La Buona Scuola. Una consultazione senza precedenti: Idee e spunti per un “Buon Paese” Il Rapporto La Buona Scuola, che da ormai un mese è consultabile sulla Home page del MIUR, è un documento prezioso non solo per i professionisti della conoscenza e per tutti coloro che operano nel mondo dell’Istruzione e della Formazione, ma anche per tutti i cittadini - genitori, studenti e stakeholders in primis - che considerano l’Istituzione Scolastica il primo motore della crescita, dello sviluppo, del progresso intellettuale, culturale, civile ed economico della Nazione. Del resto, sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, gli economisti soprattutto statunitensi e sovietici e quindi gli scienziati dell’educazione hanno messo in relazione PIL, occupazione, ricchezza pro capite, successo personale e collettivo e grado di scolarità, efficacia ed efficienza del Sistema d’Istruzione e Formazione, qualità dei processi formativi, importanza data dai Governi e dai cittadini alla cultura e alla conoscenza. Questa “relazione”, del resto, è sin dalle prime pagine posta in rilievo dagli estensori del Rapporto, che attribuiscono al Sistema d’Istruzione e Formazione italiano e al suo miglioramento un’importanza decisiva per il superamento della crisi economicofinanziaria, della disoccupazione giovanile, della stagnazione e della scarsa competitività in ambito internazionale del nostro Paese. In ambito europeo, d’altra parte, sin dai primi Libri bianchi e Rapporti degli anni ’90 (si pensi appunto ai documenti Delors e Cresson) e poi dai memorandum dell’ultimo decennio (ad esempio, Lisbona 2010, Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 18 dicembre 2006, Europa 2020), gli Stati dell’UE sono stati chiamati a rispettare una serie di parametri in relazione a Istruzione, Formazione, Formazione continua, dispersione scolastica, numero di diplomati e laureati, livello d’istruzione, che avrebbero dovuto rendere l’Unione la parte del mondo più competitiva e dinamica. Anche in questo caso, la logica della relazione PIL - qualità dell’Istruzione è stringente e chiama i singoli Stati ad investire e progettare in una logica di miglioramento continuo. I 6 Capitoli e i 12 punti del Rapporto I 6 Capitoli del Rapporto sono: 1. Assumere tutti i docenti di cui la buona scuola ha bisogno; 2. Le nuove opportunità per tutti i docenti: formazione e carriera nella buona scuola; 3. La vera autonomia: valutazione, trasparenza, apertura, burocrazia zero; 4. Ripensare ciò che si impara a scuola; 5. Fondata sul lavoro; 6. Le risorse per la buona scuola, pubbliche e private. I 12 Punti chiave sono: 1. Mai più precari nella Scuola; 2. Dal 2016 si entra solo per concorso; 3. Basta supplenze; 4. La Scuola fa carriera: qualità, valutazione e merito; 5. La Scuola si aggiorna: formazione e innovazione; 6. Scuola di vetro: dati e profili on line; 7. Sblocca Scuola; 8. La Scuola digitale; 9. Cultura in corpore sano; 10. Le nuove alfabetizzazioni; 11. Fondata sul lavoro; 12. La Scuola per tutti, tutti per la Scuola. Non potendo qui sintetizzare tutte le 136 pagine del Rapporto, ci soffermeremo soprattutto sui punti, che incidono maggiormente sulla professione docente. 1. La Scuola fa carriera: qualità, valutazione e merito. Si cambia relativamente agli scatti stipendiali: con la riforma ogni 3 anni 2 professori su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al miglioramento della scuola. Dal 2015 ogni scuola pubblicherà il proprio Rapporto di Autovalutazione e un Progetto di miglioramento. Nel dettaglio: La formazione sarà per ogni docente un diritto nei propri confronti e un dovere nei confronti degli studenti (come in parte era sino ad alcuni anni fa: Ministero Moratti), perché ogni docente non deve semplicemente insegnare un sapere codificato, ma modi di pensare, metodi di lavoro e abilità per la vita e per lo sviluppo professionale nelle democrazie moderne. D’altra parte, le occasioni di formazione risultano troppo spesso frontali, poco efficaci e in generale non partecipate, e possono essere sostituite da modelli incentrati