Bologna, 19 Novembre 2015
Master in Sicurezza e protezione ambientale
nell'industria Oil & Gas
Rischio meccanico: sicurezza impianti
Prof. Ing. Cesare Saccani
Dr. Ing. Marco Pellegrini PhD
Department of Industrial Engineering (DIN) - University of Bologna
Viale Risorgimento 2, 40136, Bologna – Italy
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
2
Introduzione
Modelli di organizzazione e di gestione (Art. 30 TU)
“Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente
della responsabilità amministrativa […] deve essere adottato ed efficacemente
attuato.”
Che cos’è un sistema di gestione?
E’ la progettazione e l’attuazione di una serie di flussi informativi e fisici
finalizzati all’organizzazione di un certo tipo di processo.
Come opera un sistema di gestione?
Sulla base della sequenza ciclica delle fasi di:
- pianificazione
- attuazione
- monitoraggio
- riesame sistema
3
Introduzione
Modelli di organizzazione e di gestione (Art. 30 TU)
In sede di prima applicazione, si presumono conformi ai requisiti richiesti dal
Testo Unico i seguenti sistemi di gestione:
- Linee Guida UNI INAIL del 28 Settembre 2001
- OHSAS 18001:2007
I modelli di gestione indicati sono per loro natura generali e ciò comporta, per
una efficace attuazione, la necessità di numerose declinazioni specifiche del
sistema, ovvero di una notevole serie di percorsi applicativi.
Questi, a loro volta, generano una complessità gestionale che può entrare in
conflitto con l’attività corrente dell’impresa, generando difficoltà maggiori nella
piccola piuttosto che in quella medio grande.
“Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono
essere indicati dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e la
Sicurezza sul Lavoro”.
4
Introduzione
Le attività e i percorsi lavorativi previsti dal sistema di gestione devono
ricomprendere
una
casistica
esaustiva
di
comportamenti
possibili
del
lavoratore, includendo quelli abnormi o esorbitanti rispetto all’azione ritenuta
corretta
e
consentendo,
pertanto,
di
definire
come
ragionevolmente
imprevedibili quelli che non vengano enunciati o ricompresi in sede di
progettazione del sistema.
Come definisco la imprevedibilità di un evento?
5
Introduzione
Dal punto di vista tecnico, non è corretto definire come prevedibile un evento
unicamente se è possibile immaginarlo; allo stesso modo, un evento non
diventa prevedibile in seguito al suo accadimento (ex-post).
Appare più corretta l’accezione di evento ragionevolmente prevedibile, che crea
un legame tra la prevedibilità e la probabilità del verificarsi dell’evento.
Prevedibilità: concetto che non ha riscontro nelle normative tecniche relative
alla sicurezza sul lavoro.
Probabilità (UNI 11230): “misura o stima della possibilità che un evento ha di
verificarsi” (nota: nel futuro).
6
Introduzione
L’osservazione della realtà dell’impresa produce un numero di dati rilevanti che,
attualmente, non fanno parte del flusso informativo di ritorno tra impresa ed
Enti pubblici interessati.
1
25
200
1.000
1
Infortunio
Incidente minore
Quasi incidente
Comportamento
a rischio
33
Mortale
Permanente
500
Temporaneo
2.500
Lieve
(Fonte: INAIL)
1.225 comportamenti rilevanti → 1 infortunio
3.700.000 comportamenti rilevanti → 1 infortunio mortale
7
Introduzione
Attraverso metodi statistici consolidati nella letteratura tecnica (ad esempio il
“Six Sigma”) è possibile individuare quei comportamenti la cui riduzione porta
ad un deciso calo del numero di infortuni.
Per esempio, ritenere sufficiente un livello di affidabilità pari al 99% in alcuni
settori può sembrare un’eccellenza, ma in altri risulta insoddisfacente.
Grado di affidabilità
Descrizione evento
Documenti postali smarriti
99% (2,6 sigma)
20.000 all’ora
99,9997% (6 sigma)
7 all’ora
Erogazione di acqua potabile non conforme 15 minuti al giorno
1 minuto ogni 7 mesi
Operazioni chirurgiche non corrette
5.000 a settimana
1,7 a settimana
Atterraggi aerei fuori standard
2 al giorno
1 ogni 5 anni
Prescrizioni mediche errate
200.000 all’anno
60 all’anno
Ore di black out elettrico
7 ore al mese
1 ora ogni 34 anni
(Fonte: M.Harry, 1987)
8
Introduzione
Quali strumenti sono attualmente disponibili per valutare prevedibilità e impatto
di un evento?
- indice di frequenza (IF): il rapporto tra il numero di infortuni ed il numero di
lavoratori (eventualmente medio in un anno);
- indice di gravità (IG): il rapporto tra le giornate di inabilità (effettive e
convenzionali) derivanti dalla somma degli infortuni ed il numero di lavoratori
(eventualmente medio in un anno);
- rapporto di gravità (RG): il rapporto tra gli infortuni invalidanti in maniera
permanente ed il totale degli infortuni.
Il database statistico INAIL consente una analisi ABC differenziata per settore e
dimensione dell’impresa e per forme dell’avvenimento e agenti materiali che
portano all’infortunio sul lavoro.
A partire dal 2001 è in corso l’aggiornamento del database secondo le modalità
di classificazione ESAW/3 (European Statistics on Accidents at Work), che
dovrebbero garantire una maggiore chiarezza nell’identificazione delle cause
che portano all’infortunio.
9
Introduzione
Art. 2087 Codice Civile: “l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio
dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei
prestatori di lavoro.”
Questa definizione impone una ricerca metodologica disciplinare in quanto lega
le iniziative del datore di lavoro all’esperienza ed al progresso tecnologico con
riferimento al settore specifico.
Come misuro il progresso tecnologico?
La cultura giuridica fornisce una interpretazione della norma per cui il datore di
lavoro ha l’obbligo di assicurare la massima sicurezza tecnologicamente
possibile.
Economicamente possibile? (studi di settore?)
Disponibile sul mercato?
…
10
Introduzione
Esempio di implementazione normativa in relazione al progresso tecnologico
Accadimento: ribaltamento di carrello elevatore
Media periodo 1994-1997 (Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, n°20 del 2001)
Forma
Conseguenza
Morte
Permanente
Temporanea
Contatto con
1
2
67
Caduto da
4
166
2.270
Investito da
14
270
3.199
Schiacciato da
21
193
2.911
Totale
40
631
8.447
Nonostante l'ottemperanza al requisito della stabilità rispetto al rovesciamento,
rimanevano significativi livelli di rischio di lesioni (evidenziati dai dati statistici),
anche gravissime, a carico dell'operatore addetto, nel caso di rovesciamento
dovuto a comportamenti che hanno generato un utilizzo abnorme del mezzo, ma
prevedibili.
11
Introduzione
L’iter legislativo per l’adeguamento alla direttiva europea sui requisiti minimi di
sicurezza per l’uso di attrezzature in Italia (ribaltamento = roll over;
rovesciamento = tip over)
Direttiva 95/63/CE del 5 Dicembre 1995
requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori (modifica della precedente direttiva del 1989)
DPR 459 del 24 Luglio 1996
cintura di sicurezza obbligatoria per veicoli soggetti a rischio di ribaltamento
(roll over), recepimento direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e
93/68/CEE
D.L. 359 del 4 Agosto 1999 (in vigore dal 30 Giugno 2001)
recepimento direttiva 95/63/CE
Circolare Ministeriale n°7808 8/2001
riduzione del rischio conseguente al rovesciamento accidentale nei carrelli
elevatori
12
Introduzione
D.L. 359 del 4 Agosto 1999 (in vigore dal 30 Giugno 2001)
→ obbligo dispositivi trattenuta…
Circolare Ministeriale n°7808 8/2001 → riduzione del rischio
conseguente al rovesciamento accidentale nei carrelli elevatori
Agente infortunio: Mezzi di sollevamento e trasporto (fonte: ISPESL)
120.000
113.536
107.523
Numero infortuni definiti
100.000
80.000
72.237
64.036
60.000
63.221
54.529
52.836
40.000
20.000
0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
13
Introduzione
I costi della “non sicurezza”
Tipologia di costo
[milioni di €]
Anno
2003
Anno
2005
Infortuni sul lavoro
28.596
27.575
Infortuni in itinere
2.966
3.338
Malattie professionali
7.171
6.959
Lavoratori non regolari
5.732
7.573
44.465
45.445
Totale
Tipologia di costo
[milioni di €]
Anno
2003
Anno
2005
Assicurativo
11.737
11.760
Prevenzionale
13.655
14.377
Conseguente
19.073
19.308
Totale
44.465
45.445
(Fonte: Inail)
Sicurezza = COSTO o
INVESTIMENTO ?
Assicurativo: totale premi raccolti da Inail
Prevenzionale: sono le spese iniziali e di
gestione di tutti i sistemi atti ad elevare la
sicurezza nelle imprese, più i costi derivanti dalle
ispezioni degli Enti preposti
Conseguente (non assicurativo): comprende tutti
i costi indiretti (es. perdita di produzione)
14
Introduzione
Stima del costo della giornata persa per infortunio per l’intero sistema Paese
(media sul triennio 2003-2005)
Media annua delle giornate lavorative equivalenti perse per infortunio:
48.100.000 giornate equivalenti/anno
Media annua del costo complessivo della non sicurezza per la sola voce
“infortuni sul lavoro”: 28,1 miliardi di euro/anno
Costo complessivo della giornata lavorativa persa: 584 €
Retribuzione lorda della giornata lavorativa: 108 €
108 € vs. 584 €
(rapporto circa 5,5!)
15
Introduzione
A questo punto, una classificazione ABC degli infortuni in funzione di costo,
gravità e frequenza è fondamentale per meglio comprendere in quale direzione
orientare gli investimenti.
