LE STRUTTURE PRIVATE E LA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA In Regione Lombardia i privati ricoprono un ruolo molto rilevante nel sistema sanitario. Un’affermazione tanto più vera se si pensa alla riabilitazione psichiatrica: in questo campo circa la metà dei posti letto sono forniti da strutture private. Tra queste ci sono anche gli Istituti Clinici Zucchi dove, presso il presidio di Carate Brianza, sono attivi un reparto di Riabilitazione psichiatrica, una Comunità riabilitativa ad alta intensità (C.R.A.) e una Comunità protetta ad alta intensità (C.P.A.). Questa importante presenza rende necessaria una stretta collaborazione tra pubblico e privato: il lavoro di squadra tra queste realtà è indispensabile per poter rispondere alla domanda “chi fa cosa” in psichiatria. È muovendo da queste premesse che il dott. Gianluigi Mansi, responsabile dell’Unità operativa di Riabilitazione Psichiatrica degli Istituti Clinici Zucchi, organizza ogni sei mesi delle riunioni di aggiornamento aperte anche agli operatori dei servizi pubblici del settore. Nell’ultima giornata di studio, intitolata “Il ruolo delle strutture private e accreditate nella riabilitazione psichiatrica” è stato affrontato l’essenziale tema della cooperazione tra pubblico e privato anche alla luce delle recenti evoluzioni del sistema di accreditamento. Apertura lavori – dott. Renato Cerioli, amministratore delegato Istituti Clinici Zucchi Il dott. Cerioli ha evidenziato l’investimento degli ICZ sull’Unità operativa di Riabilitazione Psichiatrica proprio in un momento in cui, secondo i risultati di varie ricerche, le cure psichiatriche stanno subendo un peggioramento a dispetto degli importanti progressi medici in altri campi. Inoltre i numeri ci dicono che i disturbi psichiatrici sono sempre più diffusi: sono 700 mila le persone a cui è stata riconosciuta un’invalidità civile legata a disagio psichiatrico e sono state diagnosticate più di 2 milioni di sindromi depressive. Introduzione al tema – prof.ssa Francesca Neri, NPI e Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza e dott. Gianluigi Mansi, Psichiatra, responsabile dell’U.O. di Riabilitazione Psichiatrica degli Istituti Clinici Zucchi Il dott. Mansi ha sottolineato la centralità e la peculiarità del rapporto tra pubblico e privato in psichiatria: nonostante l’esistenza di importanti problemi di accreditamento, è essenziale mantenere relazioni costanti tra le diverse strutture riabilitative per costruire un progetto comune. La prof.ssa Neri ha confermato la centralità della riabilitazione psichiatrica alla luce dei cambiamenti sociali in corso: fenomeni come quello migratorio determinano cambiamenti epidemiologici e nuove emergenze cui fare fronte. Questo, unito all’attuale situazione economica, rende necessaria una fattiva collaborazione tra pubblico e privato che può essere promossa anche dall’Università, a cui spetta il ruolo di prospettare progetti teorici da sperimentare sul campo. Aspetti normativi del settore – dott. Luca Carpinelli, Direttore sanitario degli Istituti Clinici Zucchi Il dott. Carpinelli ha ripercorso l’evoluzione legislativa in relazione alla riabilitazione psichiatrica con particolare attenzione al contesto regionale lombardo fino ad arrivare al 2004, anno in cui si è delineata l’architettura normativa ed organizzativa adottata ancora oggi. La Conferenza Stato-Regioni del 2013 ha proposto un piano di portata nazionale per la salute mentale che prevede 4 livelli di intervento, recuperando così gli aspetti residenziali in controtendenza rispetto a una delle vie battute negli ultimi anni: quella del “budget salute”. Il “budget salute” assimila il paziente psichiatrico a un malato cronico di medicina, affidando al medico di base la gestione del trattamento, in modo da rendere conveniente la cura sul territorio. La difficile posizione di enti gestori del privato sociale alle prese con i paradossi del compito riabilitativo: tra aspettative sociali, prescrizioni giudiziarie, vincoli delle politiche sanitarie, ambivalenze e instabilità della domanda dei soggetti – dott. Pietro R. Cavalleri, Psichiatra, Direttore Clinico della fondazione AS.FRA Onlus Il dott. Cavalleri ha affrontato il problema dell’abuso di sostanze che negli ultimi vent’anni è presente con sempre maggior frequenza nei pazienti psichiatrici: è necessario ripensare le nostre strutture come centri in grado di curare non soltanto i disturbi psichici ma anche le tossicodipendenze. Sono tre, secondo il dott. Cavalleri, gli obiettivi di un efficace percorso psichiatrico: autenticità, adattamento (come riconoscimento della realtà esterna) e autonomia (senza autarchia ma nemmeno sottomissione). Inoltre il dott. Cavalleri ha evidenziato come tutte le realtà che si occupano di riabilitazione psichiatrica debbano fare i conti, ogni giorno, con i limiti imposti dal modello economico; modello disegnato, da un lato, dalla propria realtà aziendale e, dall’altro, dalle regole del Sistema Sanitario Regionale. Questa cornice economica informa necessariamente anche la pratica clinica e ambulatoriale determinando, in alcuni casi, le scelte di cura. Il ruolo dei grandi centri istituzionali e la risposta ai nuovi bisogni: il paziente psichiatrico autore di reato – dott. Marco Giobbio, Psichiatra, Direttore Medico di Presidio “Centro Sacro Cuore di Gesù” di San Colombano al Lambro Come già emerso, la richiesta di cura in campo psichiatrico è già gestita in gran parte da privati; una quota destinata ad aumentare ulteriormente dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) che, in base alla previsione normativa, dovrebbero essere sostituiti delle REMS, Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza Sanitaria. Ad oggi, ciò è accaduto solo in parte. Questo è il tema affrontato dal dott. Giobbio nel suo intervento che ha sottolineato ancora una volta la necessità di integrare in modo sempre più stretto i servizi territoriali con le prestazioni fornite all’interno delle strutture riabilitative, a maggior ragione a fronte dell’ingresso in comunità di pazienti ex-OPG. Riabilitazione specialistica in psichiatria: ricerca, innovazione e continuità terapeutica dell’integrazione università-pubblico-privato – dott. Roberto Cavallaro, Psichiatra, Dirigente primariale della ‘Disease Unit’ per psicotici Ospedale S. Raffaele La collaborazione tra le diverse realtà di trattamento – reparti psichiatrici, comunità, territorio – è al centro anche dell’intervento del dott. Cavallaro. Un dialogo fondamentale per garantire ai pazienti psichiatrici quella continuità di cura essenziale per un esito positivo del progetto riabilitativo. Centrale rimane sempre la questione della costanza: ogni struttura deve trovare il modo di mantenere i rapporti con il territorio da cui il paziente proviene e a cui tornerà, perché non si può immaginare che il lavoro riabilitativo si concluda con il termine del soggiorno in comunità. La comunità terapeutica in adolescenza: percorsi progetti di costruzione di sé – dott. Pablo Zuglian, Psichiatra, Direttore Clinico comunità terapeutica “Rosa dei Venti” Nel suo intervento il dott. Zuglian ha affrontato le specificità della riabilitazione psichiatrica in adolescenza, che si rivolge a soggetti in formazione e dunque in continuo incontro/scontro con sé stessi, con la famiglia e con la società in generale. Proprio nelle comunità dedicate a questa fascia d’età l’integrazione delle cure tra “dentro” e “fuori” è ancora più importante, per assicurare un recupero completo e stabile che permetta all’adolescente con disturbi di diventare un adulto equilibrato e autosufficiente. Vecchie nuove dipendenze: uno scenario complesso – dott. Fabio Rancati, Sociologo, CREST (Centro per lo studio e la terapia dei disturbi della personalità e tossicomania) Il dott. Rancati ha delineato la trasformazione dell’abuso di sostanze negli ultimi decenni e, di pari passo, i modelli della loro gestione. Rispetto a un fenomeno mutevole, la normativa risulta in ritardo e non permette un’adeguata interazione tra i servizi forniti dal pubblico e dal privato. I cambiamenti principali in questo campo riguardano il tipo di sostanze e l’età del consumo. Se negli anni’80 la droga più diffusa era l’eroina, che spesso portava con sé emarginazione e, di conseguenza, chi ne faceva uso era facilmente riconoscibile, oggi si è passati a sostanze stimolanti, come la cocaina; gli utilizzatori si mimetizzano nella società e questo la rende una droga dilagante. Contemporaneamente si è abbassata l’età del consumo e, di pari passo, quella di accesso al trattamento: circa il 50% degli adolescenti fa uso di sostanze e verso i 20/25 anni entrano in un percorso di cura. Nuove frontiere della psichiatria – dott. Massimo Clerici, Psichiatra, Direttore dell’Unità operativa di Psichiatria, Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza e Direttore della Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Università Milano Bicocca Adolescenza e dipendenze sono due delle aree che il dott. Clerici identifica come problemi emergenti nel futuro della psichiatria; la terza area è la psichiatria forense. Per