UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTA’ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ” Dottorato di Ricerca in Diritto dell’Economia Ciclo X IL FRANCHISING: TRA L’AUTONOMIA CONTRATTUALE E L’ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA Coordinatore: Chiar.mo Prof. Gerardo Villanacci Tutor: Chiar.mo Prof. Daniele Mantucci Dottoranda: Dott.ssa Elys Dayse Goncalves da Cunha Brokamp Anno Accademico 2009 - 2012 SOMMARIO CAPITOLO UNO 1.1 Origine e Evoluzione del franchising ............................................ p. 4 1.2 La integrazione verticale del contratto di franchising ................... 19 1.3 Franchising e Integrazione verticale .............................................. 22 1.4 Distribuzione Commerciale e il Franchising ................................. 23 1.5 Le prospettive di Forme di Integrazione Contrattuale della distribuzione nel caso italiano............................................... 28 1.6 Le rete di imprese .......................................................................... 33 1.7 Rete di imprese, interdipendenze e complementarietà .................. 37 1.8 Tipologia di rete e regolazione giuridica ...................................... 44 1.9 Concetto di rete e organizzazione delle imprese ........................... 50 1.10 Franchising e relazioni cooperative ............................................... 55 1.11 Dalla rete di imprese al contratto di rete........................................ 57 CAPITOLO DUE 2.1 Affiliazione commerciale nella legge nella legge n. 129 del 2004 ................................................................................ 65 Forme e contenuto del contratto .................................................... 79 2.3 Principio della buona fede oggettiva ............................................. 118 2. 4 Principio dell’equilibrio delle prestazioni ..................................... 124 2.2 2 CAPITOLO TRE 3.1 La proibizione di abuso di dipendenza nel contratto di subfornitura. L’applicazione ad altri contratti di distribuzione. La vocazione espansiva della proibizione di abuso di dipendenza economica nelle relazioni tra imprese ................................................................................ p. 130 3.1.1 Aspetti generali ......................................................................... 130 3.1.2 La dipendenza economica ......................................................... 133 3.2 La teoria dell’abuso e la nullità di protezione nei contratti .................. 143 3.3 Il problema del contratto giusto e della verificazione del contratto analizzato sotto l’esercizio della libertà contrattuale ............................ 144 3.4 La proibizione dell’abuso di dipendenza economica e il franchising... 147 3.5 Asimmetria di poteri contrattuali .......................................................... 149 3.6 Il terzo contratto ................................................................................ 155 3.7 Abuso di autonomia negoziale e i contratti di mercato ........................ 167 3.8 La proibizione di abuso di dipendenza economica nel contratto di affiliazione commerciale .................................................................. 172 3.9 Della violazione di obbligo di disclosure nel contratto di franchising . 175 Conclusioni ................................................................................ 181 Bibliografia ................................................................................ 196 3 CAPITOLO UNO 1.1 Origine ed evoluzione del franchising Il fenomeno del franchising nacque un secolo fa negli Stati Uniti con lo scopo di soddisfare la crescente esigenza di organizzare la distribuzione capillare dei prodotti specialmente in mercati considerati di difficile inserzione. La parola franchising o affiliazione commerciale, come definita in Italia, descrive una serie di schemi contrattuali che conferiscono disciplina giuridica a operazioni di decentralizzazione commerciale e industriale.1 Tale decentralizzazione è effettuata attraverso concessioni tra imprenditori di settori della distribuzione o della produzione o di ambedue. Tra le cause del rapido sviluppo del franchising e della sua diffusione immediata, non solo nei paesi dove nacque, ma anche nel vecchio continente, V .DE GIOIA distacca il doppio vantaggio della sua utilizzazione. In primo luogo, per la impresa produttrice di beni e servizi, perché rende possibile una collocazione razionale ed economicamente vantaggiosa. In secondo luogo, per gli imprenditori che entrano nel circuito commerciale della distribuzione, questo sistema dà la possibilità di mantenere la propria indipendenza economicagiuridica in relazione alla impresa produttrice, e di usare del privilegio di commercializzare determinati prodotti o servizi della impresa principale, utilizzandosi della fiducia che questa ultima gode in relazione ai consumatori, oltre ad usufruire di un patrimonio di conoscenze e tecniche, che sarebbe o impossibile o estremamente oneroso ottenere fuori della inserzione in questa rete.2 1 Cfr. V. De GIOIA. Il Contratto di Franchising. Profili dottrinali, giurisprudenziali, schemi operativi e formulario. Experta S.p.a, 2004, p.2-3 2 Cfr. V.De GIOIA. Il Contratto di Franchising. Profili dottrinali, giurisprudenziali, schemi operativi e formulario. Experta S.p.a, 2004, p. 2-3 4 Rimontando alle origini del franchising, F. BORTOLOTTI, anche se attribuisce la stessa origine americana, afferma che il franchising originalmente sviluppato in quel paese, possiede un significato più ampio di quello inteso dalla legge italiana, avvicinandosi ad altre forme distributive già esistenti (così come vendita in esclusiva e concessione di vendita). Del resto afferma che l’idea basica che si relaziona con il franchising è quella della concessione di un privilegio 3, che consiste nella concessione ad altra persona del diritto di commercializzare prodotti o servizi, usufruendo dei segnali distintivi, e , in conseguenza, della notorietà ottenuta dal franchisor. La parola inglese franchising si origina, come osserva A. MARRONE 4 dalla parola francese franchise, franchigia, che nel medioevo era un privilegio con cui si concedeva autonomia agli stati e ai cittadini; una città franca era una comunità che aveva ottenuto dal Re o dal signore una dispensa permanente dal tributo e che allora disponeva di un diritto di libera circolazione di persone e di cose. Anche oggi la parola franchigia è usata per indicare situazioni di esonero da tasse e da tributi. In senso stretto la parola franchising indica la relazione contrattuale di affiliazione (affiliazione commerciale, franchising, franchissage o franchise, franquicia, Frachise-Systema), con cui in ultima analisi una impresa (affiliante, franchisor, franchisseur, franquiciador, Franchise-Geber) concede ad un altro (affiliato, franchisee, franchise, franquiciado, Franchise-Nehmer) di svolgere una attività commerciale sotto la bandiera e le forme tipiche del concedente.5 Negli Stati Uniti le prime manifestazioni del franchising si ebbero quando grandi compagnie, come la General Motors e la Singer, adottarono questa tecnica 3 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 2. Questo privilegio é identificato da Zanelli, Il Franchising in Trattato di diritto privato, a cura di Pietro Rescigno, 11, Torino, 1984, p. 143 ss, 147. 4 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.3 5 Cfr G. GALIMBERTI. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, p. 2 5 di commercializzazione per una distribuzione, più rapida ed efficace, attraverso di commercianti locali, dei propri prodotti, in aree distanti dalla sede centrale. 6 La evoluzione più rilevante del fenomeno avvenne dopo l’ultimo conflitto mondiale, alimentata dalla esigenza di ricostruzione economica e dalla ricerca di nuove soluzioni atte a soddisfare la crescente domanda di mercato. Il franchising cominciò allora a espandersi sul piano internazionale, inizialmente nelle aree geograficamente caratterizzate come aventi maggiori affinità culturali e socioeconomiche con gli Stati Uniti, e solo più tardi a diffondersi per tutta l’Europa. Come indica la dottrina accettata da tutti, è stato soprattutto nel periodo susseguente alla seconda guerra mondiale che si assiste al grande espandersi del franchising, sostenuto dallo sviluppo economico di quegli anni. Il boom economico, come nota G. GALIMBERTI, 7 rese più facile l’incontro di interessi di diversi soggetti. I produttori, che affrontavano una crescente domanda, avrebbero dovuto affrontare il problema dello sviluppo rapido della propria rete di vendite, per riuscire a coprire una quota soddisfacente del mercato. Molti commercianti messi in difficoltà a causa della diffusione delle grandi catene di vendita, a loro volta cercano di adeguarsi e resistere alla concorrenza. Altri operatori, con capacità economica indipendente, erano attratti dalla possibilità di inserirsi nel processo, diventando piccoli impresari commerciali. Per tutti questi soggetti, il franchising rappresentava una soluzione semplice e funzionale. Già nel 1988, secondo una relazione annuale del Departement of Commerce (Bureau of Industrial Economy), negli Stati Uniti esistevano circa 2200 società operando in regime di franchising, appartenenti a più di 40 6 7 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffé Editore, Milano, 2004, p.4 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Fanchising. Giuffré Editore 6 (quaranta) settori diversi nel mercato. Questo fatto testimonia la flessibilità di tale tecnica.8 L’ordinamento americano registra una articolata legislazione positiva sul tema. Più di venti stati adottano le leggi di carattere generale che si riferiscono a questo contratto. Nel piano federale deve essere risaltata la Rule 436 della F.T.C sui Disclosure Requirements and Prohibition Concerning Franchising and Business Opportunity Ventures, del 1978, che dispone e regola le informazioni ai candidati a affiliati prima di realizzare il contratto. 9 Tra le informazioni che devono essere presentate c’è la esperienza dell’affiliato e dei suoi funzionari, eventuali azioni penali o civili promosse negli ultimi sette anni, pagamenti che l’affiliato è obbligato ad effettuare prima dell’inizio della attività e nel corso del contratto, beni che l’affiliato deve acquistare, eventuali limitazioni all’esercizio della sua attività, durata del contratto, condizioni di rinnovamento e di rescissione, programmi di formazione, ecc.10 La particolarità degli Stati Uniti, come nota F. BORTOLOTTI, è che in ogni stato autonomo gli interventi legislativi di protezione all’affiliato sono estremamente differenti. Così, alcune leggi (come esempio: Maryland, North Dakota) prevedono la registrazione preventiva di eventuali offerte di franchising ed una responsabilità civile e penale nei casi di inosservanza. Il Franchise Investement Act 269 del 1977 del Michigan stabilisce, oltre alle classiche norme sul disclosure statement, anche una serie di disposizioni relative al contenuto del contratto, sanzionando espressamente la nullità di eventuali clausole che 8 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p.7 Cfr.G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p.4. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p.10 10 Cfr G. GALIMBERTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 10. Devono essere inserite le informazioni in un Disclosure Statement redatte secondo criteri precisi imposti dalla normativa in questione. 9 7 permettano lo scioglimento del contratto prima della scadenza dello stesso senza che ci sia presente una <<good cause>>, o anche di clausole che permettano all’affiliante il rifiuto del rinnovo del contratto senza un nuovo acquisto di prodotti, beni strumentali, ecc. Nel Missouri una legge (Missouri Revised Statutes, Chapter 407) proibisce al franchisor di sciogliere o non rinnovare il contratto, senza che lo stesso non abbia notificato la controparte con un avviso previo di 90 giorni. Altre leggi includono parti che proibiscono il veto imposto al franchisee di cambiare il management (ammissibile però in presenza di giusta causa, comunicata per scritto), ancora più genericamente, l’imposizione al franchisee di <<unreasonable standards of performance>> (Nebraska), o anche, forme di discriminazione tra franchisee, a meno che il franchisor provi la razionalità della differenziazione (Washington). 11 È necessario però osservare, come fa G. GALIMBERTI, che negli Stati Uniti con lo stesso termine <<franchising>> si indica sia il business format franchising (bff), sia il franchising dei prodotti e della marca. Le due tecniche, come risalta l’autore, sono significativamente diverse; con il primo, assieme al prodotto si cede l’intero insieme di tecniche, strategie e know-how ; a sua volta nel franchising di prodotto e di marca passa a secondo piano la importanza dei servizi forniti dal franchisor al franchisee.12 Per quanto riguarda il Canada, la legge della Provincia di Alberta (Alberta Franchisee Act) prevede classici obblighi di disclosure con la possibilità per il franchisee di sciogliere il contratto in caso di inosservanza. Interessante in questo 11 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. a Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p.2. Questo privilegio è identificato da Zanelli, Il Franchising in Trattato di diritto privato, a cura di Pietro Rescigno, 11, Torino, 1984, p. 143 ss, 147 12 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p. 7. Il business format franchising corrisponderebbe più adeguatamente al modello italiano di affiliazione commerciale. 8 contesto è la previsione di nullità di eventuale clausola derogativa del foro che escluda la giurisdizione della Corte di Alberta. 13 Dando una vista panoramica sul continente americano, l’autore distacca la esperienza Brasiliana che già nel 1994 ha introdotto una specifica legge che prevede ampi obblighi di disclosure sanzionati con la possibilità per il franchisee di ottenere l’annullamento del contratto e la restituzione del valore pagato.14 Nell’altro lato dell’emisfero, nel Giappone, il franchising si è sviluppato seguendo l’esempio americano, presentando però particolarità proprie. L’ esperienza giapponese, secondo Gianmaria Galimberti, si distingue in quanto tende a privilegiare la produttività e la aggressività commerciale della vendita in rete. In relazione alla normativa giuridica, si mette in evidenza che la Legge del 1973 che regola il franchising, anche se anteriore a <<Full Disclosure>> soffre in modo notevole della influenza nordamericana. La forte presenza di affiliazione di matrice straniera trova la principale giustificazione nella forte domanda del mercato locale per prodotti e servizi occidentali. 15 Per quanto riguarda la Europa, la legge francese del 31 dicembre 1989 (Loi Doubin), impone una serie di obblighi di informazioni precontrattuali. Tale legge si applica ai contratti in cui << una persona mette a disposizione di un’altra un nome commerciale, un marchio o una insegna, pretendendo dall’altra un impegno di esclusività o di quasi esclusività per l’esercizio della sua attività>>. In questo modo si cercò di individuare, in accordo con gli obblighi di disclosure, una categoria più ampia di quella dei franchisee, estensibile a tutti i distributori che, in cambio della disponibilità della marca o di una insegna della controparte, assumevano in relazione a questa ultima l’obbligo di esclusività, il che 13 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 10-11 14 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 10-11 15 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, p.8 9 giustificherebbe la protezione riconosciuta da tale legge. D’altro lato, per quanto concerne gli obblighi di informazioni, che riguardano tutta una serie di dati (fornitori, la loro esperienza, rete, lista di affiliati, caratteristiche del contratto e del mercato dei prodotti o di servizi oggetto del contratto, ecc.), la legge prevede sanzioni di natura penale (contravvenzione) e civile (nullità del contratto). 16 L’Inghilterra sarebbe il secondo paese dell’Europa, dopo la Francia, in numero di franchisor e di franchisee, essendo molto significativa la presenza di catene americane, che in questo paese non hanno incontrato barriere né culturali e né di lingua. Lo sviluppo del franchising, come accenna Gianmaria Galimberti, fu stimolato dalla mentalità particolarmente favorevole delle banche, che ne incentivarono il suo diffondersi. Di fatto,commenta l’autore, numerose banche inglesi furono dotate di staff specializzati in offrire servizi agli operatori interessati nello stipulare contratti di franchising. Per quanto riguarda la distribuzione settoriale dei contratti, si nota che il franchising nella Inghilterra ha registrato uno sviluppo maggiore nel settore dei servizi, se paragonato con il settore della distribuzione commerciale.17 La legge spagnola n. 7 del 15 gennaio 1966, posta in atto con il decreto 2485/1988, è un altro esempio interessante circa la normativa europea sul franchising, poiché impone nel suo art. 62, la iscrizione di chiunque che decida svolgere una attività di franchisor, con uno specifico registro, assieme all’obbligo di comunicare ai potenziali franchisee una serie di informazioni. A proposito, è conveniente ricordare la definizione di franchising del suddetto decreto, secondo il quale: << ... si considererà come attività commerciale in regime di franchising, regolata nell’articolo 62 della Legge 7/1996, dell’Ordinamento del Commercio Minoritario, quella che si realizza in virtù del contratto per il quale una impresa, il 16 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p.12. 17 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p.16. 10 franquiciador, cede all’altra , il franquiciado, in cambio di una controprestazione finanziaria diretta o indiretta, il diritto di usare una franchigia per commercializzare determinati tipi di prodotti o servizi e che include, per lo meno: l’uso di una denominazione o marchio comune e una presentazione uniforme dei locali e dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; la comunicazione da parte del franquiciador al franquiciado di un <<saper fare>> e la prestazione continua da parte del franquiciador al franquiciado di assistenza commerciale o tecnica durante la vigenza del contratto.>>18, la quale afferma che la Spagna scoraggia in maniera forte la penetrazione di franchisor stranieri con leggi severe in materia di trasferimento di tecnologia, autorizzazioni e esercizio di attività, così come il controllo sui franchisee locali. A sua volta, in Germania non ci fu un significativo espandersi del franchising. La giustificativa per questo fatto è molteplice: prima di tutto è attribuita a una questione culturale, visto che il contratto di concessione non è tradizionalmente diffuso in questo paese, essendo pertanto poco conosciuto dagli operatori; per quanto riguarda la pratica commerciale, a sua volta, si osserva che il settore commerciale in Germania registra una elevata efficienza ed una ampia diffusione della grande distribuzione. 19 In Italia, la nascita del franchising risale al settembre del 1970, anno in cui è inaugurata a Fiorenzola la prima affiliata Gamma d.i., impresa di grande distribuzione, posteriormente assorbita dalla Standa. Le condizioni per l’affiliazione erano la disponibilità di una superficie minima di vendita, il possesso di una autorizzazione di vendita al minuto, e almeno di un permesso di deposito, e la disponibilità di un capitale adeguato per la preparazione dei locali. L’appalto e la fornitura di una prima rimessa agli affiliati garantiva l’utilizzazione 18 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAN, 2004, p.12. 19 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffé Editore, Milano, p. 13 11 della insegna, il servizio di supporto per la apertura degli esercizi, la fornitura delle merci e il know-how.20 Nell’ambito della normativa europea non sussiste una disciplina organica in materia di franchising. Il contratto si trova previsto da due regolamenti, cioè: quello abrogato del 30 novembre 1988, n. 4087, e quello del 22 dicembre 1999, n. 2790, concernenti ambedue la tutela della concorrenza, ed in particolare l’applicazione dell’art. 85, paragrafo 3, del Trattato che istituì la Comunità Europea. Come già annotato da innumerevoli autori, per quanto riguarda la Comunità Economica Europea, la Commissione CEE e la Corte CEE hanno avuto opportunità più di una volta di affrontare il problema di definire le caratteristiche essenziali del contratto di franchising. 21 I primi tentativi degli organi comunitari per disciplinare il franchising risale, come nota Alessandra Bonfanti, agli anni settanta; tuttavia solamente con il Regolamento (CEE) n. 4087/1988 la materia è stata centro di attenzione anche se limitatamente ad alcuni aspetti.22 Il Regolamento CEE n. 4087 88, del 30.11.88, ha caratterizzato il franchising, conforme opinione di parte della dottrina, già con questo diploma normativo come contratto tipico, descrivendolo nella seguente forma : l’accordo di franchising si intende come quello con cui una impresa, l’affiliante, concede ad un’altra, l’affiliata, dietro corrispettivo finanziario diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni e o servizi, comprendendo esso almeno gli obblighi connessi, all’uso di una denominazione o di una insegna commerciale comune e di una presentazione 20 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffé Editore, Milano, 2004, p.4. BONFANTE, A. L’evoluzione Normativa in Norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p.10. 21 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p.4. 22 Cfr. BONFANTE, A. L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p.23 12 uniforme della sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione da parte dell’affiliante all’affiliato di un know-how; alla prestazione permanente da parte dell’affiliante all’affiliato di una assistenza in campo commerciale o tecnico per la durata dell’accordo. 23 I regolamenti hanno efficacia immediata per gli stati membri. Nonostante questo, la dottrina non è stata unanime nella difesa della tipicità del contratto di franchising nel diritto italiano, anche prima dell’esistenza di legge interna. 24 L’occasione per la redazione del regolamento era aspettata fin dal celebre caso Pronuptia, della quale si occupò la Corte di Giustizia CEE nel 1986, che, in breve sintesi, considerò: 25 . la compatibilità dei contratti di franchising in materia di distribuzione con l’art. 85, par. 1, subordinando questa compatibilità alle clausole che esso contiene e al contenuto economico in cui si inseriscono; . le clausole che sono indispensabili per impedire che i concorrenti si approfittino del know-how del concedente non rappresentano restrizioni alla concorrenza, ai sensi dell’art. 85, par. 1; . le clausole relative ai controlli del concedente finalizzate a difendere la identità e la reputazione della rete di distribuzione non costituiscono restrizione alla concorrenza, ai sensi dell’art. 85, par. 1; . le clausole che dividono i mercati tra concedente e concessionario costituiscono restrizione alla concorrenza ai sensi dell’art. 85, par.1; 23 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffrè Editore, Milano, p. 5. Cfr. A. FRIGNANI. Il Contratto di franchising, Milano, 1999, p. 1 e ss. G.MAGRI, Precetti e sanzioni nella nuova disciplina sull’affiliazione commerciale in Giurisprudenza italiana, 2006, vol. 3, p. 2215. 25 Cfr. BONFANTE, A. L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p.24-25. 24 13 . il fatto con cui il concessionario pratica prezzi indicativi non costituisce restrizione alla concorrenza, dato che ciò sarebbe originato da un accordo tra le parti per praticare tali prezzi; . i contratti di franchising in materia di distribuzione che contengano clausole che dividano i mercati tra il concedente ed il concessionario possono pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Il regolamento CEE n. 4087/88 stipula che gli accordi che sono in violazione all’art. 85 sono nulli. Tuttavia questa norma nel suo paragrafo terzo prevede determinate ipotesi di inapplicabilità della stessa. Il contratto di franchising sarebbe suscettibile di rappresentare una limitazione alla libera concorrenza nella misura in cui l’affiliato può essere obbligato, per esempio, a comprare merci esclusivamente dall’affiliante, oltre a distribuire i prodotti o servizi secondo modalità e nell’ambito di uno stato indicato dallo stesso affiliante.26 Allo stesso modo, la Commissione Europea ha considerato che questa tipologia di accordo non rappresenta una violazione all’art. 85, e nel risolvere la questione ha fornito una serie di indicazioni che hanno contribuito a definire in maniera più esatta l’istituto del franchising. Procedendo ad un breve esame del regolamento, si osserva che il legislatore comunitario fa una precisa distinzione tra il franchising industriale, che si riferisce alla produzioni di beni, ed il franchising di distribuzione, che si riferisce alla vendita di prodotti, ed infine il franchising di servizi che si riferisce alla prestazioni di servizi. Chiarifica in particolare che l’art. 85, par. 3, del Trattato si riferisce appena agli accordi di franchising di distribuzioni e di prestazioni di 26 Cfr. BONFANTE< a. l’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. Cagnasso), Giappichelli, Torino, p. 27. 14 servizi. Questa chiarificazione sembra lasciar chiaro che la eccezione non si riferisce al franchising industriale. 27 Nota A. BONFANTE che, con lo scopo di individuare l’ambito di applicazione del regolamento, l’art. 3 detta una serie di definizioni, con le quali si possono individuare le peculiarità e le principali caratteristiche di questo tipo di contratto.28 In questo modo la Commissione Europea definisce il franchising come :”... un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know-how o brevetti da utilizzare per la rivendita di beni o per la prestazione di servizi ad utilizzatori finali”. Nello stesso regolamento, come risalta A. MARRONE, troviamo anche la definizione di accordi di franchising: “... per accordo di franchising si intende un accordo con il quale un’impresa, l’affiliante, concede ad un’altra, affiliato, dietro corrispettivo finanziario diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni e/o servizi; esso comprende almeno gli obblighi connessi all’uso di una denominazione o di un’insegna commerciale comune e di una prestazione uniforme della sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione da parte dell’affiliante all’affiliato del know-how; alla prestazione permanente, da parte dell’affiliante all’affiliato, di un’assistenza in campo commerciale o tecnico per la durata dell’accordo”.29 La normativa in esame prosegue, conforme appunta A. BONFANTE, definendo elementi specifici del contratto, come per esempio: il know-how, ossia, 27 Cfr. BONFANTE, A. L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p. 27. 28 Cfr. BONFANTE, a. l’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p. 28.. 29 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffé Editore, Milano, 2004, p. 6-7. 15 il “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed accertato”. Di fatto, come annota la sopraccitata autrice, l’importanza attribuita al know-how ha portato una parte della dottrina a identificarlo come una nuova categoria di beni immateriali. 30 Altro elemento oggetto di attenzione del legislatore del regolamento europeo dice rispetto al versamento a favore dell’affiliante di un corrispettivo economico diretto o indiretto da parte dell’affiliato. Infine, il regolamento prevede la figura del contratto di master franchising, come l’accordo con cui una impresa, affiliante, concede all’affiliato principale, con il rispettivo pagamento, il diritto di sfruttare un sistema di affiliazione commerciale, stipulando a sua volta contratti con altre imprese. Tale definizione può essere messa sulla stessa linea del codice deontologico europeo del franchising: “ ... il franchising è un sistema di commercializzazione di prodotti e/o tecnologie basato su una stretta e continuativa collaborazione tra imprese legalmente e finanziariamente separate e indipendenti, il franchisor e i suoi franchisee, secondo il quale l’affiliante concede ai suoi affiliati il diritto, e impone loro l’obbligo di intraprendere un’attività economica in base al sistema elaborato dall’affiliante. Il diritto legittima ed obbliga l’affiliato, in cambio di un corrispettivo finanziario diretto o indiretto, ad usare il nome commerciale e/o i marchi relativi a prestazioni di servizi, il know-how, i metodi commerciali e tecnici, le procedure e gli altri diritti di proprietà industriale e/o intellettuale, collegati ad una prestazione continuativa 30 Cfr. BONFANTE, A. L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGASSO), Giappichelli, Torino, p. 28. La referenza é di R. RANDIN, p. 503. 16 di assistenza commerciale e tecnica nel quadro e secondo le condizioni di un contratto di affiliazione scritto, concluso tra le parti a questo fine”.31 Tra le definizioni più o meno articolate contenute negli statuti e nei codici deontologici delle associazioni di categoria nazionale ed internazionale, per la semplicità e completezza merita distacco quella data dalla Assofranchising Italiana, che ha anche come peculiarità nella sua definizione il consistente riferimento la tutela dell’interesse dei consumatori: ... “Il Franchising – Affiliazione commerciale – è una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione di beni o servizi fra un imprenditore (<<Affiliante>>) e uno o più imprenditori (<< Affiliati >>), giuridicamente ed economicamente indipendenti uno dall’altro, che stipulano un apposito contratto attraverso il quale: a) L’Affiliante concede all’Affiliato l’utilizzazione della propria formula commerciale, comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how (l’insieme delle tecniche e delle conoscenze necessarie) ed i propri segni distintivi, unitamente alle altre prestazioni e forme di assistenza atte a consentire all’Affiliato la gestione della propria attività con la medesima immagine dell’impresa affiliante; b) L’Affiliato si impegna a far proprie politica commerciale ed immagine dell’Affiliante nell’interesse reciproco delle parti medesime e del consumatore finale, nonché al rispetto delle condizioni contrattuali liberamente pattuite.32 Similmente al Regolamento (CEE) N. 4087/1988, il Regolamento (CE) N. 2790/1999 tratta dell’applicazione dell’art. 85, par. 3, riferendosi tuttavia alla categoria di accordi verticali che dicono rispetto alle disposizioni relative alla cessione o all’uso del diritto di proprietà intellettuale. 31 32 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.7 Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffré Editore, Milano, p.5 17 Come nota A. BONFANTE, in particolare, il regolamento disciplina le ipotesi in cui l’art. 85, par. 3 non sia applicabile, ma specificamente nei casi di “accordi verticali contenenti disposizioni relative alla cessione, all’acquisizione o all’uso da parte dell’acquirente di diritti di proprietà intellettuale, a condizione che tali disposizioni non costituiscano l’oggetto primario degli accordi e che esse siano direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti”. Esattamente perché l’oggetto principale del contrato di franchising è la cessione di know-how, di disegni, di segnali, di distintivi del franchisor, di modelli di utilità, di diritti d’autore, della marca e di assistenza e consulenza tecnica e commerciale, si deve concludere, come fa l’autrice succitata, che tal modalità contrattuale si inquadra nell’ambito dell’art. 85, par. 3. 33 La mancanza di una maggiore ispirazione del legislatore italiano alla Legge modello dell’ Unidroit, è criticata da F. BORTOLOTTI, secondo cui si è perduta una grande opportunità di approfittare in proporzioni più dignitose della legge modello per predisporre la legge 129/2004, rappresentando il suo testo uno strumento di grande utilità per individuare le problematiche più critiche in relazione alla disclosure e per la ricerca di soluzioni efficaci ed equilibrate al momento contemporaneo. 34 La legge modello della Unicitral, la Model Franchise Disclosure Law, adottata a Roma nel settembre 2002, possiede un carattere indicativo per gli Stati che desiderano assicurare un contesto sicuro alle parti contrattanti di un 33 Cfr. A. BONFANTE, L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Giappichelli, Torino, p.29-30. 34 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 13. 18 franchising, rendendo possibile che un potenziale franchisee riceva informazioni sufficienti per permettere di effettuare una scelta informata. 35 1.2. L’Integrazione Verticale del Contratto di Franchising Nel corso degli anni 80 (ottanta) lo sviluppo tecnologico, organizzativo e istituzionale delle imprese commerciali mostrò la tendenza a dislocare il sistema di controllo dei canali in forma diretta – costosa e rigida – in direzione a forme indirette caratterizzate dalla maggior flessibilità, con l’obiettivo di diminuire la distanza tra produttori, distributori e consumatori e ridurre così i costi di controllo e di ricerca di informazioni sorti dalla gestione di una crescente varietà e instabile preferenza nella catena finale. In questo quadro della rete di imprese nelle relazioni verticali si colloca il franchising come strategia organizzativa flessibile e di controllo dei canali di distribuzione. 36 La scelta di sistemi di accordo orizzontali tra agenti per la gestione dei canali di distribuzione e le scelte di integrazioni verticali tra produttori e distributori, fa con che il fenomeno del franchising per la sua diffusione passi ad essere oggetto di ampio dibattito tra gli studiosi, come anche da parte degli operatori, per le implicazioni che hanno prodotto in termini di organizzazione e di controllo delle forme di vendita (verticale ed orizzontale) al consumo finale. L’origine di questo interesse teorico e pratico è dovuta al fatto che il franchising si configura sempre di più come una peculiare forma organizzativa di attività economica che consente di unire controllo e rischio, senza ricorrere a configurazioni di canoni di integrazione proprietaria e di controllo di gerenza. Il 35 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee., CEDAM, 2004, p. 13. 36 Cfr. A. SPRANZI. Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA. Milano, 1990, p.2 19 franchising da un lato aumenta la possibilità di controllo esercitato sullo scambio di merci nel mercato (tra franchisor e franchisee); d’altro lato, riduce o evita le conseguenze più negative della integrazione completa a cui è sempre condotta la separazione tra proprietà e potere, tra controllo e rischio. 37 La chiave di lettura che permette focalizzare la natura strategica di questa forma di controllo, si riferisce al franchising e alla sua capacità imprenditoriale, o alla natura dell’imprendimento che tale forma mette in evidenza. Possiamo incontrare una prima risposta nella ambivalenza del controllo espresso per mezzo del franchising, che è allo stesso tempo organizzativo e imprenditoriale. Organizzativo perché capitale e lavoro incontrano molteplici forme di controllo prescritte nelle norme contrattuali, alcuni dati obiettivi funzionali per essere realizzati. Imprenditoriale poiché è essenziale la capacità soggettiva di decisione degli agenti coinvolti, che affrontano a titolo diverso i rischi di una attività incerta, accettando una remunerazione post attraverso di peculiari strutture di risk-sharing. Organizzazione e imprenditorialità che si fondono in una forma che è significativamente alternativa ai canoni tradizionali: sia nel confronto a quella perfettamente decentralizzata o non integrata del mercato, sia in direzione a quella espressa dalla piena integrazione verticale o proprietario-gerarchica. 38 Il termine entrepeneur è normalmente considerato con tre significati, dipendendo dal contesto analitico in cui è usato. Il primo, attribuisce all’imprenditore la funzione speciale di sfruttare opportunità di vantaggio, tra cui quella di selezionare tra diversi livelli di prezzo e di sviluppo di nuovi prodotti e mercati. L’imprenditore è allora un organizzatore che studia la composizione 37 Cfr. A Spranzi. Presentazione XII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Piloti~Roberto Pozzaba, EGEA. Milano, 1990, p.3. 38 Cfr. Cfr. A. Spranzi. Presentazione XXII- I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA, 1990, p.3. 20 migliore delle risorse a disposizione.39 Il secondo significato è attribuito a Knight (1921), che per la prima volta introduce il problema del rischio ed attribuisce all’imprenditore il residuo della attività di organizzazione delle risorse. Insomma, due definizioni che in complesso costituiscono una innovazione parziale della tradizione neoclassica, poiché introducono definizioni di imprenditorialità che qualificano l’imprenditore o come organizzatore che deve scoprire le soluzioni migliori (o le più soddisfacenti) o, ancora l’imprenditore che assume i rischi. Una terza, più recente impostazione di fondo neo classico attribuisce all’imprenditore la natura di monitor, il cui principale compito è quello di assicurare che tutti i fattori dell’impresa si mantengano in livelli compatibili con gli obblighi assunti e promessi. Al monitor è riservato, allora, il compito di controllo dei compiti della impresa, equiparata a una squadra unita da una missione di cooperazione produttiva. Al monitor spetta inoltre la importante funzione di aumentare la produttività di ogni componente e di minimizzare la possibilità di shirking di questi componenti.40 Frattanto è nella scuola austriaca di pensiero che troviamo i primi elementi di una definizione non deterministica di imprenditore, con il contributo di Shackle, che qualifica l’imprenditore come un creatore di alternative di scelta. In tale linea l’imprenditore diventa uno scopritore di nuove possibilità non viste anteriormente, non perché non fossero conosciute (imperfect information), ma perché fino a quel momento non esistevano nell’orizzonte della scelta. Non esiste più un unico ambiente, ma forme organizzative possono coesistere e più ancora diventare complementari, dando la possibilità allora che una molteplicità di percorsi strategici e di funzioni oggettive siano ammesse per una sopravvivenza 39 Cfr. A. Spranzi. Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA. Milano, 1990, p.3. Tale definizione si sviluppa seguendo la linea aperta dalla scuola austriaca. 40 Cfr. A. Spranzi. Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA. Milano, 1990, p.4 21 efficiente. E questo contesto decisionale, caratterizzato da interdipendenza e nonosservabilità delle prestazioni, la figura dell’imprenditore perde i connotati più individualisti - indeterministici della definizione tradizionale e si veste di connotazione di coalizione. Una coalizione può essere considerata come un insieme organizzato in modo consensuale tra agenti indipendenti, attraverso regole di comportamento che valorizzino le potenzialità progettuali congiunte ed evitino azioni di irresponsabili.41 1.3 Franchising e Integrazione Verticale Una impresa può operare una selezione tra differenti forme di integrazione: integrazione completa o proprietaria, quasi integrazione, accordi (equity e non equity) e contratti. La prima modalità è quella che esige costi di uso di tempo di controllo imprenditoriale e di supervisione per il coordinamento della attività economica. Il franchising può essere considerato come uno strumento che diminuisce i vincoli in relazione alla capacità impresariale di coordinamento, utilizzando in una forma peculiare di quasi integrazione. Il franchising di fatto riunisce in un tutto opportunamente i vantaggi delle integrazioni con quelle della decentralizzazione del mercato, rappresentando una forma di mercato organizzato. Normalmente il sistema di incentivi è costituito da una tassa di entrata e la remunerazione del diritto di uso del mercato di una certa marca (o il servizio) del franchisor e/o della royaltie versata a quest’ultimo dal franchisee. La relazione di franchising non è allora equiparata ad una relazione di subordinazione (nel senso della distribuzione di poteri organizzativi). Così, il 41 Cfr. A. Spranzi. Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cua di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA. Milano, 1990, p. 6. 22 franchisee si distingue ampiamente sia dal manager sia dal lavoratore dipendente, perché si inserisce in un contesto organizzativo e di gerenza di risk-sharing (exprima) e di profit-sharing (ex-dopo).42. Sotto l’aspetto impresariale, una delle principali esigenze a cui il franchising risponde, è, di fatto, la questione della divisione tecnica del lavoro con specializzazione di incarichi. Attraverso il sistema di franchising sono create aggregazioni di imprese con specializzazioni, nel loro interno, delle varie funzioni impresariali. In speciale, l’impresa franchisor si occupa del maggior perfezionamento della immagine impresariale, della amministrazione delle innovazioni e della consolidazione e dello sviluppo della immagine impresariale anche per mezzo dello stimolo pubblicitario. Le imprese franchisee disimpegnano altre fondamentali attribuzioni, come la formazione del personale di vendita, il collegamento con la clientela, il credito al consumo. L’attività della impresa franchisee si sviluppa sotto il nome della impresa franchisor, avvantaggiandosi della sua notorietà e reputazione, condizionata però da clausole contrattuali che la dirigono secondo i principi della politica commerciale e della conduzione impresariale stabilita dalla impresa franchisor.43 1.4 Distribuzione Commerciale e il Franchising Il franchising, a sua volta, si inquadra pienamente nell’ampio genere della distribuzione commerciale, poiché le imprese produttrici coordinano non solo la vendita, ma anche tutte le operazioni finalizzate a questo fine e, essendo la distribuzione l’anello di congiunzione tra la produzione e il collocamento dei prodotti o servizi ai consumatori, esso risponde efficacemente alle esigenze 42 Cfr. A. Spranzi. Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, EGEA. Milano, 1990, p.10. 43 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffrè Editore, Milano, 2004, p.20. 23 proprie della moderna industria di realizzare una decentralizzazione dell’originario ordine organizzativo.44 Analizzando la intrigante relazione tra rete e informazione, E. RULANI fa notare che uno dei fenomeni più interessanti del panorama economico degli ultimi anni è lo sviluppo di una pluralità di forme organizzative nuove di distribuzione commerciale. Ricorda il successo della formula commerciale derivata dal franchising, considerato in questo caso non come contratto, ma come tecnica commerciale, caratterizzata da una particolare concessione strategica all’interno delle relazioni della filiera distributiva.45 L’ampia utilizzazione del contrato di franchising, come concessione strategica può essere sintetizzata in due grandi opzioni, che sono due direzioni evolutive nelle quali cammina la organizzazione commerciale: - da un lato, costruire una rete diretta per quanto riguarda la circolazione delle informazioni nella catena distributiva; - dall’altro lato, utilizzare la costruzione della rete con il contributo di una pluralità di operatori indipendenti (sotto l’aspetto proprietario e di gerenza), coordinati attraverso di contratti e media comunicativi che danno la possibilità di creare efficaci relazioni cooperative tra il centro della rete e i suoi terminali periferici.46 La grande originalità di questo sistema si individua nel fatto che ogni membro è giuridicamente indipendente, però vincolato economicamente e contrattualmente alla impresa promotrice del sistema franchising. La stretta interdipendenza economica tra i partner implica che i risultati economici ottenuti e previsti dal franchisor dipendono dalla solidità e dallo sviluppo della intera catena delle imprese franchisee e viceversa. Diventa perciò ovvio l’interesse del franchisor 44 Cfr. V. De GIOIA. Il Contratto di Franchising. Profili dottrinali, giurisprudenziali, schemi operativi e formulario. Experta S.p.a, 2004, p.4-5 45 Cfr. E. RULANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 33 46 Cfr. E. RULANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 33. 24 - per assicurare agli affiliati le migliori condizioni di ritorno, in quanto questi congiuntamente costituiscono parte complementare indispensabile per il sistema impresariale. E dalla sua stabilità e vitalità dipende il successo economico della impresa-madre. 47 - In questo modo, nota Enzo Rulani, il contratto non è più sopportato da una costosa rete di agenti monomandatari incaricati di premere sui punti di vendita e sugli altri operatori della filiera distributiva (operatori, logistici, centri di assistenza, punti di finanziamento) per promuovere le vendite. Ma sono gli operatori stessi che entrano a far parte del business dell’impresa leader (industriale e commerciale), legandosi ai linguaggi ed ai comportamenti irradiati dal centro della rete. In questi ,la costellazione di operatori che vincola il proprio comportamento a standard di comunicazione di rete finisce per assumere una parte del rischio dell’impresa leader, sia nel senso positivo (profitti), sia eventualmente in senso negativo (perdite). - Di fatto, non ci sono dubbi che all’aderire ad una rete di franchising, l’impresa franchisee perde parte della propria autonomia decisionale, ma riceve in cambio il supporto della forza commerciale della impresa franchisor, come ugualmente sfrutta di una forte limitazione dei rischi48. Il principale vantaggio che la strategia di esternalizzazione e di governo della esternalità porta l’impresa leader, creatrice della rete, consiste nella rapidità con cui è possibile spandere quantitativamente e qualitativamente la rete, ricorrendo, a tal fine, alla cooperazione dei centri indipendenti che usano capitale proprio e che assumono il rischio dell’investimento. D’altro lato il vantaggio per un operatore periferico di questo genere di rete consiste nella possibilità di 47 48 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré editore, Milano, 2004, p. 20. Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.20 25 partecipare, in certa misura, della ridistribuzione dei lucri potenziali impliciti in una business idea di successo. 49 Come già affermato in altri posti, diverse sono le motivazioni che rendono il franchising una figura attrattiva, sia per gli agenti che si mettono per la prima volta in una attività imprenditoriale, sia per gli agenti che operano già nel mercato. In particolare, per i primi, il franchising rappresenta una soluzione valida per svolgere una attività autonoma coniugata con una certa sicurezza. La notorietà di una marca, la tranquillità proveniente da esperienze precedenti, il trasferimento di know-how, l’assistenza tecnico commerciale permanente, sono elementi che infondono sicurezza al potenziale imprenditore senza nessuna esperienza commerciale precedente. Ma, allo stesso modo, chi già opera in un settore maturo può scegliere di aderire ad una rete di franchising per affrontare una concorrenza sempre più agguerrita, a una situazione congiunturale sfavorevole e, più genericamente, la grande incertezza che circonda l’ambiente economico.50 In ogni modo, una delle più significative motivazioni che giustifica la preferenza da parte del franchising alla gestione diretta di una attività, è certamente la esigenza di dividere i rischi economici, organizzativi e di mercato con altri partner, e di operare con una maggior efficienza grazie alla specializzazione di funzioni su cui si fonda il franchising.51 Nell’ambito della distribuzione commerciale in Italia esistono alcuni accordi di collaborazione che presentano affinità con il franchising. Il franchising costituisce una delle quattro categorie del commercio associativo, che sono: 49 Cfr. E. RULANI; Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p.36/37. Cfr. A. FRIGNANI,citato da A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p. 23 – con il termine”strategia”, in ambito aziendalistico, si intende “L’insieme delle azioni di fondi dell’impresa, necessarie per conseguire le sue finalità e i suoi obiettivi di lungo periodo”. Partendo da questa definizione, si può affermar che la, scelta di operare in franchising costituisce una strategia per entrambi i partner del rapporto. 50 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.23. L’autore rimanda a A. FRIGNANI. 51 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p. 19. 26 - Unione o catene volontarie,cioè accordi verticali tra grossisti e dettaglianti; - Gruppi di acquisto, associazioni di tipo orizzontale tra dettaglianti; - Franchising, accordi tra operatori economici appartenenti a vari livelli del processo di commercializzazione dei prodotti.52 Di fatto, non è solo il franchising; in generale diventano ogni giorno più rilevanti nei giorni attuali le relazioni cooperative che si possono svolger nella catena del valore che va dalla produzione industriale fino al consumo finale in senso verticale e/o orizzontale. Attraverso questo tipo di relazione, come nota Enzo Rullani, in parte contrattuale e in parte extra-contrattuale, si realizza un coordinamento efficace di più imprese per la messa in valore delle reciproche complementarietà o per lo sviluppo congiunto di strategie innovative che richiedono una sincronizzazione e finalizzazione dei comportamenti ad uno scopo di comune interesse.53 Si parla allora di co-imprenditorialità tra diverse imprese e di co-evoluzione delle stesse; si realizza dunque, in questo modo, senza che sia soppressa l’autonomia delle diverse parti, come invece accadrebbe se la centralizzazione strategica e distintiva avvenisse utilizzando gli strumenti tradizionali delle fusioni o delle acquisizioni per concentrare proprietà e potere nell’impresa leader. Di fatto, l’autonomia delle parti è mantenuta nei limiti che è funzionale rispetto alla strategia centrale: è una autonomia temperata dal riconoscimento di una finalità strategica compartita e dall’uso di risorse distinte che devono essere usate congiuntamente.54 Tra i vantaggi che offre l’associazione in franchising, vi è sicuramente quello di poter beneficiare di economie di scale (nell’approvvigionamento dei 52 Cfr A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.21. Cfr. E. RULLANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale, p. 38 54 Cfr. E. RULLANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 39 53 27 profitti e materie grazie alla entità notevole delle ordinazioni fatte dal franchisor e alle opportunità occasionali di acquisto a prezzi molto convenienti che si aprono solo alle grandi organizzazioni dotate di molti punti di vendita territorialmente sparsi), di godere di un vantaggio competitivo concreto nei confronti dei concorrenti presenti nello stesso settore, di superare le barriere all’entrata in nuovi settori. 