Costo medio di un infortunio per il sistema Paese in funzione della gravità (triennio 2003-2005)
Costo medio di un infortunio per il sistema Paese [€]
MORTE
4.380.000 €/evento
4.500.000
4.000.000
3.500.000
3.000.000
2.500.000
549.000 €/evento
2.000.000
INABILITA'
PERMANENTE
1.500.000
1.000.000
12.600 €/evento
INABILITA'
TEMPORANEA
500.000
1.099
32.621
Numero medio di infortuni
545.180
16
Introduzione
Ripartizione del costo della “non sicurezza” per il sistema Paese in funzione
della gravità dell’infortunio (costo medio triennio 2003-2005)
in milioni di €
Inabilità temporanea
6.855
Inabilità permanente
17.905
Morte
4.814
Totale
29.574
Morte
16%
Inabilità
permanente
61%
Inabilità
temporanea
23%
17
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
18
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Attività tipiche del settore Oil&Gas
-
Engineering and Construction, Off-Shore Plants;
-
Engineering and Construction, On-Shore Plants;
-
Drilling;
-
Shipping;
-
Plants operation and maintenance;
-
…
Attività diversificate che richiedono competenze in
diversi settori e che espongono a rischi diversi le
varie tipologie di lavoratori coinvolti.
19
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
La Occupational Safety and Health Administration (OSHA), agenzia del
Dipartimento della Salute del governo federale degli Stati Uniti, pubblica
standard, direttive, interpretazioni normative e pareri nel campo della salute e
sicurezza sul lavoro.
La OSHA si occupa anche dell’analisi dei dati riferiti a frequenza e gravità degli
infortuni sul lavoro negli Stati Uniti. La OSHA ha stilato un elenco degli infortuni
tipici cui sono soggetti i lavoratori nel campo dell’industria Oil&Gas.
Di seguito si riporta un elenco di tali tipologie di infortuni, con una breve
descrizione ed i riferimenti normativi principali. Alcune tipologie di infortuni, poi,
saranno analizzate nel dettaglio con la discussione di alcuni casi concreti.
https://www.osha.gov/SLTC/oilgaswelldrilling/safetyhazards.html
20
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
1. Incidente stradale: i lavoratori e le attrezzature devono essere trasportati da e
verso i siti, che spesso sono situati in aree remote e richiedono lunghi viaggi
per essere raggiunti. Gli incidenti stradali sono la principale causa di decessi
dei lavoratori del settore Oil&Gas: circa il 40% dei decessi sul posto di lavoro in
questo settore avvengono a seguito di un incidente stradale (fonte: OSHA).
21
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
2. Colpito da – intrappolato in o tra: tre infortuni mortali su cinque che
avvengono all’interno del posto di lavoro sono il risultato di eventi caratterizzati
dalla dinamica colpito da, intrappolato in o tra (fonte: OSHA).
I lavoratori sono esposti a questo tipo di pericoli da più fonti, compresi ad
esempio i veicoli o attrezzature in movimento (anche per rischi interferenti),
apparecchiature in fase di chiusura, le linee ad alta pressione.
22
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
3. Esplosioni e incendi: i lavoratori sono fortemente esposti al rischio di
incendio e di esplosione a causa della combustione di vapori o gas
infiammabili. Gas infiammabili, come gas metano, vapori e solfuro di idrogeno,
possono essere rilasciati dai pozzi, dai camion, dalle attrezzature di produzione
o di scavo, da serbatoi, ecc…
Tra le fonti di innesco si possono includere fonti di energia elettrica statica,
fiamme libere, fulmini, sigarette, strumenti di saldatura e taglio, superfici calde,
il calore prodotto da fenomeni di attrito, ecc…
23
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
4. Cadute e scivolamenti: spesso ai lavoratori è richiesto di accedere a
piattaforme e attrezzature situate in quota (ad esempio, pali, piattaforme di
perforazione, attrezzature elevate, etc...), venendo così al rischio di caduta
dall’alto. Inoltre, sono frequenti anche gli infortuni dovuti a cadute per
scivolamento, ovvero su superfici sdrucciolevoli.
24
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
5. Spazi confinati: uno «spazio confinato» è uno spazio presente sul luogo di
lavoro che non è stato necessariamente progettato per accogliere il lavoratore,
ma che è abbastanza grande per far entrare una persona per eseguire
determinate mansioni. Inoltre, tipicamente uno spazio confinato è caratterizzato
da accesso limitato o ristretto in entrata e/o in uscita e non è progettato per una
presenza continua da parte del lavoratore. Gli spazi confinati includono, ma non
sono limitati a: serbatoi, recipienti, sili, tramogge, volte, pozzi, pozzetti, gallerie,
alloggiamenti di attrezzature, condutture, tubazioni, ecc… I rischi per la
sicurezza associati a spazi ristretti includono l’innesco di fiamme derivate dalla
presenza di vapori o gas oltre a quelli tipici per la salute quali l’asfissia e
l'esposizione a sostanze chimiche pericolose.
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Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
6. Infortuni «ergonomici»: i lavoratori sono esposti a rischi di lesioni legate ad
uno scorretto utilizzo del corpo (ergonomia), come il sollevamento di oggetti
pesanti, il piegarsi, lo spingere e/o tirare carichi pesanti, il lavorare in posture
del corpo improprie, ed eseguire gli stessi compiti (o simili) con frequenze
eccessive e per periodi troppo lunghi.
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Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
7. Linee ed attrezzature ad alta pressione: i lavoratori sono esposti a rischi
derivanti dalla presenza di serbatoi, linee o attrezzature operanti con fluidi ad
alta pressione, colpi di frusta di tubi in pressione che si sganciano, autoclavi,
ecc…
27
Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
8. Esposizione a energie incontrollate, inclusa energia elettrica: i lavoratori
possono essere esposti a fonti di energia incontrollata, come energia elettrica,
meccanica, idraulica, chimica, termica, o di altro tipo e che divengono
pericolose se l’apparecchio non è progettato, installato e manutenuto
correttamente. In particolare, durante le operazioni di manutenzione e/o di
collaudo (in cui, ad esempio, può essere necessario by-passare i sistemi di
sicurezza) il rilascio di energia o l’avvio non programmato di tali attrezzature
può portare a serie conseguenze per il lavoratore.
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Le tipologie di infortunio nel settore Oil&Gas
Gli infortuni tipici del settore Oil&Gas
9. Rischi legati alle macchine: i lavoratori possono essere esposti a una vasta
gamma di attrezzature aventi parti in movimento potenzialmente pericolose, in
particolare nel settore del drilling, tra cui perforatrici, pompe, compressori,
blocchi di sollevamento, nastri trasportatori, ecc.
29
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
30
Incidenti stradali
Relazione annuale Inail 2014
In Italia, la frequenza degli
infortuni sul lavoro (in orario
di
lavoro)
derivanti
da
incidenti stradali è marginale
rispetto alle altre tipologie di
infortuni.
(a piedi)
Nondimeno, in Italia, nel 2014,
il 41,5% degli infortuni mortali
sul lavoro è avvenuto a
seguito di un incidente
stradale (19,8% in orario di
lavoro, 21,7% in itinere).
(a piedi)
31
Incidenti stradali
Gli incidenti stradali: copertura assicurativa
La Circolare INAIL n. 52 del 23 ottobre 2013 inerente i “criteri per la trattazione
dei casi di infortunio avvenuti in missione e in trasferta” specifica che "si
debbono ritenere meritevoli di tutela [...] tutti gli eventi occorsi a un lavoratore in
missione e/o trasferta dal momento dell'inizio della missione e/o trasferta fino al
rientro presso l'abitazione".
Si ricorda poi come l'infortunio in itinere sia quel “particolare infortunio che il
lavoratore subisce nel tragitto che deve necessariamente percorrere per recarsi
sul luogo di lavoro” e la normativa vigente prevede che l‘infortunio in itinere sia
compreso nella copertura assicurativa che viene fornita dall'Inail.
32
Incidenti stradali
L’infortunio in itinere
Per poter essere indennizzato l’infortunio in itinere “deve avvenire all'interno del
normale percorso (di andata e di ritorno) effettuato per recarsi sul lavoro». Per
questo motivo, se il lavoratore effettua delle interruzioni del tragitto o delle
deviazioni, che non sono necessarie, l'assicurazione obbligatoria non coprirà
l'evento lesivo. Si considerano necessarie le interruzioni e le deviazioni quando
sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali e improrogabili o
all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti, cioè obblighi la cui mancata
osservanza costituisce reato e viene punita dalla legge penale.
L'assicurazione copre l'infortunio anche quando il lavoratore non utilizzi i mezzi
pubblici e si avvalga di un mezzo privato a patto che questo utilizzo sia
necessario. L'utilizzo del mezzo privato è consentito quando manchino mezzi
pubblici che servono la tratta oppure, pur essendovi linee pubbliche di
collocamento, non consentano la puntuale presenza sul luogo di lavoro o
comportano eccessivo disagio al lavoratore in relazione alle esigenze di vita
familiare”
33
Incidenti stradali
La prevenzione
Considerando il mezzo di trasporto come attrezzatura di lavoro, gli incidenti
stradali devono essere considerati, a pieno titolo, come un effettivo rischio
lavorativo, in un contesto in cui la strada rappresenti il luogo di lavoro e il
veicolo può configurarsi come un'attrezzatura.
Riguardo agli obblighi di valutazione di tutti i rischi associati alle varie mansioni
lavorative, i lavoratori coinvolti negli infortuni alla guida non sono solo quelli dei
trasporti di merci e persone, bensì anche tutti quelli che, per il loro lavoro,
debbono spostarsi da un luogo all'altro.
I dati ISTAT indicano che oltre il 96% degli eventi che causano incidenti alla
guida sono imputabili a comportamenti impropri del conducente (o del pedone)
nella circolazione:
- mancato rispetto delle regole della precedenza o del semaforo (16,8%);
- guida distratta o andamento indeciso (16,9%);
- velocità troppo elevata (11,5%);
- mancato rispetto delle distanze di sicurezza (10,1%).
34
Incidenti stradali
La prevenzione
Dunque nell’ambito del documento di valutazione dei rischi (DVR) si vengono a
configurare come fonti di rischio:
- le condizioni e l'efficienza del veicolo (manutenzione periodica, dotazioni di
dispositivi di sicurezza, equipaggiamenti a bordo, ecc.);
- le condizioni psico-fisiche del conducente (fattore umano);
- le condizioni meteorologiche e di viabilità che s'incontreranno durante il
tragitto (fattore strada).
