GIUSTIZIA BARI
17 giugno
I VELENI CHE INQUINANO LA PROCURA DI BARI
Conflittualità con i colleghi e con gli avvocati, rischio di non imparzialità per via dei suoi
rapporti con l’ex direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino e con la sua amica Paola
D’Aprile (intercettata durante le inchieste baresi sulla sanità). Sono i motivi alla base della
procedura per trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale avviata a carico del
sostituto procuratore della Repubblica di Bari, Desirèe Digeronimo. La prima commissione
del Csm, conclusa la fase preliminare in cui sono stati ascoltati numerosi magistrati in
servizio negli uffici giudiziari baresi, ha aperto la procedura invitando l’ex pm antimafia a
Palazzo dei Marescialli per essere ascoltata il 9 luglio. A sollecitare la pratica sul magistrato
barese erano stati i togati di <<Area>>, dopo che il pm Digeronimo aveva inviato, assieme al
collega Francesco Bretone, al procuratore generale, al procuratore capo e a uno degli aggiunti
di Bari un esposto sul giudice barese Susanna De Felice, che nell’ottobre 2012 aveva assolto
il presidente della Regione Puglia: i due pubblici ministeri accusavano la giudice di essere
amica della sorella del governatore. Un’iniziativa che scatenò la reazione dei magistrati della
Procura di Bari. In 26 firmarono una lettera di solidarietà alla De Felice, criticando l’iniziativa
dei due pm. L’avvio della procedura di trasferimento nei confronti delle Digeronimo (che a
questo punto potrebbe, come ha fatto il procuratore Antonio Laudati, presentare richiesta di
trasferimento volontario) arriva proprio mentre sono state trasmesse a Lecce le carte sull’altra
pm barese Teresa Iodice, nell’ambito dell’inchiesta <<Gibbanza>> sulle sentenze tributarie
pilotate. Uno dei protagonisti di quell’inchiesta, il commercialista Gianluca Guerrieri (finito
in carcere a novembre 2010) è infatti il compagno della pm: dalle loro telefonate (e dal
verbale di interrogatorio del principale protagonista, Sandro Quintavalle) emerge che la Iodice
avrebbe assegnato alcuni incarichi di consulenza tecnica proprio a Quintavalle e ad altre
persone segnalate da Guerrieri. I magistrati salentini dovranno dunque chiarire se la Iodice
fosse consapevole del fatto che Quintavalle, nel suo ruolo di giudice tributario, aveva
fraudolentemente annullato il maxi-accertamento di 59 milioni a carico di una società tranese,
la Ingross, titolare dei magazzini Migro e cliente di Guarrieri. A trasmettere le carte a Lecce è
stata la pm antimafia Isabella Ginefra, titolare del fascicolo Gibbanza: l’iniziativa, hanno fatto
sapere fonti della procura, è stata intrapresa <<anche a tutela della collega>>
21 giugno
CONTRASTI ALLA PROCURA DI BARI
Per doverosa obiettività riportiamo integralmente la lettera inviata a La Gazzetta del
Mezzogiorno dall’avvocato della dottoressa Desirèe Digeronimo:
<<In none e nell’interesse della dott.ssa Desirèe Digeronimo, con riferimento agli articoli
pubblicati in data odierna su La Gazzetta del Mezzogiorno – dal titolo : “Digeronimo
voleva un favore da Nichi” (pagina nove), si comunica che con riferimento alle
Blog: osserbari.wordpress.com e-mail: [email protected]
Cell. : 3392922301 - 3476839372
affermazioni rese dalla signorina Patrizia Vendola la mia assistita ha presentato
denunzia sin dal 15 febbraio 2013 presso la Procura di Lecce, Quanto alle affermazioni
virgolettate di un magistrato impropriamente divulgate da un atto riservato inviato
esclusivamente alla mia cliente dal Consiglio superiore della magistratura esse verranno
documentalmente smentite nelle sedi competenti (Csm) in data 9 luglio 2013>>.
