Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
RIASSUNTI
Congresso Nazionale
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INDICE
Indice
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Congresso Nazionale
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Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
LO STATO EPILETTICO
NON CONVULSIVO
Moderatori:
L. Murri (Pisa), G. Muscas (Firenze)
Congresso Nazionale
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LO STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO
LO STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO: DEFINIZIONE, EPIDEMIOLOGIA,
FISIOPATOLOGIA
O. Mecarelli
Dipartimento di Scienze Neurologiche – SAPIENZA Università di Roma
Lo Stato Epilettico Non Convulsivo (SENC) raggruppa numerose forme cliniche aventi come
caratteristiche comuni la presenza di un’attività epilettica continua e/o sub continua correlata ad
una sintomatologia priva di segni motori maggiori. Molti sono stati in questi anni i tentativi di
definizione e classificazione dello SENC, a partire dal primo inquadramento di Gastaut e coll. (1967)
e secondo Shorvon (2007) si deve utilizzare questo termine per indicare “un range di condizioni
in cui l’attività EEG critica è prolungata e si accompagna a sintomi clinici non-convulsivi”.
Questa definizione comunque è oggetto tuttora di critiche, in quanto bisognerebbe intendersi sulle
caratteristiche specifiche dell’attività elettrica che può costituire il substrato di un SENC così come
non sempre è facile evidenziare se essa si associ o no a sintomi obiettivabili. L’epidemiologia dello
SE in generale non è ben conosciuta e in letteratura sono riportati dati di incidenza variabili tra i
10 ed i 41 casi/100.000/anno. Tra tutti questi casi di SE lo SENC dovrebbe rappresentarne dal 5 al
49% (2-8 casi/100.000/anno) ma secondo altre stime il numero dovrebbe essere addirittura doppio,
tenendo conto del fatto che spesso, in assenza di registrazioni EEG, lo SENC può essere anche non
diagnosticato. Da tenere conto inoltre che lo SENC è molto più frequente negli individui anziani
rispetto alle altre epoche della vita.
Riguardo la classificazione le varie forme di SENC possono essere distinte o sulla base dell’etiologia
e della sintomatologia clinica oppure a seconda dell’età di comparsa.
I segni clinici dello SENC permettono di classificarlo innanzitutto in SE generalizzato a tipo Assenza
(tipico, atipico o late-onset) e focale (semplice e complesso). Esistono poi forme particolari di SENC,
osservabili in pazienti in coma, ed un’entità controversa, il “subtle status”, che in realtà definisce
i sintomi residui di uno SE convulsivo trattato in modo insufficiente o addirittura non trattato. Lo
schema di classificazione che tiene conto dell’età di comparsa della sintomatologia permette di
distinguere 5 categorie fondamentali:
1) SENC propri delle sindromi epilettiche neonatali ed infantili (S. di West, S. di Ohtahara, S. di
Dravet, etc)
2) SENC caratteristici dell’infanzia-adolescenza (sindromi epilettiche focali benigne; SE nelle
sindromi genetiche; ESES; S. di Landau-Kleffner; etc)
3) SENC caratteristici sia dell’infanzia che dell’età adulta:
- associati ad encefalopatie epilettiche (S. di Lennox-Gastaut; etc)
- senza encefalopatia epilettica (SE di Assenza tipico nelle EGI; SE parziale complesso,
limbico o non limbico; SENC successivo a crisi tonico-cloniche; SE “subtle; aura continua)
4) SENC tipico dell’età adulta-anziana (SE di Assenza late-onset)
5) Forme particolari (casi peculiari di encefalopatia epilettica; coma postraumatico; stati
confusionali; etc)
Dal punto di vista della diagnosi differenziale va precisato che molti disturbi possono essere confusi
con lo SENC, tra cui: le encefalopatie dismetaboliche, l’aura emicranica, l’amnesia post-traumatica,
l’amnesia globale transitoria, lo stato confusionale postcritico, alcuni disturbi psichiatrici, i
TIA, le intossicazioni iatrogene, etc. In tutte queste situazioni, per un corretto inquadramento, è
indispensabile un EEG in emergenza e prolungato, preferibilmente sottoforma di monitoraggio.
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Congresso Nazionale
Dal punto di vista fisiopatologico i meccanismi ed i network coinvolti sono ovviamente del tutto
diversi nel caso dello SENC generalizzato a tipo assenza rispetto al SENC focale. Nello SE a tipo
Assenza sono cruciali le popolazioni neuronali talamo-corticali, mentre nello SE focale, semplice
o complesso, giocano un ruolo fondamentale i circuiti ippocampali e limbici e le adiacenti aree
neocorticali parieto-occipitali. A livello recettoriale e neurotrasmettitoriale durante lo SE a tipo
assenza si ottiene una ipersincronizzazione delle scariche talamo-corticali che dipende dai processi
GABAergici localizzati prevalentemente nel nucleo reticolare talamico, mentre nello SE limbico
si realizza un’attivazione dei recettori NMDA e glutamatergici in generale, con relativo possibile
sviluppo di neurotossicità.
Da studi condotti sia in animali da esperimento che in soggetti umani si evince che lo SE convulsivo
si associa sia ad una elevata mortalità che ad alterazioni strutturali cerebrali. Lo SENC è anch’esso
potenzialmente causa di “neurotossicità”, anche se non esistono studi istologici dimostrativi; inoltre
la mortalità è considerata in questo caso meno rilevante, pur dipendendo sempre dall’etiologia
specifica che ha determinato l’insorgenza dell’attività epilettica continua. I pazienti con SENC
dovuto a sindrome epilettica preesistente presentano in genere una bassa mortalità mentre coloro
in cui lo SE è dovuto a disturbi sistemici acuti hanno una mortalità di circa il 30%, indicativa della
massima importanza dell’etiologia, e delle complicanze ad essa associate, sull’outcome.
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LO STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO
INDICAZIONI AL MONITORAGGIO EEG CONTINUO
A. Amantini
AOUC Careggi S.O.D. Neurofisiopatologia Dip. di Scienze Neurologiche, Firenze
Il termine stato epilettico non convulsivo (SENC) include nella sua accezione più ampia differenti
condizioni epilettiche quali lo stato di Assenza, lo stato epilettico parziale complesso, lo stato
non convulsivo come conversione di un precedente stato convulsivo generalizzato (GCSE) e le
manifestazioni parossistiche continue in corso di danno cerebrale acuto. Le prime due condizioni si
riscontrano in ambito ambulatoriale, le seconde in pazienti degenti in Terapia Intensiva (TI). Queste
ultime saranno oggetto della presente relazione inerente l’utilità e le indicazioni di un monitoraggio
EEG continuo (cEEG). Negli ultimi anni a seguito di una maggiore diffusione del monitoraggio EEG
è stata riportata un’elevata incidenza di crisi non convulsive (CNC) e SENC in TI, ma un’attendibile
epidemiologia non è ancora disponibile. A fronte di studi che riportano una frequenza elevata, ma
variabilie di CNC/SENC (8%-48%) nei pazienti in TI (Friedmann et al. 2009), altri studi (Amantini
et al., 2009) riportano un’incidenza assai minore (3% ) o l’assenza stessa di CNC (Olivecrona et al.,
2009). Secondo alcuni AA (Drislane et al., 2008) il 30% di tutti i SENC si verificherebbe nelle TI
cardiologiche e cardiochirurgiche. Basarsi unicamente sul criterio EEG per la diagnosi di SENC in
pz. comatosi può portare ad una sovrastima del fenomeno; i criteri su quali parossismi siano realmente
critici, non è infatti da tutti condiviso (Ronner et al, 2009). A questo riguardo alcuni AA (Meyerkord
e Holtkamp, 2007) invitano ad un uso restrittivo del termine SENC subtle che richiede la presenza
di almeno una precedente crisi convulsiva. Il concetto di dissociazione elettro-clinica alla base del
SENC non è intuitivo e può portare a sotto-diagnosticare e sotto-trattare; non è infatti infrequente
un ritardo di 24-72 h nella diagnosi di SENC anche in presenza di precedenti crisi cliniche (De
Lorenzo et al., 1998; Treiman et al.,1998; Drislane et al., 2008). Un SENC può essere l’evoluzione
di un precedente CGSE di cui non si hanno informazioni anamnestiche, può essere una conversione
da GCSE indotta dalla terapia, può presentarsi come tale fin dall’inizio nelle forme sintomatiche
maggiori (spesso è comunque preceduto da almeno una crisi clinica), possono coesistere nello SE
CC e CNC. Un cEEG è quindi indispensabile per la diagnosi di crisi CNC e per la definizione stessa
di SE refrattario, che include la ricerca di un persistente SENC successivo alla cessazione delle crisi
cliniche. Il monitoraggio EEG è inoltre necessario per stabilire l’efficacia della terapia: scelta dell’
AED e/o anestetico, end-point EEG, durata del trattamento, sue modalità di riduzione e sospensione.
L’EEG digitale ha contribuito alla diffusione del cEEG in TI per la facilitazione di registrazione
e di archiviazione di grosse quantità di dati e per la possibilità, mediante connessione in rete, di
consultazione da remoto. L’EEG digitale ha inoltre permesso l’elaborazione dell’ EEG quantitativo
(QEEG); non vi sono tuttavia indicazioni condivise su quali algoritmi impiegare per la diagnosi e
monitoraggio delle CNC: CSA, trend a barre, DSA, riconoscimento automatico di eventi (Friedman
et al.; 2009, Brenner,209). Riteniamo che la diagnosi di CNC può essere posta solo interpretando il
raw EEG, mentre il QEEG può essere utile nel quantificare l’andamento nel tempo delle crisi e una
loro progressiva risposta al trattamento. È indispensabile che in ogni momento vi sia la possibilità di
valutare le modificazioni di un QEEG risalendo al raw EEEG.
Dal momento che alcune domande sul SENC nel pz in coma non trovano ancora risposte definitive
basate su un’attendibile evidenza diventa problematico fornire indicazioni condivise per un
monitoraggio cEEG (o comunque seriato ravvicinato). I principali quesiti posti da vari AA (Hirsh
et al., 2004) sono:
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le scariche critiche sub-cliniche causano un danno neuronale?
contribuiscono a determinare il disturbo di coscienza del pz.?
sono semplicemente un epifenomeno del danno cerebrale?
assumono significato prognostico?
e, fondamentalmente, il trattamento farmacologica di tali attività di scarica protegge o può
danneggiare il pz?
Da analisi multivariate emerge che l’etiologia, lo stato neurologico e l’età del pz. siano indicatori
prognostici maggiormente rilevanti rispetto alla presenza/assenza di SENC (Rossetti e Oddo,
2010). Concordiamo con quanto sostenuto da un recente editoriale (Fountain, 2007) che sono
necessari studi più definitivi sull’incidenza e sul significato delle CNC in TI prima che il cEEG
diventi una pratica standard a seguito di un danno cerebrale acuto. In un nostro studio prospettico
di monitoraggio continuo EEG-PES nel danno cerebrale acuto traumatico ed emorragico abbiamo
riscontrato il 18% di deterioramenti neurologici a fronte di un 3% di SENC (Amantini et al.,
2009). Pertanto un monitoraggio neurofisiologico continuo, se indicato nel danno cerebrale acuto a
rischio di deterioramento secondario, non può essere limitato alla diagnosi di SENC, ma dovrebbe
prevedere un approccio mutimodale più idoneo ad allertare sull’insorgenza di complicanze maggiori
secondarie.
Un cEEG in TI mirato alla diagnosi e trattamento del SENC richiede un setting organizzativo e la
condivisione di massima delle principali indicazioni all’esecuzione ed alle modalità di impiego.
Necessita di disporre di apparecchiature dedicate, collocate in TI e connesse in rete in modo da
permettere un teleconsulto. Mediante cEEG della durata di 24-48 h è possibile diagnosticare oltre
85% di CNC/SENC in TI (Rossetti e Oddo, 2010).
La principale indicazione del monitorraggio EEG è nel GCSE allo scopo di confermarne la diagnosi
e di diagnosticarne precocemente una conversione in SENC subtle (Minicucci et al., 2006).
Poiché oltre ¾ dei SENC in TI sono preceduti da almeno una crisi convulsiva riteniamo indicato un
EEG prolungato in TI in tutti i pz. con danno cerebrale acuto e disturbo di coscienza che abbiamo
presentato almeno una crisi clinica, oltre che in quelli che presentino manifestazioni motorie minime
o sospette per CNC (Husain, 2003). Una volta diagnosticato un SENC il monitoraggio EEG dovrebbe
essere mantenuto per oltre 48 h mediante cEEG (o con registrazioni seriate giornaliere). Il criterio
clinco di SENC subtle (Meierkord e Holtkamp, 2007) ed il pattern di scarica delle CNC dovrebbero
a nostro avviso guidare l’aggressività e la durata del trattamento tenendo naturalmente presenti
comorbidità, etiologia e gravità dello stato clinico nelle forme sintomatiche maggiori (Chong e
Hirsch,2005; Claassen, 2009; Rossetti e Oddo, 2010).
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Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
LA GESTIONE DEL PAZIENTE
CON MALATTIE
DEL MOTONEURONE
Moderatori:
F. Giannini (Siena), P.A. Tonali (Roma)
Congresso Nazionale
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LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE DEL MOTONEURONE
RUOLO DELLE METODICHE ELETTROFISIOLOGICHE NEL FOLLOW-UP
F. Sartucci*°●, M. Caleoº, C. Rossiº, T. Bocci*§, E. Giorli*, F. Giannini§, A. Rossi§
*Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, Pisa;
ºIstituto di Neuroscienze, CNR, Pisa;
●
S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa; §Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia e Neurofisiologia Clinica, Policlinico “Le Scotte”, Università degli Studi di Siena, Siena
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) rappresenta ancora oggi un’impegnativa sfida diagnosticoterapeutica per il neurologo, in mancanza sia di un trattamento efficace in grado di contrastare la progressione di malattia, sia di strumenti diagnostici capaci di quantificare la degenerazione del sistema
motoneuronale. Stimare il numero di motoneuroni spinali superstiti è di fondamentale importanza in
quanto il potenziale d’azione composto muscolare (CMAP) e la forza di contrazione possono rimanere costanti nelle prime fasi di malattia a causa dell’effetto confondente rappresentato dai processi
di reinnervazione collaterale. Tali processi, inoltre, sono meno evidenti nei pazienti affetti dalla forma bulbare o da varianti della malattia a più rapido decorso clinico. Per quanto concerne i tradizionali studi elettromiografici (EMG), vale la pena ricordare che la velocità di conduzione nervosa risulta
sostanzialmente invariata nelle fasi iniziali e costituisce pertanto un parametro di scarsa affidabilità
per valutare nel tempo il tasso di deplezione dei motoneuroni spinali. I classici elementi EMG che
supportano il sospetto diagnostico di malattia del motoneurone sono fondamentalmente tre (Eisen,
2001; Troger and Dengler, 2000): (1) la presenza di attività di denervazione e potenziali di fascicolazione; (2) una riduzione del numero e un consensuale aumento delle dimensioni dei potenziali di
unità motoria; (3) una velocità di conduzione nervosa non inferiore al 75% dei valori normali. Gli
studi di conduzione nervosa permettono di distinguere una presunta malattia del motoneurone da
altre patologie di interesse neurologico, quali una polineuropatia o una neuropatia motoria multifocale (MMN), anche se in quest’ultimo caso la presenza di un blocco di conduzione prossimale, a
livello del plesso brachiale o di quello lombo-sacrale, non può essere rivelato dalle metodiche elettrofisiologiche standard. La consensus conference riunitasi nel 2008 nell’isola giapponese di Awaji
ha proposto due nuovi criteri elettrodiagnostici (Carvalho and Swash, 2009): l’equivalenza fra dato
EMG e segni clinici e l’equivalenza diagnostica tra fascicolazioni e fibrillazioni/onde lente positive
nella definizione di denervazione attiva. Le novità introdotte dovrebbero comportare un incremento
della sensibilità diagnostica, senza tuttavia perdere in specificità (Giannini, 2009).
L’evoluzione delle tecniche di esplorazione elettromiografica ha di recente aperto inaspettati scenari per quanto concerne il follow-up dei pazienti e il monitoraggio della terapia farmacologica. Il
crescente interesse è rivolto soprattutto a due metodiche elettrofisiologiche tra loro complementari:
la stima del numero di unità motorie (“Motor Unit Number Estimation”, MUNE) e la macro-elettromiografia (macro-EMG).
La prima è stata descritta da McComas nel lontano 1971 (McComas et al., 1971) e successivamente
perfezionata in successivi ulteriori studi. Si tratta di stimare il numero di unità motorie funzionanti
residue in un determinato muscolo e di valutarne le dimensioni (Sartucci et al., 2007). A tale scopo
sono state proposte numerose tecniche: alcune basate sull’incremento, manuale o automatico (Galea
et al., 1991), dell’intensità dello stimolo, altre basate sulla stimolazione in sedi multiple, sulla rielaborazione delle risposte F (Stashuk et al., 1994) o sull’analisi dei singoli potenziali di unità motoria
(PUM) associata a registrazione dell’attività elettromiografica (Brown et al., 1988; Doherty et al.,
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1993); quest’ultimo approccio consente di differenziare il potenziale di una specifica unità motoria
(UM) dal rumore di fondo prodotto da altre UM e fornisce importanti informazioni complementari
sia sulla densità d’innervazione, sia sulla presenza di eventuali blocchi di conduzione, ma presuppone che il nervo in esame sia accessibile alla stimolazione percutanea per almeno 50-100 mm. Esiste,
infine, un più raffinato metodo statistico, elaborato da Slawnych e coll. (Slawnych et al., 1996), che
consiste nel sottoporre il muscolo bersaglio a treni di stimoli ad intensità costante, scomponendo
successivamente le risposte elettrofisiologiche nei singoli PUM elaborando le differenze tra le varie
risposte elicitate; una volta ottenuto il valore medio dell’area del singolo potenziale d’azione, ne
risulta una stima del numero di unità motorie rapportando tale valore con quello dell’area della risposta M massimale (CMAP). Il metodo “statistico”, più facilmente riproducibile nel monitoraggio
a lungo termine dei pazienti con SLA (Hong et al., 2007; Olney et al., 2000), è più soggetto ad errori
legati al progressivo aumento della variabilità dell’ampiezza del singolo potenziale, alla saturazione
della risposta elettromiografica (ceiling effect; (Hong et al., 2007) o alla presenza nei giovani pazienti con malattia del motoneurone di unità motorie di ridotte dimensioni (Murga-Oporto et al., 2007).
Il MUNE può essere dunque impiegato non solo nella valutazione della progressione del danno
neurogeno e nel monitoraggio terapeutico, ma anche nella diagnosi e nella stadiazione precoce della
malattia.
La macro-EMG permette dal canto suo di valutare l’attività bioelettrica generata dall’UM lungo
l’intero suo decorso (Stalberg, 1980). Tecnicamente, tuttavia, rimangono irrisolti due fondamentali
quesiti: da un lato quali UM selezionare in un muscolo, dall’altro se fare maggior affidamento alle
modificazioni in ampiezza o alle variazioni dell’area sottesa alla risposta elettrofisiologica evocata.
Recenti studi (Sartucci et al., 2007) Sartucci et al., 2010) hanno dimostrato che la combinazione
delle due metodiche consente di ottenere una stima molto verosimile del numero di UM residue
e ha altresì evidenziato che lo “sprouting collaterale”, capace di compensare negli stadi iniziali di
malattia la perdita assonale, è efficace solo nei primi due anni di malattia.
Oggetto di questa lettura sono l’analisi del MUNE e della macro-EMG, vantaggi, limiti ed aspettative del loro impiego, sia nella diagnosi che nel follow-up della SLA rispetto ad altre metodiche
elettrofisiologiche.
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Congresso Nazionale
ATTUALITÀ E
RESPIRATORIA
PROSPETTIVE
NELLA
GESTIONE
DELL’INSUFFICIENZA
G. Mora
Fondazione Salvatore Maugeri UO Riabilitazione Neurologica Istituto di Milano
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia progressiva a eziologia ignota e decorso fatale
caratterizzata dalla degenerazione dei neuroni motori a livello della corteccia cerebrale, tronco encefalico e midollo spinale. Sebbene la SLA non abbia un effetto diretto sui polmoni, l’insufficienza
respiratoria da difetto di pompa è la causa più frequente di morte.
Nella SLA l’estrema variabilità di comparsa dell’insufficienza respiratoria richiede frequenti e accurati controlli. Una diagnosi precoce offre infatti la possibilità di impostare un trattamento adeguato,
in elezione e non in condizioni d’urgenza. Nei pazienti affetti da SLA il trattamento dell’insufficienza respiratoria deve mirare a supportare i muscoli respiratori e a diminuire il carico meccanico.
La ventilazione meccanica supportando del tutto o in parte la forza dei muscoli respiratori permette
il ripristino di un accettabile scambio gassoso. Le indicazioni attualmente seguite per instaurare il
trattamento ventilatorio sono: presenza di sintomi, o VC < 50%, o PaCO2 > 45 mmHg, o SaO2 < 90%
per il 5% del sonno. La ventilazione meccanica potrà essere effettuata in modo non invasivo (NIV)
collegando il ventilatore al paziente per mezzo di una maschera, oppure con metodo invasivo ventilando il paziente tramite una tracheotomia. Sono disponibili vari tipi di supporti ventilatori e si utilizzano modalità di ventilazione sia pressometrica che volumetrica; non vi sono evidenze precise per
preferire una modalità di ventilazione a un’altra. L’aumento della sopravvivenza e il miglioramento
della qualità di vita con NIV è dimostrato da diversi studi. Quando la ventilazione non invasiva non
è più efficace, o le secrezioni non possono essere eliminate, è necessario decidere se proseguire con
la ventilazione invasiva o solo con un approccio palliativo delle fasi terminali.
Recentemente è stato proposto una nuova metodica di trattamento dell’insufficienza respiratoria
che prevede l’impianto di stimolatori direttamente sul diaframma con un intervento in laparoscopia.
Alcuni ricercatori della Case Western University hanno realizzato un sistema stimolazione elettrica
funzionale per il diaframma. Il sistema di stimolazione diaframmatica (DPS) (NeuRx RA/4 system®, Synapse Biomedical) si impianta in laparoscopia utilizzando 4 port. La fase iniziale prevede
la mappatura del diaframma alla ricerca del punto motore di ciascun emidiaframma, identificando
quindi la sede più opportuna per garantire la massima contrazione del diaframma. In queste sedi
(2 per ogni emidiaframma) vengono impiantati aghi elettrodo collegati a fili che vengono portati
all’esterno per via percutanea in un unico punto sulla parete toracica o addominale. Gli elettrodi
sono quindi collegati a uno stimolatore esterno a 4 canali in cui si possono regolare intensità e durata
e frequenza dello stimolo da applicare al diaframma.
La DPS è stata sviluppata inizialmente per garantire una ventilazione naturale a pressione negativa
in pazienti con mielolesioni che erano sottoposti a ventilazione meccanica a pressione positiva. In
trial multicentrici in tali pazienti, il 98% era in grado di svezzarsi dal ventilatore grazie al sistema
DPS. Ciò ha condotto nel 2008 la FDA ad approvarne l’utilizzo con questa indicazione. I risultati
ottenuti nelle mielolesioni hanno condotto a pianificare trias anche nella SLA per posporre l’inizio
della ventilazione meccanica non invasiva e invasiva. Lo scopo della DPS sarebbe quello di mantenere la forza del diaframma, convertire le fibre veloci di tipo IIb in fibre lente di tipo I e, se possibile,
avere un effetto trofico che garantisca una maggiore sopravvivenza ai motoneuroni diaframmatici.
Nelle fasi precedenti l’inizio della sperimentazione è stato sviluppato un piano di gestione per la
20
LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE DEL MOTONEURONE
minimizzazione dei possibili rischi connessi soprattutto all’anestesia generale e alla procedura chirurgica laparoscopica.
I risultati iniziali dello studio pilota americano sono stati positivi. In particolare vi era una riduzione
del declino della FVC da 2.4% al mese pre-impianto a 0.9% post-impianto. Questi risultati hanno
portato a intraprendere una sperimentazione negli Stati Uniti e, con numeri ridotti, in alcuni Paesi
europei, che coinvolge 11 centri.
BIBLIOGRAFIA
1. Di Marco AF, Onders RP, Ignangi AI et al. Phrenic nerve pacing via intramuscular diaphragm
electrodes in tetraplegic subjects. Chest 2005; 127: 671-7.
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pressure mechanical ventilation in critical care patients. Chest 2007; 132:571.
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21
Congresso Nazionale
LA DISFAGIA: INDAGINI ENDOSCOPICHE ED ELETTROFISIOLOGICHE
INTEGRATE
G. Ruoppolo*, I. Schettino*, V. Frasca§, M. Inghilleri§
*Dipartimento di O.R.L., Audiologia e Foniatria “G. Ferreri”
§
Dipartimento di Scienze Neurologiche Università degli studi “La Sapienza” - Roma
Negli ultimi decenni è progressivamente emersa l’importanza che la deglutizione riveste nella prevenzione delle polmoniti ab ingestis e della malnutrizione, particolarmente nel soggetto affetto da
patologie neurologiche. La identificazione precoce e la corretta gestione della disfagia nei pazienti
affetti da patologia del motoneurone favoriscono il prolungamento della assunzione degli alimenti
per os, ritardando quindi il posizionamento della PEG, con benefici sia di ordine psicologico che per
le condizioni di salute.
La gestione delle modalità di alimentazione deve prevedere un approccio multidisciplinare, con il
coinvolgimento, in accordo con il Neurologo curante, di diverse altre figure professionali: Foniatra,
Radiologo, Nutrizionista, Otorinolaringoiatra, Pneumologo, Logopedista, Fisioterapista e Dietista.
Valutazione della funzione deglutitoria: richiede l’esecuzione di due valutazioni integrate, indispensabili per definire la presenza o meno di disfagia, per programmare eventuali approfondimenti diagnostici e per pianificare la modalità di intervento appropriata:
a) valutazione clinica standardizzata (bedside assessment), effettuata da un professionista competente nella gestione della disfagia (di norma il logopedista) [raccomandazione 1.7 Linee Guida
FLI]. La valutazione clinica riguarda l’inquadramento generale del paziente, con particolare riguardo alla raccolta dei dati anamnestici ed alla annotazione degli eventuali deficit associati,
la osservazione degli organi direttamente esplorabili, lo studio delle funzionalità orali e delle
sensibilità.
b) valutazione strumentale: la videofluoroscopia (VFS) e la FEES (fiberoptic endoscopic evaluation of swallowing) o valutazione endoscopica sono entrambe metodi validi nella valutazione
della disfagia. Il clinico deve valutare quale sia il più appropriato per il paziente nei diversi
setting. [raccomandazione 1.11 Linee Guida FLI].
Per la semplicità di esecuzione e la non esposizione a radiazioni ionizzanti, nella pratica clinica europea viene utilizzata prevalentemente la valutazione endoscopica, rimandando ad un eventuale approfondimento diagnostico mediante VFS, se necessario. La valutazione endoscopica consente di stabilire
la presenza di segni di disfagia orofaringea (ristagni, penetrazione, aspirazione) e il meccanismo/i
meccanismi che determinano disfagia. La valutazione endoscopica viene condotta dal foniatra (o da
un otorinolaringoiatra che abbia maturato una specifica competenza nello studio della deglutizione).
Trattamento della disfagia: l’obiettivo del trattamento è minimizzare le conseguenze della disfagia.
Per la inopportunità di intervenire, nell’ambito delle malattie neurodegenerative, con esercizi di
rinforzo muscolare sulle strutture motorie orali, la presa in carico si limita usualmente ad impostare
strategie per influenzare la velocità e il transito del bolo:
- modificazioni dietetiche ovvero alterazione della consistenza o della vischiosità del cibo e dei
liquidi;
- utilizzo di posture di compenso;
- manovre (manipolazione di uno dei diversi aspetti del meccanismo di deglutizione); [raccomandazioni 2.7 2.10 Linee Guida FLI].
22
LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE DEL MOTONEURONE
Il logopedista è la figura professionale cui compete tale trattamento.
Collocazione dell’intervento foniatrico-logopedico nel percorso assistenziale
1. Prima valutazione foniatrica: può essere richiesta dal Neurologo in occasione dello studio iniziale del paziente, sia per una eventuale conferma del sospetto diagnostico, che per valutare la
gravità della patologia e le eventuali necessità assistenziali immediate nel campo della deglutizione/nutrizione.
2. Follow-up del paziente: il soggetto affetto da patologia neurodegenerativa deve essere sottoposto periodicamente a rivalutazione dello stato nutrizionale, della funzionalità respiratoria, della
funzionalità deglutitoria e della parola, secondo una cadenza fissata dallo specialista neurologo,
individualizzata in relazione alle esigenze specifiche. Gli obiettivi della collaborazione del foniatra e del logopedista al follow-up del paziente, per quanto riguarda la funzione deglutitoria,
variano in relazione allo stadio della patologia:
a. garantire, accertata la assenza di deficit deglutitori, una alimentazione libera, con benefici in
termini sia nutrizionali che di qualità della vita.
b. evidenziare in maniera tempestiva l’insorgenza di disfagia, per mettere in atto immediatamente modalità di compenso e prevenire polmoniti ab-ingestis.
c. monitorare la eventuale involuzione della funzionalità deglutitoria per offrire elementi utili
alla decisione di posizionare la PEG, offrendo quindi la opportunità di evitarne un posizionamento precoce (riduzione del rischio di reflusso, ricaduta positiva della alimentazione per os
sulla qualità della vita) o tardivo (riduzione del rischio di polmonite ab-ingestis).
Verranno riportati i dati relativi alle valutazioni endoscopiche ed elettrofisiologiche condotte presso
il Centro SLA della nostra Università, riguardanti in particolare epoca di comparsa e caratteristiche
della disfagia (coinvolgimento fasi orali vs fase faringea) e gravità dei deficit deglutitori in relazione
alle diverse forme cliniche.
23
Congresso Nazionale
BRAIN COMPUTER INTERFACES FOR DOMOTIC APPLICATIONS
F. Babiloni , F. Cincotti , M. Marciani , S. Salinari , L. Astolfi , F. Aloise , F. De Vico Fallani ,
1
D. Mattia
1,2
1
1
3
1,2
1
1
1
IRCCS Fondazione Santa Lucia, Rome, Italy
Dip. Fisiologia e Farmacologia, Univ. “La Sapienza”, Rome, Italy
3
Dip. Informatica e Sistemistica, Univ. “La Sapienza”, Rome, Italy
2
Brain Computer Interface (BCI) applications were initially designed to provide to the final user
special capabilities like write letters on a screen in order to communicate with others without muscle
efforts. In these last years, an interest was developed in the BCI scientific community to bring BCI
applications outside the scientific laboratories, to provide useful applications in the normal life first
and in a future in more complex environments such in space. Recently, we implemented the control
of a domestic environment realized with BCI applications. In the present paper we analyze the methodological approach employed to allow the interaction between subjects and domestic devices by
using non invasive EEG recordings. In particular, we analyze whether the use of the cortical activity
estimated from non invasive EEG recordings could be useful to detect mental states related to the
imagination of limb movements. We estimate cortical activity from high resolution EEG recordings
in a group of healthy subjects by using realistic head models. Such cortical activity was estimated in
Region of Interest associated with the subject’s Brodmann areas by using depth-weighted minimum
norm solutions. Results showed that the use of the cortical estimated activity instead the unprocessed EEG improves the recognition of the mental states associated to the limb movement imagination
in the group of normal subjects. The BCI methodology here presented has been used in a group of
disable patients in order to give them a suitable control of several electronic devices disposed in a
three room environment devoted to the neurorehabilitation. Four of six patients were able to control
several electronic devices in the domotic context with the BCI system, having a percentage of correct responses in average over the 63%.
Keywords: Brain Computer Interface, high resolution EEG, Imagination of movements, domotic
I. INTRODUCTION
Brain Computer Interfaces (BCI) is an area of research that is rapidly growing in the neuroscience
and bioengineering fields. One popular approach to the generation of a BCI system consists in the
recognition by a computer of the patterns of electrical activity on the scalp gathered from a series
of electrodes. One of the problems related to the use of surface EEG is the blurring effect due to
the smearing of the skull on the transmission of the potential distribution from the cerebral cortex
toward the scalp electrodes. In this last decade, high-resolution EEG technologies have been developed to enhance the spatial information content of EEG activity. More recently, it has been suggested
that with the use of the modern high resolution EEG technologies it could be possible to estimate the
cortical activity associated to the mental imagery of the upper limbs movements in humans better
than with the scalp electrodes. We currently used the approach to estimate the cortical current density in particular Region of Interest (ROI) on the modeled brain structures from high resolution EEG
recordings to provide high quality signals for the extraction of the features useful to be employed in
a BCI system.
24
LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE DEL MOTONEURONE
In this paper we would like to illustrate how with the use of such advanced high resolution EEG
methods for the estimate the cortical activity it is possible run a BCI system able to drive and control
several devices in a domotic environment. In particular, we first describe a BCI system used on a
group of normal subjects in which the technology of the estimation of the cortical activity is illustrated. Then, we used the BCI system for the command of several electronic devices within a three
rooms environment employed for the neurorehabilitation. The BCI system was tested by a group of
six patients.
II. METHODOLOGY
II.1 Subjects
Two groups of subjects have been involved in the training with the BCI system. One was composed
of normal healthy subjects while the second one was composed by disabled persons who used the
BCI system to attempt to drive electronic devices in a three rooms facility at the laboratory of the
Fondazione Santa Lucia in Rome. The first group was composed by fourteen healthy subjects that
voluntarily participated to the study. The second group of subjects were formed by six patients affected by Duchenne Muscular Dystrophy. According to the Barthel index score (BI) for they daily
activity, all patients depended almost completely on caregivers, having a BI score lower than < 35.
In general, all patients were unable to walk since they were adolescent, and their mobility was possible only by a wheelchair. This latter was electric in all (except two) patients and it was driven by
a modified joystick
which could be manipulated by either the residual “fine” movements of the first and second fingers
or the residual movements at wrist. As for the upper limbs, all patients had a residual muscular
strength either of proximal or distal arm muscles that were insufficient for carrying on any every
day life activity. The neck muscles were as weak as to require a mechanical support to maintain the
posture in all of them. Finally, eye movements were substantially preserved in all of them. At the
moment of the study, none of the patients was using technologically advanced aids.
II.2 Patient’s preparation and training
Patients were admitted for a neurorehabilitation program that includes also the use of BCI system on
a voluntary base. Caregivers and patients gave the informed consent for the recordings in agreement
with the ethical committee rules adopted for this study. The rehabilitation programs aimed to allow
to the patients the use a versatile system for the control of several domestic devices by using different input devices, tailored on the disability level of the final user. One of the possible input for this
system was the BCI by using the modulation of the EEG.
The first step of the clinical procedure consisted of an interview and physical examination performed
by the clinicians, wherein several levels of the variables of interest (and possible combinations) were
addressed as follows: the degree of motor impairment and of reliance on the caregivers for everyday
activities, as assessed by current standardized scale, i.e. the Barthel Index (BI) for ability to perform
daily activities; the familiarity with transducers and aids (sip/puff, switches, speech recognition,
joysticks) that could be used as input to the system; the ability to speak or communicate, resulting
understandable to an unfamiliar person; the level of informatics alphabetization, measured by the
number of hours / week spent in front of a computer. Information was structured in a questionnaire
administered to the patients at the beginning and end of the training. A level of system acceptance
by the users was schematized by asking the users to indicate with a number ranging from 0 (no satisfactory) to 5 (very satisfactory) their degree of acceptance relative to each of the controlled output
devices. The training consisted of weekly sessions; for a period of time ranging from 3 to 4 weeks,
25
Congresso Nazionale
the patient and (when required) her/his caregivers were practicing with the system. During the whole
period, patients had the assistance of an engineer and a therapist in their interaction with the system.
II.3 Experimental training
The BCI training was performed using the BCI2000 software system [Schalk et al., 2004]. An initial
screening session was used to define the ideal locations and frequencies of each subject’s spontaneous mu- and beta-rhythm activity. During this session, the subject was provided with any feedback
(any representation of her/his mu rhythm), and she/he had to perform motor tasks just in open loop.
The screening session consisted in the alternate and random presentation of cues on opposite sides
of the screen (either up/down -vertical- or left/right -horizontal).
II.4 Domotic system prototype features
The system core that disabled patients attempted to use in order to drive electronic devices in a three
rooms laboratory was implemented as follows. It received the logical signals from several input
devices (including the BCI system) and converted them into commands that could be used to drive
the output devices. Its operation was organized as a hierarchical structure of possible actions, whose
relationship could be static or dynamic. In the static configuration, it behaved as a “cascaded menu”
choice system and was used to feed the Feedback module only with the options available at the moment (i.e. current menu). In the dynamic configuration, an intelligent agent tried to learn from use
which would have been the most probable choice the user will make. The user could select the commands and monitor the system behaviour through a graphic interface. The prototype system allowed
the user to operate remotely electric devices (e.g. TV, telephone, lights, motorized bed, alarm, and a
front door opener) as well as monitoring the environment with remotely controlled video cameras.
While input and feedback signals were carried over a wireless communication, so that mobility of
the patient was minimally affected, most of the actuation commands were carried via a powerlinebased control system. As described above, the generated system admits the BCI as one possible way
to communicate with it, being open to accept command by other signals related to the residual ability
of the patient. However, in this study we report only the performance of these patients with the BCI
system in the domotic applications.
II.5 Estimation of the cortical activity from the EEG recordings and signal processing
The estimation of cortical activity during the mental imagery task was performed in each subject by
using the depth-weighted minimum norm algorithm. Digitized EEG data were transmitted in real
time to the BCI2000 software system which performs performed all necessary signal processing
and displayed feedback to the user. The processing pipe can be considered of several stages, which
process the signal in sequence. Only the main ones will be mentioned here: spatial filter, spectral
feature extraction, feature combination, and normalization. After artifact rejection, the EEG interval
corresponding to the feedback phase were binned into two classes – up or down, depending on the
target appeared in each trial. We computed for each feature (dependent variable) the coefficient of
determination (r2) i.e., the proportion of the total variance of the feature samples accounted for by
target position. This index had been previously utilized in literature for similar experimental setups
and allows direct comparison with published results. A fictitious independent variable was created,
using values +1 or -1 in correspondence of “down” or “up” epochs respectively. A negative sign was
attributed to the r2 value when dependent and independent variables were controvariant. Viewing
statistical results from a different point of view, features characterized by a high r2 value are those
that maximize prediction of the current target. Higher values of r2 indicate that the subject has gained
26
LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON MALATTIE DEL MOTONEURONE
steadier control of EEG rhythms (in fact they generally increase during the training, from values
below 0.1 to values above 0.3). .
III. RESULTS
III.1 Experimentation with healthy subjects
By applying the mentioned signal processing techniques in the context of the proposed BCI setup, we used the r2 as an index of reliability of the recognition of subject’s mental activity. The
comparisons between the maximum values of the r2 that takes into account the best usable feature
(frequency/ROI or scalp channel) were performed for the unprocessed EEG data as well as for the
estimated cortical activity by using the procedure already described above. Mean r2 is 0.20±0.114SD
for the unprocessed EEG case, 0.55±0.16SD for the cortical current density estimation case. The
differences are relatively constant across the subjects, and a paired Student’s t test returned a highly
significant differences between the two conditions (p<10-5).
III.2 Experimentation with the patients
As described previously in the methods section, all the patients underwent a standard BCI training.
Over the 8-12 sessions of training, four out six patients were able to develop a sensorimotor reactivity sufficiently stable to control the cursor with performance as high as over 63%. They could
image either foot or hand movements and the related sensorimotor modulation was mainly located
at midline centro-parietal electrode positions. Two patients were not able to control the cursor with
a percentage superior to 55% and were not taken into consideration further here in the context of
the use of BCI system. At the end of the training, the four patients were able to control the several
system outputs, namely the domotic appliances. According to the early results of the questionnaire,
these patients were independent in the use of the system at the end of the training and they experienced (as they reported) “the possibility to interact with the environment by myself.” A schematic
evaluation of the degree of the system acceptance revealed that amongst the several system outputs,
the front door opener was the most accepted controlled device.
IV. DISCUSSION
The data reported here suggest that it is possible to retrieve the cortical activity related to the mental
imagery by using sophisticated high resolution EEG techniques, obtained by solving the linear inverse problem with the use of realistic head models. However, in the context of the Brain Computer
Interface, it assumes importance if the activity related to the imagination of arm movement could be
better detected by using such high resolution EEG techniques than with the use of the unprocessed
EEG. The described methodologies were applied in the context of the neurorehabilitation in a group
of six patients affected by the Duchenne Muscular Dystrophy. Four out of six were also able to control with the BCI system several electronic devices disposed in a three rooms facility we described
previously. The devices guided by them with an average percentage score of the 63% are: i) a simple
TV remote commander, with the capabilities to switch on and off the device as well as the capability
to change a TV channel, ii) the opening and closing of the light in a room, iii) the switch on and off
of a mechanical engine for opening a door of the room. These devices can be of course also controlled with different inputs signals that eventually use the residual degree of muscular control of such
patients. This experiment was here reported because demonstrates the capability for the patient to
accept and adapt themselves to the use of the new technology for the control of their domestic environment.
There is a large trend in the modern neuroscience field to move toward invasive electrodes implants
for the recording of cortical activity in both animals and humans for the realization of an efficient
27
Congresso Nazionale
BCI device. In this paper we have presented evidences that suggest an alternative methodology for
the estimation of such cortical activity in a non invasive way, by using the possibilities offered by
an accurate modeling of the principal head structures involved in the transmission of the cortical
potential from the brain surface to the scalp electrodes.
28
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
SCLEROSI MULTIPLA
Moderatori:
G. Comi (Milano), M. Ulivelli (Siena)
Congresso Nazionale
30
SCLEROSI MULTIPLA
RUOLO DELLA ECCITOTOSSICITÀ NELLA SCLEROSI MULTIPLA
D. Centonze
UOSD Centro di Riferimento Regionale per la Sclerosi Multipla, Dipartimento di Neuroscienze,
Università Tor Vergata & Fondazione Santa Lucia/Centro Europeo per la Ricerca sul Cervello
(CERC), Roma
Una complessa interazione tra sistema immunitario e funzione/disfunzione neuronale è emersa negli
ultimi anni. A questo proposito, il sistema endocannabinoide e specifiche citochine quali il TNFα
sembrano avere un ruolo importante nella modulazione del danno eccitotossico e neurodegenerativo
che si osserva sin dalle fasi più precoci della Sclerosi Multipla (SM). Il sistema endocannabinoide e
il TNFα possono infatti interagire con molteplici mediatori cellulari e molecolari della neuroinfiammazione, modulare l’attività della microglia e la sensibilità neuronale alla attivazione di recettori di
membrana per il glutammato o il GABA.
Partendo da tali presupposti, abbiamo intrapreso uno studio sistematico sulle possibili alterazioni
centrali e periferiche del sistema endocannabinoide in pazienti con SM.
Abbiamo misurato i livelli dei due endocannabinoidi AEA e 2-AG nel fluido cerebrospinale (CSF,
cerebrospinal fluid, o liquor) di pazienti con SM non sottoposti a terapia. Abbiamo potuto rivelare un
aumento di 6 volte nei livelli di AEA di questi soggetti, mentre la concentrazione del 2-AG rimaneva
normale. Di particolare interesse è stata l’osservazione che i livelli di AEA erano elevati nei soggetti
con lesioni attive alla RM, mentre non vi era alcuna correlazione tra livelli endogeni di AEA e numero e volume delle lesioni visualizzate in T2. Tali risultati, uniti ad altri ottenuti dal nostro gruppo
sul modello pre-clinico di SM rappresentato dai topi con encefalomielite autoimmune sperimentale
(EAE), dimostrano che durante l’attacco immuno-mediato del sistema nervoso centrale l’attivazione
del sistema endocannabinoide rappresenta un meccanismo protettivo che tenta di ridurre sia il danno
neurodegenerativo che quello infiammatorio, attraverso meccanismi convergenti che coinvolgono
neuroni e cellule immunitarie.
Dai nostri studi è anche emerso il coinvolgimento delle citochine infiammatorie prodotte in seguito
alla attivazione del sistema immunitario nelle alterazioni sinaptiche a carico della trasmissione glutammatergica e GABAergica nei topi con EAE. In particolare, sin dalle fasi presintomatiche della
EAE, l’attivazione microgliale secondaria alla infiltrazione T linfocitaria esita nella produzione e
nel rilascio di TNF-a nella sostanza grigia di specifiche aree del sistema nervoso centrale, quali il
nucleo striato. Il TNF-a così prodotto è in grado di alterare l’espressione e lo stato di fosforilazione
di specifiche subunità del recettore AMPA del glutammato, causando specifiche alterazioni elettrofisiologiche a carico della trasmissione sinaptica eccitatoria. La sottoregolazione di uno specifico
early gene (Arc/Arg) è responsabile per tale cambiamento della sensibilità del recettore AMPA al
glutammato endogeno rilasciato dalle sinapsi eccitatorie. Il TNF-a, al contrario non induce alcuna
variazione a carico della trasmissione GABAergica.
Per confermare tali dati, abbiamo anche studiato l’effetto della microglia attivata sulla trasmissione
sinaptica striatale in topi di controllo. La microglia attivata (BV-2 microglia o microglia primaria;
attivata 30-60 min prima della registrazione elettrofisiologica) posta su fettine striatali di topi controllo ha aumentato significativamente la durata dei sEPSCs e dei mESPCs, rallentando le loro decay
phases e mimando le alterazioni riscontrate nei cervelli dei topi con EAE. Abbiamo anche indagato
se il TNF-a può replicare su fettine di topi controllo le alterazioni prodotte dalla microglia nei cervelli di topi con EAE. Il TNF-a ha mimato gli effetti della microglia attivata sulle proprietà cinetiche
31
Congresso Nazionale
di sESPCs, aumentando il decay time e la durata di questi eventi sinaptici. Come con la microglia
attivata, il TNF-a non ha alterato gli altri parametri della trasmissione glutammatergica e non ha aumentato ulteriormente la durata delle sEPSCs nelle fettine di topi EAE in fase acuta di malattia. Infine abbiamo confermato il coinvolgimento del TNF-a negli effetti sinaptici della microglia attivata
effettuando registrazioni su fettine incubate sia con microglia primaria attivata che con TNFR-Ig al
fine di bloccare l’attività del TNF-a endogeno. In questo set di esperimenti la frequenza, l’ampiezza
e le proprietà cinetiche dei sEPSCs erano indistinguibili da quelli registrati in condizioni controllo.
Abbiamo infine dimostrato che l’abnorme funzionalità del recettore AMPA indotto dalla infiammazione cronica e dal TNF-a, attiva la cascata apoptotica nelle spine dendritiche dei neuroni striatali,
portando a una drammatica riduzione della densità delle spine dendritiche neuronali. Tale alterazioni
degenerative, infatti venivano completamente bloccate dal trattamento cronico dei topi EAE con
NBQX, un bloccante dei recettori AMPA.
BIBLIOGRAFIA
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Bernardi G, Battistini L, Maccarrone M. Lack of effect of cannabis-based treatment on clinical
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3. Rossi S, Furlan R, De Chiara V, Musella A, Lo Giudice T, Mataluni G, Cavasinni F, Cantarella
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synaptic and dendritic abnormalities of experimental autoimmune encephalomyelitis. Neurobiol Dis. 2009 Oct;36(1):51-9.
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32
SCLEROSI MULTIPLA
FISIOPATOLOGIA DEI PROCESSI DI RECUPERO NELLA SCLEROSI MULTIPLA
P.M. Rossini
Osp. “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Divisione di Neurologia, Roma
La storia naturale della Sclerosi Multipla (SM) in fase remittente-recidivante si caratterizza per:
buon recupero funzionale delle ricadute cliniche e scarsa corrispondenza tra disabilità neurologica
residua e danno strutturale. Processi adattativi locali e globali intervengono per compensare il danno
e garantire un ottimale performance neurologica il più a lungo possibile, nonostante la progressione
del danno strutturale infiammatorio e degenerativo.
I meccanismi principali che sottendono il recupero clinico sono dati dal ripristino della conduzione
del segnale negli assoni persistentemente demielinizzati o parzialmente rimielinizzati, dalla risoluzione dell’infiammazione e dalla riorganizzazione corticale che compensa la perdita assonale ed il
blocco di conduzione (Smith and McDonald, 1999).
A seguito di fenomeni di demielinizzazione acuta studi sperimentali sull’uomo e su modelli animali
di SM hanno dimostrato un blocco, di durata variabile, della conduzione del segnale. Gli assoni
demielinizzati hanno una relativa paucità dei canali del Na+, insufficiente per la propagazione del
potenziale d’azione (Smith, 2007). L’aumento dell’area della membrana nodale, inoltre, a seguito di
fenomeni di demielinizzazione, riduce di 3-4 volte il safety factor per la conduzione assimilandolo
all’unità, con la conseguenza di rendere ancora più incerta la depolarizzazione nodale e la conduzione del segnale. Una riorganizzazione lenta dei canali del sodio a livello dell’assolemma e la rimielinizzazione contribuiscono parzialmente al ripristino della conduzione e alla scomparsa del sintomo
clinico. Sebbene clinicamente si abbia un recupero di funzione, misure neurofisiologiche (potenziali
evocati multimodali) testimoniano l’imperfezione della conduzione del segnale; l’attività evocata,
pur essendo maggiormente compromessa durante le fasi di riacutizzazione, rimane infatti alterata
anche nelle fasi di remissione della patologia (Peresedova et al., 2009).
Un ruolo nella comparsa e nel recupero della trasmissione del segnale sembra anche da attribuire
alla modificazione della trasmissione sinaptica, indotta anche dai prodotti dell’infiammazione (citochine pro-infiammatorie, ossido nitrico); la 4-Aminopiridina, infatti, induce un miglioramento
dei sintomi della malattia proprio per la sua capacità di potenziamento della trasmissione sinaptica
(Rossini et al., 2001).
La riorganizzazione corticale nella SM interviene molto rapidamente a seguito della riacutizzazione
del processo infiammatorio. Studi TMS mostrano un aumento, di verosimile natura compensatoria,
della eccitabilità corticale delle aree motorie indipendente dalla localizzazione della lesione in fase
di ricaduta rispetto alla fase di remissione (Caramia et al., 2004). Indici neurofisiologici di riorganizzazione intracorticale, utilizzati per lo studio della connettività funzionale sia ad ampio raggio (Leocani, 2001) che locale, si mostrano alterati anche nelle fasi stabilizzate di malattia. In pazienti affetti
da SM con bassa disabilità e senza deficit sensori motori della mano, si osserva un disconnessione
funzionale nell’ambito dell’ area sensitiva primaria in particolare a carico dell’emisfero dominante,
segno di una perdita di specializzazione funzionale digitale del circuito (Tecchio et al., 2008).
33
malattia. In pazienti affetti da SM con bassa disabilità e senza deficit sensori motori
della mano, si osserva un disconnessione funzionale nell’ambito dell’ area sensitiva
Congresso
Nazionale
primaria
in particolare
a carico dell’emisfero dominante, segno di una perdita di
specializzazione funzionale digitale del circuito (Tecchio et al., 2008).
Figura
1 Ridotta
connettività
intracorticale
nell’area
sensitiva
primaria
nei pazienti
Figura
1 Ridotta
connettività
intracorticale
nell’area
sensitiva
primaria
nei pazienti
con SM remitcon SM remittente-recidivante
(Tecchio et al, 2008)
tente-recidivante
(Tecchio et al, 2008)
di Risonanza
Magnetica
funzionale
(fMRI)
integrano
i dati
neurofisiologici;
le
Dati Dati
di Risonanza
Magnetica
funzionale
(fMRI)
integrano
i dati
neurofisiologici;
le tecniche
di
tecniche radiologico
di neuroimaging
radiologicoche
hanno
dimostrato
che sia nellechefasi
di
neuroimaging
hanno dimostrato
sia nelle
fasi di riacutizzazione
di remissione
e
riacutizzazione
che di remissione
e siaisolata)
nella fasi
precoci(SM
(sindrome
clinicamente
sia nella
fasi precoci (sindrome
clinicamente
che tardive
secondariamente
progressiva)
tardive (SM
secondariamente
progressiva)
dellatentativo
malattiadel
si cervello
verificano
dellaisolata)
malattiache
si verificano
fenomeni
neuroplastici,
indicativi del
di compenfenomeni
neuroplastici,
indicativi
del
tentativo
del
cervello
di
compensare
al danno
sare al danno infiammatorio e degenerativo. Un’ampliamento delle aree motorie,
l’attivazione di
infiammatorio
e degenerativo.
Un’ampliamento
delle aree motorie,
l’attivazione
di
circuiti
motori supplementari
nelle fasi
precoci e il reclutamento
funzionale
di aree addizionali
non
circuiti motori supplementari nelle fasi precoci e il reclutamento funzionale di aree
motorie nelle fasi progressive sono alcuni dei fenomeni corticali di compenso osservati nella SM
addizionali non motorie nelle fasi progressive sono alcuni dei fenomeni corticali di
(Filippi e Rocca, 2007).
compenso osservati nella SM (Filippi e Rocca, 2007).
Nonostante le molteplici descrizioni di questi fenomeni presenti in letteratura, rimangono ancora
Nonostante le molteplici descrizioni di questi fenomeni presenti in letteratura,
pocorimangono
definiti i pattern
riorganizzazione
prognosticamente
più incoraggianti
al fine dipiù
un recupero
ancoradipoco
definiti i pattern
di riorganizzazione
prognosticamente
di funzione.
Una
più
precisa
definizione
prognostica
aiuterebbe
nella
programmazione
di
incoraggianti al fine di un recupero di funzione. Una più precisa definizioneinterventi
volti prognostica
al potenziamento
della riorganizzazione
neuroplastica
e consentirebbe
un approccio funzionale
aiuterebbe
nella programmazione
di interventi
volti al potenziamento
alla valutazione
dell’efficacia
terapeutica
dei
farmaci
ad
oggi
in
uso.
della riorganizzazione neuroplastica e consentirebbe un approccio funzionale alla
L’integrazione
di terapeutica
tecniche di neuroimaging
valutazionemultimodale
dell’efficacia
dei farmaci ad funzionale
oggi in uso.rappresenta ad oggi l’approccio
più promettente
per
lo
studio
in
vivo
dei
fenomeni
di
neuroplasticità
cherappresenta
sottendono ad
il recupero
L’integrazione multimodale di tecniche di neuroimaging funzionale
clinico.
oggi l’approccio più promettente per lo studio in vivo dei fenomeni di neuroplasticità
che sottendono il recupero clinico.
BIBLIOGRAFIA
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35
Congresso Nazionale
36
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
IL DOLORE VISCERALE
Moderatori:
M. Inghilleri (Roma),
M. Romano (Palermo)
Congresso Nazionale
38
il DOLORE VISCERALE
I L D O L O R E U R O - G E N I TA L E , A S P E T T I D I A G N O S T I C I E T E R A P I A
FARMACOLOGICA
L. Bertolasi
Centro per i Disturbi del Movimento Clinica Neurologica Ospedale Policlinico “Giambattista Rossi” (Borgo Roma), Verona
La complessità anatomo-fisiologica del piano pelvico e degli organi ad esso connessi conferisce allo
studio neurofisiologico un ruolo importante nella comprensione dei meccanismi che ne consentono
il corretto funzionamento e nella documentazione delle possibili alterazioni.
Lo studio neurofisiologico del pavimento pelvico si basa sulla rilevazione dell’attività elettrica generata dalle fibre muscolari striate in condizioni basali e durante attività volontaria e riflessa, sulla
valutazione della velocità di conduzione della componente nervosa motoria e sensitiva dei muscoli
che lo costituiscono e sull’analisi delle vie centrali oltre che sulla rilevazione dell’integrità della
componente autonomica.
Diverse noxe patogene possono esplicarsi con un unico meccanismo d’azione. L’infiammazione
delle mucose, il dolore e lo spasmo muscolare idiopatico possono indurre un secondario stato di
contrazione muscolare involontaria che a sua volta può provocare o mantenere lo stato di malattia.
L’infiammazione costituisce frequentemente la principale caratteristica istologica iniziale. Il fatto
che il trattamento degli spasmi muscolari dimostri una marcata efficacia anche sulla componente
infiammatoria deve far ipotizzare che l’infiammazione e gli spasmi muscolari siano parte di un
circolo vizioso. Così nel caso di ragadi anali, vestibolite vulvare e vaginismo la componente infiammatoria e spastica sono tra loro dipendenti. Sia la componente infiammatoria che spasmodica
possono estendersi e coinvolgere distretti urinari, se non già primitivamente sede di patologia. Le
indagini neurofisiologiche sono in grado di documentare le avvenute modificazioni funzionali del
compartimento uro genitale.
Le terapie più efficaci sono rappresentate naturalmente dalle terapie etiologiche e, in seconda istanza, dalle terapie sintomatiche in grado di interrompere le principali manifestazioni patologiche.
39
Congresso Nazionale
IL DOLORE URO-GENITALE: LA TERAPIA NON FARMACOLOGIA
G. Pelliccioni
Unità Operativa di Neurologia, Ospedale Geriatrico, INRCA Ancona
Un algoritmo guida il clinico attraverso il processo che conduce dalla diagnosi di dolore pelvico
cronico (CPP), spesso complessa, al trattamento dello stesso dolore, di frequente insoddisfacente
(EAU Guidelines on Chronic Pelvic Pain 2010). Il CPP è definito come un dolore percepito in
strutture connesse alla pelvi del maschio e della femmina, e diviene cronico quando è presente in
modo continuo o ricorrente per oltre 6 mesi, con negative conseguenze cognitive, comportamentali
e sessuali. Spesso associato con sintomi di disfunzione del basso tratto urinario, genitale, intestinale
o ginecologico, è suddivisibile in sindromi dolorose pelviche specifiche: sindrome dolorosa pelvica
(PPS), sindrome della vescica dolorosa/cistite interstiziale (BPS/IC), sindrome dolorosa prostatica,
sindrome dolorosa della muscolatura del pavimento pelvico. Qualora il dolore non sia spiegabile da
una patologia pelvica locale è necessario escludere patologie che coinvolgano il midollo sacrale,
il cono midollare, le radici della cauda e, non ultimo per rilevanza clinica, il n. pudendo nel suo
decorso intrapelvico. Il dolore pelvico cronico (CPP), la cistite interstiziale (IC) e la sindrome della
vescica dolorosa (BPS) sono patologie disabilitanti, di difficile trattamento, che coinvolgono fino a
500 individui per 100.000 della popolazione generale, con pesanti ripercussioni sulla qualità della
vita e sulla produttività lavorativa di questi pazienti. È importante rilevare che la BPS/IC rappresenta
un eterogeneo spettro di disordini disfunzionali dolorosi coinvolgenti la vescica ancora scarsamente
definiti, nei quali l’infiammazione è una caratteristica importante solo in una piccola serie di pazienti
(EAU 2010). I pazienti affetti da dolore dell’area pelvica lamentano inoltre alterazioni di svuotamento o riempimento della vescica e sono sottoposti ad una moltitudine di trattamenti farmacologici
e non farmacologici per il controllo della sintomatologia, nella maggior parte scarsamente efficaci
e, in alcuni casi, totalmente inefficaci. Ci sono poche prove dell’efficacia dei trattamenti farmacologici analgesici nel CPP. Poiché si ritiene che il CPP sia modulato da meccanismi analoghi a quelli
del dolore somatico, viscerale e neuropatico, le raccomandazioni terapeutiche che si seguono sono
quelle derivate dalla letteratura sul dolore cronico generale (EAU 2010). Tuttavia nessuna tradizionale terapia è risultata efficace, in una recente review (Seth and Teichman 2008), nell’alleviare
la sintomatologia dolorosa pelvica. Il frequente fallimento o la riduzione nel tempo dell’efficacia
di soluzioni farmacologiche ha condotto allo sviluppo di trattamenti non farmacologici, tra i quali
sono da ricordare i blocchi analgesici dei differenti nervi dell’area pelvica, ma in particolare del n.
pudendo (Choi et al. 2006), la somministrazione endovescicale di tossina botulinica (Giannantoni et
al. 2006), tecniche riabilitative e chirurgiche che giungono talvolta a radicali soluzioni di rimozione
della stessa vescica. La diagnosi di neuropatia del pudendo per intrappolamento del nervo è essenzialmente clinica e di recente sono stati definiti specifici criteri (di Nantes) che possono aiutare nella
diagnosi (Labat et al. 2008). I cinque criteri diagnostici essenziali sono: 1) dolore nel territorio anatomico del n. pudendo; 2) peggioramento clinico nella posizione seduta; 3) dolore che non risveglia
il paziente di notte; 4) assenza di disturbi della sensibilità all’esame clinico; 5) esito clinico positivo
al blocco anestetico del n. pudendo, che può essere eseguito in guida TC o ecografica.
L’utilizzo delle stimolazioni elettriche funzionali rappresenta oggi un importante mezzo terapeutico
nel trattamento delle differenti disfunzioni vescicali, quando le strategie farmacologica e riabilitativa sono risultate inefficaci e tutti gli altri tentativi terapeutici hanno fallito (Everaert et al. 2001).
Tra le tecniche riabilitative possono essere annoverate le stimolazioni elettriche applicate per via
40
il DOLORE VISCERALE
transcutanea vaginale, anale, sovrapubica (Fall and Lindstrom 1994), di scarso utilizzo clinico o, di
più recente e frequente applicazione, la neuromodulazione presso le radici sacrali (Chai et al 2000,
Siegel et al. 2001, Everaert et al. 2001, Zabihi et al. 2008, Powell and Kreder 2010) o la stimolazione
diretta del n. pudendo (Spinelli et al. 2005, Peters et al 2009). La neuromodulazione sacrale (SNM)
è già stata approvata dal 1997 dalla FDA statunitense ed è ormai utilizzata frequentemente anche in
Europa per il trattamento dell’incontinenza urinaria da urgenza, della sindrome urgenza/frequenza e
della ritenzione urinaria non ostruttiva, associate quasi costantemente al dolore pelvico cronico, ma
non è stata ancora approvata per il solo dolore pelvico cronico.
La SNM è una metodica di elettrostimolazione continua della radice sacrale S3 presso la fuoriuscita
dal suo forame, mediante l’impianto chirurgico di un sistema programmabile dall’esterno, per via
telemetrica. La selezione dei pazienti che possono giovarsi di tale nuova tecnica è preventivamente
effettuata mediante il test temporaneo di stimolazione percutanea sacrale o PNE, della durata di
7-15 giorni, che valuta la possibilità di ridurre il dolore pelvico e di ripristinare temporaneamente una regolare funzione vescicale. I pazienti che rispondono positivamente al PNE test possono
eseguire l’impianto permanente dello stimolatore sacrale, mediante intervento chirurgico con il posizionamento di un pacemaker in una tasca sovraglutea e con stimolazione di S3 mono o, da poco
tempo, anche bilaterale. Nel 2000 Chai et al. e nel 2001 Siegel et al. hanno dimostrato come sia il
test di stimolazione temporanea della radice sacrale S3 che l’impianto definitivo di SNM riducono
percentualmente in modo quasi completo l’urgenza urinaria e di circa la metà la frequenza urinaria.
Inoltre anche il dolore incoercibile e refrattario si è ridotto negli stessi pazienti da 7.0 a 2.3 su una
scala a 10 punti nel primo studio, e da 9.7 a 4.4 sulla stessa scala nell’altro. Il beneficio sul dolore
pelvico intrattabile nello studio di Siegel et al. è persistito inoltre stabilmente in 6 su 10 pazienti a
19 mesi al follow up. Da allora altri trial open-label con la SNM hanno riportato un miglioramento
sintomatologico (Zabihi et al 2008) e, in uno studio su 21 soggetti con un follow-up medio di 15
mesi, si è rilevato un decremento del dolore e dell’utilizzo di farmaci analgesici ed oppioidi di circa
il 36% durante la SNM di S3 (Peters and Konstandt 2004). In uno studio prospettico di 27 soggetti
refrattari alle terapie convenzionali, l’impianto di SNM ha indotto un miglioramento della frequenza
urinaria, del volume, della nicturia e, in modo più rilevante, del dolore dopo una media di follow up
di 14 mesi (Comiter 2003).
Il meccanismo o, forse, i meccanismi d’azione della SNM non sono completamente conosciuti (Leng
and Chancellor 2005), e si basano su una possibile “influenza modulatoria “che l’elettrostimolazione
continua di S3 determina sui vari archi nervosi riflessi che regolano il funzionamento e quindi l’attività della muscolatura del pavimento pelvico e delle strutture coinvolte nel controllo minzionale
ed indirettamente nel CPP. Accanto alla depolarizzazione delle fibre somatiche con incremento della
contrazione della muscolatura pelvi-perineale innervata, lo stimolo subcontinuo di S3 indurrebbe
un’attivazione delle fibre sensitive ed autonomiche veicolate dai nn. pudendi e pelvici, interferendo
positivamente con i meccanismi centrali pontini e cortico-diencefalici. Gli effetti clinici della SNM
si manifesterebbero pertanto con il miglioramento della soglia per lo svuotamento vescicale, amplificando la contrazione rispettivamente del detrusore vescicale e dello sfintere, riducendo il dolore
e ripristinando un’adeguata coordinazione del rilascio sfinterico durante la contrazione vescicale.
Una parte dei pochi studi sulla SNM per il trattamento del dolore pelvico, non ha comunque un’evidenza di efficacia significativa, a causa della difficoltà ad eseguire comparazioni con altre metodiche
analgesiche. La SNM è di nuovo utilizzo, costosa e tecnologicamente sofisticata, ma le evidenze
cliniche disponibili sulla sua applicazione nel CPP isolato o associato ad altri disturbi disfunzionali
urinari sono incoraggianti. Sarebbe pertanto prematuro ed errato giungere a conclusioni negative
sulla sua efficacia, in mancanza di ulteriori trial numericamente rilevanti.
41
Congresso Nazionale
BIBLIOGRAFIA
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42
il DOLORE VISCERALE
IL DOLORE CARDIACO: RUOLO DELLA CORTECCIA CEREBRALE NOCICETTIVA
M. Valeriani
Divisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Faculties of Engineering, Science and Medicine, Aalborg University, Denmark
Il ruolo del sistema nervoso centrale nel dolore cardiaco è tuttora oggetto di discussione. Se, infatti, nelle patologie anginose associate a chiara ostruzione coronarica la fisiopatologia del dolore è
abbastanza ben conosciuta e coinvolge prevalentemente fattori cardiaci locali, in altre condizioni
cliniche, come la sindrome cardiaca X (SCX), in cui il dolore toracico ha un’origine cardiaca, testimoniata dall’anormalità dell’ECG, ma non vi è alcuna ostruzione coronarica, i meccanismi fisiopatologici alla base del dolore sono tuttora sconosciuti. Nei pazienti con SCX, l’esistenza di anomalie
della nocicezione è stata suggerita dal riscontro di una ridotta soglia dolorifica (Shapiro et al., 1988).
Più recentemente, il nostro gruppo ha studiato questi pazienti mediante la tecnica dei potenziali evocati laser (LEP), grazie alla quale è possibile ottenere una valutazione funzionale, non invasiva, del
sistema nocicettivo. In particolare, abbiamo inizialmente valutato il fenomeno dell’habituation dei
LEPs in pazienti con SCX, paragonandolo a quanto osservato nei soggetti di controllo (Valeriani et
al., 2005). Abbiamo osservato come nei controlli l’ampiezza della componente LEP N2-P2 presentasse una riduzione in ampiezza dopo stimolazione ripetuta sia della mano destra (non interessata
dalla sintomatologia dolorosa) che del torace (dolore locale). Nei pazienti con SCX, invece, tale
riduzione di ampiezza non veniva registrata, indicando, dunque, un deficit di habituation. Abbiamo
inoltre osservato come nei pazienti con SCX tale anomalia andasse incontro ad una regressione dopo
trattamento efficace del dolore mediante stimolazione spinale (Sestito et al., 2008). È noto come
nella SCX la stimolazione del midollo spinale (spinal cord stimulation – SCS) possa determinare
un notevole miglioramento della sintomatologia. I pazienti con SCX da noi studiati presentavano
il recupero di una normale habituation dei LEPs dopo SCS. I nostri dati neurofisiologici suggeriscono l’esistenza nella SCX di un’anormale elaborazione degli stimoli nocicettivi da parte della
corteccia cerebrale. Per stabilire il ruolo di tale anomalia nella fisiopatologia del dolore cardiaco,
abbiamo studiato dei pazienti con angina silente (AS), cioè con alterazioni ECG di tipo ischemico,
ma senza sintomatologia dolorosa. I pazienti con AS, al contrario di quelli con SCX, presentavano
un’habituation dei LEPs sovrapponibile a quella dei soggetti sani. Quest’ultimo risultato dimostra
come l’anomalo funzionamento della corteccia cerebrale nocicettiva rappresenta probabilmente il
background su cui agiscono fattori cardiaci locali, più o meno conclamati, per dare origine al dolore
cardiaco.
43
Congresso Nazionale
BIBLIOGRAFIA:
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44
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
CONTROVERSIE IN
NEUROFISIOLOGIA CLINICA
Moderatori:
M. Manfredi (Roma), A. Uncini (Chieti)
Congresso Nazionale
46
DOLORE VISCERALE
IPERCKEMIA ASINTOMATICA: APPROCCIO INVASIVO?
No, è sufficiente uno screening generico di base da parte del medico di famiglia o di un neurologo generale per identificare i casi con patologie neuromuscolari specifiche
T. Mongini
Università di Torino - Ospedale S. Giovanni Battista
Centro per le Malattie Neuromuscolari Paolo Peirolo
Dipartimento di Neuroscienze - SCDU Neurologia 2, Torino
Sì, è necessario approfondire ogni caso anche con accertamenti di secondo o addirittura di terzo livello per identificare tutti i casi con patologie neuromuscolari specifiche, che potrebbero
essere misconosciuti
L. Morandi
Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta” Malattie Muscolari Ereditarie Degenerative, Milano
Il riscontro di aumentati valori di CreatinKinasi sierica (CK) è un evento comune nella pratica
medica generale, causato da molteplici fattori, che vanno dal semplice eccesso di esercizio fisico o
intolleranza a farmaci in individui per altro sani, alle più complesse situazioni di mutazioni genetiche presintomatiche correlate a malattie muscolari anche gravemente evolutive, che devono pertanto
essere prontamente riconosciute. Tra queste ultime, sono da ricordare per esempio tutte le distrofie
muscolari ad esordio più tardivo, come la distrofia di Becker o le disferlinopatie, che soprattutto in
età infanto-giovanile possono manifestarsi con la sola iperCKemia; lo stato di portatrice di distrofinopatia, soprattutto nelle giovani donne in età fertile per le evidenti ricadute sulle future gravidanze;
la glicogenosi di tipo II o malattia di Pompe, che è ora possibile trattare precocemente con la terapia
enzimatica sostitutiva; e, non ultimo, l’aumentato rischio di ipertermia maligna. Il riscontro persistente di valori elevati di CK, anche se moderato e in assenza di segni o sintomi deve pertanto essere
oggetto di una attenta valutazione in ogni singolo caso. Per facilitare il lavoro di screening già a
livello del medico di base, è disponibile un percorso diagnostico pubblicato dal Gruppo di Studio
dell’AIM (Morandi et al, Neurol Sci 2006); dopo un primo livello di approfondimento, il paziente
può essere inviato a un Ambulatorio per le Malattie Neuromuscolari per l’ulteriore valutazione. Gli
accertamenti di secondo livello (es., esami biochimici mirati, test da sforzo) o di terzo livello (es.,
biopsia muscolare, analisi genetica) vanno infatti scelti per ciascun paziente a seconda dei valori di
CK, dell’età e del sesso del paziente, la sua storia familiare, e non ultimo la presenza di segni clinici
minimi ma significativi per specifiche patologie. Vengono presentati e discussi tre casi in un differente contesto clinico, con discussione dei pro e dei contro di un approccio diagnostico più o meno
aggressivo e nella considerazione di un ragionevole rapporto costi-beneficio.
BIBLIOGRAFIA
1. Morandi L et al: High plasma creatine kinase: review of the literature and proposal for a diagnostic algorithm Neurol Sci, 2006, 27(5):303-11.
47
Congresso Nazionale
CONTROVERSIE IN NEUROFISIOLOGIA: SONO UTILI I POTENZIALI EVOCATI
NELLA DIAGNOSI DELLA MIELOPATIA CERVICALE SPONDILOARTROSICA?
S. Amadio
Ospedale San Raffaele di Milano
La mielopatia cervicale spondiloartrosica (MSC) è la complicanza più disabilitante della spondiloartrosi cervicale. La MSC ha una patogenesi mista, legata in parte a stenosi congenita del canale
cervicale, a compressione meccanica diretta sul midollo spinale dovuta alla spondilosi cervicale, o
ad ischemia. È soprattutto quest’ultima che sembra determinante nella trasformazione di una compressione in una vera e propria mielopatia (1, 2).
La diagnosi si basa sulla clinica e sull’imaging, che si identifica sostanzialmente con la risonanza
magnetica, che è in grado di dimostra non solo la compressione ma anche la vera e propria mielopatia, di solito sotto forma di un un’iperintensità intramidollare nelle sequenze pesate in T2. Il significato delle alterazioni MRI non è ancora completamente definito: se da un lato la sensibilità diagnostica
nella MSC non è paragonabile a quella della patologia cerebrale (3), dall’altro non è infrequente il
riscontro di compressioni midollari del tutto asintomatiche (4). Vi sono quindi forme di MSC che si
collocano in posizione intermedia tra quelle definite sulla base di chiari criteri clinici e radiologici,
e tra quelle asintomatiche, in cui un esame radiologico eseguito per un’altra indicazione, di solito
per una sintomatologia radicolare, evidenzia in maniera occasionale una compressione asintomatica
del midollo, che è cosa ben diversa da una vera mielopatia. In queste forme, in cui l’indicazione ad
una chirurgia tutt’altro che scevra da rischi (5) non è certa, la disponibilità di metodiche strumentali
di supporto alla diagnosi clinica e radiologica di MSC è potenzialmente di grande utilità.
