agrigento di costringere Vitale a pagare quanto doveva al cancelliere e al protonotaro, per il sigillo della lettera con cui aveva ottenuto tali beni, calcolando 5 tarì per ogni onza
di valore, dopo essersi accertato della consistenza dei beni concessigli, includendo nel computo sia quelli ancora in suo possesso, sia quelli venduti63.
Passando dalle attività imprenditoriali di Vitale al lavoro nella pubblica
amministrazione, per valutare come abbia gestito la carica di vicesecreto tra
il 1397 e il 1410, occorre esaminare gli scarni dati che trapelano dai documenti. I quaderni del vicesecreto venivano controllati periodicamente dalla
Magna Regia Curia dei maestri razionali, organo collegiale addetto alla revisione dei conti64. Alla fine di ogni anno indizionale (31 agosto), il vicesecreto
doveva recarsi presso il suddetto ufficio finanziario centrale del Regno, che
non aveva una sede stabile, ma seguiva il re nei suoi spostamenti, per ottenere l’appovazione del suo libro contabile. Calcolata la differenza tra le entrate e le uscite, il vicesecreto versava al tesoriere le somme eccedenti e riceveva
una quietanza di pagamento. Mentre il bilancio delle secrezie di Palermo e
Catania è documentato per dieci dei diciotto anni in cui regnarono i Martini65,
su Agrigento possediamo soltanto i rendiconti degli anni indizionali 1405-6,
1406-7 e 1408-9.
Il registro contabile del 1405-6 fu esibito da Vitale a Catania il penultimo
di febbraio 1407, ossia sei mesi dopo la fine nell’anno indizionale. Le entrate
ammontavano a 448 onze e 11 grani, le uscite a 426 onze, 6 tarì, 4 grani e
mezzo, con un attivo di 21 onze, 24 tarì, 6 grani e mezzo, somma versata al
tesoriere Andrea Guardiola66. Nel 1406-7 il vicesecreto ricevette da gabelloti e
debitori 589 onze, 25 tarì, 2 grani e mezzo, sborsò 571 onze, 19 tarì e mezzo
grano, con un avanzo di 18 onze, 6 tarì e 2 grani. Il bilancio del 1406-7 fu presentato da Vitale a Palermo il 23 maggio 1408, con un ritardo di ben nove
mesi67, ma il tesoriere riferì al re che Vitale non gli aveva mandato le 30 onze
dovutegli, né gli aveva trasmesso i conti del 1406-7. Di conseguenza, il 9
luglio 1408 il re ingiunse al vicesecreto di provvedere entro tre giorni dall’arrivo della missiva, pena una multa di 50 onze,68 e il bilancio fu approvato soltanto il 3 agosto 140869. Il 5 maggio 1410 Vitale si recò a Catania per esibire
ai maestri razionali il quaderno dei conti del 1408-9, da cui risultava che
aveva incassato 491 onze, 16 tarì e 17 grani e pagato 491 onze, 22 tarì e 17
grani, con un disavanzo di 6 tarì70. Anche in questo caso trascorsero poco
63
Asp, Trp, Lettere reali, reg. 2, c. 47r.
Sui maestri razionali, cfr. A. Marrone, I
titolari degli uffici centrali del Regno di Sicilia
dal 1282 al 1390, «Mediterranea. Ricerche
storiche», n. 4, agosto 2005, pp. 342-346
(reperibile on line sul sito www.mediterranearicerchestoriche.it).
65 P. Sardina, Palermo e i Chiaromonte cit.,
pp. 353-355; Ead., Tra l’Etna e il mare cit., p.
225.
64
432
66 Asp, Rc, reg. 44-45, cc. 383v-384r. La
quietanza di pagamento fu rilasciata a Vitale
il 15 marzo 1407.
67 Asp, Rc, reg. 44-45, c. 383.
68 Doc. in appendice n. 8.
69 Asp, Rc, reg. 44-45, c. 383.
70 Asp, Rc, reg. 7, c. 50. Il 16 maggio 1410 la
regina Bianca rilasciò a Vitale l’usuale quietanza.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
meno di nove mesi tra la fine dell’anno indizionale e la presentazione del
bilancio.
Vitale continuò ad esercitare la carica di vicesecreto fino al 22 aprile 1410,
quando la regina Bianca di Navarra, vedova di Martino I e vicaria del Regno,
lo sospese, perché era stato «negligenti ad obediri certi nostri comandamenti», e affidò la carica a Giovanni de Cachatu fino a nuovo mandato, ordinando a credenzieri, gabelloti e ufficiali di Agrigento di obbedire al nuovo vicesecreto71. Non sappiamo se l’usuale ritardo nella presentazione dei rendiconti
sia stata la motivazione principale della sospensione di Vitale dalla carica di
vicesecreto, o soltanto una concausa.