25 giugno
ANCORA SUI CONTRASTI ALLA PROCURA DI BARI
La Presidenza del Consiglio dei Ministri chiede di essere estromessa dal processo ritenendo di
non dover risarcire alcun danno, in caso di eventuale processo ed eventuale condanna degli
imputati. Una chiamata in causa, quella formalizzata nella scorsa udienza dalla dottoressa
barese Paola D’Aprile, sulla quale il gup deciderà all’udienza del 27 luglio prossimo. In
quella stessa data il magistrato salentino Cinzia Vergine scioglierà la riserva anche sulla
analoga richiesta avanzata il 25 giugno dal pm Desirèe Digeronimo. Entra nel vivo l’udienza
preliminare al termine della quale il gup deciderà se rinviare a giudizio o prosciogliere il
procuratore barese Antonio Laudati, che lascerà il posto perché già trasferito dal Csm alla
procura generale a Roma, e l’ex pm Giuseppe Scelsi, ora , su sua richiesta, sostituto
procuratore alla procura generale di Bari. Laudati rischia un processo con l’accusa di abuso
d’ufficio per aver indagato illecitamente su due magistrati del suo ufficio, i pm Scelsi e
Digeronimo, e di favoreggiamento personale aggravato per aver aiutato Gianpaolo Tarantini
e, indirettamente, l’allora premier Silvio Berlusconi ad ‘eludere’ le indagini sulle escort che
l’imprenditore barese aveva portato nelle residenze dell’allora premier tra il 2008 e il 2009.
Scelsi è accusato invece di abuso d’ufficio ai danni della collega Digeronimo per una indagine
estranea alle indagini sulle escort. Scelsi avrebbe intercettato, nell’ambito di un’inchiesta sulla
gestione della sanità pugliese, la collega Digeronimo e la sua amica Paola D’Aprile <<fuori
dai casi previsti dalla legge>>, avendo così aggredito <<indebitamente la loro personalità>>.
Di qui la citazione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri come responsabile
civile fatta dal magistrato e dal medico barese. Nell’udienza sono imputati anche sei
giornalisti accusati di aver diffamato Laudati, il quale, contro di loro, si è costituito parte
civile. Nessuno era presente in aula. Il gup per la prossima udienza deve anche decidere sulla
richiesta del procuratore di Bari, formulata dall’avvocato Angelo Pallara, di stralciare la
posizione dei due magistrati imputati da quella dei sei giornalisti accusati di diffamazione per
<<mancanza di connessione tra i fatti contestati>>. A determinare il rinvio dell’udienza del
25 giugno, dunque, è stata una questione preliminare, cioè la richiesta, da parte dell’avvocato
Alberto Melica, legale del pm Digeronimo (già costituitasi parte civile nei confronti di
Laudati e Scelsi), a citare la Presidenza del Consiglio dei ministri quale responsabile civile.
L’avvocato dello Stato, Fernando Musìo, ha chiesto di respingere la richiesta, ottenendo
comunque il rinvio dell’udienza per studiare la situazione. Il Governo – è la tesi – non ha
alcun titolo per stare in giudizio. Nella precedente udienza del 21 maggio scorso era stato il
medico Paola D’Aprile, a chiedere e ottenere la citazione della Presidenza del Consiglio dei
ministri quale responsabile civile. Una chiamata in causa alla quale il Governo si oppone.
Dopo lo scioglimento delle riserve sulle questioni preliminari, il 27 luglio è prevista la
requisitoria del procuratore di Lecce, Cataldo Motta, e dell’aggiunto Antonio De Donno, che
hanno coordinato le indagini sui colleghi baresi.