sulla formazione esperienziale tra colleghi. Decisiva è anche la formazione dei docenti al digitale. Per rendere realmente obbligatoria la formazione, occorre disegnare un sistema di Crediti Formativi (CF) da raggiungere ogni anno per l’aggiornamento e da legare alle possibilità di conferimento di incarichi aggiuntivi. In particolare, si individuano Crediti didattici, formativi e professionali. Crediti didattici Si riferiscono alla qualità dell’insegnamento in classe e alla capacità di migliorare il livello di apprendimento degli studenti. Contribuiranno a far emergere le migliori prassi di insegnamento, assicurando innovazione didattica e, allo stesso tempo, attenzione per le specificità disciplinari; Crediti formativi Fanno riferimento alla formazione in servizio a cui tutti sono tenuti, all’attività di ricerca e alla produzione scientifica che alcuni intendono promuovere, e si potranno acquisire attraverso percorsi accreditati, documentati, valutati e certificati; Crediti professionali Sono quelli assunti all’interno della scuola per promuovere e sostenerne l’organizzazione e il miglioramento, sia nella sua attività ordinaria (coordinatori di classe) sia nella sua attività progettuale. Tutti i crediti didattici, formativi e professionali faranno parte del portfolio del docente, che sarà in formato elettronico, certificato e pubblico. La progressione di carriera si articolerà in un riconoscimento e in una valorizzazione delle competenze acquisite e dell’attività svolta per il miglioramento della scuola. Il portfolio del docente è vagliato dal Nucleo di Valutazione interno di ogni scuola, a cui partecipa anche un membro esterno. Dunque, lo stipendio base potrà essere integrato in due modi, complementari e cumulabili: - il primo modo sarà strutturale e stabile, grazie a scatti di retribuzione periodica (3 anni) - “scatti di competenza” - legati all’impegno e alla qualità del proprio lavoro; - Il secondo modo sarà accessorio e variabile, grazie a una retribuzione per lo svolgimento di ore e attività aggiuntive ovvero progetti legati alle funzioni strumentali o per competenze specifiche (BES, Valutazione, POF, Orientamento, Innovazione Tecnologica). Periodicamente, ogni 3 anni, due terzi (66%) di tutti i docenti di ogni scuola avranno diritto ad uno scatto di retribuzione. Si tratterà del 66% di quei docenti della singola scuola che avranno maturato più crediti nel triennio precedente. Il primo scatto sarà attribuito nel 2018. Nella nuova Scuola, fondamentale è il DOCENTE MENTOR: costui segue per la scuola la valutazione, coordina le attività di formazione degli altri docenti, compresa la formazione tra pari, sovrintende alla formazione dei colleghi, accompagna il percorso dei tirocinanti e in generale aiuta il preside e la scuola nei compiti più delicati legati alla valorizzazione delle risorse umane nell’ambito della didattica. A regime, sarà scelto dal Nucleo di Valutazione interno tra i docenti che per tre trienni consecutivi hanno avuto uno scatto di competenza. Saranno pochi per scuola, indicativamente fino ad un massimo del 10%. Oltre a ricevere il reddito derivante dagli scatti, il docente mentor è retribuito con una indennità di posizione. 2. Valutazione delle Scuole Nel Rapporto si dichiara in modo esplicito che occorre un modello di valutazione, in coerenza con i sistemi europei, non solo dei docenti, ma anche di ciascuna scuola, funzionale al miglioramento dell’Istituzione e come strumento di “lettura” della stessa da parte degli stakeholders. In particolare, il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) sarà reso operativo dal prossimo anno scolastico per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie. È previsto, inoltre, uno strumento di autovalutazione con indicatori su contesto e risorse, esiti e processi della scuola quali ambienti di apprendimento, apertura verso il territorio, pratiche educative e didattiche, livello e qualità di quello che gli studenti avranno imparato, elementi socio-economici di contesto, ma anche informazioni utili per capire, ad