1.5 Le prospettive di forme di Integrazione contrattuale della distribuzione nel caso Italiano Come visto, la integrazione contrattuale e, pertanto, il franchising può diventare uno strumento ed una alternativa soddisfacente per l’efficace controllo tra produzione e distribuzione. La esperienza italiana presenta senza dubbio peculiarità che danno la possibilità di ampliare questa pratica, contrariamente ad altre realtà commercialmente più evolute. Questo perché la struttura distributiva a servizio dei beni problematici si presenta frantumata in un numero altissimo di esercizi commerciali. Le ragioni di questa polverizzazione, come sottolinea L. PELLEGRINI nella sua precisa analisi sulla integrazione contrattuale nelle relazioni tra industria e distribuzione, sono da cercare non solo nella evoluzione interna del commercio italiano, ma più in generale nei suoi rapporti con la struttura produttiva nei comportamenti del consumo. “La struttura industriale italiana, in particolare in alcuni dei mercati commercialmente più rilevanti dei beni problematici, come quelli del tessile, dell’abbigliamento e del mobile, è stata e, e in parte lo è ancora, dominata dalla piccola e media impresa e non ha dunque conosciuto quel processo di concentrazione finalizzato al conseguimento di economie di scala che è stato 28 alla base della standardizzazione produttiva dominante fino alla fine degli anni ‘60”.55 Infatti, mentre dove la concentrazione produttiva era elevata, la grande distribuzione diventa il partner commerciale ideale, in contesti come quello italiano, era il dettaglio indipendente a rappresentare l’interfaccia distributivo adatto per una produzione fortemente differenziata. Sul lato del consumo, in un paese che iniziava il suo processo di sviluppo nel secondo dopoguerra, non esistono ancora le premesse di uniformità che altrove alimentavano la domanda delle grandi imprese della distribuzione. Tanto l’offerta come la domanda erano allora orientate in modo da favorire la permanenza di un apparato commerciale polverizzato. Le caratteristiche della produzione industriale, come ce ne dà notizia il succitato autore, cominciano a cambiare solo partire dagli anni 70 “ Dalla ricerca di prodotti il più possibile standardizzati, in grado di garantire il conseguimento di economie di scala, si passa ad un processo via via più accentuato di differenziazione dell’offerta apportato da politiche di marca”. In questo senso, l’apparato produttivo italiano, dominato dalla piccola e media impresa, si trova in condizioni favorevoli e, come dimostra anche il positivo andamento dell’export nei settori maturi, si adatta immediatamente a questa maggiore enfasi sulla differenziazione e sulla ricerca di un migliore e più stretto rapporto con i diversi segmenti della domanda. Quest’ultima, a sua volta, alimentata da una crescente capacità di spesa, risponde in modo naturalmente positivo all’aumento delle opportunità di scelta, non avendo di fato mai vissuto una fase di reale standardizzazione dei consumi.56 55 Cfr. L. PELLEGRINI. L’Integrazione Contrattuale nei Rapporti tra Industria e Distribuzione, 77/78 56 Cfr. L. PELLEGRINI – L’Integrazione Contrattuale Nei Rapporti tra Industria e Distribuzione, 77/78 29 Non pochi esempi di successo commerciale, da quelli legati ai nomi degli stilisti italiani nell’abbigliamento, a quelli del design industriale nel mobile e nei prodotti per l’arredamento, fino al caso Benetton che ha ormai assunto una dimensione internazionale, troviamo una non marginale ragion d’essere nella capacità di sfruttare le potenzialità dell’integrazione contrattuale con la distribuzione. La dottrina aziendalista ha elaborato una tipologia articolata di contratti di distribuzione, anche se, come critica R. PARDOLESI, non si è occupata nel tracciare una linea descrittiva tra il franchising e altri contratti di distribuzione: - Il rivenditore autorizzato, caratterizzato dal fatto di essere selezionato sulla base di criteri non soltanto oggettivi (come avviene per il Fachhandler, commerciante specializzato), ma altresì quantitativi. Come dire che egli gode del vantaggio – c’è chi parla, esplicitamente, di privilegio – di essere stato scelto fra i (numerosi) aspiranti a tale qualifica; - Il concessionario, che reca le stimmate dell’Eingliederng, dell’integrazione nella rete distributiva organizzata da controparte; - Il franchisee, che si contraddistingue per il fatto di presentarsi all’esterno, agli occhi del pubblico, secondo i canoni di un’immagine unitaria, alla stregua di filiale (apparentemente) del produttore (o, comunque, del franchisor).”57 Come afferma R. PARDOLESI la tassonomia come prospettata a prima vista sembra non aggiungere niente, ma colloca in evidenza una ispirazione comune a tutti i contratti di distribuzione, ossia: la integrazione verticale del contratto, che oscilla tra un minimo di coinvolgimento ad un massimo di compenetrazione. 58 57 Cfr. R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 100 58 Cfr. R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 100 30 Tra tutti i contratti di distribuzione, il franchising avrebbe goduto di una maggior predilezione nel trattamento a livello comunitario. Ricorda, il citato autore, la sentenza del 28 gennaio 1986, e la possibile rotta di collisione tra il franchising e le regole antitrust comunitarie, su cui la decisione della Corte di Giustizia CEE stabilì che “i sistemi di franchising non possono essere considerati, nel loro complesso, restrittivi della concorrenza, consacrando una valutazione di compatibilità tendenziale con la disciplina comunitaria, compatibilità che, nel caso in specie, veniva meno solo per due profili specifici: l’imposizione del prezzo di rivendita e la compartimentazione territoriale.”59l La decisiva simpatia per i contratti di franchising provocò da parte della Commissione CEE un pullulare di soluzioni (tutte nel senso di esentare tali contratti dai fulmini dell’art. 85), giacché si attribuiva a tale sistema la capacità di incentivare lo small business, migliorando la distribuzione e promovendo, in ultima analisi, l’interesse pubblico. 60 Mettendo in rilievo la grande disparità di trattamento tra il franchising e gli altri contratti di distribuzione commerciale, l’eminente giurista presenta i seguenti esempi come discrepanti e che denunciano che il Regolamento da trattamento disuguale a situazioni assolutamente equivalenti: “La clausola di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del rapporto non è ammessa dai regolamenti 1983 e 1984/83: essa può fruire soltanto di esenzione individuale. Ma, per il franchising, niente paura! Detta clausola rientra nella white list, cioè fra quelle che neppure incrociano il divieto di cui al ripetuto art. 85, a condizione che il lasso di tempo sia ragionevole, e comunque non superiore ad un anno, nel territorio in cui ha avuto esecuzione il 59 Cfr. R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 101 60 Crf R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 104 31 contratto. Ancora, l’imposizione di un fatturato minimo è considerata normalmente illecita, e soltanto esentabile in via individuale (art. 3, n. 1, lett.f, reg. 4087). Di più l’obbligo imposto al distributore comune di sottoporre a controllo di controparte le proprie iniziative pubblicitarie è usualmente messo all’indice (v. La sentenza Hasslblad), mentre diventa acqua santa in ambito di franchising (art. 3, n. 1, lett. g); analogo discorso vale per la location clause, ossia per l’obbligo di non trasferire il punto di vendita (art. 3, n. 2, lett. g). C’è dell’altro. Il divieto di fare pubblicità fuori zona è il solo ammissibile per la generalità dei contratti di distribuzione, mentre per il franchising si dà ingresso al ben più ampio divieto di ricercare clienti in territori in cui si prospetta concorrenza con altri membri della stessa rete (art. 3, n.1, lett. c). Persino l’obbligo di vendere soltanto a consumatori finali, altrove puntualmente demonizzato, risulta qui contrato a divieto (art. 3, n. 1, lett. e)”.61 Conclude PARDOLESI che il relativo favore introdotto dal Regolamento 4087/88 al franchising, non sarà esteso a tutti i contratti di distribuzione, probabilmente perchè agli occhi della autorità comunitaria “Il franchising è legato, mani e piedi, all’immagine del piccolo ed inesperto imprenditore commerciale, aiutato a prendere il volo in un ambiente che si preannuncia, con l’incombenza del mercato unico, viepiù impietoso. Di fronte al dispiegarsi di una (probabilmente malintesa) direttiva politica di sostegno all’impresa mediopiccola, aspettarsi che gli organi preposti alla disciplina antitrust europea vincano gli interessi dei loro precedenti, e rimedino ad ingiustificate disparità di trattamento, sa da lontano di rassegnazione sotto mentite spoglie”. 61 Cfr. R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 111/112 32 1.6 Le Reti di Imprese Le reti di imprese possiedono una lunga traiettoria storica, esistendo proprio prima della impresa verticalmente integrata e hanno svolto , come fa notare F. CAFAGGI, una funzione importante nel processo di globalizzazione. Da sistemi particolari, legati sia all’economia reale che a quella finanziaria, troviamo traccia della loro esistenza già prima del 1492 nella organizzazione degli scambi di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, che aveva luogo sia in Europa sia tra l’Europa ed il continente asiatico.62 Il fenomeno è sorto di recente, nel tardi ‘900. Le reti sono emerse nei mercati reticolari a causa della liberalizzazione che con lo sviluppo tecnologico ha portato allo smantellamento dei monopoli. E con una diversa morfologia si incontrano anche nei settori della energia, nelle telecomunicazioni, nel settore bancario e finanziario e in quello dei trasporti. Tali reti possono essere considerate più come fenomeno derivante dalle trasformazioni dei mercati, dalle divisioni internazionali del lavoro e dalla deverticalizzazione delle filiere produttive che come esito di un processo di liberazione dei mercati e di ridefinizione di paradigmi. “In questo ambito si comprendono forme di collaborazione in fase produttiva e distributiva come la subfornitura o i gruppi di acquisto, i contratti di outsourcing, le joint ventures, i raggruppamenti di imprese, le ATI, i contratti plurilaterali di ricerca e di sviluppo, i sistemi di controllo di qualità lungo la filiera, il franchising, la concessione, le licenze di marchio, i consorzi e altri ancora”.63 62 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p.9. Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 9. Queste reti non avevano sino ad ora trovato una disciplina unitaria ma erano emerse sul piano della prassi talvolta ricevendo, in seguito, riconoscimento legislativo, che rappresentava una risposta alla vulnerabilità provocata dalla frammentazione proprietaria e dalla piccola dimensione delle imprese sia italiane che europee. 63 33 La crescita del commercio internazionale e l’aumento delle pressioni concorrenziali hanno prodotto forme di deverticalizzazione della filiera produttiva frequentemente associata a delocalizzazioni, determinate sia per fattori di costo sia per la esigenza di attingere i mercati esterni.64 Come sottolinea F. CAFAGGI, la deverticalizzazione con forme di outsourcing richiede forme di governo contrattuale che ne permettano il coordinamento. Dunque alla scomposizione organizzativa si risponde con la ricomposizione contrattuale. L’estensione delle filiere hanno portato alla creazione di differenti modelli di collaborazione interimprenditoriale che vanno dalle forme gerarchiche a forme modulari e relazionali.65 L’innovazione richiede processi interattivi, di codecisione, non conciliandosi con l’uso di istruzioni gerarchiche che dal produttore finale o dalla distribuzione pervengono ai costruttori di componenti. Questo sviluppo sembra consolidare un modello di relazioni.66 Affrontando il tema della regolazione delle reti di imprese, P. IAMICELI afferma che il tema era fonte di sconforto per i giuristi, visto che si colloca nei limiti delle categorie giuridiche tradizionali, come il contratto da un lato e l’organizzazione personificata dall’altro e pertanto, con concetti irrimediabilmente ibridi.67 Ritornando indietro agli anni del 1934, già in quel periodo Vittorio Salandra rilevava nel sistema del diritto privato italiano la mancanza del <<concetto di una pluralità costituita di elementi collegati, i quali, mentre 64 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 10. Le prime legate all’offerta di fattori produttivi, le seconde alla modificazione della domanda. 65 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 10. In particolare hanno condotto alla emersione di forme di rete, rilevanti nel caso di processi innovativi che la teoria convenzionale del contratto ha difficoltà a descrivere. 66 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 10-11. 67 Cfr. P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p.1 34 conservano la propria indipendenza formale e non assurgono a una nuova unità, agiscono tuttavia in funzione del gruppo collettivo cui appartengono>>. Tale lacuna si riferiva tanto al<<collegamento tra individui>>, quanto al <<collegamento fra collettività organizzate>>, le imprese collettive in primis. In ambedue i casi si ricorreva al concetto di persona giuridica come veste appropriata per le nuove organizzazioni collettive della società moderna.68 L’introduzione nel nuovo codice civile di una disciplina codicistica dei consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi è rimarcata come frutto di questo sconforto della dottrina e delle successive riflessioni che seguirono tal periodo riguardando il diritto delle unioni di imprese, una disciplina, come fa notare l’illustre giurista, figlia della cultura giuridica di quegli anni, quando il coordinamento tra imprese era essenzialmente inteso come strumento di regolazione della reciproca concorrenza.69 Attualmente, a lato di una legislazione speciale che, con interventi piuttosto indirizzati ad ambiti di applicazione variamente circoscritti, di fatto moltiplica le figure consortili, si affiancano ad esse forme poco definite di associazione di imprese, per lo più temporanee, la fonte di maggior innovazione organizzativa sembra essere la prassi, ai diversi livelli in cui questa prende forma anche in ragione della dimensione e dell’apertura internazionale delle imprese.70 Di fatto, reti di subfornitura, di distribuzione, franchising, joint ventures, alleanze strategiche, accordi su marchi e brevetti, si pongono alla base di veri e propri sistemi reticolari, fondati sulla collaborazione di lungo periodo, sull’intensità degli investimenti specifici, particolarmente in capitale umano e conoscenza, sulla fiducia, sulla flessibilità degli strumenti di governo della 68 Cfr. . P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p.2. 69 Cfr. . P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese al contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 4 70 Cfr. . P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 4 35 relazione, in quanto atti a gestire le sopravvenienze di relazioni caratterizzate da elevata incertezza.71 Sotto l’aspetto della complessità e della capacità di governo delle relazioni, appare lo stesso aspetto della dicotomia tra contratto e organizzazione. Il contratto assume quella funzione di disegno strategico delle relazioni che nella rete incontra una applicazione particolarmente significativa. In questa forma, dando preminenza all’attività, dinamica, mutevole in relazione all’atto individualmente considerato nelle relazioni tra imprese, il contratto passa ad avere una funzione di assurgere a fonte di regolazione dell’attività, essendo questa colta nella molteplicità dei suoi stadi e nella multilateralità delle relazioni, così i contratti nell’area di produzione di distribuzione. Il quadro sopra descritto è una trasformazione di prospettiva che da un lato induce il giurista a <<contestualizzare>> le relazioni contrattuali ed un concreto ambiente socio-economico, superando la barriera della <<testualità>> ed il formalismo dell’atto-fonte del rapporto ed esaltando il valore della fiducia che ne è alla base, d’altro lato, tale trasformazione porta in primo piano quelle forme di governo del contratto di lungo periodo che, senza esaurirsi nella componente fiduciaria della relazione, ne consentono il progressivo <<completamento>> pur in contesti di elevata incertezza.72 Indicando le implicazioni di carattere giuridico provocate dalla decentralizzazione produttiva, D. SCARPA descrive in primo posto che “la disgregazione del ciclo di lavorazione ha provocato un mutamento del concetto 71 Cfr. P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese al contratto di rete in Le reti di Imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 4. 72 Cfr. P. IAMICHELI. Introduzione – Dalle reti di imprese al contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p.5. 36 unitario di produttore, conferendo autonomia giuridica alle imprese che svolgono le singole fasi del processo produttivo.73 Conseguenza di tale ristrutturazione è la intensificazione dei rapporti di natura giuridica che precedentemente erano imputabili ad un solo soggetto e quindi la necessità di un regolamento più specifico per ogni singolo rapporto contrattuale (la l. 192/98 ne è un chiaro esempio). In secondo luogo il decentramento è un importante metodo attraverso il quale gli operatori riescono ad evitare l’applicazione della normativa antitrust. Con riferimento all’art. 86, Tratt. CE, la giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto l’esistenza di una posizione dominante sul mercato qualora il produttore possa evitare di approvvigionarsi da fonti alternative e concorrenziali. Tale situazione accade generalmente nel caso di integrazione “a monte”, quando cioè il produttore è in grado di acquisire con i propri mezzi le materie prime necessarie per il processo produttivo. La normativa comunitaria non vieta la “posizione dominante” sul mercato, ma esclude che un’impresa possa compromettere col proprio comportamento la concorrenza sul mercato. Pertanto una violazione dell’art. 86 Tratt. Ce si ha qualora un’impresa, che è in grado di approvvigionarsi delle materie prime in modo autonomo, si rifiutadi approvvigionare altri produttori impedendo ad essi, con questo comportamento, la permanenza o lo sbocco sul mercato e provocando in tal modo una distorsione della concorrenza”.74 Il legislatore nazionale nell’ultimo decennio ha già cercato di regolamentare le relazioni tra soggetti che operano nella fase di produzione e in quella della distribuzione con due distinte leggi: la legge 192/1998 relativa alle relazioni di subfornitura e la legge 129/2004 relativa alle relazioni di affiliazione 73 Cfr. D. SCARPA. Contratto e impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francessco Galgano, p.167-168 74 Cfr. D. SCARPA. Contratto e Impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francesco Galgano, p. 167-168 37 commerciale, la più conosciuta come franchising. Di fatto, entrambe le leggi hanno dato vita alla maggior parte delle reti di imprese, come distacca M. FLICK.75 Oltre alle risposte che si possono trovare nel diritto generale dei contratti, grande rilevanza deve essere attribuita alle funzioni di coordinamento svolte dal collegamento negoziale. Questa funzione nasce dalla economia di scala, dalla circolazione di informazioni, dai meccanismi di adeguamento della regolazione contrattuale e dalle modalità di esecuzione delle prestazioni, risultati che le parti ricercano nell’ambito delle singole relazioni per poter potenziare il vantaggio economico da esse atteso. Sottolinea la dottrina la importanza della distinzione tra i diversi schemi di collegamento negoziale, che si possono differenziare in: <<schemi a filiera>>, ove i contratti si succedono lungo una serie lineare nella quale, se si escludono gli estremi, ciascuna impresa è parte di due relazioni contigue (esempio può essere dato dalla sequenza dei contratti di fornitura lungo una stessa catena di produzione); <<schemi a raggiera>>, in cui una stessa parte conclude più contratti tra loro collegati (con causa omogenea, o distinta, ma comunque collegata) con diverse controparti, (emblematico è il caso del franchising);<<schemi misti>>, in cui lungo una serie lineare, si aprono relazioni che sono strutturate a raggiera, (esempio a riguardo è dato dal committente che investe il proprio fornitore del compito di realizzare un certo semilavorato, incaricando questo di intrattenere 75 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 342. P. IAMICELI pone dei dubbi se la categoria del diritto generale dei contratti non rappresentino di per sé, in assenza di qualsiasi nuova legislazione, un sufficiente punto di riferimento, e se, strada facendo, si sia sedimentata quella mediazione tra pluralità ed unità che Salandra non riusciva a rivenire in alcun concetto giuridico riconosciuto. Cfr. P. IAMICELI. Le reti di Imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 8. 38 rapporti con ulteriori subfornitori o lasciando il fornitore libero di decidere se realizzare l’attività direttamente o affidarla all’esterno, anche solo in parte).76 Lo schema negoziale adottato riflette un diverso equilibrio dei poteri decisionali e un diverso circuito di canali informativi. In speciale, nello schema a raggiera, del quale il franchising ne è il maggior esempio, ed in quello misto possono emergere posizioni di centralità rispetto ai diversi modi della rete, determinate dalla coincidenza di più posizioni contrattuali nello stesso soggetto. La rete può essere rappresentata, in una visione autopoietica della integrazione tra imprese, come un sistema di processi di aggregazioni e trasformazioni dei partecipanti che interagiscono tra di loro, sostengono e rigenerano in continuità lo stesso sistema.77 1.7 Rete di imprese, interdipendenze e complementarietà Le reti di imprese sono costituite per un modello organizzativo di crescita, complementare a quel gruppo. In ambito neoistituzionale sono qualificate come di natura ibrida, poiché si collocano tra mercati e gerarchie. Si inquadrano genericamente nel fenomeno delle unioni o aggregazioni di imprese. Nel piano giuridico, come nota F. CAFAGGI, differentemente dal gruppo, conservano piena autonomia e indipendenza dalle imprese partecipanti ed ammettono solo forme gerarchiche relative appena ai poteri contrattuali, non al controllo proprietario. Ed in funzione della diversa distribuzione di tali poteri sono 76 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto provato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 342. 77 Cfr. D. SCARPA. In Contratto e impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francesco Galgano, p. 169. Si parla di sistema autopoietico quando un sistema si autodefinisce e tende a sostenere se stesso. Quando i principi di indipendenza di un sistema al’interno di una organizzazione superano una certa soglia, il sistema diventa a tutti gli effetti autopoietico. 39 state differenziate in reti paritarie e gerarchiche, attraendo implicazioni sul piano della disciplina concernente l’abuso di dipendenza economica e, più in generale, della governance.78 La funzione delle reti consiste principalmente nel dar luogo a forme di collaborazione concernenti attività complementari che si svolgono in una singola fase ovvero comprendono più fasi della filiera produttiva. Le reti si formano quando le relazioni di mercato si rivelano inadeguate ad organizzare la complementarietà e l’impresa verticalmente integrata richiede costi eccessivi e riduce la flessibilità. La complementarietà sussiste quando diverse imprese conferiscono beni, servizi e competenze diverse e necessarie alla definizione di un nuovo processo produttivo ovvero alla produzione di un nuovo bene o servizio, che assicura competitività. Le reti tra imprese si costituiscono per produrre beni o servizi che le imprese singolarmente non sarebbero in grado di fare, o che farebbero a costi maggiori e con risultati meno efficaci. Questo comporta che la selezione dei partecipanti alla rete sia fondamentale e che la governance richieda sistemi di controllo sull’ingresso e sull’uscita. Anche se le reti permettono la realizzazione tanto di economia di scala che di economia di scopo a secondo della loro composizione e dei loro obiettivi, la ricerca della economia non è l’unico, né, molte volte, il principale obiettivo delle reti. Con relazione al coordinamento nella rete di imprese, è opportuno mettere in luce l’importante concetto di network, utilizzato ampiamente dalla maggior parte delle discipline appartenenti alle scienze sociali, come la sociologia, politica, antropologia, economia ed economia aziendale. Già nel campo giuridico, 78 Cfr. F. CAFFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p.12. 40 nonostante che la dottrina si sia sforzata nel definirlo, tale concetto economico non si adatta a analisi giuridica, una volta che la centrale distinzione tra mercati e gerarchie della moderna economia istituzionale non aiuta a inserire in un quadro concettuale preciso le caratteristiche proprie del network. Per altra via, M. FLICK indica i due aspetti fondamentali che formano l’architettura del network: 1) La prima caratteristica problematica della catena di fornitura, per la teoria economica dei costi di transazione, sorge dalla presenza di diversi partecipanti e dai legami che tra di loro si instaurano. L’innovazione può essere descritta come un meccanismo di controllo che si occupa dei problemi di efficienza dell’intero network, non dei costi di transazione di un particolare contratto. Così, se il tipo di analisi sull’efficienza offerta dalla teoria economica dei costi di transazione può essere utile in questo caso, deve essere applicata non solo alle transazioni di mercato coinvolte nella catena, ma anche all’efficienza del funzionamento complessivo del network. 2) La seconda caratteristica problematica della moderna catena di fornitura, per la teoria economica dei costi di transazione, riguarda le motivazioni dei partecipanti. Le moderne catene di fornitura hanno in comune questa caratteristica: ogni partecipante deve preoccuparsi della sorte dell’anello debole. 3) In questo contesto di catena di fornitura, un network comprende due o più relazioni di scambio, che solitamente consistono in ripetute transazioni per la vendita di beni. In queste transazioni, comuni accordi per il coordinamento si applicano a tutti i rapporti e non ai singoli rapporti di scambio. A causa di ciò, per la configurazione di un network è necessaria la presenza di almeno tre 41 partecipanti, o di due relazioni di scambio, essendo essenziale che tra questi esista la condivisione di un unico sistema di coordinamento.79 Tale sistema di coordinamento può essere considerato come un tipo di struttura di controllo, ma anche può essere focalizzato come l’interesse primario di scambi di informazioni lungo tutta la catena, con la finalità di promuovere la competitività della catena nel suo insieme. Di fatto, come osserva F. Cafaggi, le reti si costituiscono quando vi è interdipendenza tra le attività economiche e queste generano esternalità non <catturabili>> attraverso la definizione di diritti di proprietà scambiabili. “L’interdipendenza ricorre quando ci siano elevati investimenti specifici, dunque non reimpiegabili nell’ambito dei rapporti contrattuali con terzi. Tali investimenti possono riguardare processi produttivi, tecnologie di processo o di prodotto, ovvero operare nel campo della distribuzione con l’associazione tra marchi, prodotto e territori. Dando luogo a collaborazione fondata sulla complementarità l’interdipendenza aumenta i costi di uscita dalla relazione, così riducendo i rischi di comportamento opportunistico (Gilson, Sabel e Scott 2009).80 Così sorge un nuovo concetto di interdipendenza, diversa da quella attribuibile alla corrispettiva che rimarca la definizione convenzionale di sinallagma contrattuale.81 Tale linea di pensiero è ugualmente seguita da M. FLICK che appunta la interdipendenza come una delle caratteristiche più importanti dei modelli organizzativi in rete. Affermando che è una l’ interdipendenza generata attraverso della complementarietà esistente tra i diversi ricorsi, essendo possibile affermare che, anche se l’interdipendenza riduce l’autonomia delle imprese, in qualche 79 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 349. L’autore si riporta a Hugh Collins. 80 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto Di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 81 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 14. Il disegno contrattuale promuove l’interdipendenza dovendo provvedere ad un sistema di governo che tuteli gli investimenti delle parti – Fabrizio Cafaggi fa riferimento a Williamson. 42 modo attribuisce loro nuovi aspetti, non sono incompatibili tra di loro. Al contrario è esattamente la combinazione dei due elementi che origina il vantaggio di rendere la rete competitiva.82 La rete si caratterizza come forma di governo della interdipendenza che salvaguarda una certa autonomia in capo alle imprese. Si riconosce allora l’essenza del coordinamento realizzato nell’ambito della rete, come peculiare funzione organizzativa di questa. Si parla, in questi casi, in distribuzione coordinata in base a cui è possibile coordinare le fasi della produzione e della distribuzione attraverso della stipula di una svariata gamma di contratti, tra operatori formalmente indipendenti, che così sopprimono i vari stadi della commercializzazione. In questo senso, è funzione importantissima quella del contratto incompleto nel quadro delle relazioni di cooperazione e di carattere stabile e durevole come quello proveniente dalla rete di imprese: “l’incompletezza contrattuale è ben delineata dalla prospettiva funzionale che assegna alla determinabilità non soltanto il compito di assicurare la tenuta del contratto a fronte della (riconosciuta) incompletezza del suo contenuto, bensì anche quello, diverso e concomitante, di indirizzare il contratto stesso verso il perseguimento e la realizzazione di obiettivi a loro volta di sistema, quali, sul piano dei singoli rapporti, la giustizia e l’equilibrio contrattuale, la conformazione della struttura stessa del mercato, cui il contratto afferisce come momento essenziale e strumento costitutivo”.83 82 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p.347. Nell’ambito della rete pur considerando l’interdipendenza, deve essere, infatti, ancora possibile affermare che i diritti residuali di controllo sulla singola impresa spettino ad una struttura di governo formalmente e sostanzialmente distinguibile da quella di ogni altra appartenente alla rete. 83 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 347 43 1.8 Tipologia di rete e regolazione giuridica. Le reti di imprese possono assumere differenti forme giuridiche. Così possiamo distinguere come fa la dottrina: reti organizzative, reti contrattuali e miste. Le reti organizzative possono assumere la forma di reti societarie, in particolare quella della società-rete, ma anche la forma di associazioni, di fondazione, usando un modello organizzativo senza finalità di lucro. La rete societaria può costituirsi con la società lucrativa, cooperativa o quella consortile. Frequentemente lo svolgersi delle funzioni di coordinamento tra le fasi lungo la filiera è attuato attraverso di una società consortile. A sua volta, nell’ambito delle reti contrattuali si distinguono due grandi modelli: quello del contratto plurilaterale e quello dei contratti bilaterali o plurilaterali collegati. Nel primo caso, come nota F. CAFAGGI, si ha un contrato di rete di imprese, nel secondo una rete di contratti collegati: “Sotto il profilo formale la distinzione concerne principalmente l’unitarietà del negozio: solo quando questa ricorre si avrà contratto plurilaterale di rete, altrimenti si è in presenza di contratti bilaterali o plurilaterali eventualmente collegati. Sul versante funzionale l’interrogativo concerne le ragioni che inducono le parti a scegliere un contratto plurilaterale o una serie di contratti bilaterali collegati.84 Sotto l’aspetto empirico, l’uso dei contratti bilaterali collegati è più frequente di quello dei contrati plurilaterali; essendo il primo modello usato quando la struttura della rete prevede la esistenza di un soggetto leader, capace di 84 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 16. Perché esista una rete ci deve essere una relazione strumentale di complementarietà tra l’attività delle imprese di cui il collegamento contrattuale definito dal contratto di rete diviene espressione. Non è sufficiente dunque il mero riferimento ad un’operazione economica unitaria; occorre che vi siano elementi di collegamento tra i contatti collegati in rete sotto il profilo causale e dell’oggetto che rendano evidente l’interdipendenza tra le attività e di conseguenza del rischio di impresa. 44 coordinare l’attività posta in essere attraverso i contratti bilaterali, il secondo con un modello tendenzialmente paritario. Per quanto riguarda il collegamento negoziale, i contratti plurilaterali presentano per lo meno un elemento di semplificazione, dovuto alla necessaria convergenza delle adesioni delle parti contrattuali ad un unico regolamento contrattuale.85 Frattanto, i contratti plurilaterali non associativi non si collimano bene con la struttura di potere fortemente asimmetrica delle relazioni contrattuali, perché, generalmente tali contratti prevedono sistemi decisionali del tipo paritario con possibilità limitata di delega gestionale ad organi comuni.86 E finalmente, ci sono le reti miste, in cui strumento organizzativo e contrattuale vengono impiegati contestualmente. Può succedere che a una rete contrattuale di subfornitura si affianchi una società lucrativa per la certificazione ambientale delle componenti del prodotto finale, ovvero una società consortile per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, il cui obiettivo è quello di produrre uno o più brevetti concernenti il processo produttivo. Sotto il piano strutturale, come osserva M. FLICK, assume molta importanza una seconda distinzione: quella tra contratti bilaterali e contratti plurilaterali. Basta immaginare una rete composta da più di due attori o regolati da più di una relazione contrattuale. Si può allora affermare che, nella ipotesi del contratto bilaterale, il coordinamento è dato dal collegamento negoziale instaurato tra le diverse relazioni bilaterali; nell’ipotesi del contratto plurilaterale, dal 85 Cfr. P. IAMICELI. Le reti di imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 13. 86 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 17. Dove esiste una ampia delegazione delle decisioni è necessario l’uso del modello organizzativo societario. Per questa probabile ragione, non si incontrano catene di fornitura, somministrazione o distribuzione organizzate tramite contratti plurilaterali; normalmente la distribuzione, anche se presenta una struttura reticolare per eccellenza, non si incontra generalmente organizzata per mezzo di contratti plurilaterali, ma sì con rete di contratti collegati. 45 contratto stesso, in quanto plurilaterale, oltre che, di nuovo, dal possibile collegamento tra contratti plurilaterali.87 Si osservi come emerga la funzione di coordinamento del contratto come strumento di governo dell’interdipendenza, nel rispetto di una logica di autonomia tra le unità imprenditoriali contraenti. Frattanto, le caratteristiche della rete di imprese si differenziano da altri modelli, come i gruppi di imprese, specialmente in relazione alla natura del conflitto di interessi e la risposta a questi. La rete si caratterizza per la presenza di un interesse collettivo, come già altrove esplicitato, che si differenzia da quello del gruppo, che normalmente si identifica con quello del controllatore. Nella rete all’interesse dei singoli partecipanti si aggiunge, molte volte si contrappone, l’interesse collettivo, la cui difesa costituisce frequentemente l’obiettivo delle regole e del disegno di governo della rete, che lungo il periodo contrattuale si manifesta vantaggiosa, allo stesso modo, anche per i singoli partecipanti. L’interesse collettivo, come dimostra F. CAFAGGI, può materializzarsi in un marchio collettivo, o anche in un marchio che, pur posseduto da una singola impresa, viene dato in licenza a tutti i partecipanti e così condiviso. Sono modelli frequentemente adottati nell’agroalimentare, come anche nel tessile abbigliamento, ma naturalmente è la forma ugualmente utilizzata per tipologie di distribuzione come il franchising e dealership.88 Nella rete di imprese coesistono scopo comune e divergenza di interessi, dal momento che le stesse imprese cooperano su alcuni mercati e competono su altri. In questi modelli esiste una combinazione tra cooperazione e competizione diversa da quella presente nelle relazioni di mercato o di gruppo. “È importante 87 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 348. 88 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p.18. 46 sottolineare che la differenza tra questi modelli non può essere rappresentata configurando il mercato come il modello della concorrenza, la gerarchia con la cooperazione, la rete come modello misto (Grandori 1999). Nel mercato vi sono ipotesi di cooperazione così come nel gruppo vi sono fenomeni di concorrenza, anche accentuati ( Zoppini 2007, 355 ss.).89 Questo perché anche nella rete gli interessi dei partecipanti possono essere conflittuali conforme la posizione occupata nel mercato da ciascuna delle imprese-nodo della rete. Basta pensare nell’ipotesi di una impresa che opera come subfornitrice di un committente per alcuni prodotti e come concorrente dello stesso per altri. Così, come regola generale si può considerare che esista un dovere di lealtà reciproco tra gli appartenenti alla rete ed un dovere di ciascuno appartenente verso la rete nel suo complesso, costituendo il dovere di lealtà appena una parziale risposta al conflitto di interessi, essendo frequentemente necessaria la utilizzazione di strutture di governo della rete e regole precise circa la definizione del processo decisionale, al fine di ridurre significativamente i rischi del conflitto.90 Come riconosciuta da ampia dottrina, l’interdipendenza, propria dei sistemi di rete, rende i rischi di opportunismo più elevati e richiede pertanto l’introduzione di sistemi di difesa più complessi. Mettendo in risalto, ugualmente, l’importanza della adozione di regole contrattuali dirette non solo a sanzionare comportamenti non cooperativi, ma, alla stessa forma premiare comportamenti cooperativi, M. FLICK sottolinea che mentre i contratti non caratterizzati da una rilevante interdipendenza tra le prestazioni, si riducono ad una semplice tecnica remunerativa del lavoro e del capitale, “in tali contesti, essi sono per lo più abbinati a forme di collaborazione in 89 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 18. Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 19 90 47 itinere che accrescono esse stesse l’osservabilità dei comportamenti riducendo i rischi di defezione.”91 Di fatto, la cooperazione è una delle caratteristiche essenziali della rete di imprese, proveniente dalla combinazione tra la logica della interdipendenza e la logica della cooperazione a comporre il quadro di insieme. Nel contempo, come annotato da ampia dottrina, l’incompletezza dei contratti peculiari alle relazioni dilunga durata, attribuisce alle clausole generali una funzione sempre maggiore e significativa, nell’intuito di collimare le lacune esistenti. È indubitabile, in questo quadro, la utilizzazione della buona fede, tanto con la funzione di completamento del contratto nel corso del rapporto, quanto, posteriormente, come applicazione dei rimedi contro la sua violazione.92 Altro importante elemento concerne la stabilità , considerata non solo come durata indefinita della relazione, ma come una tendenziale corrispondenza tra la durata della relazione ed il tempo di ammortizzazione dell’investimento iniziale. Così la stabilità diventa, attraverso di regole contrattuali, sinonimo di controllo delle relazioni, per il fatto di rappresentare la persistenza del vincolo con rispetto alla possibilità di essere collocata in discussione la relazione previamente stabilita in ragione di comportamenti sopravvenenti. Parallelamente alla stabilità, si allinea un altro importante elemento, a prima vista apparentemente conflittuale: flessibilità con il significato della possibilità di rivedere i termini del contratto se le circostanze lo richiedessero, sia con relazione alla allocazione del rischio e dei diritti in essi contemplati, sia con relazione alle parti coinvolte; potendo, in certi casi significare anche la possibilità di uscire dalla relazione o di causarne lo scioglimento. 91 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. E, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 351 92 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Klwer IPSOA, Milano, p. 351 48 Di fatto la flessibilità passa ad essere un importante ricorso, se consideriamo le difficoltà di prevedere al momento della conclusione del contratto tutti gli eventi futuri, la percezione dei rischi di opportunismo in qualsiasi modo connessi ad un elevato tasso di definizione iniziale delle clausole contrattuali, in contesti in cui difficilmente le parti possano valutare efficacemente la credibilità dell’impegno da altri assunto. Così, come ben definisce Maurizio Flick, “la flessibilità è la capacità del contratto di rispondere alla logica delle sopravvenienze, modificando le proprie regole in modo corrispondente, ma anche indice di una certa <<longevità>> del contratto.93 In questo modo la stabilità non può più essere considerata come rigidità degli obblighi inizialmente assunti, dovendo essere vista come persistenza del vincolo complessivamente inteso rispetto ai fini perseguiti in modo cooperativo dalle parti. In questi termini, flessibilità e stabilità sono compatibili e svolgono funzioni complementari.94 Il risultato è un contratto tendenzialmente <<leggero>>, dove a fronte di dichiarazioni di intenti, affermazioni di principi e di clausole generali, sono contemplati meccanismi decisionali da attivarsi nel corso della relazione in presenza delle circostanze e secondo criteri definiti nel contratto. In questo senso, la relazione contrattuale, inserita nel contesto della rete, si distanzia dalla struttura classica del contratto inteso come <<scambio isolato>> e assume le vesti di un << contratto relazionale>>, si avvicina alle organizzazioni complesse.95 In questo modo possiamo riassumere le caratteristiche principali della rete di imprese in: flessibilità, stabilità e affidamenti. 93 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p. 352. 94 Cfr. P. IAMICELI. Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 136. 95 Cfr. M. FLICK. Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Kluwer IPSOA, Milano, p.352 49 1.9 Concetto di rete e organizzazione delle imprese La impresa capitalista può essere considerata una istituzione in cui nonostante la molteplicità delle forme che può assumere, resta in qualsiasi modo definitiva: nella sua finalità caratteristica, per quanto si riferisce alla sopravvivenza di condizioni di redditività soddisfacente per la realizzazione per mezzo della produzione di un plus economico; nei suoi meccanismi fondamentali di funzionamento, per lo meno dalla esistenza nel suo interno di un soggetto economico che realizza scelte di direzione e di coordinazione delle forze produttive da utilizzare, assumendosi il rischio, ed essendo il risultato di tali scelte poste sotto il controllo e la selezione per un sistema di decisioni decentralizzate – il mercato, nelle sue molteplici forme.96 È necessario precisare, frattanto, che la definizione di impresa proposta sopra da S. VACCÀ ammette sia la separazione tra la proprietà e il controllo interno della impresa, sia la adozione di strutture organizzative che non significhino la proprietà esclusiva dei mezzi di produzione, di cui si avvale la impresa per perseguire la sua principale finalità. La rete, a sua volta,viene considerata come una categoria organizzativa pura, intendendosi indicare, con tale accezione, “quella specifica modalità di organizzazione delle forze produttive (e quindi delle risorse, delle capacità e della potenzialità, specie immateriali) su cui si basa l’evoluzione del capitalismo industriale, caratterizzata, rispetto ad altre modalità organizzative (gerarchia, mercato dei fattori), da connessioni interattive, basate su <<linguaggi>> condivisi, codificati e specialistici. 96 Cfr. S. VACCA. Concetto di <<Rete>> e organizzazione delle imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING – Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti-Roberto Pozzana, p. 18. 50 La letteratura economica riferisce la categoria analitica di rete ad almeno due processi, come appunta C. CAMARDI. “Da un lato, al processo di disgregazione della grande impresa gerarchica e centralizzata, connesso ad un piano di decentramento che attribuisce elevata autonomia alle singole unità produttive e sostituisce alla programmazione gerarchica una programmazione <<per comunicazione e cooperazione intermodulare>>. Dall’altro, al processo di convergenza spontanea di più imprese precedentemente indipendenti, che stabiliscono legami specifici di natura negoziale ma anche fiduciaria, intesi a coordinare le proprie attività fino a renderle interdipendenti l’una dall’altra.97 In altro modo, diventa interessante delimitare quali sono le caratteristiche della rete che la differenziano da altre forme di organizzazione delle forze produttive e, più ancora, della soggettività di cui sono portatrici. Secondo S. VACCÀ l’elemento distintivo di questa forma di organizzazione è la circolazione di informazioni e di conoscenza, tra i diversi punti o unità del sistema produttivo o fra diverse imprese autonome, basate su tre fattori: a) La codificazione del sapere produttivo, ossia la sua traduzione in codici efficaci, utilizzabili in procedure automatizzate; b) La predisposizione, costosa ed impegnativa, di <<linguaggi>> condivisi tra le parti che compongono la <<rete>>. Questi <<linguaggi>> sono essenziali per conferire alle informazioni codificate significati univoci per coloro che le utilizzano. c) L’interazione, attraverso i <<linguaggi>> tra le forze produttive che trovano nella <<rete>> il sistema organizzativo che ne connette l’attività.98 97 Cfr. C. CAMARDI. I Contratti di distribuzione come contratti di rete. Le Reti di Imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G. Giappichelli Editore, Torino, 2009, p. 227. 98 Cfr. S. VACCÀ. Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING – Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzano, p.19. 51 Oltre a ciò, è necessario precisare che cosa si intenda con il termine interazione, per intendere il suo significato sul piano economico. Si tratta di un concetto che, in linea generale, indica un particolare tipo di relazione tra differenti soggetti o attori, dotati di sapere e capacità di iniziativa, come anche di uno spazio reale di autonomia. La interazione, pertanto, si traduce in relazioni di cooperazione complementari tra centri decisionali, ciascuno dei quali contribuisce con apporti specifici e funzionali a facilitare ed arricchire i processi autonomi di innovazione e le strategie competitive dei centri decisionali coinvolti. Questo tipo di cooperazione complementare implica prima di tutto e necessariamente un flusso di informazioni di una impresa all’altra, con una valorizzazione delle risorse del sapere e della competenza che fanno capo a ciascuna impresa, molto di più di quanto occorra normalmente attraverso di semplici relazioni di mercato. Il concetto di interazione è allora profondamente diverso da quello di interdipendenza, in quanto i risultati che sono ottenuti per mezzo della interazione sono estremamente relazionati all ’involvimento attivo di ciascuno dei centri interessati. L’interazione fra soggettività richiede, “nelle sue forme più impegnative, una intesa, un accordo e un’organizzazione dei rapporti fra le parti, che non scaturisce spontaneamente dalla semplice coesistenza di attori diversi, ma dalla loro manifesta intenzione di contribuire, con il loro specifico apporto, al perseguimento di convergenti obiettivi di efficienza dinamica.”99 Altro importante item, e che si rivela fondamentale, è la delimitazione dei fattori determinanti e principali dei processi di sviluppo delle imprese basato in parziale abbandono delle strutture e forme organizzative di tipo gerarchico e 99 Cfr. S. VACCÀ. Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING – Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, p. 20. 