28 giugno
SENTENZE VENDUTE
Ora rischia il carcere. L’ex giudice del Tribunale di Bari Domenico Ancona potrebbe finire
dietro le sbarre. A maggio, infatti, è diventata esecutiva la condanna a tre anni per un episodio
di tentata concussione. Una pena che si somma a quella, sempre a tre anni, comminata in un
altro processo. Stesso destino per il geometra ed ex consulente del Tribunale Domenico
Lorusso, imputato e condannato insieme al giudice nei due processi, celebrati davanti al
Tribunale di Lecce. E spetterà, ora, alla procura salentina eseguire la condanna. Rimane da
capire però in che modo la pena sarà scontata. La prima sentenza a tre anni di reclusione,
inflitta ad Ancona e a Lorusso perché avrebbero chiesto ad un imprenditore una tangente da
150 milioni di vecchie lire promettendo una sentenza a lui favorevole è stata indultata. Il reato
(commesso anche dall’ex giudice Michele Salvatore che pure ha beneficiato della sanatoria)
risale, infatti, ad un periodo precedente al 2006. Ma con la pronuncia di un’altra sentenza,
diventata definita, il discorso cambia. Il secondo reato sarebbe stato commesso nell’arco di
cinque anni dal primo e questo di fatto comporterebbe la revoca del beneficio dell’indulto
anche per la prima sentenza. Un calcolo che ora i giudici, chiamati ad eseguire la seconda
pronuncia, stanno facendo. In altri termini,qualora questa interpretazione dovesse prevalere,
Ancona e Lorusso dovrebbero scontare non più tre, ma sei anni di carcere. Nell’ipotesi più
favorevole al giudice e al geometra, invece, i giudici potrebbero decidere l’affidamento in
prova ai servizi sociali, ma soltanto qualora la prima pena dovesse essere considerata coperta
dall’indulto. Un rebus che in queste settimane il Tribunale sta cercando di risolvere. La
seconda condanna è stata pronunciata perché Ancona e Lorusso sono stati giudicati colpevoli
per aver cercato di ottenere, nel febbraio del 2007, una tangente di quindicimila euro da una
imprenditrice che si era rivolta al Tribunale per chiedere un decreto ingiuntivo. E fu la donna
a denunciare il caso. L’inchiesta, nel febbraio del 2008, portò all’arresto di Ancona e Lorusso,
già coinvolti nella precedente inchiesta, partita sempre dalla denuncia della vittima.
10 ottobre
INCHIESTA ESCORT
Antonio Laudati sarà interrogato il 13 novembre prossimo a Lecce, dove si sta svolgendo
l'udienza preliminare relativa ai presunti illeciti nella gestione delle indagini sulle escort fatte
arrivare nelle residenze di Silvio Berlusconi. La data dell'interrogatorio, chiesto dallo stesso
Laudati, ormai ex procuratore capo di Bari, ora in servizio alla Procura generale della Corte
d'Appello di Roma, è stata fissata nell'udienza tenutasi ieri davanti al gup Cinzia Vergine in
un'aula al quarto piano del palazzo di giustizia leccese di viale De Pietro. Sempre ieri è stata
accolta la richiesta di acquisizione di nuovi documenti avanzata dai legali degli ex pm baresi
Giuseppe Scelsi e Desirée Digeronimo. È stata, inoltre, fissata al 21 febbraio prossimo la
discussione del rito abbreviato richiesto da Scelsi. Sul capo di Laudati pendono le accuse di
abuso d'ufficio e favoreggiamento. La tesi sostenuta dall'accusa, rappresentata ieri in aula dal
procuratore Cataldo Motta e dall'aggiunto Antonio De Donno, è quella che Laudati abbia
rallentato le indagini sulle ragazze approdate a Palazzo Grazioli, favorendo, quindi,
l'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini e, di conseguenza, anche l'ex premier Berlusconi.
Scelsi è, invece, accusato di abuso d'ufficio in relazione alle intercettazioni della collega
Desirée Digeronimo e dell'amica di quest'ultima, Paola D'Aprile. Entrambe si sono costituite
come parte civile chiamando in causa la presidenza del Consiglio dei ministri quale
responsabile dei danni che sarebbero stati prodotti da Scelsi con le sue
intercettazioni. Antonio Laudati, difeso dagli avvocati Angelo Pallara e Andrea Castaldo,
ciondolando nei corridoi del palazzo di giustizia fra una pausa e l'altra, in attesa che il gup
valutasse le domande di acquisizione delle nuove carte, è parso abbastanza sereno. Talvolta ha
pure abbozzato qualche sorriso chiacchierando con i suoi legali. «Affronto questo
procedimento fiducioso nell'azione della giustizia - ha spiegato Laudati prima della
conclusione dell'udienza protrattasi fino ad oltre l'una e mezzo del pomeriggio -, anche se il
procedimento mi pare un po' confuso. Sono pronto, ma non renderò alcuna dichiarazione in