Ignoriamo in che anno sia morto Vitale de Filesio, ma possediamo informazioni interessanti sul figlio Nicoloso, nominato dal re notaio degli atti della
Curia Civile di Agrigento nell’anno indizionale 1398-9972, portolano del porto
e della marina di Agrigento fino a regio beneplacito il 14 dicembre 139873.
Di certo, Vitale riteneva che acquisire il titolo di dottore in legge fosse la
strada migliore per elevarsi socialmente e si adoperò affinché il figlio Nicoloso
raggiungesse tale obbiettivo. Per studiare fuori dall’isola, si dovevano affrontare notevoli spese di viaggio e di soggiorno, acquistare libri e materiale didattico, per un costo complessivo dell’intero corso oscillante tra un minimo di 50
e un massimo 100 onze, a seconda della parsimonia dello studente74. Fra la
fine del XIV e l’inizio del XV secolo, Martino I concesse aiuti economici ai Siciliani che volevano studiare fuori dal Regno, per dotare le città di una burocrazia efficiente e fedele, che facesse da contraltare al potere del baronaggio. A
volte, i sussidi furono pagati, o chiesti al re dalle città demaniali, che avevano bisogno di esperti di diritto75.
Nicoloso de Filesio studiò diritto civile a Bologna per circa sei anni, fruendo di una borsa di studio complessiva di 10 onze annue, 6 concesse da Martino I sui proventi dei porti e delle marine del Regno, 4 largite dalla città di
Agrigento sui redditi delle gabelle cittadine. L’universitas di Agrigento supplicò il re di assegnare una borsa di studio al figlio di Vitale, affinché potesse
completare gli studi di diritto civile. E il 14 luglio 1402 Martino I ordinò al
maestro portolano di dare a Nicoloso, studente a Bologna, o al suo procuratore 6 onze annue sui proventi del porto e della marina di Agrigento, a partire dal 1402-3 «quamdiu in ipso studio permanebit»76. Il 13 febbraio 1406 il
sovrano ordinò al maestro portolano di pagare le 6 onze per l’anno 1405-6 a
71 Asp, Rc, reg. 47, c. 162r. (22 ottobre 1398).
Su Bianca di Navarra, cfr. M.R. Lo Forte,
C’era una volta cit.
72 Asp, P, reg. 11, c. 235v.
73 Asp, Rc, reg. 34, c. 256.
74 A. Romano, “Legum doctores” cit., pp. 68-73.
75 Ivi, pp. 73-91. Sui giudici giuristi delle
Curie Civili, cfr. B. Pasciuta, In Regia Curia
civiliter convenire. Giustizia e città nella Sicilia
tardomedievale, Giappichelli, Torino, 2003,
pp. 134-141.
8
n.
76 Asp, Rc, reg. 39, c. 165v. Il nome di Nicoloso compare nell’elenco degli studenti siciliani che nei secoli XIV, XV e XVI ottennero
borse di studio in M. Catalano Tirrito, L’istruzione pubblica in Sicilia nel Rinascimento, in
«Asso», VII (1911), p. 429. Sulla diffusione
della cultura giuridica in Sicilia, cfr. H.
Bresc, Livre et société en Sicile (1299-1499),
Centro di studi filologici e linguistici siciliani,
Palermo 1971, pp. 26-34.
433
P. SARDINA
Nicoloso, o al padre Vitale sui proventi dei porti e delle marine del Regno77.
Mentre nel giugno 1408 il maestro portolano assegnò le 6 onze a Vitale, a
nome del figlio, messer Nicoloso, per il 1407-8, in base ad un mandato regio
del 5 dicembre 140778. Il 3 ottobre 1408 i sogni di Vitale si avverarono: il
«dominus Nicoloxius de Scicilia» si addottorò in diritto civile e Bartolomeo de
Scicilia gli consegnò le insegne durante l’usuale cerimonia conclusiva79. Di
conseguenza, il sussidio di 4 onze annue, che la città di Agrigento corrispondeva graciose a Nicoloso sui proventi delle gabelle cittadine, a partire dal
1408-9 passò ad Antonio Guerchio, figlio di mastro Mazullo, che intendeva
recarsi nello Studium di Bologna80.
