Tutta colpa dell’“orso russo” la Guerra in Georgia e Ossezia? In realtà, se si analizzano senza pregiudizi alcuni fatti la conclusione è che le responsabilità sono anche dei georgiani. La reazione spropositata che ha Georgia: quel Davide non è così innocente GUERRA & PACE 1 di Piero Sinatti avuto la Russia nasce anche dal fatto che il governo di Tiblisi ha puntato tutto sul riarmo e sulla Nato in attesa di uno showdown con Mosca. Fino a che… l conflitto russo-georgiano ha provocato una crisi internazionale. La più grave di quelle occorse dal crollo dell’URSS a oggi. Essa investe le relazioni tra USA e Russia, le due super-potenze nucleari. Tra Russia ed Unione europea (UE), che si vede coinvolta direttamente in questa crisi, specie dopo che alcuni suoi membri (britannici, svedesi, baltici, polacchi e cechi ) hanno preso apertamente le parti di Tbilisi (e di Washington) contro Mosca. Tra Russia e Ucraina, in piena crisi politico-istituzionale, il cui presidente si è ostentatamente schierato con Tbilisi contro Mosca, a conflitto armato ancora in corso. La crisi, non più regionale, ma globale, ha subito trovato un immediato e ancor più allarmante riflesso nella questione che – oltre all’ininterrotta espansione a est della NATO – più ha concorso ad avvelenare i rapporti tra le due super-potenze nucleari, USA e Russia: l’installazione di elementi della difesa spaziale americana in Repubblica Ceca e Polonia. Questo disegno – extra NATO ed extra UE – è stato confermato da impegni formali operativi tra Washington e Varsavia siglati il 20 agosto, nel bel mezzo della crisi russogeorgiana. Con ciò mostrando il fine reale di I 8 questa iniziativa americana: non era quello, più volta asserito da Washington, di difendere l’Europa dai missili iraniani. O solo quello. Mosca ha assicurato più volte di prendere misure missilistico-strategiche “adeguate” nei confronti di Praga e di Varsavia. E ha mandato (10 settembre) due suoi bombardieri strategici Tu-160 ad atterrare in un aerodromo militare venezuelano. La crisi, innescata dall’aggressione georgiana all’Ossezia del Sud, un giorno dopo gli impegni di Saakashvili di “tregua olimpica”, è stata provocata dal fatto che Mosca non si è limitata a liberare dagli aggressori l’Ossezia del Sud. Le sue forze armate sono entrate in Georgia in profondità, hanno bombardato e occupato infrastrutture nevralgiche e basi militari. Una risposta che la comunità internazionale ha giudicato “del tutto sproporzionata”, da condannare sul terreno del diritto. La Russia è rimasta isolata. Anche all’inter- _La crisi, innescata dall’aggressione georgiana all’Ossezia del Sud è stata provocata dal fatto che le forze armate di Mosca sono entrate in Georgia (nella foto a fianco il presidente Mikhail Saakashvili) in profondità Grazia Neri_AFP GEORGIA: QUEL DAVIDE NON È COSÌ INNOCENTE dimenticare di aver creato un pericoloso precedente, riconoscendo come Stato indipendente il Kosovo. Mosca, in una pericolosa surenchère, li ha ripagati della stessa moneta. Un piccolo David contro Golia? Un’abilissima campagna mediatica ha fatto sì che il conflitto tra Georgia e Russia venisse rappresentato come la lotta impari del piccolo e democratico David georgiano aggredito e sopraffatto dal dispotico e prepotente Golia russo. Sicuramente, la superiorità schiacciante di Mosca e le operazioni di guerra condotte in Georgia dalle forze armate russe sono fatti. Inconfutabili. Tuttavia, non si dovrebbero ignorare né i precedenti storici (vedi box), né alcune circostanze in cui il conflitto è maturato. Cominciamo dalle responsabilità del conflitto: è stata la decisione