A livello di prevenzione sono di seguito indicati gli obblighi in capo al datore di
lavoro:
- fornire un parco macchine verificato, adeguato e collaudato nei termini di
legge;
- fornire strumenti di gestione del parco auto;
- responsabilizzare i lavoratori (specie nel caso di utilizzo di mezzi privati:
polizze kasko, etc…).
35
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
36
Pavimento antisdrucciolevole
I riferimenti normativi
Direttiva del consiglio 89/106/CE del 21 Dicembre 1988 relativa al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione
Allegato I – Requisiti essenziali
4. Sicurezza nell' impiego
«L'opera deve essere concepita e costruita in modo che la sua utilizzazione non
comporti rischi di incidenti inammissibili, quali scivolate, cadute, collisioni,
bruciature, folgorazioni, ferimenti a seguito di esplosioni.»
37
Pavimento antisdrucciolevole
I riferimenti normativi
D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81
Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro
Allegato IV – Requisiti dei luoghi di lavoro
1.3.2. «I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli
nonché esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi.»
Cosa significa antisdrucciolevole?
38
Pavimento antisdrucciolevole
Pavimento antisdrucciolevole
Il concetto di pavimento antisdrucciolevole è quantitativamente definito nel DM
n°236 del 14/06/1989 «Prescrizioni tecniche necessarie a garantire
l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia
residenziale pubblica e sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e
dell'eliminazione delle barriere architettoniche».
Art. 8. (Specifiche funzionali e dimensionali), 8.2 Spazi esterni, 8.2.2.
Pavimentazioni.
«Per pavimentazione antisdrucciolevole si intende una pavimentazione
realizzata con materiali il cui coefficiente di attrito, misurato secondo il metodo
della British Ceramic Research Association Ltd. (B.C.R.A.) Rep. CEC. 6/81
(Method for the determination of the Coefficient of Friction of Floor Tiles and
Floor Surface), sia superiore ai seguenti valori:
- 0,40 per elemento scivolante cuoio su pavimentazione asciutta;
- 0,40 per elemento scivolante gomma dura standard su pavimentazione
bagnata.»
39
Pavimento antisdrucciolevole
Pavimento antisdrucciolevole
Inoltre, il DM n°236 del 14/06/1989 specifica che «i valori di attrito predetto non
devono essere modificati dall'apposizione di strati di finitura lucidanti o di
protezione che, se previsti, devono essere applicati sui materiali stessi prima
della prova.
Le ipotesi di condizione della pavimentazione (asciutta o bagnata) debbono
essere assunte in base alle condizioni normali del luogo ove sia posta in opera.
Gli strati di supporto della pavimentazione devono essere idonei a sopportare
nel tempo la pavimentazione ed i sovraccarichi previsti nonché ad assicurare il
bloccaggio duraturo degli elementi costituenti la pavimentazione stessa.
Gli elementi costituenti una pavimentazione devono presentare giunture
inferiori a 5 mm, stilate con materiali durevoli, essere piani con eventuali risalti
di spessore non superiore a mm 2.
I grigliati inseriti nella pavimentazione devono essere realizzati con maglie non
attraversabili da una sfera di 2 cm di diametro; i grigliati ad elementi paralleli
devono comunque essere posti con gli elementi ortogonali al verso di marcia.»
40
Pavimento antisdrucciolevole
Il metodo B.C.R.A.
É un metodo di derivazione inglese (BCRA: British Ceramic Research
Association) e misura il coefficiente di attrito dinamico μ. Tale coefficiente di
attrito è misurato determinando l’attrito dinamico tra il campione da provare ed
un elemento scivolante in movimento a velocità costante (circa 17 mm/s) sulla
superficie del campione.
Le misure vengono usualmente realizzate mediante un dispositivo portatile,
munito di motore elettrico, che si muove a velocità costante sulla superficie da
provare. L’elemento scivolante può essere costituito da materiali diversi
(gomma, cuoio o altro). Si determina il coefficiente di attrito dinamico, sia medio
che puntuale, in definite condizioni della superficie (asciutta e bagnata).
41
Pavimento antisdrucciolevole
Il metodo B.C.R.A.
Campione (cuoio)
42
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
43
Energia incontrollata
Esempio di buona progettazione: le valvole di sicurezza
Le valvole di sicurezza proteggono ogni genere d’impianto dal verificarsi di
imprevisti innalzamenti di pressione, assolutamente inaccettabili, preservando
gli impianti (ed il relativo investimento) e prevenendo danni a persone, cose e
all’ambiente.
Principio di funzionamento
L'otturatore (1), contrastato da una molla
tarata (2), si solleva al raggiungimento della
pressione di taratura e apre completamente
il passaggio di scarico. La pressione di
taratura viene scelta in funzione della
massima
pressione
ammissibile
in
impianto. Il diametro dell'attacco in uscita
(3) è uguale o maggiore per favorire lo
scarico della potenzialità richiesta. Al
diminuire della pressione, si ha l'azione
inversa, con la conseguente richiusura della
valvola entro le tolleranze imposte.
44
Energia incontrollata
Esempio di buona progettazione: le valvole di sicurezza
La valvola di sicurezza deve poter essere
regolarmente ispezionata e smontata per la
manutenzione. Occorre pertanto installarla in una
posizione facilmente accessibile e creare intorno ad
essa un piano di lavoro sufficientemente ampio.
Per garantire un funzionamento perfetto delle
valvole di sicurezza, il montaggio dev'essere
effettuato in modo che nessun tipo di sollecitazione
statica, dinamica o termica venga esercitato sulla
valvola.
Nei luoghi di installazione in cui la fuoriuscita del
fluido potrebbe provocare danni diretti o indiretti a
persone o all'ambiente, devono essere introdotte
adeguate misure di protezione. Inoltre, vanno prese
in considerazione le esalazioni dalle perforazioni di
scarico del coperchio a molla.
45
Energia incontrollata
Esempio di buona progettazione: le valvole di sicurezza
Le linee di scarico delle valvole di sicurezza devono essere disegnate in modo
che durante lo scarico il flusso di massa richiesto sia scaricato senza
contropressione. Solitamente, la capacità di scarico è negativamente
influenzata per contropressioni superiori al 30% della pressione di scatto.
46
Energia incontrollata
Esempio di buona progettazione: le valvole di sicurezza
Per ridurre le perdite di carico e la rumorosità nel tratto di tubazione
immediatamente a valle della valvola di sicurezza ove si raggiunga la velocità
del suono, si suole usare per il tubo di uscita una ‘dimensione in più’ del
diametro (D) della flangia di uscita e curve di raggio non inferiore a 1,5*D.
Quando nella tubazione viaggia una miscela all’interno dell’intervallo di
infiammabilità, la velocità del fluido deve essere superiore a quella di
propagazione della fiamma che per miscele aria-derivati del petrolio può
essere assunta in 2-3 m/sec in mancanza di altri dati.
Quando è possibile avere una condensazione in linea, la tubazione di scarico
della valvola di sicurezza deve essere drenante verso la tubazione principale
fino al suo punto di ingresso nella tubazione stessa; ciò per evitare accumulo di
condensato a valle della valvola di sicurezza.
Per valvole che scaricano all’atmosfera occorre prevedere un foro di drenaggio
di almeno 8 mm nel punto più basso del tubo di scarico.
47
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Luogo: centrale termoelettrica del tipo a ciclo combinato da 780 MW
complessivi, alimentata a metano, costituita da due generatori di vapore a
recupero (GVR) con accoppiate turbine a gas (TG) e da una turbina a vapore
(TV). In tabella si riportano le caratteristiche di produzione di ciascun GVR.
Caratteristiche
Alta pressione (AP) Media pressione (MP) Bassa pressione (BP)
Portata [ton/h]
286,0
43,2
32,2
Pressione [MPa]
12,2
3,4
0,4
Temperatura [°C]
565,0
306,0
283,0
48
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
La centrale termoelettrica, alla data del sinistro, era in fase di commissioning ed
avviamento. In particolare, erano in corso le “soffiature” delle condotte, che si
protraevano da circa due mesi. L’operazione di soffiatura consiste nel far
circolare vapore a pressioni e temperature relativamente elevate, comunque
inferiori alle condizioni di normale esercizio, al fine di ottenere velocità del
vapore tale da pulire le tubazioni da eventuali presenze di depositi solidi.
Durante le operazioni di soffiaggio un intenso boato segnala la rottura del
collegamento (cianfrino) tra una valvola motorizzata e la tubazione collegata con
un raccordo ad Y: in sostanza, la frattura si è generata tra la valvola ed il
cordone di saldatura, a monte della valvola. La rottura ha provocato fuoriuscita
di vapore ad elevata pressione e temperatura: tale fuoriuscita ha interessato
un’area di circa 200 m2.
49
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Saldatura rotta
Saldatura integra
50
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
L’ ipotesi di rottura conseguente all’effetto della pressione interna al condotto
(scoppio), è stata esclusa. Difatti, una rottura per sovrappressione interna alla
conduttura avrebbe generato una configurazione finale diversa rispetto a
quanto osservato: innanzitutto, la spinta del vapore seguente allo scoppio
avrebbe proiettato verso l’esterno (cioè in direzione radiale) i lembi del cianfrino,
che invece risultano orientati, ad un esame obiettivo, in maniera uniforme in
direzione assiale.
Inoltre, in base alla pressione misurata sulla linea al momento del sinistro (32
bar), le massime tensioni generate all’interno della tubazione dalla sola
presenza di un fluido in pressione sono di un ordine di grandezza (ovvero dieci
volte circa) inferiori rispetto alla massima tensione ammissibile (calcolata sia
con il metodo di Tresca che di Von Mises).
51
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Una volta esclusa la rottura causata dalla pressione del vapore interno alla
condotta, l’analisi si è indirizzata verso la ricerca di forze presenti al momento
del sinistro e di entità tale da poter provocare l’evento considerato, a
prescindere dalla presenza di difettosità o degrado dei componenti del
collegamento valvola-tubo.