Invece, non sappiamo che rapporto di parentela legasse Vitale ad Antonio
de Filesio, familiare e fedele regio, che il 12 marzo 1406 ebbe dal re 7 onze
sulle tratte del Regno,«pro indumentis suis necessariis»81, fu giurato di Agrigento nel 1421-2282, 1425-2683,1428-2984, 1431-3285 e ambasciatore della
città di Agrigento presso il viceré86.
In conclusione, alla lunga la strategia politica di Vitale risultò vincente,
perché riuscì ad elevare lo status sociale della sua famiglia, propiziando il
passaggio del figlio Nicoloso dal ceto notarile a quello giuridico. Per raggiungere la sua meta, il prudente notaio utilizzò tutti gli strumenti a sua disposizione. Collaborò con i Chiaromonte e i Moncada, quando le circostanze lo
resero necessario, ma non partecipò mai alle rivolte baronali contro la Corona, anzi sostenne fedelmente il potere regio. Lavorò ad Agrigento nella pubblica amministrazione, ricoprendo cariche cittadine di diverso spessore: dalla
magistratura annuale di giudice della Curia Civile al ben più prestigioso e redditizio ufficio di vicesecreto a vita. Durante i tre anni e mezzo trascorsi in esilio fu al servizio di Martino I come collettore regio nel Val di Noto, senza perdere i contatti con Agrigento, nella speranza di potervi fare ritorno. I suoi pregi
principali furono: il senso pratico e la concretezza politica, che lo spinsero a
porsi sotto l’ala protettrice dei Martini; le capacità amministrative, apprezzate sia dall’aristocrazia feudale sia dalla Corona; le doti imprenditoriali, che lo
portarono ad investire denaro nella miniera di salgemma di Raccabu. Il limite maggiore di Vitale fu la subalternità al potere, derivante dalla convinzione
che il lavoro quotidiano e la fedeltà regia conducessero più lontano di velleitari e rischiosi tentativi di ribellione.
77
81
78
82
Asp, Rc, reg. 43, c. 185v.
Asp, Trp, Numerazione provvisoria, reg.
95, c. 280v.
79 N. Rodolico, Siciliani nello studio di Bologna nel Medio Evo, in «A.S.S.», N.S., XX
(1895), p. 159.
80 Asp, Rc, reg. 44-45, c. 326 r.
434
83
84
85
86
Asp,
Asp,
Asp,
Asp,
Asp,
Asp,
Rc, reg. 43, c. 205v.
P, reg. 24, c. 30v.
Rc, reg. 56, c. 53r; P, reg. 28, c. 30r.
Rc, reg. 61, c. 36r; P, reg. 30, c. 30r.
Rc, reg. 66, c. 56v; P, reg. 32, c. 22r.
Rc, reg. 70, c. 264.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
Appendice
1
[Messina] 22 [luglio 1369, VII ind.]
Federico IV nomina Vitale de Filesio, cittadino di Agrigento, notaio pubblico di
tutta la Sicilia con una lettera patente indirizzata a tutti gli abitanti di città, terre
e luoghi dell’isola.
Asp, Rc, reg. 12, c. 291
XXII eiusdem ibidem.
Scriptum est per patentes licteras universis hominibus civitatum, terrarum et locorum insule Sicilie tam presentibus quam futuris fidelibus suis et
cetera.
Pro notario Vitale de Falesio de Agrigento.
Cum de fide, sufficiencia et legalitate notarii Vitalis de Falesio, civis civitatis Agrigenti, fidelis nostri, quem universitas civitatis ipsius unanimiter elegit
et concorditer approbavit, ut de approbacione et eleccione predictis, per
decretum universitatis civitatis eiusdem nostre curie ostensum, quod diligenter inspici iussimus atque legi, eidem curie plene constat, serenitate nostra
plenarie confidente, eum in notarium puplicum civitatum, terrarum et locorum predictarum insule nostre, recepto prius fidelitatis predictique puplici
notarii officii bene, fideliter et legaliter exercendi corporali et debito ad sancta Dei evangelia iuramento, ex nunc in antea duxerimus fiducialiter statuendum et eciam ordinandum, * * * fidelitati vestre mandamus quatenus, predictum notarium Vitalem prefatum puplici notarii officium ubique locorum dicte
nostre insule ad honorem et fidelitatem nostri culminis exercere ex nunc in
antea permictentes, ad eum tamquam notarium puplicum per nostram celsitudinem sicut prescribitur ordinatum quociens opus extiterit recurratis.