del presidente georgiano Saakashvili ad aprire il conflitto, quando nella notte tra il 7 e l’8 agosto sono stati aggrediti il territorio sud-ossezino, che è stato semidistrutto, e i peacekeeper russi là dislocati. Una ventina di loro sono stati uccisi dai georgiani. Olycom no dei propri sistemi di alleanza politicodiplomatica-militare. Infatti, sia i Paesi che fanno parte dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (SCO: oltre la Russia, ne fanno parte Cina, Kazakistan, Uzbekistan, Kyrgystan, Tagikistan), sia quelli dell’ODKB (Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva, ne fanno parte oltre alla Russia, paesi della CSI come Bielorussia, Armenia, e i citati Paesi centro-asiatici) non hanno dato alla Russia l’appoggio politico formale che essa si aspettava. Sicuramente un riflesso di paura si è fatto sentire in tutta l’area dell’ex-URSS, anche in quei Paesi, come quelli citati, che finora erano stati i più vicini (o i meno lontani) rispetto al Cremlino. Con l’uscita della Georgia dalla CSI e la decadenza degli accordi internazionali che dal 1992-1994 (e 1999) avevano “congelato” i conflitti tra la Georgia, Ossezia del Sud e Abkhazia, si crea un pericoloso vuoto politico e giuridico, che l’inopinato riconoscimento da parte russa delle due repubbliche separatiste non colma, anzi aggrava. Gli occidentali, tuttavia, non dovrebbero GUERRA&PACE 1 _La corsa agli armamenti intrapresa dalla Georgia nel 2004 ha due obiettivi: da una parte il recupero della sovranità georgiana su tre regioni distaccatesi da Tbilisi e la costruzione di un esercito di tipo nuovo Il nuovo esercito georgiano Questo esercito è costituito da trentatremila soldati professionali, dotati di “moderni armamenti occidentali”, forniti soprattutto da americani, israeliani e ucraini, oltre che di vecchi armamenti sovietici. Da aggiungere, 70.000 riservisti. Attrezzate basi militari sono state costruite con il concorso americano, a Gori (circa 40 km dai confini sud-ossezini), Senaki (presso i confini abkhazi) e a Kutaisi (centro della Georgia). Solo nel 2007 gli USA hanno stanziato 65 milioni di dollari, destinati prevalentemente a FFAA e polizia. Complessivamente Washington dal 1992 al 2007 ha stanziato alla Georgia indipendente 1,8 miliardi di dollari. Importanti finanziamenti e crediti alla Georgia sono venuti anche da UE, FMI e Banca Mondiale. La spesa militare georgiana è cresciuta ininterrottamente dal 2005. In quell’anno, il governo georgiano ha destinato alla difesa circa il 10% dell’intero budget – 1,2 miliardi di dollari – previsto per quell’anno. L’anno prima la spesa militare era stata di 60 milioni. Nel giugno 2007 il bilancio militare, previsto Grazia Neri_AFP Inoltre, è un fatto inconfutabile la corsa agli armamenti intrapresa dalla Georgia dal 2004, il primo anno della presidenza di Mikheil Saakashvili, detto “Misha”, da mettere in diretta relazione con due obiettivi fondamentali e complementari del suo programma politico: da una parte, il recupero della sovranità georgiana sulle tre regioni distaccatesi da Tbilisi sin dai primi anni Novanta del secolo scorso – l’Adzharia nel sud del Paese ai confini con la Turchia, dotata di un importante porto e terminale petrolifero come Bitumi; l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia. Dall’altra la costruzione di un “esercito di tipo nuovo”, funzionale al futuro ingresso della Georgia nella NATO, chiesto con forza sia da Tbilisi , sia da Washington, e all’adeguamento delle sue FFAA agli standard di quell’alleanza. GEORGIA: QUEL DAVIDE NON È COSÌ INNOCENTE in 315 milioni di dollari, fu incrementato di