52 centralizzato, e sulla sperimentazione di procedure cooperative ed interattive, che possono prefigurare strutture organizzative a rete.100 Secondo questa linea di pensiero, sintetizza S. VACCÀ che i processi di cooperazioni basati nella autonomia dei soggetti coinvolti nella interazione sono determinati dalle crescenti complessità che le imprese incontrano nella attualità a fronteggiare nel definire ed attuare strategie innovative. D’altro lato, la crescente complessità dell’ economia industriale aumenta le difficoltà operative di una impresa che attua individualmente. Diversamente dal passato, l’ impresa tende ad essere meno capace di ridurre la complessità con comportamenti collusivi, ricorrendo a misure protezioniste o strumentalizzando la politica delle istituzioni e anche lo Stato per le sue esigenze. L’attuale tendenza è che la impresa per affrontare in modo creativo la crescente varietà e variabilità del contesto in cui opera, deve trasformare profondamente le sue strutture organizzative. L’impresa tende cioè a divenire un sistema che gestisce un insieme di rapporti interattivi-cooperativi con i soggetti esterni (altre imprese e l’ambiente), così da acquisire risorse specifiche e capacità progettuali sempre meglio adeguate alla complessità con la quale si deve misurare. L’aumento della complessità della economia industriale è il risultato delle azioni di molteplici fattori, tra i quali: le nuove caratteristiche dello sviluppo tecnologico; aumento del grado di globalizzazione dei mercati e quindi la dilatazione dell’orizzonte economico degli operatori. Quanto al primo fattore, l’impresa passa ad essere spinta ad investire in modo massiccio nella ricerca per sfruttare la flessibilità potenziale delle nuove tecnologie. In relazione alla globalizzazione della economia, “ anch’essa trova negli sviluppi tecnologici una 100 Cfr. S. VACCÀ. Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING- Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, p.21. 53 spinta fondamentale attraverso la contrazione spazio-temporale delle azioni e delle reazioni degli operatori economici, garantita dagli sviluppi nelle tecnologie dei trasporti e delle comunicazioni, oltre che da quelle di elaborazione e trasmissione delle informazioni.”101 In questo senso, si creano le condizioni oggettive per lo sviluppo dei processi di cooperazione interattiva tra i diversi soggetti-impresa che attuano a livello globale, visto che l’estensione del confronto competitivo e cooperativo in scala globale, si traduce in un aumento della complessità dell’ambiente in cui operano le imprese. In questo modo l’impresa passa ad essere di continuo sollecitata ad organizzarsi “come sistema aperto ad una logica di relazionalità e di interazione sinergica con altre imprese, e soprattutto di interazione con centri e movimenti dotati di reale autonomia, cioè in grado di esprimere una posizione attiva e creativa dei soggetti, capace di contribuire, con professionalità e competenza, a sviluppare progettualmente le opportunità, le potenzialità che si dischiudono man mano che cresce la complessità delle situazioni con le quali l’impresa deve misurarsi”.102 Così, attraverso il ricorso a strutture organizzative di rete tende ad affermarsi una nuova prospettiva di omogeneità tra i diversi sistemi capitalisticoindustriali. La rete con i suoi processi di codificazioni del sapere e di formazione di linguaggi condivisi, tende di fatto a dare vita a nuovi e importanti criteri di omogeneità sui cui basare il confronto efficientistico fra le imprese. Di fatto, il concetto di rete contribuisce in modo determinante a confermare che nello sviluppo del capitalismo industriale, competizione e 101 Cfr. S. VACCÀ . Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING- Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, p. 23. 102 Cfr. S. VACCÀ. Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING- Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, p. 25 54 cooperazione costituiscono due aspetti estremamente interlegati da un identico processo inteso alla produzione di innovazioni e di valore.103 1.10 Franchising e relazioni cooperative Uno dei fenomeni più interessanti del panorama economico degli ultimi anni è lo sviluppo di una pluralità di forme organizzative nuove di distribuzione commerciale. Al proposito si deve ricordare il successo di formule commerciali derivate dal franchising, che si originarono in alcuni casi da una strategia aggressiva di distribuzione adottata da grandi imprese industriali, e in altri casi, dalla iniziativa di imprese commerciali di una certa importanza, che estesero la loro influenza a una serie di punti di vendita da esse coordinati. Il riferimento al franchising, in questo contesto, dice rispetto non tanto al franchising come contratto o come tecnica commerciale, ma alla sua peculiare concezione strategica delle relazioni interne alla filiera distributiva. La concessione strategica emergente in molte forme organizzative che fanno largo uso del contratto di franchising può essere sintetizzata, come già sopra indicato, in due grandi opzioni, che sono anche due direzioni evolutive, come notò Enzo Rullani, nella tendenza della organizzazione commerciale: “da un lato, costruire reti dirette quanto a circolazione dell’informazione della filiera distributiva; dall’altro, utilizzare nella costruzione della rete l’apporto di una pluralità di operatori indipendenti (sotto il profilo proprietario e manageriale), 103 Cfr. S. VACCÀ. Concetto di <<Rete>> e Organizzazione delle Imprese in I CONTRATTI DI FRANCHISING – Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti~Roberto Pozzana, p.28. 55 coordinati attraverso contratti e media comunicativi che permettono efficaci relazioni cooperative tra il centro della rete e i suoi terminali periferici”.104 Però non è appena il franchising. In generale diventano più rilevanti tutte le relazioni cooperative che possono svolgersi nella catena di valori che vanno dalla produzione industriale fino al consumo finale in senso orizzontale e/ verticale. Attraverso questo tipo di relazioni, in parte contrattuale in parte estracontrattuale, si realizza un coordinamento efficace di più di una impresa per la messa in valore delle reciproche complementarietà che richiedono una sincronizzazione e finalizzazione dei comportamenti oggettivi di un interesse comune.105 Di fatto, la caratteristica comune a tutte queste nuove forme di distribuzione è quella di manifestarsi come alternativa sia al modello di piccola impresa commerciale isolata, immersa nel mercato, sia quella della grande impresa commerciale, capace di gerarchizzare i canali e di integrare verticalmente tutta la filiera distributiva.106 104 Cfr. E. RULLANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 33 Possiamo citare come esempio di questi tipi di strategia di distribuzione attraverso Il franchising i casi di alcune grandi imprese dell’abbigliamento, come Benetton, Che non si limitano ad applicare un contratto tipo di franchising, ma oggettivano La costruzione di una rete di cooperazione complementare con molti distributori. 106 Cfr. E. RULLANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 39. 105 56 1.11 Dalla rete di imprese al contratto di rete Dopo lunghi anni di discussioni e di studi, tanto nel campo economico come in ambito giuridico, in relazione alla rete di imprese e, dopo innumerevoli tentativi di un inquadramento codicistico, come ugualmente della inserzione in normative speciali, come per esempio nei modelli di franchising, ancora prima della sub-fornitura, e nei gruppi di impresa (holding), nei consorzi, come nelle associazioni temporanee di imprese e nei contratti collegati, finalmente, come fa notare P. ZANELLI, si è arrivati a una disciplina legale che le conferisce una definizione giuridica di rete.107 Nota l’illustre giurista il primato dell’Italia in relazione agli altri paesi europei nella disciplina del tema, dato che non esiste nessuna normativa o indirizzo comunitario, nemmeno a livello di normativa statale dei singoli Stati Membri.108 Nasce allora la rete, senza personalità giuridica; non si tratta di una istituzione, ma di un contratto. In sintesi si allontana dal primo progetto, nel quale doveva allinearsi la disciplina dei consorzi e dei gruppi di impresa per attualmente essere definita come un contratto. Anche se la normativa prevede che questo ultimo debba essere depositato al Registro delle Imprese e abbia un patrimonio.109 107 Cfr. P. ZANELLI. Reti di impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto – Contrato e impresa – Dialoghi com La giurisprudenza civile commerciale diretti da Francesco Galgano, Pubblicazione bimestrale anno XXIV, N. 4-5 Luglio-Ottobre 2010, p. 951. 108 In Europa Il foco si trova diretto agli incentivi alla competitività per promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese europee; sul tema 5rimanda Pietro Zanelli a Comm. Ce, 15 dicembre 2009, COM (2009) 680; e ancora prima Comm. Ce 15 gennaio 2009, SEC (2009)92 sulle linee guida europee di sviluppo e di sostegno alle Piccole Medie Imprese Europee. 109 Cfr. P. IAMICELI. – Le reti di Imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G, Giappichelli Editore - Torino, p. 19/20. Come nota P. IAMICELI precedentemente alla disciplina del contratto di rete, parte della dottrina aspirava una riforma dei consorzi; per altri sarebbe sufficiente e preferibile operare con gli strumenti di una politica industriale sul versante dei distretti, questi originari dei sistemi produttivi, fondati sulle specializzazioni e concentrazioni,le cui articolazioni si muovono in senso funzionale più che territoriale. Infine, con una prospettiva civilista più ampia , al proposta di lavorare con una disciplina genera delle reti di imprese, nelle 57 Da qui una delle differenze fondamentali con il Progetto Bersani, che prevedeva che la rete avesse una personalità giuridica propria ed allora fosse una entità nuova nel panorama imprenditoriale. Di fatto, come fa notare P. ZANELLI, non si è usato nulla del d.d.l promosso da Bersani, che prevedeva la emanazione di una legge delegata ed indicava solo i principi e punti fondamentali che avrebbero dovuto essere applicati ai “rapporti di coordinamento stabile di natura contrattuale” tra imprese, e che in una concisa sintesi prevedeva: 1. Definire le forme di coordinamento stabile di natura contrattuale tra imprese aventi distinti centri di imputazione soggettiva, idonee a costruire in forma di gruppo paritetico o gerarchico una rete di imprese; 2. Definire i requisiti di stabilità, di coordinamento e di direzione necessari al fine di riconoscere la rete di imprese; 3. Definire le condizioni, le modalità, i limiti e le tutele cha assistono l’adozione dei vincoli contrattuali di cui all’item 1; 4. Definire le modalità per il riconoscimento internazionale delle reti di imprese e per l’utilizzo, da parte delle medesime, degli strumenti di promozione e di tutela internazionale dei prodotti italiani; 5. Definire, anche con riguardo alle conseguenze di natura contabile e impositiva e in materia di mercato del lavoro, il regime giuridico della rete di imprese, eventualmente coordinando o modificando le norme vigenti in materia di gruppi e consorzi di imprese. Effettivamente, il contratto di imprese è criticato da parte della dottrina che afferma che al distanziarsi dal Progetto Bersani, la nuova legge “ha cancellato varie forme di reti contrattuali, organizzative e miste, in grado di rileggere, alla luce degli studi inter-disciplinari sulle reti di imprese, la teoria del collegamento negoziale, quella del contratto plurilaterale, alcuni profili del diritto delle organizzazioni. In questa prospettiva si era ipotizzato un contratto di rete che tra i vari strumenti potesse candidarsi ad una specie di contratto trans-tipico per il coordinamento inter-imprenditoriale. Frattanto, come afferma IAMICELI, tale proposta non può soprapporsi al testo normativo che non è in questo senso. 58 tutte le attese di una figura giuridica unitaria e ben definita di rete. Ora abbiamo pezzi quà e pezzi là che disciplinano diverse tipologie di “reti economiche”.110 Nel quadro attuale la disciplina contenuta nei commi 4º – ter ss. dell’art. 3, d.l n. 5/2009, come convertito con modificazioni dalla legge n. 33/2009 e ulteriormente modificato dalla legge n. 99/2009, offre senza dubbio, come nota IAMICELI, un primo importante strumento operativo, anche se con limitazioni “che le singole soluzioni normative presentano e delle lacune lasciate da un articolato a maglie troppo larghe, per la cui applicazione diventa cruciale la produzione di contratti standard da parte di operatori e associazioni di categoria”.111 In questo modo, considerando una disciplina così limitata, acquistano importanza gli strumenti imprestati dal diritto generale dei contratti. Il contratto di rete è, per espressa previsione legislativa, un contratto con comunione di interessi e questa connotazione incide chiaramente sul piano funzionale, estendendosi tanto l’ipotesi di contratto bilaterale quanto quella di contratto plurilaterale. La disciplina del contratto bilaterale e del contratto plurilaterale si trovano in un contesto in cui gli aderenti possono optare per una variabilità del numero delle parti, producendo così una possibile alternanza tra bilateralità e pluralità. Anche con la disciplina del contratto di rete, non perde importanza la tematica del collegamento negoziale, al contrario ne riceve rilevanza; basta pensare che talune reti contrattuali, oggi governate con il difficile strumento del collegamento, potranno trovare nuova veste nel contratto di rete, altre forme di collegamento negoziale potranno originarsi partendo dalla stipula del contratto di rete. Così, per esempio, “il contratto di rete potrebbe fungere da contratto quadro 110 Cfr. P. ZANELLI. Reti di impresa: dall’economia AL diritto, dall’istituzione AL contratto – Contratto e impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francesco Galgano, Pubblicazione bimestrale anno XXVI, N. 4-5 Ottobre 2010, p. 953. 111 Cfr. P. IAMICELI. Le reti di Imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 22. 59 o normativo rispetto alla stipula di contratti esecutivi (di forniture, di distribuzione, di licenza di marchio, brevetto, know-how, ma anche di franchising) da stipularsi poi tra gli aderenti alla rete o tra questi e soggetti terzi”.112 Come giustamente annotato da P. ZANELLI, “bella o brutta che sia, è arrivata una legge che ci dà una definizione giuridica delle reti. Pertanto, nonostante le dure critiche della dottrina, è necessaria l’accettazione della scelta legislativa e, conseguentemente, l’approfondimento sul nuovo scenario giuridico della rete di imprese aperto con la emanazione della l..33/99.113 In questo modo, definisce l’art. 3, comma 4-terc, il contratto di rete come quel contratto con cui “due o più” imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. La rete viene definita come “un contratto ad applicazione generale”, voltato essenzialmente al “coordinamento tra produzione e distribuzione (competitività) delle imprese. La principale funzione del contratto di rete è quella di creare delle regole dispositive – e quindi come tali liberamente derogabili dalle parti – attraverso le quali le imprese, pur restando autonome ed indipendenti le 112 C fr. P. IAMICELI. Le reti di imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola IAMICELI, g. Giappichelli Editore – Torino, p. 22. 113 Cfr. P. ZANELLI. Reti di impresa: dall’economia AL diritto, dall’Istituzione AL contrattoContratto e impresa- Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francesco Galgano, Pubblicazione bimestrale anno XXVI, n. 4-5 Luglio-Ottobre 2010, p. 953. “ Il diritto è il mondo della decisione”, come osserva saviamente Natalino Irti. Il legislatore ha deciso di dare alla rete di imprese la connotazione della l. 33/99, ossia, diversamente dalle associazioni temporanee di imprese, dai consorzi, dai gruppi di imprese e dalle “reti di revisione”, altro dai distretti, dal franchising e dalla subfornitura. Di fatto, come afferma Irti, “... al fine di concludere, bisogna “tagliare” fra le diverse soluzioni, ridurre la pluralità alla unicità. La decisione è sempre una scelta, un atto selettivo. Chi decide non può rimanere nella molteplicità delle soluzioni, né oscillare tra l’una e l’altra, né mostrare il buono e il cattivo, l’errore e la verità di ciascuna di esse. Con linguaggio non consueto ai giuristi, si direbbe che il taglio deve abbattersi sulla foresta e aprire una radura...”. Cfr. N. IRTI, Dubbio e Decisione, P. 1317 – Scritti in Memoria di Giovanni Cattaneo, Tomo Secondo. Dott. A. Giuffrè Editore, Milano – 2002. 60 une dalle altre, realizzano dei progetti comuni con il preciso scopo di accrescere la loro capacità innovativa e la loro competitività sul mercato.114 Effettivamente, gli obiettivi di crescita di fatto sono perseguiti nell’ambito di un vero e proprio <<programma di rete>>. Pertanto lo sviluppo della attività economica non è più allora strumentalizzato ad un progetto autonomo imprenditoriale concepito per un generale arricchimento dei partecipanti o apprezzabile in termini di guadagno, come occorre per esempio nel contratto di società, previsto nell’art. 2247 cc. Questo, al contrario è diretto alla realizzazione di quegli obiettivi strategici e di quel programma comune, i cui risultati sono destinati a prodursi nell’ambito delle singole imprese. Da un lato, la condivisione, non solo degli obiettivi ma anche dell’attività, porta alla configurazione di una vera e propria causa di collaborazione intrinseca al contratto di rete; per l’altro, il necessario collegamento che tra tale attività deve sussistere con l’attività di ciascuna impresa, e l’interdipendenza, che così si instaura tra le imprese medesime, lasciano emergere quella dimensione del coordinamento propria delle reti di impresa. Così, conclude Paola Iamiceli, che, se <<il fine ultimo>> delle imprese è quello di accrescere la propria capacità innovativa e competitiva, il <<fine immediato>> consiste nella collaborazione inter-imprenditoriale e nel coordinamento tra attività per il perseguimento di obiettivi strategici condivisi.115 Pertanto, cooperazione e coordinamento concorrono a definire l’elemento causale del contratto, pur proiettato sui più astratti scenari della crescita di competitività e capacità innovativa.116 114 Cfr. P. ZANELLI. Reti di Impresa: dall’economia aL diritto, dall’istituzione aL contratto – Contratto e impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francesco Galgano, Pubblicazione bimestrale anno XXVI, n.4-5 Luglio-Ottobre 2010, p. 953. 115 Cfr. P. IAMICELI. Le reti di imprese e i Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 24 116 Cfr. C. SCONAMIGLIO. Il Contratto di rete: Il problema della causa, in I Contratti, 2009, p. 962 ss. Critica severamente il legislatore, accennato per equivoco della previsione del 61 Non restano dubbi allora che la causa immediata del contratto di rete può essere individuata nella collaborazione e nel coordinamento inter-imprenditoriali. Altro interessante questionamento dice rispetto al contratto di rete come contratto con causa associativa. Il contratto di rete offre nel piano causale possibilità di combinazioni dal semplice coordinamento di attività indipendenti svolto dalle singole imprese partecipanti alla forma di collaborazione caratterizzata dallo sviluppo di attività strumentali dirette dalla rete avente all’oggetto le prestazioni di servizi alle imprese partecipanti, forme di attività in cui la relazione con l’attività delle singole imprese può essere meno stringente perché la rete svolge attività complementari a quelle delle imprese partecipanti.117 La riflessione sul contratto di rete come necessariamente contratto associativo oltre ad essere un contratto con comunione di oggettivi, non ha solamente un valore descrittivo, come nota P. IAMICELI, ma acquista significativa importanza per collegare alla sorte dei contratti associativi quelli degli enti collettivi.118 Alcuni autori intravvedono nella innovazione legislativa una vera e propria tipicità, della fattispecie del contratto di rete. Altri affermano l’affinità con figure già conosciute, specialmente il consorzio con attività esterna. Per altro lato, un’altra ricostruzione appunta che il contratto di rete non fa sorgere un nuovo tipo contrattuale, ma si qualifica come trastipico destinato ad essere usato per vestire operazioni economiche riconducibili a una pluralità di figure tipiche già previste miglioramento della capacità competitiva e innovativa, C. SCOGNAMIGLIO << Non si vede infatti come le parti possano indicare (quasi si trattasse, appunto, di un fatto ex ante osservabile e verificabile) che gli obiettivi e le attività dimostrino, come tali, il miglioramento della capacità innovativa e competitiva delle parti. 117 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete Commentario, Società Editrice il Mulino, Bologna, 2009, p.29-30. 118 Cfr. P. IAMICELI, Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 27-28 62 nell’ordinamento o conosciute nella prassi. A titolo di esempio, al consorzio con attività interna o esterna,alla joint-venture di produzione e distribuzione. Solo per citare le figure più conosciute.119 Il fenomeno della rete supera i confini della fattispecie contrattuale prevista nella legge. Sotto questa prospettiva, l’importanza della configurazione transtipica del contratto di rete permette lo svolgimento di varie attività considerate come figure contrattuali unitarie. Con il contratto si possono svolgere, adottando il modello organizzativo adeguato, tutte le attività dando luogo ad un contratto destinato ad essere considerato secondo modalità apparentemente a quelle di contratti già esistenti, oltre ai citati, non nominati.120 Altra importante analisi dice rispetto all’ambiguità legislativa che può essere tradotta in opportunità, se intendiamo il contratto come contratto trastipico destinato ad assumere la natura di contrato con causa associativa. In questa prospettiva, applicazioni similari non sfuggono alla pratica corrente del coordinamento inter-imprenditoriale, dove oggi già si ricorre a costituzioni di consorzi, joint-venture, riagruppamenti, franchising. Indubbiamente l’art. 3, comma 4-ter ss, offre le prime linee della regolazione della rete contrattuale: una rete dotata di una minima complessità organizzativa, che può aumentare nel corso della relazione dipendendo dalla volontà delle parti; una base patrimoniale che, anche se non sono indicate nella legge le condizioni di acquisto di autonomia patrimoniale, deve essere sufficiente per garantire almeno una limitazione parziale della responsabilità. Del resto, la funzionalità della rete è affidata alla progettualità delle parti, e alla capacità delle parti di definire un programma di attività di diritti e obblighi degli aderenti, regole di entrata e di uscita secondo criteri idonei di 119 Cfr. P. IAMICELI, Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 27-28. 120 Cfr. P. PERLINGIERI, la Contrattazione tra imprese in Riv. Dir, Impresa, p. 323 ss. 63 favoreggiamento della cooperazione, prevenendo i conflitti, sfruttando le efficienze sottese alla complementarietà delle loro risorse strategiche.121 Procedendo ad una analisi circa la applicabilità del contratto di rete, risalta P. IAMICELI le difficoltà delle imprese nell’adeguamento dello loro strutture al modello legislativo proposto. Il compromesso di integrazione delle lacune esistenti in una disciplina limitata ed affidata ai giudici, che hanno la difficile missione di dirimere gli eventuali conflitti esistenti. Per questo alcuni suggeriscono il ricorso alla categoria generale del diritto dei contratti nell’intuito di definire l’estensione degli obblighi di cooperazione e i confini dell’abuso, come anche per individuare i provvedimenti applicabili.122 121 Cfr. P. IAMICELI, Introduzione – Dalle reti di imprese al contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), G. Giappichelli, Tortino, 2009, p. 41 122 Cfr. I. IAMICELI, Introduzione – Dalle reti di imprese al contratto di rete in Le Reti di Imprese e I Contratti di rete (a cura di P. IAMICELI), G. Giappichelli, Torino, 2009, p. 42 64 CAPITOLO DUE 2.1 Affiliazione commerciale nella legge n. 129 del 2004 Prima della edizione della legge di affiliazione commerciale, il contratto di franchising, anche se non tipificato legalmente, era già considerato dalla giurisprudenza come espressione del principio della libertà di iniziativa economica privata dovuto alla sua larga utilizzazione, garantendo nella espressa previsione dell’art. 1322 c.c., come ugualmente, avendo come substrato costituzionale l’art. 41 Cost., che permette e tutela l’aggregazione e l’affiliazione e, allo stesso modo, la collaborazione di imprese. “Ne deriva che detto contratto attiene a materia disponibile in quanto espressione della libertà di scelta nello svolgimento delle attività economiche riconosciuta al soggetto privato in quanto tale”.123 Si tratta di un contratto che è stato centro per più di venti anni di costanti decisioni giurisprudenziali, che erano espressioni di una realtà negoziale considerata rilevante, fluida, e per lungo tempo certamente caratterizzata da un’ ampia zona di incertezza, così come un’ approssimazione ad altre strutture e finalità come concessione di vendita; e più genericamente, con la utilizzazione della terminologia riferibile all’affiliazione commerciale in una ampia gamma di condizioni negoziali concepibili nell’ambito della decentralizzazione delle attività commerciali.124 123 In tal senso si è manifestata la giurisprudenza che ha riconosciuto la meritevolezza degli interessi perseguiti dal contratto all’epoca atipico – ma socialmente tipico, data la sua amplia rilevanza e utilizzazione abituale nel modo dei traffici. Cass. 20 giugno 2000, n. 8376, in Giusti. Civ, 2001 l, c. 1327. Mettendo in risalto la meritevolezza anche Trib. Milano 28 febbraio 2002, in Giur. Milanese, 2002, p. 273. Cfr. A. BERTOLOTTI. Norme per la Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso. G. Giappichelli Editore – Torino, p. 50.. 124 I dubbi e Le difficoltà nel distinguere e individuare tra loro i contratti di distribuzione sono visibili in numerosi pronunciamenti. Ad esempio, A.; BERTOLOTTI, distacca i seguenti: 65 Definendo l’ampia diffusione che il contratto di franchising ha avuto in Italia e la contestuale mancanza di una regolamentazione sulla materia, la relazione che ha accompagnato il D.D.L. n. 19 appunta la necessità di una disciplina “a stabilire un quadro di norme di carattere generale, all’interno delle quali alle parti deve essere lasciata libertà di contrattazione, pena la costituzione di un ambito asfittico di una formula che deve proprio alla sua agilità la forza con la quale si sta sempre più affermando sul mercato”. Il D.D.L. n. 19 ha subito, senza dubbio, una forte ispirazione dal Regolamento (CEE) n. 4087/1988, anche se ha più tardi preso alcuni punti dal Regolamento (CE) n. 2790/1999. Tale influenza si denota dalla nozione di contratto di franchising che fu estratta dal regolamento del 1988. Così, precisa che laddove l’accordo consista in “rapporti che ( siano) caratterizzati dalla presenza di un soggetto, affiliante, fornitor o franchissor, che mette a disposizione di un altro soggetto, affiliato, acquirente o franchisee, un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relative a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare nell’alternativa tra affiliazione commerciale e concessione di vendita, si è deciso che “... al di là del nomen iuris, concessione di vendita (nella specie, settore automobilistico) figurante nel testo contrattuale, è ravvisabile un rapporto riconducibile alla figura del franchising quando l’integrazione quando l’integrazione tra rivenditore e società di distribuzione raggiunge un tale grado di intensità da potersi attagliare al rapporto la definizione che di tale contratto fornisce l’art. 1, 3 ,lett. B), Regolamento (CEE) n. 4087/1988. A fronte dell’indiscutibile autonomia del concedente rispetto al concessionario, deve farsi risguardo alla immagine che, nella fattispecie concreta (settore automobilistico), la società concedente ed i singoli concessionari danno di sé sul mercato, creando nei consumatori l’affidamento che si tratti di un unico soggetto che opera sul territorio attraverso vari rivenditori” (Trib. Crema 23 Novembre 1994, in Contratti, 1996, p. 52). Cfr. A BERTOLOTTI. Norme per la Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso. G. Giappichelli Editore – Torino, p. 52. 66 determinati beni o servizi”, indipendentemente dal nomen iuris attribuito dalle parti al contratto, devono applicarsi le norme ivi contenute.125 Subito dopo della legge di subfornitura e del decreto legislativo sui ritardi nel pagamento, sopraggiunge un nuovo intervento del legislatore in materia di contratti tra imprese, che parte dal presupposto che a causa della simmetria contrattuale, una delle imprese contrattanti ha bisogno di tutela. In considerazione di tale finalità dell’intervento legislativo, le norme da esso emanate sono proposte come norme imperative. Di fatto, questa affermazione è corroborata dalla espresso previsione dell’art. 31 che taccia di nullità il contratto verbale; come, allo stesso modo, risulta dalla norma transitoria dell’art. 9, che impone l’adeguamento dei contratti antichi. 126 Troviamo nella Legge 6 maggio 2004, n. 129 norme definitrici, così come l’art. 1, che definiscono il contratto di franchising e definisce altresì, alcuni termini che ricorrono nella prassi del franchising. In questa ottica alcuni elementi sono desumibili dalla definizione dell’art. 1.1.o comma, della legge 129, secondo la quale l’affiliazione commerciale (franchising) è:”il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra,verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare beni o servizi”. 125 Cfr. A. BONFANTE. Evoluzione Normativa, in Norme per La Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 36... 126 Cfr. G. DE NOVA la imperatività della norma decorre , inclusivamente, dalla formulazione dell’art. 1.1 “l’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato...” che porta senso solo in un’ottica antielusiva – Il Franchising – Collana a cura di Giorgio De Nova – IPSOA – 2004, p. 6. 67 Il contratto di franchising intercorre, necessariamente, tra soggetti indipendenti, sia nel piano economico, sia nel piano giuridico. Essendo allora chiaro che nella nozione di franchising non esistono contratti con soggetti legati con vincoli di subordinazione, e neanche contratti tra società dello stesso gruppo.127 Tale conclusione sembra logica, di fatto, nella presenza di una relazione di subordinazione si applicano le norme sul lavoro subordinato, che prevede una tutela molto più forte di quella della legge sul franchising. Già nel caso delle società dello stesso gruppo non c’è l’esigenza di disclosure necessaria nei soggetti economicamente indipendenti.128 Prendendo il testo della norma, dobbiamo osservare l’uso della formula <<soggetti giuridici>> adottata dal legislatore per identificare i destinatari della disciplina, ciò che indusse parte della dottrina a ipotizzare che la norma avrebbe avuto l’intenzione di escludere dal proprio campo di applicazione le persone fisiche.129 Di fatto, tale formulazione del testo legislativo denota una mancanza di attenzione del legislatore in relazione alla coerenza dei termini usati; tuttavia una interpretazione letterale della norma porterebbe ad una incoerenza con la sua ratio e , pertanto, non sostenibile, dato che escluderebbe l’imprenditore individuale, privato di tutela, come difeso dalla dottrina; proprio quel soggetto che maggiormente avrebbe bisogno di protezione. 127 Non si può pertanto parlare di una relazione di franchising di lavoro subordinato, ma sim, quando esista uma posizione di dipendenza economcia, nella ipotesi, per esempio del franchisee in relazione al franchisor. Cfr. G. DE NOVA, Il Franchising – Collana a cura di Giorgio De Nova – IPSOA-2004, p.6 128 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 16. 129 Cfr. G. DI NOVA. Il Franchising – Collana a cura di Giorgio De Nova – IPSOA-2004. Per il quale “soggetti giuridici”, come dire, pare, non persone fisiche, mettendo in risalto, tuttavia, la figura di imprenditore individuale che “può certamente essere un franchisee”. 68 Forse, come ampiamente fatto notare dalla dottrina, la legge sarebbe stata più felice se avesse utilizzato il termine imprenditore, in quanto, di solito, l’affiliazione commerciale viene definita come contratto tra imprese; tale linea di raziocinio è derivata da una interpretazione sistematica con l’art. 2 della normativa in questione. Realmente, come ha dimostrato la pratica dell’uso di questa modalità contrattuale, nel mondo della affiliazione commerciale è sempre presente la possibilità per cui l’accesso a tale tipo di attività si pone nei confronti di chi è del tutto sprovvisto di precedenti esperienze imprenditoriali; è il caso, per esempio, della persona fisica che decide mettersi nel commercio, proponendosi come affiliato, in una catena distributiva in cui prevede una possibilità favorevole di successo; e che, a tal fine, e in modo concreto, dia corso a tutte le pratiche amministrative a seguito delle quali egli venga a trovarsi iscritto nel Registro delle imprese, con la qualifica formale di imprenditore individuale.130 Si discute nello scenario sopra disegnato, se potrebbe essere applicabile la disciplina dell’art. 1469 – bis, contratti dei consumatori, al soggetto che stipula un contratto come affiliato, ma non esercita ancora nessuna attività, non potendo pertanto, per tale effetto essere considerato imprenditore, ed essendo persona fisica potrebbe essere applicabile la tutela consumeristica. Il problema si inserisce in un dibattito più ampio, circa i confini della figura <<consumatore>> “che parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene debba esser definita in modo estensivo, con riguardo cioè ad ogni ipotesi in cui sia dato riscontrare una condizione di debolezza e di sostanziale squilibrio in capo ad uno dei soggetti di un contratto per effetto di una asimmetria informativa: tipica di chi non abbia né la forza di imporre una trattativa sulle clausole contrattuali, né il 130 Può succedere, come già previamente accennato, che un soggetto stipuli un contratto di affiliazione commerciale, ma ancora nella fase degli atti preparatori non sia un imprenditore, dal momento che non esercita ancora nessuna attività e, pertanto, non si trova nelle condizioni previste dall’art. 2082 c.c., neanche l’iscrizione produrrà effetti differenti. 69 tempo, la capacità od il denaro necessari per realizzare le clausole predisposte della controparte”. Dove si presentasse una simile ipotesi, l’art. 1469 – bis, si rivelerebbe come idoneo e necessario strumento di tutela.131 Altra parte della dottrina, collocandosi nella prospettiva della affiliazione commerciale, nega l’applicabilità di tali norme, ed afferma nel senso contrario, che la propria stipula del contratto, per un orientamento teleologico che lo caratterizza, costituirebbe un indizio evidente della nascita di una impresa, suscettibile per sé stesso di escludere la qualificazione del futuro affiliato, anche se in quel momento non operi già in una impresa, come consumatore.132 In Brasile, parte della dottrina brasiliana considera che il consumatore è in modo generale colui che si sottopone al potere di controllo dei titolari dei beni di produzione, cioè, degli imprenditori. Quando si parla pertanto in protezione al consumatore ci si vuole riferire agli individui o gruppi di individui che, anche se 131 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 61. Seguendo tale linea il Tribunale di Ivrea con sentenza 5 ottobre 1999, in Danno e Responsabilità, 2000, p. 861 procede ad applicare la normativa introdotta con l’art. 25, legge 6 febbraio 1996, n. 52, alla fattispecie di una persona fisica che acquista beni allo scopo di avviare una piccola attività commerciale collaterale a quella lavorativa già sua propria. 132 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 61. L’autore richiama FRIGNANI, op. Cit. P.31: L’Autore fa richiamo alla sentenza Corte di Giustizia Comunità Europee, 3 luglio 1997, Benincasa (edita per esteso in Giust . civ., 1999, I, p. 11, e quindi annotata da COREA, sulle nozioni di “consumatore”: il problema dei contratti stipulati a scopi professionali, ivi, 1999, I, p. 13), pronunciata in una fattispecie di affiliazione commerciale. La decisione f riferimento, tuttavia, agli artt. 13, 1.o comma, e 14, 1.o comma, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, ove viene definito consumatore che agisce <<per un fine che non può considerato estraneo alla sua attività professionale>>: formulazione che viene interpretata nel senso che <<chi ha stipulato un contratto per l’esercizio di un’attività professionale non attuale ma futura non può essere considerato come consumatore>>. Diversa, come è noto, la direzione dell’art. 1469-bis: <<la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta>>, in cui il participio passato (svolta) non parrebbe consentire una interpretazione che non si traducesse in una effettiva attualità dell’esercizio. Estrato da ANGELO BERTOLOTTI, P. 62. 70 imprenditori, si presentano nel mercato come semplici acquirenti o utenti di servizi, senza nessun legame con l’attività impresariale propria.133 L’identificazione della figura del consumatore e del fornitore diventa imprescindibile per la demarcazione materiale del campo di applicazione del Codice di Difesa del Consumatore, specialmente in conseguenza dell’entrata in vigore del nuovo Codice Civile e per la necessità di adeguare le regole consumeristiche unicamente a relazioni tra disuguali, dato che la tutela differenziatrice prevista nel Codice di Difesa del Consumatore esige la presenza della vulnerabilità di una delle parti. I limiti di applicazione del Codice di Difesa del Consumatore sono molto ben delineati dagli studiosi del tema,134 che mettono in risalto quattro concetti di consumatori, essendo che il concetto basico, presente nell’art. 2.o Caput, definendo consumatore come “ogni persona fisica o giuridica che acquista o utilizza prodotto o servizio come destinatario finale”. A questo concetto gli autori ne aggiungono altri tre considerati come clausole equiparate. Il paragrafo unico dello stesso articolo secondo dando attenzione agli interessi collettivi dispone : “è equiparata al consumatore la collettività di persone anche se non determinabili, che agisca intervenendo nelle relazioni di consumo”. L’art. 17, con la finalità di proteggere coloro che a causa di circostanze varie possono soffrire danni in conseguenza della fatalità di trovarsi nelle vicinanze di un locale dove si verifica un incidente causato da difetto dio u prodotto o servizio, determina che, in relazione alla responsabilità del fornitore 133 COMPARATO, Fabio Konder. A Proteção do Consumidor. Importante capítulo do Direito Econômico, Rio de Janeiro: Revista Forense, n.o 255, 1976. P. 134 PFEIFFER, Roberto A.C. e PASQUALOTTO, Adalberto (Org.). Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002, Convergência e Assimetrias, São Paulo: RT, 2002, p. 133 71 per il fatto sopra qualificato, “sono equiparati ai consumatori tutte le vittime dell’evento”.135 Infine, l’articolo 29 estende la protezione legale a tutte le persone, determinabili o no, esposte a pratiche commerciali e contrattuali. I consumeristici osservano che, in base all’art. 1.o del Codice di Difesa del Consumatore, il campo di applicazione del succitato documento trova un’importante limitazione ratione personae, riflettendosi solamente ai contratti dove figurano un consumatore davanti ad un fornitore di prodotti o servizi.136 Così, il concetto di consumatore avrebbe un senso ristretto, dando attenzione alla sua vulnerabilità appuntando l’articolo 966 del Codice Civile del 2002, e mettendo in risalto che quando si parla in protezione del consumatore si pensa, inizialmente, nella protezione di un non professionista, che contratta o che si relaziona con un professionista, impresario, industriale o professionale liberale. “È quello che si usa nominare nozione soggettiva di consumatore, che escluderebbe dall’ambito di protezione delle norme di difesa dei consumatori tutti i contratti fatti fra due professionisti, perché questi starebbero agendo a scopo di lucro (...).137 Per la riferita dottrina, tuttavia, la opzione del legislatore patrio è ricaduta su una definizione più oggettiva di consumatore, avendo l’art. 2º del Codice di Difesa del Consumatore, un’unica nota restrittiva in relazione all’acquisto o all’utilizzazione del bene, osservato come destinatario finale. Tuttavia ricorda che è imprescindibile che si dica quello che sarà il destinatario finale. L’autrice distingue due correnti dottrinarie che si divide lo spazio in relazione alla applicazione del Codice: i finalisti e i massimalisti. Per i primi “pionieri del consumerismo, la definizione di consumatore è la base che sostenta la tutela 135 PFEIFFER. Roberto A.C. e PASQUALOTTO, Adalberto (Org.). Idem MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005, p. 303 137 MARQUES, Cláudia Lima. Idem. 136 72 speciale... Questa tutela esiste solo in quanto il consumatore è la parte vulnerabile nelle relazioni contrattuali nel mercato, come afferma il proprio Codice di Difesa del Consumatore nell’art. 4º, inciso primo. Propone allora che si interpreti il destino finale dell’art. 2º in maniera più ristretta, come esigono i principi basici del Codice di Difesa del Consumatore, esposti nell’articolo 4º e 6º (…).138 Per i finalisti, che procedono ad una interpretazione teleologica, non è sufficiente essere destinatario fatico del prodotto, ritirarlo dalla catena di produzione, è necessario essere destinatario finale economico del bene, non acquistandolo per essere rivenduto, non potendolo usare professionalmente. In questo ultimo caso perché il bene integrerebbe un mezzo di produzione. Così, questa linea interpretativa restringe la figura del consumatore a colui che acquista (utilizza) un prodotto per uso proprio e per la propria famiglia. Sarebbe, in fin dei conti, un non professionista, poiché appartenente ad un gruppo della società che si trova in posizione di vulnerabilità. L’applicazione del Codice di Difesa del Consumatore ha apportato una variazione nella teoria finalista, addolcendone la visione originale, accettando, per mezzo dell’intervento del Potere Giudiziario, nel caso concreto, il riconoscimento della vulnerabilità di una società o professionista che abbia acquistato, per esempio, un prodotto fuori del suo campo di specializzazione. Si noti che questa prospettiva è sostenuta dalla finalità della norma, significando dire , fondata sulla protezione del più debole, nella relazione di consumo. I Massimalisti invece, da un altro punto di vista, vedono nel Codice di Difesa del Consumatore non una protezione ad uno degli agenti del mercato, specialmente il consumatore non professionista, ma vedono un nuovo regolamento del mercato di consumo brasiliano. Così, il Codice di Difesa del Consumatore sarebbe un Codice generale sul consumo, un Codice per la società di 138 MARQUES, Claudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo; RT, 2005, p. 303 73 consumo ,istituendo norme e principi generali e con riflesso su tutti gli agenti del mercato, che possono assumere le funzioni ora di fornitori ora di consumatori. Propongono allora l’allargamento della definizione dell’articolo 2º, affinché le norme del Codice di Difesa del Consumatore possano essere applicate ad un numero sempre maggior di relazioni nel mercato. Per la succitata corrente la definizione dell’articolo 2º sarebbe puramente soggettiva, non importando se relazionata a persona fisica o giuridica, se con fini di lucro o meno. Destinatario finale sarebbe allora colui che ritira il prodotto dal mercato e lo utilizza o lo consuma. Fa notare una nuova tendenza, a cominciare dall’entrata in vigore del Codice Civile di 2002, individuando una terza teoria, che potrebbe essere inquadrata come sottodivisione della prima teoria, che la autrice denomina come “finalismo approfondito”, con il sorgere, nella giurisprudenza, specialmente in quella del Supremo Tribunale di Giustizia, dimostrando allo stesso tempo estremo dominio della interpretazione finalista del Codice di Difesa del Consumatore, ma con la razionalità e prudenza, interpretando l’espressione “destinatario finale” del Codice di Difesa del Consumatore, in forma differenziata e mista. 139 Si afferma che il concetto di consumatore adottato nel Codice di Difesa del Consumatore è stato esclusivamente di carattere economico, prendendo in considerazione solo e unicamente il personaggio che, nel mercato di consumo, acquista beni o contratta prestazioni di servizi, come destinatario finale, presupponendosi che agisca in questa forma per soddisfare una finalità propria e non per la pratica o sviluppo di un’altra attività produttiva. Aggiunge, inoltre che si è cercato nella stesura del Codice di Difesa del Consumatore prescindere da 139 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005. p. 305 74 concettualismi di natura sociologica o psicologica e, perfino da considerazioni di ordine letterario e filosofico.140 Sul tema in Brasile, la dottrina, dopo di aver identificato le caratteristiche di ogni corrente in relazione al concetto di consumatore, afferma che la opzione legislativa suscita controversie “ nella misura in cui non restringe l’utilizzazione dei meccanismi di protezione alla parte contrattuale più debole, a persone fisiche, includendo, al contrario, nel suo ambito di attuazione, le società consumatrici, dal momento che acquistino prodotti o servizi come destinatarie finali del prodotto (…)”. 141 È importante mettere in risalto, , che il principio della vulnerabilità presente nell’art. 4º I, del Codice di Difesa del Consumatore è anche informato dai principi costituzionali della solidarietà e della isonomia sostanziale, dovendo i due servire come criterio interpretativo del concetto del consumatore equiparato. In questa interpretazione, “Consumatore equiparato sarà la persona che, anche se non consumatrice (nel senso di destinataria di prodotti o servizi, conforme il senso dell’art. 2º) si dimostra vulnerabile, e come tale, soffre gli effetti negativi dei contratti di consumo, giustificandosi così l’applicazione della legge di protezione dei consumatori (...)142 Tale soluzione, come mette in risalto il famoso civilista, dopo di aver superato il timore di alcuni autori, nel senso che la nozione del consumatore per equiparazione renderebbe banale la tutela del consumatore, allargando senza limiti la sua utilizzazione nella pratica impresariale, “ rinforza la percezione, sempre più 140 FILOMENO, José Geraldo Brito. Código Brasileiro de Defesa do Consumidor – Comentado pelos Autores do Anteprojeto, Rio de Janeiro: Forense Universitária, 2000, p. 26 141 TEPEDINIO, Gustavo. Os Contratos de Consumo no Brasil – Temas I), Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 130 142 TEPEDINO, Gustavo. Os contratos de Consumo no Brasil - Temas I), Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 134 75 maturata, che è la tutela costituzionale delle disuguaglianze che giustifica l’intervento in favore dei consumatori – e non il contrario. “ (…) 143 Per quanto riguarda le persone giuridiche, si considera che la equiparazione delle persone giuridiche con i consumatori iposufficienti deve essere fatta tenendo presente il concetto indissociabile dell’aspetto di iposufficienza, ammettendo solo eccezionalmente questa equiparazione quando le persone giuridiche non abbiano fini lucrativi 144 Servendosi delle lezioni di José Reinaldo de Lima Lopes fa notare che la configurazione della persona giuridica come consumatrice in relazione all’altra dipende dalla esistenza di due elementi che non sono stati adeguatamente esplicitati da articoli del Codice “in primo posto il fatto che i beni acquistati devono essere beni di consumo e non beni di capitale. In secondo luogo che ci sia tra fornitore e consumatore uno squilibrio che favorisca il primo. In altre parole, il Codice di Difesa del Consumatore non è venuto per revocare il Codice Commerciale, o il Codice Civile in ciò che si riferisce a relazioni giuridiche tra parti uguali. Una grande impresa oligopolista non può ricorrere al Codice di Difesa del Consumatore allo stesso modo di un microimpresario. Questo criterio, insufficientemente esplicitato dalla legge, è frattanto l’unico che dia senso a tutto il testo. Senza di esso avremmo un non senso giuridico.145 Ritornando all’Italia, a sua volta, una non meno prestigiosa corrente difende la tesi della applicabilità dell’art. 9, legge 18 giugno 1998, n. 192, che introdusse l’istituto dell’abuso di dipendenza economica , così come allo stesso modo, il d. .lgs ottobre 2002 n. 231 (attuazione della direttiva CE 2000/35 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali); nonché le 143 TEPEDINIO, Gustavo. Os Contratos de Consumo no Brasil – Temas I), Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 134 144 FILOMENO, José Geraldo Brito. Código Brasileiro de Defesa do Consumidor – Comentado pelos Autores do Anteprojeto, Rio de Janeiro: Forense Universitária, 2000, p. 28 145 FILOMENO, José Geraldo Brito. Código Brasileiro de Defesa do Consumidor-Comentado pelos autores do Anteprojeto, Rio de Janeiro: Forense Universitária, 2000, p. 29 76 possibili conseguenze che da una eventuale esistenza di una situazione di controllo commerciale, art. 2359, 1º comma, n. 3, C.c) possono derivare a carico della controllante nel caso di dissesto della controllata ; ed ancora, le norme sui vizi della volontà anche alla luce dell’art. 1337 c.c.146. Questa linea di pensiero si muove bel senso della necessità di una normativa che tuteli la parte debole in un contratto tra imprese. Di fatto, il fondamento per la applicabilità della disciplina del consumatore sarebbe giustamente la esistenza di asimmetria informativa, in cui è suscettibile di trovarsi colui che, senza esperienza imprenditoriale, o, in ogni caso, contraente debole, voglia immettersi nel mondo dell’affiliazione commerciale. Frattanto, una interpretazione restrittiva della dottrina intende che non si applicherebbe la norma sull’abuso di dipendenza economica (art. 9 della legge sulla subfornitura) per assoluta incompatibilità con il contratto di franchising che presuppone, giustamente, la indipendenza economica e giuridica delle parti contrattanti, come, ugualmente, per la diversa finalità de entrambe le norme.147 Per quanto riguarda la concessione della disponibilità di diritti di proprietà industriale o intellettuale, l’art. 1, primo comma, richiede inoltre, oltre ai requisiti necessari perché possa essere configurato un contratto di affiliazione, nei termini della legge, la citata concessione della disponibilità: “di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale...” 146 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europpe, CEDAM, 2004, p. 63. L’autore cita S. VACCÀ, Franchising: una disciplina in cerca di identità, in Contratto e impresa, 2004, p. 870 147 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 18. 