Sin dagli anni ‘90 (6-9) e più di recente (13, 14) vi sono state numerose segnalazioni sull’impiego
dei potenziali evocati nella diagnosi della MSC. In generale, i potenziali evocati motori (MEP)
hanno dimostrato una maggiore sensibilità rispetto ai potenziali evocati somato-sensoriali (SSEP)
nella diagnosi della MSC (4). Le alterazioni dei MEP sono state riscontrate con eguale frequenza sia
agli arti superiori (10, 11), sia agli inferiori in alcuni studi, mentre sono risultate più frequenti agli
arti superiori in altri (12).
La maggiore sensibilità diagnostica dei MEP sui SSEP (4,12) dipende sia da fattori intrinseci alla
fisiopatologia della MSC, sia dai presupposti tecnici delle due metodiche. La MSC, infatti, sia da
compressione diretta, sia mediata dal danno ischemico da compressione sull’arteria spinale anteriore danneggia con maggiore frequenza e precocità i cordoni midollari anteriori e laterali, dove sono
collocati i sistemi cortico-spinali e spino-talamici. Poiché, com’è noto, le modalità di esecuzione
dei SSEP nella routine di un laboratorio di neurofisiologia clinica determina la stimolazione di fibre
sensitive di grosso calibro, questa metodica consente l’esplorazione funzionale dei cordoni midollari
dorsali, che sono solitamente meno esposti al danno proprio della MSC.
I potenziali evocati hanno dimostrato la loro utilità ai fini prognostici. Sono state segnalate ridotte
ampiezze del MEP nella fase pre-sintomatica della MSC (15). Un altro studio ha dimostrato il valore
del MEP come fattore predittivo di una MSC in pazienti con compressione midollare asintomatica
evidente alla MRI: in un periodo di 2 anni, i segni clinici di MSC sono comparsi nei pazienti con
alterazioni dei SSEP e dei MEP, mentre nessuno dei pazienti con normalità dei potenziali evocati
ha sviluppato segni clinici di malattia (16). Uno studio successivo su un gruppo di 66 pazienti con
quadro MRI di compressione midollare asintomatica ha documentato l’associazione di alterazione
dei SSEP e lo sviluppo di una MSC nei successivi 2 anni (17).
48
DOLORE VISCERALE
Vi sono poi degli studi che hanno specificamente focalizzato l’attenzione sulle correlazioni tra i
potenziali evocati ed il decorso clinico post-operatorio dopo decompressione del midollo spinale.
In una serie di 18 pazienti è stato osservato un miglioramento del MEP post-operatorio (18). Uno
studio più recente ha concluso che un precoce recupero delle latenze dei SSEP corticali era correlato
con un migliore recupero post-operatorio della disabilità (19). Un ulteriore studio ha dimostrato che
il SSEP del mediano, in particolare l’intertempo N9-N20 era corralato con l’outcome chirurgico (
12).
Sembra quindi di poter concludere che ci sia ampio spazio per un impiego di routine, o, viceversa,
mirato su specifici aspetti, nella MSC. Tuttavia, l’impiego dei potenziali evocati da parte dei chirurghi è ancora piuttosto limitato e ben di rado si può affermare che i potenziali evocati contribuiscano
a modificare la gestione della MSC.
Una recente revisione sistematica della letteratura sulla MSC (20), impiegando criteri di medicina
basata sull’evidenza per valutare se fattori clinici o strumentali possano predire la prognosi chirurgica dell’intervento de compressivo, ha portato a formular alcune raccomandazioni che solo collateralmente includono i potenziali evocati. In particolare, si raccomanda l’esecuzione dei SSEP preoperatori possa essere preso in considerazione per fornire informazioni di tipo prognostico in pazienti
selezionati, nei quali l’esame clinico non sia chiaro, e solo nel caso che questo possa potenzialmente
modificare le opzioni di trattamento (qualità dell’evidenza: classe II). Nello stesso studio vengono
individuati i principali limiti degli studi precedenti, che vengono così sintetizzati: 1) la maggioranza
degli studi è di tipo retrospettivo, o con un limitato numero di pazienti 2) spesso le misure di outcome non sono sufficientemente validate 3) i metodi sono scarsamente standardizzati.
Non vi è dubbio che, rispetto alle potenzialità diagnostiche, prognostiche e di monitoraggio degli
effetti della terapia di metodiche che esplorano in maniera selettiva le vie lunghe motorie e somatosensoriali, i risultati siano relativamente scarsi. Sono ancora rare le circostanze in cui il chirurgo
formi la propria opinione sull’indicazione all’intervento chirurgico sulla base dei risultati dei potenziali evocati, sia pure in aggiunta ai dati clinici e radiologici. E’auspicabile che futuri studi, che
siano in grado di emendare le limitazioni esposte in precedenza, possano consentire un impiego dei
potenziali evocati nella MSC più soddisfacente di quello attuale.
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50
DOLORE VISCERALE
E’ UTILE L’EEG NELLE CEFALEE? PRO E CONTRO
G. Rubboli
U.O. Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Bellaria, Bologna
PRO
In linea generale, non vi sono evidenze che indichino che l’EEG sia un’indagine necessaria nel
processo diagnostico delle cefalee. Fatta questa premessa, va tuttavia tenuto presente come varie
evidenze suggeriscano legami fra la cefalea emicranica e l’epilessia, condizione quest’ultima in cui
l’EEG riveste ancora un ruolo cruciale nel processo diagnostico. Studi epidemiologici suggeriscono
che la prevalenza di emicrania tra pazienti con epilessia sia consistentemente più elevata (Stevenson, 2006; Yamane et al., 2004); d’altra parte anche la prevalenza dell’epilessia in pazienti affetti
da emicrania sembra essere più elevata rispetto a quella della popolazione generale; è possibile che
questa associazione sia limitata ad alcuni tipi di emicrania, ad esempio una associazione rilevante
è stata dimostrata fra l’emicrania con aura e l’epilessia. Sulla base delle conoscenze attuali, la relazione e l’alto grado di comorbidità tra emicrania ed epilessia viene spiegato ammettendo una genesi
multifattoriale in cui coesistono fattori genetici ed ambientali (Andermann, 2000). Un altro aspetto
che va considerato è l’evidenza che non infrequentemente una crisi epilettica possa essere seguita
da cefalea (una cefalea peri-ictale in relazione ad un crisi epilettica viene segnalata in percentuali
che variano dal 34 al 58% a seconda degli studi); in rari casi addirittura le cefalea è un sintomo della
crisi epilettica (Maggioni et al., 2008). Inoltre, è possibile anche il meccanismo opposto, e cioè che
l’episodio emicranico sia associato a meccanismi fisiopatologici che abbassano la soglia convulsiva,
facilitando pertanto il verificarsi di una crisi epilettica. In particolare, il fenomeno della “cortical
spreading depression” durante l’episodio emicranico sembra determinare una situazione di ipereccitabilità neuronale che potrebbe aumentare la suscettibilità ad un episodio comiziale. Quest’ultimo
fenomeno può essere preso in considerazione nella situazione descritta come “migralepsy”, con la
quale si definisce un episodio di emicrania con aura e di crisi epilettica che si verifichi entro un’ora
dall’aura emicranica (International Headache Society, 2004). Questa condizione sembra comunque
essere rara: infatti una revisione recente della letteratura avrebbe individuato non più di 50 casi,
alcuni dei quali descritti in maniera alquanto approssimativa, e per i quali non è possibile escludere
che l’iniziale sintomatologia emicranica non sia anch’essa già parte dell’episodio epilettico. In tali
situazioni la diagnosi differenziale dal punto di vista clinico può essere difficoltosa, mentre l’apporto
dell’EEG soprattutto in fase critica può risultare fondamentale (Marks and Ehrenberg, 1993; Sances
et al., 2009).
Pertanto, se è vero che nel processo diagnostico di inquadramento di una cefalea, l’EEG non riveste
un ruolo essenziale, esistono tuttavia condizioni in cui l’EEG può rivestire un ruolo cruciale, vale a
dire nella diagnosi differenziale fra alcuni quadri di tipo emicranico ed eventi di natura comiziale, od
addirittura quando è necessario valutare la possibile coesistenza, nello stesso episodio di fenomeni
sia di tipo emicranico che di tipo epilettico.
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52
DOLORE VISCERALE
E’ UTILE L’EEG NELLE CEFALEE? PRO E CONTRO
M. De Tommaso
Neurofisiopatologia del Dolore, Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Università
di Bari Aldo Moro. Padiglione delle Cliniche Neurologiche, Policlinico, Bari
CONTRO
La diagnosi delle cefalee primarie è supportata da criteri classificativi riveduti nel 2004. Essi stabiliscono con accuratezza facilmente applicabile alla clinica le caratteristiche dei sintomi, la loro
concomitanza e la loro durata, elementi che configurano da soli la diagnosi, senza necessità di
ulteriori approfondimenti strumentali (Kelman, 2005). Infatti, il soddisfacimento del criterio diagnostico anamnestico, esclude con sufficiente attendibilità l’ipotesi di secondarietà, eventualmente
anche supportata dalla negatività dell’esame obiettivo. Inoltre, l’approccio clinico attualmente più
accreditato di tali sindromi dolorose tende ad accertarne la frequenza e il rischio di cronicità, più che
a discriminare la tendenza alla loro sporadica occorrenza, peraltro frequentissima nella popolazione
generale.
La frequente osservazione di anomalie EEG nella fase intercritica e soprattutto critica dell’emicrania
ha indotto in passato a ritenere che l’EEG potesse essere di qualche utilità nello screening diagnostico dell’emicrania. Tuttavia la revisione degli studi controllati, ha portato ad osservare come la
presenza di attività lente e anomalie parossistiche isolate descritte nei pazienti con emicrania con
e senza aura nella fase intercritica , sia presente in percentuale non significativamente maggiore
rispetto alla popolazione di controllo non emicranica (Sand, 2003). Nella cefalea tensiva, non sono
invece state descritte anomalie EEG rilevanti (Sand, 2003). Più costanti appaiono le anomalie EEG
nella fase critica e soprattutto nel corso dell’aura emicranica, evenienze peraltro facilmente riconoscibili e non meritevoli di approccio diagnostico strumentale. Durante l’aura visiva, vengono descritte con maggiore frequenza attività lente o depressione diffusa del ritmo di fondo, e quadri EEG
chiaramente anomali sono descritti nel corso dell’aura emiplegica e nella fase critica dell’emicrania
basilare accompagnata da disturbo di coscienza (Camp e Wolff, 1961; Gastaut et al, 1967; Lauritzen
et al, 1981). Anche nei bambini l ‘aura emicranica si accompagna ad anomalie EEG ( De Carlo et
al, 1999).
Una ulteriore ipotesi applicativa dell’EEG alla diagnosi di emicrania, ha riguardato l’analisi quantitativa dei ritmi EEG. Anche in questo caso, non sono emerse differenze significative rispetto alla popolazione di controllo (Sand et al, 2003), sebbene anomalie del ritmo alfa consistenti in un aumento
dell’asimmetria siano emerse nel corso dell’attacco di emicrania senza aura, suggestivi di fenomeni
neuronali latenti a tipo “spreading depression” (de Tommaso et al, 1999). L’applicazione di metodiche elettroencefalografiche ha contribuito soprattutto allo studio dei meccanismi fisiopatogenetici
dell’emicrania, ed in particolare dei fenomeni di alterata eccitabilità neuronale predisponenti all’attacco. Un contributo alla conoscenza dei fenomeni neuronali predisponenti all’emicrania, è stato
fornito dallo studio del trascinamento del ritmo EEG indotto dalla stimolazione luminosa intermittente. Gli studi pionieristici di Golla e Winter (1959), descrissero la presenza negli emicranici di un
trascinamento fotico a frequenze intorno ai 20 Hz, raro nei soggetti non emicranici. Tale fenomeno è
piuttosto aspecifico, e presente in altre situazioni, ad es. il trauma cranico, ove potrebbero verificarsi
modificazioni dell’eccitabilità neuronale analoghe a quelle dell’emicrania. (Sand et al, 2003). Questo pattern non avrebbe inoltre specificità diagnostica rispetto alla cefalea di tipo tensivo, per una
possibile base fisiopatogenetica comune o per la frequente concomitanza delle due forme di cefalea
53
Congresso Nazionale
nello stesso paziente. (de Tommaso et al, 1999). Più recentemente l’applicazione di metodi di analisi
non lineare, ha consentito di evidenziare un pattern molto stabile nell’emicrania rispetto ai soggetti
non emicranici, consistente in una sincronizzazione del ritmo alfa indotta da stimolazione luminosa
intermittente, rispetto ad un opposto pattern di desincronizzazione evidente nel gruppo di controllo. (Angelini et al, 2004). Tale pattern è attualmente studiato al fine di chiarire le caratteristiche
dell’eccitabilità corticale come fenomeno predisponente all’occorrenza dei sintomi emicranici (de
Tommaso et al, 2007), piuttosto che a scopo diagnostico, per il quale la tendenza ormai consolidatasi
è quella di attenersi ai soli criteri dell’IHCD-II (2004), senza ulteriore aggravio di esami strumentali
(Sandrini et al, 2004, Rossi et al, 2009).
Attualmente pertanto vengono ritenute valide e largamente applicate le linee guida dell’ AAN (Rosemberg et al, 2005 ), ribadite dalla task force europea (Sandrini et al, 2004; Rossi et al, 2009), che
limitano l’utilità clinica dello studio EEG ai pazienti con concomitanza di sintomi di tipo emicranico
ed epilettico.
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55
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
NEUROFISIOLOGIA E
MATURAZIONE DEL SNC E SNP
Moderatori:
P. Balestri (Siena),
V. Di Lazzaro (Roma)
Congresso Nazionale
58
NEUROFISIOLOGIA E MATURAZIONE DEL SNC E SNP
LA NEUROFISIOLOGIA CLINICA: ESPLORAZIONE IN VIVO DELLE FASI PRECOCI
DELLO SVILUPPO CEREBRALE
A. Suppiej
Unità di Neurologia e Neurofisiologia Clinica Dipartimento di Pediatria, Università- Azienda
Ospedaliera-Padova
Il periodo più importante per lo sviluppo cerebrale si situa fra la 20 settimana di gestazione ed
il primo mese di vita. Esso corrisponde allo sviluppo dei complessi circuiti cortico-sottocorticali
modulati dalle afferenze talamo-corticali e dalle loro connessioni col piatto sottocorticale, a loro
volta attivate dagli stimoli sensoriali (Kostovic et al, 2006). Recenti evidenze suggeriscono che
le metodiche neurofisiologiche possono essere utilizzate per studiare in vivo le fasi precoci dello
sviluppo cerebrale in condizioni di normalità e patologia. Le tecniche di neuroimaging fetale hanno
documentato importanti modificazioni anatomiche (Judas et al., 1995) delle vie afferenti e la presenza di strutture laminari transienti che possono essere implicate nei fenomeni elettrici registrabili con
l’EEG ed i potenziali evocati (Vanhatalo et al., 1973; Suppiej, 2007).
I potenziali evocati possono essere registrati anche in terapia intensiva neonatale, come l’EEG, al
letto del paziente in breve tempo e con minima manipolazione e possono essere considerate tecniche
non invasive anche nei nati pretermine (Pressler et al., 2003; Suppiej 2007). Le risposte corticali
registrate prima delle 36 settimane gestazionali sono prevalentemente negative e di polarità opposta
a quelle che si registrano nel nato a termine (Weitzman and Graziani, 1968; Rotteveel et al., 1987;
Kurtzberg et al., 1984; Novak et al., 1989; Wunderlich et al., 2006;). È stato ipotizzato che questa
inversione di polarità osservata nelle risposte uditive, visive e somestesiche, rifletta la transiente
organizzazione della corteccia in via di sviluppo nello stadio in cui coesistono il transiente piatto
sottocorticale e quello corticale.
Le conoscenze sullo sviluppo normale delle risposte corticali evocate e sui fenomeni che ne sono
alla base ha aperto il campo allo studio del loro ruolo clinico. È stato recentemente documentato il
ruolo dei potenziali evocati somatosensoriali nella prognosi a distanza dell’encefalopatia neonatale
(Suppiej et al., 2010). Inoltre il diverso grado di prematurità sembrerebbe influenzare lo sviluppo dei
potenziali evocati uditivi evento-correlati (Bisiacchi et al., 2009; Mento et al.,2010) e studi in corso
sembrano suggerire una relazione con alcuni indicatori clinici di patologia (Suppiej et al., submitted).Inoltre la cosiddetta “fetal programming hypothesis” suggerisce che i meccanismi che consentono l’adattamento fetale alle condizioni di crescita sub-ottimali e quindi la sopravvivenza fetale,
sono in grado di modificare permanentemente struttura e funzione di organi ed apparati aumentando
il rischio di patologie cardiovascolari e metaboliche nell’età adulta (Ross et al, 2008). L’interferenza
di tali fenomeni di con lo sviluppo cerebrale potrebbe essere implicata in diverse patologie neuropsichiatriche anche dell’età adulta in cui viene riconosciuta una alterazione della programmazione
cellulare. L’interesse delle metodiche neurofisiologiche per lo studio in vivo delle fasi precoci dello
sviluppo cerebrale risulta rilevante perciò a tutte le età della vita.
59
Congresso Nazionale
MATURAZIONE E RIORGANIZZAZIONE
SENSORI-MOTORIO
POSTLESIONALE
DEL
SISTEMA
G. Cioni
Dipartimento Neuroscienze Età Evolutiva, IRCCS Stella Maris e Università di Pisa
Quando una lesione cerebrale si verifica nel periodo prenatale, perinatale o nei primi mesi di vita
e coinvolge il sistema motorio, i meccanismi di plasticità neuronale dovrebbero essere capaci di
portare al recupero dei movimenti volontari, ristabilendo un adeguato impulso corticale ai neuroni
motori spinali e gli intra-neuroni. Sono due i principali meccanismi in grado di ristabilire una riconnessione efficace della corteccia motoria con i motoneuroni spinali in caso di lesione cerebrale. Il
primo coinvolge una riorganizzazione della corteccia ipsilaterale alla lesione, all’interno della corteccia motoria primaria o nelle aree motorie non primarie. Il secondo meccanismo è specifico per le
lesioni che avvengono durante le prime fasi dello sviluppo. È basato sull’esistenza, durante le prime
settimane di vita, di proiezioni motorie bilaterali che si generano nelle aree motorie primarie, le quali
connettono ogni emisfero con entrambi i lati del corpo. Queste fibre generalmente si ritirano durante
lo sviluppo, ma possono permanere in caso di danno cerebrale, dando adito ad una riorganizzazione
controlesionale della funzione motoria, esclusiva della prima fase del danno cerebrale.
L’applicazione della risonanza magnetica funzionale (fMRI) può fornire informazioni rilevanti sul
tipo di riorganizzazione che avviene in ogni paziente. Tuttavia deve essere integrata con tecniche
che forniscano un’alta risoluzione temporale come la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS),
per documentare l’esistenza di connessioni corticospinali mono-sinaptiche. La TMS può documentare che in molti soggetti con una lesione della corteccia motoria in fase iniziale persiste nell’emisfero sano una significativa innervazione corticospinale bilaterale del pool dei motoneuroni spinali. In
questi soggetti l’attivazione della corteccia motoria intatta suscita risposte rilevanti sia nei muscoli
ipsi e contro laterali, con simili latenza e soglia.
Ma quali sono le conseguenze dell’aver trovato questo tipo specifico di riorganizzazione motoria
dopo un danno cerebrale precoce? Abbiamo recentemente fornito alcune evidenze cliniche, indicando come questo modello di riorganizzazione sensorimotoria (riorganizzazione controlesionale) sia già determinato durante il primo anno di vita, e possibilmente persino entro i primi pochi
mesi. Questa non è una mera conseguenza della gravità e della sede della lesione, ma è fortemente
influenzata dall’esperienza che segue il danno, nel senso della complessa interazione tra l’output
motorio residuo dall’emisfero affetto e il feedback somatosensoriale dall’arto affetto (ipotesi dell’
”ambliopia del sistema corticospinale”). Se questa ipotesi dovesse essere confermata, dovrebbe essere fortemente enfatizzata l’importanza di una iniziale finestra temporale (primi mesi di vita) per
l’intervento terapeutico. Questo è vero soprattutto quando si considera che i bambini con riorganizzazione controlesionale, con l’emisfero sano che controlla direttamente ambedue le mani, raggiunge
livelli più bassi di performance motoria della mano, rendendo potenzialmente maladattivo questo
modello di riorganizzazione.
Le lesioni cerebrali che interessano il sistema motorio spesso coinvolgono anche il sistema sensorio
e possono condurre ad un deficit funzionale di differente gravità. Queste funzioni possono essere
studiate in vivo con tecniche come i potenziali evocati somatosensoriali, la magnetoencefalografia e la fMRI con tasks sensoriali. Con questi metodologie è stato recentemente dimostrato che, a
differenza del sistema motorio, la riorganizzazione intra-emisferica (ipsilesionale) della funzione
sensoriale primaria è il principale, se non l’esclusivo, meccanismo dopo danno cerebrale del sistema
60
NEUROFISIOLOGIA E MATURAZIONE DEL SNC E SNP
sensorio, persino quando avviene durante le prime fasi dello sviluppo.
I meccanismi alla base di questo fenomeno non sono pienamente compresi, ma due elementi sembrano avere un speciale ruolo. Il primo è la mancanza di un substrato per la riorganizzazione controlesionale, persino nelle prime fasi dello sviluppo, al contrario di ciò che accade per il sistema
motorio. Il secondo è la possibilità che le fibre talamo-corticali, almeno per alcuni tipi di lesioni
iniziali, si stiano ancora sviluppando quando avviene la lesione, permettendo in questo modo un
effettivo by-pass della lesione e riconnessione con la corteccia sensoria.
È di grande interesse il fatto che il differente potenziale riorganizzativo del sistema sensoriale e di
quello motorio portino, in molti casi, ad una dissociazione intra-emisferica di queste funzioni, con
il primo riorganizzato nell’emisfero affetto e il secondo spostato controlateralmente. Alcune prove
sembrano supportare l’ipotesi che tale dissociazione potrebbe determinare alcuni deficits funzionali
nei compiti che richiedono una forte integrazione sensori-motoria (come la stereognosia).
Alla luce di questi risultati, il target specifico di un intervento terapeutico iniziale dovrebbe essere
l’attivazione della corteccia sensori-motoria dell’emisfero affetto, per aumentare la capacità competitiva del sistema corticospinale danneggiato durante lo sviluppo e mitigare, in questo modo, le
conseguenze della lesione sull’outcome motorio.
BIBLIOGRAFIA
1. Eyre JA, Smith M, Dabydeen L, Clowry GJ, Petacchi E, Battini R, Guzzetta A, Cioni G. Is
hemiplegic cerebral palsy equivalent to amblyopia of the corticospinal system? Ann Neurol.
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the somatosensory system after early brain damage. Clin Neurophysiol. 2007 May;118(5):111021.
61
Congresso Nazionale
LA MATURAZIONE DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO
(SNP)
LA MATURAZIONE
DEL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO (SNP)
S. Lori S. Lori
SOD Neurofisiopatologia
– DAI Neuroscienze,
Azienda Ospedaliero-Universitaria
SOD Neurofisiopatologia
– DAI Neuroscienze,
Azienda Ospedaliero-Universitaria
Careggi – FiCareggi – Firenze
renze
Lo sviluppo
del SNP del
inizia
giàinizia
versogià
la III-IV
settimana
di vita intrauterina
(i.u.): i neuroni
Lo sviluppo
SNP
verso la
III-IV settimana
di vita intrauterina
(i.u.): i dello
strato mantellare
neurale
si organizzano
due colonne
ventrali motorie
in
neuroni del
dellotubo
strato
mantellare
del tuboinneurale
si organizzano
in due (BASALI),
colonne
due colonne
dorsali
sensitive
(ALARI) in
e indue
duecolonne
colonnedorsali
intermediolaterali.
Circa al e30°
ventrali
motorie
(BASALI),
sensitive (ALARI)
in giorno
due i.u.
Circa somatici
al 30° giorno
i.u. emergono
primi
daidando
emergonocolonne
i primi intermediolaterali.
assoni dai motoneuroni
delle colonne
ventralii del
tuboassoni
neurale
motoneuroni
somatici
delle
colonne
ventrali
del tubo
dando
origine alla
radice anteriore,
della
quale
entrano
a far parte
ancheneurale
gli assoni
dei origine
neuroni alla
del sisteradicelocalizzati
anteriore,nelle
dellacolonne
quale entrano
a far parteQuando
anche gli
assonidella
dei radice
neuronianteriore
del
ma autonomo
intermediolaterali.
l’assone
si
sistema
autonomo
localizzati
nelle
colonne
intermediolaterali.
Quando
l’assone
della
avvicina al ganglio della radice posteriore corrispondente, cominciano ad emergere gli assoni dai
radice anteriore si avvicina al ganglio della radice posteriore corrispondente,
neuroni gangliari.
cominciano
ad emergere
gli assoni
daida
neuroni
gangliari.
La complessa
migrazione
della cresta
neurale
origine
anche al precursore delle cellule di Schwann, che differenziate in cellule mielinizzanti iniziano a produrre dal 20° giorno i.u. fattori autocrini: sostanze trofiche quali IGF (insuline-like growth factor), PDGF (platelet-derived growth factor),
neurotrofina 3 e sostanze chemiotattiche come le laminine.
Le endoteline, fattori neuronali, contribuiscono alla sua sopravvivenza e maturazione.
62
NEUROFISIOLOGIA E MATURAZIONE DEL SNC E SNP
La mielinizzazione inizia intorno alla 15° settimana di gestazione a livello delle radici anteriori
motorie e successivamente a livello delle radici posteriori sensitive, completandosi nella vita extrauterina intorno ai 5 anni di età.
La maturazione mielinica sembra avere un andamento caudo-craniale, ovvero valori di conduzione
simili all’adulto vengono raggiunti prima dai nervi degli arti inferiori (2-3 anni) e poi dai nervi degli
arti superiori (4-5 anni).
La conduzione nervosa è espressione funzionale della variazione del diametro delle fibre, della
distanza internodale e dello spessore della guaina mielinica. Tali rapporti sono molto importanti durante la maturazione. Esiste infatti una relazione lineare fra la diametro esterno della fibra e velocità
di conduzione, detta Fattore di conversione: nelle fibre di grosso diametro è circa 5-6 m/s/per μ di
diametro, la VCM aumenta anche quando il rapporto g (diametro dell’assone/diametro della fibra)
è circa 0,6-0,7.
Alla nascita il n. surale presenta il diametro maggiore fra tutti i nervi e corrisponde a circa la metà
di quello dell’adulto.
Alla fine del I anno di vita il 35 % delle fibre presenta un diametro ≥ 8 μ .
La velocità di conduzione è maggiore con l’ aumento della distanza internodale; tale distanza è
proporzionale al diametro della fibra ed è ottimale se è compresa fra 100 e 200 μ .
NEONATO A TERMINE
La Velocità di Conduzione Motoria (VCM) è indipendente dal peso alla nascita, dal ridotto accrescimento vita i.u. e dalla gemellarità, è invece in relazione con l’età concezionale, con un incremento
di 0,8 m/sec/settimana
Il neonato presenta una VCM di circa il 50% rispetto a quella dell’adulto; ai 12 mesi i nervi SPE e
SPI ed ai 24 mesi il nervo mediano raggiungono i limiti inferiori di normalità dell’adulto.
La Latenza Motoria Distale (LMD) ha un particolare andamento legato al rapporto fra maturazione
della mielina-assone e crescita somatica: inizialmente elevata per la scarsa mielinizzazione si riduce
durante il I anno per la maturazione delle fibre, rimane costante dai 12-24 mesi per il bilanciamento
fra maturazione delle fibre e incremento altezza-lunghezza, per poi tendere ad aumentare per incremento della crescita somatica (altezza-lunghezza).
Già a 12 mesi la LMD del n.mediano è maggiore di quella del n.ulnare
Il Potenziale di Azione Motorio (cMAP) presenta una grande variabilità durante la maturazione della conduzione nervosa (ampiezza e durata sono inferiori a quelle dell’adulto); nel neonato il valore
è 1/3 dei valori dell’adulto, che sono raggiunti nella prima decade di vita. La morfologia è bifasica
(pos-neg, con > fase neg) con eccezione dell’eminenza ipothenar che può presentare uno sdoppiamento del picco negativo.
L’Onda F come per la LMD anche tale onda risente del rapporto maturazione-crescita somatica: nel
I anno di vita si ha una diminuzione delle latenze che coincide con il periodo di massimo incremento
della VCM, che supera l’influenza dell’accrescimento.
Per i primi 3 anni la latenza rimane stabile, poi cresce in modo lineare con la VCM ed è proporzionale all’incremento della lunghezza degli arti e alla maturazione della VCM .
La Velocità di Conduzione Sensitiva (VCS)
Nel neonato a termine il valore della VCS è circa il 50% dell’adulto. Nel I anno di vita l’ incremento
è più lento, poi fra i 3 ed i 5 anni i valori dell’età adulta.
Il Potenziale di Azione Sensitivo nel neonato a termine ha un’ampiezza di circa il 30% rispetto a
quella dell’adulto, valore che raggiungerà intorno ai 2 anni di vita.
63
Congresso Nazionale
PREMATURO
Esistono pochi dati neurofisiologici sulla maturazione del SNP nel pretermine. Smit, circa 10 anni
fa, in uno studio longitudinale in neonati pretermine di 28-30 settimane ha riportato che la velocità
di conduzione motoria è chiaramente collegata all’età post-mestruale. La VCM del nervo tibiale
posteriore incrementava dalla nascita al 6° mese di età corretta da 11 a 37 m/s e da 13 a 44 m/s per
il nervo ulnare, seppur con lieve ritardo nelle prime due settimane. La VCS dalla 33° alla 43° settimana postconcezionale passa da valori intorno 17 a 25 m/sec.
È invece necessario porre l’attenzione sullo studio neurofisiologico del SNP data la sempre più
frequente nascita di soggetti pretermine, anche fortemente prematuri (<28°), la cui sopravvivenza è molto elevata grazie all’alta specialità delle Terapie Intensive Neonatali negli ultimi anni. La
raccolta di dati “basali normativi” della conduzione nervosa è opportuna per una più approfondita
conoscenza degli aspetti maturativi e per un miglior approccio prognostico del neonato prematuro.
Di seguito sono riportate le tabelle dei dati normativi del Nostro Laboratorio di Neurofisiopatologia
raccolti su soggetti “sani” (in collaborazione con AOU Meyer-Firenze) in età pediatrica dal neonato
a termine fino ai 18 anni. Sono in elaborazione i dati raccolti in soggetti pretermine al di sotto delle
28° settimane (in collaborazione con la TIN dell’AOU di Careggi).
Tabella dei valori normativi: SPE e SPI
ETA’
1-3
4-6
7-9
10-18
ETA’
0-<1
1-3
4-6
7-9
10-18
Nervo
SPE
SPE
SPE
SPE
Nervo
SPI
SPI
SPI
SPI
SPI
LD msec
2,14 ±0,34
2,76 ±0,70
3,67 ±0,41
4,08 ±0,63
LDm
2,20 ±0,42
2,57 ±0,40
3,20 ±0,49
3,68 ±0,66
4,42 ±0,77
LP msec
5,48 ±0,57
6,70 ±0,70
8,50 ±0,74
10,42±0,99
LPm
5,29 ±0,49
5,85 ±0,58
7,93 ±0,89
9,68 ±0,84
12,29±1,16
cMAPd mV
3,6 ±1,55
5,19 ±1,73
6,29 ±2,55
6,84 ±1,75
cMAPd mV
10,42 ±3,2
11,84 ±3,01
11,47 ±4,63
12,29 ±2,05
15,80 ±3,48
cMAPp mV
3,38 ±1,25
5,15 ±1,66
5,91 ±2,15
6,01 ±1,53
cMAPp mV
8,82 ±2,34
10,04 ±3,12
10,08 ±3,99
10,95 ±2,44
10,68 ±2,47
VCM m/s
48,10±5,77
54,61±1,66
55,50±4,54
50,70±3,67
VCM m/s
38,13 ±5,3
50,54±4,99
50,78±6,41
49,78±4,13
46,48±3,36
F ms
24,12 ±1,56
29,15 ±1,97
32,17 ±3,76
42,00 ±3,94
F ms
----24,8±2,32
30,02±2,65
35,3±1,72
44,44±5,66
ELABORAZIONE SU: 17 NERVI:0 -<1anni; 60 NERVI SPE 1-3/4-6 anni; 130 NERVI 7-9/10-18
anni
Tabella dei valori normativi: SURALE e PLANTARE MEDIALE*
ETA’
0-<1
1-3
4-6
7-9
10-18
NERVO
PLANTARE MEDIALE
SURALE
SURALE
SURALE
SURALE
LDm msec
1,92 ±0,17
1,63 ±0,45
1,71 ±0,28
2,25 ±0,32
2,71 ±0,34
SNAP uV
9,02 ±4,92
17,06 ±8,52
18,32 ±8,75
17,25 ±6,27
16,15 ±5,42
VCS m/s
40,26 ±5,58
46,70 ±5,11
51,35 ±5,44
52,54 ±6,29
50,65 ±4,15
ELABORAZIONE SU: 17 NERVI 0 -<1 anni; 40 NERVI 1-3 anni; 80 NERVI. 4-6/7-9/10-18 anni
64
NEUROFISIOLOGIA E MATURAZIONE DEL SNC E SNP
Tabella dei valori normativi: MEDIANO MOTORIO
ETA’
NERVO
LDm msec
LPm msec
cMAPd mV
cMAPpmV
VCM m/s
0-<1
MED
2,03 ±0,25
4,26 ±0,19
6,68 ±0,90
5,68 ±1,67
39,43 ±3,39
1-3
MED
2,01 ±0,23
4,19 ±0,34
8,97 ±1,86
8,16 ±1,86
54,09 ±6,19
4-6
MED
2,36 ±0,22
4,78 ±0,44
8,02 ±2,88
7,04 ±2,01
56,38 ±6,03
7-9
MED
2,52 ±0,39
5,79 ±0,52
9,75 ±3,92
9,21 ±3,95
55,99 ±6,96
10-18
MED
3,01 ±0,42
6,09±0,75
11,14 ±2,33
10,46 ±2,34
56,81 ±4,87
Tabella dei valori normativi:MEDIANO SENSITIVO*
ETA’
NERVO
LDm
SNAP uV
VCS m/s
1-3
MED
1,45 ±0,18
43,47 ±12,07
52,84±3,62
4-6
MED
1,73 ±0,15
32,07 ±13,07
52,25±3,90
7-9
10-18
MED
MED
2,04 ±0,22
2,35 ±0,24
32,64 ±12,78
32,17 ±12,93
52,78±6,58
54,19±4,46
0-<1
MED
1,06 ±0,46
27,28 ±10,57
38,36±9,36
ELABORAZIONE SU 16 NERVI:0 -<1 anni; 45 NERVI 1-3 anni; 84 NERVI 4-6/7-9-10-18 anni
*Tecnica Antidromica
BIBLIOGRAFIA
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65
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
NEUROFISIOLOGIA
DELL’EMICRANIA
Moderatori:
G. Cruccu (Roma),F. Pinto (Firenze)
Congresso Nazionale
68
NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA
LO STUDIO DELLA SINGOLA FIBRA NELL’EMICRANIA
A. Ambrosini
Centro per lo Studio e la Cura delle Cefalee, INM Neuromed, IRCCS, Pozzilli (Isernia)
L’elettromiografia a Singola Fibra (SFEMG) è la tecnica meno invasiva attualmente in uso per la
valutazione, in soggetti umani, della funzionalità della giunzione neuromuscolare in vivo.
Sebbene non sembri esserci alcuna ragione per ipotizzare un’alterazione della trasmissione neuromuscolare nei pazienti emicranici, alcuni studi pilota, negli ultimi dieci anni, ne hanno dimostrato
la presenza, in forma subclinica, in alcuni sottogruppi di pazienti, proprio grazie alla SFEMG.1,2
L’ipotesi di lavoro di questi studi si basava sulla possibilità che alcuni pazienti emicranici potessero
- almeno in parte - presentare anomalie genetiche simili a quelle rilevate in un gruppo di pazienti
affetti da una forma rara di Emicrania con Aura, l’Emicrania Emiplegica Familiare (Familial Hemiplegic Migraine, FHM) di tipo 1, come suggerito da alcuni studi. 3-6
I pazienti affetti da FHM1 presentano mutazioni sul gene CACNA1A (cromosoma 19), che codifica la subunità principale dei canali del calcio voltaggio-dipendenti di tipo P/Q, 7 responsabili del
rilascio di acetilcolina nella giunzione neuromuscolare. Una loro alterata funzione dovrebbe quindi
comportare anomalie della trasmissione neuromuscolare, cosa che effettivamente si verifica negli
animali sperimentali8 ed in pazienti affetti da Atassia Episodica di tipo 2, malattia allelica della
FHM1.9 In effetti, negli studi SFEMG condotti nei pazienti emicranici le anomalie erano presenti
soltanto nei pazienti che presentavano un’aura con caratteristiche cliniche simili a quelle dei pazienti
FHM, come la presenza di sintomi sensitivi, disturbi del linguaggio, disturbi dell’equilibrio1, 2 o aura
di durata prolungata. 2,10 Inoltre in due di questi pazienti l’uso di acetazolamide, frequentemente utilizzata nel trattamento dei pazienti affetti da FHM1 e EA-2, comportava, oltre ad un miglioramento
del quadro clinico, anche la normalizzazione delle anomalie SFEMG. 11
Risultati simili sono stati ottenuti in uno studio successivo, proveniente da un altro gruppo di ricerca,
12
che ha dimostrato la presenza di modeste anomalie SFEMG in circa la metà dei pazienti affetti da
emicrania emiplegica. Uno studio successivo ne segnalava la presenza in 4 pazienti su 30 affetti da
emicrania emiplegica sporadica o emicrania di tipo basilare.13 Interessante notare, però, che soltanto
un paziente FHM nel primo studio e nessuno nel secondo presentava anomalie SFEMG. Questi risultati sono in linea con quanto indicato da uno studio SFEMG eseguito su pazienti FHM1, con una
specifica mutazione (R192Q) sul gene CACNA1A. In questo studio soltanto due pazienti mostravano modeste anomalie della trasmissione neuromuscolare.14
Nel loro insieme, questi riscontri sollevano molti dubbi sul substrato biologico delle anomalie funzionali della giunzione neuromuscolare descritte in alcuni sottogruppi di pazienti emicranici, suggerendo che esse non siano in diretta relazione con mutazioni nel gene CACNA1A; a rafforzare tali
dubbi si pone uno studio SFEMG eseguito in pazienti affetti da cefalea a grappolo, ove mai sono
state riscontrate mutazioni CACNA1A, che presenterebbero anch’essi anomalie della trasmissione
neuromuscolare.15
La presenza soltanto modesta di anomalie SFEMG nei pazienti FHM1, a fronte di una marcata alterazione della trasmissione neuromuscolare in pazienti affetti da EA-2 e nell’animale da esperimento,
non è però sufficiente ad escludere del tutto un ruolo del gene CACNA1A nella determinazione delle
alterazioni descritte in forme di emicrania con aura più comuni: in effetti la mutazione presente
nei soggetti studiati14 comporterebbe un incremento della funzione sinaptica, laddove le alterazioni genetiche spontanee nella EA-2 ed indotte nell’animale da esperimento ne comportavano una
69
Congresso Nazionale
perdita di funzione. Non si può quindi escludere che un eventuale sbilanciamento nella presenza di
polimorfismi del singolo nucleotide nel gene CACNA1A ed un loro eventuale interplay, dimostrato
in pazienti emicranici, possano giocare un ruolo sulla funzionalità dei canali di tipo P/Q, diverso da
quello indotto da mutazioni FHM1. Nemmeno è possibile escludere un ruolo esercitato nella determinazione delle suddette anomalie da altri canali ionici, quali ad esempio i canali del calcio di tipo
R, anch’essi presenti nella giunzione neuromuscolare e codificati dal gene CACNA1E sul cromosoma 1, per il quale è stato suggerito un ruolo nelle stesse rare forme di emicrania con aura soggette
alle alterazioni SFEMG.16 Soltanto il progredire delle conoscenze sulla genetica dell’emicrania e
delle tecniche neurofisiologiche ci permetterà di dirimere tali dubbi.
BIBLIOGRAFIA
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neuromuscular transmission in a subgroup of migraine patients. Neurosci Lett 1999;276:201-3
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NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA
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16. Ambrosini A, D’Onofrio M, Buzzi MG, Santorelli FM, Pierelli F, Greco GS, Di Mambro A,
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Cephalalgia 2007;27(6):592.
71
Congresso Nazionale
IL CICLO DI RECUPERO DEI PESS NELL’EMICRANIA DELL’ADULTO E DEL
BAMBINO
C. Vollono
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Nei soggetti emicranici il dato neurofisiologico più riproducibile durante la fase intercritica è la
ridotta habituation a stimoli ripetuti rispetto ai soggetti sani. L’habituation è una caratteristica fisiologica comune delle risposte corticali agli stimoli visivi, uditivi, olfattori e somatosensoriali ed
è caratterizzata da una riduzione graduale nell’ampiezza delle risposte corticali agli stimoli ripetitivi. La mancanza di habituation negli emicranici è considerata un marker di eccitabilità corticale
anormale, anche se non c’è accordo su se ciò può essere riferito ad ipo o ad ipereccitabilità della
corteccia cerebrale (Schoenen et al, 2003; Coppola et al, 2007). Il pattern di risposta della corteccia
somatosensoriale nell’emicrania è stato studiato con diverse metodiche neurofisiologiche fra cui il
cosiddetto ciclo di recupero dei potenziali evocati somatosensoriali (SEP) (Valeriani et al, 2005).
Il ciclo di recupero dei Potenziali Evocati Somatosensoriali
Nei soggetti sani, la caratteristica risposta neurofisiologica alla stimolazione elettrica ripetitiva è una
riduzione di ampiezza di tutte le componenti dei SEP, in misura inversamente proporzionale al tempo di presentazione di uno stimolo successivo al primo. Quando si ottiene un potenziale evocato da
due stimoli elettrici appaiati ad intervalli di interstimolo (ISI) diversi, l’ampiezza del SEP ottenuto
dal secondo stimolo è inferiore rispetto a quella ottenuta dal singolo stimolo. Quanto più lungo è
l’ISI, tanto più l’ampiezza del SEP registrata dopo il secondo stimolo aumenterà, fino ad un completo recupero in termini di ampiezza. La riduzione di ampiezza del SEP in un protocollo di studio con
stimoli appaiati è causato da meccanismi di inibitori complessi all’interno della corteccia cerebrale
che riduce il potenziale postsinaptico eccitatorio, così come dalla refrattarietà delle reti sinaptiche
e dei ralays che generano i singoli potenziali (Torquati et al, 2007). La tecnica più utilizzata per lo
studio del ciclo di recupero dei SEP prevede il calcolo delle variazioni dei SEP (ciclo di recupero
dei SEP) dopo doppia stimolazione elettrica a 5 ms, 20 ms e 40 ms di intervallo interstimolo (ISIs),
rispetto alle tracce registrate con singolo stimolo (baseline) in quattro condizioni sperimentali: 1)
il baseline (stimolo singolo), 2) doppio stimolo a 5 ms di ISI, 3) doppio stimolo a 20 ms di ISI, 4)
doppio stimolo a 40 ms di ISI. Il ciclo di recupero di SEP può, quindi, essere considerato come un
marker di eccitabilità della corteccia somatosensoriale primaria (SI). Un ciclo di recupero dei SEP
accorciato è stato dimostrato in altre malattie caratterizzate da ipereccitabilità del sistema nervoso
centrale, come il mioclono, la panencefalite spongiforme subacuta (Ugawa et al, 1996), o caratterizzate da disinibizione del sistema somatosensoriale, come la distonia (Frasson et al, 2001). Questo è
un fenomeno generale, non limitato alla corteccia cerebrale ma caratteristico anche della sostanza
grigia cervicale. La perdita di tale fenomeno a carico del sistema somatosensoriale è riconosciuta
come indice di disinibizione del sistema stesso.
Un primo studio ha evidenziato che i bambini emicranici hanno un ciclo di recupero dei SEP più corto rispetto ai controlli sani (Valeriani et al, Pain, 2005). Sono stati studiati 25 bambini ed adolescenti,
15 affetti da emicrania senza aura e 10 soggetti di controllo. Le registrazioni degli emicranici sono
state effettuate non prima di 72 ore dopo l’ultima crisi emicranica. Il ciclo di recupero di ampiezza
delle componenti SEP N13, N20, P24 e N30 è risultato significativamente differente (P <0.05) negli
emicranici rispetto ai controlli. L’analisi post hoc ha confermato che, a 20 e 40 ms di ISI, le ampiezze dei potenziali SEP N13, N20, P24 e N30 erano significativamente più alte (P <0.05) nei pazienti
72
NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA
emicranici rispetto ai controlli, dimostrando, pertanto, un ciclo di recupero dei SEP più veloce nei
pazienti emicranici rispetto ai controlli. Tali dati suggeriscono una disinibizione a diversi livelli del
sistema nervoso centrale nell’emicrania pediatrica. Un più corto ciclo di recupero dei SEP era stato
dimostrato in precedenza in malattie caratterizzate o da un’ipereccitabilità del sistema nervoso centrale, come ad esempio nel mioclono corticale e nella panencefalite subacuta spongiforme (Ugawa
et al, 1996), o da disinibizione del sistema somatosensoriale, come la distonia (Frasson et al, 2001).
Precedenti studi neurofisiologici indicano che le aree sensoriali del cervello dimostrano un’abnorme
eccitabilità nell’emicrania (Afra et al, 1998, 2000; Valeriani et al, 2003). Il ben noto fenomeno di
ridotta habituation agli stimoli ripetitivi nell’emicrania, anche di età pediatrica (Evers et al, 1998),
è stato interpretato come dovuta a una iper o ipoeccitabilità cerebrale. Tali risultati neurofisiopatologici permettono di speculare su meccanismi fisiopatologici molecolari. È ipotizzabile, infatti, che
nell’emicrania il ciclo di recupero accorciato rifletta un aumento della concentrazione intracellulare
di NA+, ad esempio determianta da una disfunzione della ATPasi Na+/K+ dipendente, in analogia con disfunzioni descritte nall’ emiplegica familiare, causate da mutazioni missenso nel gene
ATP1A2, anche se tali mutazioni non sono state trovate nelle forme comuni di emicrania (Jen et al,
2004). È stato, pertanto, ipotizzato che la funzione della Na+/K+ ATPasi possa essere coinvolta anche secondariamente nell’emicrania nonemiplegica, forse a causa di un’anomalia primaria diversa.
In tal senso è interessante notare che una tale disfunzione può comportare una depolarizzazione della
membrana, quindi una disinibizione, anche nei neuroni del midollo spinale (Darbon et al, 2003), e
ciò spiegherebbe un ciclo di recupero anche del potenziale cervicale N13.
Un secondo studio ha valutato l’efficacia del trattamento con topiramato nel modificare l’ipereccitabilità del sistema somatosensoriale, attraverso una misurazione del ciclo di recupero dei SEP, un
indice di livello di eccitabilità corticale. Il Topiramato è un farmaco antiepilettico con comprovata
efficacia nel trattamento di profilassi dell’emicrania negli adulti, nei bambini e negli adolescenti
(Vollono et al, 2007) ed esercita la sua azione farmacologica (antiepilettica e probabilmente antiemicranica) attraverso molteplici meccanismi. Sono stati studiati 11 bambini (3 maschi, 8 femmine,
età media: 11,8±2,2 anni) affetti da emicrania, con indicazione ad una terapia di profilassi (almeno
4 crisi/mese). Tutti i bambini sono stati sottoposti a registrazione dei PES da stimolazione del nervo
mediano sia destro che sinistro al polso prima e dopo un trattamento di profilassi con Topiramato.
Dopo un trattamento di tre mesi, la frequenza media dell’emicrania nella popolazione in studio è
diminuita significativamente da 6,73±1,95 a 3,64±4,34 crisi mensili (p=0.02). Nei 9 pazienti che
avevano ottenuto una riduzione significativa in termini di frequenza dell’emicrania (>50%) dopo
il trattamento con Topiramato, il ciclo di recupero dei Potenziali P24 parietale (F=4,3; p=0.03) ed
N30 (F=26,4; p <0.005) era significativamente più lungo dopo trattamento quando confrontati al
baseline. L’analisi post-hoc ha mostrato che ad ISI di 40 ms, l’ampiezza della P24 era più alta dopo
trattamento quando comparata a prima del trattamento (p = 0.004) e che a tutti gli ISI l’ampiezza
dell’N30 era significativamente più alta dopo trattamento quando confrontata a prima del trattamento (p <0.01). Il maggior risultato di questo studio è rappresentato dall’allungamento del ciclo di
recupero delle componenti P24 ed N30 dei SEP nei bambini emicranici che avevano risposto ad un
trattamento. Diversi meccanismi potrebbero spiegare l’effetto del Topiramato sul ciclo di recupero
di SEP. In primo luogo tale farmaco potrebbe agire sui canali del sodio voltaggio-dipendenti. Ciò
confermerebbe dati descritti in modelli animali (Taverna et al, 1999). Non è chiaro perché il Topiramato è capace solamente di ‘normalizzare’ il ciclo di recupero delle componenti P24 ed N30, ma non
quello delle componenti N13 o N20. Il trattamento con Topiramato non è capace, probabilmente,
di annullare completamente la disinibizione del sistema somatosensoriale degli emicranici a tutti i
livelli e questo spiega perché è in grado di ridurre la frequenza di attacchi di emicrania senza abo73
Congresso Nazionale
lirli del tutto. Un altro meccanismo che potrebbe spiegare l’inversione della disinibizione corticale
dopo il trattamento con Topiramato è l’effetto di questo farmaco sui circuiti di inibitori GABAAergici. D’altronde l’accorciamento del ciclo di recupero dei SEP nei pazienti emicranici non è necessariamente determinato dall’ipereccitabilità del sistema somatosensoriale, ma potrebbe essere un
marker di un alterato ‘gating’ somatosensoriale. Questa ipotesi è in linea con precedenti evidenze
di un alterato ‘gating’ sensitivo ed uditivo in pazienti emicranici. I meccanismi di ‘gating’ sensitivo
ed uditivo possono essere dovuti ad un’ipofunzione delle pathways monoaminergiche subcorticocorticali (Ambrosini et al, 2001). Da questo punto di vista, il Topiramato agirebbe su tale sistema
subcortico-corticale nel ripristinare il fisiologico ‘gating’, conducendo così ad un allungamento del
ciclo di recupero dei SEP. È, pertanto, ipotizzabile che l’efficacia del Topiramato nel trattamento di
profilassi dell’emicrania pediatrica sia dovuta alla sua abilità nel ridurre la disinibizione corticale o
modificare il ‘gating’ sensoriale.
In un recente studio Coppola et al (Coppola et al, 2009) hanno studiato il ciclo di recupero dei SEP
in un gruppo di soggetti adulti emicranici registrati in fase critica ed in fase intercritica. La metodica
di registrazione, del tutto simile a quella utilizzata nei bambini, ha valutato il ciclo di recupero dei
SEP ad ISI di 5, 20, e 40 ms. Le variazioni in ampiezza della componente SEP N20 corticale durante
condizioni originarie differivano tra i gruppi (p = 0,006). L’analisi post hoc ha mostrato che nel
gruppo di controllo e negli emicranici studiati durante al fase critica le ampiezze del potenziale N20
diminuiva fisiologicamente nelle registrazioni con doppio stimolo appaiato. Al contrario negli emicranici registrati in fase intercritica la componente N20 aumentava in termini di ampiezza già alla
seconda serie di stimolazioni, indice di ridotta habituation. In tale studio sia gli emicranici studiati
in fase critica che quelli studiati in fase intercritica, lo studio del ciclo di recupero di tutte le componenti SEP risultavano simili a quello dei volontari sani (per N20, p = 0,56). Gli autori concludono
che tali risultati non sono a favore di un ciclo dei SEP più veloce negli emicranici in fase intercritica,
e pertanto di una ridotta inibizione GABAergica del sistema somatosensoriale periferico e centrale
come possibile spiegazione per la mancanza di habituation nell’emicrania. Altri meccanismi devono
quindi alla base del processamento intercritico anomalo degli stimoli negli emicranici.
I dati neurofisiologici ottenuti con lo studio del ciclo di recupero dei SEP nell’adulto, non concordi
con quelli ottenuti nel bambino, potrebbero essere spiegati in diversi modi. Innanzi tutto la modificazione del pattern di risposta nell’adulto rispetto al bambino potrebbe essere correlato con il fisiologico sviluppo del Sistema Nervoso, che in età evolutiva non sarebbe completamente concluso. In
secondo luogo è possibile ipotizzare, in età evolutiva, un pattern di risposta ancora non influenzato
da diversi fattori, non ultimi dalla evoluzione naturale della malattia emicranica e dei trattamenti per
essa utilizzati. Pertanto, in tal senso, l’Emicrania infanto-giovanile può essere un ottimo modello per
lo studio delle basi fisiopatologiche della malattia, poiché molti fattori che possono intervenire durante il corso della vita (malattie concomitanti, effetto di farmaci o influenze ambientali) sono in grado potenzialmente di modificare l’espressione fenotipica dell’emicrania stessa (de Tommaso, 2005).
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NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA
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75
Congresso Nazionale
IL RIFLESSO FLESSORIO NOCICETTIVO NELLE CEFALEE CRONICHE
G. Sandrini, M. Bolla, S. Galluzzo, I. De Paoli
Centro Interuniversitario Disordini Adattativi e Cefalee (UCADH), IRCCS Istituto Neurologico
Nazionale C. Mondino, Pavia
Il riflesso nocicettivo di flessione (Nociceptive Withdrawal Reflex - NWR) si è dimostrato una
metodica obbiettiva e sensibile nello studio delle principali forme di dolore e di cefalea.
La soglia della componente più stabile e tardiva del riflesso definita RIII origina infatti da
una risposta polisinaptica e multisegmentale evocata dalla stimolazione delle fibre nocicettive
di piccolo calibro Ad. La soglia di insorgenza del NWR è stata dimostrata corrispondere alla
soglia del dolore e la misura della risposta riflessa elettromiografia correla con il livello della
percezione del dolore. Tale tipo di risposta è inoltre ampiamente modulata dai meccanismi di
controllo del dolore sovra-segmentali permettendo di esplorarne la possibile disregolazione
(Sandrini et al., 2005).
La sommazione temporale del Riflesso Nocicettivo di Flessione (Temporal Summation – TS),
considerata una manifestazione clinica del fenomeno “wind-up” osservato negli animali, rappresenta parallelamente al NWR, un metodo obiettivo e sensibile per valutare nell’uomo il
processamento del dolore a livello centrale ed in particolare i fenomeni di plasticità neuronale
attività-dipendenti in cui è coinvolta l’attività dei neuroni ad ampio spettro dinamico (Wild
Dinamic Rang Neurons – WDRs) (Latremoliere and Woolf, 2009; Woolf, 2007). Tra questi si
presenta di particolare importanza la sensitizzazione centrale, fenomeno considerato di particolare rilievo nella fisiopatigenesi della cefalea e nella sua cronicizzazione (Ayzenberg et al.,
2006; Perrotta et al., 2009).
Nelle forme di cefalea cronica, tale metodica ha quindi permesso uno studio accurato delle
possibili alterazioni dei sistemi di controllo del dolore, anche attraverso il sistema di controllo
diffuso degli stimoli nocicettivi (Diffuse Noxious Inhibitory Control - DNIC) che come è noto
agisce attraverso una loro attivazione.
Tra le evidenze presenti in letteratura è emerso che le forme croniche di cefalea, tra cui la cefalea di tipo tensivo cronica, siano caratterizzatate da una soglia nocicettiva (Pain Threshold
– Tp) e di comparsa del riflesso (Reflex Threshold - Tr) più bassa rispetto a quelle riscontrate in
un gruppo di controllo di soggetti sani; inoltre il Cold Pressor Test (CPT) in grado di attivare il
sistema di controllo monoaminergico discendente del dolore attraverso il DNIC, non induceva
un’inibizione del riflesso come riscontrato nei soggetti sani di controllo, ma bensì una sua facilitazione, evidenziando una netta disregolazione di tale sistema di controllo (Sandrini et al.,
2006) (Rossi et al., 2005).
Conclusioni analoghe sono emerse in un lavoro più recente (Perrotta et al., 2009) effettuato nei
pazienti affetti da cefalea da eccessiva assunzione di analgesici (Medication Overuse Headache
– MOH) in cui venivano riscontrate, nei pazienti non ancora sottoposti a terapia disintossicante, soglie di comparsa del riflesso molto più basse rispetto a soggetti emicranici di controllo e
rispetto al successivo wash-out farmacologico. Inoltre l’indotta inibizione sulla sommazione
temporale da parte del CPT si presentava molto ridotta rispetto ai soggetti di controllo e al periodo successivo al wash-out farmacologico (Perrotta et al., 2009) (Rossi et al., 2005).
Tali evidenze hanno dimostrato la presenza di un’alterazione del sistema di controllo discendente del dolore nelle forme croniche di cefalea. Tale fenomeno potrebbe essere coinvolto
76
NEUROFISIOLOGIA DELL’EMICRANIA
nell’induzione e mantenimento dei processi di sensitizzazione centrale che contribuirebbero
all’insorgenza delle crisi di cefalea così come al processo di cronicizzazione. Nella MOH è
verosimile che tale alterazione possa essere in parte indotta dall’eccessiva assunzione farmacologica, dato il parziale miglioramento osservato successivamente al wash-out farmacologico.
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77
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
NEUROFISIOLOGIA CLINICA
DELLA COMPULSIVITÀ/
IMPULSIVITÀ
Moderatori:
R. Cantello (Novara),
B. Fierro (Palermo)
Congresso Nazionale
80
NEUROFISIOLOGIA CLINICA DELLA COMPULSIVITÀ/IMPULSIVITÀ
I CIRCUITI NEURALI DELL’IMPULSIVITÀ
G. Di Chiara
Dipartimento di Tossicologia, Università di Cagliari
Gli organismi, anche i più evoluti, come i primati, uomo incluso, sono dotati di meccanismi neurali
che legano la percezione di stimoli utili alla sopravvivenza del singolo e della specie alla generazione di comportamenti finalizzati alla ricerca e contatto con gli oggetti o gli organismi che li hanno
generati. Queste risposte sono associate a stati affettivi piacevoli che hanno la funzione di facilitare
il perseguimento di quei comportamenti. Il piacere evocato da questi stimoli non è quindi un optional ma uno strumento di sopravvivenza frutto della selezione naturale. Attraverso l’apprendimento
le proprietà appetitive primarie degli stimoli appetitivi naturali possono essere trasferite a stimoli di
per sé neutri, che in tal modo acquisiscono proprietà appetitive secondarie. Le vie neurali che sono
alla base di questi meccanismi si trovano nella parte basale e mediale del cervello, fanno parte tradizionalmente del sistema limbico e si possono raggruppare in due grandi sistemi, lo striato ventrale
(nucleo accumbens del setto e tubercolo olfattorio) e l’amigdala estesa (amigdala centrale, nucleo
del letto della stria terminale). Queste aree hanno in comune la caratteristica di essere densamente
innervate da neuroni dopaminergici e di avere ampie connessioni con aree ipotalamiche e del tronco
encefalico deputate al controllo centrale dell’asse ipofisi-corticosurrene e del sistema nervoso autonomo. Questo sistema primario è connesso ad aree di origine corticale come l’amigdala basolaterale
e la formazione ippocampale, che sono implicate nell’apprendimento e nell’assegnazione esplicita
di attributi affettivi a stimoli neutri. Questi sistemi sono a loro volta controllati, secondo uno schema top-down, da aree corticali prefrontali (corteccia orbito- frontale mediale). Questi sistemi sono
implicati nella cosiddetta scelta impulsiva o decision making. La dipendenza da sostanze, da cibo
o da sesso, il gioco d’azzardo patologico e la dopamine dysregulation syndrome del parkinsoniano
possono ricondursi ad un disturbo del decision making. In alcuni casi tale disturbo appare dovuto ad
una disfunzione del controllo corticale degli impulsi da parte della corteccia orbitofrontale, in altri
casi, ad una ipersensibilità alle proprietà gratificanti degli stimoli appetitivi secondari dovuta ad una
disfunzione delle aree sottocorticali innervate dai neuroni dopaminergici.
81
Congresso Nazionale
DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI
S. Pallanti
Università degli Studi di Firenze Istituto di Neuroscienze, Firenze
La dimensione dell’impulsività caratterizza numerosi altri disturbi psichiatrici. I Disturbi del Controllo degli Impulsi rappresentano però una specifica categoria riconosciuta dal DSM IV. Essi sono
caratterizzati dall’incapacità del soggetto a resistere ad un impulso o ad una tentazione impellente.
Tale spinta induce il soggetto alla realizzazione di un’azione pericolosa per sé stessi e/o per gli altri
ed è preceduta da una sensazione di crescente tensione ed eccitazione a cui fa seguito piacere, gratificazione, e sollievo (DSM-IV-TR, 2004).
In genere l’azione è seguita da una sensazione di rimorso, di biasimo personale o senso di colpa.
Il DSM-IV TR riconosce 5 disturbi del controllo degli impulsi specifici: 1)Disturbo esplosivo intermittente, 2)Gioco d’azzardo patologico, 3) Cleptomania, 4) Piromania, 5) Tricotillomania e raggruppa sotto la categoria disturbi del controllo degli impulsi non altrimenti classificati tutte le forme
che non soddisfano i criteri per nessuno dei disturbi sopra elencati. In questo gruppo può essere
compreso il Disturbo da Shopping Compulsivo in quanto caratterizzato da tensione che precede la
messa in atto del comportamento, la ricerca di gratificazione immediata e l’incapacità di sopportare
la frustrazione derivante dall’evitare tale comportamento.
82
NEUROFISIOLOGIA CLINICA DELLA COMPULSIVITÀ/IMPULSIVITÀ
NEUROPHYSIOLOGY AND NEUROMODULATION IN OBSESSIVE COMPULSIVE
DISORDER AND TOURETTE’S SYNDROME
A. Mantovani
Università degli Studi di Siena Policlinico Le Scotte Dipartimento di Neuroscienze Sez. Neurologia,
Siena
Transcranial magnetic stimulation (TMS)
Transcranial magnetic stimulation (TMS) is a non-invasive means of stimulating focal regions of
the brain using rapidly alternating magnetic fields. Since its introduction in 1985, TMS has been
used to study localization of brain functions, functional connectivity, and pathophysiology of
neuropsychiatric disorders. TMS was recently approved by the US Food and Drug Administration
(FDA) for the treatment of depression, and its potential for treatment of other psychiatric disorders
is under active study. After a short description of the mechanism of TMS, I will then review the state
of knowledge about the therapeutic potential of TMS in Obsessive Compulsive Disorder (OCD) and
Tourette’s Syndrome (TS).
TMS and rTMS background
TMS is performed by placing an electromagnetic coil on the scalp. High-intensity current is rapidly
turned on and off in the coil through the discharge of a capacitor. This produces a time-varying
magnetic field that lasts for about 100–200 microseconds. The magnetic field strength is about 1.5–
2 tesla (about the same intensity as the static magnetic field used in clinical magnetic resonance
imaging, MRI) at the surface of the coil, but the strength of the magnetic field drops off exponentially
with distance from the coil. The proximity of the brain to the time-varying magnetic field results in
current flow in neural tissue and membrane depolarization.
The ability of TMS to activate functional circuits is easily demonstrated when one places the coil on
the scalp over the primary motor cortex. A single TMS pulse of sufficient intensity causes involuntary
movement in the muscle represented by that region of cortex through activation of the corticospinal
tract. Thus, a TMS pulse produces a powerful but brief magnetic field that passes through the skin,
soft tissue, and skull, which induces electrical current in neurons, causing depolarization that then
has behavioral effects. The minimum magnetic field intensity needed to produce motor movement is
known as the individual motor threshold. The motor threshold is used to individualize the intensity
of TMS for each subject.
Repeated application of TMS pulses at regular intervals is called repetitive TMS (rTMS). The
physiological effects of rTMS depend upon the site and frequency of stimulation. If the stimulation
occurs faster than once per second (> 1 Hz) it is referred to as high-frequency rTMS, and can result
in excitatory physiologic changes. If on the contrary the frequency is low (≤ 1 Hz), it is referred to
as low-frequency rTMS and can have an inhibitory effect on brain excitability. rTMS carries a risk
of seizure, and that risk is higher with high-frequency rTMS. Guidelines to reduce this risk include
appropriate screening of subjects for seizure risk factors, titrating the individual motor threshold,
and limiting rTMS dosage (Wassermann 1998, Belmaker et al. 2003).
rTMS was recently approved by the FDA for the treatment of unipolar major depressive disorder in
adults who have failed to respond to one antidepressant medication of adequate dosage and duration
in the current episode. The use of rTMS in other conditions is still considered investigational.
83
Congresso Nazionale
Obsessive–compulsive disorder (OCD) and Tourette Syndrome (TS)
Convergent neurophysiological data suggest that cognitive impairment and “intrusive” and
repetitive behaviours in OCD may be a consequence of a reduction of cortico-subcortical inhibitory
phenomena and a higher than normal level of cortical excitability (Rossi et al. 2005). Using TMS,
Greenberg and colleagues (1998, 2000) tested whether deficient intracortical inhibition exists in
OCD. They found that OCD patients, like those with Tourette’s syndrome (TS) (Ziemann et al.
1999), had markedly decreased intracortical inhibition. Those with “tic-related” OCD showed the
most profound deficit in intracortical inhibition. Additionally, OCD subjects had lower resting and
active motor thresholds than normal volunteers.
Imaging studies of OCD implicate hyperactivity in a circuit involving prefrontal cortex and basal
ganglia. To test whether modulating activity in this network could influence OCD symptoms,
Greenberg and colleagues (1997) administered rTMS (80% motor threshold, 20 Hz for 2 seconds
per minute for 20 minutes) to the right lateral prefrontal, left lateral prefrontal, and a midoccipital
(control) site on separate days in a blinded trial. Compulsive urges decreased significantly for eight
hours after right lateral prefrontal rTMS. A short-lasting, modest, and non-significant reduction in
compulsive urges occurred after left lateral prefrontal rTMS.
Other studies have examined the possible therapeutic effects of rTMS in OCD. A double-blind
study using right prefrontal 1 Hz rTMS and a less focal coil (a circular one instead of the figureeight coil) failed to find statistically significant effects greater than sham (Alonso et al. 2001). In
contrast, an open study in a group of OCD patients refractory to standard treatments who were
randomly assigned to right or left prefrontal high-frequency rTMS found that clinically significant
and sustained improvement was observed in a third of their patients (Sachdev et al. 2001). More
recently Prasko and colleagues (2006) and Sachdev and colleagues (2007) found that either low- or
high-frequency rTMS administered over the left dorso-lateral prefrontal cortex (DLPFC) did not
differ from sham (placebo).
Given the evidence for deficient intracortical inhibition in OCD, the use of low-frequency rTMS,
which has been reported to be inhibitory on motor cortex excitability (Chen et al. 1997), may be a
fruitful avenue to explore as a putative treatment. Furthermore, given the evidence of supplementary
motor area (SMA) hyperactivation in OCD (Yücel et al. 2007), low-frequency rTMS to SMA may
be worth examining.
To test the potential value of low-frequency rTMS to SMA, we performed an open-label study on 10
patients with treatment-resistant OCD and TS (Mantovani et al. 2006). OCD symptoms improved by
an average of 29%, and improvements were significantly correlated with increases in right-hemisphere
motor threshold and normalization of baseline hemispheric asymmetry of cortical excitability. Sustained
benefit was seen at three-month follow-up. Subsequently, we reported clinical benefit in two more cases
of comorbid OCD and TS (Mantovani et al. 2007).
While these open-label data were encouraging, whether improvements would be evident in a shamcontrolled design was still unknown. Therefore, we performed a randomized sham-controlled trial of
SMA stimulation in the treatment of resistant OCD and found that response rate (defined as a ≥ 25%
decrease on the Yale–Brown Obsessive Compulsive Scale, YBOCS) was 67% with active and 22% with
sham rTMS after four weeks of daily treatment. At four weeks, patients receiving active rTMS showed on
average a 25% reduction in the YBOCS, while those who received sham had on average a 12% decrease
on the same scale. In patients who received eight weeks of active rTMS, OCD symptoms improved from
28.2 (SD = 5.8) to 14.5 (SD = 3.6). In those randomized to active rTMS, motor threshold measures on
the right hemisphere increased significantly over time. At the end of four weeks of rTMS, the abnormal
hemispheric laterality found in the group randomized to active rTMS normalized (Mantovani et al. 2010).
84
NEUROFISIOLOGIA CLINICA DELLA COMPULSIVITÀ/IMPULSIVITÀ
Future directions for rTMS
Future work with rTMS in OCD and TS could examine the potential utility of other stimulation
paradigms with (1) a better localization of the brain region in individual patients using MRI; (2)
more robust neuromodulatory action, such as theta burst stimulation (TBS); and (3) the use of coils
able to reach deeper brain structures (Levkovitz et al. 2007, Di Lazzaro et al. 2008). The combination
of rTMS with behavioral interventions (as illustrated by Osuch et al. 2009) could also be explored.
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86
NEUROFISIOLOGIA CLINICA DELLA COMPULSIVITÀ/IMPULSIVITÀ
I DISTURBI DEL CONTROLLO DEGLI IMPULSI NEI DISTURBI DEL MOVIMENTO
R. Cilia
Centro Parkinson, Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano
I disturbi del controllo degli impulsi sono una complicanza non motoria che si sviluppa in circa il
14% dei pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP) in trattamento con farmaci dopaminergici.
Dopo l’inizio del trattamento farmacologico con DA agonisti, i pazienti con MP riferiscono frequentemente un lieve incremento della ricerca di fonti di gratificazione naturale (quali ad esempio il cibo,
il sesso o lo shopping) benché solo una minoranza sviluppa veri e propri disturbi del controllo degli
impulsi. Tali disturbi sono caratterizzati dalla continua ricerca del piacere derivante da una certa attività e dall’incapacità di frenare questo impulso, caratteristiche che rendono i disturbi del controllo
degli impulsi simili alla dipendenza da sostanze d’abuso. È probabile che questi due disturbi siano
accumunati anche da simili fattori di rischio che favoriscono il passaggio da occasionali anomalie
comportamentali allo sviluppo di incontrollabili comportamenti ripetitivi (quali ad esempio un personalità impulsiva e sempre alla ricerca di novità, ed una storia o familiarità positiva per alcolismo).
È interessante notare come, nei pazienti con MP e con sindrome delle gambe senza riposo, il trattamento con farmaci dopaminergici vada ad aumentare l’impulsività e la ricerca di novità, e contemporaneamente a ridurre la capacità di imparare dai propri errori, tutte caratteristiche che si associano
ad una alterata percezione dei rischi e che favoriscono pertanto lo sviluppo di disturbi del controllo
degli impulsi e dipendenza da sostanze d’abuso.
Ancora non è chiaro il ruolo nella patogenesi dei disturbi del controllo degli impulsi del processo
degenerativo delle vie dopaminergiche mesolimbiche, coinvolte nel circuito della ricompensa e gratificazione (‘reward’). Nei soggetti con MP non esposti a terapia dopaminergica è stata dimostrata
un’alterata attivazione cerebrale in risposta ad una vincita economica rispetto a controlli sani, compatibile con una alterazione della trasmissione nelle vie mesocorticali e mesolimbiche. Gli effetti
dei farmaci dopaminergici sulle funzioni cognitive sono strettamente associati ai livelli basali di
dopamina (DA) in distinte aree cerebrali, cosicchè la dose di farmaco (es. levodopa) necessaria per
compensare il deficit di DA nelle porzioni dorsali dello striato (area motoria) possono sovrastimolare le porzioni più ventrali (area limbica), che vanno incontro più tardivamente al processo di impoverimento delle terminazioni a partenza dall’area del segmento ventrale. Il pattern di rilascio di DA
nelle vie mesolimbiche è fondamentale nei processi di apprendimento basato sul rinforzo positive e
negativo che sono alla base, non solo della normale struttura comportamentale, ma anche -quando
abnormi- dello sviluppo dei fenomeni di dipendenza. Il trattamento cronico con farmaci dopaminergici aboliscono la fisiologica pulsatilità del rilascio di DA a causa della loro azione tonica andando
così a ridurre la capacità di imparare dagli errori (fisiologicamente associata a pause nel release di
DA nel nucleus accumbens) e contemporaneamente a favorire l’acquisizione di comportamenti perseverativi legati ad attività che procurano piacere (associati ad un picco fasico nel release di DA).
Si ipotizza che dei particolari fattori di predisposizione presenti a livello del circuito dopaminergico
mesocorticale e mesolimbico possano favorire, in una minoranza di pazienti con MP, lo sviluppo di
comportamenti patologici quando esposti alla terapia dopaminergica.
Studi di neuroimmagini hanno dimostrato una alterata trasmissione a livello del sistema dopaminergico mesolimbico nei pazienti con MP e gioco d’azzardo patologico, utilizzando sia traccianti
recettoriali post-sinaptici e pre-sinaptici che traccianti di perfusione cerebrale. Questi studi hanno evidenziato una aumentata trasmissione dopaminergica a livello delle porzioni limbiche dello
87
Congresso Nazionale
striato, suggerendone come meccanismo patogenetico un incremento del release oppure un ridotto
re-uptake sinaptico. Più recentemente, sono state indagate le basi neurali della severità del gioco
d’azzardo in un gruppo di pazienti con MP ed è stata dimostrata una correlazione negativa con aree
corticali normalmente coinvolte nella valutazione dei rischi e nell’inibizione di comportamenti ritenuti inopportuni.
In conclusione, i disturbi del controllo degli impulsi nella malattia di Parkinson si associano ad
alterazioni della trasmissione dopaminergica a livello dello striato ventrale e ad una disfunzione di
aree corticali coinvolte nella stima delle possibili conseguenze negative dei propri comportamenti,
portando ad uno sbilanciamento dell’equilibrio tra i segnali di ‘Go’ e di ‘No-Go’ nel processo decisionale ed una predisposizione verso il rischio.