esempio, se gli apprendimenti degli studenti incidono sulla loro scelta di proseguire gli studi o sulle loro chance di trovare lavoro. Nel processo di valutazione sarà fondamentale l’apporto degli ispettori, che coordinano i nuclei di valutazione esterni alle scuole. Ogni scuola, in particolare, avrà un “cruscotto” comune di riferimento grazie al quale individuare i propri punti di forza e di debolezza e sviluppare un piano triennale di miglioramento che avrà al centro i risultati degli studenti, il loro apprendimento e successo formativo; il finanziamento per l’offerta formativa (a partire dal MOF, Miglioramento Offerta Formativa) sarà in parte legato all’esito del piano di miglioramento scaturito dal processo di valutazione; il livello di miglioramento raggiunto dall’istituto influenzerà in maniera premiale la retribuzione dei dirigenti. 3. Miglioramento della governance Per migliorare la governance e la sua celerità decisionale si propone l’istituzione di nuovi organi di governo della scuola (illustrati a p. 71): - Il Consiglio dell’Istruzione scolastica; - Il dirigente scolastico; - Il Consiglio dei docenti; - Il Nucleo di Valutazione. 4. La Buona scuola prevede il miglioramento delle tecnologie e dell’edilizia Ad esempio, quasi in una scuola su due (46%), la connessione non raggiunge le classi e quindi non permette quell’innovazione didattica che la Rete può facilitare. 5. La Scuola dell’inclusività La Scuola deve potenziare la sua inclusività, deve essere attenta alle politiche di sostegno nei confronti dei ragazzi che presentano delle disabilità. Occorrono, pertanto, docenti formati e preparati rispetto alle singole patologie. Occorre favorire e garantire la continuità didattica e il rapporto di fiducia tra i docenti, le famiglie e i ragazzi che hanno più degli altri bisogno di attenzioni e di insegnamenti specifici. Bisogna garantire i diritti degli alunni e migliorare l’organizzazione territoriale che regola e intreccia i rapporti con le famiglie. 6. Cultura in corpore sano Prevede il potenziamento delle conoscenze e delle competenze in storia dell’arte e in disegno, quindi in ambito musicale (con l’insegnamento pratico a partire dalle classi IV e V della scuola primaria), grazie all’immissione in ruolo dei docenti iscritti nelle GAE. Lo slogan è: con la musica e la storia dell’arte si riporta la creatività a scuola. Si sostiene in particolare che “la capacità di leggere e di produrre bellezza è un elemento costitutivo del nostro essere Italiani: dobbiamo valorizzarla, farne un vantaggio comparato che, come Italia, ci aiuti anche in prospettiva a mantenere un giusto posizionamento internazionale” (p. 91). Occorre, inoltre, introdurre l’educazione motoria e lo sport a scuola, in particolare nella primaria (p. 92), al fine di prevenire situazioni di sovrappeso e obesità, con l’inserimento di 1ora di educazione fisica a settimana dalla II alla V primaria. 7. La prossima alfabetizzazione: lingue straniere, coding, economia. In questo paragrafo (a partire da p. 94), si sottolinea la necessità di rafforzare l’insegnamento in lingua straniera con la metodologia CLIL anche nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado attraverso un potenziamento del Piano di Formazione dei docenti, con l’aiuto di assistenti madrelingua. L’obiettivo generale deve essere quello di rafforzare una volta per tutte l’insegnamento delle lingue straniere - orizzontalmente tra i diversi indirizzi di studio e verticalmente nei diversi cicli. Circa l’alfabetizzazione digitale, la scuola deve proporre non solo gli studenti come “consumatori digitali”, ma anche come “produttori digitali”. In particolare, serve un piano nazionale che consenta di introdurre il coding (la programmazione) nella scuola italiana. A partire dalla primaria gli estensori del Rapporto dichiarano: “vogliamo che nei prossimi tre anni in ogni classe gli alunni imparino a risolvere problemi complessi applicando la logica del paradigma informatico anche attraverso modalità ludiche” (p. 97). Al contempo, “l’analfabetismo finanziario dei nostri ragazzi tocca livelli preoccupanti, con oltre la metà degli studenti che si attestano su un livello di comprensione dei meccanismi economici e finanziari ben al di sotto della media dei paesi europei monitorati” (p. 97). Nel contesto attuale, al contrario, “l’economia deve essere una disciplina accessibile agli studenti di tutte le scuole di secondo grado” (p. 97). 