77 In questo modo, la legge italiana caratterizza il contratto di franchising seguendo l’esempio del legislatore comunitario, con un contratto che implica nel collocare a disposizione del franchisee beni materiali di cui dispone il franchisor. Allo stesso modo è un contratto bilaterale ed oneroso, in questo senso non lascia dubbi l’inciso che prevede un corrispettivo, avendo come oggetto diritti di proprietà intellettuale relativi a: marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica o commerciale. Per quanto si riferisce all’ambito di attuazione , la legge non prevede nessuna limitazione, potendo il contratto di affiliazione commerciale essere utilizzato in qualunque settore della attività economica. I segni distintivi costituiscono il mezzo di individuazione della impresa e sono formati: la ditta. Alla legge italiana sembra, almeno nella fase prodromica, che la stipula del contratto di affiliazione commerciale offra risposte alla esigenza di tutela di colui che si trova in una posizione meno vantaggiosa, imponendo una serie di tutele finalizzate ad eliminare, o almeno a ridurre la asimmetria. In questo senso, può essere elencata la preoccupazione legislativa con i doveri pre-contrattuali di correttezza contrattuale, a cominciare dall’art. 6 che, nei primi due commi, stabilisce a carico dell’affiliante, analogamente a quanto fa il 3º comma per l’affiliato con tale obbligo generico, mettendo in risalto lo specifico obbligo di fornire, se richiesto, ogni dato o informazione ritenuta utile dal secondo al fine di una ponderata stipula del contratto, purché non oggettivamente riservata o non divulgabile se non violando i diritti di terzi. 78 2.2 Forma e contenuto del contratto La modernità si è caratterizzata come la era delle certezze, con la consacrazione degli ideali in altri tempi rivoluzionari del secolo XIX – libertà, uguaglianza e fraternità – questo sarebbe lo slogan marcando questo periodo. Si viveva ugualmente, nell’ambito della scienza giuridica la consacrazione delle aspirazioni politiche della rivoluzione francese, essendo necessario uno strumento legale per rivelare la fine dei privilegi ristretti alla nobiltà e al clero. Nasceva un nuovo figurante, - il borghese che esigeva così non solo l’ascesa economica, ma, soprattutto, il suo riconoscimento come partecipante politico nei destini della nazione. Nasce allora, dalla rivoluzione francese il code civile francese, con la pretesa di essere sistematico, unico, coerente corpo legislativo, enciclopedico nella previsione degli atti della vita, degni di meritare una tutela giuridica. Nel campo delle certezze, lo Stato si serve del positivismo già ben preparato, il Diritto dovrebbe, come scienza, approssimarsi alle scienze naturali, empiricamente dimostrabili, mentre il legislatore dovrebbe, come uno scienziato, ricercare la neutralità e la imparzialità, distanziandosi dall’oggetto della creazione, che a sua volta resterebbe immune dal soggettivismo, dalla volontà e dai vizi personali del suo creatore. In questo modo si affermavano i diritti e garanzie individuali di fronte ad uno Stato sempre più meno interventista, si assicurava la libertà, puramente formale, nella misura in cui non si può essere liberi senza opzioni, discernimento e vera capacità di scelta. Allo stesso modo, l’uguaglianza (formale) resta garantita, essendo proclamata giuridicamente: “tutti sono uguali davanti alla legge”. La fraternità, invece, questa rimase dimenticata, figurando appena come idealità illuminista. 79 La codificazione era destinata a proteggere un certo ordine sociale, eretto sotto il segnale dell’individualismo e avendo come basi di sostegno, nelle relazioni private, l’autonomia della volontà e la proprietà privata. Il legislatore non dovrebbe interferire negli obiettivi che dovrebbero essere raggiunti dall’individuo, limitandosi a garantire la stabilità delle regole del gioco, in modo che la libertà individuale, espressione della intelligenza di ognuno dei contrattanti potesse svilupparsi francamente, appropriandosi dei beni giuridici, che, una volta acquistati, non dovrebbero soffrire restrizioni esogene. 148 Così si garantiva il movimento giuridico e la proprietà privata, questa considerata come espressione della libertà e della personalità umane. In questo senso si può capire che il desiderio di essere uguale rappresentava il grande e, forse, il maggior desiderio della epoca moderna. E, effettivamente, la uguaglianza sempre è stata assicurata dalle grandi codificazioni del secolo XIX. I soggetti civili (nobili e plebei) hanno gli stessi diritti e saranno regolati da un solo Codice, una sola legge, la legge degli uguali. 149 Allo stesso modo, il principio della libertà contrattuale, o meglio, la ideologia, come ha allertato ENZO ROPPO 150 nel suo classico libro, “come colonna di sostegno di una forma di organizzazione delle relazioni sociali più progressive, contiene indiscutibili elementi di verità. Ma come è proprio di ogni ideologia, gli aggiunge elementi di dissimulazione e deturpazione della realtà: più precisamente, tace e occulta la realtà che si nasconde dietro la maschera della uguaglianza giuridica dei contrattanti, tace e occulta le funzioni reali che il regime del laissez – faire contrattuale è destinato a svolgere nell’ambito di un sistema governato dal modo di produzione capitalista, gli interessi reali che per suo mezzo continuano”. 148 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005, p. 258 149 MARQUES, Cláudia Lima. Idem 150 ROPPO, Enzo. O Contrato. Coimbra: Almedina, 1988, pg. 37 80 Attualmente, si vive quello che si è osato chiamare come postmodernità, concetto non molto ben definito, come ha affermato un seria dottrina. 151 La dottrina francese sottolinea tre attori della modernizzazione: la nazione, la impresa ed il consumatore. Afferma che nessuno dei tre attori si riduce ad una azione strumentale. La Società moderna o industriale non si riduce al trionfo del calcolo e della autorità razionale legale, “essa è frutto di imprese, essa è portata dalla coscienza nazionale, essa è sempre più trascinata dalla domanda dei consumatori”.152 Nella visione più moderna le nazioni sono definite più per una cultura che per una azione economica, “le imprese cercano tanto il lucro ed il potere, quanto la organizzazione razionale della produzione; i consumatori introducono nelle loro scelte aspetti sempre più diversi delle loro personalità, nella misura in cui il loro livello di vita gli permette di soddisfare necessità meno elementari, pertanto meno inquadrati nelle regole e statuti tradizionali. L’esplosione della idea classica della modernità, della ideologia delle luci e del progresso è stata prodotta sia dalla riscoperta di questi attori, sia dal pensiero di Nietzsche e di Freud”. 153 In questa prospettiva si afferma che la nazione, l’impresa e il consumatore corrispondono a punti cardinali di questa modernità divisa, segnalando affinché teorie e pratiche debbano essere pensate in congiunto come manifestazioni complementari della stessa crisi culturale generale, quella della modernità. 151 TOURAINE, Alain. Critica da Modernidade, Petrópolis: Vozes, 1999, p. 143 TOURAINE, Alain. Crítica da Modernidade, Petrópolis: Vozes, 1999, p. 143 153 TOURAINE, Alain. Idem 152 81 Trattando sui fondamenti teorici e filosofici del nuovo Diritto Costituzionale brasiliano, la moderna dottrina costituzionalista154 fa uno studio investigativo accennando perché ogni interpretazione dei fenomeni politici e giuridici debba essere contestualizzata in determinato momento storico, essendo la interpretazione prodotto di una epoca, involgendo “i fatti esaminati, il sistema giuridico, le circostanze dell’interprete e l’immaginario di ciascuno. La identificazione dello scenario, degli attori, delle forze materiali attuanti e della posizione del soggetto della interpretazione costituiscono quello che si denomina pre-comprensione.” In questo senso si afferma che il discorso sullo stato ha attraversato, durante il secolo XX, tre fasi distinte: la pre-modernità (o stato liberale), la modernità (o stato sociale) e la post-modernità (o stato non liberale). 155 Quanto al costituzionalismo, afferma il citato autore che si tratta di un progetto vittorioso all’inizio del millennio, ricevendo la consacrazione dalle rivoluzioni liberali, distaccandosi come la miglior proposta di limitazione del potere, rispetto ai diritti e promozione del progresso. 156 Infatti il progetto della modernità intesa come ricerca della vita civilizzata, della giustizia e della felicità non si è ancora completato e, per questa ragione, non si può proseguire in avanti parlando di post-modernità, per lo meno riguardo al Diritto Costituzionale. 157 154 BARROSO, Luís Roberto. Fundamentos Teóricos e Filosóficos do Novo Direito Constitucional brasileiro, in A Nova Interpretação Constitucional (org. Luís Roberto BARROSO), Rio de Janeiro: Renova, 2006, p. 2/3 155 BARROSO, Luís Roberto. Fundamentos Teóricos e Filosóficos do Novo Direito Constitucional brasileiro , in A Nova Interpretação Constitucional (org. Luís Roberto BARROSO), Rio de Janeiro, Renovar, 2006, p.5 156 BARROSO, Luís Roberto. Idem, p. 10 157 BARROSO, Luís Roberto. Idem. P. 11 82 D’altro lato, l’unico punto di consenso sembra essere quello relativo alla utilizzazione del prefisso “post”, volendo significare che il nostro tempo è segnato dalla successione di avvenimenti – dal post-guerra, dal periodo postrivoluzionario, post-positivismo ecc. Come detto, la uguaglianza fra tutti i soggetti di diritto è stata la base filosofica e politica della Rivoluzione Francese e del risultante più importante – il Code Civile, del 1804, della Francia. Così si costata che sia la modernità sia la post-modernità sono basate nel discorso dei diritti, la prima nel discorso dei diritti acquisiti, nella sicurezza e ordine (istituzionale) e la seconda nei diritti qualificati dalla sua origine, nel discorso dei diritti umani e fondamentali, come risultati di un obiettivo di politica legislativa di trattare ora, in maniera disuguale, quei soggetti della società considerati vulnerabili o più deboli (bambini, anziani, deficienti, lavoratori, consumatori, per esempio). 158 Nella pos-tmodernità non c’è spazio per la soddisfazione individuale con una uguaglianza puramente formale, si desidera il rispetto alla differenza, quella caratteristica personale, quel segnale distintivo che rende uno differente uno dall’altro. E l’accettazione, la promozione della differenza leva alla osservanza, da parte dello Stato e da parte dell’altro, di un effettivo rispetto alla dignità di quell’essere umano: unico, differente da tutto, per reclamare la tutela promozionale per il suo completo sviluppo. In questo universo, non è ammesso uno Stato–legislativo omesso, prescrittivo di diritti puramente negativi. Non basta la uguaglianza di possibilità astratte, di posizioni formali, è necessario l’esercizio della uguaglianza materiale e questa solamente potrà essere raggiunta con uno Stato partecipativo, promotore di politiche pubbliche che valorizzino i più deboli, i vulnerabili. Diventa pertanto imperativo, per assicurare il trattamento differenziato ai differenti, che lo Stato 158 MARQUES , Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005. p. 258 83 attui positivamente, determinando comandi legali che ristabiliscano l’equilibrio perduto. Si cambia l’ideologia dello Stato Liberale che ha dominato tutto il secolo XIX, fondata nel primato del patrimonio, nella figura dello Stato come attore partecipativo, intervenzionista. Infine, è il secolo XX marcato dalla preoccupazione dei poteri pubblici, specialmente lo Stato-legislatore, con politiche pubbliche di promozione della dignità della persona umana, con la finalità di ridurre le disuguaglianze sociali. Accompagnando questa evoluzione, la funzione del Codice Civile, di figura centrale dell’ordinamento giuridico – la costituzione dei privati, amministrando in forma ampia e illimitata le relazioni civili, conforme la sua concezione di origine francese e le posteriori grandi codificazioni che si sono succedute , un po’ alla volta perde la sua importanza, cedendo alle rapide trasformazioni sociali. Si esaurisce completamente la pretesa di pienezza enciclopedica e, il Code si mostra sempre più incapace di tutelare tutti gli atti della vita, cedendo spazio, in forma progressiva e continua, a favore di discipline legislative ogni volta sempre più concrete e specifiche – è la chiamata età delle decodificazioni, denominazione che darebbe il titolo della famosa opera di Natalino Irti. 159 Questa trasformazione attinge tutte le importanti categorie della civilistica: la proprietà, sostegno dell’antico regime, già non è più la stessa, cede a una necessaria funzionalità. Passando da un diritto assoluto, soffre limiti immanenti ed esterni, il dominus prima sovrano nei suoi confini, vede, nella funzione sociale, una barriera all’ampio esercizio degli attributi della antica proprietà. Non molto più avanti il proprietario troverà un’altra limitazione – l’abuso del diritto, così la sua attuazione deve sempre essere orientata da tali limiti inderogabili, essendo pertanto di ordine pubblica. 159 IRTI, Natalino. L’età della decodificazione, Milano: Giuffré, 1979, apud TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 7 84 Il contratto, altro importante istituto del Diritto Civile, ugualmente non è più riconosciuto come in altri tempi, prima appena ristretto alla ideologia della libertà contrattuale, documentando il suo adeguamento agli interessi ed alle esigenze della società borghese, alimentando il pensiero giuridico del novecento. Oggi, prevalendo il concetto di contratto sociale, degno di tutela non solo per l’importanza della volontà delle parti, ma anzitutto per svolgere importante funzione sociale. In questo modo, come storicamente ha fatto notare il giurista italiano,160 l’istituto del contratto si presentava, in quel periodo, sistematicamente vincolato alla proprietà. “Così, allo stesso tempo contratto e libertà di contrattare figurano come strumenti di circolazione di ricchezze e, pertanto, della proprietà, che rappresenta il suo simbolo giuridico. Il contratto assume una posizione subordinata, servile, relativamente alla proprietà, che si presenta come l’istitutobase, intorno al quale ed in funzione del quale sono ordinati tutti gli altri”. Posteriormente, per le mani dei pandettisti tedeschi, si distacca la categoria di negozio giuridico, che passa, per la sua forza di generalizzazione ed astrazione, a rappresentare un formidabile strumento ideologico, tutto in funzione degli interessi della borghesia e delle esigenze del suo grado di sviluppo. Come ha fatto notare la dottrina 161 “collocando la tonica sulla volontà privata come fonte di effetti giuridicamente rilevanti, si esaltava, evidentemente, il momento individualistico, legando così il concetto di negozio giuridico con quello di diritto soggettivo e di proprietà privata (…)”. In questa forma, tutte le relazioni economiche tra particolari erano considerate dominio esclusivo della volontà degli interessati; e operazioni di contenuto diverso, grazie alla inclusione nella categoria 160 ROPPO, Enzo. O Contrato, Coimbra: Almedina, 1988, p. 42 RODOTÀ Stefano. Il Diritto Privato nella società moderna. Bologna: Società Editrice Il Mulino, 1971, apud ROPPO, Enzo, O Contrato, Coimbra: Almedina, 1988, p. 42 161 85 di atto negoziale unica erano, anche esse, sostanzialmente ricondotte alla logica delle relazioni di mercato. Con il lungo processo di industrializzazione verificatosi nella prima metà del secolo XX, con le dottrine rivendicative e con i movimenti sociali ispirati dalle difficoltà economiche che rialimentavano l’intervento del legislatore, si verifica l’introduzione, nelle Carte politiche e nelle grandi Costituzioni del post-guerra, di principi e norme che stabiliscono doveri sociali nello sviluppo della attività economica privata. Le Costituzioni assumono compromessi per essere adempiti dal legislatore ordinario, stabilendo limiti della autonomia privata, della proprietà e del controllo dei beni162 Analizzando l’origine ed il senso storico del diritto del consumatore si nota che l’entrata di tale ente economico nei testi costituzionali, come oggetto di speciale attenzione e protezione da parte degli organi pubblici, è fatto recente e comprensibile, visto che il proprio diritto del consumatore nel suo insieme, come realizzazione di una politica pubblica è qualcosa di nuovo nella evoluzione del diritto, rimontando al 1962, anno in cui il Presidente Kennedy pubblicò il suo famoso messaggio enunciando quattro diritti fondamentali dei consumatori: il diritto alla sicurezza, il diritto alla informazione, il diritto di scelta e il diritto di essere ascoltato o consultato. 163 Mette in evidenza il giurista di San Paolo che la nascita di questa nuova politica governativa, dando origine ad un insieme sistematico di norme giuridiche, non è stato altro che la manifestazione che le regioni industrializzate del pianete avevano raggiunto, fin dall’inizio degli anni sessanta, una nuova tappa nella evoluzione economica. Fino a quel momento la preoccupazione maggiore degli 162 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 7 COMPARATO, Fábio Konder. A Proteção ao Consumidor na Constituição Brasileira de 1988, Revista de Direito Mercantil, Industrial, Econômico e Financeiro n. 80 , outubro, São Paulo: RT, p. 66/75 163 86 economisti si centrava nel risolvere le persistenti carenze che affettavano in maggior o minor grado tutte le regioni del mondo. Sul tema, aggiunge il giurista: “… All’entrare però, per la prima volta nella storia della umanità, nella era della opulenza è stato possibile cambiare l’oggetto centrale delle preoccupazioni politico-economiche; non più la mancanza di produzione, ma sì la qualità dei prodotti o delle merci distribuite nel mercato. Il consumatore, da elemento passivo e secondario nella scena economica, assumeva una funzione attiva e rilevante; nel campo politico, lui cessava di essere tutelato, per diventare una forza elettorale su cui in futuro sarebbe necessario contare…”164. Nel fare la storia sulla nascita della difesa degli interessi dei consumatori, il succitato giurista indica il grande sistematizzatore del sistema liberal-capitalista Adam Smith, come il primo a difendere specificamente gli interessi dei consumatori, al presentare le basi razionali del liberalismo, si sarebbe contrapposto alla visione di Josiah Child, che già nel secolo XVIII quando era Governatore della East Indian Company, sosteneva che l’impresario produttore doveva essere considerato unico giudice della qualità dei prodotti venduti, senza nessuna interferenza legale o del governo. 165 Tuttavia, come ha ben osservato il succitato giurista, non si può dire che gli interessi specifici del consumatore sono passati a ricevere una completa protezione, quando il liberal-capitalismo si è allargato senza frontiere, cominciando dal secolo XIX, significando l’abbandono del consumatore, soprattutto dei più poveri e ignoranti, al libero gioco degli interessi dei produttori. Di fatto, tale circostanza non è passata senza che la genialità di Marx se ne accorgesse, e che subito all’inizio della sua inestimabile opera Il Capitale, 164 165 COMPARATO ,Fábio Konder, Idem. COMPARATO, Fábio Konder, Idem 87 descrive il processo di feticismo della merce e la situazione di abbandono a cui era stato condannato il consumatore nel sistema industriale capitalista. 166 Effettivamente le esigenze della produzione e del consumo di massa, la necessità di accelerare, semplificare, uniformare la serie infinita delle relazioni tra le imprese e la massa dei consumatori determinano un processo di oggettivazione dello scambio, che tende a perdere parte dei suoi originari caratteri di volontarietà.167 Così, non si poteva più attribuire grande importanza alla volontà – che costituiva la sostanza del negozio giuridico – significando la personalizzazione dello scambio, la sua individualizzazione, il che, pertanto terminerebbe con il difficoltare tutto il movimento, le cui dimensioni, ora di massa, imponevano che si sviluppasse in modo più standardizzato e impersonale. La Costituzione del 1988 inaugura, in Brasile, un nuovo ordine giuridico, dettato da valori e principi che si impongono in forma sovrana. Si supera l’idea di semplice carta politica, il cui contenuto era destinato, appena, ai poteri pubblici, per dirigere, in forma ampia e illimitata, tutti gli spazi della vita pubblica e privata, con riflessi ogni volta più evidenti nelle relazioni interprivate. Di fatto, non si tratta più di un diploma politico, semplice carta di intenzioni del legislatore ordinario, destinata a organizzare la struttura statale e le relazioni di potere. Incorpora la costituzione brasiliana, ad esempio del modello seguito nell’Europa e negli Stati Uniti, un vasto numero di norme e principi per enunciare un nuovo concetto etico al Diritto. In questo senso, possiamo parlare di un ritorno della morale e della etica alle norme giuridiche, che non potrebbero più essere appena mandamenti o prescrizioni legali astratte e generiche, a servizio di qualunque forma di organizzazione del potere, anche se rappresentando una violazione espressa alle libertà e ai diritti individuali. 166 167 COMPARATO, Fábio Konder. Idem ROPPO, Enzo, O Contrato, Coimbra: Almedina, 1988, p. 69 88 Purtroppo, ci fu la necessità di vivere le tristi esperienze del periodo tra le guerre, per poter affermare, per mezzo dello strumento legale più forte e sovrano dello Stato – nelle grandi Costituzioni del dopoguerra – i diritti fondamentali dell’uomo. Ugualmente, si verifica una successiva interpretazione tra gli spazi pubblico e privato, la caduta della rigida separazione prima esistente tra Diritto Pubblico e Diritto Privato. Nel Brasile, con l’avvento della Costituzione democratica, ci fu, come segnalato dalla moderna civilistica, la trasposizione di principi fondamentali di diversi rami del diritto e anche “i principi fondamentali del diritto privato” sono passati al testo costituzionale. Così “i civilisti che non erano presi alla summa divisio si accorsero subito della funzione centrale che la dignità della persona umana, partendo dalla normativa costituzionale, aveva acquistato. 168 Bisogna anche mettere in evidenza il concetto filosofico politico di dignità che si può dedurre partendo dalle lezioni di Kant, riportate dalla dottrina brasiliana, specialmente del concetto di imperativo categorico. “ L’imperativo categorico è composto dalla esigenza che l’essere umano mai deve essere visto, o usato, come mezzo per attingere altre finalità, ma deve sempre essere considerato come fine a se stesso. Questo significa che tutte le norme decorrenti dalla volontà legislatrice degli uomini devono avere come finalità l’uomo, la specie umana, in quanto tale. L’imperativo categorico è allora orientato dal valore basico, assoluto, universale e incondizionato della dignità. È questa dignità che ispira la regola etica maggiore: il rispetto per l’altro. “169 168 MORAES, Maria Celina Bodin de. Princípio da Dignidade Humana in Princípios do Direito Civil Contemporâneo, Rio de Janeiro: Renovar, 2006, p. 3 169 MORAES, Maria Celina Bodin de. Idem, p. 12 89 Seguendo la nozione kantiana si esplicita che nel mondo sociale esistono due categorie di valori: il prezzo (preis) e la dignità (Würden). “ Mentre il,prezzo rappresenta un valore esteriore (di mercato) e manifesta interessi particolari, la dignità umana rappresenta un valore interiore (morale) ed è di interesse generale”. In questa linea, afferma la citata giurista che “la legislazione elaborata dalla ragion pratica, che è in vigore nel mondo sociale, deve considerare, come finalità massima, la realizzazione del valore intrinseco della dignità umana. (…)” Ricorrendo alla Filosofia Politica e alla Storia, oltre a ciò, la civilista formula importante riflessione giuridica sul tema, affermando che prima di incorporare il principio della dignità della persona umana alle costituzioni, è stato necessario riconoscere essere l’essere umano come soggetto di diritti e, così, detentore di una dignità propria basata nel diritto universale di avere diritti. 170 Questo panorama è frutto del lungo processo di industrializzazione, che si è dato nella prima metà del secolo XX, delle teorie rivendicative e dei movimenti sociali istigati dalle difficoltà economiche, originate dal minimo intervento statale e dalle libere regole del mercato, regnando assolute le leggi della offerta e della domanda. Il risultato pratico è un esercito di miserabili riuniti davanti alle fabbriche e alle grandi industrie mendicando per un impiego, con la sua “uguaglianza e libertà” pienamente assicurate. Si inizia così il fallimento del modello liberale, dello Stato minimo, diventa urgente una nuova configurazione statale, dettando politiche pubbliche destinate a minimizzare la crescente disuguaglianza sociale, assicurare i diritti fondamentali dell’uomo, rivedere le regole del mercato, tutelare coloro che sono visibilmente vulnerabili: il consumatore, il bambino, l’adolescente e l’anziano. Dalla figura astratta dell’individuo ci si volta alla necessità di tutelare la persona umana e tutti i suoi possibili centri di interesse. L’individualismo, il guardare a se 170 MORAES, Maria Celina Bodin de. Princípio da Dignidade Humana in Princípios do Direito Civil Contemporâneo, Rio de Janeiro: Renovar, 2006, p. 13 90 stessi, si rinforza con un nuovo concetto ideale di società che si vuole più giusta, libera e solidaria. 171 Come segnala la dottrina costituzionalista, la tecnica legislativa ha cominciato a utilizzare, frequentemente, lungo il secolo XX, clausole aperte o concetti indeterminati, passando a trasferire all’interprete importanti funzioni, non limitate a una funzione tecnica di conoscenza come era la interpretazione giuridica tradizionale secondo la quale il giudice solo riportava il Diritto senza alcuna funzione creatrice. Adesso il giudice passa ad esercitare una funzione chiaramente integratrice della norma, complementandola con il suo proprio giudizio. 172 In questa sequenza storica, si dà l’ascesa dei principi, “la cui carica assiologica e dimensione etica hanno conquistato, finalmente, efficacia giuridica e l’applicabilità diretta e immediata”. 173 Tali modifiche sociali si riflettono, direttamente, nel compito del Codice Civile, rappresentando, come allerta perspicacemente la dottrina civilista brasiliana, una profonda alterazione nella propria dogmatica. “Si identificano segnali di esaurimento delle categorie del diritto privato, costatandosi una rottura che può essere ben definita, conforme la ricca analisi di Túlio Ascarelli, come una crisi tra lo strumentale teorico e le forme giuridiche dell’individualismo preindustriale, da un lato, e dall’altro, la realtà economica industriale o postindustriale, che rifiutano l’individualismo. I nuovi fatti sociali danno origine a soluzioni oggettive e non più soggettive, all’esigere dal legislatore, dall’interprete e dalla dottrina, una preoccupazione con il contenuto e con le finalità delle attività svolte dal soggetto del diritto.” 174 171 MORAES, Maria Celina Bodin de. Princípio da Solidariedade, in Princípios do Direito Civil Contemporâneo, Rio de Janeiro: Renovar, 2006, p. 3 172 BARROSO, Luís Roberto. Temas de Direito Constitucional brasileiro., Tomo III, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 82 173 BARROSO, Luís Roberto, Idem 174 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 6. 91 In questo panorama, leggi speciali, stravaganti, fuori della sistematica struttura del Codice Civile sono costantemente editate rispondendo al clamore delle esigenze di tutela giuridica delle grandi trasformazioni economiche e politiche, al punto di parlarsi di orgia legiferante, per descrivere il periodo di intenso lavoro legislativo nella creazione di leggi settoriali, con l’attenzione voltata non all’individuo, astrattamente considerato, ma soprattutto, alle attività dal lui svolte e ai rischi da esse derivanti. 175 Contemporaneamente, al fallimento del modello liberale, i testi costituzionali passano, un po’ alla volta, ad assumere il posto di centralità, prima occupato dal Codice Civile, nella tutela di interessi privati. Questo cambiamento si verifica nella misura in cui le Costituzioni passano a definire principi prima con previsione tematica esclusiva nel Codice Civile e, ristretti appena all’ambito della volontà: la funzione sociale della proprietà, i limiti della attività economica, la organizzazione della famiglia, materie tipiche del diritto privato, passano ad integrare un nuovo ordine pubblico costituzionale. 176 Sulla tematica che stiamo focalizzando, la migliore dottrina fa le seguenti considerazioni: “Quanto al processo di costituzionalizzazione del diritto contrattuale, questo può essere riassunto, attorno alla sostituzione del suo centro valoriale: al posto dell’individuo e della sua volontà sovrana, si colloca la persona – la sua dignità e socialità”. 177 Tali tendenze sono state osservate da moderni giuristi brasiliani che affermano: “Il diritto contrattuale, tanto quanto qualunque altra disciplina giuridica, di diritto civile o no, ha come sua responsabilità il compito di tutelare la persona umana, nei termini che determina la Costituzione Federale.” Diventa imprescindibile la identificazione della parte vulnerabile, “ si abbandona così 175 TEPEDINI, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 6 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil. Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 7 177 MORAES, Maria Celina Bodin de. Prefácio ao livro de NEGREIROS, Teresa, Teoria dos Contratos. Novos Paradigmas, Rio de Janeiro: Renovar, 2002,pág. 3 176 92 l’idea che le parti contrattanti sono perfettamente intercambiabili e uguali, nella misura in cui, indiscriminatamente, sono soggetti di diritto, liberi e capaci”. 178 Niente è più rappresentativo di questo nuovo carattere tutelare assunto dal diritto tutelare costituzionalizzato che il sorgere, nel 1990, del nuovo Codice di Difesa del Consumatore. In altro lavoro scritto, delimitando l’esercizio della libertà dai moderni, nella prospettiva privata, così si manifestano importanti studiosi brasiliani sul tema: “La libertà dei privati è cambiata: oggi si trova circoscritta da tutti i lati, contenuta in limiti strettamente marcati dai più diversi principi, cominciando dai valori costituzionali, tra i quali in primo posto la solidarietà e la dignità umana… La volontà privata, oltre a ciò, incontra restrizioni nell’abuso del diritto, nella frode alla legge, nei principi della buonafede, della probità, così come nella funzione sociale dei contratti.” 179 Accompagnando questa intepretazione, sembra essere possibile dire che anche sotto l’ottica consumeristica è possibile identificare una preoccupazione del legislatore infracostituzionale con la prospettiva comunitaria. In questo senso, si identifica pertanto una funzione sociale in determinati contratti di consumi, tra i quali si distacca, e appena a titolo esemplificativo, l’attitudine recente della Corte Suprema brasiliana, all’ammettere l’applicazione del CDC alle istituzioni finanziarie. Allo stesso modo, si colloca sulla stessa linea la giuridicità di politiche pubbliche iniziate dalla magistratura preoccupata con la effettività dei diritti fondamentali, tra cui la garanzia e l’accesso della popolazione meno favorita, alla preservazione e manutenzione della salute, con la concessione di medicine essenziali per assicurare la preservazione del diritto alla vita. 178 MORAES, Maria Celina Bodin de. Idem. MORAES, Maria Celina Bodin de. A Função da Causa nos Contratos, in RTDC vol 21, p. 95/120, Rio de Janeiro: Padma, 2005 179 93 Su questa questione che stiamo focalizzando, una decisione del Supremo Tribunale Federale ha definito la responsabilità dello Stato in relazione alla distribuzione di medicine con la finalità di preservarsi il diritto fondamentale alla vita: COMPETENZA – AGGRAVIO DI STRUMENTO - TRANSITO DI STRAORDINARIO - Come disposto nel § 2.º dell’articolo 544 del Codice di Processo Civile, spetta al relatore proferire decisione in aggravio di strumento presentato con la finalità di arrivare al processo dello straordinario. La decisione del Collegiato avviene dopo aver azionato la norma dell’articolo 545, ugualmente del Codice di Processo Civile, in quello che è previsto aggravio innominato contro la decisione proferita. SALUTE – PROMOZIONE – MEDICINE. Il precetto dell’articolo 196 della Costituzione Federale assicura a chi ne ha bisogno, la fornitura, da parte dello Stato, delle medicine indispensabili al ristabilimento della salute, specialmente in caso di malattia contagiosa, come è la Sindrome di Immunodeficienza acquisita . (STF – AGRAG 238328.RS/1999 – Rel.Min. Marco Aurelio). AGRAVO REGIMENTAL EM AGRAVO DE INSTRUMENTO N. 238328.0 – RS – Segunda Turma (DJ 18.02.2000) – Relatore: Ministro Marco Aurélio). La questione dell’applicabilità del CDC alle istituzioni finanziarie è sorta dalla azione diretta di incostituzionalità (ADIn 2.591), che è stata proposta, ironicamente, come segnala la dottrina consumerista, 180 dalla Confederazione Nazionale del Sistema Finanziario – Consif, il 22.12.2001, allegando la incostituzionalità formale e materiale della espressione “incluso quelle di natura bancaria, finanziaria, di credito e assicurativa, costante dall’art. 3º, paragrafo 2º, della Legge 8.078/1990. “Questa “pietra” lanciata che è diventata, dopo la bella 180 MARQUES, Cláudia Lima et alii. Aplicação do Código de Defesa do Consumidor aos Bancos – ADIN 2.591, São Paulo: RT, 2006 94 decisione della ADIn 2.591 emanata dal Supremo Tribunale Federale, una “pietra fondamentale” nel nuovo diritto privato di consumo”. In quella occasione il Supremo Tribunale Federale ha affermato due importanti momenti del diritto privato: la forza normativa della Costituzione (espressione di Konrad Hesse) ed ha aperto le porte alla Drittwirkung o efficacia dei diritti fondamentali nelle relazioni private. Così , la decisione del ADIn 2.591 è stata chiara nello stabilire: “In conclusione di giudizio, il tribunale, per maggioranza, ha giudicato non procedente la richiesta formulata in azione diretta di incostituzionalità presentata dalla Confederazione Nazionale del Sistema Finanziario – Consif contro la espressione costante nel paragrafo 2.o dell’art. 3.o del Codice di Difesa del Consumatore –CDC (Legge 8.078/1990) che include, nel concetto di servizio contenuto dalle relazioni di consumo, le attività di natura bancaria, finanziaria, di credito e assicurativa (…)”. Seguendo questa direzione, è arrivata pertanto “la decisione della AdiN 2.591 allo stabilire una interpretazione coerente, avvalorativa-protettiva e armonica degli art. 5.o, XXXII, 170 e 192 della CF/1988, imponendo realmente questo nuovo ordine economico costituzionale, ordine di rispetto ai diritti dei consumatori, come un sistema di valori e principi costituzionalmente imposti (…) aprendo ugualmente un nuovo momento “per la chiamata efficacia orizzontale dei diritti fondamentali nelle relazioni private bancarie, tra consumatori banche, imprese finanziarie, di credito e assicurative nel Brasile”. 181 Parlando sul declino della libertà contrattuale nella moderna società di consumo si mette in risalto i nuovi limiti imposti al concetto del contratto. Così, la nuova nozione di offerta, ammettendosi il suo carattere vincolante in nome della sicurezza nelle relazioni contrattuali e della protezione di fiducia e principalmente, 181 MARQUES, Cláudia Lima et alii. Aplicaçãodo Código de Defesa do Consumidor aos Bancos – ADIn, São Paulo: RT, 2006 95 passa ad integrare l’offerta di tutte le informazioni (anche quelle pubblicitarie), che possano far nascere le aspettative illegittime quanto alla qualità e alla quantità del prodotto o quanto al tipo di obblighi assunti. In questo senso, di cambiamento di concetto, l’art. 30 e susseguenti del CDC. 182 Si deve osservare, d’altra parte, che la nuova normativa contrattuale limiterà la possibilità che le imprese contrattino con determinate persone in determinate situazioni, sia per rispetto ai diritti costituzionali e sia per considerare illecito l’uso del potere economico per forzare, ad esempio l’aumento dei prezzi. La nuova teoria contrattuale è impregnata di una visione conglobante della relazione che deve essere accompagnata dalla buonafede, avvalorandosi, inoltre, come elemento rilevante, il fattore temporale. In questo modo si sottolinea che: “nella formazione del vincolo, il tempo sarà considerato come alleato della razionalità e riflessione nella decisione dei consumatori. Il CDC riconosce l’importanza delle nuove tecniche di vendita, molte di esse aggressive, del marketing, e del contratto come forma di informazione del consumatore, proteggendo il suo diritto di scelta e la sua autonomia razionale, attraverso del diritto riconosciuto più forte dell’informazione (articoli 30,31, 34, 46, 48 e 54, del CDC) e un diritto di riflessione (art. 49, del CDC).” 183 In conseguenza, nella esecuzione del contratto l’elemento temporale passa ad avere valore sia per intendersi l’obbligazione come un processo che estende i suoi effetti nel tempo, con l’obiettivo di attingere una stessa finalità: la realizzazione delle aspettative legittime di ambedue le parti, sia per la valorizzazione del tempo come fattore di pressione e creatività. 182 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005, p. 269 183 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005, p. 270 96 In questa orbita si può osservare che quanto più duratura una relazione, più difficile e pregiudiziale per il consumatore la rottura unilaterale da parte del fornitore dei servizi; a titolo di esempio si può rinunciare a contratti già fatti che, a causa del protrarsi nel tempo per lunghi periodi, producono nella parte più fragile della relazione la prospettiva di continuità. Devono considerarsi in questo senso contratti con prestatori di servizi della sanità privati, che considerando il cambiamento nel calcolo attuariale e l’aumento nella sinistrosità decidessero rescindere determinate polizze di assicurazione-salute, per considerarle troppo onerose, lasciando alla propria sorte un grande numero di anziani, senza copertura dell’assistenza medico ospedaliera che non saranno assorbiti, ovviamente, dal mercato. Serve come esempio la decisione data in ricorso speciale, presentata dal Ministro Ruy Rosado de Aguiar: “Assicurazione Salute – Limite temporale di ricovero – Clausola limitativa – Redazione con distacco ---------. La Seconda Sezione ha deciso essere nulla la clausola limitativa del periodo di internazione ospedaliera dell’assicurato (art. 51 del CDC).La legge vulnera la decisione che considera valida clausola limitativa di obbligazione dello stipulante, inserita nel contratto senza distacco (art. 54 & 4.o, del CDC). Ricorso riconosciuto e disposto. (Risp. 214237/RJ, j. 02.08.2001) In questo senso la summula n. 302, del Superiore Tribunale di Giustizia proibendo il limite temporale di internamento, considerando come abusiva clausola contrattuale che disponga in questo senso. 184 Così, si riconosce una funzione sociale in questi servizi, che impedisce o mette in pericolo di nullità clausole precedentemente tenute come abituali come mettere fine a determinato vincolo, rispettando appena il binomio lucrativitàopportunità. Si impone pertanto una maggior possibilità di manutenzione del vincolo contrattuale. 184 SUMULA 302/STJ. É abusiva la clausola contrattuale dell’assicurazione sanitaria che limita il tempo di ricovero ospedaliero dell’assicurato 97 Un altro punto che merita considerazione, partendo dai paradigmi coinvolti nei contratti sviluppati da Stoffel-Munck, citato per dottrina, la buonafede (esigenza morale e sociale) e la fiducia (esigenza di fedeltà alla fede giurata e sociale). In questo secondo paradigma, quello della fiducia, non si dà importanza all’elemento soggettivo, ma si mette in rilievo il riflesso oggettivo che si relaziona nella società come un tutto (finalità economica e sociale dell’art. 187, del CDC) e la funzione sociale della clausola e del contratto (art. 421, del CC e art. 1.o, c.e 51, IV del CDC). 185 Modernamente, si parla infatti della relativizzazione della forza obbligatoria dei contratti, non volendo ciò significare il disprezzo alla volontà nella formazione delle attività giuridiche. Ai magistrati si permette un controllo di contenuto dei contratti dovendo essere integrati per la soppressione di clausole abusive e sostituite dalla norma legale suppletiva. Allo stesso modo,si osserva che l’indebolimento della forza vincolativa dei contratti si è data , probabilmente, per la accettazione della teoria della imprecisione (inciso V, dell’art. 6.º, del CDC). Si è passato, pertanto ad una visione dinamica dei contratti massificati per esigere una disciplina propria delle relazioni contrattuali complesse, fisse, di lunga durata, che per la loro specialità e indiscutibile importanza sociale passano a imporre una nuova interpretazione degli obblighi assunti. Di questa complessa gamma di doveri principali e secondari esistenti in queste relazioni contrattuali e prendendo come parametro la fiducia sorta, il principio della buonafede oggettiva passa ad essere il principio che orienta questa esegesi. È opportuno, in questa camminata, analizzare anche i così chiamati “atti di consumo per connessione o relazioni di consumo accessorie, che possono durare 185 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005. p. 274 98 nel tempo e diventare strumenti di fatica cattività dei consumatori.” 186 Seguendo questo orientamento, le relazioni di consumo possono essere classificate in: relazioni di consumo principale (per finalità di consumo) e relazioni di consumo per connessione, per cattività, per accidente (art. 17, del CDC) e incidentali (art. 29 e art. 2.o, paragrafo unico, del CDC). Non restano dubbi, pertanto, che le reti di contratti per essere nuovo mezzo di cui si utilizza il mercato per soddisfare gli interessi, resi possibili per il concatenamento e la simultaneità che i contratti consentono, mettono in operazione un fenomeno economico di molteplicità di vincoli, di contratti, di persone e di operazioni per attingere un fine economico unitario, la cui nascita si incontra nella specializzazione di compiti produttivi, nella formazione di reti di fornitori nel mercato e, eventualmente nella volontà delle parti; svolgono tali contrattazioni una funzione sociale che non si può dimenticare, ed è, pertanto, meritoria di speciale protezione e tutela. Ed evidenzia la migliore dottrina civilista brasiliana, specificando l’applicazione del nuovo Codice Civile: “ A proposito, proprio per questo l’art. 421 del Codice del 2002 esplicita che “la libertà di contrattare sarà esercitata in ragione e nei limiti della funzione sociale del contratto”. In verità, la maniera come un diritto è esercitato è anche determinante per la sua liceità (art. 1187, CC) e per la considerazione di essere degno di tutela giuridica. La ragione giuridica che garantisce la tutela risiede esattamente nel fatto che il contratto deve essere celebrato per ragioni che l’ordinamento giuridico considera ammissibili e meritevoli di tutela, di protezione.” 187 186 MARQUES, Cláudia Lima. Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: RT, 2005. p. 105 187 MORAES, Maria Celina Bodin de. A Função da Causa nos Contratos, in RTDC vol 21, p. 95/120, Rio de Janeiro:Padma, 2005 99 Nelle nazioni in cui l’elemento causale è codificato, come requisito di validità del negozio giuridico, queste ragioni giuridiche si identificano con esso; tali ragioni giuridiche però rimangono imprescindibili negli ordinamenti che non avevano previsto espressamente l’elemento perché corrispondono, in realtà, alla causa e alla finalità a cui serve l’atto di autonomia privata. In fondo, il problema centrale della causa è il problema del riconoscimento giuridico dell’atto: è il problema del perché esiste l’atto, di qual è la sua ragione (giuridica) di essere, insomma, la sua causa. 188 In questa prospettiva la dottrina sottolinea che “la principale utilità dell’ analisi dell’elemento causale è appuntata, esattamente, nel servizio che presta come mezzo di ricusa di protezione giuridica ad atti senza giustificativa o senza significato sociale.189 Così è che il negozio può avere come requisiti di validità solo la dichiarazione di volontà, l’oggetto e la forma (art. m1104 del CC 2002); ma, la causa - o la specificazione della funzione che svolge – è l’elemento che lo definisce, che gli è proprio ed unico, e che serve a differenziarlo da qualunque altro atto, tipico o atipico. È, pertanto, anche l’elemento che gli conferisce giuridicità. 190 In questa direzione la stessa interpretazione è condivisa tra l’attuale civilistica brasiliana, nel disporre che il “ricorso alla funzione deve rivelare il meccanismo dinamico di vincolatività delle strutture del diritto, in particolare dei fatti giuridici, dei centri di interesse privato e delle relazioni giuridiche, ai valori della società consacrati dall’ordinamento, partendo dal suo vertice gerarchico, il testo costituzionale”. 191 188 E. BETTI apud MORAES, Maria Celina Bodin de. A Função da Causa nos Contratos, in RTDC vol. 21, p. 95/120, Rio de Janeiro: Padma, 2005 189 ORLANDO GOMES apud MORAES\, Maria Celina Bodin de. A Função da Causa nos Contratos, in RTDC vol. 21, p.95/120, Rio de Janeiro: Padma, 2005 190 MORAES, Maria Celina Bodin de. Prefazio al libro di NEGREIROS, Teresa, Teoria dos Contratos. Novos Paradigmas, Rio de Janeiro: Renovar, 2002, p. 7 191 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 6 100 La Costituzione del 1988, anche conosciuta come la costituzione democratica e cittadina, per aver fondato e riordinato diritti e garanzie fondamentali, che erano state dimenticate da molti anni, nei più di 20 (venti) anni di dittatura militare, è stata e continua ad essere la celebrazione della pluralità, del libero pensare e delle libere scelte, sia politiche che ideologiche, religiose o sessuali. Infine, sono proibite le discriminazioni di qualunque specie, si restaura l’anello perduto tra Stato e democrazia, si riprende la partecipazione popolare nel processo politico per mezzo della consacrazione del suffragio universale. Incorpora la Magna Carta, garanzia di diritti e libertà individuali, prima ridotto riservato autonomo della sfera privata, la Costituzione tocca nell’istituto più caro al diritto civile – si tutela la proprietà urbana e rurale e si esige il compromesso da parte dei proprietari, prima titolari di un diritto nominato in altri tempi come assoluto, che sia attribuita una funzione sociale al rispettivo bene,sotto pena di essere oggetto di un processo di espropriazione, nei termini della legge. Parallelamente, lo Stato passa ad intervenire nella attività economica e finanziaria, fissando mete e obiettivi chiari da compiere, assicurando nell’art. 170, V, un nuovo ordine economico che rispetta la libera iniziativa, ma che si fonda sulla valorizzazione del lavoro umano, e che ha per finalità assicurare a tutti una esistenza degna, conforme i dettami della giustizia sociale. Elenca, ugualmente il costituente, nel suddetto dispositivo, la difesa del consumatore tra i principi generali della attività economica, al fianco della libera concorrenza, della riduzione delle disuguaglianze regionali e sociali, la proprietà privata e la sua funzione sociale – tra altre cose.192 192 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999. p.6 101 Come detto altrove, la promulgazione della Costituzione della Repubblica Federativa del Brasile del 1988 rappresenta la inaugurazione di un nuovo ordine giuridico, una rinnovazione completa della società brasiliana, rispecchiata nel più alto diploma legislativo del paese che consacra il costituzionalismo (normativo), come modello di organizzazione statale vittorioso, ad esempio di quello che era successo in Europa e negli Stati Uniti del post-guerra. Sono consacrati allo stesso modo, dal legislatore originario, i diritti dell’uomo e del cittadino, diritti fondamentali sono assicurati, la persona umana è elevata al centro dell’ordine giuridico, ed in conseguenza la sua dignità si erige come valore supremo. Cambia la società ed il diritto ne segue il passo. Nell’orbita privata, la necessità di rinnovazione è sempre più chiara, esemplificata dall’esteso numero di leggi settoriali, editate a “spron battuto”, per far fronte al nuovo Brasile. Il Codice Civile del 1916, datato dall’inizio del secolo, elaborato alla luce dei principi basici dell’illuminismo, dell’individualismo e del liberalismo, si dimostra, ogni giorno che passa, sempre più arcaico, anacronistico, incapace di accompagnare gli avanzi sociali della modernità. La Costituzione invece incorpora al suo testo valori e principi dei nostri tempi. Così, “progressivamente si è prodotto, nel Brasile, un fenomeno anteriormente verificato nella Germania, dopo la Seconda Guerra: il passaggio della Legge Fondamentale per il centro del sistema. Alla supremazia fino ad allora formale, si è aggregato un valore materiale e assiologico alla Costituzione, potenziato dall’apertura dei sistemi giuridici e dalla normatività dei suoi principi”. 