88
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
AGGIORNAMENTI IN TEMA
DI TOSSINA BOTULINICA
Moderatori:
P. Girlanda (Messina),
L. Santoro (Napoli)
AGGIORNAMENTI IN TEMA DI TOSSINA BOTULINICA
NEUROTOSSINA BOTULINICA: ASPETTI TOSSICOLOGICI, FARMACOLOGICI ED
IMMUNOLOGICI
C. Montecucco
Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Padova e Istituto CNR di Neuroscienze, Padova,
Italy
Batteri del genus Clostridium producono sette neurotossine botuliniche (abbr. BoNT/A - /G). Queste
neurotossine agiscono preferenzialmente sui terminali colinergici periferici, dove entrano e tagliano
le proteine SNARE che sono componenti essenziali della nano-macchina molecolare che media il
rilascio della acetilcolina contenuta nelle vescicole sinaptiche. Gli effetti si evidenziano entro pochi
giorni dall’iniezione, e consistono in un blocco del terminale nervoso colinergico di durata variabile
a seconda del tipo di BoNT, della dose e del tipo di terminale: scheletrico o autonomico. Si va dai 3-4
mesi di BoNT/A (> un anno a livello autonomico) alle poche settimane della BoNT/E, nell’uomo.
Una proprietà essenziale per l’uso clinico di BoNT è che essa diffonde molto poco, e questa proprietà verrà illustrata in dettaglio confrontando i tipi di BoNT/A commercialmente disponibili in Europa
(BOTOX, Dysport and Xeomin).
Un altro aspetto che verrà discusso è quello della immunogenicità della BoNT/A e dei fattori che la
possono influenzare.
BIBLIOGRAFIA
1. Rossetto O. & Montecucco C. Presynaptic Neurotoxins with Enzymatic Activities. Handb Exp
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91
Congresso Nazionale
ANALISI DELLA EFFICACIA DELLA STIMOLAZIONE ELETTRICA PRIMA E DOPO
TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA
D. De Grandis, G. Santus
Ospedale Sant’Orsola Brescia
La tossina botulinica è utilizzata in neuro - riabilitazione per il trattamento della spasticità. È stato
dimostrato in letteratura che la stimolazione elettrica incrementa l’efficacia terapeutica. In considerazione delle diverse modalità di endocitosi della tossina, non è ben definito il ruolo delle condizioni
basali e della durata minima di stimolazione sufficiente a potenziare l’effetto paralizzante.
In questo studio sono stati studiati 10 soggetti volontari sani nei quali è stata comparata l’efficacia
di una stimolazione pre-inoculazione, con analoga stimolazione post-trattamento sui muscoli pedidi.
Tempi di stimolazione brevi di 20 minuti sono stati messi a confronto con stimolazioni protratte nel
tempo.
La caduta di ampiezza della risposta M nei soggetti sani è risultata omogeneamente maggiore nei
muscoli stimolati dopo inoculazione. Brevi periodi di stimolazione (20 minuti dopo trattamento)
danno risultati analoghi a stimolazioni elettriche protratte nel tempo. Questo dato è in sintonia con i
tempi di endocitosi della tossina, osservati con metodi immunologici
Sul muscolo paretico questa effetto non si evidenzia o risulta meno pronunciato.
92
AGGIORNAMENTI IN TEMA DI TOSSINA BOTULINICA
TERAPIA DELLE
PARKINSONISMI
DISTONIE
DELLA MALATTIA DI
PARKINSON
E
DEI
F. Morgante
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina
Il trattamento dei sintomi non responsivi alla terapia dopaminergica nella malattia di Parkinson
(MP) si può avvalere della tossina botulinica (BoNT) per le seguenti condizioni: distonia, rigidità
(spalla dolorosa), tremore mandibolare e della mano, freezing della marcia, scialorrea, disfagia,
vescica iperattiva, stipsi. Specificatamente, le distonie che caratterizzano la MP e i parkinsonismi
atipici possono trarre beneficio dall’infiltrazione con BoNT con riduzione significativa del dolore ad
esse associate, miglioramento della postura e della disabilità motoria.
DISTONIA DEGLI ARTI
La manifestazione distonica più tipica della MP è la distonia del piede che può essere la manifestazione iniziale della malattia, nei parkinsonismi genetici da mutazione del gene Parkina o Pink1. La
forma più comune di distonia degli arti è la distonia dolorosa del piede che è correlata al trattamento
con levodopa, presentandosi come distonia della fase off oppure come distonia di picco dose. Il trattamento farmacologico tramite ottimizzazione della terapia dopaminergica non è spesso sufficiente
a ridurre la disabilità associata a tali complicanze motorie. Il dolore e l’impaccio motorio durante
la deambulazione (quando la distonia si presenta in fase on) sono gli obiettivi del trattamento con
BoNT. Nello studio in aperto condotto da Pacchetti e coll. su 30 pazienti parkinsoniani con distonia
dolorosa della fase off, si è ottenuta dopo una riduzione del dolore in tutti i pazienti con scomparsa
per 4 mesi in 21 pazienti dopo trattamento con BoNT1. Sono stati infiltrati con una dose media di
40 U (Botox) il tibiale posteriore, il tibiale anteriore, il gastrocnemio, il flessore lungo delle dita e
l’estensore lungo dell’alluce. Nello stesso studio 7 pazienti con associata distonia della fase On hanno riportato un miglioramento della postura del piede durante la deambulazione. I pazienti con MP,
paralisi sopranucleare progressiva (PSP), degenerazione corticobasale (CBD) possono sviluppare
una distonia fissa dell’arto superiore con chiusura della mano a pugno (clenched fist) che può giovarsi del trattamento con BoNT col fine di migliorare il dolore e favorire l’igiene2. Il pattern tipico
distonico in queste patologie è caratterizzato da lieve flessione del polso, adduzione del pollice e
flessione delle dita a livello dell’articolazione metacarpofalangea e in minor misura dell’articolazione interfalangea distale. In tal caso, i muscoli più frequentemente infiltrati sono il flessore superficiale delle dita, il flessore ulnare del carpo, il flessore radiale del carpo, il flessore breve del pollice.
Nei casi più gravi, la mano è chiusa a pugno (clenched fist) e viene altresì trattato il muscolo flessore
profondo delle dita.
Posture anomale come il “piede striatale” con la postura distonica in equino-varismo e l’estensione
dell’alluce, oppure la mano striatale con flessione delle articolazioni metacarpofalangee ed estensione delle interfalangee, si possono anche vedere nel 10% dei pazienti parkinsoniani non trattati con
malattia avanzata3. Tali deformità, che sono considerate una forma di distonia focale, non vengono
spesso corrette dall’uso della levodopa, e la BoNT può essere usata per il loro trattamento qualora
non si siano sviluppate retrazioni tendinee4.
BLEFAROSPASMO E APRASSIA DELLE PALPEBRE
Il Blefarospasmo (BS) si presenta solitamente nelle fasi più avanzate della MP oppure può essere
93
Congresso Nazionale
una caratteristica clinica di parkinsonismo atipico come la PSP, in cui è spesso associato all’aprassia
delle palpebre. L’aprassia delle palpebre è altresì un effetto collaterale della stimolazione cerebrale
profonda del nucleo subtalamico che viene effettuata nei pazienti con MP avanzata. Sia l’aprassia
delle palpebre che il blefarospasmo possono essere trattate in maniera ottimale con la BoNT, specie
con l’infiltrazione della porzione pretarsale dell’orbicolare dell’occhio5.
DISTONIA CERVICALE
L’anterocollo (caratterizzato da flessione anteriore del capo) è il pattern distonico che più spesso si
associa ai parkinsonismi, in particolar modo alla MP e alla MSA. I muscoli coinvolti sono lo sternocleidomastoideo e lo scaleno, la cui infiltrazione può determinare come effetto collaterale disfagia,
sebbene nella maggior parte dei casi di modesta entità con risoluzione spontanea dopo 2 settimane6.
In alcuni casi il muscolo longus capitis può essere coinvolto e la sua infiltrazione TC-guidata può
determinare miglioramento7. Jankovic ha altresì riportato l’utilità dell’infiltrazione dei muscoli del
complesso muscolare submentale nel trattamento dell’anterocollo, con o senza concomitante infiltrazione dello sternocleidomastoideo e dello scaleno, sebbene tale approccio possa causare disfagia6.
Il retrocollo, che si ritrova tipicamente nella PSPS, viene trattato con l’inflitrazione bilaterale dello
splenius capitis e del trapezio con minima incidenza di effetti collaterali8.
DISTONIA ASSIALE
La distonia assiale complica la MP e i parkinsonismi atipici, causando scoliosi, cifosi,
camptocormia,flessione laterale (Pisa syndrome), isolate o in combinazione. La distonia assiale determina spesso dolore e marcata impotenza funzionale nelle sindromi parkinsoniane, con conseguente disabilità fisica e sociale. La camptocormia è un’anomalia dinamica della colonna vertebrale
che comporta marcata flessione della colonna toraco-lombare in posizione eretta, con risoluzione
nella posizione seduta ed associata ad eziologie multiple come la MP, la MSA, le distonie primarie
e le miopatie dei muscoli estensori delle colonna9. La BoNT (Botox: 300-600 U) è stata iniettata
nel muscolo retto dell’addome in 9 pazienti camptocormici con attivazione EMG del muscolo retto
dell’addome con miglioramento significativo in 4 pazienti9. In contrasto nessuno beneficio significativo è stato osservato quando la BoNT è stata iniettata sotto guida eocografica (500-1500 U,
Dysport; 100-300 U, Xeomin)10 o CT-guidata (300 U Botox) nel muscolo ileopsoas11.
CONCLUSIONI
In conclusione, la BoNT rappresenta un trattamento efficace e sicuro per le distonie craniali, degli
arti ed assiali nei pazienti con sindromi parkinsoniane. L’accesso di tali pazienti alla terapia botulinica permette di migliorare il dolore e la disabilità funzionale che si associano a tali complicanze,
migliorandone la qualità di vita.
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95
Congresso Nazionale
DISTONIE REGIONALI E COMPITO SPECIFICHE: STATO DELL’ARTE ED ALCUNE
PECULIARITÀ
M. Esposito
Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli
Le distonie vengono classificate clinicamente sulla base della specifica distribuzione topografica. Le
distonie cervicali e quelle focali della mano compito-specifiche costituiscono delle forme focali di notevole interesse per le possibilità di trattamento con tossina botulinica. La distonia cervicale (CD), nota
anche come torcicollo spasmodico, è una distonia focale caratterizzata dall’attivazione involontaria dei
muscoli cervicali e della spalla responsabili di movimenti anomali di estensione , torsione e inclinazione del capo, a volte associati a movimenti di elevazione o di spostamento anteriore della spalla; inoltre
in circa il 60% dei casi può associarsi una sindrome dolorosa cervicale. La CD non è una patologia rara
e presenta una prevalenza di circa 20-200 per milione (Defazio 2004);il decorso è generalmente cronico anche se possono verificarsi degli episodi di remissione transitoria. Le possibilità di trattamento per
la CD variano dalla terapia medica (triesilfenidile, benzodiazepine, baclofen ecc) a quella chirurgica
(stimolazione cerebrale profonda, denervazione selettiva) ma la somministrazione di tossina botulinica
per via iniettiva intramuscolare rappresenta al momento la terapia più efficace. Per valutare l’efficacia
della BTX nel trattamento della CD sono stati condotti oltre 80 studi clinici, di cui 8 rispondono ai requisiti di classificazione in classe I. Complessivamente questi studi hanno stabilito ,secondo un livello
di evidenza di tipo A, che la BTX rappresenta un trattamento efficace della CD e che probabilmente
tale strategia terapeutica risulta preferibile alla terapia medica con triesilfenidile. Sono stati condotti
diversi studi per valutare l’equivalenza del le dosi dei diversi sierotipi, A e B (Commella 2005, Pappert
2008), e tra le diverse marche (Botox, Dysport, Xeomin, Myobolc) presenti in commercio (Odergarm
1998,Ranoux 2002, Benecke 2005). Questi trials comparativi analizzati complessivamente, evidenziano come non sia facile stimare un rapporto di equivalenza tra i dosaggi relativi alle diverse preparazioni in modo rigido poiché la diversità tra i sierotipi e le composizioni rendono ciascuna marca di
BTX un farmaco differente. Inoltre la complessità di presentazione delle CD e le limitazioni cliniche
delle scale di valutazioni più diffuse rendono ulteriormente difficile la definizione di un rapporto di
equivalenza tra le formulazioni di BTX presenti in commercio (Hallett 2009).La selezione dei muscoli
da infiltrare con BTX generalmente viene effettuata clinicamente in base alla funzione dei muscoli cervicali. Studi neurofisiologici basati sulla registrazione EMG multicanale dei muscoli cervicali hanno
confermato che, a seconda della presentazione clinica della CD (rotatocollo, laterocollo ecc),uno schema di attivazione di gruppi muscolari diversi è ritenuto responsabile delle differenti posture distoniche
(Munchau 2001). La valutazione neurofisiologica può pertanto rappresentare un utile mezzo per definire la distribuzione dei muscoli coinvolti nella CD .Tuttavia per quanto riguarda il trattamento delle
CD non esistono ancora chiare evidenze che la somministrazione di BTX con guida elettromiografica
sia più efficace rispetto al trattamento senza guida elettrofisiologica (Simpson 2008). La scelta della
dose da somministrare in un muscolo è in funzione di criteri generali (proporzione diretta tra la dose di
BTX e le dimensioni del muscolo) e criteri specifici (rischio di comparsa di effetti collaterali a seconda
della funzione del muscolo e del punto di infiltrazione) e non esistono quindi delle rigide linee guida
in merito a tale argomento. Tuttavia ci sono diversi studi che suggericono una dose totale massima da
somministrare con la quale si ha certezza di efficacia del trattamento e si minimizza la comparsa di effetti collaterali (Truong 2005).Inoltre le valutazioni in termini di sicurezza del farmaco si sono sempre
focalizzate nella ricerca di effetti collaterali connessi al singolo trattamento come la comparsa di disfa96
AGGIORNAMENTI IN TEMA DI TOSSINA BOTULINICA
gia, disfonia e debolezza mentre al momento non ci sono delle chiare evidenze di effetti non desiderati
relativi al trattamento cronico della CD con BTX. Tuttavia è esperienza comune che nell’ambito del
trattamento cronico con BTX delle CD più complesse ,caratterizzate da intensi fenomeni di torsione
e minore soddisfazione relativa al trattamento da parte del paziente, si possa verificare il passaggio da
una postura anomala ad un’altra diversa. Tale passaggio rappresenta in molti casi la fisiopatologica
evoluzione del decorso delle CD, ma in alcuni casi può essere secondario ad uno “sbilanciamento”
dell’azione dei muscoli cervicali dovuto ad un eccessivo indebolimento di alcuni gruppi muscolari
indotto dal trattamento stesso con BTX. Per limitare la comparsa di tale evenienza è pertanto raccomandabile non superare i dosaggi medi considerati ben tollerati (Truong 2005, Poewe 1998) e limitare
il trattamento ai muscoli ritenuti primariamente coinvolti nella genesi della postura anomala.
Le distonie focali compito specifiche interessano la mano e si manifestano nel corso di particolari attività ,con la comparsa di movimenti involontari delle dita e del polso , e coinvolgendo a volte anche
muscoli più prossimali. Questi disordini del movimento si verificano generalmente durante la scrittura
o nel suonare uno strumento ma quando il decorso è progressivo si può osservare la perdita della caratteristica compito-specificità e la distonia può evidenziarsi nel contesto di movimenti diversi o persino
comparire spontaneamente. Il trattamento con BTX nei muscoli considerati responsabili della postura
anomala può essere molto efficace e spesso è considerato il trattamento di prima scelta. Esiste un solo
studio di classe I (Kruisdijk 2007) che dimostra l’efficacia della BTX nel trattamento delle distonie
focali della mano e che conferma le evidenze già riscontrate in trial precedenti riguardanti il crampo
dello scrittore e il crampo del musicista (Cole 1995, Marion 2003) .Il principale elemento che consente
di ottenere una buona risposta dal trattamento con BTX nelle distonie focali della mano compito specifiche con BTX è l’accurata identificazione dei muscoli attivati patologicamente.
A tale scopo l’osservazione clinica rappresenta la fase più importante nell’elaborazione della strategia
terapeutica, che può essere facilitata dalla ricerca di movimenti mirror controlaterali durante l’esecuzione del “compito” da parte dell’arto distonico, o di movimenti mirror nell’arto distonico nel corso
dell’esecuzione del movimento specifico da parte dell’arto controlaterale (Marion 2003). A volte può
essere utile effettuare una registrazione EMG multicanale dell’arto affetto durante l’esecuzione del
“compito” attraverso l’utilizzo di elettrodi di superficie e ad ago o preferibilmente con elettrodi wire.
Da tali osservazioni si riscontra spesso che i “muscoli distonici” sono rappresentati solo da alcuni
gruppi di fibre appartenenti ad un muscolo e responsabili di un movimento specifico (ad es. la flessione
della falange intermedia sulla prossimale del II dito) e pertanto il trattamento con BTX deve essere estremamente preciso e focalizzato. L’uso della guida elettromiografica nell’infiltrazione di BTX
localmente nel muscolo consente di poter effettuare il trattamento correttamente e si è dimostrata
una tecnica più efficace rispetto all’inoculazione senza supporto elettrofisiologico (Molloy 2002). Per
quanto riguarda le dosi , anche in questo caso non esistono linee guida rigorose ma bisogna ricordare
che nell’ambito dei disordini compito specifici il rischio di comparsa di eccessiva debolezza è particolarmente alto poiché il bersaglio della BTX è rappresentato da muscoli che presentano un ‘attivazione
patologica soltanto nel corso dei movimenti compito specifici. Inoltre poiché spesso solo alcuni fasci
di fibre si attivano patologicamente è possibile che si verifichi una diffusione del farmaco con interessamento di fibre muscolari non coinvolte dal processo patologico. In base a tali considerazioni si
raccomanda la somministrazione delle dosi minime efficaci.
97
Congresso Nazionale
BIBLIOGRAFIA
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98
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
NEUROFISIOLOGIA
DELL’APPRENDIMENTO
E DELLA MEMORIA
Moderatori:
M. Cincotta (Firenze),
A. Quartarone (Messina)
Congresso Nazionale
100
NEUROFISIOLOGIA DELL’APPRENDIMENTO E DELLA MEMORIA
NEUROPHYSIOLOGY OF LANGUAGE
L. Fadiga
University of Ferrara and The Italian Institute of Technology, Italy
Classical models of language localization in the brain support a clear distinction between perception
and production. This dichotomy has been recently weakened by empirical evidence assigned more
and more relevance to frontal areas, classically considered as the motor areas for speech production,
also for speech/language comprehension. Among frontal areas a relevant distinction is emerging
between central/precentral areas and inferior frontal gyrus: While the former seem functionally involved in representing the phonologic characteristics of the vocal stream (by combining speech units
into words), the latter deals more with meaningful words and is probably involved in their combination into syntactically organized sentences.
101
Congresso Nazionale
TMS E MEMORIA
S. Rossi
Dipartimento di Neuroscienze, Neurologia2 - Neuroscienze Cliniche e Funzionali
La stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) nei processi di memoria episodica è divenuta un solido complemento di studio agli studi lesionali ed a quelli di neuroimaging funzionale
(fMR ed EEG). Infatti, gli studi lesionali non sono in grado di stabilire se l’eventuale riduzione della
performance mnesica sia da attribuire ad un deficit di encoding o di richiamo dell’informazione, né,
tanto meno, quale sia il timing di reclutamento delle strutture lese nelle varie fasi di memoria.
Gli studi di neuroimaging con fMR possiedono elevata risoluzione spaziale, mentre quelli elettrofisiologici basati sulla valutazione dell’attività oscillatoria hanno elevata risoluzione temporale.
Tuttavia, queste metodiche non forniscono relazioni causali certe con gli eventi studiati.
L’utilizzo della rTMS nello studio della memoria episodica è più recente, e risale agli inizi del 2000
(Rossi et al. 2001). Il concetto di base è l’applicazione di un breve treno di rTMS durante la memorizzazione (encoding) o il richiamo (retrieval) dell’informazione, sulle regioni ritenute fondamentali
(sulla base degli studi di neuroimaging funzionale) per il corretto funzionamento dei meccanismi
di memoria episodica. L’effetto della rTMS, misurato come riduzione dell’accuratezza e/o aumento
dei tempi di reazione, sarà tanto maggiore quanto più la regione stimolata è coinvolta attivamente
nel compito. La manipolazione del protocollo consente inoltre di studiare vari aspetti della memoria
episodica: memoria visuo-spaziale, verbale, contenuto semantico dell’informazione, timing di reclutamento delle strutture coinvolte.
Risultati convergenti indicano che la corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC) sinistra è particolarmente attiva nelle fasi di encoding visuospaziale e verbale. La DLPFC di destra svolge invece un ruolo
cruciale nelle fasi di retrieval, soprattutto quando il materiale memorizzato è di tipo visuospaziale.
Inoltre, recenti evidenze suggeriscono che le parole a contenuto semantico elevato sembrano reclutare la DLPFC sinistra nell’encoding in modo maggiore, ma non esclusivo, rispetto a parole valutate
da un punto di vista esclusivamente fonologico (Innocenti et al., in press).
Infine, la capacità di interferenza della rTMS in encoding è massima durante la fase di consolidamento dell’informazione, piuttosto che durante la fase percettiva iniziale (Rossi et al., in press), in
accordo con il modello dell”episodic buffer” descritto da Baddeley (2000).
BIBLIOGRAFIA
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Cappa, S.F., 2010. Temporal dynamics of memory trace formation in the human prefrontal
cortex. (in press)
102
NEUROFISIOLOGIA DELL’APPRENDIMENTO E DELLA MEMORIA
CERVELLO E MUSICA. COMPONENTI INNATE E APPRENDIMENTO
D. Spada
HSR – Milano
Nell’ultimo decennio si è evidenziato un crescente interesse per lo studio dei risvolti funzionali
della Musica. In particolare, nell’ambito delle Neuroscienze si va progressivamente diffondendo
l’idea che lo studio delle correlazioni tra la pratica musicale attiva o passiva, che coinvolge aspetti
sensoriali, percettivi, cognitivi e motori, possa rivelarsi particolarmente utile per accrescere la comprensione delle funzioni del sistema nervoso centrale.
Le varie tecniche strumentali oggi disponibili, come EEG, TMS, fMRI, PET, MEG, sono divenute,
con i punti di forza e di debolezza che le caratterizzano, strumenti necessari nell’indagine in questo
campo. Tuttavia, non è ancora stato affrontato in modo adeguato – né tanto meno risolto – il problema della definizione dell’oggetto stesso della ricerca: la Musica, che, a causa della sua estrema
complessità, resta ancor oggi fondamentalmente sfuggente. Ad esempio, cosa definisce un insieme
di suoni come “musica” e un altro insieme come “rumore”? La risposta non è affatto ovvia. Oggi
molte ricerche hanno raggiunto importanti risultati attraverso lo studio di quello che è senza dubbio
uno degli aspetti salienti di qualsiasi “Musica”: il ritmo. Proprio in questo ambito si sono anche
ottenuti significativi successi nel merito riabilitativo; ma il ritmo costituisce comunque solo uno dei
tanti fattori in gioco.
Le Neuroscienze tendono a privilegiare tre diversi ambiti di indagine: quello relativo alla specificità,
cioè all’identificazione di strutture e reti cerebrali specificatamente reclutate nell’elaborazione di
stimoli musicali, e quelli relativi, rispettivamente, alla performance e alla percezione. Per quanto
concerne la Percezione, vengono generalmente esaminate tre differenti tipologie di soggetti sperimentali: i musicisti, i “naive” e i bambini. In questo modo ci si propone di valutare gli effetti delle
competenze specializzate – frutto di apprendimento specifico teorico e strumentale – rispetto alle
modalità funzionali di base. In quest’ottica si stanno dimostrando particolarmente preziosi gli studi
rivolti a popolazioni sperimentali di infanti e ancor più di neonati, che consentono di approfondire
longitudinalmente lo sviluppo delle “competenze musicali” e gli effetti di acculturazione. La presente relazione si propone di sintetizzare, con brevi esempi, lo stato dell’arte nell’ambito percettivo
e di stimolare la riflessione su quelli che potranno essere gli sviluppi sia nell’ambito della ricerca di
base che in quello delle possibili prospettive riabilitative. Verranno presentati studi che analizzano
la sincronizzazione nella banda gamma – che sembra avere un ruolo determinante nelle funzioni
cognitive di alto livello – al fine di evidenziare probabili differenze specifiche tra musicisti e nonmusicisti. Successivamente si valuteranno alcune specificità dell’apprendimento musicale in soggetti naive, con particolare attenzione all’acquisizione di abilità melodiche e motorie. Infine, verranno
presentati i risultati di uno studio relativo agli specifici sistemi neurali necessari alla elaborazione di
altezze e armonia manifesti nelle strutture cerebrali nelle prime ore post-natali.
103
Congresso Nazionale
104
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
STUDIO DEI MOVIMENTI
NEL SONNO:
ASPETTI CLINICI E TECNICI
Moderatori:
A. Mastrillo (Bologna),
E. Ubiali (Bergamo)
STUDIO DEI MOVIMENTI NEL SONNO: ASPETTI CLINICI E TECNICI
PARASONNIE E MOVIMENTI ANOMALI IN SONNO
R. Manni
IRCCS Neurologico “C. Mondino” Servizio di Epilettologia e Disturbi del Sonno, Pavia
Verranno illustrati
I pattern motori delle parasonnie dell’arousal (in particolare del sonnambulismo) e discussi i criteri
clinici vigenti per la definizione di tali pattern rispetto a quelli di alcune manifestazioni motorie
similari nella NFLE (Nocturnal frontal lobe epilepsy; episodi di nocturnal wandering).
I pattern motori del REM Behavior Disorder
I pattern motori del disturbo di Movimenti Ritmici in sonno, del bruxismo, della Restless Legs Sindrome, del disturbo di Movimenti Periodici degli arti in sonno (PLMs)
Verranno discussi gli steps diagnostici ai tre livelli di approccio: anamnestico, video, video- polisonnografico.
Non esistono tuttora strumenti clinici (questionari ad hoc, scale) universalmente riconosciuti e con
provata validità per la diagnosi differenziale solo su base clinica.
Si da’ molto valore attualmente all’utilizzo di video, anche amatoriali, per l’individuazione dei pattern semiologici, in supporto ai dati anamnestici.
Tuttavia tuttora il sistema di alta definizione diagnostica rimane la Video-EEG-Polisonnografia.
107
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
NUOVE METODICHE PER LO
STUDIO DEL MUSCOLO
Moderatori:
D. De Grandis (Verona),
U. Del Carro (Milano)
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
IMAGING E SPETTROSCOPIA A RISONANZA MAGNETICA DEL MUSCOLO
M. Mascalchi
Radiodiagnostica, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università di Firenze
Premesse tecnico-meotodologiche
La risonanza magnetica (RM) permette una valutazione in vivo non invasiva della muscolatura striata che in linea con la crescente diffusione delle apparecchiature sta diventando una utile integrazione
alla valutazione delle diverse miopatie.
In particolare, con RM è possibile esplorare la struttura dei ventri muscolari, con una fine analisi dei
volumi e del segnale dei muscoli che presentano in molte malattie una distribuzione caratteristica.
A tal fine sono sufficienti apparecchiature anche a basso campo e sequenze di impulsi convenzionali
(T1 e T2 con soppressione del segnale del grasso). Con apparecchi ad alto campo (1,5T o più) è possibile completare l’indagine strutturale con la valutazione biochimica utilizzando la spettroscopia
protonica o del fosforo (Boesch 2007). La spettroscopia del protone sfrutta la maggior abbondanza
dei metaboliti d’interesse (lipidi, acido lattico, creatina) e permette un’analisi con maggiore risoluzione spaziale. La spettroscopia del fosforo pur avendo una intrinseca capacità di rivelare lo stato del
metabolismo energetico nel muscolo normale e patologico, richiede campi elevati e bobine dedicate
ed è pertanto molto meno diffusa.
Un approccio metodologico peculiare della RM del muscolo è rappresentato dagli studi dinamici
in cui si confronta la struttura o la composizione biochimica basale con le modificazioni indotte
dall’esercizio (Lodi et al. 1999; Boesch 2007; Gielen et al. 2009 ).
Indicazioni e semeiotica
La distribuzione dell’atrofia, dell’involuzione adiposa, dell’ipertrofia e della pseudo-ipertrofia dei
ventri muscolari quali sono rivelate dall’imaging con RM rappresenta oggi un marker fenotipico di
miopatie congenite (Kim and Wang 2009; Gilhuis et al. 2009) o geneticamente determinate (Gallardo et al. 2009) e può essere di ausilio per la stadiazione ed il monitoraggio delle diverse miopatie.
Inoltre i reperti possono essere utili nella programmazione della biopsia muscolare.
Nell’ambito delle miopatie acquisite, l’imaging con RM sta trovando applicazione nella diagnosi
differenziale delle miopatie infiammatorie (Melzer et al. 2009) in cui ad una variabile modificazione
del volume muscolare corrisponde un aumento del segnale nelle immagini dipendenti dal T1 che
riflette la sostituzione adiposa e nelle immagini dipendenti dal T2 che riflette in varia misura l’edema
e l’infiammazione. L’integrazione dell’esame convenzionale con la somministrazione del contrasto
paramagnetico per vena può contribuire a distinguere le due componenti responsabili dell’iperintensità nelle immagini T2 dipendenti.
Un settore dell’imaging particolare ed in rapida espansione è quello relativo alla diagnosi differenziale delle sindromi compartimentali - da intrappolamento in cui la RM è in grado di dimostrare la
alterazione morfologica e del segnale dei muscoli coinvolti (Naidu et al. 2009; Torriani et al. 2009).
Recentemente lo studio di alcuni parametri quantitativi dell’imaging con RM del muscolo quali il
calcolo del tempo di rilassamento T2 ha trovato applicazione per la valutazione dell’attività e la
predizione della risposta alla terapia in quadri oftalmopatia di Graves (Kirsch et al. 2010).
La spettroscopia protonica ha attualmente prevalentemente un ruolo di approfondimento per lo studio della fisiopatologia in diverse miopatie o malattie neurologiche con disfunzione mitocondriale
quale l’atassia di Friedreich (Lodi et al. 1999).
111
Congresso Nazionale
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112
1
UO Neurologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona
² Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università d
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
Brescia
3
UO Neurologia, Ospedale di Rovigo
NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY): METODI ED APPLICAZIONI
La NIRS (NEAR INFRARED SPECTROSCOPY) è stata per la
utilizzata
fine anni
da Jobsis (Jobsis 1977), per studiare il flusso
G. Squintani¹, C.
Orizio², M.aGobbo²,
D. De’70
Grandis³
miocardico in casi di insufficienza circolatoria. In seguito la metodica si
1
UO Neurologia,ilAzienda
Universitaria
Integrata,
Veronasettori di ricerca, in partico
suo Ospedaliera
impiego ha
interessato
diversi
² Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università degli Studi di Brescia
Medicina dello Sport. La NIRS permette di studiare in modo non
3
UO Neurologia, Ospedale di Rovigo
consumo di ossigeno e il flusso sanguigno nel tessuto sottostante la son
a riposoSPECTROSCOPY)
che dopo esercizio
muscolare.
Il utilizzata
suo funzionamento
La NIRS (NEARsia
INFRARED
è stata per
la prima volta
a fine anni ’70 sfrutta
da Jobsis (Jobsisdell’attenuazione
1977), per studiare il flusso
cerebrale
e
miocardico
in
casi
di
insufficienza
circo- da parte
(chiamata anche densità ottica) della luce
latoria. In seguito la metodica si è diffusa ed il suo impiego ha interessato diversi settori di ricerca,
regolato dalla cosiddetta legge di Lambert Beer modificata densità ottic
in particolar modo la Medicina dello Sport. La NIRS permette di studiare in modo non invasivo il
dovee il‘a’
è il
coefficiente
disottostante
estinzione
della
sostanza;‘C’
consumo di ossigeno
flusso
sanguigno
nel tessuto
la sonda
applicata
sia a riposo echela concen
composto;
‘L funzionamento
‘e’ il percorso
cheil compie
luce quando (chiamata
attraversa il tes
dopo esercizio muscolare.
Il suo
sfrutta
fenomenoladell’attenuazione
anche densità ottica)
della
luce
da
parte
dei
tessuti,
regolato
dalla
cosiddetta
legge
di
Lambert
Beer il feno
l’attenuazione della luce nella sostanza attraversata per
modificata densità ottica: aLC +Y, dove ‘a’ è il coefficiente di estinzione della sostanza;‘C’ e la
‘scattering’, o dispersione della luce. Ogni sostanza assorbe la l
concentrazione del composto; ‘L ‘e’ il percorso che compie la luce quando attraversa il tessuto e ‘Y’
lunghezza
d’onda
e La NIRS
sfrutta l’assorbimento
della
e’ l’attenuazionedeterminata
della luce nella sostanza
attraversata
per λ,
il fenomeno
dello ‘scattering’,
o dispersiosostanze,
l’emoglobina
e la
mioglobina
contenute
ne della luce. Ogni
sostanza assorbe
la luce ad una
determinata
lunghezza
d’onda λ,nei
e Latessuti,con
NIRS sfrut- spettro
ta l’assorbimentoassorbimento
della luce di due simile,
sostanze,compreso
l’emoglobinatra
e la750
mioglobina
contenute
nei
e 850 nm (bandatessuti,con
‘near infrared’)
spettro luminoso di assorbimento simile, compreso tra 750 e 850 nm (banda ‘near infrared’).
Sfruttando l’attenuazione della luce lo spettrometro e’quindi comp
Sfruttando l’attenuazione della luce lo spettrometro e’quindi composto da due sonde, un emettitore
sonde, un emettitore
di luce
a raggi
‘quasi-infrarossi’ed
un rilevatore c
di luce a raggi ‘quasi-infrarossi’ed
un rilevatore
che misura
la luce
assorbita nella zona sottostante,
zona(Fig.
sottostante,
con possibilità di misura fino
con possibilità diluce
misuraassorbita
fino a 6 cm nella
di profondità
1)
Figura 1
113
ha un suo specifico pathlenght). In sostanza questi pa
-emoglobina
ossigenata (O2Hb),
Congresso
Nazionale
-emoglobina deossigenata (HHb),
totale
(cHb),
I parametri -emoglobina
misurati dall’apparecchiatura
sono valori
relativi o ‘variazioni’rispetto ad un valore iniziale se il percorso della luce nel tessuto (che è il cosiddetto ‘pathlenght’) non è noto, oppure valori
-rapporto
O2Hb/cHb
(TOI)
assoluti se il
pathlenght e’ noto
(ogni tessuto ha un
suo specifico pathlenght). In sostanza questi
parametri sono:
-variazione dell’HB (nTHI)
-emoglobina ossigenata (O2Hb),
-emoglobinaQui
deossigenata
di (HHb),
seguito riportiamo l’esempio di un sogge
-emoglobina totale (cHb),
-rapporto O2Hb/cHb
(TOI)
muscolare
isometrico (Fig. 2)
-variazione dell’HB (nTHI)
Qui di seguito riportiamo l’esempio di un soggetto sano durante uno sforzo muscolare isometrico
(Fig. 2)
Figura 2 In rosso:O2Hb; In blu :HHB; In bianco:cHB; In verde:TOI; In giallo:THI
Figura 2
Con questi indici si possono misurare due parametri fondamentali: l’estrazione di ossigeno dai
tessuti e il flusso sanguigno del tessuto studiato. Studi di fisiologia che utilizzano metodi invasivi
(cateteri venosi) per la misurazione dell’estrazione di O2, e la pletismografia, hanno dimostrato la
validità della NIRS quale strumento di misura sia per il consumo dell’O2 che per il flusso locale
(Homma et al, 1996; Van Beekvelt et al, 2001 ).
È stato dimostrato che il consumo di ossigeno tissutale può essere calcolato in diversi modi (O2HbHHb, DO2Hb), ma il parametro più semplice da studiare, che non si modifica con la variazione di
flusso e che quindi meglio esprime il bilancio di rifornimento e consumo di O2 è la DHHB (DeLorey
et al, 2003 ).
La NIRS e’stata utilizzata per studiare il flusso sanguigno in diverse patologie (insufficienza cardiovascolare, sindrome compartimentale, dolori muscolari (van den Brand et al, 2005; McCully et
al, 1997) e in particolar modo per studiare il metabolismo muscolare in alcune forme di miopatia
114
Con questi indici si possono misurare due parametr
ossigeno dai tessuti e il flusso sanguigno del tessuto
utilizzano metodi invasivi (cateteri venosi) per la mis
e la pletismografia, hanno dimostrato la validità d
misura sia per il consumo dell’O2 che per il flusso lo
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
mitocondriale e da deficit enzimatici (Bank and Chance 1994; van Beekvelt et al,1999; Grassi et al,
2007), o l’efficacia della terapia nelle miopatie infiammatorie (van Beekvelt et al, 2002, Okuma et
al, 2007). Grassi e ricercatori (2007) hanno dimostrato, durante test incrementale al cicloergometro, una ridotta estrazione di ossigeno in pazienti con miopatie mitocondriali e metaboliche rispetto
ai normali, associata ad una aumentata risposta cardiovascolare, interpretata come meccanismo di
compenso sistemico. Van Beekvelt (1999) ha studiato pazienti con cPEO ed ha evidenziato rispetto
ai controllo sani, durante un esercizio isometrico statico (handgrip al 10%), sia una riduzione del
consumo di O2, che un aumentato flusso a riposo e durante l’esercizio muscolare, verosimile risposta circolatoria compensatoria al deficit muscolare. Delcanho ed il suo gruppo (1996) hanno invece
studiato le variazioni emodinamiche a livello del muscolo massetere in un gruppo di soggetti con
mialgia cronica ed hanno dimostrato una ridotta riperfusione muscolare dopo sforzo (misurata con
la variazione dell’Hb totale), probabilmente legata ad una ridotta capacità riperfusoria nel muscolo
‘doloroso’.
Obiettivi. L’obiettivo principale è stato quello di studiare il consumo locale di ossigeno durante uno
sforzo muscolare ed il recupero del flusso durante il ristoro post-sforzo in diverse forme di miopatia
ed in soggetti neuropatici e confrontare i dati con un gruppo di normali. Inoltre si è voluto studiare
se esiste una correlazione tra il consumo di ossigeno, l’ affaticamento muscolare e il grado di compromissione clinica.
Soggetti e metodi. Noi abbiamo studiato un gruppo di 9 soggetti di controllo (C) (età media 38), 9
pazienti con neuropatia (N) (di cui 5 con CMT, 4 con neuropatia acquisita, età media 60), 6 soggetti
con distrofia (D) (età media 47), 6 con miopatia non distrofica (MND) (età media 34) e 9 soggetti
con distrofia miotonica (DM) (età media 30). A tutti i soggetti è stato applicato il seguente protocollo
di esercizio: 30’’ di contrazione massimale del muscolo bicipite brachiale dell’arto dominante (flessione isometrica del braccio), 30’’ di contrazione massimale dei flessori della caviglia in condizioni
isometriche. Per entrambi i gruppi muscolari esaminati (flessori del gomito e caviglia) sono stati
inoltre valutati l’affacitabilità muscolare (intesa come inverso del tempo di sostenibilità della massima contrazione volontaria isometrica) ed il grado di ipostenia (mediante scala MRC). L’ampiezza
della risposta simpatico-cutanea e la variazione della frequenza cardiaca durante sforzo massimale
sono stati misurati nei soggetti con distrofia miotonica e neuropatia. Per l’analisi statistica è stato
utilizzato un test t a due code con significatività per p<0.05.
Risultati. Rispetto ai soggetti di controllo, il ∆ HHb, è risultato ridotto in tutti i pazienti studiati, in
misura significativa nei soggetti con distrofia miotonica e nei pazienti con neuropatia (p<0.005, Fig.
3), con una chiara correlazione con il tempo di fatica (0,89 per i soggetti neuropatici e >0,9 per i
soggetti miopatici) e con il grado di ipostenia (espresso con la scala MRC) (> 0,75 nei neuropatici,
e > 0,85 nei soggetti miopatici). Inoltre nei soggetti neuropatici si è evidenziato un minore recupero
del flusso (espresso sia come D cHb che come D THI) dopo sforzo rispetto ai valori iniziali, mentre
i soggetti distrofici si comportano come i normali (Fig. 4). L’ampiezza della risposta simpaticocutanea è risultata normale nei distrofici e ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con
il D THI dopo sforzo. Nei nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una
significativa variazione della frequenza cardiaca (+22,5 bpm nei neuropatici, +24,5 nei distrofici
versus i +12 nei normali) dopo sforzo muscolare.
115
ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con il Δ THI dopo sforzo. Nei
ridotta nei pazienti neuropatici, senza correlazione con il Δ THI dopo sforzo. Nei
nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una significativa
nostri pazienti, sia distrofici che neuropatici, si è dimostrata inoltre una significativa
variazione
della Nazionale
frequenza
cardiaca
(+22,5
bpmbpm
neinei
neuropatici,
Congresso
variazione
della frequenza
cardiaca
(+22,5
neuropatici,+24,5
+24,5nei
neidistrofici
distrofici
versus versus
i +12 nei
normali)
dopo
sforzo
muscolare.
i +12 nei normali) dopo sforzo muscolare.
Figura 3Figura 3
Figura 3
*
*
Figura 4
Discussione.
Figura 4Il consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb
Figura 4
durante lo sforzo, è risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza
Discussione.
Il consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb
durante lo sforzo, è risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza
116
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
Discussione
Il consumo muscolare locale di ossigeno, espresso come variazione (∆) di HHb durante lo sforzo, è
risultato ridotto nei pazienti miopatici con maggiore evidenza nei pazienti con distrofia miotonica.
Già altri studi (Grassi et al, 2007) avevano dimostrato una riduzione del metabolismo ossidativo in
miopatie metaboliche e mitocondriali, ma dati sulla distrofia miotonica non sono stati ancora riportati. Il deficit inoltre correla con il tempo di fatica muscolare ed il grado di ipostenia, e può quindi essere considerato un buon indicatore del grado di compromissione funzionale del muscolo. In accordo
con altri lavori (Van Beekvelt et al, 1999, Grassi et al, 2007), nei pazienti studiati si è dimostrato un
incremento significativo della frequenza cardiaca in condizioni di sforzo rispetto ai controlli, che gli
autori sopraccitati hanno interpretato come un meccanismo di compenso cardiocircolatorio al deficit
del consumo di O2. I nostri dati, ottenuti in condizioni di blocco circolatorio dovuto all’elevata pressione intramuscolare causata dalla contrazione massimale, ci premettono di ipotizzare un possibile
ruolo del microambiente chimico-fisico muscolare nella regolazione della frequenza cardiaca dopo
sforzo sostenuto. Tale circuito, verosimilmente legato all’azione delle fibre amieliniche di piccolo
calibro (III e IV) sui sistemi di controllo della FC, potrebbe avere un ruolo chiave qualora la riduzione dell’estrazione di O2 nel muscolo patologico prediligesse la via glicolitica anaerobia nella
produzione dell’ATP necessario alla contrazione massimale.
Inoltre nei soggetti neuropatici il minore recupero del flusso dopo sforzo, che non correla con l’alterazione del sistema simpatico cutaneo registrato in condizioni di riposo, può essere interpretato
come deficit della riperfusione muscolare legato ad una compromissione del sistema nervoso simpatico muscolare.
Conclusioni: la NIRS è una metodica semplice, non invasiva, che permette di studiare il metabolismo ed il flusso di vari tessuti. Il suo utilizzo si è esteso negli ultimi anni a vari ambiti di ricerca e di
modelli di patologia tissutale.
Il nostro studio, ha evidenziato un deficit del metabolismo ossidativo a livello muscolare nei soggetti
con miopatia distrofica, non distrofica e miotonica, che, correlando con la fatica ed il grado di ipostenia, può essere un buon indicatore del grado di compromissione funzionale del muscolo. La NIRS
può inoltre fornire informazioni sul flusso muscolare: nei soggetti neuropatici che abbiamo valutato
si e’evidenziata una ridotta riperfusione dopo sforzo che può essere interpretata come una alterata
funzione del sistema nervoso simpatico muscolare, indipendente dalla compromissione del sistema
simpatico cutaneo e dall’eventuale compenso della funzione cardiaca.
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118
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
ECOGRAFIA NEUROMUSCOLARE: QUALI NOVITÀ?
G. Balconi
Ospedale San Raffaele Turro Dipartimento/Divisione di Radiologia, Milano
Premesso che non vi sono novità nella ecografia neuromuscolare bisogna aggiungere che vi sono
però delle evoluzioni importanti in più settori di modalità di utilizzo di questa metodica che cercheremo di analizzare nelle loro proprietà e nei loro verosimili sviluppi applicativi. I campi di maggiore
interesse sono rappresentati dalla definizione strutturale della ecografia, dalla elastosonografia, dallo
studio funzionale neuromuscolare.
Nuove prospettive di definizione strutturale. Rispetto a pochi anni orsono quando già si pensava
che l’ecografia neuromuscolare fosse ormai in grado di offrire tutto il suo potenziale (Walker 2004)
si sono indubbiamente precisate alcune peculiarità. Alcuni autori (Pillen 2006) hanno ulteriormente
approfondito lo studio sulla ecogenicità dei muscoli in relazione alle patologie neurodistrofiche
ricercandone la “quantificazione” sulla scia evolutiva di quanto già proposto da Hekmatt agli inizi
degli anni 80. Il sistema non è riproducibile in modo costante non essendo la “ecogenicità “dei muscoli una misura fisica ma l’effetto visibile della interazione delle onde ultrasonore con le strutture
in esame condizionata da innumerevoli variabili. La metodica può solo avere una validità semiquantitativa. Interessante invece lo sviluppo tecnologico delle sonde ecografiche che hanno permesso
immagini sempre più “nitide” tali da consentire valutazioni strutturali da “sono - istologia” dei nervi
(Koenig 2009) e “misure” significative anche su piccole strutture, quali appunto i nervi. La variazione di dimensione dei nervi, rilevata in sezione, si è progressivamente dimostrata significativa nelle
sindromi da intrappolamento.
Ancora invece da verificare il significato clinico - diagnostico delle acquisizioni 3D.
Elastosonografia. La valutazione della elasticità delle strutture anatomiche è sempre stato un dato
fortemente ricercato in medicina. Qualunque formazione in esame clinico veniva e viene valutata
anche per la sua “durezza-elasticità” talvolta affidando a questa caratteristica significati eccessivi.
E così anche le metodiche di imaging non solo non sono sfuggite a questa logica ma hanno cercato
una riproducibilità e quindi una quantificazione della elasticità dei tessuti in esame. Dall’inizio degli
anni ’90 (Ophir 1991) si è quindi cercato di individuare un metodo ecografico di misurazione della
elasticità dei muscoli. Si sono effettuati tentativi utilizzando l’effetto doppler (Gurbb 1995) fino alla
attuale elastosonografia basata sulla variazione della immagine ecografica B-mode in seguito alla
pressione semiquantitativa della sonda ecografica (Garra 2007). Lo studio “quantitativo” (riproducibile) sui muscoli e sui tendini è del tutto in evoluzione.
Variazioni morfologiche nella attività muscolare. Un altro settore ove l’applicazione della ecografia ha avuto negli ultimi anni una evoluzione importante, almeno concettuale e speculativa, è lo
studio dei muscoli in movimento, Questo è stato possibile per la progressiva miniaturizzazione delle
sonde ma soprattutto per la possibilità di poter ottenere immagini dettagliate in tempi moto brevi.
Si sono quindi sviluppate metodi di applicazione delle sonde ecografiche ai muscoli – tendini e per
un lo studio delle loro variazioni volumetriche e strutturali nella varie fasi di contrazione, allungamento e in situazioni diverse di potenziamento e allenamento. Si sono così conosciute variazioni
non solo di aree di sezione ma anche dell’angolo di pennazione in relazione al tipo di attività e di
119
Congresso Nazionale
allenamento. Fino ad arrivare ad un progressivo controllo e monitoraggio di questi parametri anche
in monitoraggio EMG (Cochcrane 2009) e di riproducibilità di lunghezza della fibra e del concomitante angolo di pennazione in vivo (Aggeloussis 2010).
Finora poche risultano comunque le ricadute operative di tali valutazioni.
Velocità di trasmissione della contrazione. Le conoscenze tecnologiche maturate e raggiunte hanno poi permesso attuali spinte “speculative” sul riconoscimento delle fibre in contrazione fino a
pensare di misurare la rapidità di eccitazione, contrazione e reclutamento progressivo di fibre in
controllo ecografico (Diffieux 2008) e cercare di sviluppare tale metodica in diversi distretti corporei
(Westad 2010) intravvedendo possibili applicazioni cliniche (Peolsson 2010). La disponibilità di
apparecchiature ecografiche ad elevatissimi frames e la dimostrazione di una riproducibilità morfo - funzionale sono due necessità imprescindibili per una evoluzione nella pratica clinica di tali
potenzialità.
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120
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
PET E MUSCOLO
R. Ravenni
Dipartimento di Neuroscienze, Azienda ULSS 18, Rovigo
Esistono molte metodiche per lo studio dell’attività muscolare, alcune ben conosciute, utilizzate,
standardizzate, altre di più recente introduzione, applicate in modo significativo anche in ambito
di ricerca e non correntemente usate nella diagnostica clinica quotidiana. La PET (tomografia ad
emissione di positroni) è una tecnica di indagine diagnostica basata sull’acquisizione di immagini
fisiologiche basate sulla misurazione di radiazioni derivanti dalla emissione di positroni. I positroni
sono costituiti da particelle di piccolissime dimensioni emesse da sostanze radioattive le quali vengono somministrate per via endovenosa ai pazienti. Le immagini dell’intero corpo umano ottenute
con tale metodica sono utilizzate per la valutazione di molte patologie, in particolare della tiroide,
del fegato, del polmone e del rene. Per ciascuna patologia sono disponibili radionuclidi differenti, ad
esempio 1502 per lo studio del flusso cerebrale, il 18 FDG per lo studio “in vivo” del metabolismo del
glucosio ecc. I campi clinici di maggiore applicazione della metodica riguardano l’oncologia medica
sia in termini diagnostici che di follw-up.
Sfruttando tuttavia il dato che il glucosio è la prima fonte di energia a livello del sistema muscolare
recentemente si è sviluppata un’area di Fisiologia Muscolare che si occupa dello studio degli adattamenti funzionali, morfologici, biochimici e molecolari a carico dei muscoli scheletrici e del muscolo cardiaco, in condizioni fisiologiche (allenamento, etnicità, sesso, età evolutiva, invecchiamento,
ecc.), parafisiologiche (decondizionamento, ipossia acuta e cronica, microgravità, ecc.), e fisiopatologiche (arteriopatie periferiche, diabete, miopatie, malattie metaboliche e respiratorie, trapianto
cardiaco, obesità, ecc.). mediante tecniche classiche e metodologie innovative quali NIRS, NMR,
PET e analisi proteomica. La PET può essere infatti utilizzata per valutare l’entità della forza muscolare esercitata, per creare immagini anatomiche dell’attività muscolare ed evidenziare la distribuzione dell’attività metabolica durante esercizi muscolari specifici (J. Pappas et al. J. Appl. Phys.
90: 329–337, 2001). Ed è emergente il ruolo che tale metodica riveste nel management di patologie
neurologiche e/o neuromuscolari oltre che nelle scienze biomeccaniche. Ad esempio tale metodica è
utilizzata per il monitoraggio del recupero funzionale in pazienti affetti da stroke o danni del midollo
spinale ed affianca il consolidato e tradizionale esame EMG negli studi di biomeccanica muscolare
(Ballantyne BT et al. Exp Brain Res 93: 492–498, 1993; Buchanan TS et al. J Neurophysiol 62:
1201–1212, 1989). Nell’ambito delle Sindromi da Iperattività Muscolare, in particolare nelle contratture muscolari elettricamente silenti (Rippling Muscle Syndrome, Brody Syndrome, Myoedema)
la cui patogenesi può essere più spesso ricondotta a deplezione di riserve energetiche muscolari ed a
ripetute contrazioni con conseguente ischemia, associate a “glycogen methabolic disorders”, la PET
è di ausilio dimostrando un chiaro deficit del rilassamento muscolare a distribuzione disomogenea
in settori elettricamente silenti, indirizzando pertanto nella diagnostica differenziale (dati personali).
M.A. 37 years old, Brody’s Disease, mean SUV 3,7 on left biceps brachii
In un recente lavoro (Duk Hyun Sung et al. J. Nucl. Med, 2007) è stata dimostrata l’utilità della
metodica PET FDG nella corretta visualizzazione dei muscoli coinvolti in pazienti affetti da distonia cervicale allo scopo di individuare quelli suscettibili di trattamento con tossina botulinica. I dati
ottenuti in un nostro studio successivo hanno evidenziato che, nelle distonie cervicali idiopatiche, il
121
Congresso Nazionale
trattamento con tossina botulinica eseguito nei muscoli che presentano un SUV elevato all’indagine
PET, correla con un significativo miglioramento del pattern distonico e con la riduzione del dolore,
quando presente, ma dimostra anche come i pazienti meno responsivi al trattamento con tossina
botulinica spesso presentino una distribuzione di attivazione muscolare che coinvolge preferenzialmente i muscoli profondi del collo, non suscettibili di inoculazione mediante sola guida EMG. In
tali pazienti il trattamento sotto guida fluoroscopia ha determinato una risposta soggettiva ottimale
in assenza di effetti collaterali immediati od a distanza.
M.P. male 60 y.o., Cervical Dystonia, before and after BoNT treatment
Sempre nell’ambito della patologia muscolare, molte indagini PET hanno puntato l’attenzione
sull’alterazione del metabolismo regionale cerebrale del glucosio, in particolare in pazienti affetti
da distrofia muscolare di Duchenne (Lee JS et al. Muscle & Nerve 2002) o sul coinvolgimento
dell’attività cardiaca.
In un gruppo di pazienti affetti da Distrofia Muscolare (un paziente con DM1, un paziente con DM2,
quattro pazienti con FSHD geneticamente dimostrate) è stato valutato il pattern del metabolismo
e dell’uptake del FDG in condizioni sperimentali standardizzate. I dati acquisiti evidenziano una
attività muscolare disomogenea ed un metabolismo glucidico non proporzionale all’entità del danno
evidenziabili clinicamente, mediante EMG e con metodiche di imaging (RMN). Le possibili correlazioni fisiopatologiche e funzionali vengono analizzate.
122
NUOVE METODICHE PER LO STUDIO DEL MUSCOLO
123
Congresso Nazionale
124
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
LE BASI NEUROFISIOLOGICHE
DELLA COSCIENZA
Moderatori:
F. Fattapposta (Roma),
R. Zappoli Thyrion (Firenze)
LE BASI NEUROFISIOLOGICHE DELLA COSCIENZA
WHICH FUNCTIONS OF CONSCIOUSNESS CAN BE ASSESSED IN NON- AND LOWRESPONSIVE PATIENTS?
B. Kotchoubey1, S. Lang2, F. Müller3
University of Tübingen, Germany
University of Heidelberg, Germany
Schoen Clinics for Neurorehabilitation, Bad Aibling, Germany
According to Wittgenstein, the so-called other minds problem is solved using habitual, culture-and
language-determined manifestations of consciousness. In non- and low-responsive neurological patients, however, the connection can be disrupted between those manifestations and the first-person
awareness. To overcome this difficulty, we propose to analyze a system of mental (cognitive and
emotional) functions according to the two criteria, i.e., (i) their relationship to conscious awareness
(versus ability to perform these functions automatically and unconsciously); and (ii) the reliability
of neurophysiological indicators of the function in healthy subjects and conscious patients. This
analysis allows us to develop three parallel sets of concepts: (a) a set of mental functions (psychological constructs) in their relation to conscious awareness; (b) a parallel hierarchy of corresponding
stimulation procedures addressing those mental functions; and (c) a battery of electrophysiological
and brain metabolic measures to be recorded in response to this stimulation.
127
Congresso Nazionale
EVALUATING THE BRAIN’S CAPACITY FOR CONSCIOUSNESS: FROM A THEORY
TO THE BEDSIDE
M. Massimini
Dipartimento di Scienze Cliniche, Università degli Studi di Milano
How do we evaluate a brain’s capacity to sustain conscious experience if the subject does not manifest purposeful behaviour and does not respond to questions and to commands? What should we
measure in this case? An emerging idea in theoretical neuroscience is that what really matters for
consciousness in the brain are not so much activity levels, access to sensory inputs or neural synchronization per se, but rather the ability of different areas of the thalamocortical system to interact
causally with each other to form an integrated whole. In particular, the Information Integration Theory of Consciousness (IITC) argues that consciousness is integrated information and that the brain
should be able to generate consciousness to the extent that it has a large repertoire of available states
(information), yet it cannot be decomposed into a collection of causally independent subsystems
(integration). To evaluate the ability to integrate information among distributed cortical regions, it
may not be sufficient to observe the brain in action. Instead, it is useful to employ a perturbational
approach and examine to what extent different regions of the thalamocortical system can interact
causally (integration) and produce specific responses (information). Thanks to a recently developed
technique, transcranial magnetic stimulation and high-density electroencephalography (TMS/EEG),
one can record the immediate reaction of the entire thalamocortical system to controlled perturbations of different cortical areas. In this talk, using sleep and anaesthesia as models of unconsciousness, we will see that TMS/EEG can detect clear-cut changes in the ability of the thalamocortical
system to integrate information when the level of consciousness fluctuates. Finally, we will discuss
the potential applications of this novel technique to evaluate objectively the brain’s capacity for
consciousness at the bedside of brain injured patients.
128
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
COMUNICAZIONI ORALI
I SESSIONE
Moderatori:
L. Murri (Pisa), G. Muscas (Firenze)
Congresso Nazionale
130
COMUNICAZIONI ORALI - I SESSIONE
STATO DI MALE EPILETTICO NEL PAZIENTE ANZIANO. ANALISI DI UNA
POPOLAZIONE OSPEDALIERA
L. Vivalda, S. Amarù, N. Deluca, E. Defourville*, C. Serpella*, E. Luda di Cortemiglia
*TNFP
UOC Neurologia, Ospedale di Rivoli, Torino
RAZIONALE
Nonostante sia nota l’elevata incidenza di epilessia nella popolazione anziana, è ampiamente sotto
diagnosticato lo stato di male in questa età della vita, soprattutto se non convulsivo, e pertanto gravato da importante mortalità.
La prognosi infausta si ritiene legata ad una serie di fattori non ultimo dei quali il ritardo di diagnosi
e trattamento, legato alla scarsa conoscenza del problema da parte dei medici dell’emergenza, ed al
polimorfismo semiologico delle crisi.
Sussistono controversie anche nella letteratura neurologica riguardo alla classificazione ed al trattamento del NCSE, per il quale mancano protocolli condivisi e scarsi sono i dati epidemiologici.
METODI
Studio retrospettivo di 35 pazienti di età 60-92 anni osservati negli ultimi 5 anni, che hanno manifestato stato di male. Sono stati esclusi gli stari mioclonici esito di encefalopatia anossica.
Vengono discusse le cause scatenanti, le presentazioni cliniche, il trattamento e l’esito con riguardo
ad alcuni casi problematici per durata e difficoltà di gestione.
RISULTATI
Netta prevalenza del sesso femminile, prevalenza di status non convulsivo, ritardo di diagnosi nella
maggior parte dei casi,polimorfismo semiologico anche nello stesso paziente, necessità fino a 4 AED
in alcuni casi, exitus in 11 pazienti.
Fondamentale il ruolo dell’EEG
CONCLUSIONI
La nostra casistica, pur limitata, è in linea con i dati di letteratura e conferma la complessità di
gestione di questa popolazione. Nessuno dei pazienti ha presentato stato convulsivo, ma alcuni pazienti hanno presentato crisi TCG all’esordio o durante il decorso. Se non efficace il trattamento di
prima linea solo una piccola percentuale ha risposto ad altri farmaci. Sono stati impiegati lorazepam
in prima battuta, in seguito VPA, DPH, PB e in casi più limitati LEV
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131
Congresso Nazionale
CRISI E STATO EPILETTICO IN TERAPIA INTENSIVA CARDIOCHIRURGICA:
PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO DIAGNOSTICO E TERAPEUTO
S. Fossi #, A. Grippo#, R. Carrai# , M. Spalletti#, S. Gabbanini#, E. Mazzeschi#, D. Dini*, G. Olivo*, C. Lazzeri*, F. Pinto #, A. Amantini #
# DAI Neuroscienze e *DAI Cardiologico e dei Vasi, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi –
Firenze, Italy
Rationale: Le crisi e lo stato epilettico (SE) non sono di infrequente riscontro nei pazienti delle
terapie intensive e sono associati ad una maggior morbidità e mortalità. Nonostante i numerosi studi
la loro esatta incidenza non è stata sufficientemente definita. Alcuni AA riportano la più elevata percentuale di crisi (CNC) e stati epilettici non convulsivi (SENC) nelle terapie intensive cardiologiche
e cardiochirurgiche.
Scopo: in terapia intensiva cardiologica-cardiochirurgica (TICC) possiamo riscontrare differenti
scenari clinici che richiedono un diverso approccio diagnostico e terapeutico. Lo scopo di questo
lavoro è di proporre un protocollo di diagnosi e trattamento delle crisi epilettiche in TICC.
Protocollo proposto: nei pz. con stato mioclonico, sia successivo ad arresto cardio respiratorio, sia
post-chirurgic0, eseguiamo una registrazione EEG e PES: in caso di PES bilateralmente assenti, dato
il significato prognostico infausto certo, il trattamento antiepilettico (AED) non è madatorio in quanto non assume significato protettivo. In caso di PES bilateralmente presenti ed anomalie parossistiche EEG suggeriamo il trattamento con sedazione ed AED in attesa che una successiva attendibile
valutazione clinica fornisca ulteriori elementi prognostici. Nei pz. post-chirurgici con singole crisi
cliniche precoci alla riduzione della sedazione e con EEG privo di anomalie epilettiformi e di CNC /
SENC proponiamo di mantenere la sedazione in atto per ulteriori 12-24 h e di non associare un AED
in attesa di successiva rivalutazione elettroclinica. In caso di crisi cliniche tali da configurare uno SE
o di quadro EEG di CNC/SENC la proposta terapeutica è quella di associare trattamento AED alla
sedazione (acido valproico: bolo 25-45mg/kg + infusione 1-2mg/Kg/h). Dopo 12-24 h di controllo
clinico ed evidente attenuazione EEG dell’attività critica si propone la riduzione dell’infusione della
sedazione, sempre sotto controllo EEG. In caso di ricomparsa di crisi cliniche e/o persistenza delle
anomalie EEG da status si propone un secondo AED (Levetiracetam ev: bolo 2gr + mantenimento
1grx2) ripristinando la sedazione per 12-24 h fino a ulteriore controllo EEG.
Conclusioni: Considerando la fisiopatologia del danno cerebrale in questo tipo di pazienti è necessario ricercare un approccio diagnostico-terapeutico che permetta da un lato di non trattare aggressivamente pz. con prognosi precoce infausta certa a causa del danno primario, dall’altra di ottimizzare
la terapia in quei pz. che potrebbero giovarsi maggiormente di un trattamento antiepilettico più
aggressivo al fine di prevenire un possibile danno secondario.
132
COMUNICAZIONI ORALI - I SESSIONE
ENCEFALOPATIA EPILETTICA CORRELATA AD ALTERAZIONI DEL GENE CDKL5:
CARATTERISTICHE ELETTROCLINICHE RELATIVE AL PRIMO ANNO DI VITA
F. Melani°, C. Marini°, C. Barba°, A.R. Ferrari*, S. Savasta§, R. Guerrini°
°Pediatric Neurology Unit, Children’s Hospital A. Meyer-University of Florence, Florence, Italy;
§Pediatric Unit, IRCCS Foudation Policlinico San Matteo, Pavia, Italy; *IRCCS Stella Maris
Foundation, Pisa, Italy
Scopo dello studio: Mutazioni o delezioni del gene X-linked CDKL5 (cyclin-dependent kinaselike 5) causano una encefalopatia epilettica ad insorgenza precoce, spesso accompagnata da spasmi
infantili e grave ritardo (Evans et al., 2005; Mari et al., 2005). Alcune caratteristiche ricorrenti nei
pazienti hanno permesso di definire quadri relativamente tipici, tra cui una forma di encefalopatia
mioclonica. Partendo dai dati clinici ed elettrografici ottenuti nel primo anno di vita abbiamo ricercato se un pattern comune caratteristico fosse precocemente identificabile.
Metodi: Abbiamo valutato 6 pazienti con encefalopatia epilettica e mutazioni/delezioni di CDKL5:
5 femmine 1 maschio. Per ciascun paziente abbiamo raccolto i dati clinici (età all’esordio delle crisi,
semiologia, RM encefalo, tipo di alterazione genetica) ed analizzato i tracciati (EEG sonno/veglia
di routine e Long-Term Video-EEG) sia intercritici sia critici ottenuti durante il primo anno di vita
(range: 45 giorni-12 mesi).
Risultati: Tutti i pazienti hanno mostrato un esordio precoce delle crisi, tra 38 giorni e 3 mesi. Gli
EEG hanno evidenziato: in 2 casi suppression-burst ed anomalie multifocali; in 3 casi rallentamento dell’attività di fondo con sporadiche anomalie diffuse; in 1 caso attività di fondo nei limiti. La
semiologia delle crisi: in 2 casi spasmi in serie, in 4 casi era riconoscibile una sequenza stereotipata
caratterizzata da: esordio in contrazione tonica generalizzata sostenuta, successiva fase clonica/vibratoria con progressiva riduzione in ampiezza e frequenza sino ad isolate mioclonie distali asincrone a formare una sorta di crisi generalizzata tonico clonica distribuita su vari minuti. L’EEG critico
mostrava un esordio generalizzato con ampia onda puntuta bilaterale con attenuazione del voltaggio
(fase tonica), successiva scarica di sharp-waves ritmiche (fase clonico/mioclonica), ad esordio e fine
improvvisa.
Conclusioni: Pazienti con mutazioni o delezioni di CDKL5 presentano crisi epilettiche ad esordio
precoce caratterizzate da semiologia elettroclinica molto particolare e più complessa rispetto agli
spasmi in serie. La presenza di crisi ad esordio generalizzato con componente tonica seguita da fase
clonico/vibratoria prolungata e successive mioclonie distali risulta essere una caratteristica comune.
Il riscontro di tale pattern ictale durante il primo anno di vita in pazienti con encefalopatia epilettica
risulta a nostra opinione altamente suggestivo, potendo rappresentare un ulteriore elemento per indirizzare gli studi di genetica molecolare.
133
Congresso Nazionale
134
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
COMUNICAZIONI ORALI
II SESSIONE
Moderatori:
P. Balestri (Siena),
V. Di Lazzaro (Roma)
COMUNICAZIONI ORALI - II SESSIONE
NEUROFISIOLOGIA INTRAOPERATORIA NEL PAZIENTE PEDIATRICO
P. Costa, M. Giacobbi, A. Borio, S. Marmolino, G. Isoardo, C. Jüenemann, P. Ciaramitaro, P.P.
Gaglini*, P. Ragazzi*, P. Peretta*
Neurofisiologia Clinica, Clinica, Ospedale CTO e (*) Neurochirurgia Pediatrica Ospedale Infantile
Regina Margherita, Torino
Introduzione. Le metodiche di testing e monitoring intraoperatorio sono sempre più diffusamente
applicate con la finalità di massimizzare la resezione minimizzando i danni, obiettivo ancora più
importante nel paziente pediatrico.
Scopo dello studio è riferire i dati relativi all’utilizzo, applicabilità ed affidabilità in una casistica di
soggetti con età inferiore a 18 anni.
Metodi. I dati relativi a 50 interventi su 43 soggetti di età inferiore ai 18 anni (21 maschi, 22 femmine, età 10,1 ± 5,04, range 0,4-17) sono stati confrontati con quelli di 1188 interventi in adulti.
Risultati. Nella popolazione pediatrica la percentuale più rilevanti di monitoraggi è costituita dalla
patologia sottotentoriale (50% dei casi, contro il 10.6% della popolazione adulta); a seguire la patologia spinale (28%, contro il 39.4% dei soggetti di età superiore ai 18 anni) e quella sovratentoriale
(22%, mentre nella popolazione adulta essa rappresenta la categoria maggioritaria con il 50%). Gli
interventi in cui si sono utilizzate tecniche sia di testing che di monitoring erano significativamente
maggioritari nella popolazione pediatrica (50%) rispetto a quella adulta (17.5%). La monitorizzabilità totale era del 98%; la percentuale di modificazioni intraoperatorie persistenti o transitorie dei
parametri studiati era del 26 %. In due soggetti (4 %) si sono osservati deficit postoperatori persistenti. In nessuno dei soggetti si sono osservati eventi avversi ascrivibili alle metodiche di testing
e/o di monitoring.
Conclusioni. Rispetto alla popolazione adulta nella popolazione pediatrica le metodiche di testing
sono più rappresentate intraoperatoriamente. Le metodiche di neurofisiologia intraoperatoria possono essere applicate in maniera sicura anche nella popolazione pediatrica
137
Congresso Nazionale
Metodologia di analisi dei potenziali evocati evento correlati: applicazione in età neonatale
M. Ermani°, A. Capellari*, A. Suppiej*
° Unità di Biostatistica Dipartimentio di Neuroscienze
* Unità di Neurologia e Neurofisiologia Clinica Dipartimento di Pediatria Università di Padova
Obiettivo: studiare l’elaborazione degli stimoli uditivi mediante la metodica dei potenziali evocati
evento correlati, nel neonato.
Metodo: i potenziali evento correlati sono stati registrati in 28 neonati in corso di sonno attivo e
quieto. È stato utilizzato il paradigma oddball udivito: lo stimolo frequente (standard) era costituito
da toni a 1000 Hz, mentre lo stimolo raro (deviante, 10% di probabilità) da toni a 2000 Hz. Le sedi
di registrazione erano Fz, Cz , Pz, T3 e T4. Le risposte agli stimoli devianti, standard e la differenziale fra le due sono state valutate nelle due condizioni di sonno. L’analisi della varianza per misure
ripetute è stata utilizzata per valutare l’effetto legato alla condizione di sonno, al tipo di stimolo ed
all’interazione fra tipo di sonno e tipo di stimolo, confrontando le ampiezze medie di 20 intervalli
consecutivi di 50 msec, nell’intervallo 100 msec pre-stimolo, 900 msec post-stimolo.
Risultati: una differenza significativa fra le risposte agli stimoli standard e quelle agli stimoli devianti è stata riscontrata solo nella condizione di sonno attivo e nell’intervallo temporale 200-300
msec post-stimolo.
Conclusioni: le analisi effettuate hanno mostrato una capacità di elaborazione dello stimolo uditivo
in sonno attivo, già in epoca neonatale.
138
COMUNICAZIONI ORALI - II SESSIONE
NEUROPATIA DA VINCRISTINA VERSUS SINDROME DI GUILLAIN-BARRE’
IN BAMBINI AFFETTI DA LEUCEMIA LINFATICA ACUTA
M. Ferlisi, F. Brigo, R. Balter, P. Marradi, A. Zaccaron, *E. Frasson, A. Fiaschi, L. Bertolasi
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Università di Verona
Dipartimento di Pediatria, Università di Verona
*Dipartimento di Neurologia, Ospedale di Cittadella, Padova
Background: L’ipostenia agli arti secondaria alla neuropatia da vincristina (VCR) in bambini affetti
da leucemia linfatica acuta (LLA) in trattamento con tale farmaco, porta spesso alla sospensione
della VCR in questi pazienti. La neuropatia da VCR è clinicamente indistinguibile dalla sindrome
di Guillain-Barré (GBS). La prevalenza della GBS in bambini trattati con VCR potrebbe essere
maggiore di quanto finora descritto in Letteratura. Scopo dello studio: Definire la frequenza di GBS
in un campione di bambini ospedalizzati per essere sottoposti a trattamento chemioterapico per
LLA, valutando se e in quale misura le indagini neurofisologiche potessero aiutare nella complessa
diagnosi differenziale tra neuropatia da VCR e GBS. Soggetti e Metodi: Abbiamo sottoposto a
studio neurofisiologico (elettroneurografia, ENG) sette bambini ricoverati presso il reparto di Pediatria del nostro Ospedale dal settembre 2006 al marzo 2009 per essere sottoposti a trattamento
chemioterapico per ALL e in cui si è sviluppata acutamente una grave ipostenia agli arti, suggestiva
di neuropatia da VCR. Risultati: 3 su 7 bambini studiati con ENG presentavano anomalie neurofisiologiche suggestive di GBS. Questi bambini sonno stati sottoposti ad un ciclo di trattamento con
immunoglobuline endovena senza sospendere il trattamento chemioterapico che includeva anche
la VCR; in una settimana circa si è assistito ad un miglioramento del quadro clinico e neurofisiologico. Sebbene l’ENG mostrasse unicamente l’assenza delle onde F, non permettendoci quindi di
formulare una diagnosi neurofisiologica di GBS definita, il quadro clinico presentato dai pazienti,
il decorso della malattia e il rapido e completo recupero dopo trattamento con immunoglobuline
endovena sono estremamente suggestive di GBS. Conclusioni: Una rapida e corretta diagnosi differenziale tra neuropatia da VCR e GBS in bambini con ALL in trattamento con VCR è essenziale
per migliorare l’outcome della malattia ematologica e per prolungare l’aspettativa di vita. Nei bambini in trattamento chemioterapico per ALL, l’insorgenza acuta di ipostenia agli arti con correlato
neurofisiologico di assenza delle onde F all’ENG dovrebbe far sorgere il sospetto di una GBS. In
tal caso sarebbe necessario prendere in considerazione altre procedure diagnostiche per formulare
una diagnosi definitiva e per instaurare una terapia con immunoglobuline endovena, senza tuttavia
sospendere il trattamento chemioterapico con VCR.