Date et cetera.
2
Catania,19 novembre 1392, I ind.
Martino il Vecchio, duca di Montblanc, Martino il Giovane e Maria, re e regina di
Sicilia, concedono a vita a Vitale de Filesio, notaio di Agrigento, trenta onze
annue sui proventi del porto di Agrigento.
Asp, Rc, reg. 20, c. 179
Concessio unciarum XXX facta1 notario Vitali de Filesio de Agrigento super
portu Agrigenti.
Martinus et Maria et cetera, et infans Martinus et cetera, vicemagistris
portulanis portus et maritime civitatis Agrigenti tam presentibus quam futu-
1
Segue notario nell’interlinea.
8
n.
435
P. SARDINA
ris fidelibus suis graciam nostram et bonam voluntatem. Ad supplicacionem
nuperius magestatibus nostris factam per notarium Vitalem de Filesio de
Agrigento, familiarem et fidelem nostrum, considerantes fidem puram et
devocionem sinceram quam dictus notarius Vitalis erga excellencias nostras
semper gessit et gerit ac grata satis et accepta servicia per eum magestatibus
nostris collata, que confert ad presens et in antea conferre potuerit dante
domino graciora, et presertim quod fuit exul a dicta civitate Agrigenti pro fidelitate nostra illibata servanda et presertius et conflictu olim habito in castro
dicte civitatis fuit in facie percussus usque ad sanguinis effucionem, dum
deceat regales munifficencias benemeritis, quos constat pro eorum serviciis
et honore labores plurimos subiisse, donis et retribucionibus ampliare, eidem
notario Vitali tamquam benemerito et condigno in unciis auri XXX per annum
ex nunc in antea quolibet anno in tota eius vita, sub debito militari servicio,
ana uncie viginti pro quolibet equo armato, iuxta usum et consuetudinem
regni nostri, quod servicium dictus notarius Vitalis in curia nostra presens se,
quociens fuerit per eandem curiam requisitus, eidem nostre curie gratanter
facere obtulit et promisit, super proventibus et redditibus portus et maritime
eiusdem civitatis Agrigenti2 vel in victualium exituris extrahendis iuxta eius
libitum voluntatis duximus providendum, volentes propterea quod predicte
uncie triginta ex pecunia provencium et reddituum portus et maritime ipsius
civitatis Agrigenti et in deffectu pecunie in victualium exituris, extrahendis
per eum aut habentem ius et causam ab eo vel eius nuncium [c. 179v] cum
vassello capacitatis et portate quantitatis ipsius, seu vassellis aliis in quibus
frumentum aliud de mandato nostre curie oneretur, computato ad eam racionem per salmam ad quam ius exiture huiusmodi tempore extraccionis ipsius
per eandem nostram curiam vendi contingerit et ascendat ad dictas uncias
triginta, iuxta eius libitum voluntatis, ferendi abinde extra regnum vel extra
Siciliam ad loca licita et permissa eidem notario Vitali, sub predicto militari
servicio, ex nunc in antea quolibet anno in tota ipsius notarii Vitalis vita per
vos pro parte dicte nostre curie tribuantur, propter quod fidelitati vestre mandamus quatenus predicto notario Vitali, vel eius nuncio presentes vobis licteras ostendenti, vos videlicet presentes viceportulanus aut subportulani portus et maritime ipsius civitatis Agrigenti pecuniam contingentem eum de
summa dictarum unciatum XXXta a die date presentis usque per totum mensem augusti vosque futuri predictas uncias XXXta ab anno secunde indicionis in antea in tota dicta eius vita, sub predicto militari servicio, ex pecunia
proventuum et reddituum ipsius portus et maritime dicte civitatis Agrigenti et
eius proprios sumptus et expensas et moram trahere in eodem servicio, iuxta
nostre curie beneplacitum et mandatum, ex nunc in antea usque ad nostrum
beneplacitm, et in defectu dicte pecunie in victualium exituris, computatis ad
eam racionem per salmam ad quam ius exiture huiusmodi tempore extracionis ipsius per eandem nostram curiam vendi contingerit, extrahendi per eum
2
436
Seguono parole espunte nell’interlinea.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
aut habentem ius et causam ab eo vel eius nuncium, cum vassello capacitatis et portate quantitatis ipsius aut naviliis seu vasellis aliis, in quibus frumentum aliud de mandato nostre curie oneretur, et ferendi abinde extra
regnum vel extra Siciliam ad loca licita permissa, pro parte dicte nostre curie
assignare et tradere debeatis, recepturi ab eo vel dicto eius nuncio exinde
apodixam, suo vel dicti nuncii sui tamen sigillo munitam, in ipsius oneracione et extracione frumenti et ceteris aliis formam vobis datam per curiam tenaciter servaturi, volumus eciamque quocienscumque nostra curia elegerit et
voluerit dictam provisionem unciarum XXXta ad se removere, proviso prius
dicto notario Vitali super morticiis et excadenciis nostre curie, licitum sit
eidem curie ad se revocare presentes aut licteras nostras postquam eas in
puplicam formam feceritis redigi, ad cautelam vestram servandam, quam tam
ad vos quam ad successores vestros omnem vim et robur habere volumus,
predicto notario3 Vitali resignetis, per eum deinde vestris successoribus
ostendendas, presentes aut patentes fieri fecimus et sigillo pendenti nostri
dicti ducis eo quod sigilla regia non sint facta iussimus communiri.