Sulla base delle evidenze fotografiche e dell’osservazione diretta della zona
della frattura, si è ipotizzata una rottura a trazione del cianfrino della valvola. La
forza in grado di generare una tale rottura è stata calcolata e quantificata in
almeno 1.000 tonnellate.
52
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Analizzando il P&I dell’impianto si è rilevato come, nella fase di avviamento e del
relativo riscaldamento delle linee, non essendo presente alcun sistema di
drenaggio della condensa, opportunamente dimensionato e installato, si sia
accumulata una notevole quantità di acqua, che si è generata per
condensazione del vapore allorché questo realizzò il riscaldamento della
tubazione fino alla temperatura di regime (prossima a quella del vapore stesso).
P&I schematico delle linee interessate alle operazioni di soffiatura:
fase di soffiatura della linea 1 con by-pass e della linea 2
Questo tratto si sviluppa inizialmente in orizzontale per una
lunghezza di circa 12,5 m, poi in verticale per circa 5,6 m.
53
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Nella successiva manovra di messa in parallelo dei due GVR, tale condensa è
defluita verso il tratto a Y sospinta dalla differenza di pressione delle due linee,
raggiungendo la tubazione GVR2 interessata dal flusso di vapore surriscaldato
prodotto dal GVR2 che si stava pressurizzando a seguito del ciclo di soffiatura,
creando un vero e proprio “tappo” di acqua in movimento.
Valvola incidentata
54
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Si è proceduto, quindi, ad una stima del quantitativo di condensa generato nel
tratto di impianto che va dalla valvola KK HV 410 al by-pass. Se si trascura
(almeno inizialmente) la presenza della coibentazione, si può affermare che la
massa complessiva MF del ferro presente tra la valvola KK HV 410 ed il by-pass
pesi circa 10 tonnellate. Noto il calore specifico cF del materiale componente le
tubazioni (circa 0,440 kJ/kg K), è possibile ricavare il quantitativo di condensa
prodotto partendo dalla relazione:
mC rV = MF cF ∆T
MF = 10.000 kg
cF = 0,44 kJ/kg K
∆T = 234°C – 44°C = 190°C (differenza stimata tra T esterna del tubo e T interna
del tubo, pari a quella di condensazione)
rV = 1.790 kJ/kgK (calore di vaporizzazione a 32 bar)
→ mC = 470 kg
55
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
Ipotizzando, ora, il passaggio del tappo di condensa in moto all’interno del
condotto diretto al GVR2, raggiunta una velocità prossima alla velocità del
vapore (cioè a circa 4 m/s), la curva a 90° avrebbe generato una variazione di
velocità da orizzontale (V1) a verticale (V2) corrispondente alla variazione di
velocità che viene indicata con V, pari a 5,7 m/s. Stimando uno sviluppo della
curva pari a 1 m, si ottiene un tempo di percorrenza t pari a 0,25 s, cioè una
decelerazione a pari a 22,8 m/s2. E’ quindi possibile calcolare la forza esercitata
dal passaggio del tappo nella curva a 90° sulla struttura.
a = V/t
V2
V
V1
F = mc*a = 470*22,8 = 10.716 N (1 tonnellata)
56
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
La forza scaricata dal tappo di condensa sulla struttura durante il passaggio attraverso la
curva del condotto, pur non essendo sufficiente a provocare la rottura del cianfrino (1
tonnellata vs. 1000 tonnellate) ha sicuramente provocato un movimento della struttura
stessa, che possiede una elasticità intrinseca (finalizzata al non ostacolare la dilatazione
termica delle tubazioni), e che rappresenta semplicemente l’evento iniziale di una catena
di eventi che hanno portato al sinistro.
Durante la fase di ritorno dal
movimento indotto, la struttura ha
incontrato uno o più ostacoli su cui si
è scaricata l’intera inerzia delle masse
così movimentate, provocando una
forza la cui intensità è direttamente
proporzionale alla rigidità dell’ostacolo
incontrato. La dinamica, in questo
caso, è simile a quella di un pendolo
che viene alzato, lasciato cadere per
andare ad urtare un ostacolo semirigido.
57
Energia incontrollata
Esempio di errata manovra: pulizia delle condotte («soffiatura»)
I sistemi di drenaggio e scarica della condensa non hanno solamente attinenza
ad aspetti funzionali dell’impianto, ma possono avere ripercussioni rilevanti
sulla sicurezza.
Più in generale, vanno affrontati con particolare attenzione tutti quegli impianti
in cui vi è il pericolo di cambiamento di fase del fluido di processo, in particolare
se il cambiamento di fase non è previsto, poiché può portare l’impianto a
funzionare in condizioni non ordinarie.
58
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
59
La sicurezza delle macchine
Le Direttive Europee
Macchine nuove: la Nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE è stata recepita
nell’ordinamento italiano nel gennaio 2010.
Stabilisce che i costruttori garantiscano i requisiti minimi di sicurezza per i
macchinari e le apparecchiature commercializzati all’interno dell’Unione
Europea. Le macchine devono adeguarsi ai requisiti fondamentali di salute e
sicurezza elencati nell’Allegato I della Direttiva, garantendo in tal modo un livello
minimo di protezione e sicurezza comune per tutto il mercato europeo.
Prima di immettere sul mercato una nuova macchina i produttori o i loro
rappresentanti autorizzati all’interno dell’EU devono garantire che la macchina
sia conforme, rendere disponibile un Fascicolo Tecnico in caso di richiesta
giustificata da parte di un’autorità, firmare una “Dichiarazione di Conformità” e
apporre la marcatura CE.
60
La sicurezza delle macchine
Le Direttive Europee
Macchine esistenti: Direttiva 89/655/CE sull’uso delle attrezzature da lavoro
E’ rivolta agli utilizzatori delle macchine ed è rispettata utilizzando macchine e
macchinari conformi alle norme. Riguarda l’utilizzo di tutte le attrezzature da
lavoro, compresi macchinari di sollevamento e attrezzature mobili, in tutti i
luoghi di lavoro. Le attrezzature di lavoro devono essere adatte all’uso e
garantire la sicurezza nel tempo, attraverso una corretta manutenzione.
61
La sicurezza delle macchine
Nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE – Allegato I
«Per progettazione e costruzione, le macchine devono essere atte a funzionare,
ad essere azionate, ad essere regolate e a subire la manutenzione senza che tali
operazioni espongano a rischi le persone, se effettuate nelle condizioni previste
tenendo anche conto dell'uso scorretto ragionevolmente prevedibile.
Le misure adottate devono avere lo scopo di eliminare ogni rischio durante
l'esistenza prevedibile della macchina, comprese le fasi di trasporto, montaggio,
smontaggio, smantellamento (messa fuori servizio, decommissioning) e
rottamazione».
Uso scorretto ragionevolmente prevedibile:
«l'utilizzo della macchina in un modo diverso da quello indicato nelle istruzioni
per l'uso, ma che può derivare dal comportamento umano facilmente
prevedibile».
62
La sicurezza delle macchine
Nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE – Allegato I
«Per la scelta delle soluzioni più opportune il fabbricante o il suo mandatario
deve applicare i seguenti principi, nell'ordine indicato:
1. eliminare o ridurre i rischi nella misura del possibile (integrazione della
sicurezza nella progettazione e nella costruzione della macchina),
2. adottare le misure di protezione necessarie nei confronti dei rischi che non
possono essere eliminati,
3. informare gli utilizzatori dei rischi residui dovuti all'incompleta efficacia delle
misure di protezione adottate, indicare se è richiesta una formazione particolare
e segnalare se è necessario prevedere un dispositivo di protezione individuale».
Inoltre, «la macchina deve essere progettata e costruita in modo da evitare che
sia utilizzata in modo anormale, se ciò può comportare un rischio. Negli altri
casi le istruzioni devono richiamare l'attenzione dell'utilizzatore sulle
controindicazioni nell'uso della macchina che potrebbero, in base
all'esperienza, presentarsi».
63
La sicurezza delle macchine
Nuova Direttiva Macchine 2006/42/CE – Allegato I
Misure di protezione contro i pericoli meccanici di cui la macchina deve essere
provvista:
-
Rischio di perdita di stabilità;
Rischio di rottura durante il funzionamento;
Rischi dovuti alla proiezione o alla caduta di oggetti;
Rischi dovuti a superfici, spigoli o angoli;
Rischi dovuti alle macchine combinate;
Rischi connessi alle variazioni delle condizioni di funzionamento;
Rischi dovuti agli elementi mobili;
Rischi di movimenti incontrollati.
64
La sicurezza delle macchine
Norme armonizzate in materia di sicurezza
La conformità di prodotto richiede che vengano compresi gli scopi e le metodologie per
raggiungerla. Gli scopi sono spiegati nelle leggi (Direttive), che definiscono i requisiti
essenziali. I modi per raggiungere gli scopi sono invece contenuti nelle norme tecniche,
noti come «norme armonizzate». Le norme armonizzate in materia di Sicurezza Macchine
si dividono in tre tipi:
Norme di tipo A (norme base): contengono i concetti fondamentali, i principi di
progettazione e gli aspetti generali applicabili a tutte le macchine;
Norme di tipo B (norme relative a un gruppo funzionale): trattano un aspetto specifico
della sicurezza o un dispositivo di sicurezza. Sono suddivise in due gruppi:
-Tipo B1: riguardano aspetti particolari della sicurezza (ad es. distanze di sicurezza,
temperatura della superficie, rumore);
-Tipo B2: riguardano i dispositivi di protezione (ad es. comandi a due dispositivi di
interblocco delle protezioni);
Norme di tipo C (norme relative ad una famiglia di macchine): trattano i requisiti di
sicurezza per tipologia di macchina.
65
La sicurezza delle macchine
Norme armonizzate in materia di
sicurezza
Attenzione!
Quando una norma di tipo C devia
da una o più disposizioni di una
norma di tipo A o da una norma di
tipo B, prevale la norma di tipo C.