139
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
COMUNICAZIONI ORALI
III SESSIONE
Moderatori:
G. Cruccu (Roma), F. Pinto (Firenze)
COMUNICAZIONI ORALI - III SESSIONE
A LT E R ATA FA C I L I TA Z I O N E D E L L A C O RT E C C I A M O TO R I A
N E L L’ E M I C R A N I A C O N A U R A : E F F E T T I M O D U L ATO R I D E L L A
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA (TMS) PRIMA E
D O P O T R AT TA M E N TO C O N L E V E T I R A C E TA M
G. Cosentino, F. Brighina, S. Vigneri, A. Palermo, G. Giglia, S. Talamanca, B. Fierro
Università degli Studi di Palermo AUOP “Paolo Giaccone”, Palermo
Diverse evidenze sperimentali suggeriscono un’alterazione dei circuiti intracorticali inibitori nell’emicrania, mentre minore è la disponibilità di dati inerenti l’attività dei circuiti intracorticali eccitatori.
Nella sessione sperimentale principale di questo lavoro abbiamo valutato gli effetti della stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) ad alta frequenza (5-Hz) sull’attività dei circuiti
inibitori e soprattutto facilitatori in 16 pazienti affetti da emicrania con aura e in 16 soggetti sani.
Nei soggetti sani la rTMS a 5-Hz determina una progressiva facilitazione nell’ampiezza del MEP,
utilizzando una intensità di stimolazione uguale o maggiore al 120% della soglia motoria a riposo, e
nella durata del periodo silente corticale (CSP), un indice di attività dei circuiti intracorticali inibitori. Diverse evidenze suggeriscono che l’effetto facilitatorio sull’ampiezza del MEP potrebbe essere
riconducibile a meccanismi di plasticità sinaptica di breve termine di tipo facilitatorio.
Abbiamo applicato sulla corteccia motoria treni di 10 stimoli a frequenza di 5-Hz sia su soggetti a
riposo che durante contrazione muscolare volontaria registrando le tracce EMG dal muscolo abduttore breve del pollice controlaterale (ABP).
In una seconda sessione abbiamo utilizzato la stimolazione magnetica transcranica con la tecnica del
singolo stimolo (curve intensità-risposta) per ottenere ulteriori informazioni circa l’eccitabilità della
corteccia emicranica. 10 pazienti sono stati sottoposti ad entrambe le sessioni sia prima che dopo
trattamento di profilassi con levetiracetam (LEV).
I nostri risultati hanno mostrato che l’rTMS applicata ad intensità del 110% della soglia motoria, in
soggetti a riposo ha determinato una progressiva facilitazione nell’ampiezza del MEP nei pazienti
non trattati, mentre non ha avuto effetto sull’ampiezza del MEP sia nei soggetti di controllo che nei
pazienti durante il trattamento. Invece, quando l’rTMS veniva applicata a intensità del 130% abbiamo osservato una facilitazione dell’ampiezza del MEP nei pazienti non in trattamento, e una risposta
inibitoria paradossa nei pazienti emicranici sia prima che durante il trattamento.
L’rTMS ad alta frequenza applicata sia al 110% che al 130% della soglia motoria durante contrazione volontaria ha determinato un incremento della durata del periodo silente corticale (CSP) sia nei
pazienti prima e durante il trattamento che nei soggetti sani.
Le curve intensità-risposta hanno mostrato un maggiore effetto facilitatorio nei confronti dell’ampiezza del MEP nei pazienti rispetto ai controlli. Questo incrementato effetto facilitatorio veniva
abolito dal trattamento con levetiracetam.
I nostri dati suggeriscono l’ipotesi di una iper-responsività della corteccia emicranica dovuta a potenziamento di meccanismi facilitatori di plasticità pre-sinaptica di breve termine, che a loro volta
potrebbero essere influenzati dal levetiracetam. D’altra parte, abbiamo evidenziato una risposta inibitoria della corteccia emicranica con stimolazione magnetica di una maggiore entità in termini sia
di frequenza che di intensità di stimolazione (rTMS-5Hz al 130%). Abbiamo ipotizzato che questo
effetto potrebbe essere la conseguenza di meccanismi auto-limitanti l’iper-eccitabilità, in linea con
studi che sembrano supportare il concetto per cui in condizioni di ipereccitabilità corticale possono
venire attivati meccanismi di plasticità omeostatica di tipo inibitorio.
143
Congresso Nazionale
EFFETTI DELL’IPERVENTILAZIONE SULLA CURVA DI ABITUAZIONE DEI
POTENZIALI EVOCATI VISIVI IN SOGGETTI SANI E PAZIENTI EMICRANICI IN
FASE INTERICTALE
A. Currà1, G. Coppola2, A. Alibardi1, M. Gorini1, E. Porretta3, V. Parisi2, F. Pierelli3, J. Schoenen4
Sapienza University of Rome, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italy
G.B. Bietti Eye Foundation-IRCCS, Dept of Neurophysiology of Vision and Neurophtalmology,
Rome, Italy
3
Sapienza University of Rome, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italy
4
Headache Research Unit. University Dept. of Neurology & Res Ctr for Cell & Mol Neurobiology,
Liège University, Liège, Belgium
1
2
Background. L’ ipocapnia indotta da iperventilazione (HV) produce vari effetti nel sistema nervoso
centrale, ad esempio rallenta l’attività EEG e riduce il contrasto funzionale nella corteccia occipitale
durante la stimolazione visiva. Una metodica neurofisiologica che valuta l’attività della corteccia
occipitale è lo studio dei potenziali evocati visivi (PEV), vale a dire la risposta elettrica corticale a
stimoli visivi monoculari. In soggetti normali la stimolazione visiva ripetuta induce l’abituazione
(decremento in ampiezza) dei PEV, mentre in pazienti affetti da emicrania senz’aura studiati durante
le fasi interictali l’abituazione dei PEV risulta abolita. In questo caso abbiamo indagato se un periodo di iperventilazione della durata di 3 minuti fosse in grado di produrre variazioni nell’abituazione
dei PEV in soggetti emicranici in fase interictale, e in un gruppo di soggetti sani di controllo.
Materiali e metodi. Abbiamo registrato i PEV in 18 soggetti sani e 18 emicranici prima e dopo 3
minuti di HV. È stata misurata l’ampiezza della componente P100 in 6 blocchi di 100 registrazioni
ciascuno, e quindi calcolata l’abituazione come la variazione di ampiezza tra i 6 blocchi consecutivi.
Risultati. Nei soggetti sani HV riduce l’ampiezza dei PEV del primo blocco (p = 0.005) e abolisce
la normale abituazione dei PEV (p = 0.005). Nei pazienti emicranici in fase interictale, l’iperventilazione riduce ulteriormente la già bassa ampiezza dei PEV del primo blocco, (t(1,17) = 3.12, p = 0.006)
e rafforza l’alterata abituazione interictale dei PEV (F(1,34)=5.50, p=0.025).
Discussione. Un periodo di HV della durata di 3 minuti induce variazioni della responsività della
corteccia occipitale in soggetti normali e pazienti emicranici in fase interictale. Verosimilmente
questi effetti sono mediati da una anomalia funzionale transitoria del talamo, probabilmente risultante da meccanismi tronco encefalici attivati dall’ipocapnia HV-indotta. I nostri risultati rinforzano
l’ipotesi dell’emicrania come sindrome da disritmia talamo-corticale.
144
COMUNICAZIONI ORALI - III SESSIONE
APPROCCIO PSICOFISIOLOGICO MULTITASKING AL SOGGETTO EMICRANICO: RUOLO DELLA FREQUENZA
V.C. d’Agostino, D. Mannarelli, C. Pauletti, N. Locuratolo, M.C. De Lucia, R. Cerbo, F. Fattapposta
L’emicrania è ormai riconosciuta come una “primarily neural condition”. Gli studi neuro-elettrofisiologici hanno evidenziato una ridotta “abituazione” dei potenziali cerebrali, indicativa di un’alterazione nel processo attentivo, che si modifica in relazione alla fase emicranica, raggiungendo la
massima espressione subito prima dell’attacco, per poi normalizzarsi nella fase acuta. Pochi studi
hanno preso in considerazione la frequenza degli attacchi emicranici in relazione all’eventuale influenza sulle funzioni cognitive. Lo scopo di questo studio è, pertanto, quello di valutare, attraverso
un approccio psicofisiologico multitasking, se la frequenza emicranica influenzi selettive funzioni
cognitive, quali l’attenzione involontaria, volontaria e sostenuta, il processo di decodifica dello stimolo e la pianificazione motoria.
Metodi: 15 pazienti emicranici (secondo i criteri ICHD-2004) con normale RM encefalo, provenienti dal Centro di Medicina del Dolore “Enzo Borzomati”, “Sapienza” Università di Roma, sono
stati divisi in due gruppi, uno a bassa frequenza (BF, <3 crisi/mese) e l’altro a media-alta frequenza
(M-AF, 3-6 crisi/mese). I due gruppi sono stati confrontati tra di loro e con un gruppo di controllo
composto da 13 soggetti sani, a parità di parametri socio-demografici. Tutti i soggetti sono stati
sottoposti a test per ansia (State and Trait Anxiety Inventory Y1/2), depressione (Beck Depression
Inventory) e disabilità emicranica (Migraine Disability Assessment Scale). Tutti i soggetti sono stati sottoposti ai seguenti paradigmi psicofisiologici mediante l’impiego di stimolo acustico: P300
(odd-ball e novelty), Contingent Negative Variation (CNV) e Mismatch Negativity (MMN). Tutti i
pazienti emicranici sono stati registrati in periodo intercritico, a distanza di almeno tre giorni dall’attacco emicranico precedente e successivo. Per l’analisi dei dati sono stati impiegati il χ-quadro e il t
di Student per campioni indipendenti.
Risultati: non è stata osservata nessuna differenza tra i tre gruppi relativamente alle scale psichiatriche ed alle latenze ed ampiezze delle componenti P300 e P3 Novel, tranne una maggiore ampiezza
della componente P2 nel gruppo dei soggetti emicranici BF (p<0.05). In quest’ultimo gruppo una
latenza più precoce sia della MMN che della Reorienting Negativity (RON) è stata osservata rispetto
agli altri gruppi (p<0.05). Non si riscontrano differenze nell’analisi della CNV tra il gruppo di controllo e il gruppo BF, mentre nel gruppo M-AF, si osserva una riduzione dell’ampiezza della CNV
nella componente tardiva, significativa sia nel confronto con il gruppo di controllo che con quello
dei pazienti emicranici BF (p<0.05).
Conclusione: la frequenza emicranica sembrerebbe delineare quadri psicofisiologici diversi nei tre
gruppi studiati. I soggetti emicranici a BF dimostrano un’esagerata attività di attenzione ed orientamento involontari verso lo stimolo esterno come da “ipervigilanza” (precoce MMN e RON, aumentata ampiezza della P2 per deficit di abituazione). L’attività di orientamento nel gruppo M-AF
appare, invece, sicuramente diversa, sebbene non si possa al momento caratterizzare meglio.
Nel gruppo a M-AF, la CNV ci permette di ipotizzare che il processo di attenzione volontaria e sostenuta nonchè la pianificazione motoria appaiono essere già alterate. In sintesi, l’approccio psicofisiologico multitasking conferma il coinvolgimento delle strutture associative frontali nell’emicrania
e suggerisce che già una frequenza emicranica superiore ai tre attacchi al mese potrebbe comportare
un’alterazione dei processi attentivi ed esecutivi.
145
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
COMUNICAZIONI ORALI
IV SESSIONE
Moderatori:
R. Cantello (Novara),
B. Fierro (Palermo)
COMUNICAZIONI ORALI - IV SESSIONE
ARE MOTOR IMAGERY AND ACTION OBSERVATIONS INNATE OR LEARNED
MECHANISMS? A SINGLE-PULSE TMS STUDY
G. Bianco1, M. Feurra1, L. Fadiga2, A. Rossi1, S. Rossi1
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione Neurologia & Neurofisiologia Clinica, Università di Siena
Fisiologia Umana, Università di Ferrara
1
2
Background. Motor imagery and movements observation shares partly common neurophysiological substrates, whose final common pathway is the primary motor cortex (M1). We investigated, by
single-pulse TMS of right or left M1, whether repeated sessions of motor imagery and movement
observation (i.e., learning effect) modify corticospinal output as tested by the amplitude of motor
evoked potentials (MEPs).
Methods. Single-pulse TMS was applied in 10 right-handed subjects over the right and left primary motor cortex (M1) in a randomized order, while subjects performed imagined movements or
observed pinch grip actions, both involving the left or right First Dorsal interosseous (FDI) muscle.
To address the impact of learning, three recording sessions spaced 5-7 days were carried out in all
subjects. MEPs were recorded bilaterally from the FDI muscles (i.e., prime movers of the two tasks).
Results. We observed a progressive enhancement of the MEPs along the first/third session, exclusively for motor imagery task, but only when TMS was delivered over the right M1 (i.e., non-dominant hemisphere). No effects emerged for the left M1 stimulation during imagery. Action observation tasks did not change corticospinal output in both hemispheres.
Conclusions. These findings suggest that motor imagery is sustained by a cortical network susceptible to learning only for the non-dominant hemisphere. On the other hand, the absence of any effects
of observation tasks may depend of the more innate nature of these processes.
149
Congresso Nazionale
LA NATURA SEMANTICA DELLO STIMOLO NELL’APPRENDIMENTO PERCETTIVO
VISIVO (EFFETTO “EUREKA”): DATI PRELIMINARI DI UNO STUDIO DI
interferenza MEDIANTE rTMS
A. Borgheresi1, F. Giovannelli1,2, E. Moncini2, G. Zaccara1, M.P. Viggiano2, T. Pizzorusso2,3,
N. Berardi2,3, M. Cincotta1
Unità Operativa di Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Firenze
3
Istituto di Neuroscienze, CNR di Pisa
1
2
Scopo dello studio. L’effetto “Eureka” è una forma di apprendimento percettivo rapido e duraturo in
cui il riconoscimento di una immagine degradata, assente quando l’immagine viene vista per la prima volta, diventa possibile dopo una singola esposizione ad una versione non degradata della stessa
immagine. Dati recenti di rTMS indicano che la corteccia parietale (PC) laterale destra e sinistra
ha un ruolo cruciale nel processo di consolidamento dell’effetto Eureka (Giovannelli et al, Neuropsychologia 2010, in corso di stampa). In questo studio abbiamo utilizzato la rTMS focale come
tecnica di interferenza on-line con le funzioni corticali per valutare se il coinvolgimento della PC è
influenzato dalla natura semantica dello stimolo. Metodi. Sei volontari sani sono stati sottoposti a un
compito di identificazione di immagini degradate raffiguranti facce e animali. Ogni stimolo degradato veniva presentato prima dell’esposizione alla sua versione non degradata (fase di apprendimento)
e 2 secondi dopo (risposta immediata). Tre blocchi di 16 immagini erano presentati con sequenza
random in 3 diverse condizioni sperimentali: 1) baseline (senza rTMS); 2) rTMS focale a 10 Hz di
intensità pari al 90% della soglia motoria a riposo, erogata in corrispondenza di P4 (Sistema Internazionale EEG 10-20) simultaneamente alla presentazione dell’immagine non degradata (500 ms);
3) rTMS a livello di Cz (area corticale di controllo). Dopo 30 minuti (risposta ritardata) venivano
ripresentate le immagini della fase di apprendimento assieme a 8 immagini nuove, solamente nella
versione degradata. Risultati. La rTMS di P4 non interferiva con il riconoscimento delle immagini
degradate presentate 2 secondi dopo la presentazione della loro versione non degradata. Al contrario, quando le immagini degradate venivano presentate 30 minuti dopo la fase di apprendimento la
percentuale di riconoscimento delle immagini apprese era inferiore nella condizione con rTMS di
P4 (50.0 ± 15.8% e 54.2 ± 21.6% rispettivamente per facce e animali) rispetto alla baseline (66.7
± 9.1% e 70.8 ± 18.8%) ed alla rTMS di Cz (65.3 ± 33.9 e 63.9 ± 24.0%). L’effetto della rTMS era
simile per entrambe le categorie di stimoli. Conclusioni. Questi dati preliminari suggeriscono che il
ruolo della PC laterale destra nel processo di consolidamento dell’effetto Eureka è sovra-categoriale,
essendo presente per stimoli raffiguranti sia facce che animali.
150
COMUNICAZIONI ORALI - IV SESSIONE
MECCANISMI NEUROFISIOLOGICI DEL CONFLITTO MORALE:
MODULAZIONE DELL’ATTIVITÀ OSCILLATORIA DEL NUCLEO SUBTALAMICO
DURANTE SCELTE CONFLITTUALI IN PAZIENTI CON MALATTIA DI PARKINSON
M. Rosa1, M. Fumagalli1, G. Giannicola1, S. Marceglia1, S. Mrakic-Sposta1, M. Sassi2, D. Servello2,
M. Porta2, L. Romito3, A. Franzini3, A. Albanese3, S. Barbieri1,4, G. Pravettoni5, A. Priori1
Centro Clinico per le Neuronanotecnologie e la Neurostimolazione, Fondazione IRCCS Cà Granda
Ospedale Maggiore Policlinico, Milano.
2
Divisione Neurochirurgia, Centro per le malattie extrapiramidali e la sindrome di Tourette, IRCCS
Galeazzi, Milano.
3
U.O. Neurologia I – Disturbi del Movimento, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico “Carlo Besta”, Milano.
4
Unità Operativa di Neurofisiopatologia Clinica, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano.
5
Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università degli Studi di Milano. Centro interdipartimentale di Ricerca e Intervento sui Processi Decisionali (IRIDe), Milano
1
Scopo dello studio. È noto che il nucleo subtalamico (NS) è implicato non solo nel controllo motorio ma anche nella regolazione degli impulsi e nei processi decisionali. Frank et al. (2007) hanno
ipotizzato, basandosi su dati comportamentali, un coinvolgimento del NS nelle decisioni di tipo
conflittuale. L’impianto di macroelettrodi per la stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation - DBS) offre la possibilità di registrare l’attività elettrica subtalamica (Local Field Potentials - LFPs) in pazienti affetti da malattia di Parkinson (MP). Il nostro obiettivo è quindi valutare
il coinvolgimento dell’NS nelle decisioni conflittuali studiando la modulazione dei LFP durante
processi decisionali in ambito morale.
Metodi. 16 pazienti affetti da MP sottoposti ad intervento di DBS (8 uomini, età media 59 anni,
UPDRS III medio ON/OFF 12/35) hanno svolto un task computerizzato di decisione morale. I soggetti sono stati istruiti ad esprimere il proprio accordo o disaccordo a ciascuna frase presentata
sullo schermo del computer premendo il tasto corrispondente; le frasi sono state classificate come:
morali conflittuali, morali non conflittuali e neutre. Il compito è stato somministrato 4 giorni dopo
l’intervento e, durante la sua esecuzione, è stata registrata bilateralmente l’attività elettrica del NS
dai macroelettrodi impiantati per la DBS. I LFPs sono stati filtrati (2–512 Hz), amplificati (100
000x), digitalizzati con frequenza di campionamento 1024 Hz e quantizzati a 12 bit. È stata indagata l’attività oscillatoria tramite un approccio tempo-frequenza (trasformata di Hilbert) in grado di
evidenziare modulazioni istantanee nelle bande di frequenza di interesse (in particolare nelle basse
frequenze 5-13 Hz e nella banda beta 14-30 Hz).
Risultati. L’analisi spettrale dei LFPs mostra un aumento della potenza dell’attività oscillatoria in
bassa frequenza durante l’intero processo decisionale (decisione vs baseline p<0.005, decisione vs
movimento p<0.0005) mentre la banda beta risulta coinvolta solo nella funzione motoria.
La potenza delle basse frequenze risulta significativamente maggiore durante la somministrazione
di frasi morali conflittuali rispetto a frasi morali non conflittuali (media ± i.c., %: 37.37 ± 13.13 vs
26.61 ± 6.07, p=0.047) e neutre (37.37 ± 13.13 vs 23.36 ± 7.60, p= 0.008).
Conclusioni. Tali risultati dimostrano il coinvolgimento dell’NS nei processi decisionali di tipo
morale attraverso la modulazione di attività oscillatorie specifiche che correlano con il livello di
conflittualità.
151
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
POSTER
Congresso Nazionale
154
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
DOLORE
I SESSIONE
Moderatori:
A. Truini (Roma), M. Valeriani (Roma)
Congresso Nazionale
156
POSTER - DOLORE I SESSIONE
LA SENSAZIONE DI FREDDO DOLOROSO QUALE PECULIARE FENOTIPO
DI DOLORE NEUROPATICO NELLE NEUROPATIE PERIFERICHE DELLE
PICCOLE FIBRE NERVOSE
G. Devigili1,3, V. Tugnoli2, J. Capone2, P. Lanteri1, A. Critelli1, S. Rinaldo4, C. Lettieri4, R. Eleopra4
Ospedale dell’Angelo, Mestre Venezia;
Serv. Neurofisiologia Clinica Arcispedale S’Anna Ferrara
3)
Clinica Neurologica Università di Ferrara
4)
S.O.C. di Neurologia, D.A.I. di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Santa Maria
della Misericordia, Udine
1)
2)
Scopo dello studio:
Il dolore spontaneo freddo e segni positivi quali iperalgesia ed allodinia al freddo sono sintomi
comuni nei pazienti con neuropatie dolorosa. Meno frequentemente si presentano come unica
sintomatologia con caratteristiche cliniche peculiari.
Lo scopo di questo studio è di verificare se sia presente un pattern clinico neurofisiologico distinto
in questo fenotipo di dolore neuropatico e di caratterizzarne gli aspetti fisiopatologici per meglio
indagare gli eventuali meccanismi sottostanti.
Metodi: sono stati selezionati 7 pazienti con neuropatia delle piccole fibre (NPF) caratterizzata
da esclusivo dolore freddo, e sottoposti a completa valutazione neuroalgologica e neurofisiologica
(Studio di conduzione nervosa ed EMG), valutazione delle soglie termoalgesiche (QST) e della
sensibilità tattile con filamenti di vonFrey, studio dei riflessi assonali basale e da stimolo termico al
caldo e dopo somministrazione locale di mentolo e cinnamaldeide in due giorni differenti a livello
della gamba distale, con registrazione della curva del dolore e del flare cutaneo. Inoltre sono state
effettuate due biopsie cutanee per lo studio dell’innervazione con marcatore panassonale (PGP9.5)
e per la mielina (MBP).
Inoltre come popolazione di controllo sono stati studiati 10 soggetti sani e 10 pazienti con NPF con
dolore bruciante, entrambi i gruppi erano di pari età e sesso.
Results: L’applicazione di Mentolo ha etermiato significativa sensazione di freddo ma non dolore
nei soggetti sani, mentre ha causato dolore in 7 di 10 pazienti con dolore bruciante e in 6 su 7 con
dolore freddo. Inoltre in 8 su 10 pazienti con dolore bruciante ha causato allodinia tattile puntata,
iperalgesia al freddo e presenza di flare cutaneo. Il flare cutaneo era assente nei pazienti con dolore
freddo, sia mentolo che cinnamaldeide non hanno prodotto alcuna sensazione. Gli altri test erano
invariati rispetto alla valutazione basale (sensibilità tattile, termica, fenomeni positivi di sommazione
spaziale e temporale).
La biopsia cutanea ha dimostrato che pazienti con dolore freddo presentavano una maggior
compromissione dell’innervazione del derma con una riduzione delle fibre MBP-positive, rispetto
ai pazienti con dolore bruciante.
Conclusioni: questi pazienti presentano un fenotipo di dolore neuropatico peculiare, che può essere
derivare da una selettiva disfunzione dei delle fibre termocettive che esprimono I recettori TRPM8
and TRPA1 correlati alla sensibilità al freddo. Sono necessary ulteriori studi a conferma.
157
Congresso Nazionale
NEUROPATIA DIABETICA SIMMETRICA DISTALE. DIFFERENZE TRA SOGGETTI
CON E SENZA DOLORE NEUROPATICO
M. Mondelli 1, A. Aretini 1, A. Baldasseroni 2
1 Servizio territoriale di EMG ASL 7 Siena
2 U.O. di Epidemiologia, ASL 10 Firenze
Introduzione Si stima che circa il 33% dei pazienti con diabete mellito sia affetto da neuropatia periferica e che 1/4 lamenti dolore neuropatico cronico. La forma più comune di neuropatia diabetica è
quella simmetrica distale (ND). Scopo del lavoro è dimostrare prospetticamente in un campione non
selezionato e consecutivo di pazienti con ND se esistano differenze tra pazienti con e senza dolore
neuropatico e se il dolore possa essere associato a variabili demografiche, cliniche ed elettrofisiologiche.
Pazienti e Metodi Sono stati reclutati, nel corso di 4 anni, in un ambulatorio di EMG di I livello,
154 pazienti consecutivi affetti da ND (età media 67 anni, 64.3% uomini). La diagnosi di ND veniva
posta in base ai sintomi, all’obiettività clinica (punteggio del DNI>2) e alla presenza di alterazioni
neurografiche in almeno due nervi di due diversi arti inferiori, in assenza di altre cause di neuropatia. Il dolore neuropatico veniva considerato presente se lo score del DN4>4. Sono state calcolate le
differenze tra il gruppo di pazienti con ND dolorosa (n.78) e quelli senza dolore neuropatico (n.76)
relativamente a età, sesso, BMI, tipo e durata del diabete, tipo di terapia antidiabetica, Hb glicata,
tipo e durata dei sintomi della ND, score del DNI, VAS per il dolore, presenza di altre complicanze
diabetiche, valori neurografici dei nervi peroneo profondo, tibiale, surale e peroneo superficiale, presenza di un tracciato neurogeno all’EMG. Venivano adoperati il test di Student e di Mann-Whitney
per le variabili continue ed ordinali e il chi quadrato per le variabili dicotomiche. Infine sono state
eseguite regressioni logistiche per il calcolo degli Odds Ratio (OR) volti a valutare la forza di associazione fra variabile dipendente “presenza/assenza di dolore neuropatico” e variabili indipendenti,
scelte fra quelle che all’analisi univariata mostravano differenze significative tra i due gruppi. Nella
regressione logistica i valori delle variabili continue sono state dicotomizzate o trasformate in 3 o 4
categorie.
Risultati Le differenze, tra il gruppo di pazienti con ND dolorosa e non, riguardavano la presenza di
alcuni sintomi (bruciore e astenia) che erano più frequenti nel gruppo con ND dolorosa e dello score
del DNI, che era superiore nel gruppo con ND. Le alterazioni di tutti i parametri di conduzione di
tutti i nervi e quelle EMG erano più gravi nei soggetti con ND dolorosa. Inoltre la ND con interessamento solo sensitivo era più frequente nel gruppo con ND non dolorosa. Non c’erano differenze nel
gruppo con ND dolorosa tra chi assumeva terapia antidolorifica e chi no eccetto che per la VAS, che
era maggiore e la presenza dei sintomi “bruciore” e “crampi” che erano più frequenti nel gruppo che
non assumeva terapia. Nei modelli di regressione logistica risultavano significativi: tra i dati elettrofisiologici solo lo score dell’EMG (OR 2.3, 95%CI 1.1-4.9), tra i sintomi soggettivi: il bruciore (OR
6.7, 95%CI 2.8-16.4), le parestesie (OR 4.9, 95%CI 1.7-14.4) e l’astenia (OR 3.5, 95%CI 1.4-8.6),
e tra il reperti oggettivi lo score del DNI (OR 2, 95%CI 1.4-2.8). Conclusioni La presenza di dolore
neuropatico nella ND interessa circa la metà dei soggetti ed è più frequente nella forma classica
sensitivo-motoria rispetto a quella solo sensitiva. La presenza del dolore è associata alla severità
clinica della ND valutata con il DNI e alla presenza di alcuni sintomi. Mentre nessun parametro
demografico o legato al diabete o alla gravità neurografica si associa a dolore, solo la presenza di un
tracciato EMG neurogeno si associa alla ND dolorosa. Pertanto il dolore neuropatico è indipendente
158
POSTER - DOLORE I SESSIONE
dal grado di severità di interessamento delle fibre sensitive di maggiore diametro (Ab). Del resto,
alcuni dati della letteratura testimoniano la presenza di dolore neuropatico nei pazienti diabetici in
assenza di reperti clinici o strumentali di neuropatia periferica classica.
159
Congresso Nazionale
IL FENOMENO DEL HABITUATION NEL RIFLESSO NOCICETTIVO DI FLESSIONE
A. Perrottaa, M. Serraob, G. Coppolab, A. Ambrosinia, M. Bartoloa, G. Sandrinic,
F. Pierellia
IRCCS “Neuromed”, University of Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, Italy
University Centre for Adaptive Disorders and Headache, University of Rome “Sapienza” Polo
Pontino-ICOT, Latina, Italy
c
University Centre for Adaptive Disorders and Headache, IRCCS ‘‘C. Mondino Institute of
Neurology” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy
a
b
Background
Il fenomeno dell’ “habituation” (riduzione progressiva dell’entità di una risposta ad uno stimolo in
seguito alla somministrazione ripetuta dello stesso) rappresenta una ben documentata e fondamentale forma di plasticità del sistema nervoso. Anomalie di tale fenomeno a seguito di stimoli tattili e
nocicettivi in sede trigeminale sono note in patologie dolorose del sistema nervoso centrale come
l’emicrania e la cefalea a grappolo (Perrotta et al., 2008). Al contrario il fenomeno dell’ habituation
delle risposte nocicettive di evitamento è stato scarsamente studiato nell’uomo. Nell’animale le
risposte nocicettive di evitamento come l’hindlimb withdrawal reflex ed il tail flick hanno mostrato
un comportamento decrementale in conseguenza di stimoli ripetuti, compatibile con il fenomeno
dell’habituation e correlato con l’intensità e la frequenza della stimolazione. In questo studio abbiamo analizzato il fenomeno dell’habituation del riflesso nocicettivo di evitamento (nociceptive
withdrawal reflex, NWR) dell’arto inferiore.
Materiali e metodi
Abbiamo reclutato 10 soggetti sani (età media 27,4 anni). Ogni soggetto è stato sottoposto ad una
valutazione neurofisiologica per la determinazione del NWR e dei relativi correlati psicofisici di
percezione del dolore (numerical rating scale-NRS). Per ottenere la risposta riflessa è stato stimolato
il nervo surale con registrazione dal muscolo bicipite femorale omolateralmente al sito di stimolazione. La stimolazione consiste in un treno di stimoli elettrici (cinque stimoli della durata di 1 msec
ripetuti a 200Hz). Per la valutazione del fenomeno dell’habituation è stata analizzata l’area sotto la
curva delle risposte derivate dal rilascio di 16 stimoli consecutivi a diverse frequenze (0.05, 0.1, 0.2,
0.5, 1Hz). Per ogni frequenza le risposte sono state suddivise in 3 blocchi da 5 risposte a partire dalla
seconda. Il rapporto percentuale tra il secondo ed il terzo blocco rispetto al primo è stato considerato
come indice del fenomeno dell’habituation.
Risultati
I dati ottenuti mostrano comportamenti differenti del NWR in relazione alla frequenza di stimolazione. Per le frequenze di stimolazione più basse (0.05 ed 0.1Hz) abbiamo registrato una significativa
differenza nell’area delle risposte tra il secondo ed il terzo blocco rispetto al primo. Per la frequenza
di stimolazione intermedia (0.2Hz) abbiamo osservato la comparsa di una significativa riduzione
dell’AUC nel terzo blocco rispetto al primo (habituation). Infine per le frequenze più elevate (0.5
ed 1Hz) abbiamo osservato un incremento dell’AUC nel terzo blocco risposte rispetto al primo
(facilitazione).
160
POSTER - DOLORE I SESSIONE
Risultati
I dati ottenuti documentano la possibilità di modulare il NWR inducendo habituation o facilitazione
attraverso un paradigma di facile esecuzione. Tale metodica apre la possibilità di un’ applicazione a condizioni patologiche dolorose del sistema nervoso nelle quali potrebbe rivelarsi sensibile
nell’identificare anomalie nel processamento degli stimoli nocicettivi.
BIBLIOGRAFIA
1. Perrotta A, Serrao M, Sandrini G, Bogdanova D, Tassorelli C, Bartolo M, Coppola G, Pierelli F,
Nappi G. Reduced habituation of trigeminal reflexes in patients with episodic cluster headache
during cluster period. Cephalalgia. 2008 Sep;28(9):950-9.
161
Congresso Nazionale
L’ELABORAZIONE NOCICETTIVA SPINALE NEI SOGGETTI AFFETTI DA
COREA DI HUNTINGTON. IL RUOLO DEL CONTROLLO SOVRA SPINALE
DEL DOLORE
C. Serpino a A. Perrottab, G. Sandrini c M. de Tommaso a
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
b IRCCS “Neuromed”, Università di Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, Italy
c University Centre for Adaptive Disorders and Headache, Neurorehabilitation Unit, IRCCS ‘‘C.
Mondino Institute of Neurology” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy
a
SCOPO DELLO STUDIO
La Corea di Huntington (HD) è caratterizzata da una progressiva perdita neuronale a carico del
corpo dello striato che si traduce in una caratteristica comparsa di disturbi motori, sensitivi, cognitivi
e comportamentali.
Da un punto di vista clinico, la rarità di espressione di sintomi dolorosi nei pazienti affetti da Corea
di Huntington potrebbe essere posta in relazione con la peculiare alterazione degenerativa striatale
alla base della HD
Studi precedenti condotti medianti potenziali evocati laser suggeriscono che nei pazienti affetti da
HD la facilitazione della corteccia motoria possa ridurre la attivazione di aree corticali predisposte
alla elaborazione di stimoli nocicettivi (de Tommaso et al unpublished data)
Abbiamo ipotizzato che nella HD, la deafferentazione striatale potrebbe contribuire allo sviluppo di
un’ alterazione del processamento nocicettivo spinale legato o meno alla presenza di una alterazione
dello stato funzionale del controllo sovra spinale del dolore.
MATERIALI E METODI
Abbiamo testato 15 soggetti affetti da HD e 15 soggetti di controllo e abbiamo misurato la soglia,
l’area e la soglia di sommazione temporale (TST) del riflesso nocicettivo di flessione (NWR) prima,
durante e dopo la attivazione del sistema di controllo diffuso discendente del dolore (DNIC), per
mezzo del cold pressure test (CPT).
I parametri che abbiamo analizzato sono il NWR dopo singolo treno di stimoli e dopo stimolazione
ripetuta (sommazione temporale) e la percezione psicofisica dell’intensità degli stimoli mediante
scala numerica (NRS).
Abbiamo stimolato il nervo surale (coppia di elettrodi monopolari Ag/Cl) in sede retro malleolare
con registrazione (coppia di elettrodi monopolari Ag/Cl) dal muscolo bicipite femorale capo breve,
omolateralmente al sito di stimolazione. La stimolazione del nervo è stata effettuata rilasciando
un treno di stimoli elettrici (cinque stimoli della durata di 1 msec ripetuti a 200Hz) singolarmente
(riflesso nocicettivo di flessione) o in serie da cinque a 2Hz di frequenza (sommazione temporale).
Abbiamo poi applicato il cold pressure test per l’attivazione del sistema di controllo diffuso
discendente del dolore (DNIC) e la valutazione dell’effetto sulla TST del NWR e sulla sommazione
temporale del dolore.
Il test consiste nella registrazione della soglia di comparsa del NWR e della TST dopo immersione
della mano fino al polso in acqua a temperatura ambiente (control-session), a 4°C per 3-5 min (painsession) e dopo 5 minuti dalla pain-session (after-effect), controlateralmente al lato stimolato. Tale
metodo (Serrao et al., 2004; Perrotta et al., 2009) consente, attraverso la stimolazione eterotopica
nocicettiva, di attivare il sistema DNIC per controllo discendente sovra spinale del dolore.
L’attivazione di tale sistema è in grado di deprimere la risposta nocicettiva NWR e TST e quindi
162
POSTER - DOLORE I SESSIONE
l’analisi di tali risposte durante l’attivazione del sistema in grado di fornire informazioni utili sullo
stato funzionale dello stesso.
RISULTATI
Nei pazienti affetti da Corea di Huntington abbiamo rilevato un aumento della soglia di evocazione
del riflesso di flessione, nonché un aumento della soglia di sommazione temporale, rispetto ai
controlli. Inoltre, la pain session del cold pressure test (CPT) ha indotto nei soggetti affetti da HD
un effetto inibitorio sulla soglia di sommazione temporale significativamente più elevato rispetto ai
soggetti di controllo.
CONCLUSIONI
Nella HD, la deafferentazione striatale potrebbe contribuire allo sviluppo di un’incrementata attività
funzionale dei sistemi di controllo inibitorio discendenti del dolore (DNIC) che regolano l’attività
dei neuroni nocicettivi midollari, con conseguente inibizione delle risposte nocicettive riflesse.
Questo potrebbe spiegare la rarità di espressione di sintomi dolorosi nei pazienti affetti da Corea di
Huntington.
163
Congresso Nazionale
CENTRAL SENSITIZATION IS ASSOCIATED WITH EXTRATERRITORIAL
SPREAD OF SENSORY SYMPTOMS IN PATIENTS WITH CARPAL TUNNEL
SYNDROME
S. Tamburin, M.L. Praitano, C. Cacciatori, C. Foscato, C. Cazzarolli, A. Fiaschi, G. Zanette
University of Verona, Department of Neurological Sciences and Vision, Verona; Pederzoli Hospital,
Peschiera–Verona, Italy
Extraterritorial spread of sensory symptoms is common in carpal tunnel syndrome (CTS). Animal
models indicate that this phenomenon may depend on central sensitization. We sought to obtain
psychophysical evidence of sensitization in CTS with extraterritorial symptoms spread.
We recruited 100 unilateral CTS patients. After selection to rule out concomitant upper-limb causes
of pain, 48 patients were included. The hand symptoms distribution was graded with a diagram
into median and extramedian pattern. Patients were asked on proximal pain. Quantitative sensory
testing (QST) was performed in the territory of injured median nerve and in extramedian territories
to document signs of sensitization (hyperalgesia, allodynia, wind-up).
Extramedian pattern and proximal pain were found in 33.3% and 37.5% of patients, respectively.
The QST profile associated with extramedian pattern includes thermal and mechanic hyperalgesia
in the territory of the injured median nerve and in those of the uninjured ulnar and radial nerves and
enhanced wind-up. No signs of sensitization were found in patients with the median distribution and
those with proximal symptoms.
Different mechanisms may underlie hand extramedian and proximal spread of symptoms,
respectively. Extramedian spread of symptoms in the hand may be secondary to spinal sensitization
but peripheral and supraspinal mechanisms may contribute. Proximal spread may represent referred
pain. Central sensitization may be secondary to abnormal activity in the median nerve afferents
or the consequence of a predisposing trait. Our data may explain the presence of non-anatomical
sensory patterns in neuropathic pain.
164
POSTER - DOLORE I SESSIONE
DAMAGE TO SMALL AND LARGE MEDIAN NERVE FIBERS IN CARPAL
TUNNEL SYNDROME. A QUANTITATIVE SENSORY THRESHOLD STUDY
S. Tamburin, M.L. Praitano, C. Cacciatori, C. Foscato, C. Cazzarolli, G. Zanette
University of Verona, Department of Neurological Sciences and Vision, Verona; Pederzoli Hospital,
Peschiera–Verona, Italy
We explored the contribution of median nerve small (A-delta, C) and large (A-beta) fiber damage
to the severity and topographic distribution of sensory symptoms in carpal tunnel syndrome (CTS)
and the timing of fiber damage across CTS stages. We recruited 100 CTS patients. After selection,
44 patients were included. They underwent electrodiagnostic and quantitative sensory testing (QST)
study and were asked on the severity of sensory symptoms (daytime and night pain and paresthesia),
on the distribution of hand symptoms and the presence of proximal symptoms. Daytime pain
severity was significantly correlated with A-delta-fiber damage. Small fiber QST measures did not
change across CTS stages. QST measure of large fiber function was significantly worse in advanced
vs. earlier CTS. QST findings were not correlated to the topographical distribution of symptoms.
A-delta-fiber damage contributes to CTS daytime pain. Night pain and paresthesia might be ascribed
to ectopic fiber discharges secondary to median nerve enhanced mechanosensitivity. Small fiber
damage takes place earlier, while A-beta-fibers are involved in more severe CTS. Median nerve
fiber involvement does not directly contribute to extraterritorial symptoms spread. Our data may
help understanding CTS pathophysiology and explain the well-known discrepancy between CTS
symptoms and electrodiagnostic findings.
165
Congresso Nazionale
STUDIO COMPARATIVO TRA POTENZIALI EVOCATI NOCICETTIVI DA
STIMOLO ELETTRICO E DA STIMOLO LASER
E. Vecchio, M. de Tommaso, R. Santostasi, V. Devitofrancesco, P. Lamberti, P. Livrea
Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche
Università degli Studi “Aldo Moro” Bari
SCOPO DELLO STUDIO
Gli studi elettrofisiologici sono essenziali per una migliore comprensione della fisiopatologia delle
sindromi dolorose, in quanto valutano l’integrità morfologica e funzionale delle vie nocicettive.
Le stimolazioni laser consentono una attivazione selettiva dei termo-nocicettori A-Delta e C della
cute irsuta, senza la concomitante attivazione di meccanocettori e fibre A-beta. Le corrispondenti
risposte corticali sono dette “potenziali evocati laser” (PEL).
Le componenti dei PEL consistono in un complesso negativo-positivo maggiormente espresso al
vertice, detto N2-P2, ed una più piccola onda negativa, rilevata da derivazioni temporali, definita
N1. Il laser CO2, che è il laser più convalidato e facilmente disponibile, ha una una penetrazione
profonda nella cute superficiale, e provoca ustioni superficiali.
Un nuovo metodo non invasivo per la stimolazione elettrica nocicettiva della cute è stato recentemente introdotto con l’uso di un elettrodo concentrico piano (CE). Grazie alla sua forma ed alla
ridotta distanza tra anodo e catodo, questo tipo di stimolatore elettrico produce un’alta densità di
corrente a bassa intensità. Pertanto, la depolarizzazione è limitata allo strato superficiale del derma
contenente le fibre nocicettive A-delta, e non raggiunge gli strati più profondi che contengono in
maniera predominante fibre A-beta. Tuttavia, la stimolazione elettrica raggiunge direttamente gli
assoni delle fibre A-beta, provocando la loro depolarizzazione.
La selettività di qualsiasi tipo di stimolo elettrico per le fibre A-delta, qualunque siano le sue caratteristiche, è ampiamente incerta.
Solo pochi studi sono disponibili sulle risposte corticali indotte da stimolazione nocicettiva elettrica.
In questo studio confrontiamo i potenziali nocicettivi da stimolo elettrico (PREP) con i PEL in
soggetti sani usando una registrazione multicanale e una valutazione della fonte dipolare dell’onda
tardiva di vertice.
MATERIALI E METODI
Abbiamo studiato 11 soggetti sani, di età compresa tra i 23-50 anni.
La registrazione è stata effettuata mediante 19 elettrodi nelle posizioni standard del sistema internazionale 10/20 più 35 elettrodi addizionali applicati nelle coordinate x-y-z del software ASA (ASA
version 4.7; by ANT Software, Enschede, Netherlands), con elettrodo di riferimento applicato al
nasion, l’ elettrodo di terra in Fpz, ed un elettrodo posizionato sul sopracciglio destro per l’elettrooculogramma (EOG).
Per la stimolazione nocicettiva elettrica è stato utilizzato uno stimolatore elettrico singolo con elettrodo concentrico bipolare costituito da un catodo centrale di metallo (D: 0.5 mm) inserito in un
anello isolante del diametro di 5 mm e un anodo esterno (D: 6mm) che fornisce un’area di stimolazione di 19.6 mm2.
La stimolazione laser consisteva in un impulso del diametro di 2.5 mm e durata di 45 msec generato
da laser CO2 (lunghezza d’onda 10.6 um).
La stimolazione è stata applicata ad intensità superiore alla soglia dolorifica, determinata con l’uti166
POSTER - DOLORE I SESSIONE
lizzo di una scala analogico-verbale 0-10. Abbiamo applicato in entrambi i casi delle serie di 20
stimoli con intervallo interstimolo di 15-20 sec.
Abbiamo stimolato il dorso della mano destra e la zona sopra-orbitaria destra con due serie per entrambi i siti di stimolazione. È stata poi utilizzata una scala analogica visiva (VAS) per la valutazione
dell’intensità del dolore indotto dagli stimoli.
RISULTATI
Abbiamo rilevato che tra PREP e PEL l’ampiezza delle onde e la loro distribuzione topografica
sono sovrapponibili, ma non le loro latenze a parità di sito di stimolazione, risultando queste ultime
ridotte nei PREP.
CONCLUSIONI
L’ampiezza, la morfologia, e la rappresentazione topografica dei potenziali evocati da stimolo elettrico, indicano una prevalente attivazione delle fibre A-delta, come nei PEL.
La differenza di latenza sembra indicare una possibile minima co-attivazione delle fibre A-beta da
parte dello stimolatore elettrico.
167
Congresso Nazionale
ANOMALIE SUBCLINICHE DELLA FUNZIONE SUDOMOTORIA IN PAZIENTI
AFFETTI DA NEUROPATIA DOLOROSA DELLE PICCOLO FIBRE
V. Provitera1, M. Nolano1, G. Caporaso1, A. Stancanelli1, A.M. Saltalamacchia1, B. Lanzillo1,
L. Santoro2
Fondazione “Salvatore Maugeri” IRCCS – Centro Medico di Telese Terme (BN)
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università degli Studi “Federico II” di Napoli
1
2
Il dolore è il sintomo clinico più importante nelle neuropatie delle piccole fibre. Pertanto tali condizioni sono in genere definite come neuropatie dolorose delle piccole fibre o painful small fiber neuropathies (PSFN). Disturbi autonomici ed in particolare anomalie della funzione sudomotoria sono
state descritte nelle PSFN, ma le caratteristiche del coinvolgimento sudomotorio e la relazione tra la
perdita di fibre epidermiche e la disautonomia non sono ancora completamente chiarite.
Per valutare la funzione sudomotoria nelle PSFN, abbiamo reclutato 16 pazienti (9 maschi, 7 femmine, età 48.1±12.1 anni), che riferivano dolori urenti alle estremità ma con obiettività clinica e
nurofisiologica negative. In nessun caso era stato possibile identificare una causa per il danno nervoso per cui era stata ipotizzata una diagnosi di PSFN idiopatica. Tutti i soggetti hanno praticato
studio quantitativo della sudorazione in due siti (avambraccio e gamba) mediante dynamic sweat
test (DST). È stata valutata la densità di ghiandole sudoripare attivate per cm2, il volume medio di
sudore prodotto per ghiandola e per cm2 di cute dopo stimolazione con pilocarpina per ionoforesi.
I pazienti sono stati sottoposti inoltre a biopsia di cute a livello della gamba. I campioni cutanei
sono stati processati con tecniche di immunofluorescenza indiretta e analizzati mediante l’analisi di
immagine ottenute in microscopia confocale per la determinazione della densità lineare di fibre nervose epidermiche (ENF). I risultati sono stati confrontati con i dati normativi del nostro laboratorio.
Tutti i pazienti hanno mostrato anomalie della funzione sudomotoria (ridotta densità di ghiandole
attivate e/o ridotta produzione di sudore all’avambraccio o alla gamba). Una significativa riduzione
della densità di ghiandole sudoripare per cm2 è stata osservata sia all’avambraccio che alla gamba
mentre una significativa riduzione del volume di sudore prodotto per cm2 è stata osservata solo alla
gamba nei pazienti neuropatici. La densità di ENFs era ridotta in 11 pazienti su 16 sebbene anomalie
morfologiche (anomalie di distribuzione, slargamenti focali) delle fibre somatiche ed autonomiche
fossero presenti in tutti i campioni esaminati. Nessuna correlazione è stata osservata tra densità di
ENFs e funzione sudomotoria.
Abbiamo osservato anomalie della sudorazione in tutti i pazienti esaminati. Tuttavia, mentre
all’avambraccio la ridotta densità di ghiandole sudoripare non ha prodotto un quadro di ipoidrosi,
per un incremento relativo dell’output sudomotorio delle ghiandole superstiti probabilmente di natura compensatoria, ipoidrosi si è osservata alla gamba dove la riduzione della densità ghiandolare era
associata ad una ridotta produzione di sudore per cm2. Il DST appare uno strumento adatto a studiare
le modifiche fisiopatologiche che sottendono le anomalie sudomotorie nelle PSFN.
168
POSTER - DOLORE I SESSIONE
EFFICACIA DELLA PALMITOYLETHANOLAMIDE NEI PAZIENTI CON
NEUROPATIA DOLOROSA. STUDIO CLINICO E NEUROFISIOLOGICO
A. Biasiotta, G. Di Stefano, C. Leone, S. La Cesa, A. Truini, G. Cruccu
Dipartimento di Scienze Neurologiche. Università Sapienza, Roma
Studi recenti hanno suggerito che il processo infiammatorio ed in particolare i mastociti giochino
un ruolo cruciale nella fisiopatologia del dolore neuropatico. La palmitoylethanolamide è in grado di
inibire l’attività dei mastociti. L’obiettivo del nostro studio è stato valutare l’efficacia di tale farmaco
nei pazienti con dolore neuropatico in corso di polineuropatia distale simmetrica. Quindi, abbiamo
esaminato gli effetti della palmitoylethanolamide su disturbi sensitivi, dolore, conduzione nervosa e
potenziali evocati laser (LEPs) in 25 pazienti con neuropatia dolorosa che non avevano mai assunto
terapia per il dolore neuropatico.
Dopo due mesi dall’inizio del trattamento con palmitoylethanolamide la percezione del dolore era
inferiore (P = 0.0005), e le ampiezze dei SAP dei nervi surale ed ulnare erano maggiori (P = 0.04).
Le variazioni dell’ampiezza dei LEPs si avvicinavano alla significatività (P = 0.06). I nostri risultati
preliminari suggeriscono che la palmitoylethanolamide può migliorare la funzionalità della fibra
nervosa e ridurre il dolore neuropatico.
169
Congresso Nazionale
EFFECT OF SPINAL TRANSCUTANEOUS DIRECT CURRENT STIMULATION ON
LASER EVOKED POTENTIALS IN HEALTHY HUMANS
S. La Cesa, M. Vergari, A. Biasiotta, E. Iacovelli, G. Di Stefano, M. Gabriele, V. Frasca, F. Pichiorri,
G. Cruccu, M. Inghilleri, A. Truini, A. Priori
1. Department of Neurological Sciences, University La Sapienza, Rome
2. Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Milano, Fondazione IRCCS, Ospedale
Maggiore Policlinico, Milano
Laser-evoked potentials (LEPs) are brain responses to laser radiant heat pulses and reflect the activation of A-delta nociceptors. LEPs are to date the reference standard technique for studying nociceptive pathway function in patients with neuropathic pain. Transcutaneous direct current stimulation
is widely used to induce changes in neuronal excitability. To find out whether transcutaneous direct
current (DC) stimulation modulates spinal nociceptive pathway function, we measured changes induced by anodal and cathodal DC stimulation over the thoracic spinal cord on foot-LEPs in 10
healthy subjects. We found that anodal stimulation reduced the amplitude of N1 and N2 components (P = 0.008, one sample t-test). Cathodal stimulation left LEP amplitude unchanged. Our data
indicate that transcutaneous DC modulates spinal nociceptive pathway function. Further studies are
needed to verify whether spinal DC may be an effective treatment for pain.
170
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
ELETTROMIOGRAFIA
I SESSIONE
Moderatori:
D. Cocito (Torino),
R. Liguori (Bologna)
Congresso Nazionale
172
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
Ruolo della differenza di latenza tra secondo lombricale I – interosseo nella diagnosi di sindrome del tunnel carpale in
pazienti con polineuropatia diabetica
M.G. Anastasio, F. Pujia, L. Parisi, M. Brienza, G.A. Amabile, G.O. Valente
Dipartimento di Neurologia e ORL – Università di Roma “Sapienza”
Scopo: la Sindrome del Tunnel carpale (STC) e la polineuropatia diabetica sono condizioni morbose comuni nei pazienti con diabete e spesso sono concomitanti. In alcuni casi di polineuropatia
diabetica il potenziale d’azione sensitivo (SAP) del nervo mediano e il potenziale d’azione motorio
(cMAP) derivato dal muscolo abduttore breve del pollice possono essere assenti, mentre i cMAPs
delle fibre motorie derivate dal muscolo II lombricale e dal muscolo I interosseo sono spesso ancora
registrabili. Lo scopo di questo studio è mettere in evidenza la maggiore sensibilità del confronto
tra latenze del cMAP derivato dal muscolo secondo lombricale e del cMAP derivato dal muscolo I
interosseo (2L-INT), rispetto alle tecniche standard, nella diagnosi di sindrome del tunnel carpale,
in pazienti polineuropatia diabetica.
Metodi: 30 pazienti diabetici sono stati sottoposti ad esame elettroneurografico standard ai 4 arti
(SAPs, cMAP, VCS, VCM e onda F del nervo mediano e ulnare bilateralmente, cMAP, VCM e onda
F del nervo peroneo comune e del nervo tibiale bilateralmente, SAPs e VCS del nervo surale e del
nervo peroneo superficiale bilateralmente). La differenza di latenza tra 2L-INT è stata misurata in
tutti i pazienti. Un gruppo di controllo di 25 soggetti sani è stato sottoposto alle stesse misurazioni.
Le medie delle latenze distali del nervo mediano e ulnare, ottenute con le tecniche standard e con il
confronto tra latenze secondo la tecnica 2L-INT, sono state confrontate mediante il test T di Student,
le percentuali dei casi di sindrome del tunnel carpale diagnosticate con le due diverse tecniche sono
state confrontate con il test del X2 .
Risultati: Mediante tecniche standard sono stati individuate 20 mani con STC e tutte avevano una
differenza di latenza mediante tecnica 2L-INT significativa. Una polineuropatia assonale severa è
stata individuata in 20 pazienti (40 mani). L’incidenza di STC nei pazienti con polineuropatia diabetica, usando tecniche standard era 11/40 (27,5%) mani, usando la differenza di latenza mediante
tecnica 2L-INT era di 17/45 (42,5%) mani. La significatività del confronto tra medie, delle latenze
del nervo mediano e ulnare, tra il gruppo di controllo e i pazienti con polineuropatia diabetica mediante tecniche standard era pari a p = 0.05; la significatività del confronto tra medie, delle latenze
del nervo mediano e ulnare, tra il gruppo di controllo e i pazienti con polineuropatia diabetica mediante tecnica 2L-INT era pari a p = 0.01 e X2 con p = 0,01.
Conclusioni: i dati ottenuti dal nostro studio hanno evidenziato come il confronto tra latenze mediante tecnica 2L-INT possa essere più utile, rispetto alle tecniche standard, nella diagnosi di STC
in pazienti con polineuropatia diabetica.
173
Congresso Nazionale
UN CASO DI COMPRESSIONE DEL NERVO SOVRASCAPOLARE CAUSATA DA
UNA CISTI DELL’ARTICOLAZIONE GLENO-OMERALE. DIAGNOSI ATTRAVERSO
TECNICA ECOGRAFICA
D. Coraci1, G. Granata1,2, G. Liotta2,3, M. Lucchetta4, M.A. Albertì5, L. Padua1,2
1 Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore-Italia
2 Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, Roma, Italia
3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Messina - Italia
4 Istituto di Neurologia, Università di Padova - Italia
5 Servizio di Neurologia, Ospedale Universitario di Bellvitge, Barcellona - Spagna
Riportiamo il seguente case report per dimostrare l’efficacia della tecnica ecografica nello studio
delle compressioni nervose periferiche e la sua utilità in quelle condizioni in cui un semplice esame elettrofisiologico non permette la formulazione di una diagnosi certa. Un paziente di 35 anni è
giunto presso il nostro ambulatorio lamentando un dolore persistente localizzato alla spalla destra
che perdurava già da circa dieci mesi. All’esame obiettivo il paziente mostrava una marcata ipotrofia
del muscolo infraspinato ed una notevole debolezza nella rotazione esterna del braccio, contemporaneamente era anche presente una lieve ipotrofia del muscolo sovraspinato. È stato condotto un
esame elettromiografico che ha rivelato marcati segni di sofferenza neurogena periferica assonale
al muscolo infraspinato, dove appariva un reclutamento ridotto, mentre sono stati evidenziati segni
minimi di sofferenza neurogena assonale al muscolo sovraspinato. A questo punto è stato eseguito
un esame ecografico con sonda lineare con frequenza 12MHz nella zona interessata. L’ecografia
ha mostrato una struttura ovoidale ipoecogena con asse maggiore di 23 mm e diametro massimo
di 15mm, localizzata nella porzione sovrastante la spina della scapola, in prossimità della incisura
spino-glenoidea. La formazione rilevata è stata diagnosticata come una cisti di origine articolare
che comprimeva il nervo sovrascapolare in un punto a monte dell’insorgenza del ramo sensitivo
diretto alla capsula e del ramo muscolare diretto al muscolo infraspinato, ma che coinvolgeva anche
parzialmente il ramo muscolare diretto al sovraspinato. La successiva esplorazione chirurgica finalizzata alla esportazione della struttura ha confermato la diagnosi. Solitamente una compressione del
nervo sovrascapolare in questo punto produce una sintomatologia connessa al solo interessamento
del ramo sensitivo e del ramo per il muscolo infraspinato, poiché queste due branche originano per
lo più al di sotto della incisura spino-glenoidea. In questo caso invece il paziente presentava anche
una ipotrofia del muscolo sovraspinato, evento che spesso si verifica, sebbene in misura solitamente
maggiore, quando la compressione è localizzata a livello della incisura soprascapolare. Appare quindi chiaro che in alcuni casi il solo esame elettrofisiologico non è sufficiente a formulare una diagnosi
sicura, ma occorre completare lo studio del caso con un esame che analizzi la morfologia del nervo
e delle strutture circostanti. In particolar modo l’ecografia, qualora sia possibile utilizzarla, si rivela
molto utile in tal senso poiché permette una visualizzazione immediata del nervo da studiare oltre ad
essere un tipo di indagine poco costoso ed utilizzabile anche in quei casi in cui altre tecniche, come
la risonanza magnetica, non possono essere applicate.
174
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
UN NUOVO DISPOSITIVO A SUPPORTO DELLA RIGENERAZIONE DEL NERVO:
STUDIO NEUROFISIOLOGICO IN MODELLO ANIMALE
L. De Toni Franceschini, F. Cerri, I.D. Lopez, I. Urban, D. Ungaro, S. Amadio, M. Cursi, G. Comi,
A. Quattrini, U. Del Carro
Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salute Istituto San Raffaele - Milan
Scopo dello studio: valutare l’efficacia di un nuovo dispositivo in tessuto collagene (Medical Device, MD) nel promuovere la rigenerazione del nervo in un modello animale di crush del nervo tibiale. Metodi: per valutare l’efficacia della rigenerazione nervosa abbiamo sottoposto a valutazione
neurofisologica 5 ratti impiantati con MD confrontandoli con 2 ratti impiantati con Neurogen (tubi
in collagene già disponibili nella pratica clinica) e due con tubi di sostegno in silicone a 40, 90 e
120 giorni dopo l’impianto. Risultati: un CMAP è risultato registrabile dal muscolo della pianta del
piede ad iniziare dal 90 giorno postoperatorio nei primi due gruppi di animali. Nei ratti NeuragenÒ
l’ampiezza del cMAP era 1.3 mV e la velocità di conduzione motoria (MCV) of 20.8 m/sec. Nel
gruppo MD l’ampiezza media del cMAP era di 2 mV e la MCV di 21 m/sec. Nel gruppo impiantato
con i tubi in silicone non era possibile evocare il MAP a nessuno dei controlli. I dati neurofisiologici
che mostrano una più efficace rigenerazione nel gruppo MD pur senza conferma statistica per la
limitatezza del campione, trovano conferma nei dati morfologici che evidenziano un incremento del
numero delle fibre nervose rigenerate con un progressiva normalizzazione dei parametri mielinici
nel gruppo MD rispetto ai gruppi di controllo, dove la rigenerazione è ritardata e gli assoni mie linizzati sono più sottili. CONCLUSIONI: con questo lavoro si conferma la più alta efficacia di MD
nel sostenere la ricostituzione del nervo sia da un punto di vista funzionale sia morfologico dopo
lesione da crush.
175
Congresso Nazionale
UN
CASO
DI
POLINEUROPATIA
CRONICA
INFIAMMATORIA
DEMIELINIZZANTE ESORDITA CON SINDROME DI ISAACS
M. Ferlisi, F. Brigo, L. Bertolasi
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Policlinico GB Rossi, Università di Verona
Scopo dello studio: Caratterizzare dal punto di vista clinico, laboratoristico e strumentale il caso
di un uomo di 40 anni che ha sviluppato in modo graduale attività muscolare involontaria tipo contrazioni muscolari fascicolari non dolorose. Tali attività, esordite inizialmente a livello degli arti
inferiori, si erano diffuse progressivamente agli arti superiori ed al volto, con una marcia ascendente,
nell’arco di 5 mesi. Si associavano crampi e iperidrosi diffusa.
Metodi utilizzati: Il paziente è stato sottoposto a studio neurofisiologico, esami di laboratorio e
radiologici.
Risultati: L’obiettività neurologica rilevava contrazioni muscolari fascicolari, ondulanti, continue,
nei distretti prossimali e distali degli arti, più evidenti a livello dei polpacci. Non si evidenziavano
deficit motori o sensitivi. Lo studio elettromiografico (EMG) rilevava scariche involontarie di potenziali di unità motoria raggruppati in doppiette, triplette e multiplette ad elevata frequenza (200400 Hz). Non si registrava attività spontanea di denervazione ed il reclutamento volontario era di
tipo interferenziale. L’elettroneurografia (ENG) mostrava una marcata riduzione delle velocità di
conduzione motorie e sensitive con aumento delle latenze distali e prossimali.
I reperti ENG erano compatibili con una polineuropatia demielinizzante, nonostante l’assenza clinica di deficit motori o sensitivi. Gli esami ematochimici e l’esame del liquido cerebrospinale erano
sostanzialmente nella norma (lieve iperproteinorrachia 0,51 g/L). La risonanza magnetica nucleare
della colonna lombare era negativa. Il test genetico per la malattia di Charcot Marie Tooth tipo 1B
era negativo. Venivano inoltre escluse altre cause di neuropatia demielinizzante, ereditarie o acquisite.
Gli anticorpi sierici contro i canali del potassio voltaggio-dipendenti (VGKCs) erano 577 pM (valori
normali 0-100). Per escludere la possibile orgine paraneoplastica della neuromiotonia, sottoponevamo il paziente a TAC stadiazione, dosaggio dei markers neoplastici sierici, ecografia testicolare e
della tiroide, con risultati negativi.
Conclusioni: Il paziente veniva trattato con carbamazepina (600 mg/die) e immunoglobuline endovena (0,4 gr/Kg per 5 giorni), con scarso miglioramento clinico e neurofisiologico. Sei mesi dopo
la prima osservazione, il paziente riferiva l’esordio di parestesie e disestesie a livello delle dita dei
piedi. Lo studio neurofisiologico mostrava un peggioramento del quadro ENG.
Veniva posta diagnosi di CIDP atipica, puramente sensitiva, associata a neuromiotonia.
176
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
NEUROPATIA SENSITIVA MIGRANTE DI WARTENBERG IN CORSO DI
SARCOIDOSI
G. Greco1, N. Volpi2, M. Biagioli3, G. Filippou4, E. Bargagli5, L. Franci1, M. Curcio1, F. Giannini1
Dip. Neuroscienze – Sez. Neurologia, 2Dip. Scienze Biomediche – Sez. Anatomia e Istologia, 3Dipartimento di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche - Sezione di Dermatologia, 4Sezione di
Reumatologia, 5Sezione di Malattie Respiratorie, Siena
1
Introduzione. La Neuropatia Sensitiva Migrante (NSM), inizialmente descritta da Wartenberg tra
gli anni ‘40 e ‘50, è stata successivamente riportata in 6 pazienti da Matthews ed Esiri nel 1983 e,
sulla base dei dati clinici, elettrofisiologici e bioptici (1 caso con biopsia di nervo surale), attribuita
all’occlusione di vasi perineurali, verosimilmente su base meccanica da stiramento. Si tratta di una
patologia rara, a decorso benigno, caratterizzata da dolore neuropatico all’esordio, ipoestesia nel
territorio di uno o più nervi sensitivi e successiva remissione spontanea in settimane/mesi. L’aggettivo migrante è dovuto alla tendenza della neuropatia a recidivare in altri territori sensitivi, con le
medesime modalità.
Caso clinico. Donna di 42 anni, aveva ricevuto diagnosi di Sarcoidosi definita 8 anni prima, complicata sei mesi più tardi da mononeuropatia assonale dell’antero-brachiale laterale dx. La remissione clinica completa con recupero del SAP era avvenuta in 12 mesi. La paziente torna alla nostra
osservazione per la comparsa, da circa un mese, di dolore e parestesie analoghe, questa volta a
carico dell’avambraccio sn. L’esame elettrofisiologico evidenzia una marcata riduzione di ampiezza
del SAP del n. antero-brachiale laterale (-83% vs. controlaterale) e del n. antero-brachiale mediale
(-40%) di sn, con VCS conservate. La malattia sarcoidea è in fase di remissione clinica e sierologica
(markers bioumorali negativi), così come risultano nella norma l’emocromo, gli indici di flogosi e
i markers infettivologici e di autoimmunità. La biopsia del n. antero-brachiale laterale sn, eseguita dopo localizzazione ecografica, evidenzia: perdita pressoché completa ed omogenea delle fibre
mieliniche, con degenerazione assonale in atto delle fibre residue, confermata dai numerosi ovoidi
mielinici al teasing; assenza di cluster di rigenerazione; marcato edema subperineuriale ed elementi
linfoistiocitari sparsi in sede endoneuriale; piccoli depositi perivasali epineurali di linfociti CD8+ e
Cd4+, macrofagi CD11b+.
Conclusioni. La NSM è stata descritta prevalentemente come condizione primitiva. La scarsa letteratura successiva ai lavori già citati tende a ridimensionare l’eziopatogenesi meccanica, pur senza
offrire un’ univoca ipotesi alternativa: segni di vasculite delle arterie di piccolo e medio calibro in
2/5 casi (Saube, 1989) ed in un caso associato ad HIV (Pavesi, 1994); perdita assonale senza chiara
evidenza di impegno vasculitico (Zifko, 1997); patogenesi immuno-mediata caratterizzata da perineurite con depositi epi-, peri- ed endo-neuriali di IgG (Nicolle, 2001).
Il nostro caso, pur presentando suggestive analogie di distribuzione topografica e di decorso di malattia con quello descritto da Nicolle, è caratterizzato da un diverso pattern istopatologico di chiari
segni infiammatori compatibili con vasculite probabile (Collins, 2003). Sebbene l’insorgenza di
mono- o multineuriti craniche o spinali in corso di Sarcoidosi non sia infrequente, un quadro clinico
tipico di NSM di Wartenberg non è mai stato fino ad oggi riportato. Tuttavia, l’istopatologia e l’insorgenza del secondo episodio di NSM in fase di prolungata remissione della malattia sarcoidea, non
consentono di stabilire con certezza una relazione diretta tra le due condizioni.
177
Congresso Nazionale
POLINEUROPATIA ACUTA COME SINTOMO INIZIALE DI MORBO CELIACO E
CRIOGLOBULINEMIA ASINTOMATICI
C. Marotti1, F. Ginannneschi1, C. Barreca2, C. Scarselli1, A. Biasella1, A. Rossi1
UOC Neurologia- Neurofisiologia clinica, Università degli studi di Siena
Dipartimento di Medicina clinica e Scienze immunologiche; Sez. Reumatologia, Università degli
studi di Siena
1
2
Scopo: descrivere un caso clinico in cui una polineuropatia acuta è stata il sintomo di esordio di
morbo celiaco e crioglobulinemia, fino ad allora asintomatici
Metodi e Risultati: donna di 36 anni ricoverata per parestesie distali agli arti superiori estesesi dopo
tre giorni anche agli arti inferiori. Unico dato anamnestico da segnalare artrite post-infettiva, l’ anno
precedente, secondaria ad un episodio febbrile con tonsillite. I dati elettromiografici e liquorali erano
compatibili con una polineuropatia sensitivo-motoria “tipo Guillain Barrè”. Durante la degenza gli
accertamenti diagnostici hanno messo in luce un quadro di crioglobulinemia mista e morbo celiaco
(diagnosi accertata dalla biopsia duodenale) fino ad allora asintomatici e quindi non diagnosticati.
La paziente è stata sottoposta a trattamento immunosoppressivo con prednisone con buon recupero
del quadro elettromiografico, sierologico e clinico.
Conclusioni: la malattia celiaca è un’affezione primitivamente intestinale dovuta ad un’inappropriata risposta immunitaria da parte dei linfociti T contro il glutine ingerito con la dieta. Circa il 10%
dei pazienti mostra associazione con disturbi neurologici che comprendono per la maggior parte
polineuropatie, atassia, demenza o disturbi psichiatrici. Nelle forme adulte più della metà dei casi è
subclinica e quindi non diagnosticata. La crioglobulinemia mista è una vasculite caratterizzata dalla
presenza nel plasma di proteine anomale che precipitano al di sotto dei 37°C di temperatura ed insorge nel 95% dei casi in soggetti positivi per infezione da HCV. Clinicamente si manifesta con segni
sistemici quali astenia, artro-mialgie e porpora. Nel 7-15% dei casi si associa ad un coinvolgimento
del sistema nervoso periferico (polineuropatia acuta o subacuta, mononeurite multipla)
In letteratura sono descritti solo cinque casi di associazione tra morbo celiaco e crioglobulinemia; la
manifestazione di esordio, in quattro di essi, è con sintomi classici di una o dell’altra affezione solo
in uno il sintomo di esordio è un epatite autoimmune.
Sebbene siano stati riportati casi in cui la polineuropatia sia associata a crioglobulinemia mista
oppure a malattia celiaca, non sono descritti casi in cui la polineuropatia acuta sia l’unica manifestazione presente all’esordio in una condizione di comorbidità di entrambe le patologie, in assenza di
altre manifestazioni cliniche delle stesse.
178
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
IL PERIODO SILENTE CUTANEO NELLA POLINEUROPATIA DA HIV
F. Pujia, M.G. Anastasio, M. Brienza, G.O. Valente, G.A. Amabile, L. Parisi
Dipartimento di Neurologia e ORL Università degli studi di Roma “Sapienza”
Scopo della ricerca: La polineuropatia sensitiva distale è una complicanza molto comune nei pazienti con infezione da HIV ed è spesso associata ad interessamento delle piccole fibre.
Il Periodo Silente Cutaneo (CSP), un riflesso inibitorio spinale principalmente mediato da fibre A
delta, potrebbe essere un utile metodo per valutare la disfunzione delle piccole fibre amieliniche.
Lo scopo di questo studio è quello di determinare se la valutazione del CSP possa essere utile nella
diagnosi di polineuropatia da HIV e se sia una tecnica utile nel differenziare l’interessamento delle
piccole fibre.
Materiali e metodi: 15 pazienti sono stati sottoposti ad un esame obiettivo neurologico, al questionario DN4 e ad una valutazione elettrofisiologica che consisteva in un esame di routine misurante le
latenze sensitive e motorie, la velocità di conduzione sensitiva e motoria, le ampiezze dei potenziali
sensitivi e motori dei tronchi nervosi più importanti (n. mediano, n. ulnare, n. surale, n. peroneo
comune, n. tibiale, bilateralmente).
Il CSP è stato registrato dal I interosseo dorsale del lato dominante, durante contrazione isometrica
pari al 50% della forza massimale, con stimolo doloroso al V dito pari a 20 volte la soglia di percezione e di durata pari a 0,2 msec.
Per ogni paziente sono state registrate e mediate 10 risposte, assumendo come latenza iniziale del
CSP, il punto in cui si aveva un decremento del tracciato EMG pari all’80% rispetto a quello iniziale,
e come fine del periodo silente, il punto in cui si aveva un ritorno pari all’80% del valore iniziale del
segnale EMG. La durata veniva calcolata tra questi due punti.
Un gruppo di controllo di 10 persone è stato sottoposto agli stessi test elettrofisiologici. Tutti i valori
medi dei parametri esaminati sono stati confrontati con il test T di Student con p < 0,05 tra soggetti
sani e malati; successivamente sono stati eseguiti test di correlazione tra I parametri del CSP e gli
altri parametri risultati alterati.
Risultati: I dati ottenuti hanno evidenziato: una differenza significativa tra i valori di ampiezza e di
latenza distale sensitiva dei pazienti rispetto i controlli (p < 0,05);
nessuna variazione significativa tra latenza distale e ampiezza motoria tra pazienti e controlli (p >
0,05); una differenza significativa dei valori di latenza del CSP tra i pazienti e i controlli (p < 0,05);
la presenza di una correlazione positiva ma debole tra i parametri del CSP dei pazienti rispetto ai
valori di latenza e ampiezza sensitiva;
un aumento significativo della durata nei pazienti con interessamento delle piccole fibre rispetto ai
pazienti senza tale coinvolgimento (p < 0,05).
Conclusioni: Il CSP è una tecnica non efficacie quanto alle tecniche standard per lo studio della neuropatia da HIV, ma risulta essere una tecnica molto semplice e specifica per la diagnosi di neuropatia
delle piccole fibre, che spesso può essere presente in concomitanza di diversi tipi di polineuropatia.
179
Congresso Nazionale
La Neuropatia Acuta assonale motoria NOn è esclusivamente
MOTORIA
A. Uncini, F. Notturno, C. Manzoli, M. Capasso
Dipartimento di Scienze del Movimento Umano, Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
La neuropatia acuta assonale motoria (AMAN) è ritenuta espressione dell’attacco complementomediato di anticorpi antigangliosidi ristretto all’ assolemma del nodo di Ranvier delle fibre motorie.
Tredici pazienti con sudi seriati delle conduzioni motorie e sensitive sono stati diagnosticati come
AMAN secondo i seguenti criteri: 1) deficit di forza ad insorgenza acuta di più un arto, 2) assenza di
segni sensitivi, 3) assenza di segni elettrofisiologici di demielinizzazione, riduzione del CMAP distale o evidenza di blocco di conduzione funzionale reversibile, 4) ampiezza dei potenziali sensitivi
(SNAP) nella norma o lievemente ridotta in due pazienti. Diarrea era presente nell’ 84% dei pazienti,
un infezione da C. Jejuni nell’81% ed almeno 1 anticorpo contro i gangliosidi GM1, GD1a e GD1b
nell’ 85 % dei pazienti. Al fine di valutare la variabilità del SNAP 4 esaminatori hanno eseguito in
10 controlli 2 registrazioni a distanza di 1 settimana. Abbiamo calcolato il coefficiente di variazione
nel singolo soggetto, quello medio (mCV), e calcolato il minimo cambiamento significativo (MCS)
secondo la formula: MCS= mCV%x2x1.41. Il MCS in due registrazioni consecutive per l’ampiezza
del SNAP è ≥ 45% per il nervo mediano, ≥ 49% per l’ulnare e ≥ 60% per il surale.