Vidit Petrus promotor.
Lo duch.
Datum Cathanie per nobilem Guillelmum de Peralta, comitem4 Sclafani,
terre Alcami dominum et regni Sicilie cancellarium, consanguineum, consiliarium, familiarem et fidelem nostrum dilectum, anno dominice incarnacionis
MCCCXCII decimo nono novembris prime indicionis, dicti regis anno primo et
predicte regine XVI.
3
Catania, 14 aprile [1393], I ind.
Martino, duca di Montblanc ordina ad Aloisio de Montaperto e ai probi viri di
Agrigento di prestare fede alle parole del notaio Vitale de Filesio.
Asp, Rc, reg. 22, c. 24r
Consiliariis5 et fideles nostri, la nostra excellencia havi comissu et cumandatu a nutaru Vitali Filexi nostru familiari et fideli ki vi dija parlari supra certi
fachendi li quali ridundinu a serviciu et a gratu di la nostra celsitudini imperò dijati cridiri li paroli di lu dictu nutaru Vitali et darili fidi indubia comu
fustivu in lu conspectu di la nostra serenitati.
Date Cathanie sub sigillo nostro secreto XIIII aprilis prime indicionis.
Lo duch.
Dirigitur Aloysio de Monteaperto ceterisque probis hominibus de Agrigento.
3
4
Segue parola espunta e Vitali nell’interlinea.
Segue parola espunta.
8
n.
5 Così nel testo, segue et nell’interlinea e
familiar - espunto.
437
P. SARDINA
4
Siracusa, 15 novembre 1396, V ind.
Martino il Vecchio, re d’Aragona, Martino il Giovane e Maria, re e regina di Sicilia, condonano al notaio Vitale de Filesio di Agrigento il debito di 200 onze contratto verso Andrea de Rosa, Nicolò Sellario, Nardo Corbuli, Tommaso de Ripulino e Giovanni Lu Siccu, ribelli agrigentini.
Asp, P, reg. 9, cc. 189v-190r
Pro notario Vitale de Filexio de Agrigento.
Martinus Dei gracia rex Aragonum et Martinus eadem gracia rex Sicilie
et cetera, et Maria eadem gracia dicti regni Sicilie et ducatuum predictorum
regina et cetera, nobili regni Sicilie magistro iusticiario, consanguineo eiusque locumtenenti et iudicibus magne regie curie ac aliis universis officialibus regni eiusdem et potissime civitatis Agrigenti tam presentibus quam
futuris consiliariis, familiaribus et fidelibus nostris graciam nostram et
bonam voluntatem, adhiens noviter presenciam nostram notarius Vitalis de
Filexio de dicta civitate Agrigenti, familiaris et fidelis noster, exposuit coram
nobis quod certis racionibus atque causis tenetur et dare debet infrascriptis civibus et habitatoribus civitatis predicte non modicam pecunie quantitatem, adscendentem ad summam unciarum ducentarum, videlicet Andree
de Rosa, in rebellionis perfidia defunto, Nicolao Sellario, Nardo Corbuli,
Thomasio de Ripulino et Iohanni de * * * dictu lu Siccu, prout in quibusdam
contractibus et instrumentis puplicis ac apodixis et aliis scripturis privatis
clarius continetur. Et quia ob generale rebellionis crimen per universitatem
civitatis predicte et potissime dictos creditores suorum, omnia eorum bona
mobilia et stabilia et credita sint et esse debent fisco nostro acquisita et
racionabiliter devoluta, ipse notarius Vitalis nostris maiestatibus humiliter
supplicavit ut dictas ducentas uncias, tamquam dicto nostro fisco aperta et
devoluta, ob dictorum creditorum suorum rebellionem commissam, quod de
presenti in vicio rebellionis persistunt, eidem notario6 Vitalis7 graciose
remictere et relaxare ac concedere et donare benigne dignaremur, nos vero
dictam supplicacionem admissa, considerantes fidem puram et devocionem
sinceram quam ipse notarius Vitalis erga excellencias nostras semper gessit et gerit grata quoque et accepta servicia per eum nobis puro corde collata et maxime tempore rebellionis [c. 190r] dicte civitatis, in qua dimissis
matre, uxore, filiis et eorum bonis quibuscumque pocius elegit mori, exire
et nostram prosequi maiestatem in adversis quam in eadem civitate cum
nostris rebellibus permanere, que prestat ad presens et in antea prestare
potuerit meliora, si ita est quod dictus Andreas de Rosa fuerit mortus rebellis, ut supra, et dicti alii creditores eius nostri fuerint et sint rebelles, ut
exposuit, prefato notario Vitali dictas uncias ducentas per eum debitas
eisdem creditoribus suis, tamquam dicte nostre curie confiscatas, ut supra,
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438
Segue parola espunta.