8. Rafforzare l’autonomia Il Rapporto prefigura una vera attuazione dell’autonomia attraverso la realizzazione di un curriculo di Istituto e la riqualificazione dell’offerta formativa di ogni singola Scuola, grazie ad un organico funzionale rafforzato, ad una maggiore mobilità dei docenti, ad una nuova organizzazione e gestione collegiale della scuola e a risorse certe per l’offerta formativa. Si prefigura, tra l’altro, l’idea di un curricolo fondato su un “cuore” di discipline di base snello e comune a tutti e su una modulazione dell’offerta formativa attraverso la scelta di diverse discipline opzionali, anche sfruttando la quota di flessibilità del curricolo, già previste dalla normativa. 9. Fondata sul lavoro Questo è uno dei punti centrali del Rapporto, che chiede di incentrare la didattica delle scuole sulle competenze, sul “saper fare”, così da avvicinare istruzione e mondo del lavoro, combattere la disoccupazione giovanile e la dispersione scolastica, il fenomeno dei NEET, creare situazioni di alternanza scuola lavoro per tutti gli studenti di tutte le scuole secondarie di secondo grado (p. 106). Si prevede, in particolare, di superare l’idea dell’alternanza, per giungere all’idea di “formazione congiunta” “tra la classe e il luogo di lavoro, tra la scuola e l’impresa” (p. 109). In tal caso, fondamentali “sono i laboratori che caratterizzano in particolare (ma non solo) i nostri Istituti Tecnici e Professionali” (p. 111) e che devono essere considerati “palestre di innovazione legate allo stimolo delle capacità di problem solving” (p. 112). Per realizzare tutto ciò, occorre attrarre molte risorse private e rendere il territorio protagonista. 10. La Scuola per tutti, tutti per la Scuola Stabilizzando il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (MOF), rendendo trasparente il suo utilizzo e legandolo agli obiettivi di miglioramento delle scuole, attraendo risorse private (singoli cittadini, fondazioni, imprese) attraverso incentivi fiscali e semplificazioni burocratiche, si realizzerà finalmente una Scuola per tutti …, mito degli anni Sessanta del secolo scorso ancora lontano da essere attuata ... Sintesi tra i due documenti Cantiere POF 2014/15 e La Buona Scuola Molti sono i punti in comune tra i due documenti. Ecco i principali qui sinteticamente proposti e che si sottopongono all’attenzione del Dirigente Scolastico e del Collegio dei docenti: 1) Maggiore apertura al territorio e una migliore rilevazione della domanda formativa; 2) Maggiore legame con il mondo del lavoro, potenziamento dell’alternanza scuola lavoro, realizzazione di una “formazione congiunta” tra scuola e imprese; 3) Potenziamento dell’insegnamento delle lingue comunitarie (modalità CLIL) e delle nuove tecnologie; 4) Incentrare la didattica sulle competenze e meno sulle conoscenze, potenziare l’uso dei laboratori come “palestre di innovazione”; 5) Garantire una inclusività al 100% della Scuola, anche attraverso attività di orientamento in entrata, di riorientamento, di orientamento in uscita, quindi attraverso attività pomeridiane e mirate, attraverso attività di personalizzazione …; 6) Creare una figura di docente-ricercatore, autoriflessivo e pronto alla continua innovazione e al miglioramento; 7) Potenziare le attività di formazione e di aggiornamento dei docenti al fine di creare un circolo virtuoso di miglioramento continuo; 8) Promuovere l’innovazione tecnologica della Scuola e dei docenti; 9) Apertura alla internazionalizzazione; 10) Attuare una sistematica attività di monitoraggio, di autodiagnosi, di autovalutazione, di valutazione interna al fine di migliorare continuamente e di potenziare l’Offerta formativa della Scuola. Montella, 12 ottobre 2014