Norma
Tipo
Descrizione
EN/ISO 12100
A
Sicurezza del macchinario. Concetti fondamentali di
valutazione e riduzione del rischio
EN 574
B
Dispositivo comando a due mani. Aspetti funzionali,
principi generali di progettazione
EN/ISO 13850
B
Arresto di emergenza - Principi di progettazione
EN/IEC 62061
B
Sicurezza di funzionamento di sistemi di controllo
elettrici, elettronici, ed elettronici programmabili
EN/ISO
13849-1
B
Sicurezza del macchinario - Parti dei sistemi di
comando legate alla sicurezza - Parte 1: Principi
generali per la progettazione
EN 349
B
Spazi minimi per evitare lo schiacciamento di parti del
corpo.
EN/IEC 609475-5
B
Apparecchiature e quadri di bassa tensione - Parte 5-5:
Dispositivi per circuiti di comando ed elementi di
manovra. Sezione 5: Dispositivo elettrico di arresto
d’emergenza con blocco meccanico.
EN 201
C
Macchine per materie plastiche e gomma. Presse a
iniezione. Requisiti di sicurezza
EN 692
C
Macchine utensili - Presse meccaniche - Requisiti di
sicurezza
EN 422
C
Macchine per soffiaggio per la produzione di corpi cavi Requisiti di progettazione e costruzione
EN/ISO
10218-1
C
Robot per ambienti industriali - Requisiti di sicurezza Parte 1: Robot
66
La sicurezza delle macchine
American Petroleum Institute (API)
L'American Petroleum Institute (API) è la principale
organizzazione
professionale
statunitense
nel
campo
dell'ingegneria petrolchimica e chimica, e distribuisce
annualmente oltre 200,000 pubblicazioni. Le pubblicazioni, le
norme tecniche e i prodotti elettronici ed online sono concepiti
per migliorare l'efficienza e l'economia degli impianti, soddisfare
le esigenze legali e normative, e proteggere la salute e
l'ambiente. Le pubblicazioni sono gestite da comitati delle
principali associazioni professionali.
Le norme API rappresentano per il settore oil&gas lo standard di
riferimento in diversi ambiti tecnici, dal dimensionamento delle
tubazioni alla progettazione delle piattaforme on-shore e offshore, dalla progettazione, realizzazione e test di compressori,
pompe e valvole alla pianificazione e conduzione delle operazioni
di trivellazione.
http://www.americanpetroleuminstitute.com
67
La sicurezza delle macchine
American Petroleum Institute (API)
Esempio normativa API sulla sicurezza: piattaforme on-shore
RP 49 – Drilling and well service operations involving hydrogen sulfide
RP 54 – Occupational safety for rotary drilling operations and well
servicing operations
RP 55 – Gas processing plant operations where hydrogen sulfide is
present
RP 67 – Explosives used in oil and gas well operations
RP 68 – Oil and well servicing and workover operations involving
hydrogen sulfide
RP 74 – Safe working conditions for personnel engaged in onshore oil
and gas production
RP 75L – Safety and environmental management system (SEMS) for
onshore operations
RP 76 – Implementation of a contractor safety program and improve the
overall safety performance
RP 98 – Oil spill responder personal protective equipment (PPE) control
measures
http://www.api.org/Environment-Health-and-Safety/Health-Safety
68
La sicurezza delle macchine
Come si progetta una macchina sicura?
Norma EN ISO 12100:2010 – «Sicurezza dei macchinari - Principi generali di
progettazione - Valutazione e riduzione del rischio».
Il produttore di una macchina deve eseguire una Valutazione del Rischio
secondo la Direttiva Macchine, così da poter considerare tutti i potenziali
pericoli correlati alla macchina stessa. Egli deve perciò progettare e costruire la
macchina attenendosi all‘analisi eseguita. L’analisi del rischio comprende una
serie di passi logici che permettono la ricerca sistematica di pericoli correlati ad
una macchina.
69
La sicurezza delle macchine
Come si progetta una macchina
sicura?
Entità del
rischio
iniziale
Le misure di protezione sono
una
combinazione
delle
misure prese dal progettista e
dall’utilizzatore.
Input dell’utilizzatore
70
La sicurezza delle macchine
Esempi di pericoli meccanici
71
La sicurezza delle macchine
Le misure tecniche di sicurezza
Ove non sia possibile la costruzione conforme a principi di progettazione
sicura, il passo successivo è l’adozione di misure tecniche di sicurezza.
Queste possono prevedere ad esempio l’installazione di ripari fissi o mobili,
rilevatori di presenza per evitare avviamenti inattesi, ecc …
Le misure tecniche di sicurezza devono impedire a chiunque l’accesso o il
contatto involontario con un elemento pericoloso che implica un rischio di
lesione personale, oppure ridurre il rischio portandolo ad uno stato sicuro prima
che la persona possa entrare in contatto con esso. I ripari possono essere fissi
per limitare o mantenere la distanza da un pericolo, o mobili (interbloccati o
regolabili manualmente o automaticamente).
72
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Le protezioni, o i dispositivi di protezione, usati contro i rischi dovuti agli
elementi mobili devono essere scelti in funzione del rischio effettivo. Per la
scelta si deve ricorrere alle seguenti indicazioni.
Elementi mobili di trasmissione
Le protezioni progettate per proteggere le persone esposte ai rischi dovuti agli
elementi mobili di trasmissione (ad esempio: pulegge, cinghie, ingranaggi,
cremagliere, alberi di trasmissione, ecc…) devono essere:
- o protezioni fisse (per accesso con frequenza inferiore a 1 volta/giorno)
- o protezioni mobili (per accesso con frequenza più elevata di una volta/giorno):
in questo caso vanno dotati di dispositivi di sorveglianza del riparo con o senza
bloccaggio del riparo (in relazione alle inerzie meccaniche).
73
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Elementi mobili che partecipano alla lavorazione
Le protezioni o i dispositivi di protezione progettati per proteggere le persone
esposte ai rischi provocati dagli elementi mobili che concorrono al lavoro (quali,
ad esempio, utensili da taglio, elementi mobili delle presse, cilindri, pezzi in
corso di lavorazione, ecc...) devono essere possibilmente delle protezioni fisse,
oppure protezioni mobili o dispositivi di protezione quali dispositivi sensibili (ad
esempio: relè immateriali, commutatori a tappeto), o dispositivi di protezione
che mantengono l’operatore a distanza (ad esempio: comandi a due mani), o
dispositivi di protezione destinati ad impedire automaticamente l’accesso di
tutto o parte del corpo dell’operatore alla zona pericolosa.
Relè immateriale: sensori a infrarossi, …
Commutatori a tappeto (si veda descrizione più avanti):
74
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Protezioni fisse: principali caratteristiche
Le protezioni fisse devono essere:
-
fissate solidamente,
il loro fissaggio deve essere ottenuto con sistemi che richiedono l’uso di
utensili per la loro apertura,
sistemi di fissaggio di tipo imperdibile,
per quanto possibile, esse non devono poter rimanere al loro posto in
mancanza dei loro mezzi di fissaggio.
75
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Protezioni mobili: principali caratteristiche
Le protezioni mobili del tipo A (protezione di elementi mobili di trasmissione)
devono:
-
per quanto possibile, restare unite alla macchina quando siano aperte;
essere munite di un dispositivo di interblocco (con o senza bloccaggio del
riparo in relazione alle inerzie meccaniche) che impedisca l’avviamento degli
elementi mobili, sino a quando esse consentono l’accesso a detti elementi e
inserisca l’arresto non appena esse non sono più in posizione di chiusura.
76
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Protezioni mobili: principali caratteristiche
Le protezioni mobili del tipo B (protezione degli elementi mobili che partecipano
alla lavorazione) devono essere progettate ed inserite nel sistema di comando in
modo che:
-
la messa in moto degli elementi mobili non sia possibile fintanto che
l’operatore può raggiungerli;
la persona esposta non possa accedere agli elementi mobili in movimento;
la loro regolazione richieda un intervento volontario, ad esempio, l’uso di un
attrezzo, di una chiave, ecc…;
la mancanza o il mancato funzionamento di uno dei loro elementi impedisca
l’avviamento o provochi l’arresto degli elementi mobili;
un ostacolo di natura adeguata garantisca una protezione in caso di rischio
di proiezione.
77
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità verso l’alto
Se la zona pericolosa è a rischio ridotto, l’altezza h deve essere maggiore o
uguale a 2.500 mm.
Se la zona pericolosa è a rischio elevato, l’altezza h deve essere maggiore o
uguale a 2.700 mm.
78
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità al disopra di strutture di protezione
a altezza della zona pericolosa
b altezza della struttura di protezione
c distanza orizzontale dalla zona pericolosa
Rischio ridotto
79
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità al disopra di strutture di protezione
a altezza della zona pericolosa
b altezza della struttura di protezione
c distanza orizzontale dalla zona pericolosa
Rischio elevato
80
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità intorno ad una struttura di protezione
81
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità attraverso apertura di forma regolare
82
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità attraverso apertura di forma regolare
83
La sicurezza delle macchine
I dispositivi di protezione: dimensionamento dei ripari EN 13857
Accessibilità attraverso apertura di forma regolare
84
La sicurezza delle macchine
Spazi minimi per evitare lo schiacciamento EN 349
85
La sicurezza delle macchine
Dimensionamento parapetto
Dispositivo di protezione contro le cadute
accidentali o l'accesso accidentale ad un'area
pericolosa da installare in caso di scale, scale a
castello, pianerottoli e corridoi di passaggio.
1. Corrimano: elemento superiore concepito come appiglio per
la mano per sostenere il corpo, che può essere utilizzato sia
individualmente, sia come parte superiore di un parapetto.
2. Corrente intermedio: elemento del parapetto montato
parallelamente al corrimano, che conferisce una protezione
aggiuntiva contro l'eventuale passaggio di un corpo.
3. Tavola fermapiedi: parte inferiore piena del parapetto oppure
rialzo su un pianerottolo per prevenire la caduta di oggetti dal
livello del piano.