converso, si registra una riduzione della casistica dei quadri psicopatologici “classici”. L’abuso di sostanze sempre più diffuso e sempre più in giovane età, porterà in futuro a un’incidenza sempre maggiore di doppie diagnosi. Gli studi neurologici evidenziano come l’assunzione di sostanze modifichi il cervello e incida negativamente sulle funzioni cognitive. Ci si può dunque aspettare, secondo il dott. Clerici, un aumento delle dipendenze comportamentali quali il gioco d’azzardo patologico, in comorbilità con disturbi dell’umore e ansiosi. Tutto questo potrebbe portare a una società sempre più impulsiva, violenta e autolesionista. Competenze dello psichiatra e disturbi alimentari – dott. Luigi Zappa, Psichiatra, Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza L’intervento del dott. Zappa muove dai risultati del censimento effettuato nel 2014 in Lombardia, che rileva la presenza di 24 centri per la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare; il 79% di questi sono pubblici. La rete organizzativa della regione Lombardia prevede quattro livelli differenziati di cura: soltanto in due centri sono disponibili tutti i livelli di trattamento, mentre negli altri si riscontrano varie combinazioni di ambulatorio, day hospital, degenza e riabilitazione. Inoltre sono previste aree di alta competenza che non risultano momentaneamente integrate in una rete di programmazione, anche se si segnala la presenza di due fondazioni dedicate alla cura dei DCA che promuovono le attività di ricerca, prevenzione e formazione. Tavola rotonda: dott. Saverio Ruberti – Psichiatra, Direttore Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento Milano; dott. Antonio Amatulli – Psichiatra, Direttore Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera Desio e Vimercate; dott. Antonio Lora – Psichiatra, Direttore Direttore Dipartimento di Salute Mentale, Azienda Ospedaliera provincia di Lecco Il dott. Ruberti ha sottolineato la crescente importanza di una fattiva collaborazione tra pubblico e privato, in considerazione, da un lato, del sovraccarico dei servizi e, dall’altro, della natura dei pazienti attuali, molto più complessi e problematici di un tempo. Questa collaborazione è fondamentale soprattutto in alcuni settori quale, ad esempio, il reinserimento lavorativo e sociale dei pazienti. Il dott. Amatulli ha presentato i dati preliminari dell’“Indagine sulle attività riabilitative in Lombardia”, dalla quale emerge una sostanziale similitudine tra pubblico e privato, con l’unica significativa eccezione delle “Attività espressive”. A questo riguardo, il dott. Amatulli ha evidenziato una non sempre adeguata conoscenza della differenza tra primo livello (tutte quelle tecniche che mirano a sviluppare/potenziare competenze necessarie all’autonomia nella vita quotidiana) e secondo livello (tecniche che mirano a far emergere, riconoscere ed elaborare il vissuto emotivo al fine di migliorare le competenze cognitive e relazionali). Inoltre è stata evidenziata la carenza di attività di supporto, di orientamento, di inserimento al lavoro e di attività indirizzate ai familiari. Infine, il dott. Lora ha affrontato il problema della “non dimissione”: moltissimi pazienti, una volta dimessi, vengono in realtà inviati ad altre strutture residenziali. Un dato che fa emergere la scarsa efficacia dei trattamenti che non sono basati sull’evidenza. Al contrario, il concetto di empowerment risulta coinvolgente per i pazienti e dà risultati apprezzabili. Una conclusione, provvisoria La collaborazione pubblico – privato, in riabilitazione psichiatrica, è indispensabile. Il problema è “chi fa cosa” e inoltre “con che fondi” e “in quale ruolo di responsabilità”. Nuovi problemi psicopatologici necessitano di risposte articolate: - i pazienti con doppie diagnosi; - i pazienti autori di reato; - i pazienti con disturbi alimentari; - gli adolescenti con disagio psichico; - i pazienti psicogeriatrici. La riabilitazione psichiatrica necessita di una riflessione di metodo: deve essere differenziata dalle pratiche di “intrattenimento”, comunque importanti per migliorare la qualità della vita dei nostri pazienti. Occorre utilizzare pratiche condivise, di provata efficacia; i centri dovranno, probabilmente, specializzare i propri interventi, rivedendo anche le modalità di diagnosi (diagnosi riabilitativa). E infine: si riabilitano i pazienti con quadri clinici (psicosi, depressione, tossicodipendenza ecc.) o con dimensioni psicopatologiche che derivano da quadri clinici (ansia, impulsività, demoralizzazione, sfiducia)?