7
Per Vitali.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
quasque propterea nos dudum fisco nostro applicavimus, reservavimus et
penitus confiscavimus, ita et taliter quod in quibuscumque remissionibus
generalibus aut particularibus dicta credita nullatenus includantur, de
nostra certa sciencia et gracia speciali remictimus, relaxamus, concedimus
et donamus, ita quod ipse notarius Vitalis seu eius heredes aut successores quibuscumque in iudiciis nec extra iudicia, vigore et pretextu debitorum
predictorum, adscendencium ad dictam summam unciarum ducentarum,
per debitores eius iam dictos seu aliquem vel aliquos nomine eorum in persona aut in bonis auctoritate presencium nullatenus astringantur, quosquidem creditores et quemlibet eorum de dicta nostra sciencia et plenitudine
potestatis a quorumcumque limine iudiciorum expoliamus et privamus
eisdemque creditoribus et cuilibet eorum contra eundem notarium Vitalem
eiusque heredes aut successores, occasione dictorum creditorum eorum,
precludimus viam agendi, et ad uberiorem cautelam ipsum notarium Vitalem dictosque heredes ac successores suos a dictis pecuniarum quantitatibus per eum debitis quacumque ex causa dictis creditoribus suis exoneramus, quatenus prefatum notarium Vitalem nec heredes et fideiussores
suos, ad peticionem dictorum creditorum suorum, aut eorum alicuius vel
aliquorum, ad solucionem creditorum suorum adscendencium ad dictam
summam vigore presencium aliquatenus compellatis, quin ymmo contractus omnes et instrumenta ac apodixas et scripturas puplicas et privatas,
continencia debita dictarum ducentarum unciarum, deleri, cancellari et
lacerari penitus faciatis, quequidem contractus, instrumenta, apodixas et
scripturas nos harum serie irritamus, annullamus et nullius esse volumus
roboris vel momenti ac pro non factis reputari decrevimus et haberi. In
cuius rey testimonium presentes patentes nostras licteras fieri fecimus et
sigillo magno in dorso iussimus communiri.
Rex Martinus.
Date Syracuse per nobilem Bartholomeum de Iuvenio, militem, regni Sicilie cancellarium, consiliarium, familiarem et fidelem nostrum, anno dominice
incarnacionis millesimo trecentesimo nonagesimo sexto, die quinto decimo
novembris quinte indicionis regnique nostri dicti regis Aragonum primo, dicti
regis Sicilie quinto et dicte regine vicesimo.
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Catania, 16 febbraio 1397, V ind.
Martino il Vecchio, re d’Aragona, Martino il Giovane e Maria, re e regina di Sicilia, concedono a vita al notaio Vitale de Filesio di Agrigento la carica di vicesecreto di Agrigento.
Asp, P, reg. 8, c. 60v.; Rc, reg. 31, cc. 46 v-47 r
Pro Pino Campulo.
Martinus dei gracia Rex Aragonum et Martinus et cetera magistro secreto
Regni Sicilie ceterisque universis et singulis officialibus et subditis nostris dictorumque officialium locatenentibus presentibus et futuris fidelibus nostris
graciam et bonam voluntatem. Cum olim de anno XV indicionis dederimus et
8
n.