4. Montante: elemento strutturale verticale del parapetto che
serve ad ancorare il parapetto stesso alla piattaforma o alla
scala.
5. Piano di calpestio.
86
La sicurezza delle macchine
Dimensionamento parapetto
87
La sicurezza delle macchine
Sicurezza positiva
1. Quando un componente meccanico in movimento trascina inevitabilmente un
altro componente, per contatto diretto o attraverso elementi rigidi, si afferma
che il secondo componente viene azionato in modo positivo dal primo: questa
viene definita azione meccanica positiva.
2. Quando la separazione dei contatti avviene come conseguenza diretta di un
movimento specifico dell’attuatore tramite elementi non elastici (per esempio,
non dipendenti da molle), questa si definisce operazione di apertura positiva di
un elemento di contatto.
L’insieme di queste due caratteristiche viene definita sicurezza positiva.
88
La sicurezza delle macchine
Barriere fotoelettriche di sicurezza
Rilevamento dita, mani o corpo (capacità di rilevamento
fino a 14mm, fino a 30mm e oltre 30mm).
Le barriere fotoelettriche di sicurezza vengono utilizzate
generalmente nelle applicazioni di movimentazione
materiali, confezionamento e imballaggio, nastri
trasportatori, immagazzinaggio, ecc… Le barriere sono
sensori
di
presenza
fotoelettrici
concepiti
specificatamente per proteggere il personale dai
movimenti pericolosi delle macchine. Sono perfette per le
applicazioni in cui il personale necessita di accedere
frequentemente a un punto di lavoro pericoloso.
L’assenza di porte o schermi di protezione facilita
l’accesso riducendo i tempi necessari alle operazioni di
carico, ispezione o regolazione, pur garantendo un livello
di sicurezza ottimale e un’elevata produttività.
89
La sicurezza delle macchine
Tappeti di sicurezza sensibili alla pressione
Rilevamento avvicinamento o stazionamento nell’area
pericolosa
I tappeti o pedane sensibili alla pressione sono spesso
usati davanti o intorno ad un’area con macchine o robot
potenzialmente pericolosi. Servono a proteggere l’area
intorno alla macchina, impedendo movimenti pericolosi
se l’operatore si avvicina dalla zona pericolosa.
Sono concepiti per garantire la sicurezza del personale e
vengono spesso associati alle barriere fotoelettriche per
consentire il libero accesso per operazioni di carico e
scarico delle macchine.
Non impediscono l’accesso ma si attivano quando lo
rilevano: la pressione esercitata sul tappeto interrompe il
movimento pericoloso.
90
La sicurezza delle macchine
I circuiti di comando e la sicurezza sulle macchine
L’Allegato I della Direttiva Macchine dice che i sistemi di comando devono
essere progettati e costruiti in modo da evitare l'insorgere di situazioni
pericolose. In ogni caso essi devono essere progettati e costruiti in modo tale
che:
− resistano alle previste sollecitazioni di servizio e agli influssi esterni,
− un'avaria nell'hardware o nel software del sistema di comando non crei
situazioni pericolose,
− errori della logica del sistema di comando non creino situazioni pericolose,
− errori umani ragionevolmente prevedibili nelle manovre non creino situazioni
pericolose.
Ad oggi sono presenti due diverse normative, la IEC 62061:2005 e la ISO 138491, che affrontano il tema dei sistemi di controllo. La IEC 62061 è di estrazione
elettrica e deriva da norme che sono utilizzate per i processi industriali (ad
esempio in impianti nucleari), mentre la ISO 13849-1 è l’evoluzione della ISO
954-1 (vedi esempio successivo). Le due norme “dicono” le stesse cose, ma in
modo diverso.
91
La sicurezza delle macchine
La sicurezza funzionale
La pubblicazione delle norme EN ISO 13849-1 e della EN IEC 62061 ha
determinato un passaggio epocale nella progettazione delle macchine: si è
infatti introdotto il concetto di sicurezza funzionale, definita come “parte della
sicurezza della macchina e del suo sistema di controllo che dipende dal
funzionamento corretto dello SRECS*, di altri sistemi con tecnologia relativa alla
sicurezza e ad impianti esterni per la riduzione del rischio”.
*SRECS (Sistema Elettrico di Controllo Relativo alla Sicurezza): Sistema elettrico di
controllo di una macchina il cui guasto può produrre un immediato aumento del rischio.
Un esempio di applicazione della sicurezza funzionale è rappresentato da un
dispositivo di protezione contro le sovratemperature che utilizza un sensore
termico negli avvolgimenti di un motore elettrico per diseccitare il motore prima
che si surriscaldi. Invece, fornire il motore con un isolamento speciale per
sopportare le alte temperature non è un esempio di sicurezza funzionale (anche
se è un esempio di sicurezza e potrebbe proteggere il motore esattamente dallo
stesso pericolo).
92
La sicurezza delle macchine
Il vecchio approccio: la EN 954-1
La norma EN 954-1 classificava i possibili circuiti di
comando e controllo di sicurezza delle macchine in
cinque differenti categorie (B, 1, 2, 3 e 4, descritte nel
dettaglio in seguito), le quali venivano realizzate con un
livello di affidabilità e sicurezza crescente. Ad esempio,
un circuito di comando realizzato in categoria 3
fornisce maggiori garanzie rispetto ad un circuito di
comando realizzato in categoria 1.
In passato si tendeva a scegliere sempre componenti
con una categoria superiore specificata dalla norma EN
954-1 al posto di componenti di categoria inferiore,
anche se questi ultimi potevano presentare funzioni più
adatte allo scopo. Questo può essere imputabile
all’erroneo concetto gerarchico delle categorie. Le
norme relative alla sicurezza funzionale mirano ad
incoraggiare i progettisti a focalizzarsi maggiormente
sulle funzioni effettivamente necessarie a ridurre ogni
singolo rischio, oltre che sui livelli prestazionali
richiesti a ciascuna funzione, piuttosto che fare
semplicemente affidamento su componenti specifici.
93
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Più il sistema è sicuro più è improbabile che capiti un guasto pericoloso. E’
questo il concetto che sta alla base della EN ISO 13849-1 con la quale viene
introdotto un parametro oggettivo di valutazione, il Performance Level (PL) e le
relative grandezze ad esso associato e da cui dipende, ossia: architettura di
comando (categoria di sicurezza), tempo medio al guasto pericoloso (MTTFd),
copertura diagnostica (DC) e guasti per cause comuni (CCF).
94
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Il PL misura la capacità, da parte di una funzione di sicurezza, di riuscire a
ridurre il rischio previsto. E’ un parametro che viene espresso in probabilità
media di un guasto pericoloso nell’intervallo di un’ora (Probability of Failure per
Hour on Demand average, PFHdavg).
Sono previsti 5 livelli, da PLa fino a PLe al crescere del rischio, ed ognuno di
essi identifica un ambito numerico di probabilità media di guasto pericoloso per
ora. Ad esempio, PLd indica che la probabilità media di guasti pericolosi per ora
è compresa tra 1 x 10-6 e 1 x 10-7 ovvero all’incirca 1 guasto mediamente ogni
100-1000 anni.
95
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Il PLr è il livello di prestazione
che il circuito realizzato deve
raggiungere
per
essere
considerato
conforme
alle
necessità di riduzione del rischio.
Ne consegue che per attestare
che un circuito di sicurezza
realizzato è idoneo al caso
specifico occorre verificare che il
PL ottenuto sia almeno pari al
PLr.
In sostanza, il PLr costituisce il
livello minimo da raggiungere.
96
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
La norma considera 5 architetture predefinite dei circuiti di controllo relativi alla
sicurezza che rappresentano le 5 categorie B, 1, 2, 3 e 4 (ex EN 954-1). La norma
può essere applicata solo se per il progetto del sistema di controllo ci si avvale
di una delle cinque architetture designate. La categoria è la classificazione delle
parti di un sistema di comando legate alla sicurezza (SRECS) in relazione alla
loro resistenza alle avarie ed al loro conseguente comportamento in condizioni
di guasto.
Categoria B:
La categoria B è la categoria di base.
Il verificarsi di un’avaria può portare
alla perdita della funzione di
sicurezza. Il PL massimo conseguibile
con la categoria B è il PL = b.
97
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Categoria 1:
Nella categoria 1, che possiede la stessa
architettura della categoria B, una migliore
resistenza
alle
avarie
è
conseguita
prevalentemente mediante la selezione e
l’applicazione dei componenti. Il PL massimo
conseguibile con la categoria 1 è il PL = c.
Categoria 2:
Nella categoria 2 si ottiene una migliore
prestazione mediante il controllo periodico
dell’espletamento della funzione di sicurezza
specificata
(è
presente
una
funzione
autodiagnostica). Quindi, il verificarsi di un
errore può portare alla perdita della funzione
di sicurezza fra i controlli (come per categoria
B e 1), ma la perdita della funzione di
sicurezza viene rilevata dal controllo. Il PL
massimo conseguibile con la categoria 2 è il
PL = d.
98
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Categoria 3:
La categoria 3 deve essere progettata in modo
che una singola avaria in una delle parti non
porti a una perdita della funzione di sicurezza.
Quando si verifica un singolo errore la
funzione di sicurezza viene sempre svolta.
Alcuni ma non tutti gli errori vengono rilevati
(gli errori non rilevati possono portare alla
perdita della funzione di sicurezza). Il PL
massimo conseguibile è il PL = d.
Categoria 4:
Le categoria 4 devono essere progettate in
modo che una singola avaria in una delle parti
legate alla sicurezza non porti a una perdita
della funzione di sicurezza e la singola avaria
sia rilevata durante o prima della successiva
richiesta delle funzioni di sicurezza, per
esempio subito, all’accensione o alla fine del
ciclo operativo della macchina. Il PL massimo
conseguibile è il PL = e.
99
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1: esempio attuatori meccanici
Obiettivo sistema sicurezza: interrompere flusso fluido se temperatura troppo
elevata
Categoria B
Categoria 1
TS
Termostato
Valvola normalmente chiusa
Quando la temperatura supera un certo valore, il termostato apre l’interruttore che
diseccita l’attuatore della valvola normalmente chiusa che, non più alimentata, si chiude.