193 Per questo, “la Costituzione passa ad essere non un sistema in sé – con il suo ordine, unità e armonia - ma anche un modo di vedere e interpretare tutti gli altri rami del Diritto. Questo fenomeno, identificato da alcuni autori come filtraggio 193 BARROSO, Luís Roberto. A Nova Interpretação Constitucional: Ponderação, Direitos Fundamentais e Relações Privadas, Rio de Janeiro: Renovar, 2003. p. 44 102 costituzionale, consiste in che tutto l’ordine giuridico deve essere letto e capito sotto la lente della Costituzione, in modo da realizzare i valori in essa consacrati”.194 Come emanazione della dignità umana ci si può riferire ai diritti della personalità, che conquistarono autonomia scientifica e normativa, essendo opponibili a tutti e producendo, la sua violazione, la riparazione indipendentemente dalla sua ripercussione patrimoniale. 195 In questo senso, la costituzionalità del diritto infracostituzionale, specialmente in quanto riferito al Diritto Civile, non significa solo la inclusione nella Legge Maggiore di norme proprie per regolare interessi privati, ma, soprattutto, la reinterpretazione di tutti i suoi istituti sotto l’ottica costituzionale. Così, nonostante che il Codice di Difesa del Consumatore sia stata una legge speciale posteriore al testo normativo costituzionale del 1988, questo fatto non lo esclude dal citato filtraggio costituzionale, dato che il suo fondamento di validità è tavola assiologia costituzionale. Così, se da un lato possiamo affermare la preoccupazione del legislatore costituente originario con la protezione e difesa dei consumatori al punto da elencare la sua tutela tra i diritti e fondamentali dell’art. 5º, XXXII della Costituzione Brasiliana, dall’altro non dobbiamo dimenticare che tale preoccupazione si è basata in valori superiori alla logica mercantilista, specialmente nella uguaglianza materiale, nella dignità umana e nella solidarietà. Così, come altri diplomi legislativi della sua epoca, vediamo per esempio: lo Statuto del Bambino e Adolescente, 1991, La legge degli Affitti, lo Statuto dell’Anziano, questo del 2000, posseggono in evidente somiglianza con il Codice 194 BARROSO, Luís Roberto. Idem. BARROSO, Luís Roberto. Temas de Direito Constitucional brasileiro. Tomo III, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 127. 195 103 di Difesa del Consumatore lo stesso fondamento di validità, basati nella tavola assiologia normativa costituzionale. Seguendo questo raziocinio., troviamo il principio costituzionale della uguaglianza, non quella “appena davanti alla legge”, ma il costituente del 1988 ha cercato di assicurare che il consumatore, bambini e adolescenti, anziani , locatari ecc. ricevessero da una legislazione speciale, da essere stesa in momento posteriore alla Legge Maggiore, un trattamento differenziato, privilegiato, possiamo perfino dire, ma con la dovuta parsimonia. Dare un trattamento disuguale a disuguali non significa propriamente privilegi, ma lo sforzo in assicurare la uguaglianza materiale a soggetti, ovviamente fragili, vulnerabili nelle loro relazioni: il consumatore inserito nel mercato; il bambino e l’adolescente nella Famiglia e nella Società, così come l’anziano , ed, infine, i locatari nelle loro relazioni contrattuali. Rimane pertanto chiara una preoccupazione statale con la conservazione e preservazione della dignità umana, individualmente considerata, quando si presentino con questo “status” di vulnerabilità comune a tutti loro. Come già affermato in alcuni studi sulla dignità umana,” il principio della dignità della persona umana comporta varie modalità di efficacia giuridica in fasce differenti della sua estensione”. 196 In sintesi, la dottrina brasiliana sottolinea che il denominato minimo esistenziale è composto “dalle condizioni materiali basiche per l’esistenza, corrisponde a una frazione nucleare della dignità della persona umana alla quale si deve riconoscere efficacia positiva o simmetrica. Oltre questo nucleo si ingressa nel terreno in cui si sviluppano appena altre modalità di efficacia giuridica, 196 BARCELLOS, Ana Paula de. A Eficácia Jurídica dos Princípios Constitucionais – O Princípio da Dignidade da Pessoa Humana, Rio de Janeiro: Renovar, 2002, p. 248 104 decorrenti dalla necessità di mantenersi lo spazio proprio della politica e delle decisioni maggioritarie”. 197 D’altro modo, il costituente ha imposto l’obbligo sociale di promuovere la tutela specifica di tali enti - ciò che possiamo considerare come la consacrazione del principio della solidarietà sociale, si spoglia della figura dell’io, per guardare al lato, al debole e promuovere il suo pieno sviluppo come persona umana, attraverso della prospettiva, attenti alla sua vulnerabilità, di ristabilire l’equilibrio per mezzo di tutele specifiche modellate ad attendere alle sue necessità. Così, in questa linea di pensiero un’allerta è importante: il Diritto del Consumatore, in quanto legge speciale nel nostro intendere e per le ragioni sopra fondamentale, non è gerarchicamente superiore al Codice Civile, che, ugualmente alla legge consumeristica, sono ambedue legislazione infracostituzionale e devono, in conseguenza, obbligatoriamente sottomettersi al costante processo di filtraggio costituzionale. 198 Così intendiamo che non si può affermare che il Codice di Difesa del Consumatore abbia uno status superiore allo statuto privato, solo per figurare tra i diritti fondamentali, visto che la tutela protettiva e “privilegiante” conferita ai consumatori esiste solo e nella misura della loro vulnerabilità, con la finalità pertanto di assicurare la dignità della persona umana, in quanto figuri come consumatore. La protezione dei consumatori assume pertanto “un carattere strumentale ossia, mette in funzione gli interessi patrimoniali del consumatore alla tutela della sua dignità ed ai suoi valori esistenziali.” 199 Lo sviluppo di questa maniera di pensare è stato iniziato a partire dalla migliore dottrina , dove abbiamo imparato la precisa lezione: “La protezione giuridica del consumatore, in questa prospettiva, può essere studiata solo come un 197 BARCELLOS, Ana Paula de. Idem In senso contrario: MARQUES, Cláudia Lima. Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002, São Paulo: RT, 2005 199 TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 124 198 105 momento particolare dell’ordine pubblico costituzionale, che ha per obiettivo maggiore la tutela della personalità e dei valori esistenziali”. 200 Queste considerazioni traducono la necessità di definizione dei principi costituzionali che danno forma alle relazioni di consumo, capaci di dar un nuovo senso e contenuto alla tutela del consumatore. Dimostrano d’altro lato, come il tentativo di costruirsi un microsistema di consumatori non deve essere ben accetto, sia per il pericolo, sempre più inquietante, di nuove tendenze corporativiste, sia per la incapacità di dare effettività alla protezione del consumatore in tutti i possibili interessi esistenziali, in consonanza con quanto detto dalla costituzione, anche in quelle situazioni giuridiche non coincidenti con la presenza di diritti soggettivi previsti – rectius, pre-tipificati - dal legislatore settoriale.” 201 Per la migliore dottrina italiana, dobbiamo capire che ci troviamo davanti ad un problema che non è solo di tutela o di azione, ma è, essenzialmente, un problema di “meritevolezza” di tutela con tre aspetti estremamente importanti. Il primo si riferisce alla funzionalità della situazione soggettiva patrimoniale, alla realizzazione di situazioni soggettive non patrimoniali, sotto il fondamento della esistenza, nella Costituzione, di una gerarchia chiara di valori che collocano l’”avere” come strumento per la realizzazione dell’”essere”, e non il contrario. In secondo posto, ci si affronta con la necessità di un giudizio di merito di tutela costituzionale, non solo degli atti di autonomia privata, ma anche delle attività e degli istituti come un tutto. Ed infine il professore di Camerino accentua come terzo punto l’imposizione di un lavoro di reclassificazione delle norme ordinarie alla luce della Costituzione. 202 200 TEPEDINO, Gustavo. Idem. TEPEDINO, Gustavo. Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 124 202 PERLINGIERI, Pietro. La Persona e i suoi Diritti. Problemi del Diritto Civile. Napoli: Edizioni Scientifiche, 2005, p. 49 201 106 La grande missione del giurista viene sottolineata nella elaborazione di tecniche ermeneutiche che garantiscano l’attuazione del “personalismo”. Soprattutto, individuando possibili risposte alle esigenze nuove ed allora superando il dialogo tradizionale e codicista dei diritti della personalità, focalizzando la tutela sui valori della persona come fonte – non di un numero tassativo di diritti – ma, di indefiniti diritti e doveri e, più ancora, come parametro privilegiato del giudizio di merito di tutela (meritevolezza) degli atti e delle attività. 203 In questa prospettiva, se rinnova la teoria della interpretazione, la scienza giuridica assume nuovi compiti e funzioni, servendo a interessi superiori, si progetta la necessità di ricostruire, se non di fondare, gli istituti apparentemente distanti da tal compito, mettendoli in funzione ai valori primari dell’ordinamento. Così si impone odiernamente al civilista, al giurista, una nuova forma di studio del Diritto Civile, sotto la prospettiva che tutti i suoi istituti devono essere messi in funzione del pieno sviluppo della persona umana, portata a valore e principio fondamentale dell’ordinamento giuridico, per imposizione costituzionale. Nella stessa forma, alla magistratura rimane il difficile compito di scoprire, nel quotidiano delle decisioni giudiziali dei casi concreti, della fattispecie, l’importanza della applicazione diretta della norma costituzionale, per realizzare la uguaglianza e la solidarietà tra gli uomini e mettere un freno al mercato selvaggio ed alla pura razionalità economica. La migliore dottrina italiana evidenzia “Il tema della funzionalizzazione come fenomeno, in generale, degli istituti giuridici strettamente collegato ai valori fondamentali dell’ordinamento, quindi, in primo luogo, al valore dei valori, la tutela, appunto, della persona umana”. 203 PERLINGIERI, Pietro. La Persona e i Suoi Diritti. Problemi Del Diritto Civile. Prefácio. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2005, p. XI 107 Trattandosi , poi, di iniziativa economica privata e proprietà, tali situazioni devono, nell’insegnamento del maestro di Camerino, essere relazionate al tema della tutela della persona, non nella visione ottocentista, dove la proprietà era intesa come essenziale allo sviluppo in sé della persona umana, significando che l’”avere” era in sé stesso la propria realizzazione della personalità dell’individuo, ma in un modo nuovo. 204 In questa linea, l’evoluzione dei concetti di atto giuridico e di autonomia privata diventa imprescindibile, tenendo in vista il mandamus costituzionale che sostenta i principi fondamentali dello Stato brasiliano. Il concetto della vita economica come risultato automatico della attività dei soggetti privati, e la conseguente idea che al negozio bastava assicurare la libertà, perchè si realizzasse un equilibrio ottimo di interessi. Si comincia a pensare che l’atto deve servire questa funzione, prima diretta o controllata ma ora non più automaticamente. Perché la libertà non è sufficiente perché le necessità di tutti siano soddisfatte, si passa a pensare il prodotto di questa libertà, il negozio, come strumento di realizzazione degli interessi privati e non come affermazione della libertà. 205 E così questo concetto, anche se sembra lo stesso, è frattanto differente: la sua caratteristica differenziatrice lascia di essere la libertà del soggetto, passa ad essere la funzione che disimpegna , la sua attitudine a produrre certi effetti. Cioè, l’elemento funzionale del concetto di negozio giuridico era di natura strettamente individuale – il negozio costituiva lo strumento adeguato per la realizzazione dell’interesse delle parti, essendo queste e unicamente esse i giudici di tale adeguazione – essendo la sua funzione di composizione generale e adeguata di 204 PERLINGIERI Pietro. La Personalità Umana Nell’Ordinamento Giuridico, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane 205 PRATA, Ana. A Tutela Constitucional da Autonomia Privada, Coimbra: Almedina, 1982, p. 23 108 interessi dipendenti, subordinata e puramente accessoria a quell’altra, di realizzazione di interessi individuali degli intervenienti. Le limitazioni all’ autonomia privata si collocavano, in questo contesto, come un elemento esterno, estraneo al concetto di autonomia e di negozio. Alla verificazione della non soddisfazione automatica e accessoria dell’interesse generale, per mezzo del puro esercizio della autonomia privata – e perfino della frequente inattitudine dell’atto, anche per salvaguardare in casi concreti la giustizia nella composizione intersoggettiva degli interessi - , è seguita l’idea che la funzionalizzazione del negozio deve essere affrontata non in una prospettiva globale estranea alla configurazione del concetto, ma integrata nella propria struttura concettuale. Questa ricostruzione, che si manifesta nella generalità degli ordini giuridici attuali si fonda, nella utilizzazione del concetto di interesse come elemento basico del sistema giuridico privato – “ il compito della volontà individuale rimane subordinato all’apprezzo normativo, che è legittimato per decidere quali le rappresentazioni soggettive che devono intendersi come meritorie di tutela”.206. La giuridicità dell’atto o della relazione si deduce dalla dignità dell’interesse in causa, ed il giudizio sotto questa dignità è un giudizio normativo informato da criteri sopraindividuali. La dottrina portoghese mette in risalto che la “autonomia privata e negozio giuridico sono oggi, come sempre, mezzo e strumento di composizione giuridica di interessi di natura essenzialmente privata, ma differentemente da quanto succedeva prima, non sono un mezzo e uno strumento lasciati alla esclusiva disponibilità delle parti. Allo Stato incombono doveri che deve adempiere (anche) attraverso di questo mezzo e di questo strumento”. 207 206 Francesco Lucarelli apud PRATA, Ana. A Tutela Constitucional da Autonomia Privada, Coimbra: Almedina, 1982, p. 23 207 PRATA, Ana. A Tutela Constitucional da Autonomia Privada, Coimbra: Almedina, 1982, p. 23 109 In questo senso l’autonomia privata sarebbe la manifestazione di libertà, nella soddisfazione del proprio interesse particolare. Così non avrebbe mai una natura funzionale in relazione all’interesse pubblico e nell’ambito dell’ordinamento, mentre al contrario l’interesse pubblico si pone di fatto non come oggetto, ma come limite di questa attività. 208 Come già evidenziato, “i civilisti hanno, notoriamente, una postura intellettuale di conservazione dinnanzi alla propria disciplina”. Questa postura, secondo Michele Giorgianni, è favorita, se non proprio provocata, dalla Codificazione che, cristallizzando un determinato schema di ordine giuridico, crea l’illusione della validità eterna. 209 Frattanto, è necessario riconoscere che, mentre il Codice Civile ha corrisposto alle aspirazioni di una determinata classe sociale, interessata in affermare l’eccellenza del regime capitalista di produzione, ed i cui protagonisti sono il proprietario, il marito, il contrattante ed il testante – in realtà, vestiti differenti usati dallo stesso personaggio, l’individuo borghese che voleva vedere completamente protetto il potere della propria volontà in ciò che riferiva alle situazioni di natura patrimoniale -, la Costituzione Federale, al contrario ha posto la persona umana nel centro dell’ordinamento allo stabilire, nell’art. 1, III, che la sua dignità costituisce uno dei fondamenti della Repubblica, assicurando, in questa forma, assoluta priorità alle situazioni esistenziali o extra-patrimoniali. 210 La migliore dottrina civilista brasiliana, precorritrice della Scuola di Diritto Civile Costituzionale nel Brasile, afferma che dal testo costituzionale possono essere estratti almeno quattro principi fondamentali in materia contrattuale: “1. La dignità della persona umana (art. 1º III); 2. Il valore sociale della libera iniziativa (art. 1º IV); 3. La uguaglianza sostanziale (art. 3. III); La 208 PRATA, Ana. A Tutela Constitucional da Autonomia Privada. Coimbra: Almedina, 1982, riferendosi a Luigi Ferri, p. 24 209 CAMARGO, Margarida Lacombe (Org.) 1988-1998: Uma década de Constituição, p. 116 210 CAMARGO , Margarida Lacombe (Org.). Idem 110 solidarietà sociale (art. 3º, I). I due primi sono considerati da parte del costituente come fondamenti della Repubblica. Gli ultimi sono presentati come obiettivi fondamentali della Repubblica. Tali precetti informano la principiologia delle relazioni contrattuali di consumo, introdotta dal Codice di Difesa del Consumatore in diversi articoli: a) principio della buonafede oggettiva (art. 4º, III e art. 51, IV); b) principio dell’equilibrio delle prestazioni (art. 4º, III, 51, IV e 51, § 1º, III); c) principio della vulnerabilità (art. 4.º I).” 211 Tali principi, non trovavano posto, né espressamente né implicitamente , nel Codice Civile del 1916, odiernamente “rimodellano l’attuazione della volontà individuale e levano ad effetto la funzionalità della attività economica, in modo che questa attenda ai valori sociali costituzionalmente tutelati, obbedendo ai principi della dignità della persona umana, della solidarietà sociale e della uguaglianza sostanziale, che integrano il contenuto dello Stato Sociale di Diritto delineato dallo Costituente.” 212 Il nascere della Legge n. 8.078, promulgata l’11 settembre 1990, aveva come finalità chiara quella di assicurare per mezzo di una legislazione speciale l’effettiva tutela della persona del consumatore, considerando la sua vulnerabilità, specialmente davanti agli abusi del potere economico e frequente utilizzazione di contratti di massa che, finalmente, svuotavano il leggendario equilibrio contrattuale e la appena immaginabile libera manifestazione volitiva dei contrattanti. Così, con l’intuito di venire incontro alle necessità dei consumatori, il rispetto alla sua dignità, salute e sicurezza, la protezione dei suoi interessi economici, il miglioramento della sua qualità di vita, così come la trasparenza e armonia delle relazioni di consumo” (art. 4º), il codice consumeristico si è valso di una serie di strumenti con la responsabilità oggettiva del fornitore, l’elenco non 211 212 TEPEDINO, Gustavo. Os Contratos de Consumo no Brasil. Temas, op. cit. P. 125 TEPEDINO, Gustavo. Idem 111 tassativo di clausole abusive, la disciplina di azioni collettive, la previsione espressa di diritti indisponibili del consumatore come il diritto alla adeguata informazione sul prodotto ed all’inversione del peso della prova, e così continuando, Tutti questi meccanismi hanno dichiaratamente la finalità di proteggere il consumatore, la cui vulnerabilità, riconosciuta nell’art. 4º, inciso I, condiziona l’applicazione di tutte le norme costanti da quel diploma”. 213 È opportuno risaltare la convergenza della base principiologica del Codice di Difesa del Consumatore e del Nuovo Codice Civile brasiliano, come anteriormente ha fatto notare la migliore dottrina civilista214, ad impedire la possibilità di conflitti o antinomie, rimanendo solo all’interprete del Diritto la delimitazione del campo di applicazione delle leggi riferite al caso concreto (fattispecie).215 Precedentemente, il Codice di Difesa del Consumatore, abbracciava già il principio della buona fede, consacrato, anteriormente , in forma piena da altri statuti stranieri, in particolare meritando un distacco speciale la conosciuta clausola generale di buonafede consacrata dal paragrafo 242 del Codice Civile tedesco (BGB). L’entrata in vigore della Legge n. 10.406, del 10 gennaio 2002 è venuta ad accompagnare la tendenza esistente negli statuti privati più avanzati della consacrazione attraverso della regola resa positiva dal principio per cui le parti devono osservare, tanto nella esecuzione del contratto, come nelle fasi precontrattuali e post-contrattuali, la lealtà con la controparte, estraendo dal suddetto principio, inoltre, i doveri di informazione quanto alla economia del contratto. Si nota pertanto il sorgere di una nuova forma di intendersi l’obbligo, 213 TEPEDINO, Gustavo e SCHREIBER, Anderson. A Boa –Fé Objetiva no Código de Defesa do Consumidor e no novo Código Civil in Obrigações – Estudos na Perspectiva CivilConstitucional,coord.. Gustavo Tepedino, Rio de Janeiro: Renovar, p. 31 214 TEPEDINO, Gustavo. Os Contratos de Consumo no Brasil, Temas, op.cit. p. 125. 215 112 non solo come semplice fotografia chiusa, circoscritta al momento della celebrazione dell’accordo, ma invece intesa come un processo. 216 Così, il principio della buonafede svolge una doppia funzione nelle relazioni contrattuali: delimitare l’autonomia della volontà e stabilire la funzione della ermeneutica nella relazione obbligazionista. Questo occorre nei centri di interesse tutelati dal Codice di Difesa del Consumatore, dove presenti, senza dubbio, la disuguaglianza sia economica, tecnica o giuridica tra i contrattanti, giustificando il trattamento protettore dello statuto consumeristico fondato nella vulnerabilità della persona umana nelle sue relazioni come consumatrice. Allo stesso modo, tali funzioni si accentuano presenti nel Codice Civile, statuto tutelare delle relazioni stabilite tra uguali. In questo ambito, analizzando la convergenza di principi tra il Codice di Difesa del Consumatore ed il Codice Civile del 2002, si può concludere che non c’è conflitto possibile tra i due statuti normativi, specialmente perché diversi i campi di applicazione, mentre il Codice Civile del 2002 tratta di relazioni paritarie dove si trova presente la uguaglianza, il Codice di Difesa del Consumatore, diversamente, tutela relazioni in cui una delle parti, il consumatore, si trova francamente in posizione di svantaggio in relazione al fornitore, imponendosi , in questa forma, l’intervento statale attraverso di norme, molte di ordine pubblico, perché, per mezzo di un trattamento speciale, possa realizzare la equità intesa qui usando la visione aristotelica classica di Giustizia nel caso concreto. Recentemente, è stato analizzato il problema della complessità di fonti normative, in Editoriale al 22º volume della Rivista Trimestrale di Diritto Civile, periodico che si distacca come fonte di insegnamento di autorizzata dottrina sui nuovi cammini della civilistica. In quella occasione ha messo in rilievo, citando l’attualissima decisione del Superiore Tribunale di Giustizia, per mezzo della sua 216 SILVA, Clóvis Couto e. A Obrigação como Processo, São Paulo: Bushatsky, 1976 113 4ª Turma, nel RESP 661145/ES, il cui relatore Jorge Scartezzini ha ammesso la tendenza di applicarsi, eccezionalmente, le norme dello statuto consumeristico , quando verificata, nel caso concreto, la vulnerabilità tecnica, giuridica o economica, ammettendo in questo modo una certa diminuzione di rigidezza nella interpretazione finalista. 217 Risulta dalla decisione proferita dal Superiore Tribunale di Giustizia, il riconoscimento della unità assiologia dell’ordine civile costituzionale “che si manterrà integro nella misura in cui si assicura sempre la dignità della persona umana (consumatrice o no) e la prevalenza delle relazioni esistenziali su quelle patrimoniali. E non è per caso che gli articoli 17 e 29 del Codice di Difesa del Consumatore pretendono ampliare il campo di incidenza della tutela del consumatore… 218 Da un altro lato, si prevede importante mettere insieme le regole relative ai contratti di adesione, di assicurazione, di correzione, di trasporto ecc. che ora sono disciplinate dallo statuto consumerisico e dal recente Codice Civile editato nel 2002 che devono essere interpretate sotto l’ottica della unità dell’ordinamento, superando le apparenti sovrapposizioni o contrapposizioni. Sotto tale prisma, e accentuando il criterio della vulnerabilità, come orientamento per le decisioni giudiziali, si sottolinea la inadeguatezza di parlare nella supremazia del Codice Civile sulle leggi speciali, specialmente prendendo in conto dispositivi puntuali (v.g.: art. 732), insufficienti a permettere una preminenza interpretativa sulla tutela del consumatore, considerata diritto fondamentale, clausola considerata fondamentale in materia di ordine pubblico interno (art. 5º, XXXII). Riguardo alla recente disciplina dei contratti di adesione (articoli 423 e 424) essi non sono sufficienti ad ostacolare l’accesso degli aderenti 217 TEPEDINO, Gustavo. Os Contratos de Consumo no Brasil, Temas, Rio de Janeiro: Renovar, 1999, p. 125 218 TEPEDINO, Gustavo. Editorial, p. 4RTDC abril/junho 2005, Rio de Janeiro: Padma 114 vulnerabili alla disciplina tutelare che gli è propria e affrancata dall’art. 29 del Codice di Difesa del Consumatore. 219 Infine, secondo la migliore dottrina brasiliana, “I confini interpretativi devono essere stabiliti partendo non dalla topografia delle definizioni legislative , ma dalla diversità assiologia dei beni giuridici che si pretendono tutelare. Per tutto il tempo in cui rimarrà in vigore la Costituzione della Repubblica, la promulgazione di un Codice Civile potrà solo rappresentare un aumento nei livelli di protezione alla persona umana, mai una sua riduzione.” 220 In questa linea parlando sull’argomento che stiamo commentando, gli studiosi indicano che:: “Realmente, la convergenza di principi tra il Codice di Difesa del Consumatore ed il Codice Civile del 2002 è la base della inesistenza principiologica di conflitti possibili tra le due leggi che, con uguaglianza o equità cercano armonia nelle relazioni civili in generale ed in quelle di consumo o speciali (…)”221 Analizzando, già nel 1976, la possibilità di conflitto tra tali norme, per attenta dottrina si metteva in evidenza che la evoluzione giuridica contemporanea non si è limitata appena a perfezionare le antiche istituzioni nel senso di una maggior protezione al consumatore, avendo anche originato nuove protezioni senza precedenti storici, unendo strettamente l’interesse pubblico alla attività privata. 222 Prendendo come esempio i contratti di adesione o per adesione e citando il Codice Civile italiano, più specificamente l’art. 1.370, analizza le possibilità di eventuale conflitto tra lo statuto privato e il consumeristico , per affermare: “Non si tratta, appena, di un intervento pubblico in materia di interpretazione di clausole 219 TEPEDINO, Gustavo. Idem TEPEDINO, Gustavo. Editorial, p.5 RTDC 22 abril/junho 2005, Rio de Janeiro: Padma 221 MARQUES, Cláudia Lima. – O Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002, São Paulo: RT, 2005, p. 21 222 COMPARATO, Fábio Konder. A Proteção ao Consumidor. Importante Capítulo do Direito Econômico , Rio de Janeiro: Revista Forense no. 255, p. 22. 222 220 115 contrattuali o di forme di stipulazione nei contratti di adesione o per adesione. Si sa che in questo genere di contratti le clausole dubbie sono interpretate contro chi le ha redatte. Il nuovo diritto, veramente, non si limita ad editare queste regole di interpretazione o di forme dei contratti realizzati in massa. Va oltre a questo , imponendo la inserzione di determinate clausole di protezione della parte considerata più debole, o annullando o tornando inefficaci le stipulazioni poco equitative; instaurando insomma un autentico dirigismo contrattuale.” 223 Nell’ipotesi del sorgere un conflitto tra la applicazione del Diritto del Consumatore in contrapposizione ad una norma del Diritto Civile, si deve utilizzare il principio costituzionale della difesa del consumatore che, nella visione di Fábio Konder Comparato,224 non si esaurisce nello Statuto del Consumatore una volta che, eventualmente , può succedere che la legge non sia sufficiente per una ampia e integrale applicazione del suddetto principio, potendo risolvere la questione solo il ritorno alla tavola assiologia costituzionale che consacra la norma che tuteli in modo migliore la persona umana in speciale situazione de vulnerabilità. Non si può ignorare, oltretutto, la possibilità che una determinata norma del Codice Civile sia più benefica per il consumatore che le proprie disposizioni del CDC. In questo caso, non restano dubbi, conforme la competente posizione dottrinaria di Cláudia Lima Marques riguardo all’imprescindibile dialogo di complementarietà e sussidiarietà tra tali antinomie apparenti, dovendosi poi applicare il dispositivo appartenente al Codice Civile del 2002 o una clausola generale che sarà più favorevole al consumatore. 225 223 COMPARATO, Fábio Konder. A Proteção ao Consumidor. Importante Capítulo do Direito Econômico, Rio de Janeiro: Revista Forense n. 255, 1976, p. 22 224 COMPARATO, Fábio Konder. A Proteção ao Consumidor na Constituição Brasileira de 1988. Revista de Direito Mercantil, Industrial, Econômico e Financeiro no. 80, outubro, São Paulo: RT, p. 66/75 225 MARQUES, Cláudia Lima. Três tipos de diálogos entre o Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002: superação das antinomias pelo “diálogo das fontes” in Código de Defesa 116 Di fatto, il Giudice, nel caso concreto applicherà il favor debilis espressamente permesso nell’art. 7º, del DCD, ch, e menziona anche la equità la sua ratio maggiore. Esempio paradigmatico può essere presentato di un possibile conflitto di applicabilità tra il disposto nell’art. 735, del Codice Civile, che prevede la responsabilità contrattuale del trasportatore per accidente con passeggero, non può essere esclusa per colpa di terzi, permettendo solo azione regressiva, e l’art. 14 §,II, del CDC, che prevede che il fornitore di servizi non sarà responsabilizzato quando si esonera dall’obbligo della prova quanto alla colpa esclusiva del consumatore o di terzi. La protezione contrattuale è anche trattata dallo Statuto Consumeristico , in ciò che riguarda le clausole contrattuali che, secondo l’art. 47, impone che queste devono essere interpretate in maniera più favorevole al consumatore, il che permette affermare pertanto, la applicabilità della norma più benefica. In questo modo può accadere , in determinata circostanza, che una regola specifica del Codice Civile favorisca la piena realizzazione dei valori costituzionali come per esempio: la equità delle prestazioni; interpretazione sfavorevole a chi a redatto il contratto, ecc. Analizzando con attenzione i contratti di adesione, parte della dottrina considera che , in materia di interpretazione dei succitati contratti, tre linee maestre devono essere necessariamente osservate. In primo luogo, seguendo l’orientamento dell’art. 1.570, del Codice Civile italiano, il contratto deve essere interpretato, specialmente in relazione alle clausole dubbie, contro colui che redige lo strumento. Aggiunge che tale orientamento è stato seguito nel sistema normativo patrio attraverso l’art. 423, del Codice Civile del 2002, imponendo la interpretazione più favorevole all’aderente nel caso della esistenza di clausole ambigue o contraddittorie. In secondo luogo, le clausole che fossero state do Consumidor e o Código Civil de 2002 – Convergências e Assimetrias, São Paulo: RT, 2005, p. 25/26 117 concordate individualmente devono prevalere su quelle stampate o uniformi. Finalmente sono nulle le clausole che stipulino la rinuncia anticipata dell’aderente a diritto risultante dalla natura del negozio. 226 2.3 Principio della Buonafede oggettiva Il principio della buonafede, è sempre indicato, 227 come associato principio informativo del diritto obbligazionale essendo oggetto di studi, da lungo tempo, da parte di importanti giuristi nazionali, tutto quanto facendo credere che tale motivazione sia stata portata dai venti di diritto straniero, specialmente dal BGB, che nel suo paragrafo 242 disponeva, in maniera espressa e per la prima volta, sulla clausola generale della buonafede, influenzando senza dubbio il legislatore patrio già nel 1850, al menzionare all’accennato principio nel nostro Codice Commerciale, revocato, nella sua maggior parte, dall’attuale Codice Civile. 228 La buona fede è stata oggetto della preoccupazione di variati civilisti brasiliani laddove è stata sostenuta la esistenza implicita del principio nell’art. 85 del Codice Civile brasiliano del 1916. 229 In questa linea, si afferma con base in tale investigazione bibliografica, che “ancora prima della sua formulazione nel Codice di Difesa del Consumatore, la 226 MARTINS Guilherme Magalhães. Formação dos Contratos Eletrônicos de Consumo Via Internet, Rio de Janeiro: Forense, 2003, p. 136/137 227 NEGREIROS, Teresa. Fundamentos para uma interpretação constitucional do Princípio da Boa-Fé, Rio de Janeiro: Renovar, 1998, p. 83 228 NEGREIROS, Teresa. Fundamentos para uma interpretação constitucional do Pincípio da Boa-Fé, Rio de Janeiro: Renovar, 1998, p. 84 229 NEGREIROS, Teresa. Fundamentos para uma interpretação constitucional do Princípio da Boa-Fé, Rio de Janeiro: Renovar, 1998, p. 84/87 118 buonafede soggettiva era già riconosciuta dalla comunità giuridica come un principio fondatore del diritto obbligazionale…” 230 Nonostante che questa ’affermazione sia una realtà, la verità è che il principio della buona fede, nella sua prematura configurazione nel diritto brasiliano si trovava ancora ristretto ad una visione soggettiva, preso nei legami del volontarismo del secolo diciannove, dando massima importanza alla manifestazione della volontà dei soggetti. Lungi, pertanto dal presentare i delineamenti odierni dell’istituto che assume una nuova faccia, questa oggettiva. I giuristi affermano che l’utilizzazione della clausola della buonafede nel diritto brasiliano corrispondeva alla sua quarta ricezione. La prima sarebbe avvenuta con la accoglienza dal diritto romano per mezzo delle ordinazioni; la seconda si è dovuta alla influenza del diritto francese,partendo dal Codice di Napoleone; la terza è stata dovuta alla influenza del diritto tedesco, specialmente attraverso della dottrina della Scuola di Recife e della presenza marcante di Pontes de Miranda; e la quarta con la adozione di un metodo di raziocinio proprio della Common Law. 231 Si sottolinea, anche, che nella clausola generale, sia di buonafede che di lesione, esiste una delega attribuendo al giudice il compito di elaborare il giudizio valutativo degli interessi in gioco. Allega che essa è una realtà giuridica diversa dalle altre norme (principi e regole), ed il suo contenuto solo può essere determinato nella concretezza del caso. Di fatto, non si può dimenticare che la buonafede ha le radici in un concetto filosofico romano-cristiano dei principi generali di diritto, con base nel principio del neminem laedere. Effettivamente, se è vietato il procedimento di causare male all’altro, si deve, correlatamene, agire con lealtà, cooperazione e 230 NEGREIROS, Teresa. Fundamentos para uma interpretação constitucional do Princípio da Boa-Fé, Rio de Janeiro: Renovar, 1998, p. 84 231 AGUIAR JR, Ruy Rosado de. A Boa Fé nas Relações de Consumo, São Paulo: Revista de Direito do Consumidor, RT, p. 119 mutuo rispetto. Tali doveri, traspostati per la relazione obbligatoria ci portano a credere in questa origine. La dottrina enfatizza come prima previsione moderna della buonafede oggettiva nel diritto brasiliano il mandamento legale dell’art. 4.o del Codice di Difesa del Consumatore che, nel dare disposizioni sulla Politica Nazionale delle Relazioni di Consumo, ha eretto l’accennato principio come determinante nelle pratiche consumeristiche. Ugualmente, la norma contenuta nell’art. 51 del citato diploma legale, ancora una volta, si è valsa della buonafede oggettiva, attribuendo il carattere di nullità alle obbligazioni che sarebbero incompatibili con essa. 232 Si è allora allontanato il legislatore patrio dal concetto ristretto all’aspetto soggettivo, con la entrata in vigore della legge consumeristica, come in dottrina si è indicato, abbracciando un nuovo concetto di buonafede svincolata “dalle intenzioni intime del soggetto…” La buonafede passa ad esigere comportamenti oggettivamente adeguati a standard di condotta fondati nella lealtà, onestà e collaborazione con lo scopo di attingere la economia contrattuale desiderata dalle parti. In questa prospettiva si afferma che il principio della buonafede anche se assimilando , in grande parte, la “ sua versione originale germanica” come clausola generale, stabilendo comportamenti oggettivamente adeguati alla realtà sociale, incorporato al diritto brasiliano ha assunto differenti aspetti imponendo “alle parti il dovere di collaborare mutuamente per il conseguimento dei fini ricercati con la celebrazione del contratto. Ed è stato in questo senso che il Codice di Difesa del Consumatore la ha incorporata (…)” 233 232 TEPEDINO, Gustavo. Obrigações na Perspectiva Civil-Constitucional, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 31 233 TEPEDINO, Gustavo. Obrigações na Perspectiva Civil-Constitucional, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 32 120 Questo aspetto differenziato, studiato, con profondità, dal citato giurista è stato dato a causa della costruzione giurisprudenziale che è passata a utilizzare la buonafede come “riequilibratoria” delle relazioni non paritarie. Tale funzione, come notato in altro posto, non faceva parte della genesi della clausola generale di buonafede, ma all’essere incorporata alla legislazione consumeristica, è passata ad essere letta, da giudici e tribunali, sotto l’ottica protettiva della vulnerabilità del consumatore. Segnalando i differenti livelli di buonafede prendendo come punto di riferimento il nuovo Codice Civile e il Codice di Difesa del Consumatore, è stato affermano dai civilisti “che la applicazione del principio di buonafede oggettiva nelle relazioni mercantili e societarie deve ripercuotere in modo differente da quello considerato nell’ambito consumeristico. Il campo interimpresariale non è solo paritario, nel senso che non esiste flagrante squilibrio tra le parti per essere corretto dalla attività giurisdizionale, ma è caratterizzato ancora dalla presenza di persone giuridiche che, in situazione di equilibrio economico e giuridico negoziano diritti e obbligazioni, di forma puramente patrimoniale e perfino matematico, in modo che all’acquisto di ogni diritto corrisponde un costo che , in una forma o in un’altra , termina incorporato al prezzo della operazione…” Così, concludono che “… la buonafede oggettiva non può essere applicata alla stessa maniera alle relazioni di consumo e alle relazioni mercantili o societarie, per la semplice ragione che gli standard di comportamento sono distinti…” 234 Da un lato si adduce che nella relazione contrattuale di consumo la buonafede esercita tre funzioni principali: fornisce i criteri per interpretazione di quello che è stato combinato dalle parti, per poter definire ciò che si deve 234 TEPEDINO, Gustavo. Obrigações na Perspectiva Civil-Constitucional, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 42/43 121 intendere come adempimento puntuale delle prestazioni; crea doveri secondari e annessi; limita l’esercizio di diritti. 235 Già la dottrina portoghese afferma che la concretizzazione della buonafede implica nella genesi dei doveri accessori. 236 I riferiti doveri possono essere classificati quanto al momento della loro costituzione, in doveri propri della tappa di formazione del contratto (di informazione, di segreto, di custodia); doveri della tappa della celebrazione (equivalenza delle prestazioni, chiarezza, esplicitazione) ; doveri della tappa di adempimento (dovere di reciproca cooperazione per garantire la realizzazione delle finalità del contratto; soddisfazione degli interessi del creditore); doveri posteriori alla estinzione del contratto (dovere di riserva, dovere di segreto, dovere di garanzia della fruizione del risultato del contratto. Culpa post factum finitu )237 Quanto alla natura si può parlare in doveri di protezione (per evitare danni mutui), doveri di chiarimenti (obbligazione di informarsi e di dare informazioni) e doveri di lealtà (proibendo falsità o squilibri). 238 Come è naturale in un momento di solidificazione della teoria dei principi, la buonafede, come tale, è stata la ragione di fondamento di molte sentenze, senza che, effettivamente, rimanesse imprescindibile la sua utilizzazione. Negli ultimi anni si assiste, principalmente attraverso decisioni giudiziali, ad una riscoperta dei principi e valori costituzionali, ad imporre una lettura secondo tali disposizioni della civilistica che porta, nel suo interno, una esigenza di salvaguardia dell’equilibrio contrattuale, ogni volta che questo risulta violato e 235 AGUIAR JR, Ruy Rosado de. A Boa Fé nas Relações de Consumo, São Paulo: Revista de Direito do Consumidor, RT, p. 30 236 CORDEIRO, Antonio Manuel da Rocha e Menezes. Da Boa Fé no Direito Civil, Lisboa: Almedina, 1983, p. 603 237 AGUIAR JR, Ruy Rosado de . A Boa Fé nas Relações de Consumo, São Paulo: Revista de Direito do Consumidor, RT, p. 30 238 AGUIAR JR, Ruy Rosado de. A Boa Fé nas Relações de Consumo, São Paulo: Revista de Direito do Consumidor, RT, p. 30 122 causando danno alla parte più debole della relazione. In questo senso, il giudice passa, per ragioni equitative, ad interferire e correggere il contratto secondo i valori di equilibrio e della giustizia, anche se contrari alla volontà dei contrattanti ed alla discrezionalità delle parti. 239 Nella letteratura portoghese, al parlare sul dovere di attuare secondo la buonafede, si fa notare che la legge tedesca, per il fatto di fondarsi nella codificazione di una giurisprudenza con esperienza e non in una ispirazione legislativa pubblica, dimostra il compito della buonafede nel controllo dei contenuti contrattuali , ottenuti per l’adesione a queste condizioni. 240 Come concretizzazione della buona fede si delimita l’esigenza di un equilibrio materiale tra i vantaggi ottenuti in virtù del contratto delle parti, non ammettendosi pregiudizi sproporzionati a qualunque di esse. Il dovere di attuare, d’accordo con la buona fede, implica quello di non pregiudicare, mediante condizioni negoziali generali, in modo sproporzionale, la controparte. 241 Gli studiosi che si occupano del tema, nell’esporre sulla buonafede e sull’obbligo di informare, distaccano l’importanza, sempre più accentuata, appuntata dalla attenta dottrina italiana, delle funzioni ordinatorie delle molteplici ipotesi di informazioni nelle relazioni interprivate, sottolineando che il dovere di informazione “ovvero, per meglio dire, a quelle situazioni in cui la circolazione della conoscenza costituisce oggetto di un comportamento necessitato. In tali ipotesi, il valore giuridico dell’informazione emerge con chiarezza in quanto la comunicazione della stessa rappresenta l’oggetto di un vero e proprio obbligo 239 MARUCCI, Bárbara. Equilibrio Contrattuale: un principio nella continuità in Rassegna di Diritto Civile diretta da Pietro Perlingieri, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2003, p. 220/221 240 CORDEIRO, Antonio Manuel da Rocha e Menezes. Da Boa Fé no Direito Civil, Lisboa: Almedina, 1983, p. 658 241 CORDEIRO, Antonio Manuel da Rocha e Menezes. Da Boa Fé no Direito Civil, Lisboa: Almedina, 1983, p. 658 123 giuridico, la violazione del quale comporta l’assoggettamento dell’inadempiente ad un giudizio di responsabilità.” 242 In Italia afferma, ancora, la migliore dottrina, che la buona fede deve essere utilizzata come un criterio ermeneutico nella interpretazione dei contratti, alludendo all’art. 1.366 del Codice Civile italiano che dispone che il contratto è interpretato secondo la buonafede. Adotta un criterio ermeneutico a prima vista abbastanza promissorio. Questo presuppone una alternativa tra la interpretazione condotta in modo contrario alla regola di buonafede, e la interpretazione condotta in conformità a tali regole, e opta a favore della seconda soluzione. 243 2.4 Principio dell’equilibrio delle prestazioni Il principio dell’equilibrio delle prestazioni trova il suo fondamento legale negli articoli 4.o, III, 51, IV e 51, Par. 1°., III del Codice di Difesa del Consumatore, avendo, come sottostrato, la solidarietà sociale e la uguaglianza sostanziale, ambedue costituendo obiettivi della Repubblica con la finalità di assicurare la diminuzione delle disuguaglianze sociali e regionali. In Brasile si afferma che, così come i principi della buonafede e della funzione sociale, il principio dell’equilibrio economico “porta all’ammissione speciale di due figure::la lesione e la eccessiva onerosità”. 244 La proibizione che impedisce che le prestazioni contrattuali esprimano uno squilibrio reale e 242 TARDIA, Ignazio. Buona fede ed obblighi di informazione tra responsabilità precontrattuale1 e responsabilità conrtattuale in Rassegna di Diritto Civile, diretta da Pietro Perlingieri, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2004, p. 725 243 SACCO, Rodolfo. Trattato di Diritto Civile, Il Contratto, Tomo Secondo, Torino: UTET, 2004, P. 407 244 AZEVEDO, Antonio Junqueira de. Princípios do Novo Direito Contratual e Desregulamentação do Mercado, Direito de Exclusividade nas Relações Contratuais de Fornecimento, Função Social do Contrato e Responsabilidade Aquiliana do Terceiro que Contribui para Inadimplemento Contratual in Revista dos Tribunais no. 750, São Paulo: RT, abril 1998, p. 113-120 apud Teresa NEGREIROS, contratos, op. cit. P. 155 124 ingiustificabile tra i vantaggi ottenuti da uno o l’altro dei contrattanti o, in altre parole, la proibizione in cui non si consideri il contratto nel suo profilo funzionale, costituisce espressione nel principio consacrato nell’art. 3º, III, della Costituzione, principio della uguaglianza sostanziale. 245 Come bene evidenziato246, esiste una relazione intrinseca tra il principio dell’equilibrio contrattuale ed il principio della buona fede oggettiva. È in questo senso la dottrina, al parlare sull’art, 4º del Codice di Difesa del Consumatore, per quanto riguarda la Politica Nazionale delle Relazioni di Consumo e suoi obiettivi, sottolinea che il legislatore ha optato per unire la condotta secondo la buonafede, con l’equilibrio delle posizioni del polo fornitore e del polo consumatore 247. Essa afferma focalizzando che la buona fede ha, tradizionalmente, una triplice funzione, cioè, attuare come canone ermeneutico integrativo, come fonte di doveri giuridici e come limite all’esercizio di diritti soggettivi. Sommandosi a queste funzioni si ha la funzione correttrice dello squilibrio contrattuale. In questa interpretazione “per rendere possibile il riequilibrio nella prospettiva del Codice di Difesa del Consumatore, al fornitore sono imposti, sia in conseguenza della previsione casuistica, sia in decorrenza del principio della buonafede, una serie di doveri che pretendono minimizzare lo squilibrio reale (…) Per quanto concerne le relazioni obbligatorie del consumo, il dovere di agire conforme la buonafede è previsto in forma puntualizzata per esempio negli articoli 6º, incisi III, IV, V, VI; 12, in fine; 14, in fine; 18; 20; 28; 31; 36 e Par. unico; 39; 46; e 47. Ciascuna delle norme passibili di concretizzazione attua partendo da 245 AZEVEDO, Antonio Junqueira.Idem BARLETTA, Fabiana Rodrigues. A Revisão Contratual no Código Civil e no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo: Saraiva, apud SALLES, Raquel Bellini de Oliveira, O desequilíbrio da relação obrigacional e a revisão dos contratos no Código de Defesa do Consumidor: para um cotejo com o Código Civil in TEPEDINO, Gustavo. Obrigações na Perspectiva CivilConstitucional, Rio de Janeiro: Renovar, 2005, p. 312 247 COSTA, Judith Martins. A Reconstrução do Direito Privado, São Paulo: RT, 2002, p. 646 246 125 questi testi, in uno specifico campo delle relazioni di consumo ossia la previsione di diritti basici, del regime di rischi, dei doveri di informazione e chiarimento, del regolamento della responsabilità per danni ecc.”248 La regola dell’art. 5º, V, prima parte del Codice di Difesa del Consumatore conferisce al Giudice il mandato per modificarre le clausole contrattuali che si presentino in un dato momento dell’aggiustamento contrattuale con prestazioni sproporzionate. Si tratta, specificamente, del dover di riequilibrio economico con l’accoglimento dell’istituto della lesione. 249 Gli autori condividono la stessa definizione della lesione, come “ il danno che prova una delle parti a causa di una esagerata sproporzione tra il valore tra le prestazioni interscambiate concomitantemente alla sua formazione, ed il risultato di profitto, per parte di un beneficiario di una situazione di inferiorità in cui allora si trova il pregiudicato”. 250 La lesione presuppone, di fatto, “contratto bilaterale commutativo e sinnalagmatico in cui ci sia equivalenza tra le prestazioni, verificandosi la sproporzione già nel momento della formazione del vincolo, e ciò differenzia la lesione dalla eccessiva onerosità che è superveniente alla conclusione del contratto.” 251 In questo senso la misurazione dello squilibrio deve tenere conto del vincolo obbligatorio nella sua pienezza, significando dire come parte della dottrina che il Giudice deve mettere l’attenzione per i doveri annessi al contratto e non solamente alla prestazione principale – considerando, in questo modo, l’obbligo come un processo. 252 248 COSTA, Judith Martins. A Reconstrução do Direito Privado, São Paulo: RT, 2002, p. 646 COSTA, Judith Martins. Idem. 250 COSTA, Judith Martins. Idem. 251 COSTA, Judith Martins. Idem 252 COSTA, Judith Martins. Idem 249 126 Nella prospettiva del Codice di Difesa del Consumatore, il Giudice può intervenire nella economia del contratto e modificare le prestazioni, nel caso che verifichi la presenza di clausole lesive annullandole, in vista dello ristabilimento dell’equilibrio contrattuale. L’art. 5º V, nello stabilire, specificamente, il dovere del riequilibrio economico contiene, nella sua seconda parte, un permissivo che autorizza il Giudice a revisionare il contratto quando il fatto che si origina alla sua conclusione fa diventare eccessivamente onerosa la prestazione. La dottrina civilista brasiliana formula una critica che merita una riflessione e, nel senso che la revisione contrattuale, per eccessiva onerosità, prevista nel Codice di Difesa del Consumatore, non tutela qualunque perdita, o qualunque rischio assunto nel contratto, qualunque frustrazione nel consumatore, ciò che porterebbe a non considerare affatto il principio della auto-responsabilità (anche derivante dal principio della dignità della persona umana) presumendosi in modo assoluto, che il consumatore è un infans, un minorenne irresponsabile. La professoressa di Rio Grande do Sul pensa che l’argomento debba essere riconsiderato in basi realistiche considerando gli assiomi della modernità, “quello che si tutela è il rischio straordinario, l’alea che rimane fuori del margine normale tipico del contratto, cioè quella che suppone il sacrificio tipico economico sproporzionato in relazione al corrispondente vantaggio del creditore.253 Si nota pertanto la opzione del primato della tutela delle relazioni esistenziali a detrimento di interessi puramente materiali. È la valorizzazione dell’uomo come ratio juris dell’art. 6º, V, del Codice di Difesa , condizionando l’obbligazione al raggiungimento della funzione economica sociale e la sua attuazione non può permettere grave pericolo alla sussistenza finanziaria del debitore. 