Nove su 13 pazienti (69%) mostravano nelle registrazioni seriate cambiamenti significativi dell’ampiezza del SNAP in 15 su 34 (44%) nervi. In 12 nervi di 7 pazienti si verificava un aumento (media
161 %, range: 57-518) ed in tre un peggioramento (media 60%, range: 50-69). L’ampiezza del SNAP
aumentava in 4 settimane in 5 nervi di 3 pazienti suggerendo un blocco di conduzione funzionale
reversibile o lentamente (in mesi) in accordo con un processo di rigenerazione assonale.
Questo studio indica che nell’AMAN non sono interessate esclusivamente le fibre motorie e che un
blocco di conduzione funzionale reversibile si verifica anche nelle fibre sensitive. La fine specificità
degli anticorpi, l’orientamento/esposizione dei gangliosidi o differenze nelle caratteristiche biofisiche tra assoni motori e sensitivi possono spiegare il coinvolgimento preferenziale e clinicamente più
grave delle fibre motorie nell’AMAN.
180
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
HNPP: VARIABILITÀ FENOTIPICA LEGATA AL SESSO
C. Pisciotta, F. Manganelli, R. Dubbioso, L. Ruggiero, R. Iodice, L. Santoro
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università degli Studi di Napoli, Federico II
Introduzione
La neuropatia ereditaria con suscettibilità alle paralisi da compressione (HNPP) è una malattia a trasmissione autosomica dominante tipicamente associata a delezione del gene PMP22. Clinicamente
si caratterizza per episodi ricorrenti di paralisi nervose ed elettrofisiologicamente per un rallentamento della conduzione nervosa nei siti di entrapment. Riportiamo i dati relativi a 30 pazienti affetti
da HNPP e descriviamo le differenze legate al sesso.
Pazienti e metodi
Abbiamo valutato i dati clinici ed elettrofisiologici di 30 pazienti con diagnosi molecolare di HNPP,
afferiti presso il nostro istituto nel corso degli ultimi 10 anni. Di tutti i pazienti sono state raccolte
le seguenti informazioni cliniche: età al momento dell’esame, età e sintomo di esordio, familiarità,
presenza di paralisi e nervi coinvolti. Tutti i pazienti sono stati esaminati mediante valutazione neurologica ed elettrofisiologica, la quale prevedeva lo studio della conduzione motoria nei nervi mediano, ulnare e peroneale e della conduzione sensitiva nei nervi mediano, ulnare, surale e peroneale
superficiale. Sono state calcolate le percentuali di alterazione di ogni singolo parametro elettrofisiologico nella popolazione generale ed è stato poi effettuato un confronto tra i sessi di tutti i parametri
clinici ed elettrofisiologici e la correlazione di quest’ultimi con l’età.
Risultati
Circa la metà dei pazienti riferiva almeno un episodio di paralisi periferica che coinvolgeva nella
maggioranza dei casi il nervo peroneale. La totalità dei pazienti presentava un rallentamento focale
della conduzione motoria nel nervo ulnare alla doccia olecranica mentre i rallentamenti negli altri
siti di entrapment non erano costantemente presenti. Per quanto riguarda la conduzione sensitiva, i
nervi ulnare e peroneale superficiale risultavano i più frequentemente alterati. Il confronto tra sessi
evidenziava nei maschi una più alta prevalenza di malattia e una maggiore frequenza di paralisi e di
alterazioni elettrofisiologiche. Non si osservava alcuna correlazione tra i parametri elettrofisiologici
e l’età dei pazienti.
Conclusioni
La valutazione di un paziente con sospetta HNPP deve prevedere un protocollo elettrofisiologico che
includa lo studio della conduzione motoria nel nervo ulnare alla doccia olecranica e lo studio della
conduzione sensitiva nei nervi ulnare e peroneale superficiale.
Una maggiore espressione elettrofisiologica della malattia nei maschi non è mai stata descritta.
Invece, una più alta prevalenza di malattia negli uomini, è stata già riportata da alcuni autori che
hanno ipotizzato un danno cumulativo sui nervi periferici secondario all’attività lavorativa. Tuttavia,
l’assenza di correlazione tra i dati elettrofisiologici e l’età dei pazienti suggerisce che altri fattori, ad
esempio ormonali, possano entrare in gioco per spiegare i nostri dati.
181
Congresso Nazionale
IL RIFLESSO FLESSORE: METODICHE A CONFRONTO
E. Della Coletta, E. Gastaldo, R. Quatrale, M.R. Tola, V. Tugnoli
Dipartimento di Neuroscienze-Riabilitazione, Azienda Ospedale – Università S. Anna, Ferrara
Introduzione. Il Riflesso Flessore (FR) agli arti inferiori viene usualmente ottenuto mediante due
metodiche: stimolando il nervo surale o la pianta del piede e registrando rispettivamente dal muscolo
bicipite femorale (BF) e tibiale anteriore (TA). è costituito da due componenti, una precoce tattile e
incostantemente presente (RII) e una tardiva nocicettiva, più stabile (RIII).
Scopo del lavoro. Verificare la riproducibilità delle due metodiche, la soglia di evocazione di RIII e
la sua simmetria nei due arti inferiori, la presenza di una correlazione tra VAS percepita e intensità
di stimolazione.
Materiali e metodi. In 20 soggetti sani (età compresa tra i 26 e i 60 anni) è stata valutata la soglia
di RIII minima e massima tollerata stimolando la pianta del piede e il nervo surale bilateralmente
e registrando contemporaneamente dal BF a dal TA. Gli stimoli sono stati erogati con un’intensità
progressivamente crescente fino ad ottenere il punteggio massimo della VAS percepita e successivamente in maniera decrescente fino alla scomparsa di RIII.
Risultati. RF è stato ottenuto nel 100% dei casi solo stimolando la pianta del piede e registrando dal
TA. Esiste una variabilità individuale della soglia di RIII tra i due arti con entrambe le metodiche
(range 0,5-8,5 mA e 0,1-15 mA). Non è emersa una correlazione lineare tra VAS percepita e intensità
di stimolazione. A parità di stimolazione la VAS percepita dal paziente è inferiore dopo il raggiungimento della VAS massima. Nella stimolazione ad intensità decrescente è stato in genere osservato
un comportamento più omogeneo di RIII.
Conclusioni. Da questa casistica, nonostante le variabili legate alla tecnica in esame, la metodica
che appare più idonea nella pratica clinica per studiare il RF agli arti inferiori è quella che prevede
la stimolazione della pianta del piede e la registrazione dal TA.
182
ELETTROMIOGRAFIA - I SESSIONE
DESIGN AND IMPLEMENTATION OF WEARABLE WIRELESS SYSTEM FOR
THE ANALYSIS AND CLASSIFICATION OF MOTOR ACTIVITIES
*G. Ricci, °G. Tartarisco, *E. Caldarazzo Jenco, *L. Volpi, °G. Pioggia, ^D. De Rossi, * G. Siciliano
*Department of Neuroscience, Faculty of Medicine and Surgery, University of Pisa, Italy
°Institute of Clinical Physiology – CNR, Pisa, Italy
^Interdepartmental Research Center, Faculty of Engineering, Pisa, Italy
Our aim is to realize an unobtrusive monitoring of the lower limbs movements, as well as the muscular activations through a smart multisensorial platform integrating inertial and sEMG wireless
sensors.
We use unobtrusive integrated sensors to transduce posture and kinematic variables and to acquire
surface Electromiography (sEMG). The platform is able to analyze and merge the sEMG signals
and kinematics variables to provide a single coherent dynamic information of the acquired movements. The stream of information is elaborated by means of intelligent and adaptive data processing
techniques and artificial neural networks in order to process and code in real-time the distributed
information. A parallel object-oriented framework for behavioural and sEMG features extraction,
selection and discrimination was realized. To analyse the human activities we extracted the Energy
from the acquired signals, selecting a suitable number of levels of the wavelet decomposition. The
signals were analyzed in Matlab and decomposed in six details and one accuracy, using the third order Daubechies wavelet. The signal was segmented with partially overlapping windows of different
size. The Principal Component Analysis shows a discrimination among different human activities:
sitting, standing, walking, running, go up, go down. Fatigue-related decreases in voluntary muscle
activation to maintain given muscle power output (i.e. dynamic task failure) can be assessed by the
measurement of the sEMG signal during isometric contractions. A wireless wearable system was
developed for the acquisition of biosignals. We analysed 50 subjects ranging from 35 to 65 years
old. Starting from the orthostatic posture, the experimental protocol consisted in seven transitions
from the sitting to the orthostatic posture for each subject. Data were segmented extracting only the
orthostatic posture intervals in order to assess the sEMG signal during isometric contractions. We
We observe an exponential decrease of the mean frequencies in function of the transitions from the
sitting to the orthostatic posture, especially for the elderly. In conclusions our system allows human
activities and muscular fatigue to be inferred.
183
Congresso Nazionale
Confronto di variabilità interlato e ripetibilità del Tempo
di Conduzione Periferico ottenuto mediante la stimolazione
elettrica radicolare ad alto voltaggio e la risposta F
A. Di Sapio, F. Sperli, M. Malentacchi, E. Berra*, A. Pulizzi, A. Bertolotto, W. Troni*
Neurologia 2 - Centro Regionale Sclerosi Multipla (CRESM) - AOU San Luigi Gonzaga, Orbassano, Torino
*Neurologia 2 – Centro Sclerosi Multipla (CReSM) & Laboratorio di Neurofisiologia Clinica Sperimentale, AOU S. Luigi Gonzaga – Orbassan, Torino
Obiettivo: Confrontare la variabilità interlato ed in 2 determinazioni seriate del Tempo di Conduzione Periferica ottenuto rispettivamente con la stimolazione elettrica radicolare ad alto voltaggio
(PCT-r) della radici lombosacrali e mediante il metodo della risposta F a minima latenza (PCT-f).
Metodi: La stimolazione radicolare elettrica ad alto voltaggio è stata effettuata in 15 volontari sani
utilizzando un montaggio dorso-ventrale (Troni et al. ’96) e registrando bilateralmente dai muscoli
tibiale anteriore (TA) e flessore breve dell’alluce (FBA). L’onda F a minima latenza è stata individuata, per ciascuno dei 4 distretti considerati, fra le risposte ottenute somministrando 20 stimoli; è
stata inoltre calcolata la percentuale di comparsa di tali risposte nei vari distretti di derivazione. Tale
procedura è stata ripetuta a distanza di 3 giorni.
Risultati I valori di PCT-r hanno presentato una minore variabilità interlato e una maggiore ripetibilità nel tempo. Infatti, il range di variabilità interlato del PCT-r è risultato compreso fra 0 e 1,7 msec
e fra 0 e 1,2 msec rispettivamente per il TA e FBA, mente il range di variabililità interlato del PCT-f
è risultato compreso tra 0 e 3,5 msec e tra 0-2,1 msec rispettivamente per il TA e FBA. Per quanto
riguarda la variabilità tra prima e seconda determinazione, il range del PCT-r è risultato compreso tra
0,2 e 1 msec e tra 0,3 e 1,8 msec rispettivamente per il TA e FBA, mentre i corrispettivi valori per il
PCT-f sono risultati compresi tra 0 e 1,5 msec e tra 0,4 e 4,4 msec rispettivamente per il TA e FBA.
In 3 soggetti dal TA non è stato possibile elicitare alcuna risposta F. In tale soggetto la percentuale
media di comparsa delle risposte F è risultata significativamente ridotta (30 %) rispetto a quella
osservata nel m. FBA (95 %).
Conclusioni: La maggior stabilità e riproducibilità del PCT-r rende a nostro parere tale parametro
nettamente preferibile rispetto al PCT-f, sia negli studi di monitoraggio clinico delle patologie periferiche che nelle determinazioni seriate del Tempo di Conduzione Centrale
184
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
Moderatori:
L. Bongiovanni (Verona),
M. Nolano (Telese Terme - BN)
Congresso Nazionale
186
SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
ANALISI ED EVOLUZIONE DEL COINVOLGIMENTO VEGETATIVO CUTANEO
NELLA ATROFIE MULTISISTEMICHE
L.G. Bongiovanni, F. Paluani, G. Amen, F. Rossini, L. Pasquetto, D. Cavaggioni, A. Fiaschi
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione. Università di Verona
Sebbene l’ esordio di una Atrofia Multisistemica (MSA) sia caratterizzato da una sintomatologia
prevalentemente extrapiramidale o cerebellare, alcuni pazienti sviluppano inizialmente una sintomatologia disautonomica. Accanto alla tipica degenerazione pre - gangliare, sono stati descritti
quadri di coinvolgimento gangliare. Questo rende non omogenei i risultati di indagini sul versante
vegetativo e tale disomogeneità potrebbe non essere solo espressione dell’ evoluzione temporale
del processo degenerativo. Per questo motivo abbiamo indagato le funzioni vegetative residue in
soggetti affetti da MSA nel momento in cui è stato possibile formulare per la prima volta la diagnosi
ed a distanza di tre anni, valutando in particolare la funzione colinergica ed adrenergica cutanea .
Sono stati indagati 10 soggetti con MSA con età media di 63 anni, con un esordio clinico caratterizzato da sintomatologia extrapiramidale in 5, cerebellare in 1, autonomica in 4.L’ analisi della funzione motoria è stata effettuata secondo la scala UMSARS. La funzione vegetativa è stata indagata
mediante test di Ewing, tilt test, dosaggi della NA e scintigrafia miocardica con MIBG. Il versante
cutaneo è stato valutato mediante RSC per la parte colinergica e VAR per la parte adrenergica. I
risultati sono stati comparati con un gruppo di pazienti di età analoga. Il t test per dati appaiati ed
il Wilcoxon sono stati impiegati per valutare latenza ed ampiezza della RSC. Le modificazioni del
VAR fra i due gruppi e nello stesso gruppo è stata effettuata mediante Mann – Whitney test, mentre i
risultati ottenuti dallo studio del simpatico cutaneo sono stati sottoposti a test di correlazione lineare
con la funzione simpatica e parasimpatica cardiovascolare.
Un deficit di vasocostrizione cutanea risultava evidente solo nei soggetti con importante disturbo
vegetativo all’ esordio. La RSC mostrava invece una costante, comune e progressiva riduzione di
ampiezza del potenziale, risultando assente inizialmente a livello plantare solo nei casi marcati da
disautonomia, caratterizzati anche da positività della scintigrafiamiocardica con MIBG, e scomparendo successivamente a tale livello in un altro caso con sintomatologia extrapiramidale all’ esordio.
Nessuna asimmetria di ampiezza o di latenza della RSC ha mai raggiunto la significatività statistica
nel corso del periodo di osservazione.
È probabile quindi che si verifichi in tale patologia un relativo risparmio dei Nuclei del Rafe, responsabili della vasocostrizione cutanea, accanto ad un progressivo impegno del Midollo Rostrale Ventro
Mediale che proietta sulla colonna intermedio laterale del midollo spinale con risposte progressivamente decrescenti del simpatico colinergico di quello adrenergico sistemico. Solo di fronte ad un
contemporaneo o successivo impegno del settore simpatico post gangliare anche la vasocostrizione
cutanea può alterarsi.
187
Congresso Nazionale
Analisi dell’ attività simpatica nelle lesioni spinali
L.G. Bongiovanni, F. Paluani, G. Amen, F. Rossini, L. Pasquetto, D. Cavaggioni, A. Fiaschi
Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione. Università di Verona
Finalità
In condizioni di disconnessione fra centri spinali e sovrasegmentari, indipendentemente dalla causa,
la regolazione pressoria è dominata dal controllo riflesso spinale. L’ elemento critico per realizzare
tale disfunzione riflessa è costituito da lesioni, a livello di T6 o a livelli superiori, che portano alla
completa disconnessione del simpatico adrenergico diretto ai vasi a resistenza e capacitanza del
distretto splancnico e degli arti inferiori. In generale, più alto è il livello lesionale, più marcata è la
disfunzione vegetativa. Per verificare la relazione fra controllo simpatico e risposte cardiovascolari
durante i cambiamenti posturali, abbiamo indagato 6 soggetti con lesione spinale sopra T6 e con
differenti gradi di compromissione motoria e sensitiva.
Materiale e Metodo
La valutazione della funzione cardio-vascolare è stata eseguita mediante analisi spettrale della variabilità pressoria e dell’ intervallo R- R durante un periodo minimo di 530 battiti consecutivi, corrispondenti ad almeno 10 minuti di mantenimento di una posizione stabile. I soggetti sono stati valutati in condizioni basali in posizione supina e dopo cambiamento posturale indotto dall’ortostatismo
passivo a 70°. I risultati sono stati comparati con 10 soggetti di controllo.
Risultati
Durante lo stimolo ortostatico la pressione arteriosa media presentava una netta riduzione solo nel
soggetto con tetraplegia, mentre le componenti LF della pressione sistolica e dell’intervallo RR
risultavano aumentate in maniera significativa nei controlli e nei soggetti con paraplegia e lesione
midollare incompleta. Infine le resistenze periferiche totali (TPR) risultavano aumentate in tutti i
soggetti salvo che nel paziente con tetraplegia.
Conclusioni
Se l’omeostasi cardiovascolare risulta completamente compromessa solo nel paziente con tetraplegia, diverse risultano le risposte nei pazienti paraplegici. Quelli con lesione completa dimostrano
durante lo stimolo condizionante, una marcata perdita delle componenti LF sia della componente
pressoria sia della frequenza cardiaca, per molti aspetti sovrapponibile a quella rilevata nella tetraplegia. Negli altri, con lesione incompleta, si rileva un incremento delle stesse componenti LF, anche
se in misura minore rispetto ai controllo, a testimonianza che anche una ridotta funzione simpatica
residua può sopperire nel tempo al mantenimento dell’ omeostasi cardiocircolatoria in condizioni di
ridotto apporto della pompa muscolare degli arti inferiori.
188
SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
La corteccia prefrontale interviene nei meccanismi di controllo
dell’equilibrio durante deambulazione “overground”in pazienti
atassici
P. Caliandro1,2, G. Silvestri2, I. Minciotti1, G. Russo1, P.A. Tonali1,2, L. Padua1,2
1
2
Department of Neuroscience, Institute of Neurology, Catholic University, Roma - Italy
Fondazione Pro - Iuventute Don C. Gnocchi, Centro Santa Maria della Pace, Roma – Italy
Background ed obiettivi: La locomozione umana è controllata da più sistemi neurali gerarchicamente distribuiti su tutto il sistema nervoso centrale (CNS), compreso il midollo spinale, tronco
encefalico, cervelletto, gangli della base, e corteccia motoria (Rizzolatti e Luppino, 2001). Alcuni
studi hanno rivelato uno stretto collegamento tra il cervelletto e la corteccia cerebrale, in particolare
il lobo frontale (Rizzolatti e Luppino, 2001). Analogamente, il sistema cortico-cerebellare svolge un
ruolo importante nell’apprendimento motorio e nel riapprendimento (Doyon et al., 2003). Le conoscenze attualmente disponibili evidenziano che durante deambulazione su tapis roulant i lobi frontali
intervengono nel controllo motorio solo durante le variazioni di velocità del cammino indotte dal
nastro, mentre non è evidente attivazione durante locomozione a velocità costante (Mihara et al,
2007). La deambulazione su tapis roulant rappresenta però uno stimolo propriocettivo che potrebbe
condizionare i rilievi di attivazione corticale. In letteratura non esistono evidenze sulle modalità
di funzionamento dei lobi frontali durante cammino “naturale” su terreno né in soggetti sani né in
pazienti. L’obiettivo del presente studio è quello di verificare l’eventuale attivazione dei lobi frontali
durante deambulazione su terreno in soggetti sani ed in pazienti affetti da atassia.
Materiali and Metodi: Il livello di attivazione corticale è stato misurato mediante Near Infrared
Spectroscopy (NIRS) in tre diversi momenti: 1) mantenimento della stazione eretta per 2 minuti, 2)
deambulazione lungo un tragitto rettilineo di 10 metri, 3) fase di recupero di 2 minuti successiva
alla deambulazione. Durante le tre fasi e per ogni soggetto (pazienti e soggetti sani) saranno misurati i seguenti parametri NIRS: 1) tissue oxygenation index (TOI), espresso in %; 2) variazioni di
concentrazione (rispetto ad un valore arbitrario iniziale uguale a zero) di ossiemoglobina (O2Hb)
e desossiemoglobina (HHb); 3) variazioni di volume emoglobinico totale tHb come somma delle
variazioni di concentrazione di O2Hb e HHb. Sono stati studiati 10 pazienti atassici (4 pz affetti da
SCA, 6 da polineuropatia sensitiva assonale) e 10 controlli sani. I pazienti atassici sono stati inoltre
valutati clinicamente e l’entità dell’atassia misurata mediante la scala Tinetti (Tinetti, 1986). Il quadro clinico è stato quindi correlato con i pattern di attivazione corticale.
Resultati: La deambulazione atassica è associata a variazioni dei livelli dell’emoglobina ossigenata nelle regioni corticali frontali. Maggiore è la gravità clinica dell’atassia maggiore è il livello di
attivazione corticale (p: 0.01). I livelli di oxyHb e totalHb aumentano dopo 3-5 sec dall’inizio della
deambulazione, raggiungono un plateau in 5-10 sec e ritornano al baseline con un cinetica varibile
(da 3 a 30 sec dopo la fine della deambulazione). La variazione media dell’oxyHb, deoxyHb, and
totalHb è rispettivamente 2.4 mM/cm, -0.2 mM/cm, 2.2 mM/cm nel lobo prefrontale dx e 2.3 mM/
cm, -0.6 mM/cm, 2.1 mM/cm in quello sinistro. Non si è rilevata nessuna attivazione prefrontale
durante la deambulazione dei soggetti sani.
Conclusione: I lobi prefrontali intervengono nel controllo dell’equilibrio durante deambulazione
“overground” in pazienti atassici. I livello di attivazione è maggiore in pazienti con quadro clinico
peggiore. L’attivazione dei lobi preforntali rappresenta verosimilmente un meccanismo di compenso
del deficit.
189
Congresso Nazionale
BIBLIOGRAFIA
1. Doyon J, Penhune V, Ungerleider LG. Distinct contribution of the cortico-striatal and corticocerebellar systems to motor skill learning. europsychologia. 2003;41(3):252-62.
2. Grillner S, Wallén P. Innate versus learned movements-a false dichotomy? Prog Brain Res.
2004;143:3-12.
3. Mihara M, Miyai I, Hatakenaka M, Kubota K, Sakoda S. Sustained prefrontal activation during
ataxic gait: A compensatory mechanism for ataxic stroke? NeuroImage 37 (2007) 1338–1345.
4. Rizzolatti G, Luppino G. The cortical motor system. Neuron. 2001 Sep 27;31(6):889-901.
5. Tinetti ME. Performance-oriented assessment of mobility problems in elderly patients. J Am
Geriatr Soc. 1986 Feb;34(2):119-26.
190
SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
INNERVAZIONE SIMPATICA NELLA NEUROPATIA AUTONOMICA PERIFERICA:
STUDIO ATTRAVERSO MICRONEUROGRAFIA E BIOPSIA DI CUTE
V. Donadio, M.P. Giannoccaro, P. Cortelli, V. Di Stasi, R. Liguori
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna
Oggetto: per lo studio della disautonomia in corso di neuropatia autonomica sono disponibili numerosi tests clinici che però forniscono delle indicazioni indirette in quanto valutano le variazioni degli
organi effettori invece di monitorare l’attività simpatica in modo diretto. In questo studio riportiamo
per la prima volta la valutazione diretta dell’attività simpatica muscolare e cutanea nella neuropatia
autonomica.
Metodi: abbiamo studiato 30 pazienti (21 maschi e 9 donne; età media±SD: 58±14 anni) che presentavano segni e/o sintomi di neuropatia periferica autonomica. La causa di tale disturbo era riconducibile al diabete mellito (3 pazienti), neuropatia immunomediata (8) o paraneoplastica (1), amiloidosi
primaria (1), neuropatia autonomica ereditaria (3), insufficienza autonomica pura (9) oppure ad
eziologia indefinita (5). I pazienti sono stati sottoposti allo studio delle conduzioni motorie e sensitive per valutare le fibre mieliniche di grosso calibro ed alla registrazione microneurografica dell’attività simpatica muscolare (MSNA) e cutanea (SSNA) dal nervo Peroneo. Inoltre è stata eseguita dal
dito, coscia e gamba una biopsia di cute tramite punch per lo studio dell’innervazione autonomica
colinergica ed adrenergica degli annessi dermici valutata per mezzo di una scala semiquantitativa,
che ha dimostrato una elevata affidabilità in termini di variabilità intra ed intersoggettiva. Venti
soggetti di pari sesso ed età e senza segni e/o sintomi neurologici sono stati utilizzati come controlli.
Risultati: sintomi da disfunzione simpatica erano prevalenti in 25 pazienti mentre 5 pazienti presentavano disturbi riconducibili ad una disfunzione prevalentemente di tipo parasimpatico. Lo studio
delle velocità di conduzione è risultato normale in tutti i pazienti indagati. La valutazione dell’innervazione autonomica cutanea era anormale in tutti i pazienti e la registrazione microneurografica non
ha evidenziato bursts di attività simpatica nel 63% dei pazienti studiati.
Conclusion: lo studio dell’innervazione simpatica degli annessi cutanei è un metodo affidabile e
sensibile nella diagnosi della neuropatia periferica autonomica. La microneurografia rappresenta un
utile strumento neurofisiologico che contribuisce a tale diagnosi.
191
Congresso Nazionale
ATTIVITÀ SIMPATICA NELLE NEUROPATIE DELLE FIBRE DI PICCOLO CALIBRO
SOMATICHE ED AUTONOMICHE: UNO STUDIO MICRONEUROGRAFICO
R. Liguori, M.P. Giannoccaro, V. Di Stasi, V. Donadio
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Bologna
Oggetto: la neuropatia delle fibre di piccolo calibro può coinvolgere fibre nervose di tipo somatico
e/o autonomico. La microneurografia permette di valutare direttamente il traffico periferico simpatico postgangliare. In questo studio ci proponiamo di analizzare l’attività simpatica periferica attraverso la registrazione microneurografica nelle neuropatie delle fibre di piccolo calibro con e senza
sintomi autonomici.
Metodi: abbiamo studiato 48 pazienti (32 maschi e 16 donne; età media±SD: 58±15 anni) con
neuropatia delle fibre di piccolo calibro diagnostica attraverso biopsia di cute. Tutti i pazienti lamentavano dolore urente distale e sintomi autonomici associati erano presenti in 18 pazienti. Sono stati
sottoposti alla studio delle conduzioni motorie e sensitive per la valutazione delle fibre mieliniche di
grosso calibro ed alla registrazione microneurografica dell’attività simpatica muscolare (MSNA) e
cutanea (SSNA) dal nervo Peroneo. Trenta soggetti di pari età (18 maschi e 12 donne con età media
di 53±15 anni) senza segni e/o sintomi neurologici sono stati utilizzati come controlli.
Risultati: i sintomi autonomici consistevano in disturbi di sudorazione (67%), stipsi cronica (28%),
incontinenza urinaria e/o disfunzioni sessuali (11%) ed ipotensione ortostatica (11%). La valutazione microneurografica non ha evidenziato attività simpatica nel 48% dei pazienti con sintomi autonomici mentre era sempre possibile registrare bursts di MSNA e/o SSNA nei pazienti senza sintomi
autonomici e nei controlli (p < 0.001).
Conclusioni: l’assenza di attività simpatica durante la registrazione microneurografica era significativamente più elevata nei pazienti con neuropatia delle fibre di piccolo calibro e sintomi autonomici.
La valutazione microneurografica può contribuire quindi ad evidenziare il coinvolgimento delle
fibre nervose autonomiche nelle neuropatie delle fibre di piccolo calibro.
192
SISTEMA NERVOSO VEGETATIVO
L’INNERVAZIONE CUTANEA IN DIVERSI
PRATICARE UNA BIOPSIA DI CUTE?
DISTRETTI
CORPOREI:
DOVE
M. Nolano1, V. Provitera1, A. Stancanelli1, G. Caporaso1, A. Truini2, G. Cruccu2, L. Santoro3
Fondazione “Salvatore Maugeri” IRCCS – Centro di Telese Terme (BN)
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università “La Sapienza” Roma
3
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università di Napoli “Federico II”
1
2
La biopsia di cute è diventata negli ultimi anni uno strumento essenziale nella diagnostica delle neuropatie delle piccole fibre. Abitualmente è sufficiente un singolo prelievo dalla gamba. Un secondo
prelievo dalla coscia può essere d’ausilio per definire se un processo neuropatico sia o meno lunghezza dipendente. L’utilizzo di un punch di 2-3 mm rende la biopsia uno strumento minimamente
invasivo e pertanto utilizzabile in qualsiasi parte del corpo. La biopsia di cute permette di studiare
sia le popolazioni di fibre somatiche mieliniche ed amieliniche che autonomiche, nonché le caratteristiche dell’innervazione cutanea che può variare a seconda del sito esaminato.
Abbiamo studiato l’innervazione cutanea in 148 soggetti normali di età compresa tra 18 e 82 anni.
Di questi, 90 sono stati sottoposti a biopsia di cute da coscia, gamba e polpastrello, 18 dall’alluce,
20 dal territorio trigeminale, 10 dall’avambraccio, 10 dalla spalla e dal tronco.
I campioni sono stati processati con metodiche di immunofluorescenza indiretta utilizzando anticorpi specifici per le strutture nervose e vascolari. Immagini digitali sono state acquisite in microscopia
confocale ed analizzate utilizzando software di analisi d’immagine dedicati.
È stata valutata la densità di fibre nervose epidermiche (ENF) in tutti i siti, la densità dei corpuscoli
di Meissner (MC) e delle fibre mieliniche intrapapillari (IME) nella cute glabra, e la densità di fibre
mieliniche dermiche nella cute trigeminale.
Differenze nella morfologia e nella distribuzione dei recettori cutanei nella cute glabra fra polpastrello ed alluce e nella cute pelosa fra gamba, coscia, avambraccio, tronco e volto sono state osservate.
La densità di ENF, MC e IME si riduceva marcatamente dal polpastrello all’alluce. Nella cute pelosa
la densità di ENFs si riduceva passando dai siti prossimali a quelli più distali sia all’arto superiore
che inferiore e passando da V1 a V2-V3 nel territorio trigeminale.
La densità delle terminazioni nervose correlava con l’età. Nel territorio trigeminale veniva evidenziata una peculiare distribuzione di fibre VIP immunoreattive. Inoltre nella cute periorale veniva
osservata, oltre alle terminazioni sensitive mieliniche ed amieliniche trigeminali, una ricca popolazione di fibre motorie del nervo faciale dirette al muscolo orbicolare della bocca con le corrispondenti placche motorie.
La conoscenza del normale pattern di innervazione nei diversi siti corporei consente di orientare la
scelta del sito del prelievo in rapporto a quesiti clinici specifici.
193
Congresso Nazionale
AUTONOMIC CARDIOVASCULAR AND SKIN INVOLVEMENT IN PARKINSON’S
DISEASE
J.G. Capone, N. Casula1 , M. Sensi, E. Sette, E. Gastaldo, M.R. Tola, R. Quatrale, V. Tugnoli
Azienda Ospedaliero - Universitaria S. Anna. Dip. Neuroscienze – Riabilitazione, Ferrara
Azienda Ospedaliera “Carlo Poma” U.O. di Neurologia, Mantova
1
Introduction: autonomic nervous system dysfunction is a common non-motor feature in idiopathic
Parkinson disease (PD). Autonomic failure (AF) in PD is characterized mainly by the presence of
orthostatic hypotension (OH), with a prevalence of 20-58%. Loss of sympathetic nerves and subsequent failure of baroreflex can explain OH in PD, but others autonomic system are frequently
impaired in PD. Skin sympathetic function involves both sudomotor (cholinergic) and vasomotor
(adrenergic) systems.
Objective: to evaluate the involvement of cardiovascular and sympathetic skin autonomic systems
in idiopathic PD.
Materials and Methods: we investigated 50 PD patients (63±11 years, 28 M, mean duration of the
disease 10±6 years; H&Y ranges from 1 to 3,5). All subjects underwent cardiovascular tests (deepbreathing-DB, Valsalva manoeuvre-VM, head –up tilt-testing-HUT) with continuous blood pressure and heart rate monitoring; sympathetic skin vasomotor (inspiratory gasp, IG, and venoarterioal
reflex-VAR) by Laser Doppler flowmetry and sympathetic skin sudomotor by SSR evaluation. A
questionnaire to assess autonomic symptoms were performed.
Results: at cardiovascular tests 30% of pts have OH, of which only 33% were symptomatic. In 30%
HRV was abnormal during DB. VM was abnormal in 36%. Abnormalities in SSR were observed in
39% of patients. There were no differences in SkVR among the groups considering IG, while VAR
were no differences in 60% of PD. There were not clear correlation between cardiovascular and
sympathetic skin abnormalities in patients with dysautonomia. Clinical symptoms of dysautonomia
were frequently found but were relatively mild: constipation and urinary disorder occurred in 30%,
orthostatic intolerance in 18%, hyperhidrosis in 15%.
Conclusion: autonomic involvement in PD is frequent and heterogeneous, and can involve different
autonomic systems at different degrees also in the early stages of the disease. Both sympathetic skin
system are frequently involved. The cutaneous adrenergic system seems to be involved mainly at
post – ganglionic level. The SkVR is a simple, reliable and useful test for the evaluation of peripheral post-ganglionic sympathetic function in patients with PD.
194
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
STIMOLAZIONE
MAGNETICA TRANSCRANICA
I SESSIONE
Moderatori:
R. Cantello (Novara),
A. Quartarone (Messina)
Congresso Nazionale
196
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
RUOLO DELLE PROIEZIONI TRANSCALLOSALI NEL CONTRAST GAIN CONTROL
T. Bocci*§, M. Caleo°, E. Giorli*, L. Restani°, D. Barloscio*, Te. Bocci*,
L. Murri*, S. Rossi§, F. Sartucci†*°
*Dipartimento di Neuroscienze, Clinica Neurologica, Università degli Studi di Pisa, Pisa, Italia;
Dipartimento di Neuroscienze, Policlinico “Le Scotte”, Università degli Studi di Siena, Siena, Italia; °Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa; †S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, AOUP, Pisa
§
Scopo dello studio: La plasticità sinaptica nel contesto delle aree visive è comunemente attribuita agli effetti combinati dell’inibizione GABAergica, dell’attivazione dei recettori NMDA e del
potenziamento della trasmissione colinergica; tali fenomeni sono probabilmente espressione della
disinibizione di circuiti interemisferici latenti a carattere eccitatorio. Al fine di comprendere il ruolo
del corpo calloso nel processamento dell’informazione visiva e nel guadagno di contrasto, abbiamo
provocato lesioni “virtuali” e transitorie a carico dell’area visiva primaria di un lato e registrato le
risposte elettrofisiologiche evocate bilateralmente.
Materiali e metodi: Un coil a otto è stato posizionato sullo scalpo di 16 volontari sani (età media
25.5±4.3 anni), al confine tra le aree 17 e 18 di Broadman, laddove le afferenze transcallosali sono
più numerose. Ciascun volontario è stato sottoposto a 20’ di stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) a singolo impulso e a bassa frequenza (0.5Hz), registrando i potenziali evocati visivi
(PEV) basalmente (T0), immediatamente dopo (T1) e dopo 45’ (T2) dal termine della stimolazione.
Come stimolo visivo è stato utilizzato un pattern sinusoidale ad emicampo costituito da barre bianche e nere (0.3 c/deg, invertito a 2.0 Hz), a diversi contrasti (K); 90%, 50%, 20%. L’analisi statistica
è stata condotta mediante ANOVA per misure ripetute, per confrontare più variabili sperimentali ed
a tempi diversi, ed il test post-hoc di Student-Neumann-Keuls per valutare la riproducibilità interindividuale dei risultati.
Risultati: Tutti i soggetti esaminati hanno mostrato agli alti contrasti (K 90%) un aumento di ampiezza delle componenti N70 (p<0.01)e P100 (p<0.05) a livello dell’emisfero controlaterale alla
sede di stimolazione subito dopo il periodo di deprivazione; dopo 45’ l’effetto invariabilmente svaniva. A livello ipsilaterale, invece, si è registrata una riduzione in ampiezza (p<0.05), sempre per
gli alti contrasti. Per i contrasti inferiori (K50%, 20%) non è stata evidenziata alcuna variazione né
controlateralmente, né omolateralmente all’applicazione del coil (p>0.05). Similmente, non sono
state individuate significative modificazioni in termini di latenza media tra T0, T1 e T2 né ai bassi né
agli alti contrasti.
Conclusioni: I dati ottenuti sembrano suggerire un ruolo preminentemente disinibente delle vie
interemisferiche nel sistema visivo; inoltre, si può ragionevolmente supporre che il corpo calloso
si comporti come filtro per le basse frequenze temporali e gli alti contrasti. Per quanto concerne la
riduzione in ampiezza della N70 e della P100 a livello dell’emisfero omolaterale si può sospettare
che il paradigma di stimolazione impiegato possa coinvolgere i medesimi circuiti neuronali coinvolti nella long-term depression (LTD).
197
Congresso Nazionale
VIRTUAL NEGLECT IN HEALTHY SUBJECTS INDUCED BY DUAL TDCS OVER
POSTERIOR PARIETAL CORTICES
F. Brighina, G. Giglia, P. Mattaliano, A. Puma, M. Panetta, S. Rizzo*, B. Fierro
Dipartimento di Biomedicina Sperimentale e Neuroscienze Cliniche (BioNec). Università degli Studi di Palermo
*Dipartimento di Psicologia. Università di Milano-Bicocca
In a previous work we showed that repetitive transcranial magnetic stimulation (rTMS) over right
posterior parietal cortex was able to induce interference on visuo-spatial perception in healthy subjects. Transcranial direct current stimulation (tDCS) is a non-invasive brain stimulation tecnique
that works modulating cortical activity through direct currents. tDCS is applied through easy to use,
non costly and portable devices. The aim of the present study was to investigate whether tDCS can
induce a transitory dysfunction of the right parietal cortex leading to temporary contralateral neglect
in normal subjects performing a visuo-spatial task. Eleven healthy subjects underwent to a computerized visuo-spatial task requiring judgments about the symmetry of prebisected lines in baseline
condition, during and after tDCS or sham condition. Only when task was performed during tDCS,
a significant rightward bias in symmetry judgments as compared with baseline and sham conditions
was noticed. No differences emerged between the other conditions. To our knowledge this is the
first evidence of a “virtual neglect” induced in normal subjects by tDCS. The present results may
provide a rationale to use tDCS as a useful complementary tool for rehabilitation of patients affected
by visuo-spatial neglect.
198
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
MODIFICAZIONI DELL’ECCITABILITà CORTICALE
ELETTROMAGNETICI A BASSA FREQUENZA (ELF-MF)
INDOTTE
DA
CAMPI
F. Capone, M. Dileone, P. Profice, F. Pilato, G. Musumeci, G. Minicuci, F. Ranieri, L. Florio,
R. Di Iorio, R. Cadossi, S. Setti, V. Di Lazzaro
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Numerosi studi sperimentali condotti sia sull’animale che sull’uomo hanno dimostrato che l’esposizione agli ELF-MF è in grado di indurre modificazioni comportamentali e neurofisiologiche. Anche
se i meccanismi di questi effetti sono attualmente poco conosciuti, studi in vitro su cellule neuronali,
sembrano suggerire che gli ELF-MF erogati in maniera pulsata (PEMF), potrebbero agire determinando un aumento della neurotrasmissione eccitatoria.
Lo scopo del nostro lavoro è stato analizzare in vivo gli effetti dei PEMF (generati da un sistema di
esposizione altamente standardizzato) sulla funzionalità della corteccia motoria umana attraverso
l’utilizzo di protocolli di stimolazione magnetica transcranica (TMS) volti ad esplorare l’eccitabilità
corticale. Lo studio di TMS è stato eseguito in 22 soggetti sani, prima e dopo 45 minuti di esposizione ai PEMF o alla stimolazione placebo.
La stimolazione mediante PEMF ha determinato un incremento dell’ICF (Intra-Cortical Facilitation) pari al 20% senza modificazioni statisticamente significative degli altri parametri misurati. La
stimolazione placebo non ha determinato modificazioni dell’eccitabilità corticale.
I risultati ottenuti suggeriscono che i PEMF potrebbero determinare modificazioni funzionali a livello cerebrale ed, in particolare, potenziare la neurotrasmissione eccitatoria dal momento che l’ICF è
un parametro correlato all’attività corticale di tipo glutammatergico.
199
Congresso Nazionale
EFFETTI DELL’INTEGRAZIONE CORTICALE DELLE MAPPE MOTORIE DEI
MUSCOLI DELL’ARTO SUPERIORE SULLA SELETTIVITà DELL’ATTIVAZIONE
MUSCOLARE VOLONTARIA
E. Coppi, R. Chieffo, L. Straffi, F. Spagnolo, J. Gonzalez-Rosa, A. Inuggi, G. Comi, L. Leocani
Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan
Obiettivi: studiare la correlazione tra il grado di sovrapposizione corticale delle mappe motorie di
alcuni muscoli dell’arto superiore (ottenute mediante la stimolazione magnetica transcranica-TMS)
e la selettiva attivazione muscolare durante l’esecuzione di un movimento volontario.
Metodi: abbiamo studiato un gruppo di 30 volontari sani destrimani (14 giovani, età media 25.5+/1.8; 16 anziani, età media 61.3+/-5). Attraverso la TMS abbiamo delineato la mappa di rappresentazione corticale di tre muscoli dell’arto superiore: abduttore breve del pollice (APB), abduttore del
dito mignolo (ADM) ed estensore radiale del carpo (ECR). Abbiamo misurato il grado di sovrapposizione corticale di tali muscoli e la coattivazione del muscolo ADM durante l’esecuzione di un
compito motorio semplice eseguito con il muscolo APB ipsilaterale. Le performance motorie dei
soggetti sono state valutate mediante il Nine Hole Peg Test (NHPT).
Risultati: abbiamo trovato una correlazione tra il grado di sovrapposizione (DO=degree of overlap)
e il NHPT in entrambe le mani: soggetti con un maggiore DO erano più veloci nel portare a termine
il NHPT sia con il lato dominante che con quello non dominante (Spearman r=0.4, p=0.03 nell’emisfero dominante; r=0.5, p=0.004 nel non -dominante). Nel lato non-dominante un più alto DO correlava anche con una minore coattivazione dell’ADM ipsilaterale (r=0.5, p=0.005). Utilizzando una
correlazione parziale corretta per età non si otteneva più alcuna significatività.
Conclusioni: i nostri risultati indicano che la dominanza manuale e migliori performance motorie
sono associate ad un maggiore grado di sovrapposizione delle mappe di rappresentazione corticale
dei muscoli considerati, probabilmente per una migliore capacità di simultanea integrazione di tali
muscoli durante l’esecuzione di un compito motorio. La correlazione tra DO e coattivazione muscolare, trovata solo nel lato non-dominante, è probabilmente dovuta ad una più ridotta efficienza dei
circuiti inibitori intracorticali; tali effetti sono in relazione all’età.
200
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
EFFETTI DELL’ESERCIZIO MOTORIO PROLUNGATO SULL’ECCITABILITA’CORTICALE
E LA PERFORMANCE MOTORIA
D. Crupi 1,2, G. Cruciata1, P.A. Green1, C. Moisello1, A. Naro2, L.Avanzino3, M.Bove3, MF Ghilardi1,
A. Quartarone2
1. Dept. of Physiology & Pharmacology, CUNY Medical School, New York, NY, USA
2. Dip di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche e Anestesiologiche, Università di Messina
3. Dip. di Medicina Sperimentale, sezione di Fisiologia Umana, Università di Genova
Scopo dello studio. “La pratica migliora la performance”, tuttavia essa può deteriorarsi nel corso
di un esercizio protratto nel tempo. In letteratura vi sono pochi lavori sui meccanismi corticali alla
base del passaggio dall’effettivo apprendimento al deterioramento di una performance motoria. Abbiamo disegnato uno studio combinato neurofisiologico e comportamentale per valutare gli effetti
dell’esercizio massivo e protratto sull’eccitabilità corticale e la performance.
Soggetti e metodi. Quaranta soggetti sani hanno eseguito una serie di movimenti di opposizione
delle dita (pollice-indice, medio,anulare, mignolo) ad una frequenza di 2Hz, scandita da un metronomo. Elettrodi posizionati sulla punta delle dita di un guanto indossato dai soggetti registravano la
durata del tocco e l’intervallo fra un tocco e l’altro. I parametri estrapolati dall’analisi erano: numero
di errori, la frequenza media e la sua variabilità. Al termine dell’esercizio, i soggetti definivano la
sensazione di disconfort con un punteggio da 1 a 10. Il gruppo 1 ha eseguito il compito motorio per
5 minuti consecutivi e il gruppo 2 per 10 minuti consecutivi.In entrambi i gruppi, abbiamo registrato mediante stimolazione magnetica transcranica (TMS) 20 potenziali evocati motori (MEP) dal
muscolo FDI prima (PRE) e immediatamente dopo (T0) l’esercizio. Inoltre, nel gruppo 2 abbiamo
registrato lo stesso numero di MEP 30 minuti dopo (T30). Utilizzando un paradigma TMS di semplice tempo di reazione abbiamo valutato gli effetti dell’esercizio prolungato sulla preparazione al
movimento valutando l’entità della facilitazione pre-movimento.
Risultati. Dal punto di vista comportamentale in tutti i soggetti abbiamo registrato un progressivo
peggioramento della performance, con un aumentato numero di errori commessi e uno shift del
ritmo dai 2 Hz a quello più naturale, “self-paced”. L’ampiezza del MEP si riduceva in relazione alla
durata del task e all’intensità dello stimolo magnetico erogato: dopo 5 minuti solo ad alte intensità di stimolo, dopo 10 minuti anche a quelle più basse. Dopo 30 minuti di riposo, l’ampiezza del
MEP ritornava ai valori basali. Inoltre, 5 minuti di esercizio continuo inducevano un compensatorio
aumento della facilitazione premovimento, mentre dopo 10 minuti di esercizio vi era un ulteriore
incremento di tale facilitazione, ma con una perdita della modulazione temporale della stessa. Le
modifiche di ampiezza del MEP correlavano significativamente con le modifiche della performance
motoria e con l’ indice soggettivo di “faticabilità”, espresso numericamente da ogni soggetto alla
fine del task.
Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono che l’esercizio protratto induce una significativa riduzione dell’eccitabilità corticale, con un iniziale coinvolgimento dei motoneuroni fasici, reclutati solo
ad alte intensità di stimolo. Le alterazioni della facilitazione premovimento, invece, verosimilmente
rappresentano un meccanismo di compenso delle aree premotorie alla diminuita efficienza della
corteccia motoria primaria indotta dall’esercizio prolungato.
201
Congresso Nazionale
STUDIO DELLA CONNETTIVITÀ CORTICO-CORTICALE EFFETTIVA DURANTE
TMS A SINGOLO E DOPPIO STIMOLO
F. Ferreri1,2,3, P. Pasqualetti4,5, S. Määttä2, D. Ponzo1,3,4, F. Ferrarelli3, G. Tononi3, E. Mervaala2,
C. Miniussi6 , P.M. Rossini1,5
Dipartimento di Neurologia, Università Campus Biomedico di Roma, Italia
Dipartimento di Neurofisiologia Clinica, Policlinico Universitario ed Università di Kuopio,
Finlandia
3
Dipartimento di Psichiatria, Università del Wisconsin, Madison WI, USA
4
AFaR, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma, Italia
5
IRCCS San Raffaele Pisana e Casa di Cura San Raffaele Cassino, Italia
6
IRCCS San Giovanni di Dio, Ospedale Fatebenefratelli, Brescia, Italia
1
2
Obiettivi: i meccanismi di inibizione e facilitazione intracorticale (SICI ed ICF) della corteccia
motoria umana possono essere attendibilmente misurati utilizzando la tecnica della stimolazione
magnetica transcranica (TMS) declinata nel paradigma del doppio stimolo secondo Kujirai (ppTMS,
Kujirai et al., 1993). Negli ultimi anni è stata realizzata e sviluppata una strumentazione in grado
di permettere la registrazione delle risposte elettroencefalografiche evocate allo scalpo dalla TMS.
Le latenze, l’ampiezza e la topografia di queste risposte sono considerate parametri in grado di fornire indicazioni attendibili circa la connettività cortico-corticale effettiva e lo stato funzionale della
corteccia cerebrale. Lo scopo di questo studio è tentare di caratterizzare i circuiti intracorticali che
sottendono la connettività della corteccia motoria primaria (M1) e ne definiscono l’equilibrio tra
facilitazione ed inibizione utilizzando la tecnica della coregistrazione EEGppTMS.
Metodi: la TMS a singolo stimolo sotto e sopra-soglia ed a doppio stimolo è stata erogata sulla corteccia motoria primaria sinistra di 8 volontari sani; gli intervalli interstimolo scelti sono stati 3 ms.
per la valutazione della SICI ed 11 ms. per la valutazione della ICF. I potenziali evocati motori sono
stati collezionati simultaneamente dai muscoli della mano controlaterale
Risultati: la TMS a singolo e doppio stimolo ha indotto risposte evocate allo scalpo caratterizzate da
una sequenza ripetibile di deflessioni negative a 7, 18, 44, 100, 280 ms. alternate a deflessioni positive a 13, 30, 60 e 190 ms. Inoltre la TMS a doppio stimolo è stata in grado di modulare significativamente sia l’attività evocata allo scalpo sia l’attività muscolare evocata. La variabilità in ampiezza
delle risposte corticali e muscolari è risultata significativamente correlata.
Conclusioni: la coregistrazione EEG-TMS può essere considerate uno strumento estremamente
promettente per meglio caratterizzare i circuiti neuronali che sottendono la funzionalità di M1.
202
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
CORTICO-CORTICAL CONNECTIVITY BETWEEN PARIETAL AND PRIMARY
MOTOR CORTICES DURING IMAGINED AND OBSERVED ACTIONS: A TMS/tDCS
STUDY
M. Feurra, G. Bianco, N.R. Polizzotto, A. Rossi,S. Rossi
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Neurologia & Neurofisiologia Clinica, Università di Siena
Background: We combined Transcranial Magnetic Stimulation (TMS) with transcranial direct current stimulation (tDCS) to investigate the functional connectivity between the right or left primary
motor cortex (M1) and the right parietal cortex (PC) during motor imagery or action observation
tasks.
Previous neuroimaging and TMS studies showed a functional connectivity between PC sub-regions
and M1 during tasks of different reaching-to-grasp movements. Moreover, interhemispheric interactions between the right PC and the contralateral M1 have been postulated.
The aim of this study is to verify whether these neural circuits are also involved in imagined or
observed actions.
Methods: Twelve healthy subjects underwent single pulse TMS over the right and left M1 during
three randomized conditions: baseline, motor imagery of index finger abduction and observation of
a pinch grip. Then, in different days, we applied 10 minutes of anodal (facilitatory), cathodal (inhibitory) and sham tDCS over the right PC as an off-line conditioning protocol and we repeated the
same corticospinal investigations by TMS, by recording bilaterally motor evoked potentials (MEPs)
from FDI muscles.
Results: Data showed highly selective effects between the right PC and the right M1, exclusive for
motor imagery processes: anodal tDCS enhanced MEPs compared to the pre-tDCS session, whereas
cathodal tDCS induced an inhibitory effect. Effects of Sham stimulation did not differ between
pre- and post-tDCS. None of the PC conditioning impacted corticospinal facilitation during action
observation.
Conclusions: Results suggests that: 1) motor imagery is sustained by a strictly ipsilateral parietomotor circuit; 2) motor imagery circuits are more vulnerable than those underlying action observation to PC conditioning with tDCS.
203
Congresso Nazionale
Ruolo della corteccia dorsale premotoria destra nella
sincronizzazione ritmico-motoria. Studio di interferenza
mediante rTMS
F. Giovannelli,1,2 I. Innocenti,3 S. Rossi,3 A. Borgheresi,1 A. Ragazzoni,1 G. Zaccara,1 M.P. Viggiano,2
M. Cincotta1
Unità Operativa di Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze
Dipartimento di Psicologia, Università di Firenze
3
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione Neurologia, Università di Siena
1
2
Scopo dello studio. La capacità di sincronizzare il movimento con un cue ritmico dipende da una
vasta rete neuronale, solo parzialmente caratterizzata. Dati neuropsicologici e di neuroimaging
funzionale suggeriscono un coinvolgimento della corteccia premotoria dorsale (dPMC) e dell’area
supplementare motoria (SMA). Abbiamo valutato questa ipotesi utilizzando la rTMS focale come
tecnica di interferenza off-line con le funzioni corticali. Metodi. Otto volontari sani destrimani
hanno partecipato allo studio che prevedeva 4 sessioni sperimentali condotte in giorni distinti. In
ciascuna sessione veniva richiesto di effettuare un tapping con l’indice della mano destra sincronizzando il movimento con stimoli uditivi suddivisi in 13 sequenze ritmiche di diversa complessità: una isocrona (intervallo interstimolo costante di 250 ms), 4 metriche semplici e 4 metriche
complesse e 4 non-metriche. Al termine di ciascuna sequenza il soggetto continuava a riprodurre
il ritmo senza cue. Il compito era effettuato prima ed immediatamente dopo la rTMS, utilizzando
gli stessi stimoli uditivi. Le 4 sessioni differivano per la sede di applicazione della rTMS: dPMC
destra, dPMC sinistra, SMA ed Oz (area corticale di controllo). La rTMS focale ad 1 Hz era erogata
per 15 minuti, ad un’intensità pari al 115% della soglia motoria a riposo. Risultati. La rTMS della
dPMC destra determinava un peggioramento della sincronizzazione rispetto alle condizioni basali
(indicato dall’aumento dell’asincronia media fra ciascun cue uditivo ed il rispettivo movimento)
nelle sequenze metriche complesse e semplici ma non nelle sequenze non metriche ed isocrone.
Al contrario, per stimolazione della dPMC sinistra, della SMA e di Oz non si avevano variazioni
dell’asincronia. Per le sequenze metriche complesse, la variazione dell’asincronia riscontrata dopo
la rTMS della dPMC destra era significativamente diversa (P < 0.05) rispetto a quella che si aveva
nelle altre 3 condizioni. Conclusioni. I risultati supportano l’ipotesi che la dPMC destra abbia un
ruolo rilevante nei meccanismi neuronali che sottendono la sincronizzazione del movimento con un
cue ritmico esterno. Il coinvolgimento della dPMC destra appare evidente per le sequenze metriche
mentre i substrati neuronali dell’integrazione uditivo-motoria con sequenze isocrone o non-metriche
potrebbero essere in parte distinti. Il dato contribuisce alla caratterizzazione neurofisiologica di performance cognitivo-motorie quali l’esecuzione e l’ascolto musicale e la danza ed appare potenzialmente utile nell’elaborazione di strategie riabilitative basate su cue uditivi, come quelle impiegate
nella malattia di Parkinson.
204
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
STUDIO
DELL’ECCITABILITÀ
CORTICALE
TRAMITE
CONDIZIONAMENTI CON THETA BURST STIMULATION
RIPETUTI
C. Mastroeni 1,2, C. Ritter 2, I. Pohlmann 2, F. Morgante 1, A. Quartarone 1, T.O. Bergmann 2,
H. R. Siebner1,3
Department of Neurosciences, Psychiatry and Anaesthesiology, University of Messina, Sicily, Italy
Department of Neurology, Christian-Albrechts University of Kiel, Germany
3
Danish Research Center for Magnetic Resonance, Department of MR, Copenhagen University Hospital Hvidovre, Hvidovre, Denmark
1
2
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) è una tecnica ormai consolidata nello studio della
plasticità neuronale e nelle possibilità di modularla. In particolare la stimolazione ad altissima frequenza definita Theta burst stimulation (TBS) è un protocollo di condizionamento per indurre modificazioni dell’eccitabilità cortico-spinale a lungo termine (Huang and Rothwell 2004). Con questa
particolare tecnica vengono erogati 3 stimoli alla frequenza di 50 Hz ogni 200 ms. Il protocollo definito intermittent TBS (iTBS) usualmente induce un aumento dell’eccitabilità, mentre il continuos
TBS (cTBS) produce una duratura inibizione. Comunque, la manipolazione dell’attività corticale
con un pre-condizionamento con TBS sembra avere un ruolo fondamentale nelle modificazioni della
plasticità (Genter et al 2008, Huang et al 2007).
Scopo dello studioTestare come l’applicazione continuativa della TBS crei fenomeni di metaplasticità a livello corticale in particolare nell’area motoria primaria ( M1). Metodi Sono stati studiati 25
volontari sani di sesso maschile (età media 28,6 ± 3.1 DS). È stato utilizzato un sistema di neuronavigazione con immagini di RMN in T1 per una più stabile stimolazione dell’hot-spot. Il muscolo
target è stato il I interosseo dorsale della mano destra (FDI). È stato utilizzato un coil standard a
forma di otto posizionato sull’hot spot del muscolo in esame dell’emisfero sinistro. Il protocollo
di studio era costituito da tre sessioni. Due condizionamenti erano applicati a distanza di circa 30
minuti uno dall’altro: (i) cTBS seguito da cTBS; (ii) iTBS seguito da iTBS; (iii) cTBS seguito da
iTBS. I potenziali evocati motori (MEP) sono stati registrati dal muscolo FDI in baseline dopo 2
e 25 minuti dalla fine di ogni condizionamento. L’esecuzione delle tre sessioni per ogni soggetto
era random e tra ogni sessione vi era una pausa di 4 giorni circa. Risultati La risposta al condizionamento con TBS dipende strettamente dal pre-condizionamento sempre con TBS. L’intermittens
produceva un facilitazione di circa il 65% quando non era preceduto da nessun condizionamento,
invece diveniva molto più forte quando veniva preceduta dal condizionamento con cTBS (110%).
Se invece il TBS intermittens veniva preceduto dallo stesso condizionamento la facilitazione era
solo del 21%. Per quanto riguarda invece il cTBS da solo produceva un’ inibizione dell’eccitabilità
cortico-spinale pari a -17%. Non vi era invece riduzione dell’ampiezza del MEP se il cTBS era
preceduto da un pre-condizionamento con cTBS. CONCLUSIONI Il pre-condizionamneto di una
popolazione neuronale con cTBS o iTBS seguito da un protocollo di condizionamento con iTBS
sembra modificare gli effetti del condizionamento stesso. Non è stato riscontrato invece l’inversione
dell’effetto dall’utilizzo di due condizionamenti come precedentemente dimostrato con la stimolazione associativa accoppiata (PAS) (Muller et al 2007). La forte facilitazione del iTBS dopo cTBS
mostra effetti di metaplasticità omeostatica, l’inibizione infatti di M1 tramite cTBS potenzia notevolmente gli effetti del iTBS.
205
Congresso Nazionale
BIBLIOGRAFIA
1. Huang and Rothwell Clin Neurophisiology 2004
2. Gentner R et al. Depression of human corticospinal excitability induced by magnetic theta-burst
stimulation: evidence of rapid polarity-reversing metaplasticity. Cereb Cortex 2008; 18:204653.
3. Huang YZ et al. Effect of physiological activity on an NMDA-dependent form of cortical plasticity in human. Cereb Cortex 2008;18:563-70.
4. Müller JF et al. Homeostatic plasticity in human motor cortex demonstrated by two consecutive
sessions of paired associative stimulation. Eur J Neurosci 2007; 25: 3461-68.
206
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - I SESSIONE
La Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) induce
una sincronizzazione nellE bandE alFa e beta: implicazioni per una
teoria generale sugli effetti della stimolazione
C. Miniussi, D. Brignani, D. Veniero
IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia
Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Brescia
Scopo: indizio
La Stimolazione Magnetica Transcranica ripetitiva (rTMS) erogata a bassa (≤ 1Hz) o alta frequenza
(≥ 5Hz) è generalmente associata, rispettivamente, ad una riduzione o un aumento dell’eccitabilità
corticale. Tuttavia, gli effetti dei parametri di stimolazione vengono comunemente inferiti da indici
indiretti, come le risposte elettromiografiche. Negli ultimi anni, la possibilità di registrare l’attività
EEG durante la stimolazione magnetica ha reso disponibile un nuovo metodo per esaminare gli
effetti della TMS direttamente a livello corticale. Lo scopo del presente lavoro è di valutare le modulazioni indotte da rTMS ad alta frequenza (20Hz) sull’attività oscillatoria corticale.
Metodi:
La rTMS è stata applicata in corrispondenza dell’area motoria primaria in sedici soggetti sani contemporaneamente all’acquisizione EEG. Ciascun soggetto è stato sottoposto a due sessioni sham
intervallate da una sessione reale. Per ogni sessioni, 400 impulsi divisi in 40 treni da 10 stimoli
sono stati erogati ad un’intensità pari alla soglia motoria a riposo. I valori di sincronizzazione/desincronizzazione (event-related desynchronization/synchronization) sono stati calcolati per la banda
α (8-12 Hz) e β (13-30 Hz). A tal fine, i valori di potenza per ciascuna banda registrati durante la
stimolazione reale sono stati espressi come percentuale della potenza registrata durante la prima
sessione sham (baseline). Inoltre, per verificare se le modulazioni dell’attività oscillatoria indotte
fossero ancora presenti dopo la fine della stimolazione reale, anche la seconda sessione sham è stata
riferita alla baseline.
Risultati:
La rTMS ad alta frequenza ha prodotto un aumento di sincronizzazione in entrambe le bande (p <
0.05), sebbene un effetto maggiore sia stato registrato per la banda α. Inoltre, l’incremento di potenza dell’α persisteva anche dopo la fine della stimolazione reale, con valori paragonabili, sebbene
con topografia caratterizzata da una diffusione di attivazione sui siti parietali, ipsi- e contro-laterati
alla stimolazione (p < 0.001).
Conclusioni:
Poiché studi precedenti condotti sulla rTMS a bassa frequenza riportano risultati simili per le bande
α e β, i presenti risultati contraddicono la classica opposizione tra bassa ed alta frequenza di stimolazione. Quindi, ipotizziamo che l’induzione dell’α possa rappresentare un meccanismo di base indotto dallo stimolo magnetico. Il perdurare degli effetti sull’α e la sua maggiore reattività allo stimolo
magnetico suggeriscono che sia un ritmo strettamente connesso alla TMS. I risultati ottenuti sia con
la rTMS a bassa sia ad alta frequenza potrebbero essere dovuti a un meccanismo più generale, come
il reset di fase indotto dallo stimolo magnetico.
207
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
DOLORE
II SESSIONE
Moderatori:
F. Brighina (Palermo),
V. Tugnoli (Ferrara)
Congresso Nazionale
210
DOLORE - II SESSIONE
REPETITIVE TRANSCRANIAL MAGNETIC STIMULATION (rTMS) OF THE
DORSOLATERAL PREFRONTAL CORTEX (DLPFC) DURING CAPSAICIN-INDUCED
PAIN: MODULATORY EFFECTS ON PAIN PERCEPTION
F. Brighina, M. De Tommaso*, F. Giglia, S. Scalia, G. Cosentino, A. Puma, M. Panetta, G. Giglia,
B. Fierro
Dept of Clinical Neuroscience, University of Palermo, Palermo, Italy
*Dept of Neurological and Psychiatric Sciences, University of Bari, Italy
Evidence by functional imaging studies suggests the role of left dorsolateral prefrontal cortex (DLPFC) in the inhibitory control of nociceptiv transmission system. Repetitive transcranial magnetic
stimulation (rTMS) is able to modulate pain response to capsaicine.
In the present study we evaluated the effect of DLPFC activation (through rTMS) on nociceptive
control in a model of capsaicine-induced pain.
The study was performed on healthy subjects that underwent capsaicin application on right or left
hand. In each subject pain response to capsaicin was evaluated through the the measures of spontaneous pain, (0-100 VAS scale) in the following experiments. In Experiment 1 16 subjects were
evaluated in in baseline (capsaicin alone) and after 5 Hz rTMS over left and right DLPFC, at 10
(8 subjects: exp 1A) or 20 minutes(8subjects: exp. 1B) after capsaicin application over right or left
hand in separate sessions. In Experiment 2 sham rTMS was given over left DLPFC in 5 of the 8
subjects that underwent exp. 1 A with capsaicin applied on the right hand Left-DLPFC-rTMS delivered either at 10 and 20 min after capsaicin significantly decreased spontaneous pain in both hands.
Right DLPFC rTMS and sham rTMS showed no significant effect on pain measures .Left DLPFC
seems to exert a bilateral control on pain system and therefore it could represent an alternative target
for pain treatment protocols.
211
Congresso Nazionale
CICLO DI RECUPERO DEI POTENZIALI EVOCATI SOMATOSENSORIALI IN
PAZIENTI AFFETTI DA EMICRANIA SENZ’AURA
G. Coppola1, S.L. Sava2, E. Porretta2, A. Alibardi3, M. Gorini3,V. Parisi1, A. Currà3, F. Pierelli2
Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti” - IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della
Visione e Neuroftalmologia, Roma, Italia
“Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italia
“Sapienza” Università di Roma, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italia
Background – Caratteristica comune del cervello degli emicranici è la mancata abituazione a qualunque tipo di stimolo sensitivo, compreso quello somatosensoriale. Questo fenomeno interittale
è stato attribuito ad una aumentata eccitabilità corticale, probabilmente dovuta ad una ridotta inibizione GABAergica, o ad una ridotta preattivazione corticale da parte delle strutture modulatorie
sottocorticali. Quest’ultima dovrebbe interessare l’intero network di neuroni corticali eccitatori ed
inibitori. Quale tra la prima o la seconda ipotesi contribuisca maggiormente al deficit di abituazione
non può essere determinato analizzando semplicemente le risposte somatosensoriali in un paradigma di stimolazione convenzionale. Una misura dell’eccitabilità dell’area corticale somatosensoriale,
direttamente dipendente dalla funzione degli interneuroni inibitori, è la soppressione della risposta
corticale da uno stimolo identico che lo precede e la sua curva di recupero dopo stimoli appaiati a
diversi intervalli interstimolo (IIS). Abbiamo così studiato l’abituazione e la curva di recupero dei
potenziali evocati somatosensoriali (PES) dopo condizionamento da stimoli elettrici al nervo mediano in pazienti affetti da emicrania senz’aura non trattati sia in fase ictale (MOi) che in fase interictale
(MOii) e li abbiamo comparati con un gruppo di volontari sani (VS).
Metodi - Abbiamo registrato la curva di recupero dell’ampiezza delle componenti PES N9, N13,
N20 ed N33 in 46 pazienti affetti da MO (25 registrati in fase interictale, 21 in fase ictale) e in un
gruppo di 21 volontari sani comparabili per sesso ed età, mediante stimoli identici appaiati al nervo
mediano del polso destro. Abbiamo tracciato la curva di recupero a differenti IIS (5, 20, e 40 ms;
500 acquisizioni ciascuno) come variazioni percentuali dal singolo stimolo base non condizionato.
Inoltre, allo scopo di stabilire il grado di abituazione negli stessi pazienti, e durante la stessa sessione
di registrazione, abbiamo suddiviso le 500 acquisizioni non condizionate di base in 5 blocchi.
Risultati – Le variazioni di ampiezza nella componente corticale N20 dei PES nei 5 blocchi (cioè
l’abituazione) nella condizione di base erano differenti tra i due gruppi (F[8,256]=3.645, p<0.001).
L’analisi post-hoc ha dimostrato che sia nei volontari sani che nei pazienti MOi le ampiezze dell’N20
diminuivano progressivamente (cioè abituavano). Non accadeva lo stesso nei MOii poiché l’ampiezza dell’N20 aumentava già nel secondo blocco, cioè non abituava.
L’ANOVA per misure ripetute delle curve di recupero dei PES non è stata in grado di mostrare
un effetto principale per fattore “gruppo” o una significativa interazione tra gruppo ed IIS per le
componenti N9 (F[4,128]=0.307, p=0.873), N13 (F[4,128]=0.477, p=0.753), N20 (F[4,124]=0.622,
p=0.647), ed N33 (F[4,126]=0.753, p=0.557).
Conclusioni – Questi risultati suggeriscono che nell’emicrania gli interneuroni eccitatori/inibitori della corteccia somatosensoriale hanno una eccitabilità normale durante il periodo intercritico.
Questi risultati non sono a favore di un più veloce ciclo di recupero, cioè di una ridotta inibizione
GABAergica, nel sistema somatosensoriale periferico e corticale come possibile spiegazione della
mancanza di abituazione nell’emicrania. Altri meccanismi devono quindi essere alla base dell’anomala elaborazione dell’informazione rilevata durante il periodo intercritico negli emicranici.
212
DOLORE - II SESSIONE
ALTERAZIONE DELLO SVILUPPO TEMPORALE DELL’INIBIZIONE LATERALE
NEL SISTEMA VISIVO IN PAZIENTI AFFETTI DA EMICRANIA SENZ’AURA
G. Coppola (1), E. Porretta (2), S.L. Sava (2), M. Gorini (3), A. Alibardi (3), V. Parisi (1), A. Currà
(3), F. Pierelli (2)
Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti”-IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della Visione
e Neuroftalmologia, Roma, Italia.
“Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italy
“Sapienza” Università di Roma, Ospedale A. Fiorini-Polo Pontino, Latina, Italy
Background
Una ridotta abituazione dei potenziali evocati visivi di tipo transiente (TR-PEV) in seguito a stimolazione con pattern a scacchiera è stata ripetutamente osservata in pazienti emicranici durante il
periodo libero dal dolore.
La causa esatta di questo fenomeno nell’emicrania non è nota. Alcune ipotesi attribuiscono questa
anomalia neurofisiologica ad una ipereccitabilità corticale, probabilmente secondaria ad un ridotto
livello di inibizione intracorticale, oppure ad un basso livello di preattivazione della corteccia sensitiva riconducibile in ultima analisi ad un anomalo funzionamento delle proiezioni monoaminergiche
dal tronco encefalico. Quest’ultimo influirebbe sull’attività di neuroni corticali sia di tipo eccitatorio
che inibitorio. Con i metodi attualmente utilizzati per evocare risposte visive non è ancora possibile
determinare quale dei due meccanismi contribuisca maggiormente al deficit di abituazione. Tecniche
PEV più elaborate hanno reso possibile evidenziare il contributo relativo proveniente dall’inibizione
laterale a breve- e lungo- range attraverso modulazioni temporali differenziali di regioni adiacenti
dei pattern visivi radiale a tipo windmill-dartboard (W-D) o partial-windmill (P-W). In questo studio
abbiamo scelto di applicare queste tecniche PEV per studiare lo sviluppo temporale delle interazioni
laterali nella corteccia visiva, sia in volontari sani (HV) che in pazienti affetti da emicrania senz’aura
(MO) studiati nella fase ictale o interictale. Materiali e Metodi I potenziali evocati visivi steadystate sono stati registrati in 42 pazienti affetti da MO (22 in fase interictale [MOii] e 20 in fase
ictale [MOi]) ed in 21 volontari sani, con uguale distribuzione per età e sesso. Sono stati utilizzati
due tipi di stimoli visivi: windmill-dartboard e partial-windmill, a reversal in contrasto (~4 Hz).
Per ogni sessione di stimolazione sono state acquisite 600 registrazioni, successivamente suddivise
off-line in 6 blocchi da 100. Un’analisi di Fourier è stata effettuata sui singoli blocchi, per ricavare
l’ampiezza della componente armonica fondamentale (F1) e della seconda componente armonica,
che esprimono rispettivamente l’inibizione laterale a breve- (W-D) e lungo-range (P-W) nell’ambito
della corteccia visiva. Risultati L’ANOVA per misure ripetute dell’ampiezza della componente F1
nella condizione W-D ha rivelato un’interazione significativa bidirezionale di gruppo per blocco
(F[10,300]=2.33, p=0.01). L’analisi post-hoc ha mostrato come nei pazienti MOii l’ampiezza F1 del
primo blocco inizia con valori più alti rispetto ai soggetti normali (p=0.01) e decresce col tempo, al
contrario dei sani dove aumenta col tempo. L’ampiezza F1 del primo blocco nel gruppo di pazienti
MOi inizia con valori più bassi rispetto ai pazienti MOii (p<0.001) e si comporta nello stesso modo
dei volontari sani, vale a dire aumenta col tempo. Non sono state rilevate differenze significative
tra i gruppi nello sviluppo temporale dell’ampiezza della seconda risposta armonica evocata da stimolazione visiva P-W (F[10,300]=1.19, p=0.29). Discussione Da studi precedenti si evince che la
componente fondamentale dei PEV evocata da una stimolazione windmill-dartboard potrebbe esprimere il grado di inibizione laterale a breve-range, possibilmente mediata da sinapsi GABAergiche.
213
Congresso Nazionale
Pertanto, considerata la precoce maggiore ampiezza di F1 W-D nei pazienti MO in fase interictale,
la corteccia visiva sembra essere essenzialmente sovrainibita nell’emicrania. Di conseguenza, il
progressivo decremento in ampiezza riscontrato in questi pazienti potrebbe essere correlato ad una
riduzione tempo-dipendente dell’inibizione laterale. Noi ipotizziamo che un sistema serotoninergico
ipofunzionante nell’emicrania possa essere alla base di una disconnessione funzionale del talamo,
con conseguente ridotta inibizione laterale intracorticale a breve-range ma non a lungo-range, la
quale a sua volta potrebbe contribuire ad indurre il deficit di abituazione durante una stimolazione
ripetitiva.