La differenziazione tra categoria A e categoria 1 è data dalla qualità degli elementi (in
questo caso, termostato, relè, valvola normalmente chiusa). Non esiste un monitoraggio
del sistema, pertanto non sono presenti informazioni su frequenza e durata degli
eventuali interventi del sistema.
100
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1: esempio attuatori meccanici
Obiettivo sistema sicurezza: interrompere flusso fluido se temperatura troppo
elevata
Categoria 2
PLC
TS
Termostato
Valvola normalmente chiusa
Il sistema è lo stesso del caso precedente, con in aggiunta un sistema di monitoraggio
della funzionalità del sistema: il PLC registra lo stato del termostato e della valvola (fine
corsa).
101
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1: esempio attuatori meccanici
Obiettivo sistema sicurezza: interrompere flusso fluido se temperatura troppo
elevata
Trasduttore di temperatura
TT
Categoria 3
Categoria 4
PLC
TS
Termostato
Valvole normalmente
chiuse
Il sistema di attuazione è ridondante ed è caratterizzato da due modalità differenti di
azione: la prima valvola viene azionata direttamente da un termostato (come nel caso
precedente). La seconda valvola viene chiusa dal PLC sulla base della temperatura
rilevata da un trasduttore di temperatura, che invia un segnale 4-20 mA al PLC. La
differenza tra categoria 3 e 4 sta nella rapidità di rilevazione dell’avaria.
102
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
L’MTTFd (Mean Time To Failure) è l’intervallo di tempo medio prima del
verificarsi di un guasto pericoloso. Esso fornisce una stima della qualità e della
affidabilità dei componenti utilizzati. L’affidabilità vera di un sistema non è mai
nota esattamente, però la statistica e il calcolo delle probabilità ci offrono lo
strumento per stimarla. Per la valutazione delle misure di protezione si
distinguono tre livelli, basso, medio e alto per l’MTTFd, misurato in anni, di ogni
canale singolo.
La norma fornisce gli strumenti di calcolo per valutare il MMTFd per ogni
singolo canale. Solitamente, il MTTFd del singolo componente è fornito dal
costruttore.
103
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Il grado di copertura diagnostica (DC) misura l'efficacia della diagnostica, che è
rappresentata dal rapporto tra la percentuale di guasti pericolosi rilevati e la
percentuale dei guasti totali.
In altre parole, questo parametro indica quanto il sistema sia efficiente nel
rilevare per tempo un proprio eventuale malfunzionamento. Come il MTTFd, il
DC è un parametro che può essere riferito ad una singola parte o ad un singolo
componente. Il valore della DC si esprime in quattro livelli e viene misurata in
percentuale.
104
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
Il parametro CCF (Common Causes Failure) misura il grado di indipendenza di
funzionamento dei canali di un sistema ridondante. Per questo motivo i CCF
vanno valutati solo se si usano sistemi ridondanti (Categorie 2, 3 e 4).
Un sistema ridondante è tanto più indipendente quanto minore è la possibilità
che un guasto procuri un funzionamento critico contemporaneamente su
entrambi i canali in un’architettura a doppio canale.
Per definirne il valore, la norma EN 13849-1 utilizza una tabella nella quale
vengono indicate 6 misure contro questi tipi di guasti. L’osservanza di ognuno
di questi provvedimenti determina un punteggio. La valutazione viene fatta
mediante una check-list di controllo dell’architettura adottata: sommando i vari
punteggi delle soluzioni effettivamente adottate, si arriva ad un totale; se questo
totale risulta maggiore di 65 si può dire che il sistema di sicurezza prescelto è
accettabile.
105
La sicurezza delle macchine
EN ISO 13849-1
La norma definisce una procedura semplificata per il calcolo del PLr.
Mentre un sistema in una certa categoria secondo la vecchia norma EN 954-1
doveva comunque avere una struttura specifica, nella nuova norma EN ISO
13849-1 per ottenere livelli di prestazione intermedi sono possibili molte strade.
Ad esempio, per ottenere un sistema con PL pari a “c” sono possibili (ammesso
che CCF > 65) tutte le soluzioni indicate con «c» in tabella precedente.
106
La sicurezza delle macchine
EN IEC 62061
Analogamente, per la EN IEC 62061 viene assegnato un Safety Integrity Level
(SIL) alla funzione di sicurezza con una procedura che utilizza una matrice del
rischio come indicato in tabella.
In base alla somma dei punteggi di durata, probabilità ed evitabilità, assegnati
per un evento pericoloso, si determina la classe e successivamente, nella
tabella, dall’intersezione fra la colonna “conseguenze” e la colonna “classe”, si
ricava il SIL da assegnare alla funzione di sicurezza; OM sta per “altre misure”
(other measures) da utilizzare a livello di raccomandazione.
107
La sicurezza delle macchine
EN IEC 62061
Successivamente, viene eseguita la progettazione del sistema di controllo secondo una
procedura logica che ricorda molto da vicino quella descritta per la norma ISO. Ciascun
sottosistema è sottoposto a vincoli di architettura che definiscono le caratteristiche della
struttura ed il suo comportamento al guasto: tali vincoli sono complessivamente
rappresentati nella tabella seguente, in cui compaiono i parametri Safe Failure Fraction
(SFF) e tolleranza all’avaria (N). SFF è il rapporto fra i guasti non pericolosi (λs+ λdd) ed i
guasti totali (λs + λd), dove λs sono i guasti sicuri, λdd quelli pericolosi rilevati e λd sono
quelli pericolosi. La tolleranza all’avaria rappresenta la capacità di un sottosistema di
continuare ad eseguire una funzione richiesta in presenza di avarie: una tolleranza N
indica che N+1 guasti possono causare la perdita della funzione di sicurezza (per
esempio N=0 significa che un guasto può causare la perdita della funzione di sicurezza).
108
La sicurezza delle macchine
EN IEC 62061
I valori di SFF e tolleranza all’avaria stabiliti per un sottosistema in funzione
della sua architettura (ridondanza, monitoraggio, scelta dei componenti)
determinano il valore massimo di SIL che può essere richiesto per un
sottosistema.
La probabilità di guasto casuale dell’hardware PFHD del sistema viene calcolata
come la somma delle probabilità di guasto pericoloso per ora del sottosistema o
di tutti i sottosistemi che implementano la funzione di controllo di sicurezza. La
norma suggerisce un metodo semplificato per il calcolo della probabilità di
guasto pericoloso dell’hardware PFHD di un sottosistema per 4 architetture
base indicate con “A”, “B”, “C”, “D”.
109
La sicurezza delle macchine
EN IEC 62061
110
La sicurezza delle macchine
EN IEC 62061 vs. EN ISO 13849-1
111
Agenda
Introduzione
Le tipologie di infortunio del settore Oil&Gas
Incidenti stradali
Pavimento antisdrucciolevole
Energia incontrollata
La sicurezza delle macchine
La classificazione ATEX
112
La normativa ATEX
Normativa ATEX
ATEX è il nome convenzionale che raggruppa due direttive dell'Unione Europea:
- 94/9/CE per la regolamentazione di apparecchiature destinate all'impiego in
zone a rischio di esplosione - la direttiva si rivolge ai costruttori di attrezzature
destinate all'impiego in aree con atmosfere potenzialmente esplosive e si
manifesta con l'obbligo di certificazione di questi prodotti;
- 99/92/CE per la sicurezza e la salute dei lavoratori in atmosfere esplosive - si
applica negli ambienti a rischio di esplosione, dove impianti ed attrezzature
certificate sono messe in esercizio ed è quindi rivolta agli utilizzatori.
Il nome deriva dalle parole ATmosphères ed EXplosibles.
113
La normativa ATEX
Direttiva 99/92/CE
La direttiva è relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al
rischio di atmosfere esplosive definite come: “miscele con l'aria, a condizioni
atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri
in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all'insieme della miscela
incombusta”.
La direttiva è stata recepita in Italia tramite il D.Lgs. 233/03 e successivo D.Lgs.
9 aprile 2008 n.81 (titolo XI).
Il datore di lavoro deve ripartire in zone le aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive. Per la determinazione del tipo di zona, della sua
estensione e dei suoi dati caratteristici dove sono o possono essere presenti
gas infiammabili si applica la norma EN 60079-10. La norma tecnica è quindi
cogente.
114
La normativa ATEX
Normativa EN 60079-10
La procedura di classificazione delle aree, in linea generale, si può ricondurre ai
seguenti passi:
- individuazione delle sorgenti di emissione (SE);
- assegnazione del grado di emissione alle sorgenti;
- determinazione della portata di emissione del fluido in considerazione (gas,
vapore, liquido bassobollente o altobollente);
- calcolo del volume ipotetico di atmosfera potenzialmente esplosiva (Vz)
intorno ad ogni SE;
- calcolo della concentrazione media volumica (Xm%);
- valutazione del tempo di permanenza;
- determinazione del tipo di zona individuata;
- determinazione della forma della zona pericolosa;
- determinazione dell’estensione della zona pericolosa.
- inviluppo delle diverse zone pericolose individuate.
115
La normativa ATEX
Definizione delle zone pericolose
Zona 0 - Luogo in cui un’atmosfera esplosiva costituita da una miscela di aria e
sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia è presente
continuamente, o per lunghi periodi, o frequentemente.
Nota: In generale, dette condizioni, quando si presentano, interessano l’interno
di serbatoi, tubi e recipienti, ecc…
Zona 1 - Luogo in cui è probabile che un’atmosfera esplosiva, costituita da una
miscela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia, si
presenti occasionalmente durante il funzionamento normale.
Zona 2 - Luogo in cui è improbabile che un’atmosfera esplosiva, costituita da
una miscela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia,
si presenti durante il normale funzionamento, ma che, se si presenta, persiste
solo per un breve periodo.
116
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
 Raccolta dati di progetto (dati del committente, cliente,
ubicazione, scopo del lavoro, schemi, etc...).
1° passo
Dati del luogo e del progetto
 Applicabilità della Norma.