253 COSTA, Judith Martins. Idem. 127 Seguendo questa linea, si può arrivare alla conclusione della imprescindibile solidarietà sociale tra i partecipanti “di un destino contrattuale comune”. La relazione di obbligatorietà impone uno sforzo di cooperazione reciproca tra le parti contrattanti, e questo elimina un sacrificio unilaterale di una parte in relazione all’altra. La norma contenuta nell’art. 6º, V, prescinde dalla imprevedibilità, nel pensiero di parte della dottrina,254 secondo la quale “la revisione del contratto fatta con atto giudiziale deve modellare il contenuto contrattuale, alla “relazione di pesi” originale perché costituisce esigenza di una solidaria distribuzione di rischi. Bisogna tenere in conto, tuttavia, un criterio oggettivo, cioè, la relazione stabilita tra il costo iniziale della prestazione davanti al beneficio rappresentato per il creditore dalla controprestazione. Se, tuttavia, la revisione fa in modo che il contratto perda il suo destino originale come regolamento oggettivo di interessi, dotato di senso e di determinata funzione economico-sociale, allora sì, in questo caso bisognerà ricorrere al rimedio estremo dello scioglimento. Si nota pertanto la opzione del primato della tutela delle relazioni esistenziali a detrimento di interessi puramente materiali. È la valorizzazione dell’uomo come ratio juris dell’art. 6º, V, del Codice di Difesa del Consumatore, condizionando l’obbligazione al raggiungimento della funzione economica sociale e la sua attuazione non può permettere grave pericolo alla sussistenza finanziaria del debitore. Seguendo questa linea, si può arrivare alla conclusione della imprescindibile solidarietà sociale tra i partecipanti “di un destino contrattuale comune”. La relazione di obbligatorietà impone uno sforzo di cooperazione reciproca tra le parti contrattanti, e questo elimina un sacrificio unilaterale di una parte in relazione all’altra. 254 COSTA, Judith Martins A Reconstrução do Direito Privado, São Paulo: RT, 2002, p. 648 128 La norma contenuta nell’art. 6º, V, prescinde dalla imprevedibilità, nel pensiero di parte della dottrina, 255 secondo la quale “la revisione del contratto fatta con atto giudiziale deve modellare il contenuto contrattuale, alla “relazione di pesi” originale perché costituisce esigenza di una solidaria distribuzione di rischi. Bisogna tenere in conto, tuttavia, un criterio oggettivo, cioè la relazione stabilita tra il costo iniziale della prestazione davanti al beneficio rappresentato per il creditore dalla controprestazione. Se, tuttavia, la revisione fa in modo che il contratto perda il suo destino originale come regolamento oggettivo di interessi, dotato di senso e di determinata funzione economico-sociale, allora sì, in questo caso bisognerà ricorrere al rimedio estremo dello scioglimento. 255 ,COSTA, Judith Martins A Reconstrução do Direito Privado, São Paulo: RT, 2002, p. 648. 129 CAPITOLO TRE 3.1 La Proibizione di abuso di dipendenza economica nel contratto di subfornitura. La applicazione ad altri contratti di distribuzione. La vocazione espansiva della proibizione di abuso di dipendenza economica nelle relazioni tra imprese. 3.1.1 Aspetti generali. Odiernamente c’è un ampio consenso sulla necessità di tutela del contrattante debole , e questo ha portato i legislatori dei più diversi campi del Diritto, alla proposizione di interventi correttivi della autonomia negoziale con l’intuito di cercare situazioni di equilibrio tra le parti contrattanti. Si è arrivati persino ad affermarsi che dentro dell’ordinamento esisterebbe un principio generale di protezione delle disposizioni di vulnerabilità contrattuali, o perfino un principio di tutela del consumatore, o dell’imprenditore debole.256 L’esistenza di un principio di protezione al contraente debole provoca il questionamento se è possibile ammettere tale tutela, anche se è assente una specifica norma legislativa, o se le norme di protezione avrebbero dei limiti in situazioni di debolezza negoziale. La tutela del contraente debole si trova presente non solo nelle leggi contemporanee, ma già da qualche tempo era stata prevista dal legislatore dal 1942, contenendo il Codice Civile numerose norme che possono essere ricondotte al principio di tutela del contraente debole. 256 Cfr. F. GALGANO. Diritto Civile e Commerciale, vol. 1, 2004, Padova, p. 135. Nello stesso senso F. PROSPERI, Subforniture industriali, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale in Rass. D.civ. 1999, p. 641. 130 Di fatto , lo sforzo in collocare in pratica questi strumenti idonei ad assicurare la tutela del contraente debole in confronto con il contrante più forte, può essere visualizzata nelle disposizioni in materia di vizio di volontà (come artt. 1427-1440 c.c.), in tema di azione generale di rescissione ( artt. 1447 e 1448 c.c.) e alle condizioni generali di contratto (artt. 1341 e 1342 c.c.). Come fa notare A .P. SCARSO, nella equivocata conoscenza della realtà e nella mancanza di libertà di autodeterminarsi sarebbe immanente una situazione di debolezza volitiva. Invece nella norma di azione generale di rescissione per lesione esiste sempre una prospettiva di tutela della posizione di debolezza negoziale in ragione della previsione tra i suoi elementi costitutivi della iniquità dello scambio negoziale e allora una diretta considerazione degli interessi economici del contraente debole.257 Tra le disposizioni contenute nel Codice Civile destinate a tutelare il contraente debole, assume significativa predominanza la disciplina dei contratti di massa la cui previsione legale si trova negli art. 1341 e 1342 del c.c., essendo la ratio di tale normativa di condizioni generali del contratto e la esigenza di eliminare qualunque abuso relazionato alla pratica dei contratti di adesione. In tutte le discipline dei vizi di volontà e nella disposizione in materia di rescissione negoziale si individuano normative di protezione del contraente debole che sarebbero espressioni di un principio positivamente stabilito nel Codice Civile e che vieterebbe l’abuso di altri in situazione di debolezza nella formazione della volontà negoziale. Già la posizione di debolezza negoziale disciplinata dalle condizioni generali del contratto sarebbe e sua volta immanente nelle adesioni ad un contratto predisposto in serie; sarebbe, allora, l’assenza di trattativa o in qualche modo la forza contrattuale della impresa contrapposta alla vulnerabilità dell’unico 257 Cfr. A. P. SCARSO, sulla c.d. disparità di potere contrattuale studio juris, cedam, Milano, 2008, p. 5. V. ROPPO. Il Contratto in Tratt. Ludica-Zatti, Milano, 2001, p. 884. 131 contraente, (utilizzatore o consumatore) a determinare una disciplina convenzionale in grado di rendere il contratto iniquo, fortemente svantaggioso per la parte vulnerabile, senza una adeguata e ragionevole contropartita.258 Sulla problematica dell’arricchimento ottenuto per mezzo di fatto ingiusto R. SACCO, indicava nel 1959, all’analizzare tal situazione, segnali di protezione del contraente debole facendo riferimento al principio di giustizia, affermandosi che lo stesso vieta l’arricchimento a tale titolo e che, pertanto, nella ricerca di equilibrio tra le parti contrattanti tale comportamento lesivo di approfittare di altri ferirebbe l’idea basica della giustizia contrattuale.259 Con precise riflessioni sulle nuove prospettive della protezione dei consumatori, G. ALPA già indicava la difficoltà di disciplinare questioni fondamentali sul tema, considerata la grande varietà, dovuta ai diversi modelli adottati negli ordinamenti nel tempo anteriore alla produzione comunitaria: “vi sono modelli che tutelano non solo il consumatore ma, più estesamente, la parte debole; modelli che recano norme speciali in singoli settori; modelli che hanno addirittura costituito la falsariga dell’azione comunitaria che ad essi si è generosamente ispirata. Ma vi sono anche modelli che ignoravano il consumatore, presente solo in una letteratura vastissima che tuttavia non aveva avuto alcuna influenza sul legislatore nazionale”.260 L’evoluzione dei diritti dei consumatori nella direzione del diritto dei cittadini incontra una barriera nella nozione restrittiva di diritto del consumatore abbracciata dal diritto comunitario. Riassumendo, come commenta G. ALPA, il 258 Cfr. U. MORELLO, Condizioni generali di contratto in dig. Disc. Priv. – sez. Civ. III, Torino 2001 (rist.), p. 335 259 CFR. R.SACCO. L’arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto, Edizioni Scientifiche Italiane, Unione Tipografica – Editrice Torinese, 1959, p. 8. Ristampa della scuola di perfezionamento in diritto civile dell’Università di Camerino a cura di Pietro Perlingeri, 1980. Alla metà della decada del settanta già indicava questo cammino F. MESSINEO. 260 Cfr. ALPA, G. Nuove Prospettive della protezione dei consumatori, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, Milano, Cedam, 2005, p. 101. 132 diritto dei consumatori continua ad essere un diritto “separato” dal diritto nazionale e un diritto di dimensione economica nel contesto del Diritto europeo.261 L’influenza del diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali ha fatto sì che la comunità introducesse regole riguardanti il diritto contrattuale per segmenti. Possiamo pensare alle informazioni pre-contrattuali al diritto di recesso, alla trasparenza del contratto, alle clausole abusive. Per la Commissione e per la Corte di Giustizia il diritto contrattuale è proveniente da un segmento di un diritto della concorrenza ed allora tende a proteggere gli interessi economici delle imprese più che gli interessi delle parti contrattanti. Nei sistemi romanistici si osserva il tentativo di rendere omogeneo un diritto di derivazione comunitaria al diritto interno, ma si evidenziano molte lacune. Già nei sistemi di modello germanico troviamo maggiori difficoltà per arrivare a questa coerenza. Le considerazioni degli studiosi262 indicano che, per essere individuate le prospettive di un diritto del consumatore, non sia voltato agli interessi economici in relazione alla parti in conflitto, ma che debba prima di tutto fondarsi sulla protezione dei diritti della persona che nella scala dei valori non possono essere nè proposti e nè equiparati ai diritti di natura economica. 3.1.2 La Dipendenza economica La dottrina civilistica da alcuni anni si dedica con più attenzione e maggior frequenza sui temi di abuso di autonomia negoziale, della tutela del contraente 261 Cfr. ALPA, G. Nuove Prospettive della protezione dei consumatori, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, Milano, Cedam, 2005, p. 102 262 Cfr. H. MICKLITZ. De la necessité d’une nouvelle Conception pour le developpement du droit de la consomattion dans la Communauté Europeene, in Melange en l’honneur de Jean CallaisAuloiy, Dalloz-Sirey, 2004, 725 ss. In G. ALPA, Nuove Prospettive della protezione dei consumatori, in La Nuova Giurisprudenza civile commentata, Milano, Cedam, 20056, p. 102. 133 debole e contratto ingiusto.263 C’è un rinnovato interesse su questi argomenti, visto che sono affrontati all’interno di una prospettiva più ampia, ossia, quella della estensione della tutela non appena all’aderente nei contratti di massa, o del consumatore, ma anche dell’imprenditore nelle relazioni commerciali. Come fatto notare da A.P. SCARSO, la normativa delle clausole vessatorie ha marcato un saldo di qualità nella tutela apprestata conforme art. 33 ss del Codice del Consumo.264 L’attenzione della dottrina è stata orientata principalmente sul regime del divieto di abuso di dipendenza economica prescritto dall’art. 9.º, legge 18 giugno 1998, n. 192, ed in particolare sulle regole che comminano la nullità delle condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. Regola questa che prevede il controllo di equità e dell’accordo degli interessi privati. 265 Ambedue le disposizioni ed i rispettivi provvedimenti normativi testimoniano l’orientamento legislativo di stigmatizzare l’abuso di posizione dominante contrattuale, e di collocare un rimedio mediante interventi correttivi alla autonomia negoziale con la finalità di stabilire l’equilibrio tra le parti nel contratto. Bisogna osservare, come fa la dottrina, che la situazione di debolezza contrattuale del consumatore disciplinata nelle normative delle clausole vessatorie come quella dell’imprenditore regolato nella legge di subfornitura, sia considerata non in ragione di parametri oggettivi, ma in funzione di uno status, come consumatore, come imprenditore.266 263 Cfr. G. DI LORENZO. Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, 2009, p. 1 264 Cfr. A. P. SCARSO, sulla c.d. disparità di potere contrattuale. Studio juris, 2008, p. 5. 265 Cfr. G. DI LORENZO. Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, 2009, p. 5. 266 Cfr. A. P. SCARSO, sulla c.d. disparità di potere contrattuale studio juris, 2008, p.5. cedam, Milano, cedam, Milano, cedam, Milano, cedam, Milano, 134 Come fa notare A. DI BIASI, il panorama dottrinario e giurisprudenziale circa il divieto di abuso di dipendenza economica è ancora incerto e oscillante. Sia per quanto dice rispetto all’inquadramento sistematico sia per quanto concerne la concreta applicazione di questo istituto; è da tutti accettato che tale normativa, dopo di aver prescritto le regole generali di proibizione di abuso di dipendenza economica da parte di una impresa in relazione ad un’altra, sanziona con nullità il patto attraverso cui si realizza tal abuso. Questa prescrizione per la prima volta fa riferimento ad una situazione di “debolezza contrattuale” ad un soggetto diverso dal consumatore, cioè, un imprenditore. Considera per questo il legislatore che situazioni di squilibrio contrattuale possano darsi fuori dei limiti consumeristici, verificandosi anche nelle relazioni tra imprese.267 Come distacca A. P. SCARSO, sembra che sia prevalente nella dottrina l’affermazione che l’abuso di dipendenza economica prescritto dall’art. 9º., legge 18 giugno 1998, n. 192, è applicabile in tutti i contratti tra gli imprenditori.268 M. BIANCA afferma che questa regola consiste in norma generale e che include il principio della buona fede nelle relazioni tra imprenditori.269 Sul tema, F. PROSPERI fa notare che l’abuso di dipendenza economica non costituisce altro che una specifica espressione di un comportamento contrario alla buona fede, affermando che nemmeno il controllo sulla congruità del contenuto contrattuale che questo comporta, sembra aver caratteristiche eccezionali, dovendo, al contrario, essere considerato come l’applicazione specifica dei principi fondamentali dell’ordinamento.270 267 Cfr. A. DI BIASE. La vocazione allargata di divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese limiti e presupposti applicativi. Rivista di diritto dell’impresa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007, p. 543. 268 Cfr. A. P. SCARSO. Abuso di dipendenza economica, e autonomia contrattuale e diritto antitrust, I parte, in Responsabilità civile e previdenza, gennaio 2008, Milano, Giuffré, p. 261. 269 Cfr. C.M. BIANCA, Il Contratto, Diritto Civile III, Giuffré, Milano, 2000, p. 405 270 Cfr. F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica – profili ricostruttivi e sistematici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 346. 135 Di fatto, afferma che la tutela della posizione della parte contrattuale debole trova solide radici nello sforzo costituzionale in favore della solidarietà e della uguaglianza sostanziale prevista negli artt. 2 e 3, comma 2, cost., che trasforma non solo in legittimi, ma in necessari gli interventi legislativi diretti a correggere queste disparità socio-economiche che impediscono alle parti di godere della stessa libertà di determinare il contenuto del contratto. Effettivamente, il contratto di subfornitura non ha, in realtà, disciplinato un nuovo contratto tipico, autonomo ed alternativo, rispetto a figure negoziali tradizionali, ma avrebbe, al contrario, configurato una specie di tipo di contratto generale dovuto al suo carattere di trasversalità. Il problema della norma di applicazione dell’art. 9º, legge 18 giugno 1998., n. 192, è stato affrontato dalla giurisprudenza, che in modo maggioritario, forse mossa dalla preoccupazione di non estendere il campo di operatività di una normativa di potenziale trasformatore, sia stata molto cautelosa e rigorosa nel considerare le disposizioni in materia di proibizione di abuso di dipendenza economica come una norma di settore applicabile pertanto solo alle relazioni di subfornitura come definite nell’art. 1 della legge n. 192/1998. Per sostenere questa tesi, sono presentate varie argomentazioni. In primo posto, la collocazione sistematica della norma inserita in una legge il cui titolo “disciplina la subfornitura nelle attività produttive” disciplina solo tale operazione. D’altro lato, una interpretazione estensiva violerebbe il principio costituzionale della libertà di contrattare espresso negli artt. 41 cost. e 1321, 1322, 1326, 137, c.c. Seguendo questa lettura, la norma sull’abuso di dipendenza economica costituirebbe parte integrante della legge n. 192/1998 e pertanto applicabile esclusivamente quando configurata la fattispecie tipica di subfornitura nel senso dell’art. 1 della stessa legge. 136 Consolidata tale posizione ha interpretato il Tribunale di Bari, nell’ord. del 2 luglio 2002 “è assolutamente contrario ai principi di ermeneutica giuridica ritenere che una norma inserita in una legge di settore che disciplina la subfornitura nelle attività produttive, abbia un effetto così dirompente da stravolgere tutti i principi in materia contrattuale, introducendo un potere così penetrante in capo al giudice, il quale può riequilibrare l’assetto del contratto”. Peraltro si aggiunge che la proibizione di abuso di dipendenza economica, se applicabile fuori della stretta regolamentazione della subfornitura, si rivelerebbe in modo assoluto come spezzando i principi di comune applicazione in materia contrattuale, conforme già determinato dalla giurisprudenza, come può essere verificato dalla ordin. 22 dicembre 2003, del Tribunale di Taranto. In altre parole, si verifica chiaramente tutta la contrarietà mostrata dalla giurisprudenza nel cammino di una normativa di forte contenuto protettivo per il soggetto debole, e che legittima in certo modo e dentro di certi limiti, un esame giudiziale sull’equilibrio normativo dello scambio negoziale in assoluto disprezzo dell’antica sentenza pacta sunt servanda.271 Seguendo una linea di pensiero diversa, analizzando la letteralità della norma che, all’individuare i soggetti protetti dalla proibizione di abuso di dipendenza economica, non parla in subfornitura e committente , locuzioni al contrario previste nell’art. 1, ma utilizzata in diversi termini di “impresa cliente o fornitrice”. Oltre a questo, c’è anche la determinazione da parte del legislatore che afferma: “l’abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare”. Deporrebbero a favore dell’ampliamento dell’ambito di applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica i lavori preparativi della legge n. 271 Cfr. R. RINALDI- F. TURITTO. L’abuso di dipendenza economica in P. SPOSATO-M. COCCIA. La disciplina del contratto di subfornitura nella legge n. 192 del 1998, p. 121. Per il citato autore una espansione della norma oltre ai limiti della subfornitura sarebbe contraria sotto gli aspetti sistematico e teleologico. 137 192/1998 che seguendo un piano di interpretazione storica risulterebbero dall’espresso riferimento alla legge tedesca in tutte le relazioni esposte dalla legge contro la limitazione della concorrenza (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschrankungen – GWB), come ugualmente all’art. 8 dell’ordinanza Francese del 1º dicembre 1986, n. 1243, nei due casi le norme non si limitano alla subfornitura, come anche la originaria collocazione della normativa della subfornitura nella legge antitrust, visto che in questa sede la norma prescinde necessariamente da qualunque riferimento al contratto in oggetto. Gli studi preparatori indicano che l’abuso di dipendenza economica dovrebbe essere incluso nella legge antitrust di n. 287, del 1990 e, pertanto, all’interno di una legge di carattere generale. Frattanto prevalse la interpretazione della autorità garante della norma della concorrenza e del mercato limitando l’ applicazione della norma alla relazione negoziale della subfornitura. L’art. 9 di fatto, lungi dal configurarsi come disposizione di carattere eccezionale, non costituisce altro che espressione dei principi generali di divieto di abuso di diritto, di correttezza, di giustizia ed equità nelle relazioni contrattuali e più genericamente di solidarietà. Considera la dottrina che è stata una caratteristica tradizionale nel concetto del diritto l’esatta corrispondenza degli effetti della volontà espressa dalle parti nell’accordo, e che di fatto le norme che assicuravano protezione al contrattante debole ebbero, tuttavia, un carattere eccezionale, perché considerate in contrasto con il principio fondamentale della uguaglianza giuridica dei contrattanti che imponeva che le parti dovrebbero essere considerate ugualmente libere per regolare la sorte dei loro propri interessi.272 272 Cfr. F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economia – profili ricostruttivi e sistematici, Edizioni Scientifiche italiane, Napoli, 2002, p. 640. 138 Tale prospettiva, come afferma F. PROSPERI, si dimostra fragile e discutibile, principalmente per non prendere in considerazione la incidenza sull’istituto del contratto dei principi costituzionali. Nonostante ciò si incontra del tutto smentita nella introduzione del Codice che sotto il titolo 2, espressamente dedicato ai contratti in generale, tratta della disciplina dei contratti del consumatore, che si dedica a garantire una tutela generale al consumatore e pertanto applicabile a tutti i contratti di adesione conclusi dal consumatore di questa natura. Così, la legge di subfornitura deve essere interpretata considerando la esigenza di operare in modo impositivo a favore del contrattante debole. Questa specie di tutela è espressione di un principio generale che sembra caratterizzare grande parte della legislazione privatista di origine comunitaria. Occorre, poi, con la citata legge una previsione di carattere generale destinata ad operare oltre all’ambito specifico delle relazioni di subfornitura, proibendo il divieto di dipendenza economica in tutti i rapporti tra imprese al sanzionare con nullità il patto in cui si dà tale abuso. Si tratta di una norma particolarmente importante, potenzialmente suscettibile di incidere profondamente sulla disciplina del contratto in generale, dato che con essa, per la prima volta, si afferma in modo espresso, che l’obiettivo dello squilibrio delle relazioni contrattuali, cioè la semplice ingiustizia delle ragioni di scambio, è sufficiente a determinare la invalidità del contratto, prescindendo da qualsiasi altra considerazione relativa alla integrità del consenso e alla capacità di agire dei contrattanti.273 Effettivamente, si deve allora parlare di una profonda revisione del compito e della funzione tradizionalmente assicurata alla nozione di autonomia privata, che non possono essere considerati un valore in se stesso, dovendo il suo 273 Cfr. F. PROSPERI. Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza econômica – profili ricostruttivi e sistematici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 642.. 139 esercizio come qualunque altro comportamento rilevante adeguarsi in concreto alle scelte sostanziali che caratterizzano l’ordinamento, 274 specialmente con la crescente normativa direttamente derivata dall’ordinamento comunitario che dà enfasi alla tutela dei soggetti considerati socialmente deboli, e il risorgere dei principi generali come il divieto di dipendenza economica basato in valori costituzionali. Riflettendo sulla autonomia privata e sull’equilibrio contrattuale, F. BENATTI indica la esistenza di varie interpretazioni. Attualmente assicura che sono due le tesi che prevalgono sulla applicazione della equità; la prima intende che l’equità è un insieme di norme oggettive preesistenti alla discussione, che si differenziano da quelle positivate appena dalla fonte. Le positive sono emanate dalla cultura sociale del tempo. Per l’altra tesi, si richiama come sostegno la storia ed il diritto comparato, essendo la equità applicabile nel riempimento delle lacune lasciate dal legislatore, correggendo le omissioni dovute al fatto con cui lo stesso si sia espresso in termini parziali. Per questa corrente, la equità non si contrappone al diritto. Tra i due concetti esiste una relazione di continuità. L’ equità ha una funzione correttiva.275 Riprendendo la classica classificazione di Ralph Newman, G. ALPA276 ha catalogato i seguenti principi di equità: “ principi basati sul precetto di onestà (ad esempio: i diritti devono essere fondati sulla sostanza e non sulla forma); principi basati sul principio di buona fede (ad esempio: sono protette le aspettative ragionevoli in ordine alla condotta di altri; la legge non tutela le persone senza scrupoli che intendono realizzare ad ogni costo i loro progetti); principi basati sul 274 Cfr. P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Edizioni Scientifiche Italiane , Napoli, 1991, p. 134 ss. 275 Cfr. F. BENATTI, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 179. 276 Cfr. G. ALPA, L’arte di giudicare, Bari, 1996, p. 169 ss. In F. BENATTI, arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 180. 140 precetto di generosità (ad esempio: mitigazione del danno); principi basati sull’onestà e sulla generosità (ad esempio: modificazione degli effetti del contratto in caso di difficoltà o di difetto di controprestazione; i benefici ottenuti a seguito di sinistri o di errori debbono essere soppressi o restituiti a coloro che sono maggiormente legittimati ad acquisirli).” Tali principi sono espressi come terminologia diversa nell’ordinamento italiano essendo articolata la equità nei principi della buona fede, nell’uso onesto del commercio, nella ragionevolezza, nella efficienza. Nel diritto positivo sono inserite numerose norme che applicano l’equità (cfr. gli artt. 1362-1366, 1364, 1460, comma 2, 1526, c.c.). Frequentemente il diritto applicato ha creato una norma che è emanata dalla uguaglianza, per esempio nell’art. 1181, c.c. che stabilisce che il creditore può rifiutare l’adempimento parziale, anche nel caso in cui la prestazione fosse divisibile. Questa disposizione è considerata corretta nella misura in cui la ricusa illegittima e contraria la buona fede. Si afferma inoltre che la clausola risolutiva espressa opera indipendentemente dalla gravità dell’inadempienza, questo perché il potere di risolvere il contratto per forza dell’art. 1446, c.c. è soggetto alla regola della buona fede, ugualmente come esercizio di qualunque potere giuridico. L’opinione diffusa nell’ordinamento italiano, adduce la mancanza di un principio generale diretto che garantisca la giustizia dello scambio e non intacchi la intrinseca giustizia del contenuto del contratto.277 L’ordinamento giuridico interviene solo per controllare il quadro esterno delle circostanze la cui scelta o decisioni sono state assunte e devono essere 277 ROPPO, voce contratto, in Dig. Disc. Priov. – Dez Civ. Torino, 1989, p. 135 in F. BENATTI, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 183. 141 esecutate e, per questo, la tutela è solo formale sulla correttezza della modalità esterna nella quale lo scambio è deciso e realizzato. I rimedi per correggere lo svolgersi delle operazioni economiche dei contrattanti sono rappresentati da norme sulla incapacità naturale (art. 428, c.c.), sui vizi di volontà, sulle azioni di rescissione (artt. 1447, 1448, c.c.) e da eccessiva onerosità (art. 1467, c.c.). Si aggiunga anche l’istituto del presupposto .278 Questa posizione sembra anche confermata dall’art. 1469-ter, comma 2, in tema di clausola abusiva che dispone: “ la valutazione della clausole vessatorie non attiene… all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”. L’economia di mercato esige che i rischi non possano essere distribuiti di forma contraria al modo pattuito, esigendosi certezza e stabilità delle relazioni, comporta il libero gioco della equivalenza, che è rappresentata dal punto di incontro degli interessi opposti dei contrattanti, che non può essere alterata se non in presenza di circostanze eccezionali e abnormi per l’intervento del giudice. Questo orientamento è accettato dai pratici, dalla dottrina prevalente e dalla giurisprudenza, anche se, attualmente, passa per una revisione che coglie frutti nella recente letteratura, sintomi che portano a una modifica del concetto tradizionale di scambio.279 Per quanto si riferisce al contratto dei contrattanti nel periodo delle trattative, e che incide nella conclusione del contratto, ha valore indiscutibilmente il principio della buona fede ex. 1337, c.c., che stabilisce i limiti in cui la scorrettezza di un contrattante fondamenta un’azione di responsabilità dell’altro 278 F. BENATT, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 184. Fuori di queste opzioni non esistono altre forme idonee ad assicurare la giutizia del contratto per quanto si riferisce ai valori economici. 279 F. BENATTI. Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 184. 142 contrattante vittima di slealtà e di disonestà. Bisogna evidenziare che è importante delimitare ciò che la parte deve comunicare all’altra in ragione della buona fede. La frequente affermazione che l’obbligo di comunicare sia determinato dalla qualità delle parti, dalla natura del contratto, dall’oggetto delle prestazioni, dalla complessa situazione in cui si è fatta la stipula dell’accordo, sono affermative generiche. La stessa osservazione deve venire incontro a ciò che dice relazione alla disparità di imposizioni economiche, molte volte denominate come rilevante disparità e ancora la nozione vaga e troppo utilizzata di contraente debole e consumatore.280 Tutto questo deve essere delimitato dal concetto di essenzialità delle informazioni, dovendo escludere la situazione del mercato, la convenienza del negozio ed i fini speculativi. Non si può disprezzare, inoltre, la considerazione del costo delle informazioni. Le informazioni sono costose e la correttezza non impone altruismo.281 3.2 La teoria dell’abuso e la nullità di protezione nei contratti. Contemporaneamente si discute sulla configurazione della nullità nel così chiamato nuovo diritto dei contratti in generale e specialmente nei contrati del consumatore. La differenza della nullità codicista generale si riferisce a elementi o requisiti dell’atto, o alla contrarietà di questo o di quell’atto nella sua totalità a norme imperative di ordine pubblico o di buon costume ( art. 1343, ss. e 1418). 280 F. BENATTI, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 187 281 F. BENATTI, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002, p. 187. 143 La nuova nullità, al contrario è determinata dall’esercizio non approvato della libertà contrattuale. Dipende pertanto non direttamente dall’atto, ma dall’atto posto nel contesto abusivo proprio del settore contrattuale di riferimento e della verifica sull’esercizio della libertà contrattuale della impresa sviluppata in questo contesto.282 3.3 Il problema del contratto giusto e della verificazione del contratto analizzato sotto l’esercizio della libertà contrattuale. Analizzando lo scenario complesso dell’ordinamento si avverte che la crisi dei discorsi legittimati dalla prassi moderna sono denunciati da tutte le varianti teoriche del postmodernismo, facendo rifiorire nel dibattito pubblico tanto filosofico economico quanto giuridico, lo sconfortante tema della giustizia e di ciò che si intende come decisione etica. Attualmente, per quanto si riferisce alla fenomenologia giuridica, le riflessioni sono specialmente intensificate sull’istituto del contratto, moltiplicandosi smisuratamente. Afferma F. DI MARZIO che è il tramonto del sole del diritto formale borghese e del giuspositivismo classico “il venire meno delle vecchie idee sulla libertà contrattuale come astratta liceità di azione e manovra economica…”283 Il riferito autore introduce, nel dibattito, la proposta teorica di J. HABERMA, R. ALEXY e J. RAWLS284 accennando al fatto per cui l’idea di giustizia nel contratto sempre ha considerato l’accordo artificiale degli interessi 282 F. DI MARZIO, teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Studi In onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 861. 283 F. DI MARZIO, Teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 863. 284 F. DI MARZIO, Teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 864. 144 ottenuti dalle parti, e che aveva come risposta l’idea diffusa secondo cui il migliore arbitro dei propri interessi sarebbe qualsiasi di noi, il che presupponeva l’attivazione del dialogo e della negoziazione. La scelta possibile di un accordo di interessi è allora un accordo su uno schema di regolamento per ottenere l’esito della trattativa. Secondo il modello della etica procedimentale ciò che porta alla giustizia del contratto è assicurata dalla parità delle parti nella conduzioni delle trattative. La comune soggezione alle necessità e alla condivisione delle aspettative e dei desideri. In sintesi, la condizione dialogante “di conflittuale cooperazione” in cui tali soggetti sono equiparati dalla legge. Questa condizione originaria del mutuo riconoscimento della soggettività dialogante è allora della affermazione che precede il contratto della dignità reciprocamente riconosciuta dalle parti. Tutto questo apparato, come indica F. DI MARZIO, cessa con l’arrivo dei contratti in serie che decretano la fine del dialogo negoziante. Si tratta, secondo l’autore, di una vera e propria rivoluzione copernicana.285 La libertà contrattuale degli aderenti è pregiudicata non solo dal punto di vista dell’ampia gamma di opportunità che offriva il contratto negoziato per una riduzione nel contratto predisposto solo alla adesione, ma anche dal punto di vista delle condizioni procedimentali per attingere il risultato, una volta che l’accordo degli interessi può anche soddisfare l’aderente , ma rimane ineludibile che ci sia stata la sua contribuzione nella sua composizione. Il contratto non negoziato è autorizzato dal diritto positivo producendo la esigenza di un controllo sostanziale. Solo questo diventa capace di rispondere alle aspettative della economia e del mercato in un accordo efficiente degli interessi nei contratti utilizzati dalle imprese nel mercato. 285 F. DI MARZIO, Teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Studi in onore di Ni9colo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 864. J. HABERMAS, Faktizitat und Geltung, p. 262. 145 Sembra, allora, che la nuova struttura dell’ordinamento, ampiamente espressa nell’ambito giuridico economico nelle regole del mercato concorrenziale, determina l’approssimazione delle regole sul contenuto del contratto con le regole sulla formazione del contratto, come chiaramente dimostra la innovativa disciplina di clausole abusive. A questa approssimazione risulterebbe una scelta positiva giustificata nella sua razionalità dalla tecnica di nullità, di fatto fondata sulla verificazione del contenuto del contratto, molto più che dalla inefficacia. Non differentemente, una nitida trasformazione della prospettiva con relazione al giudizio di nullità, il controllo sul contenuto non focalizza il contratto ma presuppone il controllo sulla attività che lo forma. Dal controllo dell’atto deriva certamente il controllo della attività che lo forma. Nella terminologia e nella logica della teoria dell’abuso, dal giudizio astratto sul contratto si arriva al giudizio concreto sull’esercizio della libertà contrattuale che traspare dall’esame dell’atto nel contesto rilevante in cui fu fatto. Da questo esercizio si indaga la estensione perché si possa giudicare la sua ragionevolezza in relazione all’atto. Così, su altro piano si può analizzare la razionalità del contratto in relazione al mercato. Nel cambiamento del paradigma la negativa dell’abuso che si fondava nella autonomia della volontà passa ad essere, nei contratti di adesione, il fondamento che rende possibile utilizzare la teoria dell’abuso nella difesa della propria autonomia. 146 3.4 La proibizione dell’abuso di dipendenza economica e il franchising La etica sta conquistando spazi sempre più ampi nell’ambito delle relazioni economiche e anche delle regolamentazioni giuridici. La rigida distinzione tra la sfera giuridica e la sfera morale che distinse tutto il pensiero giuridico moderno partendo dalle prime distinzioni di Tommaso d’Aquino e dalle riflessioni kantiane contenute nella metafisica dei costumi sembra superata.286 Gli studi giuridici stanno conoscendo una autentica svolta . La realtà è che tra gli economisti è diffusa la convinzione che non tutti i comportamenti umani sono riconducibili a scelte razionali e neanche tutte le motivazioni di tali comportamenti sono ispirate in incentivi monetari. Nuove ricerche sia nel campo della economia cognitiva sia nel campo della economia sperimentale mostrano aperture sempre più insistenti nel rivisitare l’etica nel presupposto di che sul comportamento umano dipenda da una molteplicità di fattori, anche etici, e che generalmente le determinazioni assunte in ambito economico non possono sistematicamente prescindere da una valutazione assiologica. L’Etica appare come l’unica fonte idonea e plausibile per proporre codici di valori comuni, decaloghi di pratiche condivise, complesso di regole che non si esauriscono appena nella logica delle relazioni di forza e di compromessi di potere, dei deficienti programmi di coordinamento e di coerenti quadri di regolamentazioni. Nell’aspetto giuridico fa notare G. CONTE che la Etica si spande inizialmente per mezzo della così detta soft law, ma anche per mezzo delle 286 Cfr. G. CONTE, Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività di impresa in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 488. 147 tradizionali fonti rigide.287 D’altro lato le fonti legislative anche esigono regole etiche di comportamento per introdurre una più efficace regolamentazione giuridica dei fenomeni specialmente complessi. Anche il legislatore comunitario si è già occupato, tempo addietro, con la Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali, ricevuta in Italia attraverso il decreto legge n. 146/2007, di incentivare l’adozione da parte degli operatori economici di codici di comportamento, invitando le organizzazioni di settore a promuovere la diffusione di pratiche considerate corrette, sul piano etico, integrative della disciplina legislativa. Rimane importante mettere in evidenza che i valori applicati ai contratti devono essere legittimati sotto la prospettiva delle regole giuridiche, come afferma A. FALZEA, anche nel caso in cui il suo contenuto normativo non sia originale totalmente o parzialmente, ma ritirato da un altro sistema culturale, l’aggettivazione della generalità per la variante terminologica della clausola evidenza la funzione dello standard operando per settori normativi e non in funzione di una singola norma.288 L’analisi rivela prima di tutto che l’oggetto della valutazione , per esempio, in termini di correttezza, di gravità o di buona fede è sempre ed esclusivamente un comportamento che si inquadra in una situazione sociale oggetto di interesse, giacché, per conto suo, possiede una autonoma valorizzazione giuridica. Per esempio, “le trattative precontrattuali, l’agire in 287 Cfr. G. CONTE, Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività di impresa in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo I, Milano, 2008, p. 493. Una parte più significativa delle regolamentazioni delle attività delle imprese è, in qualche modo, affidata a codici etici e di autoregolamentazione che vengono adottati spontaneamente dalle imprese e cercano di focalizzare la introduzione di standard di condotta influenzati da valori etici e sociali. 288 Cfr. A. FALZEA, Il controllo di legittimità sull’impiego degli standard valutativi in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo I, Milano, 2008, p. 894. 148 pendenza della condizione, l’esecuzione del contratto, il possesso dei beni ereditari “.289 3.5 Asimmetria di poteri contrattuali Nella categoria dei contratti di impresa. C. SCOGNAMIGLIO, traduce l’influenza della nuova prospettiva dei contratti trasportando la tutela della parte per la tutela del contenuto del contratto per mezzo del sorgere di norme imperative nell’ordinamento o anche di posizioni di diritti ed obblighi accessori inerenti al contratto. In particolare quella relativa al recesso e di informazione, abbandonando definitivamente il tentativo di proteggere l’autonomia dei contrattanti nella concreta manifestazione di volontà.290 Contemporaneamente sorge il dibattito circa la classificazione come una nuova categoria contrattuale delle contrattazioni tra imprese in contesto di asimmetria di poteri essendo così denominato di terzo contratto, come direbbero gli autori come G. D’AMICO, di un’area inserita perfettamente nel nuovo diritto dei contratti che, in materia di relazione tra imprese ha dato grande importanza alla situazione di debolezza di uno dei contrattanti,sanzionando l’abuso di uno dei contrattanti, e ricorrendo a tecniche rimediali notevolmente distinte da quelle del modello contrattuale classico.291 In questo senso, il riferimento a leggi come quella n. 192/1998 sulla subfornitura, specialmente l’art. 9 che delinea la ben conosciuta fattispecie di 289 Cfr. A. FALZEA, Il Controllo di legittimità sull’impiego degli standard valutativi in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo I, Milano, 2008, p. 895. 290 Cfr. C. SCOGNAMIGLIO, Contratti d’impresa e volontà delle parti contraenti in studi in onore di Cesare Massimo Bianca, Giuffrè, Milano, Tomo III, 2006, p. 853. 291 Cfr. G. D’AMICO, Il c.d. terzo contratto: la formazione in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffrè , Tomo I, Milano, 2008, p. 676. 149 abuso di dipendenza economica, o anche il d.lgs n. 231/2002 sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali o più recentemente la legge n. 109/2004 sul franchising. Alludendo al fenomeno del cambiamento della teoria dei contratti, F. MACARI conferma come il dibattito sulle fonti, uno dei punti fondamentali di analisi dei giuristi debba arricchirsi con il problema della disciplina eclettica e complessa degli atti di autonomia provata, anche in considerazione degli interessi antagonici o forse anche soltanto estranei rispetto all’idea di efficienza del mercato.292 In un momento in cui la garanzia dei beni esclusivi, disciplinati da indici economici, finisce per incidere quasi inevitabilmente sulla tutela dei beni i fino al punto di attaccare perfino la dignità delle persone, la clausola della equità, correttezza e buona fede costituiscono la inevitabile finalità di ricuperare all’interno del contratto una funzione riequilibrante non solo delle posizioni dei contrattanti tra di sé, ma anche della relazione unitariamente compresa con rispetto alle modalità di funzionamento del settore economico in cui il contratto si colloca, ed in questo contesto che si deve svolgersi anche il dibattito sulla giustizia contrattuale.293 I mercati di scambi di massa sono estranei alla disciplina delle relazioni civili e non condividono nulla con il principio della autonomia, afferma M. ORLANDI,294 e che fuori della protezione della norma attributiva dei poteri autonomi si sottomettono a fonti disciplinatrici eteronomiche di livello 292 Cfe. F. MACARIO, Ideologia e dogmatica nella civilistica degli anni settanta. Il dibattito su autonomia privata e libertà contrattuale in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo II, Milano, 2008, p. 1573. 293 Cfr. F. MACARIO, Ideologia e dogmatica nella civilistica degli anni settanta. Il dibattito su autonomia privata e libertà contrattuale in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo II, Milano Giuffré, 2008, p. 1576. 294 Cfr. M. ORLANDI, Le condizioni generali di contratto come fonte secondaria in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M. N. MILETTI, Milano, Giuffré, 2006, pag. 380. L’autore indica l’attuazione delle autorità regolatrici del mercato. 150 secondario, come le norme del settore di origine comunitaria e quelle di autorità indipendenti. L’autorità dei mercati lascerebbe il posto a una rete di norme secondarie predominanti in combinazione con le norme di altre fonte applicabili. Il discorso si allargherebbe ancora una volta alla teoria delle fonti del diritto provato e della teoria dei microsistemi. L’autonomia contrattuale delle parti considera come potere bilaterale di definire il contenuto dei contratti è stata ridotta ad un simulacro per effetto della sistematica attività di predisposizione di standard contrattuali posti dai contraenti professionali o dalle loro associazioni, e posteriormente ridotta ad un pretesto per effetto della misura difensiva adottata dal legislatore per affrontare i poteri di predisposizione di questi ultimi.295 Sul tema, P. PERLINGIERI difende una interpretazione che va all’incontro dei valori che esige una impostazione assiologia e che diverge dalla visione del passato. In quanto concerne l’autonomia contrattuale, non si deve considerare solo l’art. 1322, c.c , come anche la modificazione del titolo V della costituzione dove si tratta di funzione sussidiaria e di iniziativa dei privati nella partecipazione alla formazione e alla regolamentazione delle relazioni (art. 118, della cost.).296 Il giurista dei tempi attuali non deve disprezzare l’intera produzione normativa comunitaria e extra statale affermando “occorre cioè, avere consapevolezza della complessità delle fonti e della forte unità dell’ordinamento giuridico caratterizzato dalla centralità del valore della persona”.297 295 Cfr. G. GITTI, Vecchi e nuovi confini dell’autonomia contrattuale, in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M. N. MILETTI, Milano, Giuffré, 2006, p. 394. 296 Cfr. P. PERLINGIERI, Parte generale del contratto, relazione conclusiva in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M.N. Miletti, Milano, Giuffré, 2006, p. 484 297 Cfr. P. PERLINGIERI, Parte generale del contratto, relazione conclusiva in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M.N. Miletti, Milano, Giuffré, 2006, p. 484 151 Indicando la strada da percorrere P. PERLINGIERI insegna che ancora una volta gli storici hanno dimostrato come la stessa autonomia negoziale incontra forti limiti nelle relazioni sociali ed etiche. In uno Stato Sociale di Diritto, come l’italiano, voltato verso la solidarietà, la uguaglianza, il rispetto della persona e della sua dignità, non è giustificabile una autonomia negoziale come un dogma in se. Così fa notare “ non tutto ciò che è voluto dalle parti è meritevole di tutela”.298 Dal punto di vista della prospettiva costituzionale, come appunta N. LIPARI, dopo di aver riconosciuto la .libertà di iniziativa economica, afferma che essa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana: questo è quello che conta, evidenziare nella relazione tra persona e mercato, che la libertà di impresa nasce limitata in funzione di un principio che trascende quelli degli operatori economici.299 Il principio enunciato nell’art. 41, cost., rimane criterio fondamentale del regime giuridico destinato a disciplinare sia le relazioni tra imprenditori, sia quelle tra imprenditori e consumatori. Riguardo alla prospettiva contrattuale, la tensione in direzione alla equità nelle relazioni di scambio è in qualche modo indicativa di un orientamento generale della esperienza giuridica contemporanea, sperandosi con la invocazione di normativa di fonte comunitaria ad un giudizio della giustizia come criterio analisi del regolamento di interessi formalmente evidenziati dai contrattanti. Finalmente, si supera l’apriorismo di segnale economico secondo cui non si potrebbe collocare il problema di giustizia del contratto senza intaccare il 298 Cfr. P. PERLINGIERI, Parte generale del contratto, relazione conclusiva in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M. N. Miletti, Milano, Giuffré, 2006, p. 485. 299 Cfr. N. LIPARI, Persona e mercato in studi in onore di Giovanni Giacobbe, a cura di Giuseppe Dalla Torre, Milano, Giuffré, 2010, p. 1.349. 152 principio della libertà del mercato, inteso come molla propulsoria della economia moderna.300 L’avanzata della progressiva e inarrestabile globalizzazione della economia e del mercato avverte per la esigenza di evitare squilibri, scompensi, distorsioni nel gioco della concorrenza e di includere fattori equilibranti. Non esiste mercato senza scambi e pertanto il contratto rispecchia l’aspetto ontologico del mercato. Ma non si può tralasciare di affermare che si devono preservare i valori della persona.301 Nell’attuale sistema il cambiamento della funzione dello stato nazionale, i diritti di libertà positiva diventano condizionanti del corretto funzionamento del mercato. Per questo, i diritti e i doveri di iniziativa economica devono essere meritevoli di tutela secondo i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.302 3.6 Il Terzo Contratto L’immagine di un terzo contratto deve contrapporsi alla ipotesi di un fenomeno prospettivamente residuale che passa ad essere definito per sottrazione agli spazi occupati dal primo e dal secondo contratto, e per altro lato, ammette come certo che esista un accordo sulla legittimità ed il contenuto della bipartizione presupposta. 