aula. Attendo solo l'interrogatorio nel quale mi difenderò». I legali di Giuseppe Scelsi, Luigi
Covella e Andrea Sambati, hanno chiesto al giudice l'acquisizione degli atti riguardanti le
procedura per incompatibilità ambientale apertasi davanti al Consiglio superiore della
magistratura e quelli relativi alle vicende giudiziarie sulla sanità che hanno coinvolto l'ex
manager dell'Asl barese Lea Cosentino e Gianpi Tarantini. La difesa della Digeronimo, di
conseguenza, ha chiesto e ottenuto di depositare la memoria difensiva già consegnata dall'ex
pm barese al Csm, riguardante il suo procedimento per incompatibilità ambientale. L'avvocata
di Paola D'Aprile, Francesca Conte, aspetta, invece, di leggere la documentazione appena
depositata per valutare eventuali controdeduzioni. In precedenza il gup aveva rigettato la
richiesta dei legali di Antonio Laudati di separare le posizioni dei magistrati coinvolti
nell'inchiesta da quelle dei sei giornalisti accusati di diffamazione dall'ex procuratore capo di
Bari e trascinati tutti quanti nel procedimento. Nel luglio scorso era stata respinta anche la
richiesta presentata dall'Avvocatura dello Stato di estromettere dal procedimento la presidenza
del Consiglio dei ministri. Da tempo la procura di Bari è al centro di uno scontro fra toghe,
che ha provocato grandi polemiche non soltanto in Puglia. Il caso è approdato infatti anche al
Consiglio superiore della magistratura e in più occasioni è finito anche al centro del dibattito
politico. Ma adesso, dopo una lunga serie di dichiarazioni e controdichiarazioni, la vicenda
approda alla fase giudiziaria
E Scelsi “interroga” i suoi ex colleghi battaglia di denunce con la Digeronimo
C’è una cartellina piena di atti a certificare la guerra fredda che fino a qualche mese fa è
andata in scena nei corridoi della procura di Bari. E a destinare probabilmente questo processo
a procedere alla velocità di un bradipo caduto in un pantano. A depositare la cartellina in
un’aula di tribunale è stato ieri il sostituto procuratore generale, Pino Scelsi, che da pm per
primo mise in piedi l’inchiesta sulle escort. All’interno ci sono le deposizioni dei suoi colleghi
che raccontano quella nebulosa che si sarebbe sviluppato attorno alle inchieste sulla gestione
della sanità pugliese. Scelsi ha chiesto e ottenuto dal giudice per l’udienza preliminare che
venissero acquisiti agli atti dell’inchiesta leccese i documenti prodotti al Consiglio superiore
della magistratura (Csm) nel procedimento a carico del sostituto, Desirèe Digeronimo, poi
interrotto per il trasferimento del magistrato a Roma: si tratta delle deposizioni di dieci
colleghi. A questo devono aggiungersi le conclusioni a cui è arrivata la prima commissione,
che chiese il trasferimento della Digeronimo poi saltato proprio perché la pm chiese
autonomamente di andare via da Bari. Il colpo di scena nell’udienza di ieri è però arrivato
quando Scelsi ha chiesto di depositare anche alcune indagini difensive: sono nuovi
interrogatori — quello dei pm Nitti, Pontassuglia, del colonnello Salvatore Paglino e del
fratello di Scelsi, un medico che finì indirettamente in un’intercettazione disposta dalla
Digeronimo — e alcune delibere della Asl che testimonierebbero la bontà di quanto
raccontato dai magistrati. In questo è centrale un passaggio della relazione con la quale la
prima commissione del Csm proponeva il trasferimento della Digeronimo. «Se le circostanze
— scrivevano — e i fatti emersi audizioni rispondono a verità, alcuni rapporti amicali sono da
lei gestiti con una disinvoltura incompatibile con il ruolo svolto, tanto più che talvolta si
intrecciano con vicende processuali pendenti presso la Procura barese o di cui, addirittura, lei
è assegnataria ». «Ci si riferisce, in particolare, alle relazioni con Patrizia Vendola, sorella del
presidente della regione Puglia, con la dottoresse Lea Cosentino, direttore della Asl di Bari,
con la dottoressa Paola D’Aprile, medico personale di quest’ultima». «Risulta — scriveva la
commissione alla Digeronimo — che lei abbia insistentemente chiesto alla sua amica Patrizia
Vendola di far da intermediaria con il fratello, presidente della Regione, “per sistemare, per
dare un incarico al fidanzato dell’epoca». Agli atti sono finite poi quelle che «un sostituto
procuratore» ha raccontato al Csm come «cinque ore di un incubo». «La sua collega — scrive
la commissione in uno dei documenti depositati ieri — ha raccontato che era stato bandito un