ulteriori 260 milioni – come si legge in un lungo rapporto del londinese “Institute for War & Peace Reporting” (IWPR). “Parte della somma”, dichiara all’IWPR il nuovo e giovanissimo ministro della Difesa David Kezerashvili (con passaporti georgiano e israeliano), “sarà impiegata in parte per acquistare quegli equipment di cui ha bisogno un esercito moderno, in parte per inviare in Iraq un contingente più numeroso (…). Stiamo costruendo il nostro esercito da zero”. Nel 2008 la difesa assorbe circa un miliardo di dollari, dopo che il budget per la difesa previsto – 723 milioni di dollari – viene incrementato del 28% in primavera, in evidente coincidenza coincidenza con l’incremento della tensione georgiano-sud ossezino-russa. C’è un rapporto tra questa spesa e la “sacra missione” di riportare sotto la sovranità georgiana le regioni separatiste (o ormai “separate”) che si è dato Saakashvili. Quattro anni fa, a Kutaisi, antica capitale georgiana, egli promise di adempierla, giurando sulla tomba del più grande re della storia georgiana, David Aghmashnebeli, detto il Costruttore (1089-1125), che unificò gli sparsi principati georgiani nel XII secolo. Il più alto tasso di crescita della spesa militare Secondo il SIPRI (Stockolm Internazionale Peace Research Institute) in Georgia si è registrato negli anni 2005-2007 il più alto tasso di crescita nel mondo della spesa militare. Questo è avvenuto in un Paese piccolo, privo di risorse energetiche, di appena 4,5 milioni di abitanti, di cui il 13% disoccupati e una grande massa di emigrati. Il cui debito statale nel 2008 ha toccato i 2,3 miliardi di dollari. Vastissime le aree di povertà. Bassi i salari. Infime le pensioni. Anche se le statistiche parlano di crescita degli investimenti durante la presidenza di Saakashvili (circa 2 miliardi di dollari), di una crescita del PIL negli ultimi due-tre anni attorno al 10 percento. All’inizio a “Misha” andò bene. Nel maggio 2004 ristabilì la sovranità sull’Adzharia quasi senza colpo ferire. La Russia non intervenne, nonostante avesse un’importante base militare presso Batumi, sul Mar Nero, che lascia tre anni dopo. Ma gli adzhari sono georgiani, restati più a lungo sotto il dominio turco e islamizzati. Con gli ossezini e abkhazi, storicamente Un conflitto che viene da lontano Durante la sua effimera indipendenza (19181921), la Georgia cercò di stroncare con la forza le aspirazioni separatiste degli ossezini del sud e degli abkhazi. Era allora guidata dal governo socialdemocratico (menscevico) di Noj Zhordanija, visitato nel 1920 da un’autorevolissima delegazione dell’Internazionale socialista (che comprendeva Karl Kautsky), che lo sosteneva contro i bolscevichi. Erano gli anni della Guerra Civile russa, seguita allo sfacelo dell’Impero. La Germania (prima della sconfitta), le potenze dell’Intesa, Gran Bretagna in testa, avevano inviato missioni diplomatiche e militari nel Sud Caucaso, per i motivi che Josif Stalin, allora commissario sovietico alle nazionalità, aveva ben colto, come si vede da una sua dichiarazione alla “Pravda” nel novembre 1920. “L’importanza del Caucaso per la rivoluzione (leggi: la Russia bolscevica) non sta solo nel fatto che essa è una fonte di materie prime, carburante e cibo, ma anche nella posizione che occupa tra 12 Europa e Asia (…) nonché nella presenza di comunicazioni economiche e strategiche della massima importanza, come Batumi-Baku, BatumiErzerum. L’Intesa tiene conto di tutto questo (…) essa vorrebbe aprirsi una via di comunicazione diretta con l’Oriente attraverso la Transcaucasia. Chi si attesterà definitivamente nel Caucaso? Chi avrà