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P. SARDINA
concesserimus dilecto consiliario, familiari et fideli nostro Pino Campulo de
Messana officium vicesecrecie civitatis Agrigenti quamdiu sibi fuisset vita
comes, cum potestate substituendi aliquem in dicto officio de quo esset merito
confidendi, quod officium idem Pinus nuper in manibus nostris sponte renunciavit, ut de eodem officio fideli nostro notario Vitali de Filesio de civitate Agrigenti predictam commissionem faceremus. Nos vero de ipsius notarii Vitalis
fide, sufficiencia, industria et legalitate plenarie confidentes, consideracione
presertim pure devocionis et fidei quam idem notarius Vitalis erga excellencias
nostras semper gessit et gerit dampnorum quoque et exilii que passus extitit
pro nostra fidelitate servanda, nam rebellata coram nostras excellencias civitate predicta, relictis per eum in eadem amplis bonis suis, elegit pocius nostras
prosequi maiestates tamquam exul quam nostrorum rebellium detestando facinori consentire. Tenore presencium dicto notario Vitali quamdiu vixerit dictum
officium vicesecrecie civitatis predicte cum universis et singulis ipsius officii
preheminenciis, prerogativis, salariis, iuribus, lucris et emolumentis debitis et
consuetis ac integritate omnimoda, recepto prius ab eodem notario Vitali corporali et debito ad sancta Dei evangelia iuramento ipsum officium bene, fideliter et legaliter exercendi tenendique et regendi ad honorem et fidelitatem
nostrorum culminum fiducialiter duximus commictendi, fidelitati vestre et cuilibet vestrum mandamus firmiter et expresse quatenus dictum notarium Vitalem ex nunc in antea quamdiu vixerit pro secreto civitatis predicte habeatis et
teneatis ipsumque dictum officium quamdiu vixerit regere et exercere iuraque
proinde debita et consueta percipere et habere libere permictatis et aliam commissionem nostram huiusmodi et omnia et singula in ea contenta teneatis firmiter et observetis, teneri et observari faciatis et non conveniatis nec aliquem
convenire permictatis aliqua racione vel causa. In cuius rei testimonio presentes patentes licteras exinde fieri iussimus nostri sigilli impressione munitas.
Date Cathanie anno dominice incarnacionis MCCCXCsexto die XVI febroarii8 quinte indicionis.
Petrus cancellarius primogeniti Aragonum.
Rex Martinus.
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Catania, 23 marzo [1397], V indizione
Martino il Giovane, re di Sicilia, ordina a Ubertino La Grua di aiutare Vitale de
Filesio e Luca Furmusa di Agrigento, che si sono recati a Palermo per conto di
[Guglielmo Raimondo Moncada], marchese di Malta.
Asp, Rc, reg. 27, c. 138v
Rex Sicilie et cetera.
Consiliarie noster dilecte, novamenti havimu intisu ki lu magnificu markisi di Malta consanguineu nostru carissimu manda in Palermu, per alcuni
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Per februarii.
IL NOTAIO VITALE DE FILESIO, VICESECRETO DI AGRIGENTO
ardui et necessarii fachendi li quali redundanu in beneficiu et exaltamentia
di la nostra sacra curuna, nutaru Vitali Filexi familiari et Luca Furmusu di
Girgenti fideli nostri. Et però vi cumandamu expressamenti ki nostri parte
dijati dari a li dicti nutaru Vitali et Luca in omnibus agendis eorum tuctu quillu ayutu, consiglu et favuri ki loru sirrà bisognu forzandovi toto posse.
Datum Cathanie sub nostro sigillo secreto die XXIII marci quinte indicionis.
Rex Martinus.
Dirigitur Ubertino de Grua militi et cetera.
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Catania, 2 maggio 1399, VII ind.
Martino il Giovane, re di Sicilia, concede a vita a Vitale de Filesio e ad un suo
erede una miniera di salgemma facente parte del demanio regio, posta nel territorio di Agrigento, nel feudo Raccabu, appartenuto un tempo a Federico
Cagnacio e poi all’erede di Andrea de Rosa, con l’autorizzazione di sfruttarla a
sue spese, versando al re tre tarì annui.
Asp, Rc, reg. 35, cc. 214v-215
Pro Vitale de Filesio.