214
DOLORE - II SESSIONE
LA DURATA DEL PERIODO SILENTE CORTICALE NELLA CEFALEA DA ABUSO
VARIA IN RELAZIONE AL FARMACO D’ABUSO
A. Currà 1, G. Coppola 2, M. Gorini 1, A. Alibardi 1, F. Pierelli 3
1. Sapienza Università di Roma-Polo Pontino, Ospedale A. Fiorini, Terracina, LT
2. G.B. Bietti Eye Foundation-IRCCS, Di. Neurofisiologia della vision e neuropftalmologia, Roma
3. Sapienza Università di Roma-Polo Pontino , I.C.O.T., Latina
Background – Gli emicranici episodici registrati in fase interictale hanno un accorciamento del
periodo silente (Silent Period, SP) nella muscolatura periorale, a causa della ridotta attivazione dei
circuiti GABAergici nella corteccia motoria. Nell’emicrania episodica l’attivazione corticale fluttua
con il ciclo emicranico (interictale – preictale – ictale), mentre nella cefalea cronica quotidiana con
abuso farmacologico (Medication Overuse Headache, MOH) sembra bloccata in una fase pre-ictale.
Poiché l’attivazione corticale varia dalla fase interictale a quella pre-ictale costituisce motivo di
interesse lo studio del periodo silente corticale in pazienti con MOH ed emicrania episodica in fase
interictale. Materiali e metodi – Abbiamo registrato il SP indotto da stimolazione magnetica trascranica (Transcranial Magnetic Stimulation, TMS) nei muscoli periorali in 36 pazienti con MOH,
12 pazienti con emicrania senz’aura studiati in fase interictale, e 13 controlli (Healthy Volunteers,
HV). I pazienti con MOH sono stati ulteriormente suddivisi in sottogruppi con abuso di triptani
(n=9), di farmaci antinfiammatori non steroidei (NSAIDs) (n=12), e di combinazione di entrambi
i tipi di farmaco (n=15). Abbiamo erogato stimoli magnetici ad alta intensità attraverso una bobina
“a otto” sul punto dello scalpo di miglior rappresentazione dei muscoli periorali, mentre i soggetti
attivavano in maniera massimale i muscoli in questione, e abbiamo registrato le risposte elettromiografiche con elettrodi di superficie posizionati sulla cute sovrastante i muscoli periorali dei soggetti
bilateralmente.
Risultati - Gli emicranici episodici studiati in fase interictale hanno mostrato un SP più breve dei
controlli (p=0.021, correzione di Bonferroni). Nonostante l’intero gruppo dei pazienti con MOH
avesse una durata normale del SP(p=0.314), il sottogruppo di pazienti facenti abuso di triptani
mostrava un SP significativamente più breve dei controlli (p=0.005) che dei pazienti abusatori di
NSAIDs (p=0.119) o di entrambi i farmaci in combinazione (p=847). La durata del SP, ma non
la storia di malattia, correlava positivamente con l’assunzione mensile di compresse (r=0.476,
p=0.003) nell’intero gruppo MOH.
Discussione – Nei pazienti MOH l’attivazione degli interneuroni inibitori corticali nella corteccia
motoria è maggiore che negli emicranici episodici studiati in fase interictale ed è simile a quella
osservata nei controlli. La normalizzazione del SP avviene in tutti i sottogruppi MOH con abuso di
NSAIDs, mentre la durata del SP resta accorciata nei pazienti che abusano solo di triptani. Il risultato
di questo studio conferma che negli emicranici cronici l’abuso di NSAIDs o di triptani modifica la
fisiologia corticale in modo distinto, e dimostra inoltre che l’effetto distintivo si esercita altresì sui
circuiti inibitori corticali.
215
Congresso Nazionale
REPETITIVE TRANSCRANIAL MAGNETIC STIMULATION (rTMS) OF THE
DORSOLATERAL PREFRONTAL CORTEX (DLPFC) DURING CAPSAICIN-INDUCED
PAIN: MODULATORY EFFECTS ON MOTOR CORTEX EXCITABILITY
B. Fierro, M. De Tommaso*, F. Giglia, G. Giglia, A. Palermo, F. Brighina
Department of Clinical Neurosciences,. University of Palermo, Italy
*Neurological and Psychiatric Sciences Department, University of Bari, Italy
Evidence by functional imaging studies suggests the role of left DLPFC in the inhibitory control of
nociceptive transmission system. Pain exerts an inhibitory modulation on motor cortex, reducing
MEP amplitude, while the effect of pain on motor intracortical excitability have not been studied
so far. In the present study we explored in healthy subjects the effect of capsaicin induced pain and
the modulatory influences of left DLPFC stimulation on motor corticospinal and intracortical excitability.
Capsaicin was applied on the dorsal surface of the right hand and measures of motor corticospinal
excitability (test-MEP) and short intracortical inhibition (SICI) and facilitation (ICF) were obtained
by paired-pulse TMS on left motor cortex. Evaluations were made before and at different times after
capsaicin application in two separate sessions: without and with high frequency rTMS of left DLPF
cortex, delivered 10 min. after capsaicin application.
We performed also two control experiments to explore: 1: the effects of Left DLPFC rTMS on
capsaicin induced pain; 2: the modulatory influence of left DLPFC rTMS on motor cortex without
capsaicin application.
Capsaicin-induced pain significantly reduced test MEP amplitude and decreased SICI leaving ICF
unchanged. Left-DLPFC rTMS, together with the analgesic effect, was able to revert the effects of
capsaicin-induced pain on motor cortex restoring normal MEP and SICI levels.
These data support the notion that that tonic pain exerts modulatory influence on motor intracortical
excitability; the activation of left DLPFC by hf rTMS could have analgesic effects, reverting also the
motor cortex excitability changes induced by pain stimulation.
216
DOLORE - II SESSIONE
TRATTAMENTO DEL DOLORE MEDIANTE LA STIMOLAZIONE MAGNETICA
TRANSCRANICA RIPETITIVA PROFONDA APPLICATA CON H-COIL
F. Gilio, E. Iacovelli, M. Gabriele, E. Giacomelli, C. Marini Bettolo, V. Frasca,
F. Pichiorri, A. Truini, A. Biasiotta, G. Cruccu, M. Inghilleri
Dipartimento di Scienze Neurologiche – Università di Roma “Sapienza”,
Unità di Neurologia e Neurofisiopatologia- Ospedale Sandro Pertini, Roma
Obiettivi. H-coil è una bobina particolare che permette la stimolazione dell’area motoria dell’arto
inferiore o di aree cerebrali profonde con intensità inferiori rispetto alle bobine circolari e a forma di
otto comunemente utilizzate. Lo scopo del presente studio, cross-over doppio cieco placebo-controllato, è stato di applicare la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS) in corrispondenza
dell’area motoria dell’arto inferiore utilizzando un H-coil per il trattamento del dolore neuropatico
diabete-correlato farmaco-resistente.
Metodi. 8 pazienti sono stati arruolati nello studio e randomicamente sottoposti alla stimolazione
placebo (mediante coil sham) e reale (30 treni di 50 stimoli, intervalli intertreno di 30 s, frequenza
di 20 Hz, intensità 100% della soglia motoria a riposo) in due sessione separate con un intervallo di
almeno un mese. Gli effetti soggettivi della rTMS (reale vs placebo) sulla sintomatologia dolorosa
sono stati valutati dai pazienti mediante VAS, DN IV, NPSI, MMPI, questionario sul dolore di McGill, Beck Depression Inventory.
Risultati. Risultati: In entrambe le sessioni di stimolazione i pazienti riferivano una percezione
soggettiva del dolore simile (VAS pre real e sham range 3-8; media±SD pre real 5.4±1.9, pre sham
5.5±2.1). Immediatamente dopo la sessione di stimolazione e alla rivalutazione a 3 settimane vi era
un significativo effetto sulla percezione del dolore dopo la stimolazione reale (4.8±2.2 e 3.7±2.6) ma
non dopo la sham (5.2±2.4 e 5.4±2.2).
Conclusioni. I nostri risultati in 8 pazienti mostrano che la rTMS erogata sull’area motoria dell’arto
inferiore mediante l’H-coil migliora significativamente la percezione soggettiva di dolore. Questi
dati suggeriscono il possibile impiego della rTMS con H-coil nel trattamento del dolore farmaco
resistente.
217
Congresso Nazionale
ANOMALIE DISFUNZIONALI DEL CONTROLLO SOVRA SPINALE DEL DOLORE
NELLA CEFALEA GRAPPOLO
A. Perrottaa, M. Serraob, G. Coppolab, A. Ambrosinia, M. Bartoloa, G. Sandrinic, F. Pierellia
IRCCS “Neuromed”, University of Rome “Sapienza”, Headache Clinic, Pozzilli, Isernia, Italy
University Centre for Adaptive Disorders and Headache, University of Rome “Sapienza” Polo
Pontino-ICOT, Latina, Italy
c
University Centre for Adaptive Disorders and Headache, IRCCS ‘‘C. Mondino Institute of Neurology” Foundation, University of Pavia, Pavia, Italy
a
b
Background La patogenesi della cefalea a grappolo (CH) non è ancora completamente nota. Sulla base delle caratteristiche cliniche relative alla peculiare ricorrenza degli attacchi in periodi ben
definiti e di crescenti evidenze scientifiche, l’ipotalamo sembra svolgere un ruolo chiave nella fisiopatologia di tale cefalea primaria. In un recente studio abbiamo dimostrato come, in altre cefalee
primarie, sia identificabile un deficitario controllo sovra spinale del dolore in relazione allo sviluppo
di una condizione dolorosa cronica, e come questi sia reversibile dopo un ritorno ad un pattern
episodico (Perrotta et al., 2009). Numerose sono le evidenze anatomiche e funzionali che legano
l’ipotalamo a strutture coinvolte nel controllo sovra spinale del dolore, come il periaqueductal grey
e la rostral ventro-medial medulla. È ipotizzabile che nella cefalea a grappolo possano verificarsi
anomalie funzionali di tali strutture. Per verificare tale ipotesi abbiamo studiato l’attività funzionale
del sistema diffuso discendente di controllo inibitorio del dolore (DNIC) sulla soglia di sommazione
temporale del riflesso nocicettivo di flessione (NWR TST) in soggetti affetti da cefalea a grappolo
in fase attiva ed in remissione. Materiali e metodi Abbiamo reclutato 10 soggetti affetti da cefalea
a grappolo (9M, 1F; età media 38,1 anni; durata media degli attacchi, 116 min; media attacchi/
die, 2,3; durata media del grappolo, 6,8 settimane; numero medio di grappoli per anno, 2,2; durata
media di malattia, 12,8 anni) e 10 soggetti sani di controllo (età media 37,5 anni). Ogni soggetto è
stato sottoposto a valutazione neurofisiologica per la determinazione della NWR TST e dei relativi
correlati psicofisici di percezione del dolore, 1) dopo immersione della mano fino al polso in acqua
a temperatura ambiente (control-session), 2) a 4°C per 3-5 min (pain-session) e dopo 5 minuti dalla
pain-session (after-effect), controlateralmente al lato stimolato per l’evocazione del NWR. Tale metodo (Perrotta et al., 2009) consente, attraverso la stimolazione eterotopica nocicettiva, di attivare
il sistema DNIC per controllo discendente sovra spinale del dolore. L’attivazione di tale sistema è
in grado di deprimere la risposta nocicettiva NWR e TST e quindi l’analisi di tali risposte durante
l’attivazione del sistema in grado di fornire informazioni utili sullo stato funzionale dello stesso.
Tutti i soggetti hanno eseguito tale esperimento durante la fase attiva (in grappolo) ma senza cefalea in atto e durante la fase di remissione (fuori grappolo). RisultatiI dati ottenuti mostrano valori
neurofisiologici di base sostanzialmente sovrapponibili tra soggetti affetti da CH fuori grappolo e
soggetti di controllo, mentre una facilitazione non significativa della NWT TST con incremento della percezione psicofisica del dolore è stata registrata nei pazienti CH durante la fase attiva. Durante
il cold pressor test, è stata registrata una inibizione della NWR TST significativamente più elevata
nei soggetti con CH fuori dal grappolo se confrontati con i soggetti di controllo e con i soggetti con
CH durante la fase attiva.
Risultati I dati ottenuti supportano la presenza, durante la fase di remissione, di un’incrementata
attività funzionale dei sistemi di controllo inibitorio discendenti del dolore (DNIC) che regolano
l’attività dei neuroni nocicettivi midollari e di una loro depressione funzionale durante la fase at218
DOLORE - II SESSIONE
tiva della malattia che coincide con una facilitazione nel processamento nocicettivo spinale ed il
ricorrente sviluppo di attacchi di dolore. I nostri dati sembrano confermare l’ipotesi che l’ipotalamo
possa essere coinvolto nella patogenesi della CH anche attraverso la dismodulazione del controllo
sovra spinale del dolore.
BIBLIOGRAFIA
1. Perrotta A, Serrao M, Sandrini G, Burstein R, Sances G, Rossi P, Bartolo M, Pierelli F, Nappi
G. Sensitisation of spinal cord pain processing in medication overuse headache involves supraspinal pain control. Cephalalgia 2009;Jul.10.
219
Congresso Nazionale
LA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA RIPETITIVA SULLA
CORTECCIA VISIVA MODULA IL SISTEMA NOCICETTIVO TRIGEMINALE
S.L. Sava1,2, G. Coppola3, V. De Pasqua1, F. Pierelli2, J. Schoenen1
1. Headache Research Unit. University Dept. of Neurology & GIGA-Neurosciences, Liège University, Liège, Belgium. 2 “Sapienza” Università di Roma, Polo Pontino – I.C.O.T., Latina, Italia 3
Fondazione per l’Oftalmologia “G.B. Bietti”- IRCCS, Dipartimento di Neurofisiologia della Visione e Neuroftalmologia, Roma, Italia
Background: Una luce intensa può provocare un notevole fastidio, fenomeno noto come fotofobia. I
meccanismi che mettono in relazione la luminanza con il sistema nocicettivo trigeminale, probabile
mediatore di questo disturbo, sono ancora sconosciuti. Esperimenti sugli animali hanno messo in
evidenza la presenza di una connessione nervosa tra il sistema visivo ed il nucleo trigeminale spinale
(1-3). Per fare fronte a questa questione nell’uomo, abbiamo studiato l’effetto di una modulazione
dell’attività della corteccia visiva tramite una stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS)
sul blink reflex nocicettivo-specifico (nBR), un riflesso troncoencefalico mediato dal nucleo trigeminale spinale.
Soggetti e metodi: Sono state registrate quindici risposte bilaterali e consecutive di nBR, stimolando il nervo sovraorbitario di destra ad un’intensità 1.5 volte la soglia dolorifica in 16 soggetti sani
(SS) prima ed immediatamente dopo la rTMS sulla corteccia visiva. L’intensità della rTMS è stata
fissata al valore della soglia dei fosfeni oppure al 110% della soglia motoria. Ottocento impulsi sono
stati emessi con un coil a figura-otto a bassa (1 Hz, treno di 15 min) o ad alta frequenza (10 Hz,
20 treni da 4 secondi, con intervallo tra un treno e l’altro di 15 secondi), in ordine casuale ed in 2
giorni separati. È stata inoltre misurata la soglia di sensibilità, quella dolorifica e l’area sotto la curva (AUC) della componente R2 sulle 15 tracce rettificate e raggruppate in 3 blocchi, ciascuno di 5
risposte. È stato utilizzato il rapporto AUC/i2 per poter paragonare le aree ottenute a diverse intensità
(i) di stimolazione. L’abituazione è stata definita come la pendenza della retta di regressione lineare
dei 3 blocchi consecutivi.
Risultati: La rTMS a bassa frequenza, che ha un effetto inibitorio sulla corteccia visiva, ha significativamente aumentato il valore della soglia sensitiva (p=0.03), ma ha abbassato quella dolorifica
(p=0.02). La rTMS ad alta frequenza, che si suppone abbia un effetto facilitatorio sulla corteccia,
non ha avuto nessun effetto sulle soglie. La rTMS a bassa frequenza ha aumentato l’area R2 nBR e
potenziato l’abituazione, mentre la rTMS ad alta frequenza ha diminuito d’area dell’R2, lasciando
inalterata l’abituazione (two-way ANOVA F[1,30]=5.039, p=0.03 per l’area dell’R2; F[1,30]=4.059,
p=0.05 per l’abituazione). Questi effetti sono risultati significativi solo contro lateralmente al lato
stimolato, mentre questi sono risultati solo trascurabili ipsilateralmente. Conclusioni: I nostri dati
mostrano per la prima volta negli esseri umani che esiste una connessione funzionale tra le aree
visive corticali ed i nocicettori di secondo ordine nel nucleo trigeminale spinale. È interessante
notare come la rTMS inibitoria induca modificazioni della soglia dolorifica (decremento), dell’area
dell’R2 e dell’abituazione (incremento) nella stessa direzione di ciò che fa un attacco di emicrania,
che è noto per essere associato con un anomalo fastidio o dolore all’esposizione alla luce ambientale.
BIBLIOGRAFIA
1. Okamoto K, Tashiro A, Chang Z, Bereiter DA. Bright light activates a trigeminal nociceptive
220
DOLORE - II SESSIONE
pathway. Pain [Internet]. 2010 Mar 3 [citato 2010 Mar 18];Available from: http://www.ncbi.nlm.nih.
gov/pubmed/20206444
2. Okamoto K, Thompson R, Tashiro A, Chang Z, Bereiter DA. Bright light produces Fos-positive
neurons in caudal trigeminal brainstem. Neuroscience. 2009 Giu 2;160(4):858-864.
3. Lambert GA, Hoskin KL, Zagami AS. Cortico-NRM influences on trigeminal neuronal sensation. Cephalalgia. 2008 Giu;28(6):640-652.
221
Congresso Nazionale
RIDuzione DELLA PERCEZIONE DEL CALDO E DELL’AMPIEZZA dei
potenziali evocati laser da stimolazione delle fibre C durante
stimolazione dolorosa eterotopica
D. Virdis, 2D. Le Pera, 3C. Vollono, 3R. Miliucci, 1P.A. Tonali, 3M. Valeriani
1
Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2Motor Rehabilitation, IRCCS
San Raffaele Pisana, Roma; 3Divisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS,
Roma
1
Mentre è noto che uno stimolo doloroso eterotopico è in grado di inibire la sensazione di dolore
mediante un meccanismo conosciuto come diffuse noxious inhibitory control (DNIC), l’effetto del
dolore sulla percezione del calore è stato raramente studiato. Il nostro studio ha avuto come scopo
quello di valutare l’effetto di una stimolazione dolorosa eterotopica sui potenziali evocati laser da
stimolazione delle fibre C (C-LEPs) e sulla percezione del calore. Una stimolazione dolorosa cutanea tonica è stata ottenuta in 9 soggetti sani mediante infusione di una soluzione salina ipertonica
(5%) nel tessuto sottocutaneo corrispondente all’eminenza ipotenar (10 ml/ora per 20 minuti). I
C-LEPs sono stati registrati stimolando la regione periorale destra con un impulso laser di bassa
potenza, tale da determinare una sensazione di calore non dolorosa. La sensazione soggettiva di
calore determinata dallo stimolo laser è stata misurata mediante una scala VAS da 0 a 100. I C-LEPs
sono stati registrati prima dell’iniezione della soluzione salina, al picco del dolore e dopo 20 minuti
dalla scomparsa del dolore. Durante l’iniezione della soluzione salina i C-LEPs registrati al vertice
(C-N2 e C-P2) sono risultati ridotti in ampiezza, rispetto a quanto ottenuto prima della stimolazione
dolorosa. Anche la percezione soggettiva del calore durante la stimolazione dolorosa era inferiore a
quella osservata prima dell’infusione della soluzione salina. Tali dati suggeriscono che una stimolazione dolorosa eterotopica è in grado di ridurre la percezione del calore e l’ampiezza dei C-LEPs,
che rappresentano il correlato oggettivo di tale percezione.
222
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
ELETTROMIOGRAFIA
II SESSIONE
Moderatori:
I. Aiello (Sassari),
F. Manganelli (Napoli)
Congresso Nazionale
224
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
NEUROPHYSIOLOGICAL AND CLINICAL SPECTRUM OF HUMAN WEST NILE
VIRUS INFECTION: A CASE SERIES
E. Sette, E. Fallica°, C. Monetti°, M. Libanore*, J.G. Capone, E. Gastaldo, R. Quatrale, M.R. Tola°,
V. Tugnoli
Neurophysiological and Neurological Units,
° Infectious Diseases Unit
* S. Anna Hospital, Ferrara
Intoduction and objective: West Nile virus is a mosquito-borne flavivirus originally isolated in
human blood in 1937. Most infected individuals are asymptomatic; approximately 20% of infected
individuals will develop a mild febrile illness and in less than 1% is possible to observe severe
neuroinvasive disease, classified in meningitis, encephalitis, and acute flaccid paralysis. The virus is
widely distributed in Africa, Europe, Australia and since 1999 it has spread rapidly in USA. In 2008
there was the first segnalation of an Italian case and between april 2008 and October 2009 a cluster
of 16 cases in the north-east of Italy in particular in Ferrara, Rovigo and Mantova area. Aim of this
report is to characterize clinical and neurophysiological spectrum of 6 patients with proven West
Nile Virus (WNV) admitted in Ferrara hospital.
Materials and methods: We retrospective evaluated the data of 6 consecutive patients (4 male and
2 female) admitted in the period since April 2008 to October 2009, with a WNV infection. All patients performed at least one EEG; five of them received an EMG.
Results: The median age at the diagnosis was 68 y. All the patients complained iperpiressia and
altered level of consciousness. 5:6 patients developed acute flaccid paralysis, that required observation in ICU. The muscle weakness was symmetrical, with saving of cranial nerve. 2 patients
died, 1 had tetraplegia, 3 had a good recovery. EEG pattern was typically slow down, prominent in
fronto-temporal region and slowing correlate with consciousness, 1 patients had status epilepticus.
Electrophysiological studies revealed severely polio-like motor neuron impairment (low amplitudes
of cMAP in symptomatic limbs, preserved NCV and sensory nerve conduction, excepted in one in
which SAPs were mildly reduced). EMG showed denervation in weak muscle, with poor reinnervation in subsequent control.
Conclusions: in endemic areas, rapidly progressive meningo-encephalitis with or without acute
flaccid paralysis should prompt a strong consideration of WNV infection. Electrophysiological studies should be helpful to objective neurological involvement and overall to detect motor neuron
impairment in comatose patients.
225
Congresso Nazionale
RELAZIONI TRA SEGNO DI MULDER ECOGRAFICO E SINTOMI SUGGESTIVI DI
NEUROMA DI MORTON
G. Granata1,2, P. Caliandro1,2, C. Pazzaglia1,2, G. Liotta2,3, A. Di Pasquale2,4, L. Padua1,2
1 Istituto di Neurologia, Università Cattolica del Sacro Cuore-Italia
2 Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, Roma, Italia
3 Dipartimento di Neuroscienze, Università di Messina - Italia
4 Istituto di Neurologia, Università La Sapienza Roma - Italia
Il neuroma di Morton é un neuroma benigno che origina dai nervi intermetatarsali plantari, più spesso
nel terzo spazio intermetatarsale. I sintomi includono: dolore localizzato sulla faccia plantare dello
spazio intermetatarsale esacerbato dalla pressione tra le teste intermetatarsali. Possono inoltre essere
presenti bruciore, parestesie ed ipoestesia sul lato interno di due dita contigue (quelle innervate dal
nervo intermetatarsale coinvolto). La pressione tra le teste metatarsali causata dalla compressione
trasversale del piede può scatenare i sintomi riferiti dal paziente. Questa manovra é chiamata segno
di Mulder. La diagnosi neurofisiologica del neuroma di Morton é indaginosa. Il golden standard per
la diagnosi può essere considerata la valutazione clinica. La valutazione ecografica é uno strumento
utile al fine di confermare il sospetto clinico di neuroma di Morton. Il tipico reperto é la presenza
del segno di Mulder ecografico caratterizzato dalla fuoriuscita di una masserella ipoecogena dallo
spazio intermetatarsale durante la pressione trasversale delle teste metatarsali del piede.
Lo studio é stato effettuato al fine di verificare quali siano i sintomi maggiormrnte correlati con la
presenza del segno di Mulder ecografico.
Sono stati valutati 43 piedi di pazienti giunti nel nostro ambulatorio con il sospetto clinico di neuroma di Morton. Ciascun paziente é stato sottoposto alla valutazione clinica ed ecografica.
Il 2 x 2 table chi square test ha evidenziato che la conferma ecografica di neuroma di Morton era
significativamente più frequente nei pazienti con disestesie e/o parestesie in due dita adiacenti (43%)
rispetto a quelli senza questi sintomi (12%). In particolare non si evidenziava nessuna correlazione
tra segno di Mulder e presenza/assenza di dolore intermetatarsale.
Riteniamo che siano necessari ulteriori studi al fine di fornire maggiori informazioni sulla sensibilità
dell’ecografia nella diagnosi di neuroma di Morton.
226
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DI UN PAZIENTE CON
DISTONIA OROMANDIBOLARE INSORTA IN SEGUITO AD EMORRAGIA
CEREBELLARE
C. Bana, M. Osio, C. Nascimbene, A. Vanotti, C. Mariani
UO Neurologia, Clinica Neurologica Università degli Studi di Milano, AO Luigi Sacco, Milano
Scopo del lavoro: ripercorrere l’iter diagnostico-terapuetico effettuato nella valutazione di un paziente maschio di 59 anni con distonia mandibolare insorta in seguito ad evacuazione di emorragia
cerebellare e successivo posizionamento di derivazione spino peritoneale.
Il paziente, HIV positivo noto da circa 6 anni in terapia ART, affetto da sarcoidosi polmonare, psicosi cronica in terapia da anni con fluoxetina ed ipertensione arteriosa è giunto alla nostra osservazione
per la comparsa, in seguito ad ematoma cerebellare sinistro, di disturbo all’apertura
della bocca, caratterizzato da trisma persistente con impossibilità ad aprire la bocca per più di pochi
millimetri. Tale quadro al momento della prima valutazione comportava la necessità di alimentarsi
senza protesi odontoiatriche e solamente con cibo morbido, difficoltà a bere dal bicchiere e limitazione nell’eloquio.
Dal punto di vista neurofisiologico, per indagare tale sintomatologia sono stati eseguiti: elettromiografia (EMG) dei muscoli masticatori, studio del ciclo di recupero della componente R2 del Blink
Reflex, riflesso inibitorio e tempo silente masseterino, oltre ad accertamenti neuro radiologici che
hanno evidenziato gli esiti della lesione cerebellare sinistra.
La comparsa all’EMG di abbondante attività di unità motorie in co-contrazione con i muscoli antagonisti dai muscoli temporale e massetere di sinistra durante il tentativo di apertura della bocca a
fronte di un pattern di reclutamento controlaterale normale ed alterazioni del ciclo di recupero della
componente R2 del Blink Reflex per stimolazione sovraorbitaria sinistra hanno orientato la diagnosi
verso un disturbo del movimento di tipo distonico. I reperti di normalità del riflesso inibitorio e del
tempo silente masseterino hanno permesso di escludere la diagnosi di spasmo emimasticatorio.
Il ruolo del cervelletto nella patogenesi della distonia non è chiaramente definito: mentre il ruolo
dei gangli della base è ampiamente dimostrato, quello cerebellare è oggetto di recenti studi. I reperti
neurofisiologici ottenuti nella valutazione del nostro paziente, suggestivi per distonia oromandibolare, e la stretta correlazione temporale tra l’insorgenza dei sintomi e l’evento cerebrovascolare
avvalorano l’ipotesi che la distonia possa avere una stretta relazione causale con l’evento cerebrovascolare.
Data la diagnosi di distonia oromandibolare il paziente è stato successivamente trattato con BoN-T
A nei muscoli che mostravano alterato pattern di attivazione, con netto miglioramento della sintomatologia e della qualità della vita del paziente.
227
Congresso Nazionale
ANALISI DELLE PROPRIETÀ DEL RECLUTAMENTO ASSONALE MOTORIO IN
PAZIENTI CON MIASTENIA GRAVIS GENERALIZZATA
A. Biasella, F. Ginanneschi, F. Giannini, P. Piu, C. Scarselli, R. Mazzocchio, A. Rossi
U.O. Neurologia-Neurofisiologia Clinica, Università degli Studi di Siena
SCOPO DELLO STUDIO: La stimolazione nervosa ripetitiva (RNS) non è in grado di fornire
indicazioni relative alla funzionalità delle NMJ appartenenti alle UM più piccole cioè quelle più
suscettibili al danno nella Miastenia Gravis (MG). Scopo del nostro studio è stato quello di analizzare le proprietà del reclutamento assonale motorio in un muscolo clinicamente asintomatico e con
RNS negativa, in pazienti con MG generalizzata di diversa gravità clinica. I dati sono stati, quindi,
confrontati con quelli di una popolazione di controllo.
METODI: Abbiamo eseguito una curva intensità-risposta (curva M input-output) stimolando il
nervo Ulnare al polso e registrando dal muscolo Abduttore del V dito (ADM) in 27 pazienti con
diagnosi di MG generalizzata in terapia, ed in 20 controlli sani. I pazienti sono stati reclutati in virtù
della negatività dell’RNS ed assenza di ipostenia/affaticabilità sul muscolo ADM, nel giorno stesso
in cui veniva eseguita la curva M input-output. I pazienti sono stati divisi in due gruppi di differente
gravità clinica, in base al punteggio riportato al Quantitative MG score (QMGS, Besinger), ovvero
Besinger <5 (B<5, meno sintomatici) e Besinger ≥5( B≥5, più sintomatici). I punti medi delle curve
di reclutamento dei tre gruppi sono stati fittati con una funzione non lineare di Boltzman ed i parametri delle curve (soglia, slope e plateau) sono stati confrontati tramite un test non parametrico.
RISULTATI: La curva M input-output dei pazienti B≥5 è significativamente diversa da quella dei
B<5 e dei controlli. Non viene rilevata alcuna differenza significativa tra B<5 e controlli.
Lo slope ovvero la pendenza della curva dei pazienti B≥5 è significativamente minore rispetto ai
controlli ed al gruppo di pazienti con B<5. Non ci sono differenze statisticamente significative di
soglia e di plateau tra i tre gruppi.
CONCLUSIONI: L’assenza di differenze di plateau e di soglia fra i tre gruppi con la sola alterazione dello slope, indica il sostanziale risparmio delle fibre più grandi e più eccitabili del muscolo
testato. Le differenze di reclutamento osservate nei pazienti con B≥5 sono, quindi, espressione della
maggiore alterazione della conduzione nelle NMJ delle UM più piccole, meno eccitabili cioè le più
affette nella MG. Tali alterazioni riscontrate nei pazienti più sintomatici (B≥5) sono verosimilmente
in relazione ad una maggiore “semplificazione” della membrana post-sinaptica e conseguente riduzione del fattore di sicurezza.
A differenza della RNS che esplora le NMJ di UM più grandi e più eccitabili, la curva M di reclutamento consente di valutare la conduzione dell’intero pool di UM, quindi anche di quelle più lente e
meno eccitabili. Questa metodica potrebbe affiancarsi alla RNS ed alla SFEGM come strumento per
il monitoraggio clinico-terapeutico dei pazienti con Miastenia Gravis generalizzata.
228
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
UTILITÀ DELLE INDAGINI NEUROFISIOLOGICHE NELL’IDENTIFICAZIONE
DELLA CORRETTA FREQUENZA DI NEUROMODULAZIONE SACRALE NELLA
RITENZIONE URINARIA IDIOPATICA: DUE CASI CLINICI
F. Del Corsoº, G. de Sciscioloº, R. Caramelliº, V. Schiavoneº, A. Cassardo*, M. Donati*,
G. Del Popolo
º SOD Neurofisiopatologia Unità - Spinale Firenze- SOD Neurourologia Unità- Spinal Firenze* TNfp. SOD Neurofisiopatologia Unità - Spinale Firenze
Oggetto: la neuromodulazione sacrale (NMS) è una tecnica approvata nel trattamento della ritenzione urinaria idiopatica. Presentiamo due casi che mostrano l’utilità della valutazione neurofisiologica
durante gli impianti di NMS.
Materiali e Metodi: il primo caso riguarda una giovane donna di 47 anni che presenta, da Gennaio
2009, sia una ritenzione idiopatica parziale sia un quadro di stipsi; il secondo paziente è un ragazzo
di 19 anni con un quadro di ritenzione urinaria parziale iniziata nel 2005 dopo un intervento di pessi
testicolare. Entrambi i pazienti, prima dell’impianto di neuromodulazione, sono stati sottoposti ad
una valutazione neurofisiologica del n. pudendo: riflesso sacrale (RS, eseguito su entrambi i lati del
m. sfintere anale esterno/bulbo cavernoso), potenziali evocati sensitivi (SEP per stimolazione del n.
dorsale del clitoride/pene e del canale anale), risposta simpatico cutanea (SSR) ed elettromiografia
(EMG) eseguita sul m. sfintere anale esterno.
Risultati: I miglioramenti dei parametri neurofisiologici sono risultati evidenti non solo con lo stimolatore acceso ma anche a stimolatore spento. Le indagini neurofisiologiche hanno inoltre permesso di identificare e confermare la corretta frequenza di stimolazione della NMS. Quest’ultima scelta
è stata fatta prendendo in considerazione il miglioramento di latenza della risposta corticale del SEP
ma in particolare del RS, che si è dimostrato importante per discriminare tra le due frequenze di
stimolazione.
Conclusioni: l’esame neurofisiologico, in particolare la valutazione delle latenze del SEP e del RS,
si è dimostrato utile durante la NMS nella scelta dei corretti parametri di stimolazione.
229
Congresso Nazionale
EFFICACIA DEL PROGESTERONE IN UN MODELLO DI NEUROPATIA UMANA
F. Ginanneschi, °G. Filippou, *C. Scarselli, *A. Biasella, *P. Milani, *A. Rossi
*
UOC Neurologia- Neurofisiologia Clinica, Dip. di Scienze Neurologiche e del Comportamento.
Università di Siena
°Sez. Reumatologia, Dip. di Medicina Clinica e Scienze Immunologiche. Università di Siena
*
OBIETTIVO: Valutare l’effetto neuroprotettivo e antinfiammatorio del Progesterone (PG) in un modello di neuropatia umana caratterizzato da alterazione localizzata della mielina, come la sindrome
del tunnel carpale (STC) in stadio iniziale. Gli effetti sono stati confrontati con quelli del Cortisone
(CS), neurosteroide con riconosciuta efficacia in questa neuropatia.
METODI e RISULTATI: Sono stati arruolati 16 pazienti di sesso femminile, 8 trattati con CS
(Triamcinolone acetonide 20 mg/1 ml), e 8 con PG (Hydroxyprogesterone caproate 170 mg/1 ml). Il
trattamento consisteva di una singola iniezione eco-guidata nel canale del carpo. Lo studio clinico,
elettrofisiologico e ultrasonografico è stato effettuato prima dell’infiltrazione, ad 1 e a 6 mesi. Clinicamente il pazienti sono stati valutati con questionari autosomministrati (BQ) e con scale VAS per
parestesie e dolore. L’elettrofisiologia è stata effettuata con metodi convenzionali e con le curve di
reclutamento degli assoni sensitivi e motori. Al follow-up di 1 mese i pazienti trattati con PG hanno
mostrato un significativo miglioramento clinico, paragonabile al gruppo trattato con CS; la significatività statistica a 6 mesi è stata invece mantenuta solo dal gruppo trattato con PG, mentre nel
gruppo con CS si è assistito ad un peggioramento clinico. I parametri ecografici ed elettrofisiologici
sono migliorati significativamente solo ad 1 mese e solo nei pazienti trattati con CS
CONCLUSIONI: L’effetto neuroprotettivo del PG e dei suoi metaboliti sulla mielina del sistema
nervoso periferico è noto e sperimentalmente dimostrato in diversi modelli lesionali nell’animale. Sono altresì documentate le sue proprietà anti-infiammatorie, mediate dall’azione inibitoria su
citochine pro-infiammatorie e prostaglandine. Nel nostro studio è stata valutata per la prima volta
l’efficacia del PG in un modelli di neuropatia umana. Nei pazienti trattati con PG si è assistito ad un
miglioramento sintomatologico superiore come durata a quello del gruppo con CS, a fronte però di
un mancato recupero elettrofisiologico ed ultrasonografico del nervo. Il comportamento dicotomico
dei rilievi clinici e strumentali è verosimilmente da attribuire ad un differente meccanismo terapeutico: antiedemigeno e anti-infiammatorio per il CS e prevalentemente antidolorifico di lunga durata
per il PG. E’ stato dimostrato che il PG sintetizzato localmente nel midollo spinale innalza il livello
di endorfine e dei recettori oppiodi nel sistema nervoso centrale. Questo studio avvalora l’ipotesi
circa le proprietà antidolorifiche del PG nell’uomo, e propone un suo possibile ruolo terapeutico
nella modulazione del dolore neuropatico.
230
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA DEL DIAFRAMMA: DIAGNOSI PRECOCE DI
SOFFERENZA RESPIRATORIA IN PAZIENTI AFFETTI DA SLA SPINALE
L. Maderna, P. Banfi*, S. Messina, C. Morelli, C. Lombardi, E. Colamartino, F. Gregorini, V. Silani
U.O. Neurologia. Univerisità degli Studi di Milano - IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano
**Fondazione Serena-Centro Clinico NeMO. Ospedale Niguarda, Milano
Introduzione: in pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) il progressivo deficit di forza
muscolare che consegue alla progressione di malattia provoca inevitabilmente complicanze respiratorie che risultano essere spesso l’evento terminale e, comunque, sono determinanti nella qualità di
vita quando il deterioramento globale non ha ancora raggiunto gli stadi terminali. Considerata la rapidità di insorgenza, le modalità di sviluppo e le possibile sequele mediche, è determinante la necessità di monitorare assiduamente le condizioni respiratorie ma, soprattutto, formulare una diagnosi
precoce di insufficienza ventilatoria, per non giungere ad una condizione per cui anche le possibilità
di intervento risultano ridotte. Attualmente la diagnostica delle complicanze respiratorie in generale,
ma soprattutto nella SLA si avvale delle prove di funzionalità respiratoria, dell’emogasanalisi e dell’
Rx-torace. I dati presenti in letteratura sullo studio ad ago del diaframma (EMG), del nervo frenico
e dei PEM derivati dagli emidiaframmi nei pazienti affetti da SLA sono scarsi ed incompleti. Sono
stati studiati 8 pazienti con SLA definita secondo i criteri di El Escorial; i pazienti reclutati sono
stati inizialmente sottoposti ad emogasanalisi (EGA), esame spirometrico, visita pneumologica e
polisonnografia risultate nella norma. I pazienti sono stati quindi sottoposti ad EMG con ago monopolare teflonato degli emidiaframmi, a studio della conduzione nervosa del nervo frenico e studio
dei Potenziali Evocati Motori (PEM) con derivazione ad ago dall’ emidiaframma bilateralmente.
Risultati: degli 8 pazienti studiati in tre erano presenti potenziali di fibrillazione ed un’ alterazione
della morfologia dei PUM di tipo neurogeno cronico nel diaframma. Di questi un solo paziente mostrava e monolateralmente anche un’ alterazione dei PEM con incremento del Tempo di Conduzione
Motorio Centrale (TCMC). Un paziente non ha mostrato alterazioni della conduzione del nervo frenico e della funzionalità degli emidiaframmi ma ha evidenziato un’ alterazione, sempre monolaterale, dei PEM. Dei restanti quattro pazienti in cui tutti i test neurofisiologici relativi al diaframma risultavano normali in tre abbiamo osservato la presenza di potenziali di fibrillazione e PUM neurogeni
nella muscolatura del VII° spazio intercostale (in due bilateralmente ed in uno monolateralmente).
Conclusioni: Dall’analisi di questi preliminari dati sembra confermarsi la validità delle metodiche
neurofisiologiche nell’individuare precocemente i pazienti affetti da SLA da inviare a NIV anche se
clinicamente asintomatici. Inoltre, il riscontro in tutti i pazienti di segni di denervazione nei muscoli
intercostali ancor prima del diaframma potrebbe rappresentare un segno ancor più precoce di possibile alterazione delle capacità ventilatorie.
231
Congresso Nazionale
DISTURBI VENTILATORI NEI PAZIENTI AFFETTI DA DISTROFIA MIOTONICA DI
STEINERT: VALUTAZIONE ELETTROMIOGRAFICA DEL DIAFRAMMA
L. Maderna , P. Banfi*, C. Lombardi, S. Messina, C. Morelli, P. Mattaliano, B. Ricciardi, M.
Bettegazzi, V. Silani
U.O. Neurologia. Univerisità degli Studi di Milano - IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano
*Fondazione Serena-Centro Clinico NeMO. Ospedale Niguarda, Milano
La Distrofia miotonica di tipo 1 o malattia di Steinert (MyD), è una malattia muscolare caratterizzata
da miotonia ed espressione genetica multi-organo che determina in vari gradi debolezza del muscolo scheletrico, aritmie e/o disordini di conduzione cardiaca, cataratta, danni del sistema endocrino,
calvizie ed infine disordini del sonno. Ad oggi si suppone che l’ipersonnia e le alterazioni del respiro
descritte siano di origine centrale ed i dati in letteratura relativi alla valutazione polisonnografica
sembrano confermare tale ipotesi. Dal punto di vista delle’elettromiografia (EMG) è stata evidenziata la presenza di scariche miotoniche in tutti i muscoli artuali, del tronco, facciali ed anche a livello
del muscolo Sfintere esterno dell’ano. Non vi sono invece rilievi in letteratura relativi all’attività
diaframmatica.
È stata studiata la muscolatura diaframmatica in tre fratelli affetti da MyD (due maschi: 42 e 38 anni,
ed una femmina: 33 anni).Le prove respiratorie hanno dimostrato una patologia restrittiva, lieve per
la sorella, moderata per un fratello e grave per il fratello maggiore.
È stata eseguita una valutazione polisonnografica con monitoraggio cardio-respiratorio completo
(EMBLETTA) che ha evidenziato un pattern respiratorio notturno caratterizzato da apnee centrali e
miste nel fratello maggiore, da apnee ostruttive nel secondo fratello e dall’assenza di alterazioni del
respiro nel sonno nella sorella.
Lo studio di conduzione motoria del nervo Frenico ed i Potenziali Evocati Motori del diagramma
non hanno mostrato alcuna alterazione.
L’EMG del muscolo Diaframma eseguita con ago monopolare teflonato con inserzione a livello del
7° spazio intercostale non ha, innanzitutto, mostrato nei pazienti la presenza di scariche miotoniche,
presenti invece a livello della muscolatura intercostale. Tuttavia, in tutti soggetti abbiamo registrato
la presenza di una attività elettrica continua durante sia la fase inspiratoria che espiratoria; tale attività incrementa inoltre durante il mantenimento della manovra di Valsalva.
Conclusioni: da questi dati preliminari, che ci proponiamo di incrementare con un numero adeguato
di pazienti affetti da MyD, si può concludere che nel muscolo Diaframma è assente l’attività miotonica ma è presente una contrazione di tipo crampiforme, che potrebbe essere la causa del deficit
ventilatorio nei pazienti. La possibilità di incrociare dati derivanti dallo studio del diaframma/muscoli intercostali con i reperti polisonnografici potrà fornire più utili indicazioni sulla meccanica
ventilatoria durante il sonno dei pazienti MyD.
232
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
CASO CLINICO MALATTIA DI HIRAYAMA
G. Sallemi, *M. Gaeta
Neurologo e Neurofisiopatologo, libero professionista Neuroradiologo
*Dirigente Medico della Neuroradiologia A.O.U. Policlinico di Messina
Giovane di 22 anni, di sesso maschile, giunge, inviato dallo specialista ortopedico, per eseguire
esame EMG ed ENG, per il sospetto di neuropatia del nervo Ulnare dx al gomito.
Da qualche anno accusa progressiva diminuzione della forza ed ipotrofia muscolare ai muscoli della
mano destra, a causa di ciò il giovane ha imparato ad usare, discretamente, nel suo lavoro la mano
sinistra.
All’esame neurologico non segni clinici di patologia a carico del SNC. ROT presenti e simmetrici
ai 4 arti. Assenza di riflessi patologici.
All’ esame muscolare marcata ipotrofia ed ipostenia a tutti i muscoli della mano destra; lieve ipostenia ai muscoli della mano sinistra. Non accusati né rilevati disturbi della sensibilità.
All’EMG segni di sofferenza muscolare neurogena subacuta pronunciata su tutti i muscoli della
mano destra con discreta attività spontanea da denervazione acuta a riposo, registrate fascicolazioni.
Sui muscoli dell’avambraccio dx segni di sofferenza muscolare neurogena cronica con lievi segni di
denervazione acuta a riposo.
Sui muscoli della mano sinistra e sul muscolo Estensore comune delle dita sin segni di sofferenza
muscolare neurogena cronica con lievi segni di denervazione acuta a riposo, solo sul abduttore breve
pollice;fascicolazioni in tutti i muscoli studiati alla mano sinistra.
L’esame elettroneurografico non mostra significative anomalie delle conduzioni motorie e sensitive.
Le risposte tardive F, evocate sui muscoli abduttore V dito ed abduttore breve pollice, di dx, sono
alterate.
La RM cervicale, eseguita in flessione, con tecnica TSE, mediante scansioni assiali e sagittali, dipendenti da T1 e T2, dopo soppressione del segnale del grasso, documenta: “focale riduzione di
spessore della metà destra del midollo a livello dello spazio discale C6-C7; a questo livello, nelle
condizioni di esecuzione dell’esame, si apprezza un contatto tra superficie anteriore del midollo e
corpi vertebrali. È inoltre presente un aumento dello spazio epidurale posteriore nel cui contesto
sono presenti immagini serpiginose riferibili ad ectasia del plesso venoso epidurale”.
233
Congresso Nazionale
MIRROR MOVEMENTS IN PARKINSON’S DISEASE: ELECTROMYOGRAPHIC
OCCURRENCE ACCORDING TO DISEASE SEVERITY AND DOPAMINERGIC
THERAPY
F. Spagnolo, E. Coppi, M.A. Volontè, R. Chieffo, L. Straffi, D. Ceppi, G. Comi, L. Leocani
Dep.t of Neurology, Clin.Neurophysiology, Neurorehabilitation, INSPE University-IRCCS S.Raffaele
Hospital, Milan
OBJECTIVES: Mirror Movements (MM) represent involuntary movements occurring during voluntary activity in contralateral homologous muscles. They have been described in Parkinson’s disease (PD), but their evolution during disease progression is uncertain. We evaluated the effect of
disease severity and dopaminergic therapy on the electromyographic (EMG) occurrence of MM in
PD-patients and controls.
METHODS: PD-patients underwent EMG recordings from upper-limb muscles. Patients were
subdivided in two groups, the former (n=10), drug-naïve, presenting an early, asymmetric left-PD
(early-PD), the latter (n=9) with advanced PD, with clinical onset and worst lateralization on the
left-side (advanced-PD). Subjects were studied during a basal condition (OFF), and after levodopa administration (ON). Lateralized Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS) subscores
were calculated. Data were compared with a group of 12 controls.
RESULTS: No differences were detected in mirroring activity between advanced-PD and controls,
in any condition. In early-PD, the less affected side revealed a significant higher mirroring activity
compared to the contralateral one (p<0,001; t-test) and also versus both advanced-PD and controls
(p=0,04 and p=0,01 respectively), while no significant differences were detected between the most
affected side and both controls and advanced-PD. Levodopa intake did not modify these findings.
Moreover in early-PD a significant negative correlation appeared between right hand MM and left
lateralized UPDRS (r=-0,79 and r=-0,77 in OFF and ON respectively), being MM only confined to
the early and asymmetrical PD phase.
CONCLUSION: Altered movement lateralization, seems to be typical of early PD stages representing the expression of a different inter-hemispheric inhibition. Compensatory cortical mechanisms
are probably involved in the early phase of the disease, disappearing during its progression.
234
ELETTROMIOGRAFIA - II SESSIONE
TRIGEMINAL MOTOR SYSTEM EXCITABILITY IN ALS PATIENTS WITH AND
WITHOUT RILUZOLE THERAPY
E. Della Coletta, R. Quatrale, V. Tugnoli, M.R. Tola, I. Casetta, E. Granieri, E. Gastaldo
Dipartimento di Neuroscienze-Riabilitazione, Azienda Ospedale – Università S. Anna, Ferrara
Introduction. In early ALS stage san alteration of the cortical inhibitory mechanisms is documented. Concerning the masticatory system some studies highlight also the presence of central motor
pathway subclinical alterations and cortical excitability modifications.
Aim of the study. To evaluate the masticatory system excitability, both at cortico - bulbar and brainstem level, in ALS patients with and without riluzole therapy.
Materials and methods. In 33 patients (15 in therapy with riluzole, 19 with bulbar involvement)
have been evaluated: masseter motor evoked potential (MEP), masseter inhibitory reflex (MIR)
evoked by electric and magnetic stimulation, MIR recovery evoked by electric stimulus with 100
ms interstimulus interval.
Results. It was found: an alteration of central motor pathway in 92% of patients without clinical
bulbar involvement, a reduction of MIR late silent period by magnetic stimulation in patients without therapy (present in 28% of patients) while it appears in 64% of patients treated with riluzole,
independently from the presence of bulbar signs (p<0,05). In bulbar patients the late MIR SP by test
stimulus is absent in 83% without and in 27% with riluzole therapy (p<0,001).
Conclusions. This study confirms the presence of a high frequency of subclinical alterations of the
masticatory system, demonstrates an alteration of the trigeminal excitability at brainstem level and
the riluzole appeared to be able to reduce such alteration too.
235
Congresso Nazionale
STIMOLAZIONE ELETTRICA AD ALTO VOLTAGGIO DELLE RADICI
LOMBOSACRALI: localizzazione neurofisiologica e DIMOSTRAZIONE
mediante neuro-imaging del sito OTTIMALE di stimolazione
W. Troni, A. Bertolotto, E. Berra, A. Di Sapio, S. Duca, A. Merola, F. Sperli
Neurologia 2 – Centro Sclerosi Multipla (CReSM) & Laboratorio di Neurofisiologia Clinica Sperimentale, AOU S. Luigi Gonzaga – Orbassano (TO)
Obiettivo: La stimolazione elettrica ad alto voltaggio delle radici lombosacrali con montaggio dorso-ventrale (Troni et al, 1996) permette l’attivazione sopramassimale delle radici a livello della
loro reale emergenza dal midollo. Tuttavia, l’impiego di un punto fisso di stimolazione (di solito
corrispondente all’interspazio D12/L1 quale punto medio di proiezione sulla colonna del segmento
mielico L4-S1) non tiene conto della variabilità individuale del rapporto topografico fra midollo
lombo-sacrale e colonna vertebrale.
Metodo: Al fine individuare nel singolo soggetto il punto ottimale di stimolazione, in 15 volontari
sani è stata applicata sulla colonna vertebrale una schiera di 5 elettrodi, utilizzati quali catodi, con
distanza inter-elettrodica di 1.5 cm. L’elettrodo centrale è stato posto in corrispondenza dell’interspazio D12/L1. Attraverso tale elettrodo è stata inizialmente erogato (Digitimer D185) un stimolo
di intensità tale di produrre una risposta muscolare di minima ampiezza (0.1-0.3 mV) in uno dei 3
distretti di derivazione bilaterale: vasto mediale (L3-L4), tibiale anteriore (L4-L5) e Flessore Breve
Alluce (S1-S2). Mantenendo invariata tale l’intensità stimolante, sono stati saggiati gli altri elettrodi
più craniali o caudali al fine di evidenziare, sulla base delle variazioni di ampiezza della risposta M,
il punto di stimolazione ottimale (a minima soglia). Tale sito è stato quindi utilizzato per ottenere
risposte M sopramassimali. Al termine della seduta tale punto è stato segnato con lapis dermografico ed il paziente ha eseguito una RM del tratto dorso-lombase ponendo uno spot paramagnetico in
corrispondenza di tale punto.
Risultato e Conclusioni: in tutti i soggetti esaminati il punto ottimale è risultato corrispondere con
buona approssimazione al tratto medio del segmento lombosacrale del midollo. Tale risultato conferma il corretto livello di stimolazione (origine reale delle radici) e l’elevata focalità di stimolazione
raggiungibile con il metodo descritto. Inoltre, la possibilità di individualizzare il corretto sito di
stimolazione permette di ridurre l’intensità di corrente necessaria per l’attivazione sopramassimale
delle radici (< 450 V), migliorando in modo significativo la tollerabilità dell’esame.
236
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
MONITORAGGIO
Moderatori:
P. Lanteri (Venezia -ME),
R. Quatrale (Ferrara)
MONITORAGGIO
VALUTAZIONE NEUROFISIOLOGICA NELLO STATO VEGETATIVO PROLUNGATO:
DATI PRELIMINARI
A. Estraneo*, V. Loreto*, A.M. Saltalamacchia*, P. Moretta*, F. Lullo*, M. Iannotti*, B. Lanzillo*,
L. Santoro^, L Trojano°
*Fondazione Salvatore Maugeri, Telese Terme (BN)
^ Dipartimento di Neuroscienze, Università Federico II, Napoli
° Laboratorio di Neuropsicologia, Seconda Università di Napoli, Caserta
Obiettivi: Alcuni parametri neurofiosologici sembrano avere un valore prognostico per il recupero
della coscienza maggiore di quello dei dati clinici e neurofunzionali. In particolare, l’assenza di
potenziali evocati somatosensoriali (SEP) nella fase acuta ha un valore prognostico negativo per il
recupero della coscienza nei pazienti con eziologia anossica. La gran parte degli studi, tuttavia, è
stata condotta nella fase acuta e mancano dati sistematici sul valore prognostico degli indici neurofisiologici in fase di stato vegetativo prolungato (superiore ad un mese).
Questo studio intende verificare se gli indici neurofisiologici registrati in fase cronica siano correlati
al quadro clinico, in termini di grado di responsività (misurato alla Coma Recovery Scale – Revised,
CRS-R) e di disabilità (valutato con la Disability Rating Scale, DRS), e siano correlati al tipo di esito
alla fine di un periodo di follow-up medio di due anni.
Pazienti: sono stati arruolati per lo studio 41 pazienti (con età media di 48 anni, 19 uomini) in stato
vegetativo prolungato degenti presso un’ Unità di Neuroriabilitazione per pazienti con disturbi di
coscienza. I pazienti avevano eziologia traumatica (26.8.%), emorragica (26.8%) o anossica (46.3%)
e sono stati arruolati ad una media di 8 mesi dall’esordio (range 3-20).
Metodi: all’ingresso nello studio è stata condotta un’approfondita valutazione clinica mediante scale specifiche validate (CRS-R e DRS); la stessa valutazione è stata ripetuta ad intervalli regolari per
un periodo di osservazione media di 24 mesi dall’esordio (range 6-50). All’ingresso tutti i pazienti
hanno effettuato una valutazione neurofisiologica comprendente la registrazione di EEG (dopo almeno 6 ore dalla sospensione di ogni sedativo), SEP da stimolazione del nervo mediano al polso,
potenziali evocati uditivi (BAEP) e risposta simpatico-cutanea (SSR), eseguiti secondo le linee guida internazionali.
Risultati: all’ingresso nello studio, i SEP erano normali in 64.1% pazienti, patologici in 7.7% pazienti ed assenti nel rimanente 28.2.% del campione. Nessuno degli indici neurofisiologici, trattati
come variabili categoriali (normale/patologico, oppure presente/alterato/assente), è risultato correlato ai punteggi alle scale cliniche (DRS, CRS-R totale, singole scale della CRS-R).
Al termine del periodo di follow-up 14 pazienti erano deceduti, 15 pazienti erano in stato vegetativo
persistente, 8 pazienti in stato di coscienza minima e 3 pazienti avevano recuperato la coscienza.
In relazione all’evoluzione clinica solo la presenza o l’assenza dei SEP è risultata significativamente
correlata al tipo di esito (responsivo/non responsivo). Tra le variabili cliniche, solo il riflesso pupillare alla luce è risultato significativamente correlato al tipo di esito.
Discussione: I presenti dati preliminari evidenziano che gli indici neurofisiologici qui utilizzati non
sono correlati alla gravità clinica al momento della prima osservazione di pazienti in stato vegetativo
in fase cronica. Al termine del periodo di follow-up, tuttavia, un indice neurofisiologico (SEP) sembra correlato al tipo di esito, ed in particolare la assenza della componente N20 è stata riscontrata in
tutti i pazienti che non hanno recuperato alcuna responsività, ma anche in un paziente anossico in
stato di coscienza minima dopo circa un anno di follow-up. Un’analoga relazione con l’esito è stata
239
Congresso Nazionale
osservata per l’assenza della reazione pupillare alla luce.
Tali dati devono essere confermati da studi ulteriori in casistiche più numerose e per periodi di osservazioni più lunghi, ma al momento attuale sembrano suggerire che anche in fase cronica lo studio
di alcuni indici neurofisiologici possa dare utili informazioni prognostiche in pazienti con disordini
della coscienza.
240
MONITORAGGIO
ELETTRODI “IMAGING” COMPATIBILI PER IL MONITORAGGIO IN CONTINUO
IN BRAINSUITE
A. Angelini, G. D’Andrea, I. Famà, P. Familiari, A. Bozzao, M. Inghilleri*, L. Ferrante
UOC Neurochirurgia, Ospedale S.Andrea
*Dipartimento di Scienze Neurologiche
Università di Roma “Sapienza”
Lo scopo delle procedure di monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio della chirurgia del sistema nervoso, è quello di fornire un’ affidabile valutazione delle modificazioni funzionali dei sistemi
neuronali e delle fibre nervose che possono instaurarsi durante l’atto chirurgico. In tal modo si riducono notevolmente i deficit neurologici post-operatori raggiungendo un miglior risultato terapeutico.
In una sala operatoria dotata di RMN da 1.5T sorgono tuttavia problematiche legate all’interazione
tra campo magnetico ed elettrodi utilizzati nel monitoraggio, con possibili artefatti paramagnetici e
distorsione dei risultati clinici.
L’obiettivo di questo studio è stato quello di ricercare tipologie di elettrodi che avessero una composizione tale da ridurre al minimo l’interazione con il campo magnetico e che aumentassero quindi
l’attendibilità del monitoraggio strumentale.
Materiale e metodi: La sala operatoria dell’ Ospedale Sant’Andrea di Roma è dotata di una RMN
con campo magnetico da 1.5 Tesla. Le prove tecniche sugli elettrodi per il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio sono state effettuate utilizzando elettrodi in oro, elettrodi in platino-iridio, ed
elettrodi in acciaio. Gli elettrodi sono stati testati su materiale organico, fantocci in gel e quindi su
pazienti sottoposti ad interventi neurochirurgici.
Risultati: Sulla base della distorsione del segnale creato dagli elettrodi, quelli in oro hanno mostrato
il risultato più soddisfacente, non dimostrando interazioni col magnetico e soprattutto evidenziando
una completa radiotrasparenza. Tuttavia il loro costo elevato ne compromette l’utilizzo clinico-pratico. Gli elettrodi composti da platino e iridio hanno invece evidenziato una scarsa o nulla interazione
con il campo generato dalla RMN, senza significativi effetti termici cutanei.
In tal modo è stato possibile ottenere una maggiore attendibilità dei risultati strumentali e una riduzione del tempo intraoperaorio legato al posizionamento e alla rimozione degli elettrodi sul paziente
durante il monitoraggio.
Discussione: Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio è finalizzato ad ottenere una riduzione
dei deficit neurologici post-operatori migliorando la qualità del risultato terapeutico e preservando
allo stesso tempo la fattibilità economica. La possibilità di un controllo strumentale con RMN intraoperatoria permette allo stesso tempo l’ottenimento di un più soddisfacente risultato clinico.
L’interazione tra elettrodi e campo magnetico può tuttavia creare problematiche legate alla distorsione dei segnali e alla creazione di artefatti paramagnetici. L’utilizzo di materiali quali elettrodi
platino-iridio ha dimostrato una buona compatibilità con le radiofrequenze, evidenziando una scarsa
o nulla interazione col campo magnetico generato dalla risonanza.
241
Congresso Nazionale
IMPATTO DELLA REGISTRAZIONE INTRAOPERATORIA DELLA D WAVE IN
CHIRURGIA VERTEBRO-MIDOLLARE
P. Costa, A. Borio, M. Giacobbi, S. Marmolino, G. Isoardo, C Jüenemann, P. Ciaramitaro
Neurofisiologia Clinica, Clinica, Ospedale CTO, Torino
Background
La registrazione combinata dei potenziali evocati motori (m-MEPs) e della D wave è utilizzata nella
chirurgia dei tumori intramidollari con la finalità di fornire elementi prognostici sull’outcome motorio. Vi sono meno evidenze sulla sua utilità di questo tipo di monitoraggio negli altri tipi di chirurgia
vertebro-midollare.
Scopo dello studio
Valutare l’impatto della registrazione intraoperatoria della D wave sulla monitorizzabilità e sulla
prognosi motoria postoperatoria in una casistica di interventi di chirurgia vertebro-midollare.
Materiali/metodi
Analisi retrospettiva di 147 interventi in 144 pazienti con patologia vertebro-midollare (19 tumori
intramidollari, 53 tumori extramidollari, 24 mielopatie, 17 lesioni midollari traumatiche complete, 8
lesioni midollari traumatiche parziali, 16 scoliosi e 10 traumi vertebrali).
L’impatto della registrazione della D wave sulla monitorizzabilità è stato definito come contribuente nei casi in cui i m-MEPs erano assenti bilateralmente o unilateralmente, indifferente nei casi in
cui i m-MEPs sottolesionali erano bilateralmente presenti.
L’impatto della registrazione della D wave sulla prognosi è stato definito come contribuente nei
casi in cui ha consentito una prognosi positiva o negativa sull’outcome motorio, indifferente negli
altri casi.
Risultati
Monitorizzabilità: la D wave è risultata contribuente in 21 interventi (14.3%). Le categorie in cui il
contributo è stato maggiore sono le mielopatie (29.2%), i tumori extramidollari (15.1%), le lesioni
spinali traumatiche parziali (37.5%).
Prognosi motoria: la D wave è risultata contribuente in 41 interventi (27.9%). Le categorie in cui il
contributo è stato maggiore sono le lesioni traumatiche midollari complete (100%), i tumori intramidollari (47.4%), traumi midollari parziali e scoliosi (25%) e mielopatie (16.7%).
Conclusioni
La registrazione intraoperatoria della D wave aumenta la monitorizzabilità e fornisce rilevanti informazioni sull’outcome motorio nelle lesioni midollari complete e nei tumori intramidollari. Nelle
altre categorie studiate può essere un utile complemento al monitoraggio in casi selezionati.
242
MONITORAGGIO
CLINICAL NEUROPHYSIOLOGICAL MONITORING IN SYRINGOMYELIA AND
CHIARI SYNDROME: ANALYSIS OF 144 PATIENTS
P. Ciaramitaro, G. Isoardo, °G. Faccani, *D. Cocito, P. Costa
Clinical Neurophysiological Unit, °Neurosurgery Division, CTO Hospital, Torino
* Clinical Neurophysiological Unit, Neuroscience Department, University of Torino
Primary end point: evaluation of clinical neurophysiological follow up of syringomyelic patients,
associated to Chiari Syndrome or not, submitted to neurosurgery or conservatory treatment.
Secondary end point: evaluation of prevalence of neuropathic central pain in syringomyelic patients
by neurophysiological study.
All patients with syringomyelia (with or without Chiari malformation) at timing T0 (pre-surgery),
T1 (six months after surgery) and T2 (12 months after surgery or diagnosis) will be submitted to:
neurological clinical evaluation by clinical and disability scales (m-Rankin, MRC/SUM scale, Barthel Index), pain scales according with guidelines of European Federation of Neurological Sciences
(VAS, DN4, PGIC, BDI, SF-36);
neurophysiological tests: upper and lower limbs SEPs, BAEPs, MEPs; intraoperating monitoring
(SEPs/MEPs); neuropsycho-physiological pain evaluation by QST and CPS.
144 patients were evaluated at Syringomyelia and Chiari Ambulatory, Clinical Neurophysiological
Unit, CTO Hospital of Torino. 112/144 patients were submitted to SEPs-BAEP-MEPs (pre, intra,
post-surgery); 80/144 were submitted to QST-CSP and clinical scales with an high prevalence of
neuropathic central pain in syringomyelia patients.
243
Congresso Nazionale
PROGNOSI NEUROLOGICA PRECOCE DEL COMA IPOSSI-ISCHEMICO IN
IPOTERMIA TERAPEUTICA
R. Carrai*, A. Grippo*, S. Fossi*, E. Bonizzoli#, L. Migliaccio#, S. Scarpelli*, E. Mazzeschi*,
S. Valente§, A. Amantini*, F. Pinto*, A. Peris# , GF.Gensini§
*DAI Neuroscienze;
# DAI Emergenza Accettazione;
§ DAI Cardiologico e dei Vasi, AOU Careggi, Firenze
Introduzione: Nel 2006 l’American Academy of Neurology ha pubblicato i criteri clinici e strumentali per la prognosi del coma anossi-ischemico (AI). I suddetti criteri prognostici non sono però
stati validati in pazienti in ipotermia.
Scopo: valutare l’affidabilità prognostica del PES, registrato entro 12-24 h, nel determinare la “prognosi neurologica sfavorevole“ nel coma AI in presenza di ipotermia terapeutica.
Metodi: sono stati inclusi soggetti adulti in coma grave (GCS < 9) successivo ad arresto cardiorespiratorio trattati con ipotermia terapeutica (32-34°C) afferenti al nostro ospedale dal settembre
2005 a dicembre 2009. I PES sono stati registrati entro 12-24 hs dall’arresto durante l’ipotermia.
L’outcome è stato valutato a 90 giorni mediante Glasgow Outcome Scale.
Risultati:. Sono stati reclutati 27 soggetti. Il complesso corticale precoce (N20-P25) del PES registrato durante l’ipotermia era assente bilateralmente in 13 soggetti (48,1%), ipovoltato (< 1,2 uV)
in 6 (22,2%), normale in 8 (30%). Nessuno dei soggetti con PES assente ha recuperato lo stato di
coscienza con un valore del 100% sia per il valore predittivo positivo (IC 95% = 77,0-100%) che per
la specificità (IC 95% = 56,6-100%).
Conclusioni: I nostri dati, in accordo con gli studi finora disponibili in letteratura (Tiainen et al.,
2005; Bouwens et al.,2009), confermano che l’assenza bilaterale del PES corticale conserva il significato prognostico sfavorevole certo anche in pazienti trattati con ipotermia terapeutica già in fase
precoce. La conferma dell’alto valore predittivo del PES registrato entro le 12- 24 hs ha un potenziale impatto clinico di particolare rilevanza soprattutto nella guida di strategie terapeutiche altamente
invasive quali l’avvio/mantenimento di tecniche di supporto cardio-polmonare.
244
MONITORAGGIO
MONITORAGGIO
EEG
CONTINUO
DURANTE
INTERVENTI
DI
ENDOARTERIECTOMIA: LA NOSTRA ESPERIENZA CONDOTTA SU 842 CASI
CONSECUTIVI
D. Audenino, G.P. Bo, M. Cambiaso, G. Migliaro, P. Mortola, E. Ravanello, G. Baldino, P. Cassola,
D. Laricchia, C.I. Parodi, A. Gori, S. Ratto
Dipartimento di Neuroscienze e CardioVascolare, E. O. Ospedali Galliera, Genova
Scopo dello studio: È stata ormai validata l’efficacia dell’endoarteriectomia carotidea per la prevenzione dell’ictus per stenosi superiori al 70%. L’intervento, di per sè tuttavia costituisce un rischio e
deve essere attuato solo in Centri che ne garantiscano il successo con una percentuale di complicanze inferiore al 3%.,Al di là degli aspetti di tecnica chirurgica, infatti, uno dei problemi più importanti
in corso di chirurgia carotidea è l’ischemia cerebrale da clampaggio, ritenuta responsabile di un
tasso di complicanze pari allo 0,25-1%. Essa è dovuta alla riduzione critica del flusso cerebrale nei
pazienti che non hanno un adeguato circolo collaterale e nei quali la riserva emodinamica cerebrale
(REC) è ridotta. Il riconoscimento immediato dell’ischemia durante il clampaggio carotideo e le
metodiche per evitarla (shunt, tecniche anestesiologiche) assicurano quindi un buon risultato neurologico perioperatorio e costituiscono quindi il punto chiave della riuscita dell’intervento. A tutt’oggi
non esiste una metodica di monitoraggio neurologico ritenuta come “ideale” durante l’endoarteriectomia carotidea. Scopo dello studio è quello di supportare la scelta del monitoraggio EEG continuo
in corso di endoarteriectomia in anestesia generale per la sua validità e rapidità nell’identificare i
segni di sofferenza cerebrale in corso di clampaggio e quindi nell’indicare la reale necessità di posizionamento dello shunt che implica un aumento di durata del clampaggio. Materiali e metodi: Nel
nostro Ospedale dal 1996 gli interventi di endoarteriectomia carotidea in elezione sono effettuati in
corso di monitoraggio EEG continuo al fine di selezionare i casi in cui è necessario porre lo shunt. In
questo studio abbiamo considerato soltanto i casi dal 2004 al 2009 poichè dal 2004 è stata cambiata
la tecnica anestesiologica. In particolare è stato (ed è tuttora) utilizzato propofol al 2% in infusione
TCI ( target controlled infusion) a valori di concentrazione plasmatica corrispondente a dosaggi di
4-6 mg/kg/min che non risultano essere deprimenti sull’attività cerebrale e quindi interferiscono
meno con il monitoraggio EEG. Abbiamo analizzato 842 casi consecutivi sottoposti ad endoarteriectomia carotidea con monitoraggio continuo EEG con analisi qualitativa effettuata da neurofisiopatologo o neurologo esperto in EEG. Le modificazioni EEG (tipologia e localizzazione, tempo
d’insorgenza dal clampaggio) osservate durante il clampaggio considerate predittive di sofferenza
cerebrale ischemica, il conseguente utilizzo dello shunt, la presenza o meno di occlusione carotidea
controlaterale le complicanze neurologiche al risveglio sono state oggetto della nostra valutazione.
Risultati: nella serie esaminata basandosi sulla valutazione qualitativa dell’EEG lo shunt è stato
posizionato selettivamente in 31 pazienti (3.4%); in particolare 43 pazienti avevano una occlusione
della carotide interna controlaterale all’operata e soltanto in circa un quarto dei casi è stato necessario posizionare lo shunt. Le modificazioni EEG comparivano in media entro il primo minuto di
clampaggio. Il tasso di complicanze neurologiche al risveglio è stato del 0.5% in particolare si sono
verificate due emorragie cerebrali per complicanza ipertensiva e due eventi ischemici transitori.
Sugli 842 casi quindi solo in 2 (0.2% dei casi) l’EEG non è stato di aiuto nell’identificare segni di
sofferenza ischemica durante il clampaggio. Conclusioni: In base alla nostra esperienza l’’EEG si
conferma tutt’oggi come metodica affidabile, di relativo facile impiego, per il monitoraggio continuo in corso di endoarteriectomia carotidea in anestesia generale, avvantaggiata rispetto al passato
245
Congresso Nazionale
dalle nuove tecniche anestesiologiche. Fornisce a differenza di altre metodiche informazioni immediate (di norma entro il primo minuto dal clampaggio) sulla eventuale comparsa di sofferenza
ischemica consentendo al chirurgo di posizionare lo shunt soltanto in casi selezionati, a vantaggio di
una riduzione del tempo di clampaggio nella maggior parte dei casi.
246
MONITORAGGIO
EFFETTO DELL’INTERAZIONE TRA L-DOPA E DBS SULL’ATTIVITÀ OSCILLATORIA
DEL NUCLEO SUBTALAMICO IN PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON
G. Giannicola, S. Marceglia, L. Rossi, S. Mrakic-Sposta, M. Egidi, P. Rampini, M. Locatelli, G.
Carrabba, A. Priori
Centro Clinico per la Neuronanotecnologie e la Neurostimolazione, Fondazione IRCCS Ca’ Granda
Ospedale Maggiore di Milano Policlinico e Dipartimento di Scienze Neurologiche Università degli
Studi di Milano
Scopo dello studio: Le registrazioni di potenziali di campo locali (Local Field Potentials, LFPs)
tramite elettrodi impiantati nel nucleo subtalamico (NS) in pazienti affetti da malattia di Parkinson
(MP) hanno documentato che la somministrazione di levodopa (L-DOPA) riduce l’attività oscillatoria in banda beta (8-20 Hz). Non è, tuttavia, ancora chiaro l’effetto indotto dalla stimolazione
cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) e l’interazioni terapeutica della L-DOPA e DBS
su tale banda. In questo studio abbiamo esaminato le interazioni reciproche a livello dei gangli della
base delle modulazioni del pattern dell’attività oscillatoria del NS indotti da contemporanea stimolazione ad alta frequenza e stimolazione farmacologica.
Metodi. I LFPs sono stati registrati in 9 pazienti affetti da MP 2 giorni dopo l’intervento di
DBS, in quattro condizioni: prima della somministrazione di L-DOPA e con DBS spenta (med off,
stim off); prima della somministrazione di L-DOPA e con DBS accesa (med off, stim on); dopo la
somministrazione di levodopa e con DBS accesa (med on, stim on); dopo la somministrazione di
L-DOPA e con DBS spenta (med on, stim off). I LFPs sono stati amplificati (50000x) e filtrati (0.545Hz) tramite il sistema FilterDBS (Newronika, Italy), digitalizzati con frequenza di campionamento di 2500 Hz e quantizzati con 12 bit di risoluzione in un range di +/-5V.
Risultati. La L-DOPA riduce la potenza dell’oscillazione in banda beta in tutti i pazienti (media ±
95% i.c. unità arbitrarie UA: med off stim off: 1.39 ± 0.13, med off stim on: 1.39 ± 0.24 , med on
stim on: 1.24 ± 0.22, med on stim off: 1.11 ± 0.16, p=0.0277), mentre la DBS riduce l’oscillazione
beta solo nei pazienti con elevata attività in tale banda (med off stim off: 1.44 ± 0.12 vs med off stim
on: 1.21 ± 0.04, p=0.04); in condizione med on stim on la riduzione indotta dalla L-DOPA risulta
comunque prevalente e non si osserva un effetto cumulativo con DBS.