il petrolio e le importantissime vie di comunicazione che conducono al cuore dell’Asia? L’Intesa o la rivoluzione (La Russia bolscevica)? Questo il problema”. Dopo che i bolscevichi conquistarono il controllo del Caucaso, fu proprio Stalin a dare lo status di formazioni autonome all’Ossezia del Sud (come regione) e all’Abkhazia (come repubblica), ma nel quadro della Georgia. Al fine di mescolare le etnie e conculcarne le spinte nazionaliste, sempre forti in Georgia. Settant’anni dopo, tra il 1989 e il 1993, il crollo dell’URSS ripropone uno scenario simile. La microimperialista Georgia si oppone di nuovo con la forza alla volontà di separazione dei sud- GUERRA&PACE 1 ostili alla Georgia, l’impresa è ben più difficile. Finora tutte le offerte di Tbilisi della più ampia autonomia sono state respinte. Da qui, in Saakashvili, la tentazione del colpo di forza, confidando sul non intervento di Mosca e su un ombrello protettivo degli Occidentali che non si è aperto. militari possono toccare un soldo di mille dollari mensili, compreso il premio mensile per chi frequenta corsi di lingua straniera. Un insegnante o un medico superano di poco i 100-120 dollari mensili. Tbilisi sta impegnando 150 militari in Kosovo (ironia della storia!) e 2000 in Iraq, terzo contingente d’occupazione dopo quelli Un esercito nuovo per la Georgia americano e britannico. In un’intervista al giornale russo Si è anche formata un’unità speciale antiter“Novaja Gazeta” (12 novembre 2007) rorismo di circa 2000 uomini, addestrata Saakashvili affermava orgogliosamente che dagli specialisti della missione americana del il suo esercito era “dotato di moderni equi- “Georgia Train and Equip Program”, iniziapaggiamenti, artiglieria e prodotti elettronici to nel 2002, durante la presidenza di Eduard che non possiedono né i separatisti sudShevardnadze, l’uomo che ha aperto le porte ossezini e abkhazi, ma neppure i russi”. Di della Georgia ai petrolieri americani e briaerei da combattimento (Su-25) sovietici tannici impegnati nell’area azero-caspica, adattati da specialisti israeliani al volo notper costruirvi una tratta fondamentale del turno e alle condizioni atmosferiche del costosissimo oleodotto (il Baku-TbilisiCaucaso, dove spesso c’è nebbia e la visibili- Ceyhan, BTC), voluto dall’amministrazione tà è zero. Clinton per “bypassare” la Russia e ridurne “I russi di aerei simili non ne hanno”, aveva l’influenza politica ed economica nella detto Misha. Come non hanno né visori regione caucasico-caspica. “Volpe argentata” notturni, né aerei spia senza pilota, che fu cacciato dalla cosiddetta “rivoluzione Tbilisi ha acquistato in Israele. delle rose” di Saakashvili, appoggiata dagli La carriera militare in Georgia è diventata la americani, cui non piaceva il (realistico) barpiù prestigiosa e la meglio remunerata. camenarsi di quel presidente tra loro e Addestrati da istruttori americani, i quadri Mosca. ossezini e degli abkhazi. Sotto la guida catastrofica del suo primo presidente, lo sciovinista Zviad Gamsakhurdija (1991-1992), organizza spedizioni di “pulizia etnica” contro quei due popoli, seguendo la parola d’ordine “la Georgia ai georgiani”. Fuori gli altri. Sud-ossezini e abkhazi reagiscono con pari durezza, appoggiati in modo non ufficiale (anche militarmente) da Mosca. La Russia, minacciata dal secessionismo ceceno, cerca di mantenere posizioni nel Caucaso e lo fa anche a spese della Georgia. Inoltre 5000 volontari nordcaucasici, ceceni compresi, accorrono in difesa degli Abkhazi. Paradossi caucasici. Cacciato Gamsakhurdija, anche il più assennato Eduard Shevardnadze e le bande militari che