300 Cfr. N. LIPARI, Persona e mercato in studi in onore di Giovanni Giacobbe, a cura di Giuseppe Dalla Torre, Milano, Giuffré, 2010, p. 1.354-1.355. 301 Cfr. P. PERLINGIERI, Le ragioni del mercato e le ragioni del diritto dalla comunità economica europea all’unione europea, in studi in onore di Giovanni Giacobbe, a cura di Giuseppe Dalla Torre, Milano, Giuffré, 2010, p. 1.387. 302 Cfr. E. CATERINI, La terza fase del diritto dei consumi in scritti in onore di Marco Comporti, a cura di Stefano Pagliantini, Enrico Quadri e Domenico Sinesio, Milano, Giuffré, 2008, p. 643 153 Si considera come primo contratto nella logica delle codificazioni ottocentesche quello tra parti in posizione di uguaglianza formale non esistendo pertanto asimmetria nel gioco dei poteri nella contrattazione. Il secondo contratto, a sua volta, si caratterizzerebbe per la tutela di una delle parti considerata, nel gioco negoziale, come vulnerabile, debole, per non possedere i mezzi di produzione, le conoscenze specifiche su di essi.303 Tra l’antico binomio relazione civile-relazione commerciale, si colloca la ricerca “ su una terra di mezzo” di una area occupata dal terzo contratto. Il terzo contratto avrebbe le sue origini normative nella legge n. 192/1998 sulla subfornitura, e dalla figura di abuso di dipendenza economica che passa attraverso la norma sui ritardi di pagamento per concludersi nella disciplina di affiliazione commerciale. Che il terzo contratto sia un contratto tra imprese è un discorso corrente. Nella rilevanza della funzione economica c’è la prima restrizione della ipotesi perché devono essere eliminati i contratti tra non professionisti. Il nuovo paradigma è quello in cui il professionista debole (imprenditore economicamente dipendente) sembra collocarsi al posto del consumatore. La dottrina italiana, come appunta G. AMADIO, deve a E. ROPPO la individuazione di un dato quale sia l’asimmetria dei poteri contrattuali dei protagonisti attorno al quale diventa possibile una macrocategoria potenzialmente complessiva sia della contrattazione consumeristica sia della contrattazione tra imprese disuguali.304 Tale modello dei contratti con asimmetria tra le parti sarebbe soggetto ad un unico e comune sindacato giudiziale sull’equilibrio degli scambi: modello in 303 Cfr. M. ORLANDI, dominanza relativa e illecito commerciale in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 137. 304 Cfr. G. AMADIO, Il terzo contratto. Il problema in il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 15. 154 cui si estraggono sia le coordinate sulla norma consumeristica quanto quelle in relazione al subfornitore. L’ asimmetria di poteri si lega tanto al caso del consumatore come a quello della impresa debole. Lo squilibrio regolamentato dalle parti assume valori sintomatici di un abuso della autonomia contrattuale a cui il giudice è chiamato a mettere rimedio, il più delle volte ricorrendo a parametri equitativi, come avviene nella ipotesi di ritardo di pagamento o in caso di agenzia (art. 1751 –bis c.c.). Il contratto asimmetrico può essere caratterizzato, secondo G. AMADIO, attraverso cinque aspetti: primo, la modalità della contrattazione e la reale sostanza di equilibrio, muovendosi nella modalità della contrattazione si può notare come l’ambito tipico dell’intervento protettivo a favore del consumatore coincida con l’area della predisposizione di quell’esercizio unilaterale dell’ autonomia privata che consente al legislatore di presupporre la asimmetria come un dato strutturale e costante, superato solo attraverso della prova di trasparenza della libertà, testimone per mezzo di trattative individuali (art. 34, comma 4, cod. consumo) e che per conto di questa logica protettiva pura viene trasferita al diverso contesto del contratto tra imprese; la circostanza formale della predisposizione sembra essere sostituita da un dato sostanziale, da verificare caso a caso, di un significativo squilibrio regolamentare originario dall’abuso di dipendenza economica.305 Di fatto l’intervento protettivo in favore del consumatore consiste prima di tutto nella imposizione al professionista di obblighi di informazioni penetranti e pervasive nell’interesse di una categoria privata di un paritario potere contrattuale a causa di una inferiorità cognitiva. Per altro lato, se quella del consumatore è prima di tutto semplice adesione a regolamenti etero determinati, e questa funzione viene presa come presupposto 305 Cfr. G. AMADIO, il terzo contratto. Il problema in il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 14. 155 dalla normativa di protezione, ciò non si inquadra nella fattispecie del terzo contratto, che non include per se stessa solo la partecipazione di imprese deboli alla determinazione della regola e ancora alla sua competenza a questo proposito. Non per caso, nei contesti delle relazioni contrattuali tra imprese e nei casi di dipendenza commerciale in relazione ad altra, come nelle ipotesi di franchising, le informazioni diventano oggetto di un obbligo comportamentale nella fase precontrattuale, ma posto a carico di ambedue le parti ex-vi, in base al 1.º e 3.º comma dell’art. 6.º, Legge 6 maggio 2004, n. 129. Nel caso del terzo contratto la dipendenza economica è conseguentemente disparità di poteri nella contrattazione, asimmetria in concreto, ma ancora non significa abuso di autonomia. Effettivamente, la logica valutativa usata nella tutela del consumatore è imperniata su una asimmetria presunta o implicita nella diversità della funzione e nelle modalità unilaterali della contrattazione. Trasferita al diverso ambito dei contratti tra imprese sembra difficilmente utilizzabile e ad essa in qualsiasi possibilità deve essere sostituita per criteri e modalità di controllo della asimmetria in concreto, capace di ricostruire e giudicare caso a caso la specificità della operazione negoziale. Di fatto, la dipendenza economica recitata nell’art. 9º. della legge n. 192/1998 è una asimmetria potenziale, situazione che può essere in grado di condizionare precedendo il dato giuridico della contrattazione, ma che niente dice sulla abusività in concreto della sua singolare manifestazione. Un terzo aspetto consiste nelle ragioni dell’intervento. Tale quesito evidenzia con maggior forza la distanza tra le due figure, del contratto con il consumatore e del contratto tra imprese disuguali, poiché alla disparità sostanziale dei fenomeni non si accompagna una diversità nelle ragioni di tutela. Il dubbio a questo proposito sorge sul rapporto tra protezione della impresa debole e struttura concorrenziale del mercato, considerata, questa ultima, 156 come un valore da difendere contro la dannosità potenziale della dipendenza economica intesa come ipotesi di dominanza relativa. Qui si potrebbe citare come esempio, partendo dalla evoluzione interna della disciplina di subfornitura, che le modificazioni introdotte dalla legge 5 marzo 2001 n. 57, sulla indiscutibile attrazione con il tema della concorrenza, ma che per altro lato già nella versione originale era intesa, dall’esposto nell’art. 9º, dal richiamo alla possibilità di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. L’analoga attrazione si rivela anche nella disciplina dei ritardi dei pagamenti sia nella finalità della tutela, sia nei parametri valutativi, tra cui ritorna al confronto con le condizioni del mercato attraverso del richiamo “alla corretta prassi commerciale”, comma primo dell’art. 7º del d. lgs. N. 231 del 2000. D’altro lato la tutela della concorrenza non è estranea neanche assiologicamente alla norma consumeristica, questo perché, come osservato già dalla dottrina, questa ha come oggettivo garantire che nessun operatore del mercato si approfitti delle condizioni di inferiorità informativa dei consumatori, e attraverso di questo possa imporre clausole inidonee per creare vantaggi concorrenziali. Peraltro, è anche vero che la invalidità delle clausole abusive prescinde dalla effettiva esistenza di un vantaggio anticompetitivo. Questo è nullo anche se tutto il mercato lo pratica, e quindi nessuno è avvantaggiato rispetto agli altri, ed anche se il suo impiego investe un numero limitato di rapporti non determina alterazioni consistenti della concorrenza e non implica posizioni dominanti da parte del professionista. Il quarto aspetto consiste nella distinzione tra i parametri che devono essere offerti all’intervento del giudice per giudicare lo squilibrio, si può affermare che esiste la peculiare struttura del mercato conforme la previsione della legge di subfornitura, che è utilizzata come criterio di giudicare la dipendenza 157 economica e conseguentemente nello squilibrio del contratto tra imprese dispari, che sono estranee alla disciplina protettiva del consumatore, poiché in questo il criterio è vincolato alla qualità del consumatore nella relazione contrattuale. L’ultimo e quinto aspetto è relazionato alla ermeneutica in contratti tra imprenditori che dovrà adeguarsi alla peculiare struttura delle relazioni di coordinazione, osservando due direzioni. In primo posto deve rimarcare come questa struttura risulta modellata sotto schemi di razionalità a lungo termine, rispetto a cui il singolo contratto non rappresenta altro che uno dei molti ripetitivi momenti attuativi. In questa ottica, anche il riconoscimento degli interessi rilevanti dovrà essere fatto con relazione a questa più ampia realtà. Così la valutazione dell’adeguamento del regolamento si forma non in osservanza all’equilibrio prescritto nel singolo accordo o nella clausola in particolare, ma nello svolgersi complesso della relazione di cooperazione. La seconda direzione appunta per le relazioni organizzative strutturali consistendo nella in estensibilità della disciplina protettiva di impresa debole alle relazioni nell’ambito interno al gruppo di società. La dottrina discute, alla fine, circa l’estensione della tutela dell’imprenditore debole oltre al contratto. Questa alterazione di paradigma cambia completamente lo scenario e permette di interrogarsi sulla diversa possibile rilevanza giuridica della dominanza relativa, non più vista nel suo congiunto regolatorio come clausola contrattuale squilibrata o ingiusta, ma pensata nella sua essenza di condotta non approvata, che, per ciò stesso, riceve il predicato di illiceità. E l’abuso a questo punto potrebbe coincidere con l’area del 158 fatto illecito commerciale definibile stipulantemente come un fatto doloso o colposo lesivo dell’equilibrio economico della impresa dominata.306 Circa gli aspetti rimediali distacca la dottrina che nella normativa consumeristica si dá enfasi al modello della nullità mentre nella asimmetria tra imprenditori, per possedere il carattere dissonante della legittimazione proveniente dalla disciplina dell’abuso di dipendenza economica e anche dalla previsione introdotta in temi di ritardo di pagamento, l’intervento conformativo del giudice che abbia dichiarato di ufficio la nullità dell’accordo iniquo, si colloca tra l’applicazione della disciplina di legge e la rideterminazione equitativa della disciplina contrattuale. In linee conclusive G. AMADIO intravvede che il cammino percorso dal terzo contratto possa essere una via di mezzo che nonostante imponga specificità al controllo del suo contenuto, mentre questo dovrà necessariamente passare attraverso il riconoscimento in concreto degli interessi rilevanti, oggettivati nell’accordo, restituisca a lungo andare la discrezionalità al giudice. Limitata però dalla applicazione di standard valutativi come anche dal ricupero della clausole generali, allontanandosi dall’attivismo giudiziale che caratterizza la tutela del consumatore, in cui la funzione del giudice si limita rigorosamente alla tipicità ed all’automatismo dei rimedi.307 Procedendo ad una analisi rigorosa circa la validità dei contratti tra imprenditori in situazione di asimmetria G. VILLA annota che tra l’art. 9.o della legge 192/1998, come nell’art. 7º, del d. Lgs. 231/2002, dedicato alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, come anche alla disciplina di 306 frR. M. ORLANDIi, dominanza relativa e illecito commerciale in Il Problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società Editrice il Mulino, Bologna, 2008, p. 137. 307 Cfr. G. AMADIO, Il terzo contratto. Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Giti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 29. 159 affiliazione commerciale, si tratta di disposizioni connotate di alcune caratteristiche comuni.308 La previsione è di una fattispecie elastica (abuso, iniquità, durata sufficiente), che si accompagna ad una compressione degli spazi di autonomia, lasciati a carico dei contrattanti. Così, il patto che realizza l’atto è nullo, la deroga gravemente iniqua ai termini dell’adempimento o alle sanzioni per il ritardo caratterizzano nullità, anche se la legge non specifica, la previsione di una durata insufficiente nelle relazioni di affiliazione commerciale in contrasto con diversi precetti imposti dalla legge, può indurre il pensiero ad una nullità virtuale conforme l’art. 1418, comma 1º.., c.c. Alla violazione del divieto dell’art. 9.o della legge di subfatturamento , come fa notare D. MANTUCCI, alla nullità dell’intero contratto nei modi come prevedono gli art. 1418 e 1419, comma c, del c.c. o di una maniera più frequente è preferibile ad una clausola concretamente abusiva. La nullità parziale non corrisponde ad un astratto principio generale di conservazione del contratto ma all’interesse che nel caso concreto la impresa debole diretta destinataria della tutela abbia la manutenzione della specifica relazione, libera dalle clausole che la caratterizzano come iniqua. Il riequilibrio e la parziale conservazione della relazione possono in concreto soddisfare ed involvere interessi di terzi e interessi generali.309 Sono comuni anche i presupposti soggettivi di tale disciplina dal momento in cui si è in presenza di relazioni tra imprenditori nei quali una parte si sottomette a patti svantaggiosi in ragione di condizioni di inizio asimmetrici. Questo è notato per se stesso solo nella nozione di dipendenza economica. È implicito nel rinvio 308 Cfr. G. VILLA, invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica in Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 113. 309 Cfr. D. MANTUCCI, Profili del contratto di subfornitura , Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p. 97. 160 operato dalle disposizioni sui ritardi di pagamento (alle condizioni dei contraenti ed ai rapporti commerciali tra i medesimi) che consentono di imporre dei tempi ingiustificati, art. 7º, d. lgs n. 23/2002. È presupposto infine nelle relazioni tra un affiliante che predispone una ridistribuzione in franchising e l’affiliato che fa l’ingresso. Mette in evidenza G. VILLA che i fenomeni sopra presentati possono essere analizzati sotto due punti di vista: si può concentrare l’attenzione sulla disciplina del contratto e cercare punti di convergenza o di divergenza, rispetto alla teoria generale elaborata in quel contesto, o anche si può esaminare il tema in una diversa prospettiva inserita in situazioni normative in un quadro più complesso che focalizza la tutela della concorrenza e le relazioni davanti ai cambiamenti anticoncorrenziali del mercato.310 Alla prima considerazione si può tentare di leggere i fenomeni similari con l’uso della nullità correlata a situazioni di squilibrio in connessione con altre previsioni che certamente presentano consonanza. È intuitivo richiamarsi a disposizioni protettive dei consumatori e vedere in tutti questi ambiti espressioni di un principio generale di buona fede in senso oggettivo, posto a protezione del contrattante debole e direzionato a sanzionare una proibizione di abuso della autonomia privata. La caratteristica unificante delle diverse norme specifiche potrebbe allora incontrarsi nella presenza di una asimmetria di poteri tra le parti che si riferisce al consumatore, all’investitore, al cliente di banche, al subfornitore, all’imprenditore soggetto all’abuso.311 Questa approssimazione, sottolineando la uniformità dei presupposti delle diverse norme, può favorire l’estensione delle regole protettrici del consumatore 310 Cfr. G. VILLA, Invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica in Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 114. 311 Cfr. G. VILLA , Invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica in Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 114. 161 ad altre situazioni, in modo a creare un modello generale per disciplinare il funzionamento della nullità di protezione. Questo fa con che si arrivi alla conclusione nella sequenza di una analoga funzione di tutela del contrattante non favorito, e che si debba riconoscere, come strumento comune di reazione allo squilibrio , una nullità dell’atto necessariamente parziale, quanto più relativa, funzionale agli interessi protetti, destinata ad accompagnare la invalidità, un generalizzato potere del giudice nel riequilibrare il contenuto contrattuale. In questo modo si continua nel tentativo di ricostruire una nuova disciplina della nullità contrattuale alla luce di innovazioni normative, generalmente di derivazioni comunitarie, che si presentano come dissonanti in relazione al modello consolidato di validità.312 La nullità non può più essere intesa come una nozione logico-giuridica, dovendo, al contrario, essere compresa come una figura giuridico-positiva. Nella dottrina più recente, come indica P. M. PUTTI,313 la visione unificante e astratta della invalidità è stata sostituita dalla analisi dei particolari casi in cui una determinata fattispecie non produce effetti o anche li produce parzialmente, cioè, nella convinzione che possano essere disegnati più di un tipo di nullità in ragione della gerarchia di valori e dalle cui realizzazioni la comunità giuridica intende che debbano essere assicurati attraverso delle norme che prevedono tali conseguenze. Del resto, che l’atto nullo sia rilevante e che il suo trattamento sia conformato agli interessi che la previsione normativa vuole proteggere e tutelare, sembra chiaro già da molto tempo in Europa, e la soluzione senza distorsione ideologica è adottata dalla giurisprudenza italiana per interpretazione ed applicazione non solo delle norme codicistiche, ma anche alle norme previste dalle leggi speciali, attenuandosi così inevitabilmente il senso e la ampiezza della distinzione tra 312 Cfr. G. VILLA, Invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica in Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società editrice Il Mulino, Bologna, 2008, p. 114. 313 Cfr. P.M. PUTTI, La nullità parziale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 23. 162 nullità e annullabilità che sono considerate di accordo con le scelte operative del legislatore, destinate a marcare le discipline per quanto dicono rispetto alle particolarità dei problemi da essere risolti.314 La distinzione tra nullità e annullabilità è di fatto ben delimitata da G. PERLINGIERI , e deve essere ben studiata non solo riguardo alla differenza tra interesse generale (nullità) e individuale (annullabilità), ma in diverso modo in cui i vizi incidono sulla struttura e le funzioni di negozio, oltre che con riferimento al tipo di squilibrio. Nella nullità di protezione lo squilibrio di potere contrattuale è strutturale e non occasionale. Tale squilibrio è causato da meccanismi distorti che nei fatti attribuiscono a uno dei contrattanti la forza di dettare le regole del gioco, ora attraverso della predisposizione unilaterale, ora facendo valere in sede di trattative la posizione conquistata sul mercato. Vedere nell’abuso di dipendenza economica per forza ex. Art. 9.º commi 1 e 2, l. 18/1998, n. 192.315 Nella annullabilità , diversamente dalla nullità di protezione, la debolezza normalmente non è endemica. Essa si lega normalmente a una perturbazione della voolntà dovuta all’intervento di fattori occasionali contingenti, in assenza dei quali le parti negozierebbero in posizione paritaria. Una volta rimossa la causa dello squilibrio con l’acquisto della capacità, la cessazione della violenza o la scoperta del vizio,lo statuto della patologia rimette alla disposizione dell’interessato l’attuazione della tutela. Per questo la giustificazione per cui la stessa possa essere convalidata è non riconoscibile di ufficio.316 All’interprete, allora, non è acconsentito proporre soluzioni astratte e generalizzanti, al contrario deve ricorrere alla interpretazione funzionale, sistematica e assiologica, secondo una prospettiva attenta agli interessi del caso 314 Cfr. P.M. PUTTI, La nullità parziale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 23. Cfr. G. PERLINGIERI, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria nei negozi giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2010, p. 50. 316 Cfr. G. PERLINGIERI, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria nei negozi giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2010, p. 50-51. 315 163 concreto, e soprattutto sensibile a valutare l’effettiva dannosità dell’insieme di regole negoziali nel (tutto o solo in parte nulle) per il contrattante protetto.317 A sua volta G. D’AMICO, appunta nella sua chiara analisi sulla nullità virtuale e nullità di protezione, gli equivoci della dottrina. Il primo equivoco consistente nella introduzione della espressione regole di comportamento usate per indicare i tipi di regole contrapposte alle regole di validità e alla loro violazione, conseguentemente collocandosi come un rimedio diverso dalla invalidità in generale, un rimedio di tipo risarcitorio come espressione di responsabilizzazione.318 Il secondo equivoco, circonderebbe il tema del principio di separazione tra regole di validità e regole di comportamento. Il problema della nullità virtuale ha molto poco da vedere con il principio della separazione riferito, ossia con il problema di individuare un criterio che dica quando la violazione di una norma imperativa generi nullità e quando al contrario debba considerarsi nel piano civilista un altro rimedio.319 La maggior novità in materia di nullità viene presentata non tanto nel terreno delle nullità non dichiarate, cioè, delle nullità virtuali, ma nell’ambito di quelle previste dal legislatore ossia delle nullità testuali; soprattutto la legislazione di tutela dei consumatori focalizza sempre più frequentemente l’uso della nullità in contesti caratterizzati.320 317 Cfr. G. PERLINGIERI, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria nei negozi giuridici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2010, p.51. 318 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1003. 319 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1006 320 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1010. 164 La circostanza per cui il rimedio invalidante nella forma della nullità sia usato con la finalità di fornire protezione in via diretta e immediata all’interesse di uno dei contrattanti, cioè, sul terreno della disciplina, si traduce nella riserva della legittimazione per far valere la nullità solo per il contrattante protetto. La nullità non si presenta più come dal contratto per intero, ma piuttosto da particolari clausole. In conseguenza, la sanzione della nullità non attinge il contratto nella sua interezza ma solo si relaziona alle clausole viziate, regola strettamente vincolata a quella della attuazione del contrattante protetto, essendo evidente che l’altro contrattante professionale, non essendo legittimato, non può avvalersi della nullità per richiedere la caducità del negozio.321 Frattanto è possibile al contrattante protetto dichiarare la nullità integrale del contratto, dal m omento che possa comprovare che non avrebbe realizzato il negozio nel caso che avesse saputo del contenuto che ha viziato la clausola come nulla.322 Sono problemi fondamentali in materia di nullità di protezione, il primo dei quali dice rispetto al fatto che la nullità di protezione si estende non solo oltre al testuale ma anche al virtuale, ossia non prevista. A favore di questa ipotesi alcuni autori invocano la possibilità di applicarsi analogicamente il regime della cosí detta nullità speciale, opinione a cui si obietta che la formulazione dell’art. 1421, c.c., comporta che la regola della legittimazione assoluta per agire trova applicazione tutte le vote che sia legislativamente prevista una disciplina differente, negando così nella matrice la configurabilità di una lacuna, 321 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1011. 322 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1012. 165 giustificando così la esistenza del presupposto necessario per il ricorso alla analogia.323 Il secondo aspetto consiste nel fatto che non si può allontanare dalla struttura dogmatica questa forma di invalidità, poiché nella nullità speciale il dogma di assoluta inefficacia del negozio nullo risulta completamente superato e la produzione di effetti giuridici deve essere considerata connota nodi con le regole della nullità speciale.324 Generalmente si presenta come conseguenza indefettibile della nullità dell’atto la espurgazione del proprio negozio dal mondo giuridico, che sembra attualmente meccanismo largamente superato visto che al contrario si oggettiva con la nullità speciale la conservazione della relazione, adeguandosi la conformazione degli interessi che giustificano la reazione dell’ordinamento.325 In questo modo si fa riferimento al fenomeno della necessaria parzialità di nullità, che comporta molte fattispecie di nullità protettive, e la circostanza che in questo caso c’è la permanenza della relazione e comporta naturalmente che il contratto abbia efficacia relativamente alla parte valida, che pertanto non è toccata dalla nullità. Così, la conseguenza di caratterizzarsi la nullità parziale altera la sorte del contratto, nella misura in cui la scelta di tutelare il contrattante protetto non gli dá la possibilità di considerare caduco l’affare “sine die”, ma soprattutto gli 323 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1013. 324 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1013. 325 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1016. Cfr. S. POLIDORO, Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, 2001, 180, p. 13. 166 conferisce la possibilità di far produrre effetti a una clausola o ad un contratto inidoneo, convalidando la clausola o il contratto in questione.326 Ipotesi ben differente è quella in cui, al contrario, il legislatore abbia indicato una norma imperativa senza comminare la nullità come rimedio per la sua violazione. In questi casi si può pensare alla configurazione di una nullità di protezione. Frattanto , in questa situazione tocca al giudice il compito di individuare il rimedio e di costruire la sua disciplina, terminando col riconoscere grande margine di discrezionalità alla valutazione giudiziale. 3.7 Abuso di autonomia negoziale e i contratti del mercato Il nuovo diritto positivo dei contratti di impresa, bilaterali e unilaterali, si presenta nelle discipline sulla base di uno stesso paradigma, come dalla disuguaglianza sistemica che si può manifestare nella relazione contrattuale realizzata nel mercato. Lo schema seguito dal legislatore e dichiarato nella relazione illustratica al Codice di Consumo, è binario e strutturato su relazioni asimmetriche e parti contrattualmente deboli. Da questo paradigma sono esclusi i contratti civili e i contratti simmetrici di impresa, affidati alla disciplina del Codice Civile che a sua vota è espressione della ideologia liberale classica della astratta uguaglianza delle parti coinvolte nel contratto. Si afferma così una bipartizione che, secondo V. ROPPO, si distingue tra contatti simmetrici e contratti asimmetrici.327 326 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1020. 327 Cfr. F. DI MARZIO, Abuso di dipendenza economica e clausole abusive in rivista Del diritto commerciale e Del diritto generale delle obbligazioni, 2006, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, p. 810. 167 Nella relazione contrattuale disuguale la fonte non può avere come fondamento e legittimazione solo l’accordo, già che il contratto è unilateralmente predisposto conforme l’art. 33, del cod. cons. e le clausole contrattuali sono imposte. Così si esprime, realisticamente, il legislatore tanto nell’art. 3 della legge antitrust, come nell’art. 9º della legge di subfornitura. Per altro lato la legittimazione si fondamenta nel controllo non più semplicemente processuale ma sostanzialmente sul contenuto del contratto che, per essere unilateralmente imposto, è sottomesso alla disciplina legale e alla verificazione amministrativa e giurisdizionale. Nella dottrina, come già esposto, rimane chiara una tendenza interpretativa voltata alla massima estensione dell’ambito di tutela, così come è concepito sia dai civilisti come dai commercialisti, che il divieto di abuso di dipendenza economica funziona come una regola generale in senso lato di disciplina di contratti disuguali tra imprese. E per i civilisti la nozione di consumatore ampliata fino al professionista che operi in un mercato rilevante diverso da quello in cui esercita la propria impresa. Al contrario, nelle decisioni giurisprudenziali la tendenza è meno nitida e parzialmente opposta. Delle poche decisioni di merito fino ad oggi pubblicate emerge che i giuristi a volta tendono a concepire il divieto di abuso di dipendenza economica solo relativamente alle parti coinvolte nelle relazioni di subfornitura. D’altro lato, per quanto riguarda la nozione di consumatore, la intendono limitata alla persona fisica che agisce esclusivamente con finalità di consumo in senso stretto. Questo è il cammino consolidato e seguito dalla Corte di Cassazione.328 Il ricorso al canone della buona fede oggettiva è utilizzato non solo nella tutela del consumatore, ma anche del contraente profano, e l’abuso di dipendenza 328 Cfr. F. DI MARZIO, abuso di dipendenza econômica e clausole abusive in rivista Del diritto commerciale e Del diritto generale delle obbligazioni, 2006, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, p. 811. 168 economica è considerato una regola generale che si applica anche ad altre relazioni oltre a quelle decorrenti dal contratto di subfornitura. Si ritiene che lo squilibrio è contrario alla buona fede oggettiva e deve essere combattuto. Ma il motivo della nuova tutela non sta nella simmetria di poteri contrattuali in se, e nemmeno nell’insieme squilibrato di interessi che il contratto dovrebbe produrre. La repressione dell’accordo non equilibrato legittima solo al ricorrere di specifiche condizioni decorrenti da elementi fisiologici della relazione contrattuale nel settore di riferimento, come la qualificazione soggettiva dei contrattanti, la mancanza di negoziazione del contratto, la natura della relazione contrattuale e la più ampia relazione commerciale in cui dovrebbe inserirsi. Di fatto, non sono proibite né la dominanza economica né la dipendenza economica e nemmeno la predisposizione contrattuale negli atti stipulati con il consumatore, ma l’abuso che queste situazioni possono causare è che riceve proibizione. In questo senso, mette in risalto F. DI MARZIO, la recente evoluzione del diritto antitrust, (ma lo stesso vale anche per il diritto dei contratti), consente di riabilitare da una figura della teoria del diritto, l’abuso, che poca fortuna ha avuto nella civilistica, che ha preferito operare con lo strumento della buona fede più adeguato e meno incerto, conviene notare che le condotte del mercato stigmatizzate nella legge antitrust, sono tutte condotte abusive e culminano concettualmente nella proibizione di abuso di posizione dominante, di cui la proibizione di dipendenza economica costituisce un naturale sviluppo.329 Si noti che nella nozione di dipendenza economica ricevuta nella letteratura antitrust, non si rivela nessuna dipendenza contrattuale, di asimmetria di poteri contrattuali, ma la dipendenza dimostrata in una relazione economica che 329 Cfr. F. DI MARZIO, Abuso di dipendenza econômica e clausole abusive in rivista Del diritto commerciale e Del diritto generale delle obbligazioni, 2006, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, p. 812. 169 acquista senso e determinazione solo se inserita in uno specifico mercato rilevante, quello dove mancano alternative concretamente applicabili. Di fatto, per assicurare sui presupposti di applicazione del regime protettivo, diversamente di quanto occorre nella tutela del consumatore, nella dipendenza economica non è sufficiente investigare la qualità soggettiva dei contraenti; l’interprete dovrà andare oltre e verificare la esistenza della dipendenza economica, ossia, se la impresa che si colloca in relazione di dipendenza abbia o no effettive alternative soddisfacenti nel mercato, e se la controparte per la sua dominanza economica sia in grado di imporre nei contratti e più ampiamente nelle relazioni commerciali un accordo eccessivamente squilibrato nella distribuzione di diritti e obblighi. Solo dopo la confermazione dello stato di dipendenza economica sarà legittimo interrogarsi sull’abuso della stessa.330 Sia nel giudizio di abusività delle clausole non negoziate nei contratti di consumatori, come nel giudizio sull’abuso di dipendenza economica, è usuale il ricorso alla clausola generale della buona fede. Nella teoria dell’abuso la buona fede passa ad avere la natura di standard valutativo. Afferma A. DI BIASI che i vantaggi realizzati da una impresa con danni ad altra, per essere considera abusivi, oltre che ingiusti devono essere in altro modo eccessivi, essendo necessaria la verifica di uno squilibrio della relazione sinalagmatica, così importante in modo da ferire la coscienza di una persona ragionevole. Ciò in concreto significa che per la esigenza di un abuso da un lato deve esserci la perdita di un investimento specifico effettuato dal soggetto dipendente, deve in più costituire una parte rilevante della sua rendita; dall’altro lato, è necessario che i costi di commutabilità vengano a costituire una perdita considerevole inflitta dal soggetto in posizione dominante in modo a non 330 Cfr. F. DI MARZIO, Abuso di dipendenza economica e clausole abusive in rivista Del diritto commerciale e Del diritto generale delle obbligazioni, 2006, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, 2006, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, p. 812 170 consentire alla impresa dipendente la possibilità di convertire la propria attività economica, o instaurare una relazione ugualmente remunerata con un’altra controparte.331 Il terreno di elezione della teoria dell’abuso è il campo della libertà, non il territorio precluso delle proibizioni; fin dalle prime manifestazioni storiche della giurisprudenza francese ottocentesca la teoria dell’abuso cerca di sottomettere a controllo movimenti di libertà di imprese nel mercato. Per combattere gli eccessi, come il monopolio, accordo di gruppo, usura.332 Bisogna distaccare come G. TUCCI rimarca che diversi provvedimenti legislativi sono presi per limitare l’autonomia privata, come quella che proibisce l’abuso di posizione dominante, o quella che vieta la dipendenza economica, come ugualmente la proibizione di clausole vessatorie che determinano, malgrado la buona fede, un significativo squilibrio dei diritti e delle obbligazioni derivanti dal contratto a carico del consumatore, così come il testo unico in materia bancaria, che disciplinando in maniera diretta il meccanismo degli interessi antagonici, che stabilisce modalità di criterio per produzione di interessi su interessi nelle operazioni poste nell’esercizio della attività bancaria. In relazione a tutti i procedimenti legislativi già indicati la legge sull’usura possiede caratteristiche peculiari, tenendo in vista la intersezione tra sanzioni penali e sanzioni civili.333 Il legislatore è intervenuto anche nei settori del risparmio dove la tutela del contrattante debole ha predisposto ferree obbligazioni di informazione a carico dell’intermediario finanziario. La finalità è quella di garantire “acquisti coscienti” da parte dell’investitore, il quale si colloca nella relazione negoziale in una 331 Cfr. A. DI BIASE, La vocazione allargata di divieto di abuso di dipendenza econômica Nei rapporti tra imprese limiti e presupposti applicativi, Rivista di diritto dell’impresa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007, p; 567. 332 Sulla usura v. G. TUCCI, Usura e autonomia private nella giurisprudenza della Corte di Cassazione in studi in Onore di Piero Schlesinger, tomo V, Giuffré, Milano, 2004, p. 3495-3530. 333 Cfr. G. TUCCI, Usura e autonomia private nella giurisprudenza della Corte di Cassazione in studi in onore di Piero Schlesinger, tomo V, Giuffré, Milano, 2004, p. 3498-3499. 171 situazione si asimmetria informativa a lui sfavorevole. In questo senso, il testo unico bancario (d. lg. N. 58 del 1998, modificato dall’art. 4º del d. lg. 164, del 2007).334 Aggiunge G. VILLANACCI che l’intervento del legislatore ha anche un aspetto costituzionale al difendere la integrità del risparmio come un valore da proteggere nell’art. 47, comma, n. 1, cost.335 3.8 La proibizione di abuso di dipendenza economica nel contratto di affiliazione commerciale. Come ampiamente discusso nella dottrina, la proibizione di dipendenza economica si applica anche a contratti diversi di subfornitura e, in speciale, deve essere applicata al franchising. La fattispecie abuso di dipendenza economica può essere suddivisa in due momenti, ambedue necessari. La dipendenza economica che è la traduzione giuridica di una situazione economica in cui un soggetto si trova nella obbligazione di contrattare con una parte, che nel suo confronto si presenta come monopolista e che si traduce in un minor potere contrattuale, ed il suo abuso. Questo ultimo presuppone una situazione di dipendenza economica che deve essere valutata in relazione alla reale possibilità di concludere un contratto caratterizzato da un eccessivo squilibrio di diritti ed obbligazioni che si esteriorizza nella effettiva conclusione di un contratto fortemente squilibrato a favore di una parte. 334 Cfr. G. VILLANACCI, Il diritto dei consumatori e Le istanze di tutela del contraente debole nel codice del consumatore e nel T.U.I.F. In consumo e consumismo fenomeno sociale ed istanza di tutela, a cura di Gerardo Villanacci, Napoli, Edizioni Scientifiche italiane, Vol. 3, 2009, p. 100. 335 Cfr. G. VILLANACCI, Il diritto dei consumatori e Le istanze di tutela del contraente debole nel codice del consumatore e nel T.U.I.F. In consumo e consumismo fenomeno sociale ed istanza di tutela, a cura di Gerardo Villanacci, Napoli, Edizioni Scientifiche italiane, Vol. 3, 2009, p. 101. 172 Pertanto, nel valutare la sussistenza o meno della fattispecie abuso di dipendenza economica si corre il rischio di guardare solo al risultato finale della contrattazione, cioè, alla presenza di un contratto fortemente squilibrato dimenticando di valutare anche la sussistenza della dipendenza economica, con la conseguenza che il giudice potrà intervenire e correggere il contratto anche quando lo squilibrio non sia stato determinato da una maggior debolezza di una delle due parti, ma semplicemente dalla inesattezza di una delle parti nel far valere i suoi propri interessi. Allora la dipendenza economica può aver luogo non tutte le volte che esistano eccessivi squilibri tra diritti e obbligazioni, ma anche quando questa situazione sia stata determinata dal maggior potere contrattuale di una delle parti. Il legislatore di fatto, con l’art. 9º., della legge n.192/1998 non si è proposto di tutelare l’imprenditore inesperiente, come al contrario succede nel caso del consumatore, ma solo quello indifeso perché sottomesso all’abuso di maggior potere contrattuale nel suo confronto, di cui eventualmente possa disporre un altro imprenditore. Un dato indiscutibile e di percezione immediata e generale è che la esistenza e l’esercizio di un diritto implicano intrinsecamente la possibilità del loro abuso. In questo senso, è giusta l’affermazione da parte della dottrina che non sarebbe necessaria la esistenza di una clausola generale di abuso nel diritto, visto che non aggiungerebbe niente agli istituti giuridici già esistenti. 336 L’abuso di posizione dominante e l’abuso di dipendenza economica corrispondono a fenomeni di abuso sostanzialmente differenti fra se, sia per presupposti che per caratteristiche oggettive. È lecito allora affermare che la tutela giuridica legata al carattere della elasticità della nozione di abuso di diritto, ne esca arricchita di nuovi aspetti e 336 Cfr. N. MONTICELLI, Dall’abuso del diritto all’abuso di dipendenza economica, Roma, Libreria Forense Editrice, 2006, p. 168. 173 rivalutata dalla attuale immersione della categoria dell’abuso di dipendenza economica, che lotta oggi con rinnovato vigore nell’area grigia tra i contratti ed il mercato. .In questa prospettiva, di non poca controversia, l’abuso di diritto e la sua sottospecie di divieto di dipendenza economica sembra razionalmente espressione di una proficua clausola generale.337 La nozione di posizione dominante nel diritto antitrust comunitario segue la linea della disciplina nazionale tedesca storicamente precedente. Tale nozione era simile a quella largamente usata nella dottrina statunitense, che è generalmente costruita intorno a due poli della possibilità di esercitare un controllo sui prezzi e della possibilità di mettere in esecuzione comportamenti escludenti di danni dai concorrenti attuali o potenziali338, elemento in ogni modo similare a quelli che si incontrano nella posizione dominante del diritto europeo. Tuttavia, mentre la nozione di potere di mercato sempre ha avuto, nonostante le incertezze definitorie, una caratteristica di dubitabilità e di misurabilità, la nozione tedesca di posizione dominante tende ad una connotazione di un senso più rigido e qualitativo. Su tali aspetti ha inciso la matrice ideologica “ordo liberalis” del diritto antitrust tedesco e comunitario, particolarmente sensibile al problema politico dei controlli dei poteri privati.339 In tale quadro, i poteri di fatto delle grandi imprese, se mentre non condizionati dalle pressioni del mercato concorrenziale ed allora dalla sovranità del consumatore che in questo quadro è collocato come fondo, sembrava ingiustificato e pericoloso. Il potere del mercato dovrebbe allora essere limitato dall’ordine giuridico statale, che passerebbe ad obbligare le grandi imprese come se nel mercato fossero assoggettate ad una efficace pressione concorrenziale. 337 Cfr. N. MONTICELLI, Dall’abuso del diritto all’abuso di dipendenza economica, Roma, Libreria Forense Editrice, 2006, p. 174. 338 Cfr. R.A. POSNER, Antitrust Law, The University of Chicago Press, Chicago, 2001, p. 33 ss. 339 Cfr. R.A. POSNER, Antitrust Law, The University of Chicago Press, Chicago, 2001, p. 33 ss. 174 Il dominio del mercato, presupposto e giustificato dall’intervento correttivo dello Stato, era così inteso secondo il modello influenzato dalla teoria classica dei poteri in senso politico e giuridico, come attitudine a determinare e imporre con proprie decisioni unilaterali i comportamenti economici degli altri soggetti, concorrenti più fiacchi, fornitori, commercianti, consumatori. Questa idea principale sta probabilmente alla base di un enunciato trasferito dalla giurisprudenza comunitaria, che attribuisce all’impresa dominante una speciale responsabilità, al fine di evitare che sia eliminato o distorto il gioco della concorrenza nel mercato in cui la stessa impresa opera.340 3.9 Della violazione di obblighi di disclosure nel contratto di franchising. Il legislatore italiano con la legge 6 maggio 2004, n. 129, ha introdotto una serie di disposizioni relative al contratto di franchising, denominato di contratto di affiliazione commerciale. In particolare viene stabilita la nozione, il contenuto, la durata minima, gli obblighi delle parti, le sanzioni in caso di comunicazione di informazioni false nella fase delle trattative precontrattuali, prevedendo, per altro lato, la possibilità di fare, in caso di controversia, un tentativo preventivo di conciliazione nella Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, nel cui territorio abbia sede l’affiliato. E allora, alla fine, introduce la regolamentazione normativa di un fenomeno in costante crescita. Quanto al franchising, si assiste alla stesura del contratto da parte di soggetti che per la prima volta esercitano una attività economica imprenditoriale, astratta, quasi sempre con la speranza di fare parte di una competente rete 340 Cfr. M. LIBERTINI, Posizione dominante individuale e posizione dominante collettiva, in rivista di diritto commercial e del diritto generale delle obbligazioni, 2003, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, p. 547. 175 commerciale. A questo si aggiunge che, al momento dell’assunzione del vincolo negoziale, la volontà dell’affiliato è limitata alla scelta di concludere o no l’accordo, senza poter concretamente influire sul relativo contenuto. In questi casi, si può intravvedere nel franchising, una ipotesi paradigmatica di ricorrenza di unilateralità di disposizioni contrattuali che può essere problematica, in realtà, quando diretta a governare e condizionare, positivamente o negativamente, per un periodo di tempo, la iniziativa economica e lo svolgersi della attività della impresa affiliata. Questa ultima viene di fatto condizionata alle esigenze di organizzazione della attività della impresa affiliante predisponente della rete. La legge italiana ha dato enfasi, come appunta la dottrina, ad una minuziosa ed ampia regolamentazione dell’aspetto della formazione del contratto, dando forza al principio della trasparenza e dei doveri di informazione , evitando di interferire nel contenuto del contratto, senza preoccuparsi con il rilievo giuridico e la significativa incidenza delle singole relazioni di adesione alla rete che l’affiliazione commerciale presuppone come indeffettibilmente esistente ed operante. La speciale attenzione del legislatore alla fase precedente al contratto di affiliazione commerciale è caratterizzata dalla inserzione di specifiche obbligazioni informative, precontrattuali, obbligazioni di disclosure tra le parti ed in particolare a carico dell’affiliante, cioè del soggetto, normalmente forte nella relazione, perché generalmente possiede maggiori conoscenze ed esperienza nel settore.341 Nella maggior parte dei casi, nel contratto di franchising si ha uno squilibrio informativo tra affiliante e aspirante ad affiliato. 341 . Cfr. A. DI BIASI, La violazione degli obblighi di disclosure nel contratto di franchising e l’abuso di dipendenza econômica in Europa e diritto privato, riv. Trim. Giuffré, 2007, p. 802. Per disclosure si intende quell’insieme di dati e informazioni che le parti sono tenute reciprocamente a fornirsi prima della stipula del contratto. 176 Di fatto, mentre l‘affiliante amministra i propri interessi con piena conoscenza di causa, l’altra parte non può fare altro che fidarsi nelle indicazioni che le sono passate, con la solo prospettiva di poter scoprire la corrispondenza, la verità, nel corso della relazione quando forse sarà troppo tardi per ricuperare i pregiudizi. È chiara la ratio della norma: da un lato garantire al futuro franchisee la conoscenza di una serie di informazioni, per esempio, la situazione patrimoniale del franchisor. Si deve osservare che, dei nove articoli di cui è composta la legge, tre sono dedicati alla fase precontrattuale. Si tratta in particolare, degli articoli 4º e 6º, con cui si individuano specifiche obbligazioni di disclosure, e dell’art. 8º, che prevede la sanzione per la violazione di questi obblighi. A queste disposizioni va aggiunto l’art. 3º, comma 4, che fissa il contenuto minimo del contratto, rinforzando indirettamente l’insieme di informazioni che l’affiliante è obbligato a fornire all’aspirante ad affiliato. Chiara la ragione di garantire, nella fase prodromica alla stipula del contratto di affiliazione commerciale, la trasparenza e la tutela di fiducia della parte, ed in particolare di quella dell’aspirante ad affiliato, di regola soggetto debole della relazione, e che deve esser messo in condizioni di conoscere preventivamente le informazioni essenziali relative al contratto che dovrà stipulare al fine di poter valorizzare con piena conoscenza la convenienza economica dell’affare, e esprimere di conseguenza un consentimento pieno ed informato. È evidente, di fatto, che garantire ai futuri contrattanti di conoscere le condizioni e gli elementi fondamentali del contratto da concludere, permette agli stessi una ponderata valutazione del regolamento negoziale che pretendono sottoscrivere, oltre che dar loro la possibilità di una cosciente scelta fra una serie di offerte esistenti nel mercato in termini di convenienza ed affidabilità. 