Conclusioni. I nostri dati documentano la modificazione del pattern dell’attività oscillatoria in banda beta nel NS indotti da contemporanea stimolazione elettrica ad alta frequenza e stimolazione farmacologica. La DBS e la L-DOPA inducono effetti diversi, verosimilmente indipendenti, anche se
entrambi modulano la stessa banda. Tale modulazione riflette probabilmente differenti meccanismi
d’azione delle due terapie e potrebbe risultare rilevante nell’ottimizzazione della terapia con DBS,
anche per lo sviluppo di nuovi sistema di DBS adattativa.
247
Congresso Nazionale
PALLIDAL NEURONAL ACTIVITY IN DYSTONIC PATIENTS: A QUANTITATIVE
ANALYSIS
C. Lettieri, S. Rinaldo, L. Verriello, G. Pauletto, R. Budai, S. Biguzzi*,M. Mondani, C. Conti*, L.
Fadiga**, A. Oliynyk **, Ml Skrap, R. Eleopra
Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S.Maria della Misericordia”,
Udine
* Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale dell’Angelo, Venezia-Mestre
** Fisiologia Umana, Università di Ferrara
Abstract
The pathophysiology of dystonia is incompletely understood but it is thought to involve the loop
circuit from sensorimotor cortices through parts of the basal ganglia and thalamus and back to cortex. Microelectrode recordings (MER) during movement disorders surgery affords the opportunity
to study pallidal electrophysiology; several Authors have described single-unit MER in dystonic
humans during GPi-DBS or pallidotomy with contrastant results.
To understand the abnormalities in pallidal discharge in dystonia, we have analyzed the spontaneous
activity of pallidal neurons in 13 dystonic patients who underwent GPi-DBS 9 patients in the awake
state (local anesthesia) and the other 4 under total anesthesia; all recordings have been analyzed with
an off-line spike-sorting software (Automatic FSPS Classifier). Mean GPi and GPe discharge rates
in awake patients were hyperactive without any statistical differencies among GPe and GPi, while
discharges rates in anesthetized ones were significantly depressed and at lower rate. Moreover, both
GPe and GPi showed an abnormal discharge patterns with an increased oscillatory and bursting
activity similar to that observed in PD patients. So, our findings are in contrast with a pathophysiologic model of dystonia in which the two striatal cell populations contributing to the “direct” and “in
direct” pathways of the basal ganglia both have increased spontaneous activity. Given the heterogeneity in the type and severity of dystonia represented in our and previous series, analysis of a larger
number of cases is needed to resolve the apparent discrepancies.
248
MONITORAGGIO
Localizzazione del nucleo Peduncolopontino: una nuova metodica
neurofisiologica basata sui potenziali evocati somatosensoriali
A. Insolaa *, M. Valerianib, P. Mazzonec
Unità Operativa di Neurofisiopatologia, CTO, Roma
Divisione di Neurologia, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù , IRCCS, Roma
c
Unità Operativa di Neurochirurgia funzionale e stereotassica, CTO, Roma
a
b
Obiettivo: localizzazione della posizione dell’elettrodo per la stimolazione cerebrale profonda durante l’impianto stereotassico del nucleo Peduncolopontino (PPN).
Metodi: Il PPN è stato impiantato, per la neuromodulazione, in 10 pazienti con malattia di Parkinson, resistenti al trattamento farmacologico e soprattutto affetti da disturbo della deambulazione e
instabilità posturale. I potenziali evocati somatosensoriali (SEP) sono stati registrati dopo stimolazione del nervo mediano dai contatti dell’elettrodo intracerebrale e da 2 elettrodi sulla superficie del
cuoio capelluto, rispettivamente sulla regione parietale e frontale controlaterali alla stimolazione. I
SEP sono stati registrati in camera operatoria durante anestesia generale prima e immediatamente
dopo l’impianto del PPN.
Risultati: L’elettrodo intracerebrale quadripolare ha registrato un ampio potenziale positivo ad una
latenza media di 16.3 ± 0.9 ms, indicato come P16. Abbiamo osservato uno spostamento della latenza della P16 di 0.2 ± 0.1 ms dal contatto 0 (il più caudale) al contatto 3 (il più rostrale) dell’elettrodo
intracerebrale. Gli elettrodi di superficie hanno registrato il potenziale far-field P14 (latenza: 15.4
± 0.7 ms) e la risposta corticale N20 (latenza: 21.6 ± 1.4 ms). I potenziali P16 registrati dai contatti
dell’elettrodo intracerebrale sono generati dall’input somatosensoriale viaggiante lungo il lemnisco
mediale, mentre l’onda P14 è un potenziale far-field verosimilmente generato a livello dell’obex
(porzione inferiore del bulbo). Poiché la distanza fra i contatti 0 e 3 dell’elettrodo intracerebrale è
fissa (7.5 mm per il modello Medtronic 3389), abbiamo potuto calcolare la distanza del contatto 0
dall’obex (Δobex) usando l’equazione: Δobex=7.5xΔlatencyP14-PPN0/ΔlatencyPPN0-PPN3.
Conclusione: la nostra metodica neurofisiologica può rappresentare un utile strumento per localizzare la posizione dell’elettrodo intracerebrale durante l’impianto stereotassico del PPN.
249
Congresso Nazionale
EFFECTS OF DISSOCIATIVE ANESTHESIA ON BASAL GANGLIA ACTIVITY IN
PATIENTS UNDERWENT TO DEEP BRAIN STIMULATION
C. Lettieri, S. Rinaldo, G. Pauletto, L. Verriello, R. Budai, S. Biguzzi*, M. Mondani, C. Conti*, L.
Fadiga**, A. Oliynyk**, M. Skrap, R. Eleopra
Dipartimento di Neuroscienze, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S.Maria della Misericordia”,
Udine
* Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale dell’Angelo, Venezia-Mestre
**Fisiologia Umana, Università di Ferrara
Hypo- and hyperkinetic movement disorders have been classically modelled as imbalances in the
suppressive or facilitatory effects of globus pallidus activity, the major output structure of the basal
ganglia “motor” territory.
In past and recent years, several groups have described the neurophysiologic characteristics of
subthalamic nucleus or globus pallidus activity during lesional or functional surgery in awake or
anesthetized patients; results have been compared to those obtained in normal primates given the
impossibility to perform such studies in normal humans. Usual anesthetics (such as propofol and
remifentanyl) modify neuronal activity lowering spontaneous firing rate and altering firing patterns.
To study the effect of anesthesia on basal ganglia spontaneous neuronal activity, regardless of heterogeneity in the type and severity of movement disorder, we have analyzed microelectrode recordings (MER) during STN - or GPi-DBS in 5 patients affected by PD or dystonia who were initially
operated in the awake state and then, because of some hardware or surgical complications, they
underwent surgery during general anesthesia. In according to few previously published reports, we
used a dissociative anesthesia, given the apparent lower effect of ketamine on basal ganglia MER.
Each registration has been analyzed by an off-line spike-sorting software (Automatic FSPS Classifier).
In contrast to data reported in Literature, in our series, basal ganglia firing rate and pattern were
notably altered by dissociative anethetics compared to data obtained under local anesthesia. Further
studies will be necessary to evaluate other anesthetic regimens suitable to functional movement
disorder surgery.
250
MONITORAGGIO
RIABILITAZIONE COGNITIVA MEDIANTE SISTEMA DI TRACCIAMENTO
OCULARE COMPUTERIZZATO IN PAZIENTI CON SINDROME DI LOCKED-IN
INCOMPLETA
A. Estraneo*, P. Moretta*, V. Loreto*, L. Santoro^, L. Trojano°
*Fondazione Salvatore Maugeri, Telese Terme (BN)
^ Dipartimento di Neuroscienze, Università Federico II, Napoli
° Laboratorio di Neuropsicologia, Seconda Università di Napoli, Caserta
Introduzione: La sindrome di Locked-in (SLI), da lesione ventrale pontina, è caratterizzata da
anartria e quadriplegia con coscienza, funzioni cognitive e movimenti oculari verticali preservati. In
questi pazienti la comunicazione è possibile attraverso risposte bimodali (si/no) codificate da movimenti oculari. L’utilizzo di sistemi computerizzati a tracciamento oculare (eye-tracker system) può
ottimizzare tale modalità di comunicazione, ma la presenza di deficit cognitivi può limitare l’abilità
di utilizzo di tali sistemi di comunicazione alternativa in pazienti con lesioni cerebrali addizionali.
Nel presente lavoro sono descritti due casi di SLI incompleta, da lesioni vascolari multiple (caso1)
o traumatiche (caso 2), complicata da ulteriori deficit cognitivi, nei quali un programma riabilitativo personalizzato elaborato mediante un eye-tracker computerizzato, ha consentito un significativo
recupero funzionale.
Caso 1: donna, 57 anni, destrimane, con SLI incompleta, con sola conservazione dei movimenti
oculari verticali ed orizzontali, da multiple lesioni ischemiche a livello della regione ventrale del
ponte e della regione temporo-parietale destra. La valutazione neuropsicologica non formalizzata evidenzia una difficoltà nell’esplorazione visiva dell’emispazio sinistro come da eminegligenza
spaziale unilaterale.
Caso 2: maschio, 27 anni, destrimane, con SLI incompleta, con sola conservazione dei movimenti
oculari verticali ed orizzontali, da lesioni multiple della corteccia e del tronco encefalo traumatiche.
La valutazione neuropsicologica non formalizzata evidenzia un grave deficit mnesico anterogrado.
Materiale e Metodo: prima del trattamento la presenza del deficit di esplorazione visuo-spaziale
(caso 1) e dell’amnesia anterograda (caso 2) impedisce l’utilizzo efficiente del sistema computerizzato a tracciamento oculare (eye-tracker system, MyTobii). Pertanto viene elaborato un programma
riabilitativo specifico per il sistema “eye tracker”, basato su tecniche di scansione visiva (caso 1) o
sul metodo di “apprendimento senza errori” (caso 2).
Per il trattamento e la valutazione finale sono stati somministrati i seguenti compiti in 4 sedute di 40
minuti per settimana, per 2 mesi:
• esercizi di inseguimento di mire visive
• selezione visiva di simboli e di lettere
• esercizi di risposte si/no tramite fissazione su monitor
Risultati: Al termine del trattamento riabilitativo
Caso 1: miglioramento significativo delle capacità di esplorazione dell’emispazio controlesionale
tale da facilitare l’utilizzo dei programmi ai fini comunicativi
Caso 2: il paziente diviene abile nell’utilizzo del sistema “eye-tracker” con minimo aiuto, nonostante la grave amnesia. Tuttavia presenta deficit specifici dei processi di scrittura, con produzione di
errori grafemici con gli stimoli più lunghi
Discussione: La SLI rappresenta una condizione estremamente disabilitante che, in caso di coe251
Congresso Nazionale
sistenza di lesioni encefaliche, può essere aggravata dalla presenza di deficit cognitivi specifici.
Tale sfortunata associazione ostacola la possibilità di utilizzare le tecnologie per la comunicazione
aumentativa, unico strumento di interazione del paziente con l’ambiente circostante. In tali casi è
possibile elaborare specifici programmi riabilitativi, disegnati ad-hoc, per ridurre la disabilità dei
pazienti.
252
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
STIMOLAZIONE
MAGNETICA TRANSCRANICA
II SESSIONE
Moderatori:
S. Rossi (Siena),
F. Valzania (Modena)
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - II SESSIONE
EFFETTI DELLA INTERMITTENT THETA BURST STIMULATION SU FLUSSO
CEREBRALE E RISERVA VASOMOTORIA: STUDIO DI SAFETY
F. Pichiorri, E. Iacovelli, G. Sirimarco, C. Marini Bettolo, M. Gabriele, E. Giacomelli, F. Gilio,
V. Frasca, E. Vicenzini, M.Inghilleri
Policlinico Umberto I Dipartimento Scienze Neurologiche, Roma
Scopo dello studio: La theta burst stimulation (TBS) è una tecnica di stimolazione magnetica ripetitiva che, applicata al livello della corteccia motoria, induce modifiche nell’eccitabilità corticale assimilabili ad effetti di potenziamento e depotenziamento sinaptico (LTP/LTD). Due diversi paradigmi
di TBS sono stati individuati, una forma inibitoria continua (cTBS) ed una forma eccitatoria intermittente (iTBS). Il doppler transcranico (TCD) valuta le velocità di flusso e la riserva vasomotoria
(VMR) in risposta a modificazioni della concentrazione di CO2 indotte da ipo- e iper- ventilazione.
Lo scopo di questo studio è valutare gli effetti della iTBS sul flusso cerebrale e VMR.
Metodi: Durante tutto l’esperimento è stato effettuato un monitoraggio continuo della velocità di
flusso di entrambe le arterie cerebrali medie (MCA). Prima ed immediatamente dopo il condizionamento mediante iTBS è stata testate la VMR in risposta a variazioni di CO2. La iTBS è stata
erogata con un coil a farfalla posizionato in corrispondenza dell’aria motoria primaria sull’hotspot
per il muscolo primo interosseo dorsale (FDI) controlaterale; la stimolazione consisteva in 20 treni
della durata di 2s con un intervallo intertreno di 8s; ciascun treno era costituito da burst di 3 stimoli
alla frequenza di 50Hz ripetuti ogni 5Hz, per un totale di 600 stimoli; l’intensità di stimolazione è
stata fissata all’80% della soglia motoria attiva (AMT). L’ampiezza del potenziale evocato motorio
(MEP) e la soglia motoria a riposo (RMT) sono stati valutate prima e dopo la stimolazione condizionante come indici di eccitabilità corticale.
Risultati: Abbiamo reclutato e testato 7 soggetti sani (M/F: 5/2). Non sono state osservate alterazioni statisticamente significative della velocità di flusso della MCA bilateralmente. È stata osservata
una tendenza all’aumento della VMR dopo la iTBS, non statisticamente significativa. La iTBS ha
indotto un aumento significativo dell’ampiezza dei MEP lasciando invariata la RMT, confermando
precedenti dati di letteratura.
Right MCA MFV (cm/sec) (Stim)
Left MCA MFV (cm/sec)
Rignt VMR
Left VMR
RMT (%)
MEP amplitude (mV)
Pre TMS
58,4 ± 12,7
57,8 ± 13,6
57,1 ± 7,3
57,7 ±8,3
58,2 ±7,7%
1,7 ±1,3
During TMS
58,1 ±12,8
58,9 ± 13,1
Post TMS
57,1 ± 13,4
57,7 ± 12,6
69,4 ± 8,4
70,2 ± 8,6
58,7 ± 9,2
2,5 ± 1,7
p
NS
NS
,071
,083
NS
,007
Conclusioni: Questo studio preliminare suggerisce che la iTBS non influenza la velocità di flusso
cerebrale e non induce modifiche significative nella VMR. Tali risultati sono incoraggianti in prospettiva dell’utilizzo di questa tecnica in pazienti cerebrovascolari a scopo terapeutico.
255
Congresso Nazionale
INIBIZIONE A LUNGO TERMINE DELL’OUTPUT CEREBELLARE
M. Russoa,b,T. Popaa, A. Quartaroneb, S. Meuniera
ER6 Università di Pierre e Marie Curie (Università di Parigi 06), Parigi, Francia
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche e Anestesiologiche, Università di Messina,
Italia
a
b
Obiettivi
Il cervelletto modula l’output della corteccia motoria prevalentemente mediante le connessioni cerebello-talamo-corticali (CTC), che possono essere esplorate, in maniera non invasiva, mediante
diversi paradigmi di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS). È stato dimostrato che la TMS
ripetitiva (rTMS) erogata a livello della corteccia cerebellare è in grado di indurre una inibizione a
lungo termine dell’eccitabilità corticale, anche se il meccanismo di tale effetto é ancora oggetto di
discussione.
Metodi
Nel presente studio abbiamo valutato il time course dell’effetto della rTMS sulla CBI mediante
cinque differenti paradigmi:
1 Hz rTMS sulla corteccia cerebellare destra
continuous theta burst (cTBS) sulla corteccia cerebellare destra
intermittent TBS (iTBS) sulla corteccia cerebellare destra
1 Hz rTMS a livello delle radici cervicali
1 Hz rTMS a livello della corteccia cerebellare sinistra.
L’elettromiografia di superficie è stata registrata dai muscoli primo interosseo dorsale (FDI) e adduttore digiti minimi. L’intensità di stimolo magnetico é stata impostata al 90% della soglia motoria a
riposo della corteccia motoria primaria M1 (RMT M1) per1 Hz rTMS, ed all’ 80% della soglia motoria attiva (AMT M1) per il TBS, entrambe corrette in base alla profondità della corteccia cerebellare.
Risultati
Abbiamo riscontrato una significativa riduzione della CBI a livello della corteccia motoria sinistra
per circa trenta minuti dopo 900 stimoli di 1HzrTMS su entrambi gli emisferi cerebellari, e dopo
600 stimoli di cTBS sulla corteccia cerebellare destra, ma non dopo iTBS o 900 stimoli a 1Hz sulle
radici cervicali. La stimolazione a 1 Hz della corteccia cerebellare sinistra riduce significativamente
laCBI sul muscolo FDI di destra per soli dieci minuti. L’ampiezza del potenziale evocato motorio
non subisce significative modificazioni di ampiezza.
Conclusioni
I dati del presente studio dimostrano l’effetto inibitorio della rTMS sulla via dentato-talamo-corticale e suggeriscono l’applicazione di entrambe le tecniche di stimolazione (1 Hz rTMS e cTBS) per
ottenere un’inibizione dell’output cerebellare sulla corteccia motoria.
256
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - II SESSIONE
L’INCREMENTO PATOLOGICO DELLA FACILITAZIONE INTRACORICALE
NEI PAZIENTI CON DISTONIA CERVICALE È RIDOTTO DALL’INIBIZIONE
ESTEROCETTIVA
H. Tesfaghebriel, R. Guerriero, P.I. Urban, O. Vimercati, P.A. Elia, C. Butera, S. Amadio, G. Comi,
U. Del Carro
Dipartimento di Neurologia, Neurofisiologia e Neuroriabilitazione – INSPE Università Vita-Salute
Istituto San Raffaele - Milano
Obiettivi: valutare se: 1) la stimolazione transcranica con stimoli appaiati (ppTMS) possa individuare alterazioni dell’eccitabilità corticale nei pazienti con distonia cervicale 2) alterazioni della
stessa eccitabilità corticale possano essere dimostrati come conseguenza dei cosiddetti “trucchi sensitivi” (in genere, toccare il mento con la mano allo scopo di ridurre transitoriamente lo spasmo).
Metodi: il rapporto d’ampiezza del potenziale evocato motorio corticale, condizionato e non condizionato, è stato misurato a diversi intervalli interstimolo (ISI 1, 3, 15 e 20 ms) allo scopo di valutare sia l’inibizione, sia la facilitazione intracorticale (ICI e ICF rispettivamente) in 5 pazienti con
distonia cervicale (CD), confrontati con 7 soggetti normali. Le stesse variabili sono state misurate
comparativamente non appena il paziente metteva in atto il trucco sensitive.
Risultati: non sono stati osservati significative modificazioni della ICI tra pazienti e controlli, mentre è stato riscontrato un incremento statisticamente significativo della ICF sia a 15, sia a 20 di
intervallo interstimolo rispetto ai controlli. Mentre il paziente metteva in atto il “trucco sensitivo”,
la facilitazione patologica della ICF risultava ridotta in maniera significativa, mentre la ICI non
risultava influenzata.
Conclusioni: questo studio dimostra che il controllo facilitatorio sull’output motorio corticale è
amplificato in maniera anomala nei pazienti con CD, in accordo con il cosiddetto “overflow” del
movimento volontario osservabile clinicamente nella distonia. Sulla base di questi risultati, si può
concludere che il trucco sensitivo è in grado di inibire la distonia tramite l’inibizione della ICF, attraverso un controllo afferente esterocettivo sull’eccitabilità corticale.
257
Congresso Nazionale
ALTERATA INIBIZIONE LATERALE IN PAZIENTI AFFETTI DA DISTONIA FOCALE
C. Terranova, V. Rizzo, L. Ricciardi, G. Liotta, F. Morgante, P. Girlanda, C. Messina, A. Quartarone
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Psichiatriche ed Anestesiologiche, Università di Messina,
Italia
Obiettivo: In pazienti con distonia focale della mano ed in soggetti sani di controllo abbiamo valutato se le informazioni sensoriali vengano processate ed integrate durante i fenomeni di plasticità
sensori-motoria, attraverso il meccanismo di inibizione laterale (IL). L’IL è un sistema operativo
della corteccia motoria necessario per l’esecuzione selettiva dei movimenti desiderati.
Metodi: Abbiamo valutato l’aumento di ampiezza del potenziale evocato motorio (MEP), utilizzando la Stimolazione Magnetica Transcranica, dopo un protocollo di stimolazione accoppiata ripetitiva
a 5 Hz (rPAS). Il protocollo di stimolazione rPAS era costituito da uno stimolo magnetico erogato
in corteccia motoria preceduto da uno stimolo elettrico al polso. Otto pazienti con distonia focale
ed otto soggetti di controllo partecipavano a tre diverse sessioni di rPAS: una con stimolazione del
nervo mediano (rPAS M), una con stimolazione del nervo ulnare (rPAS U) ed una con stimolazione
simultanea dei nervi mediano-ulnare (rPAS MU).
Risultati: Il protocollo rPAS induce un aumento più marcato dell’ampiezza del MEP nei pazienti
con distonia focale della mano rispetto ai soggetti di controllo, associato ad una perdita di inputspecificità. Tale facilitazione nei soggetti distonici risulta, inoltre, maggiore dopo la stimolazione
rPAS MU.
Conclusioni: Il nostro studio suggerisce che nei pazienti distonici l’IL è alterata durante la plasticità
sensori-motoria. Tale anomalia potrebbe contribuire alla formazione di una memoria motoria ridondante, responsabile delle manifestazioni cliniche della distonia.
258
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - II SESSIONE
PLASTICITÀ CORTICALE PRECOCE E TARDIVA IN PAZIENTI RRSM A SEGUITO
DI RICADUTA MOTORIA. STUDIO TMS
L. Straffi, R. Chieffo, E. Coppi, F. Spagnolo, J.J. Gonzalez-Rosa, A. Inuggi, G. Comi, L. Leocani
Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan (Milan, IT)
Scopo: Valutare le modificazioni precoci e tardive della rappresentazione motoria corticale in pazienti affetti da Sclerosi Multipla RR a seguito di ricaduta motoria localizzata ad un arto superiore.
Metodi: Sono stati inclusi 8 SMRR colpiti per la prima volta da ricaduta motoria di un arto superiore
e 12 volontari sani simili per età e sesso. I pazienti sono stati esaminati entro 10 giorni dalla ricaduta
e dopo circa 60 giorni. È stata mappata la rappresentazione corticale dei potenziali evocati motori
(PEM) di 3 muscoli dell’arto superiore (APB abduttore breve del pollice, ADM abduttore digiti mini
e ECR estensore radiale del carpo) mediante TMS. Abbiamo considerato come Area il numero di siti
responsivi e Volume come il rapporto tra le Ampiezze PEM nei siti di risposta e Area. La agilità manuale è stata testata con NineHolePegTest (NHPT). Infine è stata registrata la presenza di movimenti
mirror (MM) durante contrazione volontaria mediante EMG.
Risultati: A seguito della ricaduta motoria il lato leso presentava una soglia maggiore, una Area e un
Volume ridotti e una minor velocità nel NHPT rispetto al lato sano nei pazienti (p<0.05) e rispetto ai
controlli (p<0.05). Per gli stessi parametri non abbiamo trovato differenze significative tra il lato non
affetto e i controlli. MRC del lato deficitario correlava inversamente con la soglia motoria dell’emisfero affetto (p<0.05), ma non con quello non affetto. MM erano maggiormente presenti durante
il movimento della mano deficitaria rispetto alla mano non affetta sia nei pazienti che nei controlli
(p<0.05). Al follow-up MRC e NHPT della mano deficitaria erano migliorati (p<0.05). Il Volume del
lato non affetto presentava una riduzione rispetto al basale (p<0.05). Il Volume del lato non affetto
durante il primo esame, ma non il lato affetto, correlava direttamente con il NHPT della mano affetta
nel follow-up (r=0.83, p<0.05; Pearson Correlation) e inversamente con MRC della stessa mano nel
follow-up (r=-0.7, p<0.05; Pearson Correlation).
Conclusioni: La modificazione dell’eccitabilità dell’emisfero non affetto in corso di ricaduta potrebbe indicare un fattore prognostico del recupero della funzionalità della mano deficitaria.
259
Congresso Nazionale
STIMOLAZIONE DELLA CORTECCIA MOTORIA NELLA SCLEROSI LATERALE
AMIOTROFICA: STUDIO RANDOMIZZATO IN DOPPIO CIECO VERSO PLACEBO
F. Ranieri, M. Dileone, F. Pilato, P. Profice, G. Musumeci, L. Florio, E. Beghi, G. Frisullo,
F. Capone, M. Sabatelli, P.A. Tonali, V. Di Lazzaro
Università Cattolica Sacro Cuore Policlinico A. Gemelli Dipartimento di Neurologia, Roma
SCOPO. Dati preliminari [1,2] suggeriscono che la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva
(rTMS) della corteccia motoria potrebbe determinare un rallentamento della velocità di progressione
della sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Lo studio attuale è stato condotto per verificare se la rTMS,
somministrata secondo il protocollo di stimolazione theta-burst continua (cTBS) e ripetuta ogni
mese per un anno, modifichi la progressione della SLA.
METODI. È stato condotto uno studio in doppio cieco verso placebo: 20 pazienti affetti da SLA sono
stati assegnati in maniera casuale alla stimolazione reale o placebo. La cTBS della corteccia motoria
è stata eseguita per 5 giorni consecutivi ogni mese per 12 mesi. La misura primaria di outcome è
stata la velocità di progressione della malattia, valutata mediante il punteggio ALSFRS-R (Revised
ALS Functional Rating Scale).
RISULTATI. Non è stata osservata una differenza significativa nella variazione del punteggio ALSFRS-R tra pazienti trattati con stimolazione reale o placebo: il punteggio medio ALSFRS-R si è
ridotto da 32.0 ± 7.1 all’inizio dello studio a 23.1 ± 6.3 a 12 mesi nei pazienti trattati con cTBS reale
e da 31.3 ± 6.9 a 21.2 ± 6.0 nei pazienti trattati con stimolazione placebo. Il trattamento è stato ben
tollerato.
CONCLUSIONI. Sebbene la cTBS sia risultata una procedura sicura, sulla base dei dati attuali non
sembra essere giustificato un trial randomizzato più ampio con tale metodica di stimolazione su
pazienti affetti da SLA, almeno in uno stadio relativamente avanzato di malattia.
BIBLIOGRAFIA:
[1] Di Lazzaro e coll. Clinical Neurophysiology 115(2004):1479-1485.
[2] Di Lazzaro e coll. Neuroscience Letters 408(2006):135-140.
260
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - II SESSIONE
LA PLASTICITÀ DELLA CORTECCIA SENSORI-MOTORIA È NORMALE NELLA
CRPS I
A. Naro, F. Morgante, M. Russo, C. Terranova, V. Rizzo, G. Risitano, P. Girlanda, A. Quartarone
AOU Policlinico G. Martino Dipartimento di Neuropatologia, Messina
Background: La Sindrome Dolorosa Regionale Complessa (CRPS) di tipo I è una sindrome algica,
secondaria ad un evento traumatico spesso di lieve entità, caratterizzata da intenso dolore o iperalgesia/allodinia associati a turbe trofiche, vasomotorie o edema con sviluppo di disordini del movimento come la distonia fissa. Vari autori hanno proposto che la distonia nella CRPS I ha un’origine
psicogena ma non vi sono dati elettrofisiologici a supporto di tale ipotesi.
Obiettivo: Dimostrare che i pazienti con CRPS di tipo I, che hanno sviluppato una postura fissa
della mano, non presentano anomalie della plasticità della corteccia motoria, che è la caratteristica
neurofisiologica della distonia organica.
Metodi: Abbiamo arruolato 10 pazienti affetti da CRPS di tipo I secondo i criteri IASP (1 uomo,
9 donne, età = 55.59.3 anni, durata di malattia = 1.10.6 anni) comparandoli con 10 soggetti sani di
controllo (1 uomo, 9 donne, età = 49.84.5 anni). L’arto affetto dalla CRPS I era la mano destra e
tutti i pazienti avevano anche sviluppato una postura fissa. Abbiamo valutato con la Stimolazione
Magnetica Transcranica nell’arto affetto e non affetto: inibizione (ICI) e facilitazione (ICF) intracorticale e integrazione sensori-motoria tramite l’inibizione afferente a breve (SAI) e lunga (LAI)
latenza. La plasticità sinaptica è stata testata con il protocollo di stimolazione associativa (PAS)
nell’arto affetto, registrando dai muscoli abduttore breve del pollice (APB) e dal I interosseo dorsale
della mano (FDI), per lo studio della specificità topografica.
Risultati: Lo studio della plasticità sinaptica non ha mostrato differenze fra pazienti e controlli sani.
ICI e LAI erano significativamente ridotte nell’arto affetto dei pazienti con CRPS I in confronto
all’arto non affetto e all’arto dominante dei controlli.
Conclusioni: I pazienti con CRPS I e una postura fissa della mano hanno una normale plasticità
della corteccia motoria, così come abbiamo riportato recentemente nei pazienti con distonia psicogena. Analogamente ai pazienti con distonia psicogena, il ridotto tono inibitorio della corteccia
motoria controlaterale all’arto affetto dalla CRPS I è probabilmente correlato al mantenimento di
una postura fissa. Infine, la riduzione dell’inibizione afferente a lunga latenza potrebbe essere determinata, a livello centrale, da un continuo stimolo nocicettivo in grado di modificare le interazioni
sensori-motorie.
261
Congresso Nazionale
CONFRONTO TRA TMS A SINGOLO E DOPPIO STIMOLO NELLA VALUTAZIONE DI
PAZIENTI AFFETTI DA LESIONI MIDOLLARI TRAUMATICHE
G. Isoardo*¶, I. Rosso±, E. Chesi±, A. Palmitessa*, G. Faccani¶, M.V. Actis±
SSCVD Neurofisiologia,¶SC Neurochirurgia, ±Unità spinale unipolare, AO CTO-Maria Adelaide,
Torino
*
BACKGROUND
La stimolazione magnetica transcranica (TMS) può esser di ausilio nella definizione del grado di
danno della via corticospinale in pazienti affetti da lesione midollare traumatica. In questo studio
sono confrontate le frequenze di elicitabilita’ dei potenziale evocati motori (MEP) mediante la tecnica convenzionale a singolo stimolo e quella a doppio stimolo con ISI 30 ms.
MATERIALI E METODI
Sono stati inclusi 9 pazienti (M/F: 5/4, età media 61.3 anni), affetti da esiti di lesioni midollari incomplete (7 traumatiche, 2 ischemiche). Il livello ASIA era C in 6 e D in 3. Il livello neurologico era
C5 in 2, C6 in 2, L1 in 2 e C8, D11 e D12 rispettivamente nei restanti.
La TMS a singolo stimolo (sTMS) e doppio stimolo (dTMS) è stata eseguita mediante stimolatore
MAGPRO, con stimolazione 2 cm anteriormente al vertice e coil circolare (11 cm diametro). I MEP
sono stati registrati dai muscoli estensore breve delle dita, tibiale anteriore e vasto mediale bilat.
La stimolazione è stata eseguita ad un’intensità pari al 120% della soglia a riposo nell’estensore
breve delle dita o nel tibiale anteriore od all’intensità’ massima erogata dallo stimolatore quando
necessario.
RISULTATI
Con sTMS sono stati ottenuti MEP in 28/48 muscoli, mentre con la dTMS in 34/48. Tutti i muscoli
nei quali era assente MEP dopo dTMS avevano un grading MRC 0-1. Cinque nei quali era elicitabile
un MEP don dTMS avevavo grading MRC 0-1 ed in essi sTMS non elicitava MEP.
CONCLUSIONI
L’uso della dTMS con ISI 30 ms sembra superiore rispetto alla sTMS nel rilevare MEP in pazienti
con lesioni midollari incomplete particolarmente in muscoli con grading MRC ridotto.
La correlazione con i dati ASIA e con la progressione dei pazienti verrà presentata.
262
STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA - II SESSIONE
CORRELAZIONI TRA VARIABILI CLINICHE E STIMOLAZIONE MAGNETICA
TRANSCRANICA NELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
C. Civardi, A. Collini, L. Mazzini, L. Testa, G. Oggioni, R. Cantello, F. Monaco
Clinica Neurologica. Azienda Ospedaliera Universitaria “Maggiore della Carità” Novara
Introduzione. La stimolazione magnetica transcranica (TMS) rappresenta uno strumento utile per
studiare il precoce coinvolgimento del primo neurone di moto e le variazioni dell’eccitabilità corticale. Abbiamo valutato l’impatto diagnostico della TMS nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Pazienti e Metodi. 55 pazienti affetti da SLA (33 maschi; età media 56 aa + 13) 41 forme ad esordio
spinale di cui: 22 forme clinicamente definite, 28 probabili e 5 possibili. La TMS è stata effettuata
usando una sonda circolare al vertice. I potenziali evocati motori (PEM) sono stati registrati bilateralmente dai muscoli: Trapezio, primo interosseo dorsale (FDI) e tibiale anteriore (TA). Abbiamo
determinato in ogni distretto la soglia a riposo (rT) ed il tempo di conduzione motorio centrale
(CMCT). Il gruppo di controllo era costituito da 38 soggetti normali omogenei per sesso ed età.
Risultati. Nei pazienti la rT era aumentata (p<0,05) anche nelle fasi precoci della malattia, mentre era simile ai controlli quando esisteva solo il coinvolgimento clinico del primo motoneurone
(UMN). La soglia presentava un incremento annuo del 26% (p<0,0001). Anche il CMCT risultava
nell’intero gruppo di malati nettamente allungato (p < 0.0001) con un incremento annuo del 32%
(p<0,001); l’allungamento del CMCT era più frequente per il m Trapezio che risultava allungato
anche in assenza di segni clinici di coinvolgimento del UMN (70% dei casi) e in modo significativamente maggiore per le forme bulbari (p<0.05). Considerando i dati forniti dalla TMS di coinvolgimento del UMN abbiamo migliorato l’evidenza diagnostica che nel 30% delle forme probabili
passava a definite e nel 60% delle possibili passava a probabili.
Conclusioni. Nella nostra esperienza la TMS rappresenta uno strumento indispensabile nella valutazione del paziente affetto da SLA in grado di evidenziare anche in fase precoce, soprattutto con lo
studio del m trapezio, il coinvolgimento del UMN migliorando inoltre l’evidenza diagnostica della
malattia.
263
Congresso Nazionale
MODIFICAZIONI PRECOCI E TARDIVE DELL’ECCITABILITÀ CORTICALE E
DELL’INIBIZIONE INTEREMISFERICA DOPO ICTUS CORTICALE E LACUNARE:
STUDIO DI STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA
R. Chieffo, L. Straffi, A. Poggi, E. Coppi, F. Spagnolo, A. Inuggi, M. Comola, G. Comi, L. Leocani
Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan
Obiettivi: il fine del nostro studio è stato quello di valutare, tramite TMS, le modificazioni precoci e
tardive dell’eccitabilità corticale e dell’inibizione interemisferica prodotte da una lesione ischemica
acuta corticale o sottocorticale.
Metodi: sono stati valutati clinicamente e neurofisiologicamente 13 pazienti a 7+/-3 giorni (T1) e
30+/-10 giorni (T2) dopo primo ictus ischemico moderato (NIHSS<5) acuto (6 corticali-CS, 7 lacunari-LS) e sono stati confrontati con 11 controlli sani di pari età e sesso. È stata mappata la rappresentazione corticale dei potenziali evocati motori (PEM) di 3 muscoli dell’arto superiore utilizzanto
la TMS focale (ad intesità superiore 15% rispetto la soglia motoria-MT). È stato inoltre valutato il
periodo silente ipsilaterale (iSP) del muscolo abductor pollicis brevis (APB) e la presenza di movimenti mirror durante contrazione volontaria isometrica per mezzo di registrazione elettromiografica
Risultati: la clinica e la performance motoria del lato paretico non differivano significativamente tra
i due gruppi a T1 e T2. Entrambi e gruppi hanno mostrato un recupero clinico dopo un mese (NIHSS
p<0.038; Wilcoxon). La MT era ridotta sull’emisfero sano nei pazienti CS rispetto ai LS ed ai controlli (p<0.015; Mann-Whitney) sia a T1 che a T2 ed il numero di siti attivi (RS) era incrementato
solo al T1 (vs controlli p=0.027; vs LS p=0.062). Non sono state evidenziate differenze nell’ampiezza massima dei PEM (MA) tra i gruppi. Per quanto riguarda l’emisfero leso, si è evidenziato un
incremento della MT (p=0.016) e una riduzione della MA (p=0.035) nei LS vs CS e controlli a T1.
Un incremento nella tendenza ad eseguire movimenti mirror (MM) durante movimento dell’arto paretico è stata osservata per entrambi i gruppi rispetto ai controlli al T1 (p<0.04) ma solo nel gruppo
dei LS si sono ridotti significativamente al T2. Un ritardo significativo dell’iSP durante movimento
massimale del muscolo APB sano è stato osservato nei pazienti CS rispetto ai LS ed ai controlli sia
a T1 che a T2 (p<0.05).
Conclusioni: i nostri dati di riduzione della soglia motoria ed aumento del numero di siti attivi, sono
indicativi di un aumento dell’eccitabilità corticale dell’emisfero sano dopo ictus ischemico corticale,
che persiste dopo un mese dall’evento ischemico acuto. Tale fenomeno potrebbe essere correlato ad
un danno delle vie inibitorie trans-callose, come evidenziato dal ritardo dell’iSP durante attivazione
volontaria massimale del lato sano. Quest’ultimo dato potrebbe inoltre spiegare la persistenza dei
movimenti mirror nei pazienti affetti da ictus ischemico corticale.
264
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
ELETTROENCEFALOGRAFIA
Moderatori:
M.G. Marciani (Roma),
G. Zaccara (Firenze)
Congresso Nazionale
266
ELETTROENCEFALOGRAFIA
PES “GIGANTI” NELLO STATO MIOCLONICO POST-ANOSSICO: UN REPERTO
INUSUALE
D. Battista, E. Del Sordo, C. Cardinali, A. Ragazzoni
U.O. Neurologia, Azienda Sanitaria di Firenze
Lo stato mioclonico costituisce una grave sequela dell’arresto cardiaco ed ha connotazione prognostica infausta: l’evoluzione è inesorabilmente verso il decesso o lo stato vegetativo.
L’EEG mostra quadri diversi di attività parossistica ed i potenziali evocati somestesici (PES) risultano quasi sempre gravemente alterati: assenza delle risposte d’origine corticale (N20, P25, N30) a
fronte di risposte normali a livello del punto di Erb (N9) e del rachide cervicale (N13) (Ragazzoni
et al, 2006).
Scopo: descrivere gli inusuali rilievi neurofisiologici in una paziente in coma post-anossico con
stato mioclonico generalizzato, persistente per alcuni giorni.
Caso clinico : paziente di anni 85, in coma a seguito di arresto cardiaco, con vivaci mioclonìe al
volto ed ai quattro arti, simmetriche, ad andamento ritmico (0.5 c/sec). L’ EEG presentava attività
parossistica su entrambi gli emisferi. I PES mostravano, nelle registrazioni effettuate in giorni successivi, un abnorme aumento d’ampiezza (voltaggio compreso fra 9 e 15 uV: PES “giganti”) delle
componenti a genesi corticale (in particolare P25 ed N30). Normali erano invece le ampiezze delle
componenti N9 ed N13. Normali pure i valori di latenza (assoluti ed interpicchi) di tutte le componenti.
La Pz giungeva all’exitus 5 giorni dopo l’arresto cardiaco.
Conclusioni: questa osservazione, mentre ribadisce l’assenza di valore prognostico positivo per i
PES nel coma post-anossico, segnala la possibilità di una sostanziale integrità funzionale della corteccia (somatosensitiva) cerebrale in questo tipo di coma. Il reperto è inusuale ed offre lo spunto per
una discussione sulla fisiopatologìa dello stato mioclonico post-anossico.
BIBLIOGRAFIA
1. Ragazzoni A, Cincotta M, Chiaramonti R, Toscani L, Borgheresi A, Zaccara G. “Myoclonic
status epilepticus in postanoxic coma: a neurophysiological study.
2. Clin Neurophysiol, 2006; 117,: S87
267
Congresso Nazionale
STIMOLAZIONE ELETTRICA ED ECCITABILITÀ CORTICALE: UN’INDAGINE
ELETTROENCEFALOGRAFICA
D. Brignani1, M. C. Pellicciari1, C. Miniussi1,2
1
2
Sezione di Neuroscienze Cognitive IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia
Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologie, Università di Brescia
La stimolazione elettrica transcranica a corrente continua (tDCS) è una metodica in grado di modulare
l’eccitabilità corticale in maniera non invasiva mediante l’applicazione di deboli correnti elettriche
sullo scalpo. Essa determina una depolarizzazione o un’iperpolarizzazione del potenziale di membrana
a riposo del tessuto cerebrale sottostante, a seconda della polarità utilizzata. In generale la stimolazione
anodica aumenta l’eccitabilità, mentre la stimolazione catodica induce un decremento della stessa. Recentemente l’interesse per la tDCS è cresciuto notevolmente, poiché si è dimostrata capace di indurre
effetti di lunga durata potenzialmente utili per il trattamento dei disturbi neurologici che implicano
un’alterazione dell’eccitabilità neuronale. Tuttavia, nonostante il grande impatto positivo che questa
applicazione potrebbe avere nella clinica, ad oggi la maggior parte degli studi ha usato solo misure
comportamentali o periferiche per testare gli effetti della tDCS nell’uomo. Rimangono ancora da chiarire molti quesiti relativi ai suoi meccanismi d’azione, incluso il modo in cui la corrente si diffonde
sulla corteccia. Nonostante la tDCS induca direttamente un flusso di corrente intracerebrale, pochi
studi hanno indagato l’attività elettroencefalografica (EEG) durante la sua applicazione.
Nel presente progetto abbiamo indagato i cambiamenti indotti dalla tDCS sull’attività EEG durante
l’applicazione di un protocollo standard già dimostrato essere efficace nella modulazione dell’eccitabilità corticale. Poiché l’EEG riflette l’eccitabilità di popolazioni neuronali, le aspettative erano che esso
potesse fornire una misura centrale degli effetti indotti dalla tDCS sull’attività corticale.
Due sessioni di stimolazione elettrica, rispettivamente anodica e catodica, (intensità: 1 mA; superficie
degli elettrodi: 25 cm2; durata: 13 minuti) sono state applicate a 16 soggetti sani sulla corteccia motoria
rappresentativa del primo interosseo dorsale della mano destra, identificata mediante l’uso della stimolazione magnetica transcranica.
I potenziali evocati motori sono stati valutati prima e dopo la tDCS, al fine di confermare nel presente
esperimento l’efficacia del protocollo di stimolazione sugli indici periferici. In linea con le aspettative,
l’eccitabilità motoria corticale è risultata aumentata dopo la tDCS anodica e diminuita dopo la tDCS
catodica.
L’attività EEG a riposo è stata registrata prima, durante e dopo l’applicazione della tDCS da 10 elettrodi corticali. Il valore spettrale di tutte le frequenze comprese nel range fra 2 e 45 Hz è stato calcolato e
sottoposto ad analisi statistica per valutare i cambiamenti nelle frequenze corticali pre- durante e posttDCS anodica e catodica. I risultati hanno dimostrato che effettivamente la tDCS induce modulazioni
nell’attività EEG. Durante l’applicazione della tDCS, infatti, è emerso un incremento generale della
potenza di tutte le frequenze, circoscritto all’area stimolata. Dopo la tDCS, una modulazione spettrale
persisteva soprattutto in seguito alla stimolazione anodica, rispetto a quella catodica.
Questo studio fornisce per la prima volta evidenze sui cambiamenti indotti dalla tDCS direttamente
sull’attività cerebrale dell’intero cervello, segnando una nuova tappa verso la comprensione dei meccanismi sottostanti i fenomeni di plasticità corticale. Il raggiungimento di tale obiettivo potrebbe aprire
la strada a nuove applicazioni cliniche nel campo della neuro-riabilitazione, considerando che spesso
gli interventi terapeutici e riabilitativi sono mirati a ribilanciare l’eccitabilità dei circuiti corticali.
268
ELETTROENCEFALOGRAFIA
CIRCUITI DI CONNESSIONE CORTICALI STUDIATI TRAMITE CO-REGISTRAZIONE
TMS/EEG: EVIDENZE DALLA STIMOLAZIONE DELLA CORTECCIA PARIETOOCCIPITALE
P. Busan1, A. Della Mora2, G. Pizzolato1, P. P. Battaglini2, F. Monti1
Dipartimento di Scienze Mediche, Tecnologiche e Traslazionali, Università degli Studi di Trieste
B.R.A.I.N. Centro per le Neuroscienze, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi
di Trieste
1
2
SCOPO DELLO STUDIO: La comprensione delle connessioni cerebrali è un argomento fondamentale nelle moderne neuroscienze. In tal senso, una serie di differenti approcci sperimentali permettono di studiare tali reti di connessioni. Per esempio, la co-registrazione dell’attività elettroencefalografica (EEG) durante la somministrazione di Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS)
è una delle più promettenti metodologie di ricerca. Nel presente studio, abbiamo voluto indagare il
modello di connessioni che si diffondono dalla corteccia parieto-occipitale di sinistra. Infatti, tale
regione della corteccia è una delle più densamente interconnesse con il resto del cervello ed è anche
una delle aree più coinvolte in compiti cognitivi quali la trasformazione di coordinate visuo-motorie
e l’elaborazione di informazioni visuo-spaziali.
MATERIALI E METODI: lo studio è stato condotto su 11 soggetti adulti sani (6 maschi e 5 femmine, di età compresa tra i 20 ed i 29 anni, età media 23.5 anni, deviazione standard 2.8), tutti destrimani. Questi soggetti sono stati sottoposti a registrazione EEG (32 canali) durante la somministrazione
di singoli impulsi magnetici nella corteccia parieto-occipitale di sinistra (3 blocchi da 65 impulsi), a
riposo e con gli occhi chiusi. La stimolazione magnetica causava un artefatto sulle tracce registrate
di circa 10 ms. Gli stessi soggetti sono stati sottoposti anche ad una stimolazione placebo (3 blocchi da 65 impulsi) in maniera randomizzata e controbilanciata. Le registrazioni ottenute sono state
comparate tramite analisi della sorgente per individuare i generatori dell’attività elettrica registrata
durante un intervallo di tempo compreso tra 11 e 250 ms dopo la stimolazione.
RISULTATI: I risultati indicano un’attivazione precoce delle aree frontali dopo 14 e 22-23 ms dallo
stimolo magnetico, seguita da una simultanea attivazione delle aree parietali e premotorie sinistre a
25-26 ms. Successivamente, è stato possibile evidenziare una sorgente nel lobulo parietale inferiore
di sinistra attorno a 40 ms dalla TMS. L’attività indotta si è poi spostata nuovamente verso le regioni
frontali e premotorie, bilateralmente, in un intervallo di tempo compreso tra i 53 e i 59 ms. Nuovamente, la diffusione dell’attivazione è poi ritornata verso le aree parietali inferiori di sinistra attorno
a 105 ms, e verso le aree premotorie e frontali bilaterali attorno ai 125 ms. Le attivazioni tardive
mostrarono un’attivazione occipitale destra attorno a 135 ms dallo stimolo, seguite da un’attivazione
frontale destra e dall’attivazione bilaterale dell’insula in una finestra temporale compresa tra 155
e 189 ms. Infine, le attivazioni si esauriscono nel lobo parietale sinistro 200 ms e 228 ms dopo la
somministrazione dello stimolo.
CONCLUSIONI: I nostri risultati suggeriscono l’esistenza di un articolato e complesso sistema di
connessioni elicitate dalla stimolazione parieto-occipitale sinistra, con una serie di attivazioni che
diffondono in maniera ripetuta soprattutto verso aree premotorie e parietali sinistre. Il presente studio conferma perciò l’esistenza di forti connessioni tra le aree posteriori e frontali del cervello, con
l’ulteriore evidenza che tali connessioni non vanno solamente in direzione postero-anteriore, ma
anche in direzione antero-posteriore.
269
Congresso Nazionale
PATTERN SPAZIO-TEMPORALE DI ATTIVAZIONE CORTICALE DURANTE TEST DI
STROOP: INTEGRAZIONE EEG-fMRI
J.J. Gonzalez-Rosa, G. Riccitelli, A. Inuggi, M.A. Rocca, M. Filippi, G. Comi, L. Leocani
Experimental Neurology Institute, IRCCS San Raffaele, Milan, Italy
Razionale
Pochi studi hanno utilizzato le due principali tecniche di mappaggio cerebrale, l’elettroencefalogramma (EEG) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per esaminare il pattern spazio-temporale di attivazione corticale correlato ai processi che si verificano durante i classici compiti cognitivi.
Obiettivi
Scopo di questo studio è applicare fMRI e potenziali evento-correlati (ERPs) per sviluppare una
strategia multimodale che combini i rispettivi vantaggi in modo complementare, ottenendo una descrizione con alta risoluzione spazio-temporale dei processi neurali corticali durante test Stroop.
Metodi
Abbiamo applicato fMRI e ERP in sessioni separate con identici tempi di esecuzione nelle quali 21
soggetti sani hanno svolto il test di Stroop in tre condizioni sperimentali (stimolo congruo, incongruo e neutro). I dati fMRI sono stati analizzati mediante software classici di analisi per individuare
variazioni di segnale BOLD nelle regioni di interesse specifiche per le diverse condizioni. Successivamente, i dati EEG sono stati analizzati identificando prima le classiche componenti ERP e quindi
ricostruendo il loro pattern spazio-temporale tramite il metodo Cortical Current Density (CCD)
usando le mappe di attivazione derivate dall’analisi della fMRI come base del processo di ricostruzione delle sorgenti di segnale.
Risultati
Le aree anatomiche e le coordinate Talairach delle regioni corticali che mostravano attivazioni significative in una delle tre condizioni sono state identificate. La ricostruzione CCD ha permesso di
stimare l’origine temporale con una risoluzione temporale nell’ordine dei millisecondi. Abbiamo
ottenuto con le classiche componenti ERP e le aree fMRI di attivazione comunemente osservate
negli studi al test Stroop, con un pattern temporale neuroanatomico coinvolgente specifiche reti
neurali frontali.
Conclusioni
I nostri dati supportano l’idea che: 1) un approccio che combina fMRI e EEG per lo studio di compiti
cognitivi è in grado di migliorare le nostre conoscenze sugli aspetti spazio-temporali dell’attivazione
di differenti regioni corticali; 2) il metodo proposto fornisce un affidabile sistema per l’integrazione
di EEG e fMRI e potrebbe essere di estrema utilità nell’avanzamento degli studi cognitivi nelle
malattie neurologiche.
270
ELETTROENCEFALOGRAFIA
MOVIMENTO SEMPLICE UNILATERALE NELLA SLA, PATTERN DI
RIORGANIZZAZIONE CORTICALE CENTRALE DURANTE LA PREPARAZIONE E
DI COINVOLGIMENTO PREFRONTALE DURANTE LA TERMINAZIONE
A. Inuggi, R. Nilo, J.J. González-Rosa, R. Fazio, F. Cerri, U. Del Carro, G. Comi, L. Leocani
Dep.t di Neurofisiologia Clinica, Neurologia, Neuro-riabilitazione, Istituto di Neurologia Sperimentale, IRCCS San Raffaele, Milano
Background:
La SLA é la malattia del motoneurone piú grave e frequente, coinvolge principalmente sia il primo
che il secondo motoneurone, ma anche la sostanza grigia e bianca di aree non motorie. Precedenti
studi di neuroimaging hanno mostrato un pattern di riorganizzazione corticale caratterizzato da un
reclutamento di regioni premotorie e motorie ipsilaterali e di attività alterata nella corteccia primaria
motoria contro laterale.
Metodi:
Nel presente studio, 34 pazienti SLA e 9 controlli di pari età sono stati registrati attraverso l’EEG durante l’esecuzione di un movimento semplice auto determinato. Ai soggetti è stato chiesto di eseguire tale movimento il piu velocemente possibile e la loro performance è stata quantificata calcolando
il tempo per raggiungere il picco elettromiografico e quello per silenziarlo. I generatori corticali del
segnale EEG sono stati ricostruiti attraverso un modello a sorgenti distribuite (cortical current density analysis) calcolando l’attività media di diverse aree corticali durante la preparazione, esecuzione
e terminazione del movimento. Inoltre, il rapporto MEP/cMAP ed il tempo di conduzione centrale
sono stati calcolati tramite stimolazione magnetica transcranica.
Risultati:
Tutti i pazienti SLA hanno mostrato velocità simili nell’iniziare il movimento mentre un loro sottogruppo (che chiameremo SLOW) sono risultati significativamente piu lenti a terminarlo. Nessuna
differenza nelle scale cliniche o nei risultati TMS è stata osservata tra i due sottogruppi. Tutti i pazienti SLA, durante la preparazione del movimento, hanno reclutato sorgenti nella corteccia motoria
primaria ipsilaterale e, bilateralmente, in quelle premotorie dorsolaterali, mentre solo il gruppo dei
pazienti SLOW ha mostrato una riduzione dell’indice di lateralità della aree motorie, premotorie e
prefrontali dorsolaterali durante la terminazione del movimento. Inoltre, l’indice di lateralità di tali
aree prefrontali è risultato negativamente correlato con il tempo di terminazione del movimento.
L’indice di reclutamento di sorgenti nella corteccia premotoria ipsilaterale è risultato negativamente
correlato, durante l’esecuzione del movimento, con il suo tempo di iniziazione.
Conclusioni:
Questi pattern di attivazione, gia incontrati in precedenti studi di neuroimaging, e le relative correlazioni, nelle diverse fasi del movimento, con la performance motoria suggeriscono che tale riorganizzazione corticale possa almeno in parte compensare la perdita di motoneuroni che avviene nelle aree
motorie primarie. Inoltre supporta la possibilità che alterazioni prefrontali, in pazienti SLA privi di
deficit cognitivi, possano influire sull’esecuzione di movimenti semplici.
271
Congresso Nazionale
PRELIMINARY STUDY ON SPECTRAL EEG ANALYSIS OF REACTIVITY AFTER
SENSORY STIMULATION IN VS/MCS PATIENTS
A. Merico, M. Cavinato, D. De Massari, M. Pirini, C. Volpato, F. Piccione
I.R.C.C.S. San Camillo, Lido-Venezia, Italy
OBJECTIVE: Recognition of consciousness is essential to assure accurate prognosis and treatment
decisions avoiding inappropriate approaches to patients. This preliminary study was designed to test
the changes in the spatiotemporal organization of the EEG in response to afferent stimuli in patients
in vegetative state and minimally conscious state in order to find an objective assessment of the preservation of the residual functional processing. This might be crucial to define an accurate diagnosis
and prognosis and differentiate VS from MCS.
METHODS: Eight patients (3 males, 5 females, age range 10-73) and eight healthy volunteers participated in the experiment. Patients met the criteria for VS (4 pts) and MCS (4 pts), according with
the JFK CRS-R score. EEG was recorded for 10 minutes before and after each stimulation session,
consisting of 3 minutes of counterbalanced visual, acoustic, and peripheral electrical stimuli. EEG
recording data were projected on a cortical model using the LORETA localization technique and the
Power Spectral Densities (PSD) estimations before and after stimulation in the bands δ (0-4 Hz), θ
(4-8 Hz), α (8-13 Hz), β(13-30 Hz), and γ (30-40 Hz).
RESULTS: Functionally different changes in the EEG reactivity were detected between patients
and controls. The EEG frequency spectrum at rest of patients, as compared to controls, revealed a
significant difference in theta band power, more evident in parieto-occipital areas and more marked
in VS patients. After stimulation, a significant increase of fronto-central beta rhythms and posterior
alpha bands power were seen in controls. The MCS patients showed an increase of alpha and theta
power in bilateral parietal and occipital areas. VS patients showed no significant changes in the EEG
spectrum after stimulation.
CONCLUSIONS: Our results suggest the importance of fronto-temporal–parietal associative cortices within the “awareness-regions” model. Our results also support the relation between excess
of slow wave activity and diminished level of awareness in brain injury population. Neurophysiological correlates in brain damaged patients who are severely impaired could be used to assess the
integrity of brain areas responsible for awareness.
272
ELETTROENCEFALOGRAFIA
CONNETTIVITÀ INTRACORTICALE, STATO VEGETATIVO E STATO DI MINIMA
COSCIENZA: UNO STUDIO MEDIANTE TMS-EVOKED POTENTIALS (TEPS)
A. Ragazzoni, C. Pirulli*, D. Veniero*, S. Rossi**, C. Miniussi*, M. Feurra**, M. Cincotta,
F. Giovannelli, R. Chiaramonti, M. Lino***
U.O. Neurologia, Ospedale S. Giovanni di Dio, Azienda Sanitaria di Firenze
*IRCCS San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia e Dipartimento di Scienze Biomediche e
Biotecnologie, Università di Brescia
**Dipartimento di Neuroscienze, Sez. Neurologia, Università di Siena
***Casa di Cura “Villa alle Terme”, Firenze
Introduzione: La diagnosi di Stato Vegetativo (VS) è soggetta ad errore in una percentuale elevata
di casi (40% circa) ed un notevole sforzo di ricerca è rivolto ad individuare test diagnostici da affiancare alla valutazione clinica. Un rilievo neuropatologico caratteristico dello VS è la presenza di
diffuse disconnessioni cortico-corticali (Adams et al., 2000).
La co-registrazione TMS-EEG è una metodica in grado di valutare la reattività e la connettività
corticale tramite lo studio dell’ampiezza e distribuzione delle componenti evocate dalla TMS (TMS
Evoked Potentials -TEPs). L’applicazione di questa metodica in pazienti in SV o Stato di Minima
Coscienza (MSC) potrebbe essere uno strumento utile nella diagnosi differenziale.
Scopo: Analizzare e confrontare i TEPs ottenuti in una popolazione di pazienti VS, di lunga durata,
con i TEPs ottenuti in pazienti MCS.
Materiali e Metodi: Sono stati esaminati 13 pazienti (8 VS, punteggio LCF 1-2; 5 MCS, punteggio
LCF 3) con Disturbo di Coscienza Cronico (durata 7-65 mesi, media 34) di varia eziologia (anossica, traumatica, emorragica), ricoverati in un Reparto di Riabilitazione. I TEPs sono stati evocati in
ciascun paziente, mediante la somministrazione di 200 stimoli TMS a singolo impulso sulla corteccia motoria primaria, durante l’acquisizione EEG da 19 elettrodi posizionati sullo scalpo (sistema
10-20). L’EEG è stato diviso in epoche da 500 ms. Per ogni componente evocata dalla TMS sono
state individuate, in modo descrittivo, le ampiezze, le latenze e la distribuzione topografica.
Risultati: Per quanto riguarda i pazienti VS: sei pz mostravano TEPs non strutturati o assenti; due
pz mostravano TEPs strutturati ma d’ampiezza ridotta. Pazienti MCS: uno mostrava TEPs paragonabili ai soggetti normali; tre mostravano TEPs paragonabili ai normali ma con ampiezze ridotte; in
uno le risposte non erano identificabili.
Discussione: I TEPs costituiscono un’innovativa metodica neurofisiologica che permette di esplorare l’eccitabilità e la connettività corticale. I presenti dati indicano (in accordo con i rilievi neuropatologici) che la reattività e la connettività cortico-corticale sono gravemente compromesse nei pz VS
“permanenti”; mentre nei pz MCS sono presenti ma alterate. I TEPs possono fornire un significativo
contributo alla valutazione diagnostica (e prognostica) dei pazienti in VS e MCS. Inoltre, permettono di chiarire la fisiopatologia corticale sottendente i Disturbi Cronici di Coscienza.
BIBLIOGRAFIA
Adams JH, Graham DI, Jennet B. The neuropathology of the vegetative state after an acute brain
insult. Brain, 2000; 123: 1327-1338.
273
Congresso Nazionale
PLEDs BIFOCALI, CONTINUI ED INTERMITTENTI. STUDIO NEUROFISIOLOGICO
DI UN CASO DI EPILESSIA PARZIALE CONTINUA
A. Ragazzoni, F. Di Russo*, A. Borgheresi, M. Cincotta, L. Tramacere, G. Zaccara
U.O. Neurologìa, Azienda Sanitaria di Firenze
* I.U.S.M., Roma
L’acronimo PLEDs (Periodic Lateralized Epileptiform Discharges; Chatrian et al, 1964) identifica
complessi EEG epilettiformi, ampiamente distribuiti sullo scalpo, polimorfi e ripetitivi, ad andamento periodico o quasiperiodico, con frequenza di 0.5-3.0 c/sec, localizzati su un emisfero (Kalamangalam et al, 2007). Varianti dei PLEDs sono i BiPLEDs (Bilateral independent PLEDs: due focolai
di PLEDs presenti sui due emisferi in maniera asincrona ed indipendente) ed i PLEDs multifocali
(presenti in almeno tre sedi, indipendenti fra loro, su entrambi gli emisferi).
Scopo: illustrare i rilievi neurofisiologici in una paziente con epilessia parziale continua ed EEG
con PLEDs cronici con caratteristiche peculiari (inizialmente monoemisferici, bifocali ed asincroni,
successivamente a carattere intermittente).
Caso clinico: paziente novantenne ammessa al Pronto Soccorso con mioclonìe periodiche (0.5 c/
sec) di recente insorgenza, focali, a carico della bocca e della lingua a destra, con stato di coscienza
integro, afasia, e rilievo alla TC encefalo di pregressa ampia lesione ischemica emisferica Sn, cortico-sottocorticale, fronto-parieto-occipitale. Tale condizione persisteva ininterrotta per otto giorni,
nonostante la terapia antiepilettica.
L’EEG mostrava PLEDs continui sull’emisfero Sn, con due focolai distinti sia topograficamente
(uno occipitale, l’altro frontale) che temporalmente (asincroni ed indipendenti) ed anche morfologicamente. La frequenza dei PLEDs era sovrapponibile a quella delle mioclonìe (prolungata registrazione video-EEG poligrafica), ma il back-average delle scosse miocloniche evidenziava una
correlazione solo con i PLEDs frontali. Peraltro, le punte frontali Sn evidenziate con il back-average
precedevano le mioclonie di oltre 100 msec. I Potenziali Evocati Somestesici da stimolazione del
nervo mediano erano nella norma, bilateralmente.
In ottava giornata le mioclonìe regredivano, ma all’EEG persistevano i PLEDs, peraltro con andamento intermittente.
Conclusioni: i PLEDs multifocali sono stati descritti solo in 37 pazienti (Lawn et al, 2000).
I rilievi da noi raccolti mostrano che i PLEDs :
a) possono essere sia critici che intercritici;
b) hanno una correlazione temporale di vario tipo con le mioclonìe, ma comunque spesso questa non
è “diretta” (nel nostro caso l’intervallo fra i singoli PLEDs frontali e le mioclonìe era alquanto lungo,
tale da implicare una circuiterìa complessa);
c) sono sottesi da lesioni sia della corteccia che sottocorticali;
d) non sembrano modificare l’eccitabilità corticale (i PES erano bilateralmente normali).
Inoltre, tali rilievi si prestano ad interpretazioni fisiopatologiche sull’origine dei PLEDs.
BIBLIOGRAFIA:
Chatrian GE, Shaw CM, Leffman H. “The significance of periodic lateralized epileptiform discharges in EEG: an electrographic, clinical and pathological study”. EEG clin Neurophysiol, 1964; 17:
177-193.
274
ELETTROENCEFALOGRAFIA
Kalamangalam G, Diehl B, Burgess RC. “Neuroimaging and neurophysiology of Periodic Lateralized Epileptiform Discharges: observations and hypotheses”. Epilepsia, 2007; 48: 1396-1405.
Lawn ND, Westmoreland BF, Sharbrough FW. “Multifocal periodical lateralized epileptiform discharges (PLEDs): EEG features and clinical correlations”. Clin. Neurophysiol, 2000; 111: 21252129.
275
Congresso Nazionale
UTILITÀ DELL’EEG NELL’IDENTIFICAZIONE DI UN MECCANISMO CENTRALE
DELLA FATICA NELLA SCLEROSI MULTIPLA
S. Velikova1, B. Colombo2, P. Rossi2, V. Martinelli2, G. Comi1,2, L. Leocani1
Istitute di neurologia sperimentale
Dip. di Neurologia, Neurofisiologia Clinica, Neuroriabilitazione, IRCCS , Università Ospedale San
Raffaele, Milano
1
2
Scopo dello studio
La fatica nella Sclerosi Multipla (SM) è un sintomo frequente e disabilitante, che determina un senso
di spossatezza presente anche a riposo, della quale si ignora l’origine. Inoltre, è un sintomo difficile
da misurare oggettivamente e molti studi si basano su scale soggettive. Lo scopo del presente lavoro
è quello di trovare dei correlati di attività cerebrale della fatica tramite l’utilizzo di analisi elettroencefalografiche (EEG).
Metodi
Sedici pazienti con SM hanno partecipato allo studio [età 21-46 (media 33); donne=10], la fatica è
stata quantificata mediante Fatigue Severity Scale (FSS) test [punteggi 9-57 (media 31)] e 5 minuti
di EEG 29 canali a riposo a occhi chiusi. Per l’analisi dei dati EEG è stato utilizzato il metodo Low
resolution electromagnetic tomography (e/sLORETA), che permette una rappresentazione tridimensionale della Current Source Density (CSD) nelle diverse regioni di interesse. È stata analizzata la
potenza assoluta delle bande Delta (1-3Hz), Theta (4-7 Hz), Alpha1 (8-9 Hz), Alpha2 (10-12Hz),
Beta1 (13-18 Hz), Beta2 (19-21 Hz) and Beta3(22-30Hz). La CSD di ogni banda delle differenti
regioni è stata misurata e utilizzata per le analisi di correlazione (Spearman’s correlation test ) con
la FSS.
Risultati
È stata trovata una correlazione negativa nella corteccia cingolata (BA 23,30,31) fra CSD e FSS nelle seguenti bande: BA23-delta, theta, beta3; BA31-delta, theta, alpha, beta3; BA30 in tutte le bande
di frequenza analizzate. La correlazione era più evidente in BA 30 per tutte le bande di frequenza
(-0.757<rs<-0.521; 0.001<p<0.038).
Conclusioni
Sulla base dei risultati ottenuti si può ipotizzare un meccanismo centrale per la fatica nella SM.
Questi dati preliminari suggeriscono come LORETA possa essere utile come metodologia oggettiva
per la misura della fatica nei pazienti con SM.
276
ELETTROENCEFALOGRAFIA
STATO DI MALE NON CONVULSIVO IN PAZIENTI EMATO-ONCOLOGICI
1
A. Primavera , D. Audenino
2
1
Dipartimento di Neuroscienze Oftalmologia e Genetica Università di Genova
Dipartimento di Neuroscienze e Cardiovascolare, E.O. Ospedali Galliera Genova
2
Scopo dello studio: Lo stato di male non convulsivo (SMNC) è ancora sottodiagnosticato in ambito internistico ed in particolare in campo emato-oncologico. Pazienti con tumori sistemici senza
evidenza di metastasi cerebrali, complicanze cerebrovascolari o encefalopatie metaboliche possono
presentare un’alterazione dello stato di coscienza correlata ad uno stato di male non convulsivo.
Descriviamo 5 nuovi casi di stato di male non convulsivo in pazienti emato-oncologici.
Metodi: dall’agosto del 2008 al gennaio 2009 67 pazienti oncologici (tumori sistemici) che presentavano uno stato confusionale persistente (ore-giorni) o comunque un’alterazione dello stato di
coscienza venivano sottoposti ad EEG urgente.
Tutti i pazienti avevano eseguito valutazione neurologica, esami ematochimici ed indagini neuroradiologiche ed in alcuni casi anche esame liquorale.
Quando non controidicato veniva infuso lorazepam 4 mg e.v durante la registrazione EEG.
Gli EEG venivano poi rivalutati da due refertatori indipendenti. Abbiamo selezionato i casi in cui è
stata posta diagnosi di SMNC valutato i pattern EEG, i fattori scatenanti, l’outcome.
Risultati: Dei 67 pazienti sottoposti ad EEG urgente abbiamo identificato 5 casi di NCSE (7.5%
dei casi). La maggior parte dei pazienti aveva un tumore ematologico. I fattori scatenanti erano
principalmente i chemioterapici. La presenza di I.R.C, cefalosporine ed infiltrazione leptomeningea
interagivano come concausa in 3 casi. In un caso il quadro neuroradiologico era compatibile con
RPLS. Le benzodiazepine e.v e la sospensione del farmaco determinavano la risoluzione del quadro
clinico. La ricorrenza del SMNC si verificava in 1 caso.
Dal punto di vista EEG in un caso il pattern poteva essere confuso con un’encefalopatia. In questo
caso la risposta clinica ed EEG alle benzodiazepine e.v confermava la diagnosi.
Discussione: Sebbene i pazienti oncologici possano avere molteplici cause di stato confusionale
acuto anche il SMNC è un’eziologia non infrequente e come tale andrebbe conosciuta (Drislane
1994) anche perché i pazienti spesso sono giovani, ed il SMNC potenzialmente reversibile, potrebbe
se non riconosciuto interferire con la gestione clinica del paziente. Inoltre poiché spesso la causa del
SMNC è un certo tipo di chemioterapico che viene eseguito a cicli il rischio di ricorrenza di SMNC
è elevato. Nella nostra esperienza sono soprattutto in pazienti affetti da tumori ematologici ad avere
un rischio di presentare uno SMNC.
277
Congresso Nazionale
STATO EPILETTICO NON CONVULSIVO REFRATTARIO: CARATTERISTICHE
CLINICHE ED ELETTROFISIOLOGICHE IN UN GRUPPO DI 5 PAZIENTI
V. Pelliccia1, C. Pizzanelli1, R. Galli2, E. Bonanni1, D.Perini1, F. Giorgi1, A. Iudice1, G. Siciliano1,
L. Murri1
Clinica Neurologica Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa
U.O. Neurofisiopatologia Presidio Ospedaliero “F. Lotti” Pontedera, Pisa
1
2
Razionale ed Obiettivi: Lo stato epilettico (SE) non convulsivo refrattario costituisce un’emergenza neurologica da trattare tempestivamente, non per l’immediato pericolo di vita del paziente come
nello stato epilettico convulsivo, ma per le possibili conseguenze in termini di alterazioni cerebrali
e cognitive a lungo termine. Descriviamo cinque casi di SE non convulsivo seguiti presso la Clinica
Neurologica dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Pisa e presso l’U.O. Neurofisiopatologia del
P.O. di Pontedera negli ultimi due anni.
Metodi: Sono stati raccolti retrospettivamente la storia clinica, i reperti neurofisiologici e neuroradiologici di cinque pazienti (3F/2M) di età media di 48.0 + 21.2 anni (range 24-76) ricoverati per SE
non convulsivo refrattario.
Risultati: Due pazienti, di 56 e 24 anni, hanno presentato uno SE generalizzato tipo assenza trattato
inizialmente con benzodiazepine (BDZ) e successivamente con valproato (VPA) e.v. con successo.
In un caso lo SE è recidivato dopo un mese e si è ottenuto completo controllo con BDZ e.v., cui
sono stati aggiunti etosuccimide e levetiracetam per os. Entrambi i pazienti erano affetti da epilessia
generalizzata idiopatica ed avevano presentato in precedenza crisi tonico-cloniche. Una paziente
di 76 anni ha presentato SE afasici recidivanti (uno all’anno per tre anni) trattati con BDZ, VPA,
fenitoina (PHT) e.v.; un’encefalopatia vascolare ischemica cronica rappresentava in questo caso il
fattore eziologico. Infine due pazienti, di 30 e 58 anni, hanno presentato SE parziali complessi. Nel
primo caso la paziente era stata operata per angioma cavernoso frontale sinistro ed aveva presentato
un’unica crisi prima dell’intervento; le indagini di neuroimmagine eseguite dopo lo SE mostravano
gli esiti della pregressa chirurgia. Si è ottenuto controllo dello SE con BDZ e PHT e.v. Nel secondo
caso si sono verificati SE recidivanti (quattro in un anno), trattati con BDZ e PHT e.v. e con l’aggiunta di oxcarbazepina/carbamazepina e levetiracetam per os; in questo caso singolare lo SE ha
rappresentato la prima manifestazione di un’epilessia focale sintomatica secondaria ad una displasia
corticale frontale destra. In tutti i pazienti lo SE si è risolto nell’arco di 48-72 ore.
Conclusioni: Benché lo SE non convulsivo non costituisca un’emergenza pari a quella dello SE
convulsivo, tuttavia è importante diagnosticarlo precocemente e riuscire ad ottenere un completo
controllo nelle sue fasi iniziali perché non si complichi ulteriormente. Dopo il sospetto clinico, l’esame diagnostico è rappresentato dall’EEG, da eseguire in urgenza e con monitoraggio prolungato.
Dal punto di vista farmacologico si sono utilizzati farmaci antiepilettici di primo livello (BDZ e.v.)
seguiti da farmaci di secondo livello (VPA e PHT e.v. rispettivamente nelle forme generalizzate e
parziali), ottenendo un controllo delle manifestazioni cliniche ed elettroencefalografiche.
278
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
MISCELLANEA
Moderatori:
F. Fattapposta (Roma),
G. Galardi (Cefalù - PA)
Congresso Nazionale
280
MISCELLANEA
VALUTAZIONE DEL RIFLESSO DELLA TOSSE IN PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI
LATERALE AMIOTROFICA (SLA): OSSERVAZIONI PRELIMINARI
I. Schettino, G. Ruoppolo, E. Iacovelli, M. Gabriele, C. Marini Bettolo, F. Gilio, V. Frasca,
F. Pichiorri, E. Giacomelli, G. Tartaglia, M. Inghilleri
Dipartimento di Scienze Neurologiche, Dipartimento Audiologia e foniatria
“G. Ferreri” – Università di Roma “Sapienza”
Obiettivi. La disfagia oro-faringea nell’ambito della SLA è uno dei sintomi più invalidanti, con
importanti ripercussioni sulle condizioni di salute, particolarmente per quanto riguarda gli aspetti
nutrizionali e le possibili complicazioni respiratorie. Un valido riflesso della tosse è’ cruciale nella
espulsione di alimenti o saliva eventualmente aspirati, ma nei pazienti con SLA la tosse è spesso
resa inefficace dal progressivo indebolimento dei muscoli respiratori e laringei. A livello faringeo
è spesso evidenziato un deficit di sensibilità di origine non conosciuta che aumenta il rischio di
aspirazione.