lo appoggiano, lanciano un’offensiva contro l’Abkhazia. È un insuccesso, che si intreccia a una complicata guerra civile che rischia di distruggere la Georgia. In Abkhazia la “pulizia etnica” colpisce i georgiani d’Abkhazia, che erano maggioranza. Finalmente, mentre Shevardnadze consolida la sua leadership e pone termine alla guerra civile, la mediazione russa, nel quadro di accordi internazionali (sotto l’egida OSCE), impone il cessate il fuoco nelle due regioni (1992 e 1993). Sotto l’egida internazionale (OSCE), commissioni miste e missioni di peacekeeping, svolte soprattutto dai peacekeeper russi, controllano le “zone di conflitto” e le aree di confine. Da allora Tskhinvali e Sukhumi acquistano un’indipendenza de facto. Con referendum popolari che confermano la secessione. I conflitti restano pressoché “congelati”, in attesa di accordi di pace. L’avvento al potere del nazionalista Saakashvili nel 2004, il riarmo georgiano sostenuto dagli USA e l’attrazione delle due regioni nella sfera di Mosca, concorrono a riaccendere il conflitto che divampa l’8 agosto scorso. Da non dimenticare: i precedenti conflitti degli anni Novanta avevano provocato circa diecimila morti in Abkhazia, oltre mille in Ossezia del Sud. Più duecentomila profughi, prevalentemente georgiani. p.s 13 Un esercito nuovo In Georgia nasce – afferma Saakashvili meno di un anno fa – un esercito di tipo nuovo. “Mentre la Russia mantiene il suo semi-demoralizzato relitto”. La sua performance, però, non è stata esaltante nella “guerra dei cinque giorni”. Nonostante armamenti e mezzi avanzati e di recentissima dotazione, prevalevano ancora i datati armamenti sovietici. Dopo l’effimera conquista di Tskhinvali, annunciata trionfalmente da Saakashvili la mattina dell’8 agosto, questo esercito non ha resistito a una controffensiva russa che il presidente e comandante in capo non si aspettava. È stato letteralmente sbaragliato, lasciando armi, bagagli e basi in mano russa. Aerei colpiti negli aerodromi. Navi (le poche) affondate nei porti. Risultati fallimentari per una leadership che tanto aveva speso e investito e che tanto fortemente vuole entrare nella NATO. Grazia Neri_AFP Grazia Neri_AFP GEORGIA: QUEL DAVIDE NON È COSÌ INNOCENTE profilo economico, per gli idrocarburi e le vie di comunicazione Asia-Europa. Proiettata verso il Vicino Oriente, segnatamente l’Iran, e verso le grandi aree produttrici di greggio e gas, come quella caspico-centro asiatica. Della linea di pieno “sostegno e aiuto” alla “giovane audace democrazia georgiana”, sostanziata da uno stanziamento di un miliardo di dollari “per la ricostruzione” (anche militare) annunciato ai primi di settembre, si è fatto portatore il vicepresidente statunitense Dick Cheney, durante la sua visita nella prima decade di settembre in Azerbajdzhan, Georgia e Ucraina, Paesi chiave per il complesso obiettivo USA di fissare la propria influenza nell’area ex-sovietica, ai confini meridionali della Russia. È davvero così democratico “Misha”? Saakashvili non aveva mai ricevuti tanti attestati di democraticità come tra agosto e settembre. C’è stato un consigliere di politica internazionale del candidato democratico alla Riarmare la Georgia presidenza Obama, Richard Holbrooke, già Eppure, negli Stati Uniti, ben più che nel ambasciatore dell’amministrazione Clinton nucleo storico dell’UE, il “progetto Georgia” all’ONU che lo ha definito “immensamente resta il fulcro della penetrazione e del conso- intelligente”, aggiungendo che “se lui lidamento della presenza americana nel fian- sopravvive, Putin perde” (“The Moscow co sud e sud-est della Russia, tra