 Definizione caratteristiche delle sostanze infiammabili
(nome, formula, M,Ti, ρliq, Cd, Csl, LEL, UEL, Tb, Tacc, T0,Po, gruppo
e classe di temp. etc...).
 Definizione degli ambiente e delle condizioni ambientali
(aperte, chiuse, con sistema/i di pressurizzazione o
inertizzazione, ventilazione...).
117
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
2° passo
Per ogni ambiente
 Individuazione delle sorgenti di emissione SE e del loro grado
di emissione: grado continuo (emissione continua o per
lunghi periodi), primo grado (emissione periodica o
occasionale durante il funzionamento normale), secondo
grado (emissione non prevista durante il normale
funzionamento o che avviene solo raramente o per brevi
periodi).
 Verifica della possibilità di eliminare o limitare quanto più
possibile la presenza di SE.
118
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
3° passo
Per ciascuna sorgente di emissione SE
 Determinare le possibile emissione infiammabile e se possibile
eliminare o limitare il grado di emissione e le portate.
 Verificare l’eventuale presenza di sistemi di ventilazione
artificiale locale o prevederli.
 Si prepara un elenco delle sorgenti di emissione.
119
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
 Si determina la portata di emissione Qg (formula [f.GB.4.1‐2]
(ex. GB.4.1.2)).
 Si determinano la distanza ‘’dz ‘’ e la quota ‘’a’’(formula
[f.GB.5.1‐5a] (ex. GB.4.1.2) o [f.GB.5.1‐5b](ex GB.5.3.1 modificata)).
4° passo (ultimo)
Calcolo delle emissioni potenziali e classificazione dei luoghi
 Definizione dei tipi di zone di pericolo originate dalle singole
emissione.
 Determinazione delle estensione di tutte le zone pericolose
originate dalle singole emissione (forme e dimensione).
 Individuazione delle aperture interessate da zone pericolose.
 Valutare l’adozione di misure tecniche e/o organizzative per
ridurre il pericolo d’esplosione.
 Eseguire l’inviluppo delle zone di pericolo originate dalle
singole SE.
 Preparazione della classificazione preliminare dei luoghi, ivi inclusi i requisiti per i prodotti installabili nei luoghi suddetti. 120
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
 Si determina la portata di emissione Qg (formula [f.GB.4.1‐2]
(ex. GB.4.1.2)), espressa in [kg/s].
4° passo (ultimo)
Calcolo delle emissioni potenziali e classificazione dei luoghi
φ: rapporto critico (funzione della pressione di processo P);
c: coefficiente di efflusso (fornito dal costruttore, oppure 0.97 per valvole
di sfioro e sicurezza, 0.80 negli altri casi);
A: area della sorgente di emissione [m2];
M: massa molare della sostanza [kg/kmol];
P: pressione assoluta di processo [Pa];
T: temperatura assoluta [K];
R: costante universale dei gas = 8.314 J/kmolK
β: esponente che tiene conto della frazione molare;
γ: rapporto tra i calori specifici.
121
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
 Si determina la distanza ‘’dz ‘’ in metri (formula [f.GB.5.1‐5a]).
4° passo (ultimo)
Calcolo delle emissioni potenziali e classificazione dei luoghi
Qg: portata di emissione [kg/s]
φ: rapporto critico (funzione della pressione di processo P);
c: coefficiente di efflusso (fornito dal costruttore, oppure 0.97 per valvole
di sfioro e sicurezza, 0.80 negli altri casi);
M: massa molare della sostanza [kg/kmol];
T: temperatura assoluta [K];
β: esponente che tiene conto della frazione molare;
γ: rapporto tra i calori specifici;
kdz: safety factor (0.25-0.5 per fonti di emissione di grado continuo e
primo, 0.5-0.75 per grado secondo).
LELv: limite inferiore di esplodibilità in aria, espresso in % su volume.
122
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose
 Si determina la quota ‘’a’’ in metri (formula [f.GB.5.1‐5b](ex
GB.5.3.1 modificata)). Alternativa al calcolo di dz.
4° passo (ultimo)
Calcolo delle emissioni potenziali e classificazione dei luoghi
M: massa molare della sostanza [kg/kmol];
kdz: safety factor (0.25-0.5 per fonti di emissione di grado continuo e
primo, 0.5-0.75 per grado secondo).
LELv: limite inferiore di esplodibilità in aria, espresso in % su volume;
P: pressione assoluta di processo [Pa];
A: area della sorgente di emissione [m2].
123
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose – esempi estratti dalla norma
124
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose – esempi estratti dalla norma
125
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose – esempi estratti dalla norma
Stima delle dimensioni dei fori di emissione derivanti da guasti: la norma
definisce dei valori in base alla tipologia di elemento oggetto della rottura.
Tipologia di elemento
Dimensione foro di emissione
Nota
Flangia con guarnizione in
fibra compressa
Spessore di 1 mm
Lungo la sezione della guarnizione tra due fori di
serraggio. Guasto grave (mancata manutenzione).
2,5 mm2
Se prevista attenta manutenzione.
Spessore di 0,5 mm
Lungo la sezione della guarnizione tra due fori di
serraggio. Guasto grave (mancata manutenzione).
0,25 mm2
Se prevista attenta manutenzione.
0,5 mm2
Guasto grave (mancata manutenzione).
0,1 mm2
Se prevista attenta manutenzione.
Flangia con guarnizione
spirometallica
Flangia con giunto ad anello
metallo su metallo
126
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose – esempi estratti dalla norma
Emissioni strutturali:
dati statistici.
127
La normativa ATEX
Processo classificazione delle zone pericolose – esempi estratti dalla norma
Emissioni strutturali:
dati statistici.
128
Esempio classificazione ATEX
Acqua raffreddamento
Acqua demineralizzata
Energia elettrica
Energia elettrica
H2
Elettrolizzatore
O2
Compressore
Bassa
pressione
Alta
Energia elettrica pressione
Fuel cell
Vapor d’acqua
129
Esempio classificazione ATEX
130
Esempio classificazione ATEX
Il locale di produzione e utilizzo dell’idrogeno (container 2) è costituito da un
container di 20 m3 circa, contenente:
-
n.1 dissociatore elettrolitico (elettrolizzatore), utilizzato per la produzione di
idrogeno con portata regolata a 1 Nm3/h;
- n.3 fuel cell da 1 kW ciascuna;
- tubazioni, valvole di intercettazione, strumentazione di misura e connessioni
realizzate con tecnologia di marca Swagelok (in figura);
- impianto di aspirazione: all’esterno del container è presente una tubazione
centrale in alto per l’estrazione dell’aria e 4 ingressi di mandata in basso. La
tubazione di estrazione è collegata a n.2 ventilatori di estrazione in parallelo
(uno di riserva all’altro) di portata pari a 2.000 m3/h ciascuno.
All’interno del container si considera una ventilazione artificiale garantita con
continuità (disponibilità BUONA).
Swagelok
131
Esempio classificazione ATEX
Il locale di compressione dell’idrogeno (container 1) è costituito da un container
di 20 m3 circa, contenente:
-
compressore idrogeno;
tubazioni, valvole di intercettazione, strumentazione di misura e connessioni
realizzate con tecnologia di marca Swagelok;
- impianto di aspirazione: all’esterno del container è presente una tubazione
centrale in alto per l’estrazione dell’aria e 2 ingressi di mandata in basso. La
tubazione di estrazione è collegata a n.2 ventilatori di estrazione in parallelo
(uno di riserva all’altro) di portata pari a 4.000 m3/h ciascuno.
All’interno del container si considera una ventilazione artificiale garantita con
continuità (disponibilità BUONA).
N.B. La quantificazione delle portate di ventilazione
viene determinata per tentativi, ovvero si verifica
qual è la classificazione risultante per un
determinato ambiente in presenza di una
determinata ventilazione, e si verifica che tipo di
classificazione raggiunge l’ambiente stesso. Se la
classificazione non è soddisfacente (ad esempio,
Zona 0), occorre incrementare la portata di
ventilazione.
132
Esempio classificazione ATEX
Nelle aree esterne prossime al laboratorio
sono posizionati i corpi tecnici e le tubazioni a
servizio del laboratorio stesso. Tra questi si
citano:
-
-
n.2 serbatoi di accumulo dell’idrogeno di
cui:
‣ n. 1 serbatoio da 83 litri e pressione
di esercizio di 35 bar;
‣ n. 1 serbatoio da 270 litri e pressione
di esercizio di 5 bar;
valvole e giunzioni filettate di connessione
sulle tubazioni di trasporto idrogeno ad alta
e bassa pressione;
n.1 bombola di idrogeno da 14 litri a 200 bar
con riduttore a 3,5 bar;
sfiati di idrogeno e ossigeno posizionati
come in lay-out item esterni.
133
Esempio classificazione ATEX
Classificazione ATEX – identificazione sorgenti e grado di emissione
134
Esempio classificazione ATEX
Classificazione ATEX – classificazione dei luoghi
135
Esempio classificazione ATEX
Classificazione ATEX– classificazione dei luoghi
136
Esempio classificazione ATEX
Energia
elettrica
Acqua
demineralizzata
Elettrolizzatore
O2
H2
Azoto
Lavaggio con azoto –
inertizzazione linee
Filtro
DEOXO
Acqua raffreddamento
Bassa
pressione
Filtro
Essicatore
Ventilazione
forzata con
ambiente in
depressione –
doppio
ventilatore
Vapor d’acqua
Energia
elettrica
Energia
elettrica
Compressore
Sensore
idrogeno
Alta
pressione
Fuel cell
Sensore
idrogeno
Container 1
Container 2
Serbatoi
esterni
137
Bologna, 19 Novembre 2015
Master in Sicurezza e protezione ambientale
nell'industria Oil & Gas
Rischio meccanico: sicurezza impianti
Prof. Ing. Cesare Saccani
Ing. Marco Pellegrini
[email protected]
[email protected]
Department of Industrial Engineering (DIN) - University of Bologna
Viale Risorgimento 2, 40136, Bologna – Italy
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Rischio meccanico:sicurezza impianti