177 La finalità, in altre parole, è quella di prevenire comportamenti non corretti e favorire lo spirito di lealtà e collaborazione che dovrebbe imperniare la instauraz ione e lo svolgersi di questa tipologia de relazione contrattuale. L’art. 4º della legge prevede a carico del produttore franchisor il dovere di consegnare al franchisee per lo meno 30 giorni prima della stipula del contratto, copia completa del documento da essere sottoscritto, accompagnato da una serie di annessi, in cui devono essere indicati una pluralità di dati relativi all’affiliante, cioè, i suoi dati personali e capitale sociale, i suoi bilanci, le marche utilizzate, le attività oggetto di affiliazione, la lista degli affiliati che operano nel sistema e la sua variazione negli ultimi tre anni, come anche una sintetica descrizione delle eventuali procedure giudiziarie o arbitrali promosse in relazione al franchisor. La disciplina del disclosure è un rinforzo con relazione a quella derivante dai principi generali del Codice Civile e, in particolare, del principio della buona fede e della correttezza nelle fasi delle trattative e della formazione dei vincolo contrattuali da cui deriva una generica obbligazione di informazione, per conto delle future parti, avendo come oggetto tutte le circostanze rilevanti che dicano relazione all’affare. Tuttavia la dottrina maggioritaria nega con fermezza che questo dovere di informazione precontrattuale ex. artt. 1337, 1338, c.c., possa essere considerato inglobante dell’obbligo della parte di comunicare all’altra dati e notizie idonee con l’oggettivo di valutare con correzione e convenienza il negozio, considerando che tali aspetti rientrano nel normale gioco delle contrattazioni. È certo che la legge in esame disciplina con sufficiente precisione la fase delle obbligazioni informative precontrattuali, ma sembra laconica quanto all’aspetto sanzionatorio, nel caso cioè in cui una delle parti violi i succitati doveri comportamentali. Di fatto, l’unica disposizione che si occupa di queste questioni è data dall’art. 8º, che prevede, nel caso in cui una delle parti fornisca all’altra false 178 informazioni, l’annullabilità del contratto. Nei termini dell’art. 1439, c.c., oltre all’eventuale risarcimento. La norma non avrebbe nessuna utilità pratica rappresentando solo una ripetuta riaffermazione in materia di franchising di una regola già estratta dalla disciplina generale codicistica. Frattanto, come fa notare A. DI BIASI, per dare una interpretazione adeguata per questo articolo, si potrebbe partire dal presupposto e considerare la possibilità che la richiesta di annullazione prescinda dal carattere determinante del consenso ex. art. 1439, c.c. Anche il dolo incidente, ex. art. 1440, c.c. potrebbe portare alla annullazione.342 La ragione ultima sottintesa tanto dalla disposizione dell’art. 1892, c.c. quanto dall’art. 8º, l. n. 129/2004, sembrano uguali, precedendo un obbligo legale di informazione su circostanze rilevanti per la valutazione del rischio, e di riflesso sanziona, con la caduta della relazione, il comportamento del soggetto che abbia intenzionalmente comunicato alla controparte notizie non corrispondenti alla realtà, con lo scopo di originare in questa ultima una non corretta percezione del regolamento negoziale ed una non ponderata valutazione dello stesso. Secondo questa ricostruzione, anche il dolo incidente e non solo quello determinante potrebbe portare all’annullazione del contratto di franchising. Da ciò deriva al contrario che le informazioni false che tuttavia non abbiano avuto influenza sulla volontà di contrattare, e neanche su quella di contrattare in determinate condizioni, non possono portare a quella della fattispecie negoziale. Un ulteriore problema si presenta quando la informazione fornita da una parte, di regola il franchisor , all’altra parte, il potenziale franchisee, anche se non falsa, fosse inesatta o incompleta. In tali casi davanti al silenzio della norma che non prevede una specifica disciplina, la soluzione prevista sarebbe seguendo i principi codicistici, perché la comunicazione della informazione inesatta o 342 Cfr. A. DI BIASI, La violazione degli obblighi di disclosure nel contratto di franchising e l’abuso di dipendenza economica in Europa e diritto privato, riv. Trim. Giuffré, 2007, p. 815 179 incompleta possa causare l’annullazione del contratto. È necessario che tali informazioni possano aver influenzato la volontà del contrattante. È indispensabile allora ricorrere ad una delle tre modalità codificate di vizio: sbaglio, violenza morale o dolo. L’ipotesi adeguata è quella di dimostrare che il comportamento incorretto della controparte abbia prodotto uno sbaglio riconoscibile ai sensi dell’art. 1431 del c.c. nonché essenziale. Cioè, in particolare, lo sbaglio sia stato fatto sull’oggetto del contratto, e non sul motivo dello stesso. Si può conchiudere nel senso di considerare che l’annullazione per dolo della relazione di affiliazione contrattuale prescinde dall’impiego, da parte del franchisor, di artifici o attuazioni, essendo sufficiente la semplice circostanza rappresentativa di aver dato volontariamente informazioni non corrispondenti a tutta la reale situazione esistente. Poco importa che queste informazioni siano caratterizzate da falsità o da semplice incompletezza o inesattezza. L’esigenza di tutelare i soggetti deboli, ha favorito, per lungo tempo, la configurazione di ipotesi di debolezza istituzionale o astratta per mezzo delle quali si è tentato garantire una protezione efficace ai contrattanti, che, se avessero dovuto provare in giudizio la loro corretta condizione di minorità economica contrattuale, raramente avrebbero potuto realizzare. La situazione di debolezza materiale ha come conseguenza la debolezza processuale, per la difficoltà affrontata dalla parte di provare il diritto allegato.343 Tuttavia, la previsione di subalternità che la legge stabilisce per coloro che appartengono a determinate categorie come il consumatore, il subfornitore, sembra superabile mediante prova contraria quando risulta che nella concreta fattispecie il soggetto supposto debole non lo è. 343 Cfr. D. MANTUCCI, Profili del contratto di subfornitura, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p. 328. 180 CONCLUSIONI Lo studio ha cercato di esaminare l'istituto del franchising osservare la sua autonomia come istituto di diritto privato, il suo inserimento nel sistema giuridico italiano e la possibilità di essere caratterizzato la situazione di dipendenza economica che è tipica di contratti di distribuzione. Alla fine, presenta le seguenti conclusioni. Nell’ambito della normativa europea o contrato de franchising si trova previsto con Il Regolamento CEE n. 4087/88, de 30.11.88, caratterizzato come contratto típico: “l’accordo di franchising si intende come quello con cui una impresa, l’affiliante, concede ad un’altra, l’affiliata, dietro corrispettivo finanziario diretto o indiretto, il diritto di sfruttare un franchising allo scopo di commercializzare determinati tipi di beni e o servizi, comprendendo esso almeno gli obblighi connessi, all’uso di una denominazione o di una insegna commerciale comune e di una presentazione uniforme della sede e/o dei mezzi di trasporto oggetto del contratto; alla comunicazione da parte dell’affiliante all’affiliato di un know-how; alla prestazione permanente da parte dell’affiliante all’affiliato di una assistenza in campo commerciale o tecnico per la durata dell’accordo’’. 344 Similmente al Regolamento (CEE) N. 4087/1988, il Regolamento (CE) N. 2790/1999 tratta dell’applicazione dell’art. 85, par. 3, riferendosi tuttavia alla categoria di accordi verticali che dicono rispetto alle disposizioni relative alla cessione o all’uso del diritto di proprietà intellettuale. Sotto l’aspetto impresariale, una delle principali esigenze a cui il franchising risponde, è, di fatto, la questione della divisione tecnica del lavoro con specializzazione di incarichi. Attraverso il sistema di franchising sono create aggregazioni di imprese con specializzazioni, nel loro interno, delle varie funzioni impresariali. In speciale, 344 l’impresa franchisor si occupa del maggior Cfr. G. GALIMBERTI. Il Franchising, Giuffrè Editore, Milano, p. 5. 181 perfezionamento della immagine impresariale, della amministrazione delle innovazioni e della consolidazione e dello sviluppo della immagine impresariale anche per mezzo dello stimolo pubblicitario. Le imprese franchisee disimpegnano altre fondamentali attribuzioni, come la formazione del personale di vendita, il collegamento con la clientela, il credito al consumo. L’attività della impresa franchisee si sviluppa sotto il nome della impresa franchisor, avvantaggiandosi della sua notorietà e reputazione, condizionata però da clausole contrattuali che la dirigono secondo i principi della politica commerciale e della conduzione impresariale stabilita dalla impresa franchisor.345 Il franchising, a sua volta, si inquadra pienamente nell’ampio genere della distribuzione commerciale, poiché le imprese produttrici coordinano non solo la vendita, ma anche tutte le operazioni finalizzate a questo fine e, essendo la distribuzione l’anello di congiunzione tra la produzione e il collocamento dei prodotti o servizi ai consumatori, esso risponde efficacemente proprie della moderna industria dell’originario ordine organizzativo. di realizzare una alle esigenze decentralizzazione 346 Nell’ambito della distribuzione commerciale in Italia esistono alcuni accordi di collaborazione che presentano affinità con il franchising. Il franchising costituisce una delle quattro categorie del commercio associativo, che sono: - Unione o catene volontarie,cioè accordi verticali tra grossisti e dettaglianti; - Gruppi di acquisto, associazioni di tipo orizzontale tra dettaglianti; - Franchising, accordi tra operatori economici appartenenti a vari livelli del processo di commercializzazione dei prodotti.347 La decisiva simpatia per i contratti di franchising provocò da parte della Commissione CEE un pullulare di soluzioni (tutte nel senso di esentare tali 345 Cfr. A. MARRONE. Il Franchising. Giuffrè Editore, Milano, 2004, p.20. Cfr. V. De GIOIA. Il Contratto di Franchising. Profili dottrinali, giurisprudenziali, schemi operativi e formulario. Experta S.p.a, 2004, p.4-5 347 Cfr A. MARRONE. Il Franchising. Giuffré Editore, Milano, 2004, p.21. 346 182 contratti dai fulmini dell’art. 85), giacché si attribuiva a tale sistema la capacità di incentivare lo small business, migliorando la distribuzione e promovendo, in ultima analisi, l’interesse pubblico. 348 Le reti di imprese possiedono una lunga traiettoria storica, esistendo proprio prima della impresa verticalmente integrata e hanno svolto una funzione importante nel processo di globalizzazione. Da sistemi particolari, legati sia all’economia reale che a quella finanziaria, troviamo traccia della loro esistenza già prima del 1492 nella organizzazione degli scambi di materie prime, semilavorati e prodotti finiti, che aveva luogo sia in Europa sia tra l’Europa ed il continente asiatico.349 Il fenomeno è sorto di recente, nel tardi ‘900. Le reti sono emerse nei mercati reticolari a causa della liberalizzazione che con lo sviluppo tecnologico ha portato allo smantellamento dei monopoli. E con una diversa morfologia si incontrano anche nei settori della energia, nelle telecomunicazioni, nel settore bancario e finanziario e in quello dei trasporti. Tali reti possono essere considerate più come fenomeno derivante dalle trasformazioni dei mercati, dalle divisioni internazionali del lavoro e dalla deverticalizzazione delle filiere produttive che come esito di un processo di liberazione dei mercati e di ridefinizione di paradigmi. “In questo ambito si comprendono forme di collaborazione in fase produttiva e distributiva come la subfornitura o i gruppi di acquisto, i contratti di outsourcing, le joint ventures, i raggruppamenti di imprese, le ATI, i contratti plurilaterali di ricerca e di sviluppo, i sistemi di controllo di qualità lungo la filiera, il franchising, la concessione, le licenze di marchio, i consorzi e altri ancora”.350 348 Crf R. PARDOLESI. Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici, p. 104 349 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p.9. 350 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 9. Queste reti non avevano sino ad ora trovato una disciplina unitaria ma erano emerse sul piano della prassi 183 La crescita del commercio internazionale e l’aumento delle pressioni concorrenziali hanno prodotto forme di deverticalizzazione della filiera produttiva frequentemente associata a delocalizzazioni, determinate sia per fattori di costo sia per la esigenza di attingere i mercati esterni.351 La deverticalizzazione con forme di outsourcing richiede forme di governo contrattuale che ne permettano il coordinamento. Dunque alla scomposizione organizzativa si risponde con la ricomposizione contrattuale. A sua volta, nell’ambito delle reti contrattuali si distinguono due grandi modelli: quello del contratto plurilaterale e quello dei contratti bilaterali o plurilaterali collegati. Nel primo caso si ha un contrato di rete di imprese, nel secondo una rete di contratti collegati: “Sotto il profilo formale la distinzione concerne principalmente l’unitarietà del negozio: solo quando questa ricorre si avrà contratto plurilaterale di rete, altrimenti si è in presenza di contratti bilaterali o plurilaterali eventualmente collegati. Sul versante funzionale l’interrogativo concerne le ragioni che inducono le parti a scegliere un contratto plurilaterale o una serie di contratti bilaterali collegati.352 Come riconosciuta da ampia dottrina, l’interdipendenza, propria dei sistemi di rete, rende i rischi di opportunismo più elevati e richiede pertanto l’introduzione di sistemi di difesa più complessi. La concessione strategica emergente in molte forme organizzative che fanno largo uso del contratto di franchising può essere sintetizzata, come già talvolta ricevendo, in seguito, riconoscimento legislativo, che rappresentava una risposta alla vulnerabilità provocata dalla frammentazione proprietaria e dalla piccola dimensione delle imprese sia italiane che europee. 351 Cfr. F. CAFAGGI, Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 10. Le prime legate all’offerta di fattori produttivi, le seconde alla modificazione della domanda. 352 Cfr. F. CAFAGGI. Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi, p. 16. Perché esista una rete ci deve essere una relazione strumentale di complementarietà tra l’attività delle imprese di cui il collegamento contrattuale definito dal contratto di rete diviene espressione. Non è sufficiente dunque il mero riferimento ad un’operazione economica unitaria; occorre che vi siano elementi di collegamento tra i contatti collegati in rete sotto il profilo causale e dell’oggetto che rendano evidente l’interdipendenza tra le attività e di conseguenza del rischio di impresa. 184 sopra indicato, in due grandi opzioni, che sono anche due direzioni evolutive, nella tendenza della organizzazione commerciale: “da un lato, costruire reti dirette quanto a circolazione dell’informazione della filiera distributiva; dall’altro, utilizzare nella costruzione della rete l’apporto di una pluralità di operatori indipendenti (sotto il profilo proprietario e manageriale), coordinati attraverso contratti e media comunicativi che permettono efficaci relazioni cooperative tra il centro della rete e i suoi terminali periferici”.353 Il contratto di rete è, per espressa previsione legislativa, un contratto con comunione di interessi e questa connotazione incide chiaramente sul piano funzionale, estendendosi tanto l’ipotesi di contratto bilaterale quanto quella di contratto plurilaterale. La disciplina del contratto bilaterale e del contratto plurilaterale si trovano in un contesto in cui gli aderenti possono optare per una variabilità del numero delle parti, producendo così una possibile alternanza tra bilateralità e pluralità. Prima della edizione della legge di affiliazione commerciale, il contratto di franchising, anche se non tipificato legalmente, era già considerato dalla giurisprudenza come espressione del principio della libertà di iniziativa economica privata dovuto alla sua larga utilizzazione, garantendo nella espressa previsione dell’art. 1322 c.c., come ugualmente, avendo come substrato costituzionale l’art. 41 Cost., che permette e tutela l’aggregazione e l’affiliazione e, allo stesso modo, la collaborazione di imprese. “Ne deriva che detto contratto attiene a materia disponibile in quanto espressione della libertà di scelta nello svolgimento delle attività economiche riconosciuta al soggetto privato in quanto tale”.354 353 Cfr. E. RULLANI. Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima, p. 33 In tal senso si è manifestata la giurisprudenza che ha riconosciuto la meritevolezza degli interessi perseguiti dal contratto all’epoca atipico – ma socialmente tipico, data la sua amplia rilevanza e utilizzazione abituale nel modo dei traffici. Cass. 20 giugno 2000, n. 8376, in Giusti. Civ, 2001 l, c. 1327. Mettendo in risalto la meritevolezza anche Trib. Milano 28 febbraio 2002, in 354 185 Il D.D.L. n. 19 ha subito, senza dubbio, una forte ispirazione dal Regolamento (CEE) n. 4087/1988, anche se ha più tardi preso alcuni punti dal Regolamento (CE) n. 2790/1999. Tale influenza si denota dalla nozione di contratto di franchising che fu estratta dal regolamento del 1988. Così, precisa che laddove l’accordo consista in “rapporti che ( siano) caratterizzati dalla presenza di un soggetto, affiliante, fornitor o franchissor, che mette a disposizione di un altro soggetto, affiliato, acquirente o franchisee, un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relative a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi”, indipendentemente dal nomen iuris attribuito dalle parti al contratto, devono applicarsi le norme ivi contenute.355 Si discute nello scenario sopra disegnato, se potrebbe essere applicabile la disciplina dell’art. 1469 – bis, contratti dei consumatori, al soggetto che stipula un contratto come affiliato, ma non esercita ancora nessuna attività, non potendo pertanto, per tale effetto essere considerato imprenditore, ed essendo persona fisica potrebbe essere applicabile la tutela consumeristica. Il problema si inserisce in un dibattito più ampio, circa i confini della figura <<consumatore>> “che parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene debba esser definita in modo estensivo, con riguardo cioè ad ogni ipotesi in cui sia dato riscontrare una condizione di debolezza e di sostanziale squilibrio in capo ad uno dei soggetti di un contratto per effetto di una asimmetria informativa: tipica di chi non abbia né la forza di imporre una trattativa sulle clausole contrattuali, né il tempo, la capacità od il denaro necessari per realizzare le clausole predisposte Giur. Milanese, 2002, p. 273. Cfr. A. BERTOLOTTI. Norme per la Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso. G. Giappichelli Editore – Torino, p. 50.. 355 Cfr. A. BONFANTE. Evoluzione Normativa, in Norme per La Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso, G. Giappichelli Editore – Torino, p. 36... 186 della controparte”. Dove si presentasse una simile ipotesi, l’art. 1469 – bis, si rivelerebbe come idoneo e necessario strumento di tutela.356 Altra parte della dottrina, collocandosi nella prospettiva della affiliazione commerciale, nega l’applicabilità di tali norme, ed afferma nel senso contrario, che la propria stipula del contratto, per un orientamento teleologico che lo caratterizza, costituirebbe un indizio evidente della nascita di una impresa, suscettibile per sé stesso di escludere la qualificazione del futuro affiliato, anche se in quel momento non operi già in una impresa, come consumatore.357 Il panorama dottrinario e giurisprudenziale circa il divieto di abuso di dipendenza economica è ancora incerto e oscillante. Sia per quanto dice rispetto all’inquadramento sistematico sia per quanto concerne la concreta applicazione di questo istituto; è da tutti accettato che tale normativa, dopo di aver prescritto le regole generali di proibizione di abuso di dipendenza economica da parte di una impresa in relazione ad un’altra, sanziona con nullità il patto attraverso cui si realizza tal abuso. Questa prescrizione per la prima volta fa riferimento ad una 356 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 61. Seguendo tale linea il Tribunale di Ivrea con sentenza 5 ottobre 1999, in Danno e Responsabilità, 2000, p. 861 procede ad applicare la normativa introdotta con l’art. 25, legge 6 febbraio 1996, n. 52, alla fattispecie di una persona fisica che acquista beni allo scopo di avviare una piccola attività commerciale collaterale a quella lavorativa già sua propria. 357 Cfr. F. BORTOLOTTI. Il Contratto di Franchising – La Nuova Legge sull’Affiliazione Commerciale – Le Norme Antitrust Europee, CEDAM, 2004, p. 61. L’autore richiama FRIGNANI, op. Cit. P.31: L’Autore fa richiamo alla sentenza Corte di Giustizia Comunità Europee, 3 luglio 1997, Benincasa (edita per esteso in Giust . civ., 1999, I, p. 11, e quindi annotata da COREA, sulle nozioni di “consumatore”: il problema dei contratti stipulati a scopi professionali, ivi, 1999, I, p. 13), pronunciata in una fattispecie di affiliazione commerciale. La decisione f riferimento, tuttavia, agli artt. 13, 1.o comma, e 14, 1.o comma, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, ove viene definito consumatore che agisce <<per un fine che non può considerato estraneo alla sua attività professionale>>: formulazione che viene interpretata nel senso che <<chi ha stipulato un contratto per l’esercizio di un’attività professionale non attuale ma futura non può essere considerato come consumatore>>. Diversa, come è noto, la direzione dell’art. 1469-bis: <<la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta>>, in cui il participio passato (svolta) non parrebbe consentire una interpretazione che non si traducesse in una effettiva attualità dell’esercizio. Estrato da ANGELO BERTOLOTTI, P. 62. 187 situazione di “debolezza contrattuale” ad un soggetto diverso dal consumatore, cioè, un imprenditore. Considera per questo il legislatore che situazioni di squilibrio contrattuale possano darsi fuori dei limiti consumeristici, verificandosi anche nelle relazioni tra imprese.358 Sul tema, importa notare che l’abuso di dipendenza economica non costituisce altro che una specifica espressione di un comportamento contrario alla buona fede, che nemmeno il controllo sulla congruità del contenuto contrattuale che questo comporta, sembra aver caratteristiche eccezionali, dovendo, al contrario, deve essere considerato come l’applicazione specifica dei principi fondamentali dell’ordinamento.359 Di fatto, la tutela della posizione della parte contrattuale debole trova solide radici nello sforzo costituzionale in favore della solidarietà e della uguaglianza sostanziale prevista negli artt. 2 e 3, comma 2, cost., che trasforma non solo in legittimi, ma in necessari gli interventi legislativi diretti a correggere queste disparità socio-economiche che impediscono alle parti di godere della stessa libertà di determinare il contenuto del contratto. Effettivamente, il contratto di subfornitura non ha, in realtà, disciplinato un nuovo contratto tipico, autonomo ed alternativo, rispetto a figure negoziali tradizionali, ma avrebbe, al contrario, configurato una specie di tipo di contratto generale dovuto al suo carattere di trasversalità. Il problema della norma di applicazione dell’art. 9º, legge 18 giugno 1998., n. 192, è stato affrontato dalla giurisprudenza, che in modo maggioritario, forse mossa dalla preoccupazione di non estendere il campo di operatività di una normativa di potenziale trasformatore, sia stata molto cautelosa e rigorosa nel considerare le disposizioni 358 Cfr. A. DI BIASE. La vocazione allargata di divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese limiti e presupposti applicativi. Rivista di diritto dell’impresa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007, p. 543. 359 Cfr. F. PROSPERI, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica – profili ricostruttivi e sistematici, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 346. 188 in materia di proibizione di abuso di dipendenza economica come una norma di settore applicabile pertanto solo alle relazioni di subfornitura come definite nell’art. 1 della legge n. 192/1998. Per sostenere questa tesi, sono presentate varie argomentazioni. In primo posto, la collocazione sistematica della norma inserita in una legge il cui titolo “disciplina la subfornitura nelle attività produttive” disciplina solo tale operazione. D’altro lato, una interpretazione estensiva violerebbe il principio costituzionale della libertà di contrattare espresso negli artt. 41 cost. e 1321, 1322, 1326, 137, c.c. Seguendo questa lettura, la norma sull’abuso di dipendenza economica costituirebbe parte integrante della legge n. 192/1998 e pertanto applicabile esclusivamente quando configurata la fattispecie tipica di subfornitura nel senso dell’art. 1 della stessa legge. Consolidata tale posizione ha interpretato il Tribunale di Bari, nell’ord. del 2 luglio 2002 “è assolutamente contrario ai principi di ermeneutica giuridica ritenere che una norma inserita in una legge di settore che disciplina la subfornitura nelle attività produttive, abbia un effetto così dirompente da stravolgere tutti i principi in materia contrattuale, introducendo un potere così penetrante in capo al giudice, il quale può riequilibrare l’assetto del contratto”. Peraltro si aggiunge che la proibizione di abuso di dipendenza economica, se applicabile fuori della stretta regolamentazione della subfornitura, si rivelerebbe in modo assoluto come spezzando i principi di comune applicazione in materia contrattuale, conforme già determinato dalla giurisprudenza, come può essere verificato dalla ordin. 22 dicembre 2003, del Tribunale di Taranto. In altre parole, si verifica chiaramente tutta la contrarietà mostrata dalla giurisprudenza nel cammino di una normativa di forte contenuto protettivo per il soggetto debole, e che legittima in certo modo e dentro di certi limiti, un esame 189 giudiziale sull’equilibrio normativo dello scambio negoziale in assoluto disprezzo dell’antica sentenza pacta sunt servanda.360 Seguendo una linea di pensiero diversa, analizzando la letteralità della norma che, all’individuare i soggetti protetti dalla proibizione di abuso di dipendenza economica, non parla in subfornitura e committente , locuzioni al contrario previste nell’art. 1, ma utilizzata in diversi termini di “impresa cliente o fornitrice”. Oltre a questo, c’è anche la determinazione da parte del legislatore che afferma: “l’abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare”. Deporrebbero a favore dell’ampliamento dell’ambito di applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica i lavori preparativi della legge n. 192/1998 che seguendo un piano di interpretazione storica risulterebbero dall’espresso riferimento alla legge tedesca in tutte le relazioni esposte dalla legge contro la limitazione della concorrenza (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschrankungen – GWB), come ugualmente all’art. 8 dell’ordinanza Francese del 1º dicembre 1986, n. 1243, nei due casi le norme non si limitano alla subfornitura, come anche la originaria collocazione della normativa della subfornitura nella legge antitrust, visto che in questa sede la norma prescinde necessariamente da qualunque riferimento al contratto in oggetto. Effettivamente, si deve allora parlare di una profonda revisione del compito e della funzione tradizionalmente assicurata alla nozione di autonomia privata, che non possono essere considerati un valore in se stesso, dovendo il suo esercizio come qualunque altro comportamento rilevante adeguarsi in concreto 360 Cfr. R. RINALDI- F. TURITTO. L’abuso di dipendenza economica in P. SPOSATO-M. COCCIA. La disciplina del contratto di subfornitura nella legge n. 192 del 1998, p. 121. Per il citato autore una espansione della norma oltre ai limiti della subfornitura sarebbe contraria sotto gli aspetti sistematico e teleologico. 190 alle scelte sostanziali che caratterizzano l’ordinamento, 361 specialmente con la crescente normativa direttamente derivata dall’ordinamento comunitario che dà enfasi alla tutela dei soggetti considerati socialmente deboli, e il risorgere dei principi generali come il divieto di dipendenza economica basato in valori costituzionali. L’etica sta conquistando spazi sempre più ampi nell’ambito delle relazioni economiche e anche delle regolamentazioni giuridici. La rigida distinzione tra la sfera giuridica e la sfera morale che distinse tutto il pensiero giuridico moderno partendo dalle prime distinzioni di Tommaso d’Aquino e dalle riflessioni kantiane contenute nella metafisica dei costumi sembra superata.362 Gli studi giuridici stanno conoscendo una autentica svolta . La realtà è che tra gli economisti è diffusa la convinzione che non tutti i comportamenti umani sono riconducibili a scelte razionali e neanche tutte le motivazioni di tali comportamenti sono ispirate in incentivi monetari. Nuove ricerche sia nel campo della economia cognitiva sia nel campo della economia sperimentale mostrano aperture sempre più insistenti nel rivisitare l’etica nel presupposto di che sul comportamento umano dipenda da una molteplicità di fattori, anche etici, e che generalmente le determinazioni assunte in ambito economico non possono sistematicamente prescindere da una valutazione assiologica. L’etica appare come l’unica fonte idonea e plausibile per proporre codici di valori comuni, decaloghi di pratiche condivise, complesso di regole che non si esauriscono appena nella logica delle relazioni di forza e di compromessi di potere, dei deficienti programmi di coordinamento e di coerenti quadri di regolamentazioni. 361 Cfr. P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Edizioni Scientifiche Italiane , Napoli, 1991, p. 134 ss. 362 Cfr. G. CONTE, Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività di impresa in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano, 2008, p. 488. 191 Nell’aspetto giuridico L’etica si spande inizialmente per mezzo della così detta soft law, ma anche per mezzo delle tradizionali fonti rigide.363 D’altro lato le fonti legislative anche esigono regole etiche di comportamento per introdurre una più efficace regolamentazione giuridica dei fenomeni specialmente complessi. La dottrina discute, alla fine, circa l’estensione della tutela dell’imprenditore debole oltre al contratto. Questa alterazione di paradigma cambia completamente lo scenario e permette di interrogarsi sulla diversa possibile rilevanza giuridica della dominanza relativa, non più vista nel suo congiunto regolatorio come clausola contrattuale squilibrata o ingiusta, ma pensata nella sua essenza di condotta non approvata, che, per ciò stesso, riceve il predicato di illiceità. E l’abuso a questo punto potrebbe coincidere con l’area del fatto illecito commerciale definibile stipulantemente come un fatto doloso o colposo lesivo dell’equilibrio economico della impresa dominata.364 Quanto riguarda la questione di nullità rivela fondamentale il aspetto consiste nel fatto che non si può allontanare dalla struttura dogmatica questa forma di invalidità, poiché nella nullità speciale il dogma di assoluta inefficacia del negozio nullo risulta completamente superato e la produzione di effetti giuridici deve essere considerata connota nodi con le regole della nullità speciale.365 Generalmente si presenta come conseguenza indefettibile della nullità dell’atto la espurgazione del proprio negozio dal mondo giuridico, che sembra 363 Cfr. G. CONTE, Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività di impresa in Studi in onore di Nicolo Lipari, Giuffré, Tomo I, Milano, 2008, p. 493. Una parte più significativa delle regolamentazioni delle attività delle imprese è, in qualche modo, affidata a codici etici e di autoregolamentazione che vengono adottati spontaneamente dalle imprese e cercano di focalizzare la introduzione di standard di condotta influenzati da valori etici e sociali. 364 frR. M. ORLANDIi, dominanza relativa e illecito commerciale in Il Problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Società Editrice il Mulino, Bologna, 2008, p. 137. 365 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1013. 192 attualmente meccanismo largamente superato visto che al contrario si oggettiva con la nullità speciale la conservazione della relazione, adeguandosi la conformazione degli interessi che giustificano la reazione dell’ordinamento.366 In questo modo si fa riferimento al fenomeno della necessaria parzialità di nullità, che comporta molte fattispecie di nullità protettive, e la circostanza che in questo caso c’è la permanenza della relazione e comporta naturalmente che il contratto abbia efficacia relativamente alla parte valida, che pertanto non è toccata dalla nullità. L’esigenza di tutelare i soggetti deboli, ha favorito, per lungo tempo, la configurazione di ipotesi di debolezza istituzionale o astratta per mezzo delle quali si è tentato garantire una protezione efficace ai contrattanti, che, se avessero dovuto provare in giudizio la loro corretta condizione di minorità economica contrattuale, raramente avrebbero potuto realizzare. La situazione di debolezza materiale ha come conseguenza la debolezza processuale, per la difficoltà affrontata dalla parte di provare il diritto allegato.367 Tuttavia, la previsione di subalternità che la legge stabilisce per coloro che appartengono a determinate categorie come il consumatore, il subfornitore, sembra superabile mediante prova contraria quando risulta che nella concreta fattispecie il soggetto supposto debole non lo è. Il dubbio e’ suscitato dalla lettura della disposizione racchiusa nell’art. 9, l. n. 192 de 1992 del 1998, la dove il legislatore, consapevole delle possibililà, multiformi, manifestazioni delle condotte, e con la precisa intenzione di non voler cristallizzare i comportamenti, si e’ limitato ad indicarne in via esemplificativa alcuni, e tra questi, oltre al divieto di imposizione di condizioni contrattuali 366 Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe, tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Giuffré (a cura di Giuseppe Dalla Torre), Milano, 2010, p. 1016. Cfr. S. POLIDORO, Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, 2001, 180, p. 13. 367 Cfr. D. MANTUCCI, Profili del contratto di subfornitura, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004, p. 328. 193 ingiustificatamente gravose o discriminatorie, ha incluso l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali ed il rifiuto di vendere e di comprare. L’interruzione arbitraria ‘e definita, in via esemplificativa, dal recesso ingiustificato, dalle ipotesi in cui l’impresa in posizione di forza, alla scadenza del rapporto contrattuale instaurato come l’impresa economicamente dipendente, rifiuti di rinnovarlo malgrado le costanti e corrette relazioni commerciali. In tale ipostesi, infatti, legittimamente insorge nel soggetto economicamente piu’ debole un affidamento nella conclusione di ulteriori contratti, tale da indurlo ad organizzare la propria attivita’ sul presupposto di una ordinata prosecuzione delle relazioni contrattuali. Appare evidente che in tal caso il soggetto economicamente debole non possa essere lasciato in balia delle scelte unilaterali del contraente forte. Il problema della legittimità dell’ interrruzione delle relazioni commerciali riguarda, evidentemente, tutti i rapporti nei quali si riscontri una dipendenza economica, espressa dall’impossibilita’ materiale di reperire sul mercato alternativa soddisfacenti. Così non soltanto i rapporti di subfornitura, ma anche i rapporti di franchising , di concessione di vendita, ecc., soggiacciono alla disciplina richiamata. Sicuramente la prospettiva formalistica – che circoscrive l’operatività della disposizione al contratto di subfornitura- trascura del tutto il problema della giustizia materiale nell’ ambito di tali contratti, quando, invece, non v’e’ dubbio che, ad es., il franchisee versi in una situazione di assoluta dipendenza economica nei confronti del franchisor pienamente assimilabile a quella del subfornitore. La stessa ratio della disposizione – tutela del contraente debole rispetto al rischio di un recesso improvviso - sollecita una soluzione interpretativa estensiva. 194 La dottrina già da tempo ha sottolineato l’intimo legame che corre fra l’abuso e la mancanza di giusta causa. Tuttavia, il rinvio al ruolo della giusta causa ed alla funzione assolta dal termine di preavviso potrebbe suggerire la verifica in concreto in ordine alla giustezza dell’esercizio del recesso. Così, in presenza di alcune circostanze diventa alquanto difficile pretendere che la parte recedente continui a dare esecuzione al contratto, a fronte dell’ inadempimento dell’altra parte. Ma se l’impresa recedente abbia, attraverso propri comportamenti, ingenerato nella controparte il ragionevole affidamento sulla prosecuzione del rapporto, non può evidentemente pretendere improvvisamente e senza alcun preavviso di sciogliere il contratto, incontrando il limite della buona fede368. La conclusione evidentemente si traduce nella necessità che in ogni caso venga effettuato un giudizio di meritevolezza dell’atto di esercizio del recesso, il cui esito positivo non può fondarsi esclusivamente sulla mera presenza di una giusta causa, ma deve scaturire da una valutazione alla stregua del principio di buona fede. 368 Cfr. A. VILLELLA, Abuso di dipendenza economica ed obbligo a contrarre, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008, p. 176. 195 BIGLIOGRAFIA ALPA G., L’arte di giudicare, Bari, 1996, p. 169 ss. In F. BENATTI, arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Milano: Giuffré, 2002. ALPA G., Nuove Prospettive della protezione dei consumatori, in La Nuova giurisprudenza civile commentata, Milano: Cedam, 2005. AMADIO G., Il terzo contratto. Il problema in il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Bologna: società editrice Il Mulino, 2008. BARROSO L. R., Temas de Direito Constitucional brasileiro. Tomo III, Rio de Janeiro: Renovar, 2005. BARROSO L. R., A Nova Interpretação Constitucional: Ponderação, Direitos Fundamentais e Relações Privadas, Rio de Janeiro: Renovar, 2003. BARROSO L. R., Fundamentos Teóricos e Filosóficos do Novo Direito Constitucional brasileiro, in A Nova Interpretação Constitucional (org. Luís Roberto Barroso), Rio de Janeiro: Renovar, 2006. BENATTI F., Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Giuffré, Milano, 2002. BERTOLOTTI A., Norme per la Disciplina dell’Affiliazione Commerciale a cura di Oreste Cagnasso. Torino: G. Giappichelli Editore . BIANCA C.M., Il Contratto, Diritto Civile III, Giuffré, Milano, 2000, p. 405 BODIN DE MORAES M.C., Princípio da Dignidade Humana in Princípios do Direito Civil Contemporâneo, Rio de Janeiro: Renovar, 2006. 196 BONFANTE A., L’Evoluzione Normativa in Norme per La disciplina dell’affiliazione commerciale (a cura di O. CAGNASSO), Torino: Giappichelli. BORTOLOTTI F., Il Contratto di Franchising. La Nuova Legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, Padova: CEDAM, 2004. BRITO FILOMENO G., Código Brasileiro de Defesa do Consumidor – Comentado pelos Autores do Anteprojeto, Rio de Janeiro: Forense Universitária, 2000. CAFAGGI F., Il Contratto di rete – Commentario, a cura di Fabrizio Cafaggi. Bologna: Società Editrice il Mulino, 2009. CAMARDI C., I Contratti di distribuzione come contratti di rete. Le Reti di Imprese e I Contratti di Rete, a cura di Paola Iamiceli, Torino: G. Giappichelli Editore, 2009. CATERINI D., La terza fase del diritto dei consumi in scritti in onore di Marco Comporti, a cura di Stefano Pagliantini, Enrico Quadri e Domenico Sinesio, Milano: Giuffré, 2008. CONTE G., Vincoli giuridici, principi economici e valori etici nello svolgimento dell’attività di impresa in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano: Giuffré, 2008. COUTO C. e SILVA., A Obrigação como Processo, São Paulo: Bushatsky, 1976. D’AMICO G., Il c.d. terzo contratto: la formazione in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano: Giuffrè, 2008. D’AMICO G., Nullità virtuale – nullità di protezione (variazioni sulla nullità) in studi in onore di Giovanni Giacobbe(a cura di Giuseppe Dalla Torre), tomo II (attività economiche tra autonomia e tutela), Milano: Giuffré, 2010. 197 DE GIOIA V.. Il Contratto di Franchising. Profili dottrinali, giurisprudenziali, schemi operativi e formulario. Experta S.p.a, 2004, p.2-3 DE NOVA G., Il Franchising – Collana a cura di Giorgio De Nova – IPSOA2004. DI BIASE A. La violazione degli obblighi di disclosure nel contratto di franchising e l’abuso di dipendenza econômica in Europa e diritto privato, riv. Trim. Giuffré, 2007. DI BIASE A., La vocazione allargata di divieto di abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese limiti e presupposti applicativi. Rivista di diritto dell’impresa, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2007. DI LORENZO G., Abuso di dipendenza economica e contratto nullo, Milano: cedam, 2009. DI MARZIO F., Abuso di dipendenza economica e clausole abusive in rivista Del diritto commerciale e Del diritto generale delle obbligazioni, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, 2006. DI MARZIO F., teoria dell’abuso e contratti del consumatore, in Studi In onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano: Giuffre, 2008. FALZEA A., Il controllo di legittimità sull’impiego degli standard valutativi in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo I, Milano: Giuffré, 2008. FLICK M., Rivista di diritto privato, Anno XIII, n. 2, Aprile-Giugno 2008, Milano: Kluwer IPSOA. FRIGNANI A, Il Contratto di franchising, Milano: Giuffré Editore, 1999. GALGANO F., Diritto Civile e Commerciale, vol. 1, Padova: CEDAM, 204. GALIMBERTI G., Il Franchising. Milano: Giuffré Editore. La Nuova legge sull’affiliazione commerciale. Le Norme Antitrust Europee, Padova: CEDAM, 2004. 198 GITTI G., Vecchi e nuovi confini dell’autonomia contrattuale, in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M. N. MILETTI, Milano: Giuffré, 2006. IAMICHELI P., Introduzione – Dalle reti di imprese AL contratto di rete in Le reti di imprese e i contratti di rete (a cura di P. IAMICHELI), Torino: G. Giappichelli, 2009. IRTI N., Dubbio e Decisione, in Scritti in Memoria di Giovanni Cattaneo, Tomo Secondo. Milano: Dott. A. Giuffrè Editore. JUNQUEIRA DE AZEVEDO A., Princípios do Novo Direito Contratual e Desregulamentação do Mercado, Direito de Exclusividade nas Relações Contratuais de Responsabilidade Fornecimento, Aquiliana do Função Terceiro Social que do Contrato Contribui e para Inadimplemento Contratual in Revista dos Tribunais no. 750, São Paulo: RT, abril 1998. KONDER COMPARATO F., A Proteção do Consumidor. Importante capítulo do Direito Econômico, Rio de Janeiro: Revista Forense, no. 255, 1976. LIBERTINI M., Posizione dominante individuale e posizione dominante collettiva, in rivista di diritto commercial e del diritto generale delle obbligazioni, Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, 2003. LIMA MARQUES C., Contratos no Código de Defesa do Consumidor, São Paulo; RT, 2005. LIMA MARQUES C., Três tipos de diálogos entre o Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002: superação das antinomias pelo “diálogo das fontes” in Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002 – Convergências e Assimetrias, São Paulo: RT, 2005. LIPARI N., Persona e mercato in studi in onore di Giovanni Giacobbe, a cura di Giuseppe Dalla Torre, Milano: Giuffré, 2010. 199 MACARIO F., Ideologia e dogmatica nella civilistica degli anni settanta. Il dibattito su autonomia privata e libertà contrattuale in Studi in onore di Nicolo Lipari, Tomo II, Milano: Giuffré, 2008. MAGALHÃES MARTINS G., Formação dos Contratos Eletrônicos de Consumo Via Internet, Rio de Janeiro: Forense, 2003. MAGRI G., Precetti e sanzioni nella nuova disciplina sull’affiliazione commerciale in Giurisprudenza italiana, 2006, vol. 3. MANOEL DA ROCHA E MENEZES CORDEIRO A., Da Boa Fé no Direito Civil, Lisboa: Almedina, 1983. MANTUCCI D., Profili del contratto di subfornitura, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2004. MARRONE A., Il Franchising. Milano: Giuffré Editore, 2004. MARTINS COSTA J., A Reconstrução do Direito Privado, São Paulo: RT, 2002. MARUCCI B., Equilibrio Contrattuale: un principio nella continuità in Rassegna di Diritto Civile diretta da Pietro Perlingieri, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2003. MICKLITZ H., De la necessité developpement du droit de la d’une nouvelle Conception pour le consomattion dans la Communauté Europeene, in Melange en l’honneur de Jean Callais-Auloiy, Dalloz-Sirey, 2004. MONTICELLI N., Dall’abuso del diritto all’abuso di dipendenza economica, Roma: Libreria Forense Editrice, 2006. MORELLO U., Condizioni generali di contratto in dig. Disc. Priv. – sez. Civ. III, Torino 2001 (rist.), p. 335 NEGREIROS T.. Fundamentos para uma interpretação constitucional do Princípio da Boa-Fé, Rio de Janeiro: Renovar, 1998. 200 ORLANDI M., dominanza relativa e illecito commerciale in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Bologna: Società editrice Il Mulino, 2008. ORLANDI M., Le condizioni generali di contratto come fonte secondaria in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M. N. MILETTI, Milano: Giuffré, 2006. PARDOLESI R., Tipologie Prevalenti dei Contratti di Franchising: Aspetti Giuridici Ed Economici. PAULA DE BARCELLOS A., A Eficácia Jurídica dos Princípios Constitucionais – O Princípio da Dignidade da Pessoa Humana, Rio de Janeiro: Renovar, 2002. PELLEGRINI L., L’Integrazione Contrattuale nei Rapporti tra Industria e Distribuzione. PERLINGIERI G., La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria nei negozi giuridici, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2010. PERLINGIERI P., La Personalità Umana Nell’Ordinamento Giuridico, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane. PERLINGIERI P., Le ragioni del mercato e le ragioni del diritto dalla comunità economica europea all’unione europea, in studi in onore di Giovanni Giacobbe, a cura di Giuseppe Dalla Torre, Milano: Giuffré, 2010. PERLINGIERI P., Parte generale del contratto, relazione conclusiva in tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. MACARIO e M.N. Miletti, Milano: Giuffré, 2006. PERLINGIERI P., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1991. PERLINGIERI P., la Contrattazione tra imprese in Riv. Dir. Impresa. 201 PERLINGIERI P., La Persona e i suoi Diritti. Problemi del Diritto Civile. Napoli: Edizioni Scientifiche, 2005. PFEIFFER R.A.C. e PASQUALOTTO A., (Org.). Código de Defesa do Consumidor e o Código Civil de 2002, Convergência e Assimetrias, São Paulo: RT, 2002. POLIDORO S., Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, 2001. POSNER R.A., Antitrust Law, The University of Chicago Press, Chicago, 2001. PRATA A., A Tutela Constitucional da Autonomia Privada, Coimbra: Almedina, 1982. PROSPERI F., Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica – profili ricostruttivi e sistematici, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2002. PROSPERI F., Subforniture industriali, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale in Rass. D.civ. 1999. PUTTI P.M., La nullità parziale, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, , 2002. RINALDI R. e TURITTO F.. L’abuso di dipendenza economica in P. SPOSATO-M. COCCIA. ROPPO E., O Contrato. Lisboa:Almedina, 1998. ROPPO V., voce contratto, in Dig. Disc. Priov. – Dez Civ. Torino, 1989, p. 135 in F. BENATTI, Arbitrato di equità ed equilibrio contrattuale, scritti in memoria di Giovanni Cattaneo, tomo primo, Milano: Giuffré, 2002. ROPPO V., Il Contratto in Tratt. Ludica-Zatti, Milano, 2001. ROSADO DE AGUIAR JUNIOR R., A Boa Fé nas Relações de Consumo, São Paulo: Revista de Direito do Consumidor, RT. RULANI E., Reti e Informazione: La Rivoluzione Commerciale Prossima. 202 SACCO R., L’arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto, Edizioni Scientifiche Italiane, Unione Tipografica – Editrice Torinese, 1959, p. 8. Ristampa della scuola di perfezionamento in diritto civile dell’Università di Camerino a cura di Pietro Perlingeri, 1980. SACCO R., Trattato di Diritto Civile, Il Contratto, Tomo Secondo, Torino: UTET, 2004. SCARPA D. Contratto e impresa – Dialoghi con La giurisprudenza civile e commerciale diretti da Francessco Galgano. SCARSO AP., sulla c.d. disparità di potere contrattuale studio juris, Milano: cedam, 2008. SCONAMIGLIO C., Contratti d’impresa e volontà delle parti contraenti in studi in onore di Cesare Massimo Bianca, Tomo III, Milano: Giuffrè, 2006. SCONAMIGLIO C., Il Contratto di rete: Il problema della causa, in I Contratti, 2009. SPRANZI A., Presentazione XXII – I Contratti di Franchising – Organizzazione e controllo di rete, a cura di Luciano Pilotti-Roberto Pozzana, Milano: EGEA. 1990. TARDIA I., Buona fede ed obblighi di informazione tra responsabilità precontrattuale1 e responsabilità conrtattuale in Rassegna di Diritto Civile, diretta da Pietro Perlingieri, Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2004. TEPEDINO G. e SCHREIBER A., A Boa –Fé Objetiva no Código de Defesa do Consumidor e no novo Código Civil in Obrigações – Estudos na Perspectiva Civil-Constitucional,coord.. Gustavo Tepedino, Rio de Janeiro: Renovar. TEPEDINO G., Obrigações na Perspectiva Civil-Constitucional, Rio de Janeiro: Renovar, 2005. 203 TEPEDINO G., Os Contratos de Consumo no Brasil – Temas I), Rio de Janeiro: Renovar, 1999. TEPEDINO G., Temas de Direito Civil, Rio de Janeiro: Renovar, 1999. TOURAINE A., Critica da Modernidade, Petrópolis: Vozes, 1999. TUCCI G., Usura e autonomia private nella giurisprudenza della Corte di Cassazione in studi in Onore di Piero Schlesinger, tomo V, Milano: Giuffré, 2004. VACCA S., Concetto di <<Rete>> e organizzazione delle imprese in Contratti di Franchising – Organizzazione e Controllo di rete a cura di Luciano Pilotti-Roberto Pozzana. VILLA G., invalidità e contratto tra imprenditori in situazione asimmetrica in Il problema in Il terzo contratto, a cura di Gregorio Gitti e Gianroberto Villa, Bologna: Società editrice Il Mulino, 2008. VILLANACCI G., Il diritto dei consumatori e Le istanze di tutela del contraente debole nel codice del consumatore e nel T.U.I.F. In consumo e consumismo fenomeno sociale ed istanza di tutela, a cura di Gerardo Villanacci, Napoli, Edizioni Scientifiche italiane, Vol. 3, 2009. VILLELLA A, Abuso di dipendenza economica ed obbligo a contrarre, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2008, p. 176. ZANELLI P., Reti di impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto – Contrato e impresa – Dialoghi com La giurisprudenza civile commerciale diretti da Francesco Galgano, Pubblicazione bimestrale anno XXIV, N. 4-5 Luglio-Ottobre 2010. 204