Mar Nero e Times”, 4 settembre 2008). Mar Caspio. Un’area fondamentale sotto il Certo, il pluralismo politico Saakhashvili lo 14 Grazia Neri_AFP accidentale per avvelenamento) degli inquirenti, tra cui si trovavano ufficiali dell’FBI. Si è ventilata l’ipotesi di omicidio. Nino Burdzhanadze, speaker del Parlamento dal dicembre 2001 alla fine del 2007, ha rotto con Saakashvili tra l’autunno e la primavera ha mantenuto. È stato eletto con consensi tra ed è uscita dal “partito del potere”: il il 90% (2004) e il 54% (gennaio 2008). Le Movimento nazionale unificato. Filo-occiregioni, però, sono tutte governate da prefet- dentale, la signora ha auspicato in un’interti di sua nomina. vista della fine di agosto scorso, “la normaDi simili consensi popolari godettero anche lizzazione” delle relazioni con Mosca, pur il despota paranoico Gamsakhurdija (v. box) nel quadro di una politica filo-occidentale. e il suo successore Shevardnadze, cacciato Potrebbe essere lei la carta occidentale da via malamente da Misha con accuse di mal- giocare per un eventuale dopo-Saakashvili. governo e corruzione. Tuttavia, la presidenza di Saakashvili è Altri ex-compagni d’arme segnata da un fenomeno ricorrente nei Paesi Contro il presidente si è schierata Salomè a guida personalista e autoritaria: la disgreZurabishvili, ex-ambasciatore francese a gazione del nucleo dirigente storico raccolto- Tbilisi, nominata ministro degli Esteri nel si attorno al leader. marzo 2004 e dimissionata un anno dopo. Cominciamo dal triumvirato della Ha denunciato ripetutamente l’autoritarismo “Rivoluzione delle rose”: “Misha” (il presi- e il personalismo di Saakashvili. Ha parlato dente, con alle spalle stage di studi forensi di “sindrome della paura e terrore in negli USA), Zurab Zhvanija (premier), Nino Georgia”, nel periodo delle grandi manifeBurdzhanadze (speaker del Parlamento). stazioni popolari contro “Misha” svoltesi a Zhvanija, considerato il più dotato intelletTbilisi tra il 2 e il 7 novembre scorso. tualmente dei tre, viene trovato morto il 3 Furono represse con un “uso sproporzionato febbraio 2005 in circostanze che i suoi fami- della forza”, secondo un rapporto riferito liari definiscono “oscure”. Sono giudicate dalla responsabile delle Nazioni Unite per i affrettate le indagini e le conclusioni (morte diritti umani Louise Arbour. _Migliaia di georgiani protestano davanti al Parlamento nel 2007 contro l’arresto dell’allora ministro della Difesa Irakli Okruashvili. A fianco, il vicepresidente Usa Dick Cheney e Nino Burdzhanadze, speaker del Parlamento 15 GEORGIA: QUEL DAVIDE NON È COSÌ INNOCENTE In quell’occasione, Saakashvili dichiarò lo stato d’emergenza e chiuse le principali stazioni televisive, tra cui la più ascoltata e popolare, “Imedi”, di proprietà del miliardario “Badri” (Arkadij) Patarkatsishvili. “Misha” accusò gli oppositori di essere “agenti di Mosca”. Solo grazie all’intervento americano, tali misure furono abrogate e furono liberati rapidamente la maggior parte degli arrestati. Patarkatsishvili, già socio e braccio destro dell’oligarca russo in esilio Boris Berezovskij, da sostenitore e finanziatore di Saakashvili si trasformò presto in critico e accanito avversario, accusandolo di dispotismo, inefficienza e di estorsioni a danno di esponenti della comunità degli affari georgiana. Nel febbraio scorso “Badri”, a soli 53 anni, muore a Londra, dove si era rifugiato colpito da un mandato di cattura della procura di Tbilisi. La diagnosi parla di infarto, ma è contestata da familiari e amici, che parlano di omicidio. Alle presidenziali del gennaio 2008, “Badri” aveva ottenuto il 