concorso per un posto di primario di neuro-radiologia, cui partecipavano sia Paola D’Aprile,
sia il suo odiatissimo fidanzato. Per favorire la dottoressa D’Aprile, la Cosentino le aveva
attribuito il posto di primario facente funzioni per la durata di sei mesi, in attesa
dell’espletamento del concorso per il posto medesimo. E il suo commento ricorrente a questa
non commendevole operazione è stato: «Brava Lea! Voglio vedere la faccia di quello quando
perde, vorrei proprio stare lì». Circostanze queste — come molte altre racchiuse nella
relazione del Csm — che però la Digeronimo ha sempre bollato come false. Tanto da
denunciare per calunnia sia Patrizia Vendola sia i colleghi che avevano testimoniato davanti al
Csm, tanto che proprio per questo motivo è possibile che l’indagine da Lecce si sposti a
un’altra procura per una questione di competenze. Tra l’altro, non è stato solo Scelsi a
depositare ieri atti. Anche l’avvocato della Digeronimo, Alberto Melica, ha depositato la
denuncia per calunnia presentata dalla sua assistita insieme con la memoria con la quale
chiedeva al Csm il trasferimento. Una querela nella quale affrontava punto per punto le accuse
che le venivano mosse denunciandone «l’illogicità cronologica» e chiedendosi il perché, per
esempio, Patrizia Vendola non avesse denunciato prima quel suo presunto tentativo di
raccomandazione per il fidanzato dell’epoca. «Tutto ciò — si legge nelle 18 pagine — che è
evidenziato nella comunicazione relativa alla mia amicizia con la D’Aprile, amica della
Cosentino, evidentemente ritenuta strumentale a favorire la Cosentino sarebbe interessante
comprendere in che modo io abbia favorito la Cosentino, da me al contrario rinviata a
giudizio, e per la quale non ho mai speso una parola nei confronti di nessuno ».
23 ottobre
TRIBUNALE – CERCASI GIUDICE
Il processo "sanità" è ancora orfano di un giudice. Per la terza volta consecutiva, infatti, è
stata rinviata l'udienza in attesa che venga nominato dal presidente del Tribunale, il magistrato
che se ne dovrà occupare. Il processo era praticamente alle battute finali, il procuratore
aggiunto aveva già fatto le richieste di condanna e le difese avevano quasi concluso. Ma per il
mancato rinnovo dell'applicazione del gup, il procedimento si è bloccato con il rischio
concreto che debba persino ricominciare daccapo. La difficoltà maggiore sta nel fatto che il
presidente del Tribunale quasi certamente avrebbe dovuto affidare il processo ad un giudice
che non faceva parte dell'ufficio gip-gup. Il motivo? Tutti i magistrati ritenuti incompatibili
perché si sono già espressi sul procedimento penale durante la fase delle indagini preliminari,
avendo già avuto un ruolo non avrebbero potuto, per legge, tornare ad occuparsi del
fascicolo nato da uno stralcio dell'inchiesta che ha visto imputato l'ex senatore Alberto
Tedesco.
20 novembre
MANCANO I GIUDICI PROCESSI DIMEZZATI
Le carenze di organico non sono state coperte e così il presidente del Tribunale per alleggerire
il carico di lavoro dei gip gup in servizio a Bari ha firmato una circolare che li obbliga a non
svolgere più di due udienze al mese, con una riduzione di poco meno di 200 procedimenti al
mese. Una decisione inevitabile, «sono eroici per quello che fanno» dice il presidente, che avrà
una conseguenza: il numero di processi che sarà celebrato al mese calerà, sino a quasi
dimezzarsi. Il problema dell’ufficio gip gup è noto. E’ stato al centro di lettere e di richieste,
indirizzate anche al Consiglio Superiore della Magistratura. I giudici in servizio, così come
prevede la pianta organica, dovrebbero essere 15 e invece attualmente sono dieci. Chi ha
chiesto e ottenuto il trasferimento (due nell’ultimo anno) non è stato sostituito e anche
l’incarico di capo dell’ufficio non è stato assegnato (la scelta della commissione all’attuale
presidente del Tribunale per i Minorenni, ma la sua nomina non è stata ancora formalizzata dal
plenum). Così i dieci giudici in servizio devono far fronte ad un eccessivo carico di lavoro
perché oltre alle udienze preliminari o ai processi con i riti dell’abbreviato, i gip si devono
pronunciare sulle richieste di proroga delle indagini, di autorizzazione delle intercettazioni,
sulle richieste di misura cautelare, sulle convalide degli arresti, senza contare, ancora, le
centinaia di richieste di decreto penale di condanna, spesso smaltite da vice procuratori
onorari.
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