Martinus et cetera, secretis et magistris procuratoribus regni nostri Sicilie
aut capitaneis, vicecapitaneis, vicesecretis et ceteris officialibus civitatis Agrigenti presentibus et futuris consiliario familiaribus et fidelibus nostris graciam nostram et cetera, Vitalis de Filexio familiaris et fidelis noster in nostre
maiestatis presencia noviter constitutus eius peticione humili supplicavit ut,
cum in pheudo vocato Raccabu, sito et posito in territorio dicte civitatis, quod
fuit olim Friderici Cagnacii et nunc est heredis condam Andree de Rosa, sit
quedam mineria salis sive salina, pro qua invenienda, facienda et ad comodum sive redditus reducenda multe expense necessario requirantur, idemque
Vitalis intendat et proponat dictam salinam ad eius proprias expensas perquirere et invenire et facere, nostra maiestas eandem salinam, cum potestate
perquirendi, inveniendi et faciendi eidem Vitali in tota vita et unius ex filiis
eius quem voluerit post obitum sui, liberam, francam absque alicuius prestacione [c. 215r] aut solucione census concedere et donare graciosius dignaretur, cuius supplicacione benigne admissa, considerantes fidem puram et
devocionem sinceram quam idem Vitalis erga excellencias nostras semper
gessit et gerit grataque satis et accepta servicia per dictum Vitalem nobis fideliter prestita, que prestat ad presens et prestare potuerit in futurum dante
domino meliora, nec minus expensas et pecuniam quas eundem Vitalem pro
dicta salina invenienda facere et impendere oportet, predictam salinam cum
omnibus iuribus, redditibus et proventibus suis prefato Vitali in tota vita sua
et post eius obitum in vita unius ex dictis filiis quem eius arbitrio maluerit,
cum potestate et auctoritate dictum pheudum intrandi ibidemque dictam
salinam investigandi, perquirendi, inveniendi et faciendi suis propriiis sump-
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n.
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P. SARDINA
tibus et expensis, tamquam ex ab antiqua consuetudine dicti nostri regni
nostro regio demanio pertinentem, sub solucione tarenorum auri trium anno
quolibet nostre curie facienda, non obstante quod sit de dicto nostro demanio, de certa nostra sciencia, speciali gracia et munifica largitate damus, concedimus et largimur, propter quod fidelitati vestre precipimus et mandamus
expresse quatenus prefatum Vitalem vigore donacionis nostre presentis dictam salinam investigare, perquirere, invenire et facere ipsamque habere,
tenere et possidere utifrui et gaudere in tota dicta vita sua et post eius obitum unum ex predictis filiis suis, sub solucione dictorum tarenorum trium
sicut supra, auctoritate presencium libere et sine contradicione qualibet permictatis, prestantes eidem Vitali circa inquisicionem, perquisicionem, faccionem et possessionem dicte saline ac suorum iurium et reddituum quorumcumque auxilium [c. 215v] consilium pariter et favorem.
Date Cathanie sub anno domini MCCC nonagesimo nono die II may VII
indicionis.
Rex Martinus.
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Catania, 9 luglio [1408], I ind.
Martino, re di Sicilia, ordina a Vitale de Filesio, vicesecreto di Agrigento, di versare al tesoriere le trenta onze dovute ed esibire il rendiconto dell’anno passato, pena una multa di cinquanta onze.
Asp, Rc, reg. 44-45, c. 304v
Pro curia.
Rex Sicilie et cetera.
Familiaris et fidelis noster. A la excellencia nostra è stata facta relacioni ki
vui pocu curati tramictiri a lu consiliariu nostru Inguardiola, regenti di la
nostra thesaureria, quilli trenta unci ki li divivu ia mandari nec eciam haviti
curatu a viniri a mectiri lu vestru cuntu anni preteriti, secundu ki è statu
scriptu, perkì essendu la maiestati nostra di zo non modicum admirata vi
cumandamu expressamenti ki, sub pena di unci chinquanta nostre curie
applicando, digiati infra triduum poy richiputi li presenti mandari a lu dictu
Inguardiola li trenta unci predicti et eciam viniri a mectiri lu dictu vestru
cuntu, purtandu eciam cum vui li informacioni anni presentis, declaranduvi
ki nui scrivimu a lu capitanu di Girgenti per altri licteri ki si passatu lu dictu
terminu vui non vignati cum li dicti dinari et cuntu dija prochediri contra di
vui cum effectu a la pena predicta.
Datum Cathanie die nono iulii prime indicionis.
Rex Martinus.
Dirigitur Vitali de Filesio vicesecreto civitatis Girgenti.
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Il notaio Vitale de Filesio, vicesecreto di Agrigento nell`età dei Martini