7% dei voti. Irakli Okruashvili, originario di Tskhinvali, giurista, è stato ministro della Difesa dal 2004 al 2006. Russofobo e “falco” anti-ossezino e antiabkhazo, rompe con Saakashvili, dopo sette anni di sodalizio. In un’intervista trasmessa da “Imedi” (25 settembre 2007) accusa il suo mentore di autoritarismo, nepotismo e corruzione, oltre che di macchinazioni per assassinare Patarkatsishvili. Rivela circostanze inquietanti sulla morte di Zhvanija. Due giorni dopo “Okrua” è accusato di estorsione, riciclaggio, abuso di potere e arrestato. L’8 ottobre viene mostrato ai media un video-tape in cui egli si confessa colpevole. Uscito poco dopo di carcere pagando una grossa cauzione, ripara in Germania, da dove accusa le autorità di avergli estorto la confessione con intollerabili pressioni psicofisiche. Evitata l’estradizione (“sarebbe come una sentenza di morte”, dichiara) ha ottenuto lo scorso aprile asilo politico in Francia. In un’intervista rilasciato al tedesco “Der Spiegel” (1° aprile 2008) Okruashvili ha detto: “Ho fatto molti errori. I miei sostenitori e io non abbiamo saputo impedire a un uomo come Saakashvili di acquisire un potere assoluto”. Il 28 marzo scorso, processato in contumacia, viene condannato da una corte di Tbilisi a 11 anni di reclusione. Anche Giorgi Khaindrava, ex-regista cinematografico e ministro per la 16 Soluzione dei Conflitti dal 2004 al 2006, destituito per il suo moderatismo e passato nel campo dell’opposizione, partecipa alle manifestazioni di novembre e viene arrestato. In una recentissima intervista, accusa gli occidentali di aver “chiuso gli occhi sulla tirannia (sic) che Saakashvili esercita sulla Georgia”. Opposizione: finita la tregua Intanto, si è rotta dai primi di settembre la tregua dell’opposizione georgiana nei confronti del presidente, nata dalle urgenze dell’unità nazionale di fronte al nemico russo. Si comincia a chiedere l’apertura di una discussione pubblica e senza censura sulle “responsabilità della guerra” e della “pesante situazione in cui si trova il Paese”. Lo hanno fatto, per prime, ottanta personalità della società civile e della politica, in una lettera pubblicata sul giornale “Resonansi” (4 settembre). In essa accusano “le autorità” di essere cadute nella “trappola tesa da Mosca”, per “mancanza di professionalità” e “antidemocraticità” (www.civil.ge/eng, 4 settembre 2008). Alcuni dirigenti di partiti oppositori, come il laburista Salva Natelashvili e il conservatore David Gamkrelidze (“Nuova destra”), il repubblicano David Usuapshvili sono concordi nel dichiarare che alla base della disfatta c’è la “decisione personale di Saakashvili di bombardare Tskhinvali e di assalirla”. Secondo il “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, di questa accusa si sarebbero fatti portavoce, al quartier generale della NATO a Bruxelles, rappresentanti del ministero della Difesa georgiano. Fino all’ultimo avrebbero cercato di far desistere Saakashvili dal suo avventato passo. I tre leader sopra citati hanno invitato presidente e governo a rassegnare le dimissioni, e chiedono nuove elezioni. Si dovrebbe formare “un nuovo governo, né filorusso, né filoamericano”, in grado di stabilire nuove relazioni con gli USA e con la Russia (www.interfax.ru, 10 settembre 2008, “Kommersant”, 11 settembre). È vero che, almeno fino alla prima decade di settembre, il consenso popolare attorno a Saakashvili resta alto. Pur tuttavia, queste prime voci dissonanti potrebbero annunciare una crisi politica e istituzionale incombente. Sarebbe bene che gli Occidentali – specie gli europei, più assennati – le ascoltassero.