Metodi. Sono stati esaminati 58 soggetti affetti da SLA (40 ad esordio spinale, 18 ad esordio bulbare) mediante esame fibrolaringoscopico della deglutizione. In 4 pazienti con grave disfagia la
sensibilità laringea è stata testata evocando il riflesso della tosse mediante 0,5 ml di acqua iniettata
in faringe con siringa monouso opportunamente modificata durante simultanea registrazione elettromiografica dei muscoli laringei.
Risultati. La prevalenza della disfagia nel campione di pazienti esaminato è 80,3%. Il 18,9% dei
pazienti presentava penetrazione/aspirazione senza riflesso della tosse (12,5% dei pazienti ad esordio spinale rispetto al 33,3 % dei pazienti ad esordio bulbare). I pazienti con SLA presentavano un
riflesso della tosse assente o debole rispetto ai soggetti sani.
la stimolazione del riflesso della tosse in pazienti con deficit di sensibilità laringea.
Conclusioni. Il nostro studio evidenzia che il riflesso della tosse evocato dalla stimolazione laringea
è alterato nei pazienti affetti da SLA suggerendo un deficit sensitivo laringeo nei pazienti.
281
Congresso Nazionale
LA RIABILITAZIONE RIDUCE L’IPERECCITABILITÀ CORTICALI NEI PAZIENTI
CON SCLEROSI MULTIPLA E FATICA
E. Judica, H. Tesfaghebriel, S. Amadio, P. Rossi, M. Comola, R. Guerriero, V. Di Stefano,
L. De Toni Franceschini, G. Comi, U. Del Carro
Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salute Istituto San Raffaele - Milan
Obiettivi: è comunemente accettata la rilevanza clinica della fatica nei pazienti affetti da Sclerosi
Multipla (SM). Per meglio descrivere il fenomeno è indispensabile distinguere la fatica soggettiva
dai suoi correlati oggettivi. Questo studio si propone di verificare se la riabilitazione è in grado di
modificare non solo le scale cliniche della fatica nei pazienti SM ma anche i parametri neurofisiologici ad essa correlati. Metodi: 13 pazienti affetti SM progressiva e disabilità moderata (EDSS
3.5-6) sono stati sottoposti a riabilitazione e valutati all’inizio ed al termine del training motorio
attraverso studio dell’eccitabilità corticale mediante Stimolazione Magnetica Transcranica a stimoli
appaiati e mediante scale cliniche: EDSS, FIM, Barthel Index, Fatigue Severity Scale (FSS), MSFC
ed MSQOL e suddivisi in due gruppi, pazienti con fatica (SMF) se con fatica soggettiva e punteggio
FSS > 40 e pazienti senza fatica (SMNF) se liberi dal sintomo e con scala FSS < 30. Tali dati sono
stati confrontati con quelli di 12 soggetti sani. Risultati: dei 13 pazienti 11 sono risultati SMF e 2
SMNF. Allo studio basale SMF, ma non SMNF, mostravano una riduzione statisticamente significativa dell’ ICI rispetto ai controlli. Al termine del percorso riabilitativo le scale cliniche mostravano un miglioramento statisticamente significativo in tutti i pazienti e un incremento significativo
dell’ICI nei SMF. Conclusioni: La riabilitazione migliora la fatica soggettiva nei pazienti con SM.
Nei pazienti dove il sintomo fatica è più rilevante, l’intervento riabilitativo sembra modificare i parametri della fatica attraverso una modulazione dell’eccitabilità corticale.
282
MISCELLANEA
FATTORI DETERMINANTI LA DIFFUSIONE MUSCOLARE DELLA TOSSINA
BOTULINICA DI TIPO A IN BAMBINI AFFETTI DA PIEDE EQUINO DINAMICO
E. Frasson, *F. Brigo, *M. Acler, *E. Dall’Ora, G. Didonè, **V. Bertasi, *L. Bertolasi
Divisione di Neurologia, Ospedale Civile, ULSS15, Cittadella, Padova
*Dipartimento di Scienze Neurologiche e della Visione, Sezione di Neurologia, Verona
**Servizio di Neurologia,ASL di Vallecamonica, Brescia
Introduzione Abbiamo studiato la diffusione della tossina botulinica di tipo A (BoNT-A) a differenti dosi nei muscoli adiacenti non iniettati in bambini affetti da piede equino varo e l’abbiamo
correlato con l’andamento clinico.
Soggetti e metodi Sono stati studiati 16 pazienti affetti da piede equino dinamico unilaterale da
esiti di PCI (età media 7.2 anni). È stata iniettata BoNT-A (Dysport, dose 10-15 MU/Kg, gruppo
A e 20-30 MU/Kg, gruppo B) nel muscolo gastrocnemio del lato affetto, valutato il CMAP (area)
dei muscoli gastrocnemio laterale e tibiale anteriore del lato trattato e del lato non trattato prima del
trattamento T0, dopo dieci giorni, T10 e dopo 30 giorni, T30 dal trattamento con BoNT-A. È stata
inoltre eseguita un’analisi mediante scale di valutazione clinica e video analisi del cammino prima
e dopo il trattamento con tossina botulinica.
Risultati In tutti i pazienti il CMAP del muscolo tibiale anteriore del lato trattato era ridotto ai tempi T10 e T30 sia nel gruppo A che nel gruppo B. Il CMAP del muscolo gastrocnemio trattato con
BoNT-A era ridotto ai tempi T10 e T30 sia nel gruppo A e che nel gruppo B; tale riduzione correlava
in modo significativo con la dose di BoNT-A iniettata e con la circonferenza del polpaccio (<20cm).
L’analisi clinica a T30 ha evidenziato una significativa riduzione del tono muscolare, un aumento
dell’escursione articolare del piede; abbiamo osservato un variabile miglioramento funzionale della
marcia.
Conclusione I nostri dati evidenziano in tutti i pazienti una diffusione della BoNT-A nei muscoli
adiacenti non trattati e suggeriscono che sia possibile ottimizzare la dose di BoNT-A in base alle
caratteristiche cliniche dei bambini affetti da piede equino.
283
Congresso Nazionale
HARMONY IN MELODY AND ACCOMPANIMENT: FUNCTIONAL EVALUATIONS
AND PERSPECTIVES
L. Verga1, D. Spada1, A. Iadanza2, M. Tettamanti3, D. Perani1,3,4
Vita-Salute San Raffaele University, Milano
Scientific Institute and University Ospedale San Raffaele, Neuroradiology, CERMAC, Milano
3
Scientific Institute San Raffaele, Milano
4
Department of Nuclear Medicine and Division of Neuroscience Scientific Institute San Raffaele,
Milano
1
2
In the most recent literature intriguing results have begun to be available in the field of rehabilitation
with music, especially for rhythm. However, up to now a lack of knowledge is evident when considering harmony. This fMRI study, conducted on expert pianists with Sparse Temporal Sampling
Technique, was designed to test whether there are differences in the harmonic domain between melody and accompaniment, by introducing unrelated musical targets occurring in simple musical excerpts. Our results show that activations are significantly different when the unexpected event occurs
in melody (generally confirming the literature) or in accompaniment. Besides helping in clarifying
the neural correlates of harmonic contexts, our experimental experience suggests plausible different
impacts also on rehabilitation projects built upon distinct kind of musical materials.
284
MISCELLANEA
IL TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI EMATOPOIETICHE GENETICAMENTE
MODIFICATE IN UN MODELLO ANIMALE DI MALATTIA DI KRABBE MIGLIORA
IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE E PERIFERICO
D. Ungaro, I. Visigalli1, S.Ungari1, L. De Toni Franceschini, S. Amadio, C. Butera, G. Taliano,
A. Biffi1, G. Comi, U. Del Carro
Department of Neurology, Neurophysiology and Neurorehabilitation – INSPE Università Vita-Salute Istituto San Raffaele – Milan and 1Telethon institute for Gene Therapy
INTRODUZIONE: La malattia di Krabbe è una patologia lisosomiale da accumulo causata da una
mutazione genetica nell’enzima galattocerebrosidasi. Il deficit enzimatico determina l’accumulo di
metaboliti non degradati nel SNC e SNP con progressiva dismielinizzazione e morte precoce dei
pazienti. E’ stato dimostrato che il trapianto di cellule staminali ematopoietiche geneticamente modificate tramite l’uso di vettori lentivirali può modificare le manifestazione della malattia in modelli
murini. SCOPO DELLO STUDIO: Studio neurofisiologico eseguito su topi GLD trapiantati con
cellule staminali ematopoietiche trasdotte con Lentivirus contenenti il gene GALC funzionante,
al fine di verificare se la terapia è in grado di modificare lo sviluppo di danni a carico del sistema
nervoso. METODI: Misurazione con elettrodi ad ago della velocità di conduzione del nervo sciatico
(MCV) e del potenziale evocato motorio corticale (MEP) tramite stimolazione elettrica transcranica
al fine di registrare parametri funzionali rispettivamente del sistema nervoso periferico e centrale.
RISULTATI: La latenza dell’onda F, l’MCV e la latenza del MEP mostrano un significativo miglioramento nei topi GLD trattati rispetto ai controlli non trattati.(Rispettivamente onda F: 18,1 msec vs
15,65 msec p= 0,02; MCV: 3,5 m/sec vs 10,8 m/sec p= 0,001 MEP 8,4msec vs 5,10 msec p=0,01).
Inoltre il MEP e il tempo di conduzione motorio centrale risultava registrabile a 35 giorni d’età in
tutti gli animali trattati mentre era registrabile solo in 2 su 6 dei non trattati.(Rispettivamente latenza
MEP:17,35 vs13,55 msec p=0,001;CCT10,25 vs 8,45msecp=0,02).
CONCLUSIONI: Il trapianto di cellule staminali geneticamente modificate ristabilisce l’attività
dell’enzima nel sistema ematopoietico dei topi GLD ed è in grado di ridurre lo sviluppo di danni a
carico del sistema nervoso centrale e periferico.
285
Congresso Nazionale
Analisi quantitativa di saccadi orizzontali in disordini atassici
degenerativi
P. Federighi°, E. Pretegiani°, F. Rosini°, G. Cevenini*, M.T. Dotti°, A. Federico°, A. Rufa°
°Eye-tracking & Vision Application Lab EVALab – Dipartimento di Scienze Neurologiche Neurochirurgiche e del Comportamento, Università di Siena, Italia
*Dipartimento di Chirurgia e Bioingegneria, Università di Siena, Italia
Scopo dello studio
Le saccadi sono movimenti oculari veloci e balistici con la funzione di riposizionare la fovea su una
specifica regione di interesse dell’ambiente visuale. Per supportare una visione chiara le saccadi
devono essere molto veloci e accurate allo stesso tempo. Recenti studi ipotizzano che le relazioni di
main sequence della velocità di picco verso l’ampiezza e della durata verso l’ampiezza potrebbero
essere scelte per minimizzare la varianza della posizione finale degli occhi. Le stesse relazioni sono
utilizzate per ottimizzare il compromesso velocità-accuratezza relativo al rumore che perturba il
segnale di controllo neurale. L’atassia spinocerebellare ereditaria di tipo 2 (SCA2) è un disordine
neurodegenerativo progressivo che coinvolge il cervelletto e il tronco encefalico. In altri pazienti,
con atrofia cerebellare ad esordio tardivo (LOCA), è affetto solo il cervelletto. Entrambi i disordini
conducono a progressive modifiche nel controllo della dinamica saccadica. Pertanto, lo studio dei
movimenti saccadici in questi pazienti potrebbe fornire indicazioni sui meccanismi che regolano il
controllo motore. Lo scopo del nostro studio era di effettuare un analisi quantitativa della dinamica
delle saccadi in un gruppo di pazienti affetti da SCA2 e in un gruppo di pazienti affetti da LOCA.
Metodi utilizzati
Sei pazienti con SCA2, otto pazienti con LOCA e 25 controlli sani sono stati valutati utilizzando
test pro-saccadici. I movimenti oculari sono stati registrati utilizzando la tecnica di eye tracking
bidimensionale basata su video. Abbiamo misurato i parametri descrittivi tradizionali della dinamica delle saccadi quali la durata, l’ampiezza, la velocità di picco, la latenza, il guadagno. Inoltre
abbiamo testato la velocità media della saccade, l’accuratezza e il numero di saccadi ipometriche e
ipermetriche.
Risultati
I maggiori risultati del nostro studio quantitativo indicavano una significativa diminuzione della velocità di picco e un debole fitting del modello della main sequence negli SCA2 rispetto al gruppo dei
controlli e dei pazienti LOCA. Inoltre, abbiamo trovato una significativa riduzione dell’accuratezza
saccadica e un incremento dell’ipometria saccadica nei pazienti LOCA rispetto ai pazienti SCA2.
Conclusioni
La nostra analisi suggerisce che possono essere adottate varie strategie dal nostro cervello per rendere il sottosistema saccadico efficiente per la visione. Inoltre l’analisi delle saccadi potrebbe essere
un utile test per la distinzione tra pazienti SCA2 e pazienti LOCA.
286
MISCELLANEA
FREQUENZA E CARATTERISTICHE DELLE INTRUSIONI SACCADICHE IN UN
GRUPPO ETEROGENEO DI PAZIENTI CEREBELLARI
F. Rosini, P. Federighi, E. Pretegiani, A. Federico, A. Rufa
Eye-Tracking & Vision Application Lab EVALab – Dipartimento di Scienza Neurologiche, Neurochirurgiche e del Comportamento, Università degli Studi di Siena, Siena
Obiettivo: le intrusioni saccadiche (SI) sono movimenti oculari orizzontali e coniugati che interrompono la fissazione, costituiti da un movimento veloce lontano dalla posizione desiderata, seguito
da una saccade o un drift di ritorno. In base alla loro forma d’onda, le intrusioni possono essere
classificate in quattro tipi: square wave jerks monofasiche (MSWI) o bifasiche (BSWI) e single step
pulse (SSP) o double step pulse (DSP). Le intrusioni saccadiche sono presenti fisiologicamente in
soggetti sani, ma la loro frequenza durante la fissazione aumenta in patologie riguardanti il tronco
encefalo o il cervelletto. La patogenesi delle SI sembra legata ad anomalie dei neuroni omnipausa
situati nel tegmento pontino. Scopo dello studio era identificare e caratterizzare frequenza e caratteristiche di segnale delle SI in due differenti tipi di patologie cerebellari.
Metodi: abbiamo esaminato 2 sorelle con fenotipo SCASI-like e 2 pazienti con atassia di Friedreich;
i movimenti oculari sono stati indotti da uno stimolatore LCD controllato da un microcomputer e la
posizione di sguardo è stata registrata da tecnica eye-tracking (ASL 540). Il target visivo era costituito da un punto rosso (0,4° di diametro dell’angolo visivo) presentato su sfondo nero. Sono stati
effettuati un task prosaccadico ed un task di fissazione.
Risultati: nei pazienti SCASI-like sono state riscontrate square wave jerks monofasiche ampie, che
interrompevano la fissazione, con frequenza più alta rispetto ai soggetti normali e range di ampiezza
tra 3 e 4 gradi. I pazienti FA presentavano invece square wave jerks sia monofasiche che bifasiche,
con ampiezza > 4°, con maggior frequenza rispetto ai normali; inoltre, in uno dei soggetti FA erano
presenti anche ampie intrusioni saccadiche verticali, SSP-like.
Conclusioni: i pazienti FA mostravano una più vario pattern di SI rispetto agli SCASI-like. Un diverso substrato neuroanatomico potrebbe rendere ragione di questa variabilità, incluso un differente
grado di atrofia del tronco encefalo nelle due malattie. L’analisi delle intrusioni saccadiche potrebbe
essere pertanto utile per migliorare le capacità diagnostiche nei confronti di pazienti con disturbi
cerebellari.
287
Congresso Nazionale
Mioclono corticale in paziente con degenerazione cortico basale
atipica
F. Notturno1,2, F. Zappasodi2, V. Maruotti1, A. Saracino1, M. Caulo2, A. Uncini1
Dipartimento di Scienze del movimento Umano e Centro Studi Invecchiamento(CeSI)
Dipartimento di Scienze Cliniche e Bioimmagini, Istituto di tecnologie biomediche avanzate (ITAB).
Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara
1
2
Nella degenerazione cortico basale (CBD) la sintomatologia all’esordio interessa l’arto superiore
e solo nel 6-13% l’arto inferiore. Una donna di 74 anni da un anno presentava rigidità muscolare
ingravescente e dolore alla gamba destra con difficoltà nella deambulazione. L’esame neurologico
documentava distonia del piede e mioclono, circoscritto alla gamba, evocato dalla stimolazione
cutanea e dallo stiramento muscolare. La RMN cerebrale documentava una riduzione dello spessore
del giro post centrale ed un aumento del solco centrale nell’emisfero sinistro rispetto al controlaterale. Il DATSCAN multi SPECT mostrava una lieve riduzione della captazione del tracciante nel
nucleo striato di sinistra. Sulla base del quadro clinico e delle neuroimmagini abbiamo posto la
diagnosi di degenerazione cortico basale (CBD) probabile con esordio atipico per la sintomatologia
all’arto inferiore.
L’origine del mioclono nella CBD è dibattuta. Nel paziente che presentiamo i SEP da stimolazione
del nervo tibiale erano di ampiezza aumentata bilateralmente, in maggior misura per stimolazione
del tibiale destro. Era presente una risposta C nei muscoli tibiale anteriore e gastrocnemio mediale
di destra a seguito di stimolazione sia del nervo peroneo che surale di destra. L’EEG con back-averaging dimostrava un potenziale positivo-negativo in corrispondenza di Cz che precedeva il mioclono
con una latenza di 41 ms. La coerenza tra il segnale corticale registrato con Magnetoencefalografia
ed EMG rettificato era significativamente aumentata intorno a 20 Hz durante la contrazione del muscolo tibiale anteriore destro rispetto al tibiale anteriore sinistro.
I dati elettrofisiologici indicano un’origine corticale del mioclono. L’inconsistenza dei risultati negli
studi precedenti può essere imputata allo studio dei pazienti in diversi stadi di malattia. Nei pazienti
all’esordio, come il caso che presentiamo, la corteccia sensori motoria e le connessioni corticosottocorticali sono ancora risparmiate dal processo di degenerazione, è e possibile un ipersincronizzazione patologica dei neuroni piramidali. Al contrario, nei casi più avanzati, la compromissione del
network di fibre tra la corteccia sensori motoria e le strutture sottocorticali potrebbe smascherare una
seconda componente, di tipo sottocorticale, del mioclono.
288
Congresso Nazionale
della Società Italiana
di Neurofisiologia clinica
Siena, 13-15 maggio 2010
POTENZIALI EVOCATI
Moderatori:
A. Polo (Monselice - PD),
M. Tinazzi (Verona)
Congresso Nazionale
290
POTENZIALI EVOCATI
UTILITÀ DEI POTENZIALI EVOCATI NEL MONITORARE E PREDIRE IL DECORSO
DELLA SCLEROSI MULTIPLA
M. Bianco, S. Medaglini, J.J. Gonzalez-Rosa, M. Rodegher, U. Del Carro, S. Amadio, L. Moiola,
M. Radaelli, V. Martinelli, G. Comi, L. Leocani
Ospedale San Raffaele, Milano
Background: L’utilità dei Potenziali Evocati (PE) nel monitorare e predire il decorso della Sclerosi
Multipla, nelle fasi iniziali di malattia, è ancora largamente dibattuta. Obiettivo: Valutare il ruolo dei
PE multimodali nel controllare e prevedere la progressione di disabilità clinica in pazienti con fase
iniziale di Sclerosi Multipla Remittente Recidivante (RRSM). Metodi: Quaranta pazienti RRSM
sono stati valutati clinicamente con Expanded Disability Status Scale (EDSS) e Functional System
(FS) score al momento dell’arruolamento (T1) e a distanza di due anni (T2). Tutti i pazienti hanno
iniziato un trattamento immunomodulante specifico per la Sclerosi Multipla entro tre mesi dalla valutazione basale. I PE multimodali (visivi-PEV, somatosensoriali-PESS, uditivi-PEU, motori-PEM)
sono stati effettuati in tutti i pazienti al T1 e in 21 di questi al T2, poi quantificati secondo uno score
convenzionale. Risultati: EDSS e FS non cambiavano in modo statisticamente significativo sia nei
40 che nei 21 pazienti. I differenti trattamenti immunomodulanti non determinavano significative
variazioni cliniche e neurofisiologiche nei gruppi di pazienti diversamente trattati. Lo score dei
PESS e la somma degli score PEM+PESS e PEM+PESS+PEV peggioravano significativamente al
T2. Una stretta correlazione esisteva tra valore di EDSS al T2 e score globale basale/singolo score
basale e tra score basale di PEM e PESS e variazione del rispettivo FS. Conclusioni: I PE multimodali sembrano più sensibili, rispetto alla clinica, nel monitorare il decorso della Sclerosi Multipla e
possono predire la progressioni di disabilità clinica nelle fasi iniziali di malattia.
291
Congresso Nazionale
STIMOLAZIONE TRANSCRANICA CON CORRENTE DIRETTA (TDCS) NEL TOPO:
EFFETTO SUI POTENZIALI EVOCATI VISIVI (PEV)
M. Cambiaghi1,2, L. Teneud1, S. Velikova1,2, J.J. Gonzalez-Rosa1, M. Cursi1, G. Comi1,2, L. Leocani1
1
2
Experimental Neurophysiology Unit - San Raffaele Scientific Institute, Milan
Vita-Salute University - San Raffaele Hospital
La stimolazione transcranica con corrente diretta (tDCS) induce alterazioni dell’eccitabilità corticale che perdura oltre il tempo di stimolazione sia nell’uomo che negli animali sperimentali. Nell’uomo, la tDCS è in grado di modulare i potenziali evocati visivi (PEV) e, inoltre, è stata utilizzata
in studi preliminari per migliorare i sintomi di condizioni patologiche quali la depressione o altri
disturbi neurologici.
Nel nostro laboratorio abbiamo sviluppato un metodo minimante invasivo per stimolare il cervello
e registrare i potenziali visivi tramite l’uso di elettrodi epidurali. Abbiamo misurato l’ampiezza del
principale picco positivo (P1) dei PEV evocati da flash in 12 C57 adulti di 2-3 mesi di età appena
prima (tb) e dopo (immediatamente t0, 5 t5 e 10 minuti t10) tDCS anodica e catodica, applicando
un’intensità di corrente pari a 250 µA per 10 minuti. Nella condizione di controllo non abbiamo
utilizzato corrente.
Rispetto ai controlli, l’ampiezza dei PEV (P1) viene aumentata dopo stimolazione anodica di circa
il 25% a t0, mentre la catodica la diminuisce di circa il 30%. Nei successivi 10 minuti di analisi,
l’ampiezza dei PEV tende a tornare ai livelli basali. Le latenze dei principali picchi non vengono
influenzate.
Nell’insieme, queste osservazioni suggeriscono che il protocollo di stimolazione utilizzato è in grado di indurre rapidi cambiamenti nell’eccitabilità corticale del sistema visivo murino. Dati di questo
genere sono di notevole importanza nello studio e nelle applicazioni della tDCS, in quanto esistono
un gran numero di modelli genetici di malattie neurologiche nel topo.
292
POTENZIALI EVOCATI
IMPORTANZA DELLA Valutazione neurofisiologica dell’area sacrale
in pazienti con lesione midollare TRAUMATICA
G. de Scisciolo*°, F. Del Corso°, R. Caramelli°, V. Schiavone*°, A. Cassardo*, A. Ammannati,
E. Provvedi, S. Aito°, F. Pinto
SOD Neurofisiopatologia Dip. Unità Spinale °, AOU Careggi, Firenze- SOD di Neurofisiopatologia* Dip. Sc. Neurol. e Psich., AOU Careggi, Firenze
INTRODUZIONE. Presso il nostro laboratorio di neurofisiopatologia dell’Unità Spinale di Firenze
la valutazione neurofisiologica dei pazienti con lesione midollare traumatica (SCI) comprende di
routine anche quella del n. pudendo. Nei pazienti con SCI in fase acuta, la valutazione clinica è
inficiata dalla condizione di shock spinale, di durata variabile (3-4 settimane), che si accompagna
all’abolizione di tutte le funzioni midollari, compresa quella sfinterica. Poiché gli esami neurofisiologici non risentono dello shock spinale, possono essere eseguiti fin dalle primissime fasi del
trauma, fornendo utili informazioni sulla funzione midollare residua. Peraltro, bisogna ricordare che
lo shock midollare, avendo una maggiore durata per la funzionalità sfinterica, limita l’affidabilità
delle indagini strumentali urologiche (esame urodinamico). Inoltre, come è noto, secondo la scala
di valutazione ASIA-Frankel, la prognosi per il recupero neurologico è migliore se i distretti sacrali
sono parzialmente conservati. L’esame neurofisiologico, esteso anche al n. pudendo, è utile per la
valutazione diagnostico/prognostica, non solo nelle lesioni midollari cervicali e dorsali, ma anche
nelle lesioni caudali a D12, nelle quali consente di valutare l’estensione del danno a livello della
cauda ed il grado di compromissione delle radici sacrali. MATERIALE E METODI. Abbiamo rivalutato i reperti neurofisiologici relativi ai territori sacrali ottenuti in pazienti con lesione midollare,
traumatica (oltre 300 pazienti). I pazienti sono stati studiati con i potenziali evocati sensitivi (PES)
da stimolazione del n. dorsale del pene/clitoride (in alcuni anche del canale anale o del canale uretrale/vaginale); i potenziali evocati motori (PEM), con derivazione dal m. sfintere anale esterno e/o
m. bulbocavernoso; la Risposta Simpatico Cutanea (SSR) del piano perineale; l’EMG/ENG del m.
sfintere anale esterno e/o m. bulbocavernoso; RISULTATI E CONCLUSIONI. Dalla nostra osservazione emerge che nelle patologie del SNC, la valutazione dei PES, PEM ed SSR risulta essere l’indagine più significativa. Nei pazienti con SCI abbiamo rilevato che le alterazioni dei potenziali evocati
(PES-PEM) e della SSR di pertinenza dei distretti sacrali, concordano, nella quasi totalità, con le
alterazioni riscontrate per gli arti inferiori; spesso però registriamo un parziale risparmio delle vie
afferenti dai distretti sacrali a fronte dell’assenza di risposte evocate per stimolo degli arti inferiori:
tale reperto però non sempre ha un significato prognostico positivo come previsto dalla Scala ASIA
ma rappresenta solo un quadro a tipo “sacral sparing”. Nelle lesioni distali, localizzate a livello di
cono-epicono-cauda, lo studio del n. pudendo, eseguito già nelle primissime fasi, può offrire utili
informazioni sulla funzionalità sacrale con possibilità di emettere un giudizio prognostico. Peraltro,
nei pazienti con lesioni periferiche (radici/ tronchi nervosi) l’esame senz’altro più utile, in quanto
molto spesso alterato, è risultato essere l’esame EMG dei muscoli perineali (alterato nel 100% dei
pazienti con SCI, a fronte di un poco più del 75% dei pazienti con lesione non traumatica), eseguito
sempre bilateralmente, con reperti variabili da caso a caso, a seconda della patologia, della sede e
dell’intervallo temporale rispetto all’esordio del quadro.
293
Congresso Nazionale
l’onda p14 nella studio del tronco dell’encefalo(te) IN PAZIENTI
AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA Recidivante-REMITTENTE (SMRR)
I. Magnano, M.P. Cabboi, P. Cossu, M. Conti*, A. Achene*, A. Salis*, G.F. Sau, F. Deriu**,
I. Aiello
Dip. Neuroscienze e Scienze Materno-Infantili - Istituto di Clinica Neurologica, Lab. di Neurofisiopatologia Azienda Ospedaliera-Universitaria di Sassari; * Istituto di Radiologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria di Sassari - ** Dip.Scienze Biomediche Università degli Studi di Sassari
Introduzione: L’onda P14 è una risposta dei potenziali evocati somatosensoriali da stimolazione
del nervo mediano (mSEP) registrabile dallo scalpo come potenziale “far field” con elettrodo di
riferimento extracefalico (1). Diverse evidenze scientifiche dimostrano che essa origini a livello del
TE, in particolare nel bulbo (2-4). Esigui sono i dati di letteratura relativi allo studio della P14 nella
SM (5, 6).
Obiettivi: studiare la latenza e l’ampiezza della P14 in pazienti affetti da SMRR e correlare tali dati
neurofisiologici con i dati clinici (EDSS) e neuroradiologici (RMN) al fine di valutarne la sensibilità
nel rilevare lesioni clinicamente silenti nella SM.
Metodi: previo esame clinico, 17 pazienti con RRSM (13 F, 4 M, età media 32.4±8.3, EDSS totale
1.7±1.2, EDSS TE 0.8±1) hanno eseguito: a) registrazione dei mSEP con valutazione delle latenze,
ampiezze ed intertempi delle componenti N9, N13, P14 ed N20; b) RMN encefalo convenzionale
con particolare valutazione del TE (sequenze T2 3D di 2,5 mm e FLAIR 3D 1,5 mm).
Risultati: Alterazioni della P14 si sono registrate in 11/17 pz, la N13 era alterata in 5/17 e la N20
in 13/17. I dati di RMN hanno evidenziato lesioni del TE in 10 pz, in particolare 7/10 presentavano
lesioni in sede bulbare. Il punteggio dell’EDSS relativo alle funzioni del TE era maggiore o uguale
ad 1 in 9/17. Non sono emerse correlazioni statisticamente significative tra alterazioni della P14 con
presenza di lesioni demielinizzanti nel TE e con il punteggio dell’EDSS totale e del TE.
Conclusioni: La registrazione della P14 può rappresentare uno strumento di esplorazione funzionale di una “stazione intermedia” lungo la via lemniscale, dal tratto cervicale all’area somestesica
primaria, con significato localizzatorio di lesioni demielinizzanti nel TE, in particolare del bulbo,
non rilevabili clinicamente e all’indagine di RMN. Dall’analisi dei dati preliminari dello studio,
emerge una buona sensibilità della metodica ma una maggiore numerosità del campione in esame è
necessaria per consolidare tale dato.
BIBLIOGRAFIA
1.
2.
3.
4.
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6.
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Lee EK and Seyal M. J Clin Neurophysiol (1998) 15:227-234
Turano G et al. Brain (1991) 114:663-681
Koehler J et al. Neurol Sci (2000) 21:217-21
POTENZIALI EVOCATI
FUNZIONI COGNITIVE NELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: QUALI
INFORMAZIONI DAGLI ERPs?
D. Mannarelli, C. Pauletti, N. Locuratolo, V.C. D’Agostino, M.C. De Lucia, E. Giacomelli1,
E. Iacovelli, M. Inghilleri1, F. Fattapposta
Dipartimento di Neurologia e ORL, “Sapienza” Università di Roma
1
Dipartimento di Scienze Neurologiche, “Sapienza” Università di Roma
Scopo: Recenti studi segnalano la presenza di una sindrome disesecutiva di grado lieve nella maggior parte dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Lo scopo di questo studio è
valutare selettive funzioni cognitive in pazienti non dementi affetti da SLA sporadica mediante un
approccio psicofisiologico multitasking, attraverso i potenziali evento-correlati (ERPs), che vengano elicitati indipendentemente dal grado di abilità motoria del soggetto.
Metodi: 23 pazienti non dementi affetti da SLA sporadica e 23 controlli appaiati per sesso, età e scolarità, sono stati sottoposti a registrazione elettrofisiologica delle componenti Mismatch Negativity
(MMN), P3a, P3b e Contingent Negative Variation (CNV) degli ERPs. Sono state valutate le latenze
di MMN, P3a e P3b e l’ampiezza della CNV.
Risultati: un valore di latenza della componente P300 superiore od inferiore ai 400 ms ha suddiviso
il campione dei pazienti in due gruppi: rispettivamente SLA 1 (33%) e SLA2 (76%). La latenza
della p3b nel gruppo SLA1 è risultata significativamente aumentata sia rispetto ai controlli (p<0,01)
che rispetto al gruppo SLA 2 (p<0,01). Nel paradigma novel il gruppo SLA1 ha presentato una P3a
con latenza significativamente aumentata rispetto al gruppo di controlli (p<0,05) e al gruppo SLA 2
(p<0,05). In sede centro-parietale, la CNV espressa come Grand Average, presenta un’ampiezza significativamente ridotta in tutti i pazienti rispetto ai controlli (p<0,05). La latenza della MMN in uno
dei due task effettuati è risultata significativamente più precoce nel gruppo SLA1 rispetto ai controlli
(p<0,05) mentre non è stata trovata alcuna differenza fra gruppo SLA2 e controlli.
Conclusioni: L’approccio psicofisiologico ha confermato la presenza di deficit cognitivi in pazienti
affetti da SLA sporadica non dementi, dimostrando la compromissione prevalente di attenzione, sia
volontaria che involontaria, di orientamento e discriminazione dello stimolo, e dell’attività ideomotoria anticipatoria, ben inquadrabili nell’ambito di una disfunzione frontale esecutiva.
295
Congresso Nazionale
STUDIO DEI PEV A LUNGA LATENZA NEI NEONATI A TERMINE E PRETERMINE
C.M. Ministeri*, A. Modica*
*U.O. Neurofisiopatologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo
I PEV da flash sono costituiti da una serie di onde con componente positiva principale intorno a 100
msec (P100); seguono una serie di altre onde (P200, N300, P400) e infine un’ after discharge.
Tutte le componenti possono essere presenti nel neonato a termine anche se con latenze aumentate;
i valori si avvicinano a quelli dell’adulto dopo il terzo mese di vita.
Le principali componenti (P100, P200, N300, P400) sembrano derivare dalla corteccia, l’after discharge avrebbe origine sottocorticale.
L’ipossia-ischemia neonatale nel pretermine produce lesioni nelle zone di maggiore attività metabolica e funzionale tra queste la zona periventricolare, il piatto sottocorticale e la zona marginale,
successivamente responsabili di disturbi neurocomportamentali.
Nel periodo compreso fra la 28 e la 32 W di gestazione è molto alta l’attività nel piatto sottocorticale
e nella zona marginale della regione occipitale.
I circuiti sottocorticali, a cui partecipa il piatto sottocorticale, sono essenziali non solo per la segregazione anatomica degli input talamici ma anche per il rimodellamento e maturazione delle sinapsi,
necessari per stabilire l’architettura funzionale della corteccia visiva.
La funzione della zona marginale è importante per la formazione dei circuiti sinaptici della corteccia, tra vie afferenti ed efferenti di connessione con strutture sottocorticali.
Il rischio di patologia visiva è molto alto nel neonato pretermine; la severità è inversamente proporzionale alla durata della gestazione.
Abbiamo esaminato 75 neonati (36 maschi e 39 femmine); 38 a termine (17 con patologia neurologica) e 37 pre-termine presentatisi consecutivamente presso la nostra la nostra Unità Operativa di
Neurofisiopatologia dall’ ottobre 2009 al febbraio 2010 e provenienti, subito dopo la dimissione,
dalla U.O. di Terapia Intensiva Neonatale della nostra e di altre Aziende Ospedaliere.
L’esame obiettivo neurologico, alla dimissione, mostrava un ritardo psicomotorio moderato- medio
nella totalità dei nati pretermine; nei nati a termine si osservava un ritardo lieve moderato solo nei
pazienti con patologia neurologica e precisamente distress respiratorio alla nascita (n=7), S. Down
(n=4), microcefalia (n=3) e nei piccoli con basso peso alla nascita (n=3).
A tutti abbiamo somministrato PEV da flash a luce bianca; gli esami sono stati effettuati durante
veglia con stimolazione binoculare; per evitare fenomeni di adattamento la stimolazione veniva interrotta non appena si otteneva la stabilizzazione della morfologia del PEV. Sono stati considerati i
seguenti parametri: latenza della P100 (principale componente positiva precoce), latenza della P200,
della N300, P400 ed after discharge; la morfologia e l’ampiezza e la riproducibilità delle risposte.
Nei nati a termine i PEV mostrano significative alterazioni dell’after discharge ( 91%); tali anomalie
incidono soprattutto nei neonati con patologia neurologica.
Nei nati pretermine (37) le alterazioni dei PEV statisticamente significative riguardano la N300
(56,7%) la P400 (72,9%), l’after discharge (91,8%).
I nostri risultati permettono di ipotizzare che, nei nati pretermine, responsabili delle anomalie neurofisiologiche possano essere le alterazioni dei neuroni della subplate causate dall’ipossia che determinano una modificazioni delle normali connessioni talamo e corpo genicolato laterale e corteccia
visiva.
Le alterazioni delle componenti più tardive (after discharge) generate da strutture sottocorticali, ri296
POTENZIALI EVOCATI
scontrate sia nei nati pretermine che a termine, potrebbero essere imputate a una sofferenza ipossica
della sostanza bianca.
I nostri risultati mostrano che le componenti più tardive del PEV, sia nel neonato a termine che nel
pretermine, sono quelle che mostrano maggiori alterazioni (N300, P400 e after dischrage). Nel neonato a termine le latenze delle componenti tardive dei PEV e le alterazioni dei BAEP incidono nella
stessa percentuale e indicano una sofferenza della sostanza sottocorticale
Le alterazioni delle componenti tardive sono soprattutto le alterazioni dell’after discharge e incidono
soprattutto nei nati a termine con patologia neurologica (S. Down, distress respiratorio, microcefalia)
Ciò ci permette di supporre con ragionevole certezza che responsabili di queste alterazioni neurofisiologiche siano le alterazioni dei neuroni della subplate causate dall’ ipossia che alterano le normali
connessioni talamo e corpo genicolato laterale e corteccia visiva.
Le alterazioni delle componenti più tardive after dischrage verosimilmente generati da strutture sottocorticali potrebbero essere imputati ad una sofferenza ipossica della sostanza bianca.
297
Congresso Nazionale
POTENZIALI EVOCATI UDITIVI TRONCOENCEFALICI NEI PAZIENTI AFFETTI
DA DISTURBO COMPORTAMENTALE IN SONNO REM
C.M. Ministeri*, A. Modica*, A. Mattaliano**, D. Lo Coco**
* U.O. Di Neurofisiopatologia ARNAS, Osp, Civico, G. Di Cristina, M. Ascoli, Palermo
** U.O. Neurologia, Ospedale Civico ARNAS, Palermo
Il Disturbo Comportamentale in sonno REM (RBD) è una parasonnia caratterizzata dalla scomparsa
intermittente dell’atonia muscolare tipica del sonno REM e dalla comparsa di un’attività motoria
patologica, spesso connessa con l’attività onirica, verosimilmente a causa di alterazioni dei centri
nervosi pontini regolatori del tono muscolare in sonno REM. I potenziali evocati uditivi (BAEP)
sono considerati una metodica efficace per lo studio dell’integrità delle strutture neuronali e delle
vie troncoencefaliche. Per questo motivo, in questo studio, abbiamo valutato l’integrità di queste
strutture e delle loro interconnessioni tramite i BAEP (con frequenza di stimolazione a 10 e 90 Hz) in
14 pazienti affetti da RBD rispetto ad un gruppo di 9 soggetti sani appaiati per età e sesso. I risultati
preliminari hanno mostrato che, utilizzando una frequenza di stimolazione di 90 Hz, nei pazienti
con RBD sono presenti anomalie dei BAEP con una frequenza tendenzialmente più elevata (85.7%)
rispetto a quella riscontrata nei soggetti controllo (66.7%; p = 0.2). Non abbiamo invece riscontrato
differenze significative utilizzando una frequenza di stimolazione di 10 Hz. Inoltre, i pazienti con
RBD hanno mostrato un significativo incremento della latenza della IIIa onda rispetto ai soggetti di
controllo, stimolando sia a 10 Hz che 90 Hz (p < 0.01), ed una tendenza ad un incremento della latenza interpicco I-III (p = 0.051) e III-V (p = 0.062), stimolando a 90 Hz. I risultati di questo studio,
che hanno mostrato, per la prima volta, la presenza di anomalie elettrofisiologiche a livello troncoencefalico e soprattutto nella porzione caudale del ponte (latenza della IIIa onda) nei pazienti affetti
da RBD, suggeriscono che i BAEP potrebbero essere un utile strumento per la valutazione di questi
pazienti e potrebbero essere d’aiuto nello studio dei meccanismi fisiopatologici di questa malattia.
298
POTENZIALI EVOCATI
STUDIO DELLA FUNZIONE UDITIVA TRONCOENCEFALICA TRAMITE
POTENZIALI EVOCATI UDITIVI NEI PAZIENTI CON SINDROME DELLE APNEE
OSTRUTTIVE NEL SONNO
C.M. Ministeri*, A. Modica, D. Lo Coco**
*U.O. Neurofisiopatologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo
**U.O. Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Civico ARNAS, Palermo
Precedenti studi hanno indagato la presenza di alterazioni dei pattern dei potenziali evocati uditivi
troncoencefalici (BAEP) nei pazienti con Sindrome delle Apnee Ostruttive nel Sonno (OSAS) riportando risultati contrastanti. In questo studio, abbiamo quindi deciso di valutare l’integrità delle
strutture troncoencefaliche mediante BAEP (con frequenza di stimolazione a 10 e 90 Hz, e 70 dB
al di sopra della soglia) in 20 pazienti con OSAS di grado moderato/severo. Abbiamo riscontrato
anomalie dei BAEP nel 70% dei pazienti con OSAS stimolando a 10 Hz. Tale percentuale si è accresciuta ulteriormente fino ad arrivare all’80% di essi stimolando a 90 Hz. Stratificando i pazienti in
funzione della presenza o meno di altre patologie (diabete mellito, ipertensione arteriosa, cardiopatia) abbiamo osservato un netto incremento della frequenza di anomalie dei BAEP nei pazienti con
OSAS e comorbilità (85% vs 14,3%). Inoltre, stimolando a 10 Hz, nei pazienti con OSAS abbiamo
evidenziato un incremento della latenza delle onde I, III e V, e della latenza interpicco I-III e I-V
rispetto ai valori di riferimento del nostro Laboratorio. Tali incrementi di latenza divenivano ancora
più evidenti utilizzando una frequenza di stimolazione di 90 Hz. Possiamo quindi affermare che i
BAEP sono una metodica utile per svelare anomalie elettrofisiologiche sia di tipo neurosensoriale
(latenza della Ia onda), che di tipo troncoencefalico (latenza della IIIa e Va onda) nei pazienti con
OSAS di grado moderato/severo, e che la sensibilizzazione della metodica (stimolazione a 90 Hz)
permette di evidenziare in maniera più chiara le anomalie nella conduzione del tronco encefalico. In
conclusione, i risultati di questo studio forniscono ulteriore supporto all’ipotesi che in questi pazienti
siano presenti significative alterazioni neurofisiologiche della funzione uditiva a livello tronco encefalico. Tali anomalie inoltre appaiono essere più frequenti nei pazienti in cui è presente comorbilità.
299
Congresso Nazionale
IL COINVOLGIMENTO DEL SOTTOSISTEMA VISIVO MAGNO-CELLULARE
NELLA MALATTIA DI ALZHEIMER: MARKER SPECIFICO DI MALATTIA O SEGNO
ASPECIFICO DELL’ INVECCHIAMENTO?
T. Bocci1,3, D. Borghetti1, E. Giorli1, Te. Bocci1, L. Murri1, P. Orsini2, V. Porciatti4, N. Origlia7,
L. Domenici5,7, F. Sartucci1,7,6
Dipartimento di Neuroscienze, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa, Pisa, Italia;
Dipartimento di Fisiologia e Biochimica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa,
Pisa, Italia;
3
Dipartimento di Neuroscienze, Neurologia e Sezione di Neurofisiologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Siena, Siena, Italia;
4
Bascom Palmer Eye Institute, Miami, FL, USA;
5
Dipartimento di Scienze Biomediche e Tecnologiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università
dell’Aquila, L’Aquila, Italia;
6
Dipartimento di Neuroscienze, S.O.D. Attività Neurologica Ambulatoriale, DAI di Neuroscienze
Pisa, AOU Pisana
7
Istituto di Neuroscienze, CNR, Pisa, Italia;
1
2
Obbiettivi e razionale: Caratteristica patognomonica della Malattia d’Alzheimer (MA) sono i disturbi visuo-spaziali. Il sottosistema visivo magno-cellulare (M) presenta caratteristiche anatomofisiologiche che lo rendono idoneo a percepire forme, movimento e profondità rispetto a quello
parvo-cellulare (P).
Scopi dello studio: Lo scopo del nostro studio è stato di valutare dal punto di vista elettrofisiologico
il coinvolgimento dei sottosistemi visivi M e P in un gruppo di pazienti affetti da MA mediante la
registrazione degli Elettroretinogrammi e dei Potenziali Evocati Visivi da stimoli cromatici equiluminanti (ChPERGs e ChVEPs) e di luminanza giallo-neri (LumPERGs e LumVEPs) per indagare
se il deficit del sistema magnocellulare potesse essere uno specifico marker diagnostico di MA o un
semplice segno aspecifico dell’età.
Materiali e Metodi: sono stati indagati 15 pazienti affetti da MA (9 femmine e 6 maschi, età media
+ 1SD: 78.7 ± 4.83 anni), non ancora sottoposti ad alcun tipo trattamento, e 10 volontari sani, omogenei per sesso e per età (5 femmine and 5 maschi, età media + 1SD: 71.3 ± 7.2 anni).
I PERGs sono stati registrati monolateralmente in risposta a stimoli equiluminanti rosso-verdi e
giallo-blu, che selettivamente attivano i sottosistemi parvo- e konio-cellulare rispettivamente
(ChPERGs) e in risposta a stimoli acromatici di luminanza giallo-neri (LumPERGs, sistema magno
cellulare), entrambi costituiti da grating orizzontali di 0.3 c/deg, 90% di contrasto, frequenza di inversione 1Hz, presentati su un monitor TV ad una distanza di 24 cm (59.2*59 deg field). I ChVEPs
sono stati ottenuti per stimoli on-off (300 ms e 700ms rispettivamente) costituti da u grating equiluminanti sinusoidali, 90% di contrasto, sia cromatici che di luminanza. La diagnosi di MA è stata
posta clinicamente e neuroradiologicamnete, seguendo i criteri NINCDS e ADRDA.
Risultati: tutti i dati sono stati rielaborati in termini di valori picco-ampiezza e latenza (sia per i
ChPERGs che per i ChVEPs) e i valori ottenuti valutati usando il t-test di Student per dati appaiati.
Come ipotizzato le caratteristiche temporali dei ChPERGs, così come quelle dei ChVEPs, nei pazienti
con Alzheimer differivano da quelli delle stesse risposte per stimoli di luminanza Giallo-Neri (p<0.01).
Conclusioni: Il deficit evidenziato nelle risposte derivanti dalla stimolazione del sistema magnocellulare provano un difetto selettivo della via Magno-cellulare nella malattia di Alzheimer.
300
POTENZIALI EVOCATI
NMO spectrum disorder e neuriti ottiche: PEV sono utili?
L. Straffi, M. Radaelli, M. Bianco, JJ. Gonzalez-Rosa, L. Moiola, D. Dalla Libera, M. Rodegher,
V. Martinelli, G. Comi, L. Leocani
Neurology Dep.t - INSPE; University IRCCS San Raffaele, Milan
Scopo: valutare se la presenza di IgG-NMO sia associata a differenti pattern di risposta ai potenziali
evocati visivi (PEV) in pazienti affetti da neuromyelites optica spectrum of disorders (NMOsd) con
neurite ottica (NO).
Metodi: abbiamo raccolto retrospetticamente i dati clinici, immunologici e neurofisiologici di 28
pazienti affetti da NMOsd, che abbiano presentato almeno una NO (16 pazienti bilaterale e 12
unilaterale). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a PEVs check-size 15’ e ricerca positività su siero
IgG-NMO.
NO bilaterale era presente in 6/11 pazienti (55%) Ig-NMO positivi e 10/17 pazienti (59%) IgGNMO negativi. È stata valutata la presenza e la latenza della risposta ai PEV sia nell’occhio affetto
che nel sano.
Risultati: La risposta PEV è registrata in tutti gli occhi non affetti. Non abbiamo trovato differenza
significative sulla latenza della P100 nell’occhio sano tra pazienti positivi o negativi per IgG-NMO.
Nell’occhio colpito da NO, la presenza di IgG-NMO era significativamente associate ad una maggiore frequenza di assenza della risposta PEV (70% vs 36%; p=0.02 Fischer). Quando nell’occhio
affetto registravamo una risposta PEV (5 IgG-NMO positivi and 17 IgG-NMO negativi), non abbiamo rilevato associazioni tra un aumento della latenza della risposta e la positività o negatività degli
IgG-NMO.
Conclusioni: Il principale risultato emerso dal nostro studio depone per una maggior frequenza
di assenza di risposta PEV dopo NO in pazienti positivi per IgG-NMO con NMOsd. Questo dato
potrebbe essere dovuto al processo patologico caratterizzato da un precoce e severo danno assonale
associato alla presenza di IgG-NMO. Se confermato da studi futuri, questo risultato potrebbe aumentare l’importanza dei PEV nella diagnosi differenziale tra NMOsd.
301
Congresso Nazionale
ECCITABILITÀ del sistema
Alternante DELL’INFANZIA
Somatosensoriale
nell’Emiplegia
C. Vollono, S. Rinalduzzi, R. Miliucci, F. Vigevano, M. Valeriani
Headache Center, Neurology Division, Pediatric Hospital ‘Bambino Gesù’ IRCCS, Rome
Scopo dello studio: L’Emiplegia Alternante dell’Infanzia (AHC) è una rara malattia neurologica ad
eziologia sconosciuta, caratterizzata da attacchi parossistici di emiplegia. I test diagnostici effettuati
sui pazienti e sulle loro famiglie sono generalmente normali. Lo scopo dello studio è stato quello di
valutare il ciclo di recupero dei potenziali evocati somatosensoriali (PES), un marker di eccitabilità
del sistema somatosensoriale, in un gruppo di bambini affetti da AHC sia durante la fase critica che
durante la fase intercritica.
Metodi: Sono stati reclutati 7 pazienti (età media 14,9 anni, range 4-34 anni; 4 femmine, 3 maschi)
con AHC. Sono stati registrati i PES da stimolazione del nervo mediano al polso sia destro che
sinistro. I PES sono stati registrati mediante quattro elettrodi posizionati: al punto di Erb omolaterale alla stimolazione (Erbi), alla 6a vertebra cervicale (C6), nella zona parietale controlaterale alla
stimolazione (P3/P4), e nella regione mediana frontale (Fz). L’eccitabilità del sistema somatosensoriale è stata valutata mediante il calcolo delle modificazioni dei potenziali dopo un doppio stimolo
elettrico con 5 ms, 20 ms e 40 ms di intervallo interstimolo (ISI), rispetto al singolo stimolo assunto
come baseline. Tutti i pazienti sono stati studiati durante la fase intercritica, mentre i PES sono stati
registrati anche durante la fase critica in 4 pazienti. Sono stati studiati, con la stessa metodica neurofisiologica, anche 10 soggetti di controllo (CS).
Risultati: Nei pazienti affetti da AHC in fase intercritica, è stato evidenziato un ciclo di recupero
ridotto del potenziale N13 cervicale e dei potenziali corticali N20, P24 e N30, ad ISI di 20 e 40 ms,
rispetto ai controlli (two-way ANOVA, P <0.05). Inoltre, nei pazienti AHC in fase critica, il ciclo di
recupero del potenziale cervicale N13 e del potenziale N20 corticale sono risultati allungati (twoway ANOVA, P <0.05) rispetto alla fase intercritica.
Conclusioni: Il principale risultato del nostro studio è rappresentato da un ciclo di recupero dei PES
ridotto nei pazienti affetti da AHC durante la fase intercritica, e ciò suggerisce un’ipereccitabilità
della corteccia somatosensoriale, a diversi livelli, nei pazienti affetti da AHC. Il reset di questo fenomeno, durante la fase critica, riflette probabilmente un tentativo di ripristino funzionale del sistema
somatosensoriale.
Questo è il primo studio che mostra una disinibizione del sistema somatosensoriale nell’AHC. Questa anomalia e la sua inversione durante l’attacco nell’AHC possono essere correlate con i meccanismi fisiopatologici della malattia.
302
POTENZIALI EVOCATI
Indice Autori
Achene A. . ...................................................294
Acler M. .......................................................283
Actis M.V. ....................................................262
Aiello I. ................................................223, 294
Aito S. ..........................................................293
Albanese A. ..................................................151
Albertì M.A. . ...............................................174
Alibardi A. ...........................144, 212, 213, 215
Aloise F. .........................................................24
Amabile G.A. .......................................173, 179
Amadio S. ..............48, 175, 257, 282, 285, 291
Amantini A. . ..................................11, 132, 244
Amarù S. ......................................................131
Ambrosini A. . ................................69, 160, 218
Amen G. . .............................................187, 188
Ammannati A. ..............................................293
Anastasio M.G. ....................................173, 179
Angelini A. . .................................................241
Aretini A. .....................................................158
Astolfi L. ........................................................24
Audenino D. . .......................................245, 277
Avanzino L. . ................................................201
Babiloni F. . ....................................................24
Balconi G. ....................................................119
Baldasseroni A. ............................................158
Baldino G. ....................................................245
Balestri P. ...............................................57, 135
Balter R. .......................................................139
Bana C. ........................................................227
Banfi P. .................................................231, 232
Barba C. .......................................................133
Barbieri S. ....................................................151
Bargagli E. ...................................................177
Barloscio D. .................................................197
Barreca C. ....................................................178
Bartolo M. ............................................160, 218
Battaglini P.P. ...............................................269
Battista D. ....................................................267
Beghi E. .......................................................260
Berardi N. ....................................................150
Bergmann T.O. .............................................205
Berra E. ................................................184, 236
Bertasi V. . ....................................................283
Bertolasi L. ............................39, 139, 176, 283
Bertolotto A. ........................................184, 236
Bettegazzi M. ...............................................232
Biagioli M. ...................................................177
Bianco G. .............................................149, 203
Bianco M. ............................................291, 301
Biasella A. ....................................178, 228, 230
Biasiotta A. ..................................169, 170, 217
Biffi A. .........................................................285
Biguzzi S. . ...........................................248, 250
Bo G.P. .........................................................245
Bocci T. ..........................................17, 197, 300
Bocci Te. ..............................................197, 300
Bolla M. .........................................................76
Bonanni E. ...................................................278
Bongiovanni L.G. .........................185 187, 188
Bonizzoli E. .................................................244
Borgheresi A. ...............................150, 204, 274
Borghetti D. .................................................300
Borio A. . ..............................................137, 242
Bove M. .......................................................201
Bozzao A. . ...................................................241
Brienza M. ...........................................173, 179
Brighina F. ...................143, 198, 209, 211, 216
Brignani D. ..........................................207, 268
Brigo F. ........................................139, 176, 283
Budai R. ...............................................248, 250
Busan P. . ......................................................269
Butera C. ..............................................257, 285
Cabboi M.P. .................................................294
Cacciatori C. ........................................164, 165
Cadossi R. ....................................................199
Caldarazzo Jenco E. .....................................183
Caleo M. ................................................17, 197
Caliandro P. ..........................................189, 226
Cambiaghi M. ..............................................292
Cambiaso M. ................................................245
Cantello R. .............................79, 147, 195, 263
Capasso M. ..................................................180
Capellari A. ..................................................138
Capone F. .............................................199, 260
Capone J.G. . ................................157, 194, 225
Caporaso G. .........................................168, 193
Caramelli R. .........................................229, 293
Cardinali C. ..................................................267
305
Congresso Nazionale
Carrabba G. ..................................................247
Carrai R. . .............................................132, 244
Casetta I. ......................................................235
Cassardo A. ..........................................229, 293
Cassola P. .....................................................245
Casula N. . ....................................................194
Caulo M. ......................................................288
Cavaggioni D. ......................................187, 188
Cavinato M. .................................................272
Cazzarolli C. ........................................164, 165
Centonze D. ...................................................31
Ceppi D. .......................................................234
Cerbo R. .......................................................145
Cerri F. .................................................175, 271
Cevenini G. ..................................................286
Chesi E. ........................................................262
Chiaramonti R. . ...........................................273
Chieffo R. . ...........................200, 234, 259, 264
Ciaramitaro P. ..............................137, 242, 243
Cilia R. ...........................................................87
Cincotta M. ....................99, 150, 204, 273, 274
Cincotti F. . .....................................................24
Cioni G. . ........................................................60
Civardi C. . ...................................................263
Cocito D. ..............................................171, 243
Colamartino E. .............................................231
Collini A. . ....................................................263
Colombo B. ..................................................276
Comi G. .29, 175, 200, 234, 257, 259, 264, 270,
271, 276, 282, 285, 291, 292, 301
Comola M. ...........................................264, 282
Conti C. ................................................248, 250
Conti M. .......................................................294
Coppi E. ...............................200, 234, 259, 264
Coppola G. ...144, 160, 212, 213, 215, 218, 220
Coraci D. ......................................................174
Cortelli P. .....................................................191
Cosentino G. ........................................143, 211
Cossu P. ........................................................294
Costa P. ........................................137, 242, 243
Critelli A. .....................................................157
Cruccu G. ...............67, 141, 169, 170, 193, 217
Cruciata G. ...................................................201
Crupi D. .......................................................201
Curcio M. .....................................................177
Currà A. . ..............................144, 212, 213, 215
306
Cursi M. ...............................................175, 292
d’Agostino V.C. ...................................145, 295
D’Andrea G. ................................................241
Dall’Ora E. . .................................................283
Dalla Libera D. ............................................301
de Scisciolo G. .....................................229, 293
De Grandis D. ................................92, 109, 113
De Lucia M.C. .....................................145, 295
De Massari D. ..............................................272
De Paoli I. ......................................................76
De Pasqua V. ................................................220
De Rossi D. ..................................................183
De Tommaso M. . ...........53, 162, 166, 211, 216
De Toni Franceschini L. . .............175, 282, 285
De Vico Fallani F. ..........................................24
Defourville E. . .............................................131
Del Carro U. .109, 175, 257, 271, 282, 285, 291
Del Corso F. .........................................229, 293
Del Popolo G. ..............................................229
Del Sordo E. . ...............................................267
Della Coletta E. . ..................................182, 235
Della Mora A. ..............................................269
Deluca N. .....................................................131
Deriu F. ........................................................294
Devigili G. ...................................................157
Devitofrancesco V. .......................................166
Di Chiara G. ...................................................81
Di Iorio R. ....................................................199
Di Lazzaro V. .........................57, 135, 199, 260
Di Pasquale A. .............................................226
Di Russo F. . .................................................274
Di Sapio A. . .........................................184, 236
Di Stasi V. ............................................191, 192
Di Stefano G. .......................................169, 170
Di Stefano V. ................................................282
Didonè G. . ...................................................283
Dileone M. ...........................................199, 260
Dini D. .........................................................132
Domenici L. .................................................300
Donadio V. ...........................................191, 192
Donati M. .....................................................229
Dotti M.T. ....................................................286
Dubbioso R. .................................................181
Duca S. . .......................................................236
Egidi M. .......................................................247
Eleopra R. ....................................157, 248, 250
POTENZIALI EVOCATI
Elia P.A. .......................................................257
Ermani M. ....................................................138
Esposito M. ....................................................96
Estraneo A. . .........................................239, 251
Faccani G. ............................................243, 262
Fadiga L. ..............................101, 149, 248, 250
Fallica E. ......................................................225
Famà I. .........................................................241
Familiari P. ...................................................241
Fattapposta F. .......................125, 145, 279, 295
Fazio R. ........................................................271
Federico A. . .........................................286, 287
Federighi P. ..........................................286, 287
Ferlisi M. . ............................................139, 176
Ferrante L. . ..................................................241
Ferrarelli F. . .................................................202
Ferrari A.R. ..................................................133
Ferreri F. . .....................................................202
Feurra M. .....................................149, 203, 273
Fiaschi A. .............................139, 164, 187, 188
Fierro B. .................79, 143, 147, 198, 211, 216
Filippi M. .....................................................270
Filippou G. ...........................................177, 230
Florio L. ...............................................199, 260
Foscato C. ............................................164, 165
Fossi S. . ...............................................132, 244
Franci L. . .....................................................177
Franzini A. ...................................................151
Frasca V. . .......................22, 170, 217, 255, 281
Frasson E. ............................................139, 283
Frisullo G. ....................................................260
Fumagalli M. . ..............................................151
Gabbanini S. ................................................132
Gabriele M. ..........................170, 217, 255, 281
Gaeta M. ......................................................233
Gaglini P.P. ...................................................137
Galardi G. ....................................................279
Galli R. . .......................................................278
Galluzzo S. . ...................................................76
Gastaldo E. . .........................182, 194, 225, 235
Gensini G.F. .................................................244
Ghilardi M.F. . ..............................................201
Giacobbi M. .........................................137, 242
Giacomelli E. .......................217, 255, 281, 295
Giannicola G. .......................................151, 247
Giannini F. ...............................15, 17, 177, 228
Giannoccaro M.P. . ...............................191, 192
Giglia F. ...............................................211, 216
Giglia G. ..............................143, 198, 211, 216
Gilio F. .........................................217, 255, 281
Ginanneschi F. .............................178, 228, 230
Giorgi F. .......................................................278
Giorli E. .........................................17, 197, 300
Giovannelli F. . .............................150, 204, 273
Girlanda P. . ....................................89, 258, 261
Gobbo M. .....................................................113
Gonzalez-Rosa J.J. ......200, 259, 270, 271, 291,
292, 301
Gori A. .........................................................245
Gorini M. .............................144, 212, 213, 215
Granata G. ............................................174, 226
Granieri E. . ..................................................235
Greco G. . .....................................................177
Green P.A. ....................................................201
Gregorini F. ..................................................231
Grippo A. .............................................132, 244
Guerriero R. .........................................257, 282
Guerrini R. ...................................................133
Iacovelli E. ...................170, 217, 255, 281, 295
Iadanza A. ....................................................284
Iannotti M. ...................................................239
Inghilleri M. ....22, 37, 170, 217, 241, 255, 281,
295
Innocenti I. ...................................................204
Insola A. .......................................................249
Inuggi A. ......................200, 259, 264, 270, 271
Iodice R. . .....................................................181
Isoardo G. ............................137, 242, 243, 262
Iudice A. . .....................................................278
Judica E. . .....................................................282
Jüenemann C. . ......................................137,242
Kotchoubey B. .............................................127
La Cesa S. ............................................169, 170
Lamberti P. ...................................................166
Lang S. .........................................................127
Lanteri P. ..............................................157, 237
Lanzillo B. ...........................................168, 239
Laricchia D. .................................................245
Lazzeri C. . ...................................................132
Le Pera D. ....................................................222
Leocani L. ...200, 234, 259, 264, 270, 271, 276,
291, 292, 301
307
Congresso Nazionale
Leone C. . .....................................................169
Lettieri C. .....................................157, 248, 250
Libanore M. .................................................225
Liguori R. . ...................................171, 191, 192
Lino M. ........................................................273
Liotta G. .......................................174, 226, 258
Livrea P. .......................................................166
Lo Coco D. . .........................................298, 299
Locatelli M. . ................................................247
Locuratolo N. .......................................145, 295
Lombardi C. .........................................231, 232
Lopez I.D. ....................................................175
Loreto V. ..............................................239, 251
Lori S. ............................................................62
Lucchetta M. ................................................174
Luda di Cortemiglia E. . ...............................131
Lullo F. .........................................................239
Määttä S. ......................................................202
Maderna L. . .........................................231, 232
Magnano I. ...................................................294
Malentacchi M. ............................................184
Manfredi M. ...................................................45
Manganelli F. .......................................181, 223
Mannarelli D. .......................................145, 295
Manni R. ......................................................107
Mantovani A. .................................................83
Manzoli C. ...................................................180
Marceglia S. .........................................151, 247
Marciani M.G. .......................................24, 265
Mariani C. ....................................................227
Marini C. ..............................133, 217, 255, 281
Marini Bettolo C. .........................217, 255, 281
Marmolino S. .......................................137, 242
Marotti C. . ...................................................178
Marradi P. . ...................................................139
Martinelli V. .................................276, 291, 301
Maruotti V. ...................................................288
Mascalchi M. ...............................................111
Massimini M. ...............................................128
Mastrillo A. ..................................................105
Mastroeni C. ................................................205
Mattaliano A. ...............................................298
Mattaliano P. ........................................198, 232
Mattia D. ........................................................24
Mazzeschi E. ........................................132, 244
Mazzini L. ....................................................263
308
Mazzocchio R. .............................................228
Mazzone P. ...................................................249
Mecarelli O. .....................................................9
Medaglini S. . ...............................................291
Melani F. ......................................................133
Merico A. .....................................................272
Merola A. .....................................................236
Mervaala E. ..................................................202
Messina C. ...................................................258
Messina S. ............................................231, 232
Meuniera S. ..................................................256
Migliaccio L. . ..............................................244
Migliaro G. ..................................................245
Milani P. .......................................................230
Miliucci R. ...........................................222, 302
Minciotti I. ...................................................189
Minicuci G. ..................................................199
Ministeri C.M. .............................296, 298, 299
Miniussi C. . .........................202, 207, 268, 273
Modica A. ....................................296, 298, 299
Moiola L. .............................................291, 301
Moisello C. ..................................................201
Monaco F. ....................................................263
Moncini E. ...................................................150
Mondani M. .........................................248, 250
Mondelli M. .................................................158
Monetti C. ....................................................225
Mongini T. . ....................................................47
Montecucco C. ...............................................91
Monti F. . ......................................................269
Mora G. ..........................................................20
Morelli C. . ...........................................231, 232
Moretta P. .............................................239, 251
Morgante F. ............................93, 205, 258, 261
Mortola P. . ...................................................245
Mrakic-Sposta S. . ................................151, 247
Müller F. . .....................................................127
Murri L. . ..........................7, 130, 197, 278, 300
Muscas G. ................................................7, 130
Musumeci G. . ......................................199, 260
Naro A. . ...............................................201, 261
Nascimbene C. .............................................227
Nilo R. . ........................................................271
Nolano M. ....................................168, 185, 193
Notturno F. ...........................................180, 288
Oggioni G. ...................................................263
POTENZIALI EVOCATI
Olivo G. .......................................................132
Oliynyk A. . ..........................................248, 250
Origlia N. .....................................................300
Orizio C. ......................................................113
Orsini P. . ......................................................300
Osio M. ........................................................227
Padua L. .......................................174, 189, 226
Palermo A. ...........................................143, 216
Pallanti S. .......................................................82
Palmitessa A. . ..............................................262
Paluani F. .............................................187, 188
Panetta M. ............................................198, 211
Parisi L. ................................................173, 179
Parisi V. ................................................212, 213
Parodi C.I. ....................................................245
Pasqualetti P. ................................................202
Pasquetto L. .........................................187, 188
Pauletti C. ............................................145, 295
Pauletto G. ...........................................248, 250
Pazzaglia C. .................................................226
Pelliccia V. ...................................................278
Pellicciari M.C. ............................................268
Pelliccioni G. .................................................40
Perani D. ......................................................284
Peretta P. ......................................................137
Perini D. .......................................................278
Peris A. . .......................................................244
Perrotta A. ....................................160, 162, 218
Piccione F. . ..................................................272
Pichiorri F. ...........................170, 217, 255, 281
Pierelli F. ......144, 160, 212, 213, 215, 218, 220
Pilato F. ................................................199, 260
Pinto F. ...........................67, 132, 141, 244, 293
Pioggia G. ....................................................183
Pirini M. .......................................................272
Pirulli C. . .....................................................273
Pisciotta C. ...................................................181
Piu P. ............................................................228
Pizzanelli C. .................................................278
Pizzolato G. . ................................................269
Pizzorusso T. ................................................150
Poggi A. .......................................................264
Pohlmann I. ..................................................205
Polizzotto N.R. . ...........................................203
Polo A. .........................................................289
Ponzo D. ......................................................202
Popa T. .........................................................256
Porciatti V. . ..................................................300
Porretta E. ............................................212, 213
Porta M. .......................................................151
Praitano M.L. .......................................164, 165
Pravettoni G. ................................................151
Pretegiani E. . .......................................286, 287
Primavera A. ................................................277
Priori A. . ......................................151, 170, 247
Profice P. ..............................................199, 260
Provitera V. ..........................................168, 193
Provvedi E. ..................................................293
Pujia F. .................................................173, 179
Pulizzi A. . ....................................................184
Puma A. . ..............................................198, 211
Quartarone A. .99, 195, 201, 205, 256, 258, 261
Quatrale R. ...................182, 194, 225, 235, 237
Quattrini A. ..................................................175
Radaelli M. ..........................................291, 301
Ragazzi P. . ...................................................137
Ragazzoni A. ........................204, 267, 273, 274
Rampini P. ....................................................247
Ranieri F. . ............................................199, 260
Ratto S. ........................................................245
Ravanello E. . ...............................................245
Ravenni R. ...................................................121
Restani L. .....................................................197
Ricci G. ........................................................183
Ricciardi B. ..................................................232
Ricciardi L. ..................................................258
Riccitelli G. ..................................................270
Rinaldo S. ....................................157, 248, 250
Rinalduzzi S. ................................................302
Risitano G. ...................................................261
Ritter C. . ......................................................205
Rizzo S. ........................................................198
Rizzo V. . ..............................................258, 261
Rocca M.A. ..................................................270
Rodegher M. ........................................291, 301
Romano M. ....................................................37
Romito L. .....................................................151
Rosa M. ........................................................151
Rosini F. ...............................................286, 287
Rossi A. ..................17, 149, 178, 203, 228, 230
Rossi C. ..........................................................17
Rossi L. ........................................................247
309
Congresso Nazionale
Rossi P. . ...............................................276, 282
Rossi S. ........102, 149, 197, 203, 204, 253, 273
Rossini F. .............................................187, 188
Rossini P.M. ...........................................33, 202
Rosso I. ........................................................262
Rubboli G. . ....................................................51
Rufa A. .................................................286, 287
Ruggiero L. ..................................................181
Ruoppolo G. . .........................................22, 281
Russo G. . .....................................................189
Russo M. ..............................................256, 261
Sabatelli M. ..................................................260
Salinari S. . .....................................................24
Salis A. .........................................................294
Sallemi G. ....................................................233
Saltalamacchia A.M. ............................168, 239
Sandrini G. .............................76, 160, 162, 218
Santoro L. ..............89, 168, 181, 193, 239, 251
Santostasi R. ................................................166
Santus G. ........................................................92
Saracino A. . .................................................288
Sartucci F. ......................................17, 197, 300
Sassi M. . ......................................................151
Sau G.F. . ......................................................294
Sava S.L. ......................................212, 213, 220
Savasta S. .....................................................133
Scalia S. .......................................................211
Scarpelli S. ...................................................244
Scarselli C. ...................................178, 228, 230
Schettino I. .............................................22, 281
Schiavone V. ........................................229, 293
Schoenen J. ..................................................220
Sensi M. .......................................................194
Serpella C. . ..................................................131
Serpino C. ....................................................162
Serrao M. .............................................160, 218
Servello D. ...................................................151
Sette E. .................................................194, 225
Setti S. ..........................................................199
Siciliano G. ..........................................183, 278
Siebner H.R. . ...............................................205
Silani V. . ..............................................231, 232
Silvestri G. ...................................................189
Sirimarco G. . ...............................................255
Skrap M. ......................................................250
Skrap Ml. .....................................................248
310
Spada D. . .............................................103, 284
Spagnolo F. ..........................200, 234, 259, 264
Spalletti M. ..................................................132
Sperli F. ................................................184, 236
Squintani G. .................................................113
Stancanelli A. .......................................168, 193
Straffi L. .......................200, 234, 259, 264, 301
Suppiej A. ..............................................59, 138
Talamanca S. ................................................143
Taliano G. . ...................................................285
Tamburin S. . ........................................164, 165
Tartaglia G. ..................................................281
Tartarisco G. . ...............................................183
Teneud L. .....................................................292
Terranova C. . .......................................258, 261
Tesfaghebriel H. ...................................257, 282
Testa L. . .......................................................263
Tettamanti M. . .............................................284
Tinazzi M. ....................................................289
Tola M.R. .............................182, 194, 225, 235
Tonali P.A. . ............................15, 189, 222, 260
Tononi G. .....................................................202
Tramacere L. ................................................274
Trojano L. ............................................239, 251
Troni W. ...............................................184, 236
Truini A. .......................155, 169, 170, 193, 217
Tugnoli V. . ...........157, 182, 194, 209, 225, 235
Ubiali E. .......................................................105
Ulivelli M. . ....................................................29
Uncini A. ........................................45, 180, 288
Ungari S. ......................................................285
Ungaro D. ............................................175, 285
Urban I. ................................................175, 257
Urban P.I. .....................................................257
Valente G.O. . .......................................173, 179
Valente S. .....................................................244
Valeriani M. ...................43, 155, 222, 249, 302
Valzania F. . ..................................................253
Vanotti A. .....................................................227
Vecchio E. ....................................................166
Velikova S. ...........................................276, 292
Veniero D. ............................................207, 273
Verga L. . ......................................................284
Vergari M. ....................................................170
Verriello L. ...........................................248, 250
Vicenzini E. . ................................................255
POTENZIALI EVOCATI
Vigevano F. ..................................................302
Viggiano M.P. ......................................150, 204
Vigneri S. .....................................................143
Vimercati O. . ...............................................257
Virdis D. . .....................................................222
Visigalli I. . ...................................................285
Vivalda L. . ...................................................131
Vollono C. ......................................72, 222, 302
Volontè M.A. . ..............................................234
Volpato C. ....................................................272
Volpi L. ........................................................183
Volpi N. ........................................................177
Zaccara G. ............................150, 204, 265, 274
Zaccaron A. ..................................................139
Zanette G. . ...........................................164, 165
Zappasodi F. .................................................288
Zappoli Thyrion R. ......................................125
311
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Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurofisiologia