Living English
IL NOSTRO INGLESE QUOTIDIANO
PREMESSA
I muri delle nostre città sono tappezzati di annunci pubblicitari e manifesti sui
quali ricorrono in modo sempre più massiccio parole inglesi; ormai un esercizio
pubblico o un negozio mancano di qualsiasi attrattiva se non manifestano
nell’idioma d’oltremanica l’attività praticata; in ogni dove, persino nelle situazioni
più banali della vita quotidiana, è necessario conoscere (anche se troppo spesso la
conoscenza è imprecisa, in virtù, forse, dei molti strafalcioni e delle imprecisioni con
le quali certi vocaboli vengono usati) questa lingua divenuta veicolo quasi universale
di comunicazione.
• Chi voglia accendere il televisore impara, magari senza rendersi conto di che
significato abbia tale parola, che si deve premere il tasto ON;
• gli amanti della musica consumano a ripetizione gli LP delle STAR della
musica POP entrate in HIT PARADE;
• i patiti dell’informatica si impratichiscono del BASIC e del PASCAL; gli
uomini d’affari seguono i TREND di mercato e si difendono dalle LOBBY;
• i golosi di specialità statunitensi stazionano perennemente nei FAST FOOD
• e gli intenditori di bevande alcoliche provano nuovi COCKTAIL, utilizzando
SHAKER e MIXING GLASS.
Si potrebbe continuare all’infinito e, probabilmente, si giungerebbe alla
constatazione che in fondo in fondo nessuno è assolutamente ignorante di inglese.
Partendo da tale presupposto, si giunge all’inevitabile conclusione che è quanto mai
opportuno approfondire la conoscenza dell’uso quotidiano dei termini inglesi più
comuni, soprattutto in considerazione del fatto che molte parole inglesi hanno
mutato il loro significato letterale venendo a contatto con la lingua italiana.
Questi incontri vogliono essere uno spunto per imparare nuovi termini e/o riimparare quelle parole che tutti noi ogni giorno adoperiamo, senza renderci conto
della preziosità potenziale di un patrimonio lessicale che già possediamo.
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Advertising
La pubblicità è vecchia quanto il mondo; si pensi che già al tempo
degli antichi Romani venivano reclamizzati persino i combattimenti
fra gladiatori. Non ci stupirà più di tanto scoprire che la parola inglese
advertising, che significa appunto pubblicità fatta a un prodotto o a
un servizio, derivi proprio dal latino, esattamente dal verbo
“advertere” (rivolgere l’attenzione su qualcosa, alludere a).
Tuttavia la pubblicità nella sua forma moderna è certamente una
creazione anglosassone, più precisamente americana, dato che la
prima agenzia pubbli-citaria venne aperta a Filadelfia, nel 1841. E'
perciò ovvio che, anche nell’ambito italiano, la terminologia usata sia
infarcita di termini inglesi.
Con l’amore per la brevità che li distingue, gli americani hanno
ridotto a due sole lettere la parola annuncio, che è diventato AD (da
advertisement), mentre adman (da ad + man, uomo) è il
pubblicitario. In inglese esiste anche publicity, che, oltre a significare
notorietà, si riferisce all’attività pubblicitaria in senso generale o alla
pubblicità istituzionale (cioè di marca e non di prodotto).
In un’agenzia di pubblicità lavorano: l’account executive (da account,
conto, ed executive, responsabile), che ha il compito di curare i
contratti con il cliente; l’art director (art = arte), direttore artistico,
responsabile del lavoro grafico e illustrativo svolto nel reparto
creativo dell’agenzia.
In simbiosi con l’art director opera il copy-writer (copy = testo; writer
= scrittore), che redige il testo pubblicitario sulla base delle
indicazioni contenute nel briefing (brief = breve, corto), sintesi di
informazioni sul prodotto da pubblicizzare e di istruzioni sul modo di
svolgere il lavoro; l’art buyer (buy = comperare) è il trovarobe. Free
lance (letteralmente lancia libera, cioè soldato mercenario) è il
termine che designa un libero professionista, in campo pubblicitario
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di solito un copy-writer, che collabora di volta in volta con agenzie
diverse pur restando esterno ad esse.
Il vocabolo che da più tempo è stato acquisito dalla lingua italiana in
questo settore è probabilmente slogan, una parola di origine
gaelica(1) (letteralmente “sluagh”= esercito e “ghairm” = grido) che
era anticamente usata come grido di guerra dagli scozzesi. Di recente
è stato quasi completamente sostituito da headline (da head = testa
e line = riga, letteralmente riga di testa), cioè il titolo dell’annuncio
pubblicitario, come parte più importante del testo.
Il bozzetto delle illustrazioni e dei testi di un annuncio si chiama
layout (da to lay, stendere, e out, fuori, quindi esporre), termine
usato anche in tipografia.
Si dice graphic design invece la progettazione grafica di materiale
pubblicitario, come, per esempio, manifesti (il termine è usato anche
in campo editoriale e audiovisivo). A questo proposito si intende per
design (letteralmente progetto, modello) il processo creativo che
tende a dare forme artistiche a oggetti prodotti in serie, con un
campo di applicazione molto vasto.
(1) Ramo delle lingue celtiche che comprende l’irlandese, lo scozzese e
il manx, dialetto dell’isola di Man.Dal 1932 è la lingua nazionale della
Repubblica d’Irlanda.
Designer (disegnatore, stilista) è riferito soprattutto a chi progetta
oggetti artistici nel settore dell’arredamento.
I canali di diffusione della pubblicità, così come di ogni tipo
d’informazione, sono i mass media (da mass, massa, e media, plurale
del latino “medium”, mezzo), i mezzi di comunicazione di massa.
Nel settore televisivo l’annuncio può prendere il nome di spot
(letteralmente punto, macchia), vocabolo inglese che però non viene
usato con questa accezione nel mondo anglosassone, dove si
preferisce il termine commercial. L’uso italiano deriva probabilmente
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da spotlight, riflettore, che, usato come verbo, sta a significare
portare alla ribalta, dare pubblicità.
Uno dei protagonisti dello spot è senz’altro il testimonial (da
testimony, testimonianza, parola mutuata dal francese). Chi potrà
mai dimenticare Nino Manfredi con l’immancabile tazzina di caffè, o
il jazzista Franco Cerri, ovvero l’uomo in ammollo, solo per citare due
esempi di testimonial? In pubblicità un viso noto, amato dal pubblico,
garantisce, dà testimonianza della bontà del prodotto.
Un elemento tipico della pubblicità audiovisiva è il jingle
(letteralmente tintinnio, cantilena), il motivo musicale che
accompagna l’annuncio.
Target (letteralmente bersaglio) è la fascia di consumatori a cui è
diretto un certo messaggio pubblicitario.
Si è detto che la pubblicità può riferirsi non solo a un singolo
prodotto ma a una marca; in tal caso cura la brand image (da brand,
marca, marchio, termine derivato dal verbo to burn, bruciare,
marchiare a fuoco), l’immagine che il consumatore si fa di una data
marca.
Trade mark (da trade, commercio, e mark, marchio) è invece il
marchio di fabbrica, che appare sui prodotti, come pure l’arcinoto
made in (da to make, fare, fabbricare, produrre).
Anche la pubblicità conosce gli insuccessi (campagne pubblicitarie
che non ottengono i risultati di vendita preventivati), come la
televisione e il cinema (programmi o film che non hanno pubblico): in
questi casi si parla di flop (voce onomatopeica(2) che significa tonfo,
per traslato(3) fiasco, insuccesso).
La presentazione del prodotto e, naturalmente, il modo in cui è
confezionato sono elementi essenziali alla vendita. A questo
proposito usiamo i termini: dispenser (dalla stessa radice latina del
nostro dispensare), che indica una confezione che permette il
prelievo diretto da parte dell’acquirente di singole quantità di un
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prodotto (sigarette, caramelle, bibite, ecc.); display (letteralmente
mettere in mostra, esporre in vista), mezzo per la pubblicità sul punto
di vendita (si tratta infatti di un contenitore esposto sul banco o in
vetrina).
(2) Si dice onomatopeica una parola (ma anche una frase) che imita il
suono di ciò che si vuole indicare o descrivere.
(3) Il traslato si ha quando una parola viene portata a un significato
diverso dal normale. Usato spesso come ornamento retorico, è
comunque un mezzo naturale per adeguare la lingua a nuove
necessità espressive.
Air terminal
Ritroviamo in italiano alcuni composti di air (aria), che si riferiscono
all’aeronautica.
Air terminal è la stazione di partenza e di arrivo per passeggeri di
aerei, situata in città e collegata all’aeroporto per mezzo di pullmann.
Airbus è un aereo utilizzato per voli brevi e il trasporto di molti
passeggeri. È anche il nome di un consorzio franco-anglo-tedesco per
la costruzione di aeromobili. Air mail è la posta aerea.
Altri termini tecnici in uso sono: cargo (vocabolo di origine spagnola,
simile all’inglese to charge, caricare), termine che indica le merci
trasportate e, in Italia, anche l’aereo o la nave adibiti a tale genere di
trasporto; charter (contratto di nolo) si riferisce ad aerei noleggiati da
compagnie turistiche per viaggi di comitive (in tal caso il costo del
biglietto è sensibilmente inferiore a quello del normale volo di linea);
cheek in (controllo in entrata) è la verifica del biglietto e la pesatura
del bagaglio da imbarcarsi sull’aereo, effettuati prima della partenza;
stand by è un particolare tipo di biglietto, molto economico,
ottenibile solo se vi sono posti disponibili al termine del check in (per
averlo è talvolta necessario aspettare in aeroporto ore ed ore, infatti
to stand by significa tenersi pronto).
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Nell’ edificio dell’aeroporto si trova anche il duty free shop, negozio
(shop) dove si possono acquistare articoli vari esenti da tassazione
(duty = tassa, free = libero). Questo tipo di negozio si può trovare
anche su traghetti o navi che facciano servizio tra Paesi diversi.
Tra il personale operante a bordo di un aereo abbiamo la hostess (da
host, colui che riceve e intrattiene ospiti) e il corrispettivo maschile
steward (originariamente custode della casa), che si occupano dei
passeggeri e offrono i pasti e le bevande.
Sugli aerei, come su tutti i mezzi di trasporto pubblici, è ormai
immancabile la scritta no smoking, ovvero vietato fumare (to smoke
= fumare).
Infine tre termini riferiti ai velivoli: boeing, dal nome di una famosa
ditta aeronautica americana; jet (letteralmente getto), aereo a
reazione; spitfire (letteralmente sputafuoco), aereo da caccia usato
nella seconda guerra mondiale.
All right
Letteralmente tutto bene. Espressione usata per dare il proprio
consenso o la propria approvazione a qualcuno. In inglese è usato
anche in risposta a ringraziamenti o scuse: «That’s all right» (“Non
c’è di che, non importa”).
Sinonimo ben più usato è O.K. (esteso familiarmente in okay),
termine americano, sulla cui origine ci sono molte spiegazioni,
nessuna delle quali è certa e accettata da tutti. Una delle più
suggestive lo fa nascere come slogan durante la campagna elettorale
del presidente Van Buren, nel 1836. Sarebbero le iniziali del suo
luogo di nascita, Old Kinderhook.
Amnesty International
Organizzazione internazionale che lotta per i diritti umani in tutto il
mondo, denunciando all’opinione pubblica le violazioni commesse
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dai vari governi. Tra le richieste avanzate è il condono della pena
(amnesty = amnistia) per i detenuti politici.
Baby sitter
Vocabolo composto da baby, neonato, e sitter (vocabolo che indica
una persona che sta seduta come una gallina mentre cova le uova.
L’espressione a sitter è infatti usata per indicare una gallina che
cova). Indica una persona che si prende cura dei bambini quando i
genitori sono assenti. Esiste anche la forma verbale to baby-sit.
Background
Vocabolo composto da back (dietro) e ground (terreno, cioè sfondo).
E’ usato, in senso figurato, per indicare le conoscenze, il bagaglio
culturale, le esperienze di una persona, oppure le condizioni storiche,
politiche, economiche, culturali da cui è scaturito un determinato
evento. Nel linguaggio musicale significa sottofondo. In origine
denotava ciò che era posto in secondo piano in un quadro o in una
scena e serviva a far risaltare le figure in primo piano.
Badge
Distintivo, targhetta usata per identificare i partecipanti a un
congresso.
Ball pen
Penna a sfera.In italiano è solitamente indicata col termine biro, dal
nome dell’inventore ungherese.In inglese è anche comunemente
usata l’espressione ball-poin pen.
Bank
Uno dei templi dell’economia mondiale è sicuramente la sede della
Bank of England, situata a Londra (London) nella City (letteralmente
città), il quartiere degli affari della capitale britannica. Pertanto il
gergo bancario, come, più in generale, quello economico, ha
assorbito molti elementi lessicali inglesi.
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Usiamo check (soprattutto negli USA) , variante del francese
“cheque” (termine questo usato anche in Gran Bretagna), per
indicare l’assegno bancario; traveller’s cheque (traveller =
viaggiatore, turista) per l’assegno turistico; eurocheque per l’assegno
europeo, che può essere incassato anche in altri paesi europei.
Per quanto riguarda gli istituti bancari, chiamiamo merchant bank
(merchant = mercante) la banca d’affari, che si occupa di
intermediazione di titoli o partecipa al capitale di una società.
Prime rate o top rate (prime =primario; top= il più alto; rate = tasso)
è il tasso applicato sui prestiti alla clientela migliore.
Il vocabolo bank compare anche nel composto data bank (data è
plurale del latino “datum”, dato), banca di informazioni, banca dati. Si
tratta di un centro presso il quale vengono accumulate informazioni
di vario genere.
Big Ben
Uno dei monumenti più rinomati di Londra. E’ una torre con orologio
a carillon a uno dei lati del palazzo di Westminster, sede del
parlamento britannico.
Letteralmente significa il grande Ben (Ben è il diminutivo di Benjamin,
nome del funzionario che lo fece installate, sir Benjamin Hall).
Blizzard
Vocabolo americano (letteralmente colpo violento), che indica una
fortissima tempesta di neve, con venti molto forti, nelle regioni
settentrionali dell’America.
Boiler
Da to boil, bollire. Scaldabagno.
Boomerang
Arma da getto di legno, di origine australiana (la parola deriva dalla
lingua degli aborigeni), che ha la proprietà di ritornare a chi l’ha
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lanciata nel caso non colpisca il bersaglio. Per traslato diciamo
“effetto boomerang” per indicare un’azione, una scelta sbagliata che
si ritorce su chi l’ha compiuta.
Box
Letteralmente scatola, contenitore di legno, metallo, cartone. In
italiano è sinonimo di garage e designa anche il recinto in cui si
tengono i cavalli nelle scuderie oppure i bambini che non sanno
ancora camminare. È anche usato per indicare l’officina di assistenza
per le automobili di Formula Uno durante le gare.
Nei teatri troviamo il box office (il nome deriva probabilmente dalla
forma del locale), botteghino per la prenotazione e la vendita dei
biglietti.
Da box deriva anche l’espressione boxing day (day = giorno): così è
chiamato nei paesi anglosassoni il giorno di S. Stefano (26 dicembre),
in cui venivano solitamente consegnate le gratifiche natalizie ai
dipendenti delle ditte (sotto forma di regali, quindi contenuti in
scatole, o di denaro).
Bristol
Tipo di cartoncino lucido e sottile per disegno. Prende il nome
dall’omonima città inglese. Un cartone molto robusto si dice invece
extra-strong (ibrido formato dal vocabolo latino “extra” e dall’inglese
strong, forte).
Bungalow
Il termine, originario dell’India, indica una casa ad un piano, con
veranda, di solito in legno, tipica delle regioni tropicali, dove veniva
costruita per gli ufficiali e i funzionari inglesi delle colonie.
Attualmente si riferisce a qualsiasi casa ad un piano, anche priva di
veranda, costruita nei sobborghi delle città o in campagna. In italiano,
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invece, la tipologia dell’abitazione si rifà direttamente alla
costruzione originaria.
Una tipica costruzione della campagna inglese, ora in parte sostituita
dal bungalow, è il cottage (dal francese “cotage” e inglese cot,
capanna). Caratteristici quelli con il tetto di paglia.
Bunker
Più conosciuto come vocabolo tedesco, che indica una costruzione
militare fortificata in cemento armato, è però termine di origine
inglese e si riferiva a deposito di combustibili sulle navi.
Business
«Business is business» (“Gli affari sono affari”) è il primo
comandamento per chi si occupa di attività commerciali in senso lato.
Regno del businessman (da busy, occupato, e man, uomo) e cuore
finanziario della Gran Bretagna è lo Stock Exchange (da stock, azione,
e to exchange, scambiare), la Borsa Valori di Londra. Un’altra
istituzione londinese di fama internazionale è la compagnia di
assicurazione dei Lloyd’s, la più antica del mondo (fu fondata in un
caffè nel 1680), nota, soprattutto, per le assicurazioni sui rischi
marittimi.
Dall’altra parte dell’Atlantico le sorti dell’economia mondiale
vengono decise a Wall Street (wall = muro, street = strada), la borsa
di New York, la più importante del mondo, nel bene e nel male, se
pensiamo al terribile crollo del 1929 e a quello più recente
dell’ottobre 1987. Ma il primato della Borsa americana è seriamente
minacciato, in quanto a guadagni, dalla Borsa giapponese di Tokio.
Che lo sia anche la lingua degli scambi internazionali?
In attesa dell’ introduzione degli ideogrammi, indichiamo con il
termine broker il mediatore di affari (stock broker è l’agente di
cambio), con jobber (job =lavoro, impiego) chi esegue gli ordini che
gli vengono dai broker.
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Espressioni ormai “naturalizzate” sono quelle che si riferiscono alle
condizioni finanziarie della Borsa, che dipendono dal trend
(tendenza) economico della nazione o del mercato internazionale. Gli
stessi vocaboli si possono applicare allo stato di salute di un’azienda o
di un settore economico. Boom (forma onomatopeica per scoppio)
descrive un forte e improvviso rialzo; è usato in senso generale per
un aumento del livello dell’attività economica. Al contrario, una fase
di depressione economico-finanziaria, con caduta dei prezzi, si dice
slump; crack (forma onomatopeica per schianto) e crash (crollo,
fracasso) esprimono, come è intuibile, fallimento, crollo (tristemente
famoso in Italia il crack del Banco Ambrosiano): in inglese vengono
comunque preferibilmente usati i termini failure e bankruptey.
Non si può tralasciare un altro termine comune al mondo della
politica: lobby, vocabolo che merita una piccola sosta. Di derivazione
latina, con radice comune al nostro loggia (preferibilmente non
quella della P2), letteralmente significa atrio, vestibolo, ridotto di
teatro, corridoio per il pubblico (in Parlamento). Da quest’ultimo si è
sviluppato il significato adottato anche in italiano, cioè gruppo di
pressione, che indica coloro che cercano di influenzare, in modo più o
meno occulto, le decisioni di chi detiene il potere politico (da cui
l’espressione “manovre di corridoio”).
Per quanto riguarda le attività borsistiche, oltre allo scambio di titoli
e valori, si definiscono anche le quotazioni ufficiali di metalli e valute.
Fixing (da to fix, fissare) è il prezzo del corso dell’oro sul mercato di
Londra. Per le valute delle monete si usa change rate (change =
cambio, rate = tasso). Portfolio (dall’italiano portafogli), invece, è
l’insieme dei titoli posseduti da un privato o da un ente in un dato
momento.
Per definire gli assetti societari delle aziende usiamo company
(letteralmente compagnia) per società e corporation (dal latino
“corpus”), che ne è il corrispettivo americano. Holding (da to hold,
detenere, possedere) è una società finanziaria che controlla e dirige
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le attività di altre società di cui è azionista. Partnership (da partner,
socio, con il suffisso per sostantivi astratti -ship) è un’associazione tra
persone o aziende. Si può riferire anche a un Paese o un’impresa
stranieri con cui si intrattengono rapporti commerciali.
Quando tra i soci si dividono gli utili di un’attività commerciale o il
capitale sociale di un’impresa in parti uguali, si può usare
l’espressione fifty-fifty (cinquanta e cinquanta)
Spesso le cronache di economia si occupano di tentativi non sempre
riusciti di “scalata” di questa o quella società. Talvolta questa
manovra viene effettuata da uno dei soci azionisti che cerca di
sfruttare a proprio vantaggio le oscillazioni del listino riguardanti i
titoli della società da lui amministrata. Per indicare questo tipo di
comportamento, peraltro scorretto, si usa l’espressione insider
trading (da inside, dentro, all’interno, e trade, trattare).
Joint venture (composto da joint, congiunto, unito, e venture,
impresa rischiosa) è un’associazione temporanea tra due o più soci
per realizzare un progetto comune (nel qual caso il rischio è
calcolato).
Trust (letteralmente fiducia) denomina un gruppo di imprese con
produzione analoga, soggette ad un’unica direzione. La finalità di
questo tipo di associazione è monopolistica, cioè tende a controllare
l’intera offerta di un certo prodotto. Per sventare manovre
speculative è stata varata nei paesi anglosassoni una legislazione
anti-trust, ora in discussione anche in Italia.
La conduzione di una società è affidata ai manager (da to manage,
amministrare, dirigere; letteralmente riuscire a), termine che, per la
verità, deriva dal latino “manus”, ovvero i dirigenti, gli
amministratori. Più specifici sono director (direttore) ed executive
(chi ha il potere decisionale). Vi è inoltre un modo informale,
colloquiale, di riferirsi al “capo”: boss (anche se per lo più questo
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termine viene usato per designare il personaggio malavitoso di primo
piano: es. un boss della mafia).
Board of directors (da board, letteralmente tavola, asse e, per
traslato, consiglio, comitato) è il consiglio di amministrazione.
L’attività svolta dagli amministratori di una società si chiama
management. In italiano è stato coniato l’aggettivo “manageriale”,
attinente alla professione di manager
In un’epoca di lavoro d’equipe (in inglese team work, parola
composta da team, squadra, e work, lavoro) è naturale usare il
vocabolo staff (personale), mutuato dal gergo militare ed esteso a più
settori (ad es.: lo staff del presidente).
Vi è infine l’addetto alle public relations (pubbliche relazioni), o PR.
Per premiare l’efficienza del proprio personale, specialmente quello
dirigente, l’azienda può attuare forme di remunerazione
complementare: si parla di fringe benefit (da fringe, letteralmente
orlo, margine, e benefit, beneficio, guadagno).
Altri termini riferiti al lavoro svolto in un’azienda sono: full time
(tempo pieno: da full, pieno, e time, tempo), quando l’attività
interessa l’intera giornata lavorativa; part time (part = parte), che sta
per orario ridotto. Turnover (to turn = girare) indica sia la rotazione
del personale sia il fatturato.
Molte attività commerciali hanno denominazioni inglesi, usate nella
cosiddetta “forma in -ing”, che serve a sostantivare i verbi. Questa
struttura grammaticale, molto flessibile e con un’ampia gamma di
usi, venne introdotta nella lingua anglosassone dai Vichinghi, che
conquistarono parte dell’Inghilterra nel 500d.C..
Auditing (da to audit, controllare) indica la verifica della contabilità di
un ‘azienda per individuare eventuali irregolarità. Auditor è il
revisore dei conti. Budgeting significa stilare un bilancio (budget),
preventivo annuale di entrate e uscite (può essere riferito anche ad
un bilancio familiare o statale). Dumping (dato dump, gettare,
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scaricare, buttare) è la svendita, manovra praticata immettendo su
un mercato estero prodotti a prezzo inferiore a quello fissato per il
mercato interno per battere la concorrenza del paese straniero.
La vendita dei prodotti oltre confine si dice export, mentre import è
l’importazione di merci straniere.
Factoring designa l’attività commerciale con cui una società si
incarica di recuperare i crediti di un’altra dietro commissione.
L’origine del vocabolo è latina (“factor”). Franchising è una
concessione di rappresentanza (deriva dalla stessa radice di free,
libero): un’impresa concede ad un’altra di presentarsi sotto la
ragione sociale o il marchio della prima.
Leasing si riferisce ad un contratto d'affitto di attrezzature a medio,
lungo termine, con possibilità di acquistare senza pagamento
anticipato. Molto in voga è il leasing automobilistico.
Mailing (da mail, posta, secondo l’uso americano) l’invio di lettere,
locandine che illustrano il prodotto; sostituisce la pubblicità a mezzo
stampa.
Marketing (da market, mercato) implica un insieme di attività
economiche, quali la programmazione del prodotto e lo studio del
mercato, la promozione, la pubblicità, la distribuzione, l’imballo.
Merchandising (dal latino “merx”, merce), vocabolo già in uso nel
Medioevo per indicare la compravendita della merce, nell’accezione
moderna si riferisce ad una tecnica promozionale di vendita, sia da
parte del produttore sia nel commercio al dettaglio. È analogo a
promotion (promozione), che sta ad indicare tutte le attività
finalizzate ad incrementare le vendite; promoter è il responsabile di
tale attività. Anche la “sponsorizzazione” è legata alla promozione dei
prodotti: lo sponsor (dal latino “sponsio-onis”, garanzia, obbligazione
reciproca) si impegna infatti a sostenere le spese di una
manifestazione sportiva, culturale o ricreativa, durante la quale
vengono messe in atto anche iniziative pubblicitarie a suo favore.
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Anche il package o packaging (da to pack, imballare) è un elemento
importante per la vendita: il successo o l’insuccesso di un prodotto
dipendono in gran parte dal tipo di confezionamento.
Per quanto concerne la vendita dei prodotti, sono entrati nell’uso
comune vocaboli ed espressioni come cash and carry (cash,
contante; to carry, trasportare), che indica una vendita all’ingrosso
dietro pagamento in contanti con consegna immediata della merce e
trasporto a carico dell’acquirente; discount, sconto, riduzione di
prezzo (discount shop è un negozio che vende merce sottoprezzo);
remainder (da to remain, rimanere), vendita a prezzo ridotto di libri
giacenti in magazzino.
A proposito di riserva, scorta di magazzino, l’inglese usa stock, da cui
l’italiano stoccaggio.
Le merci vengono imballate e immagazzinate su apposite piattaforme
di legno mobili denominate col termine inglese pallet.
Passando dalla vendita all’acquisto, è ormai comunissimo il vocabolo
shopping (da shop, negozio): “fare shopping” sembra più elegante di
“fare compere”. Stanno comparendo anche in Italia i primi shopping
centre, centri di vendita di grandi dimensioni, di solito situati in zone
periferiche, dotati di parcheggi, che riuniscono varie attività
commerciali.
Infine un accenno ad un altro tipo d'attività commerciale: la fiera.
L’edificio che ospita questo genere di esposizioni è diviso in stand
(dal verbo to stand, stare in piedi), padiglioni dove sono esposte le
merci.
Ricordiamo inoltre lo show-room (to show = esporre, room = stanza),
elegante locale in cui vengono mostrati al pubblico i prodotti di
un’azienda commerciale (calzature, abiti, ecc.).
Per terminare il nostro viaggio linguistico nel mondo dell’economia
vorrei accennare ad altri due vocaboli: royalty (originariamente
diritto reale, da royal), che designa i compensi relativi allo
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sfruttamento di un brevetto o all’uso di una licenza, oppure il
compenso spettante ad un autore per ogni copia venduta di un libro;
indica, ad esempio, le percentuali sugli utili corrisposte agli stati che
concedono lo sfruttamento di giacimenti petroliferi o minerari;
voucher (termine di origine francese), mandato, pezza giustificativa
per spese sostenute, ma anche, nel settore turistico, buono,
tagliando in cambio del quale si possono ottenere merci o servizi.
Bulldozer
Vocabolo d'origine americana, significa costringere con violenza, con
la forza di un toro (toro = bull) e indica una macchina per scavare e
spianare, apripista.
Caterpillar (letteralmente bruco) è un grosso trattore cingolato: il
nome deriva dal movimento del cingolo, simile a quello del bruco.
Butterfly
E’ il vocabolo che indica la farfalla. In italiano è usato per riferirsi
all’opera lirica di Giacomo Puccini, «Madama Butterfly», di cui è
protagonista una donna giapponese.
Canyon
Vocabolo d'origine spagnola, indica una valle stretta con pendii ripidi,
formata dall’erosione di un fiume. Famoso il Grand Canyon del
Colorado.
Car
Di origine latina (da “carrus”, carro), è il termine corrispondente al
nostro automobile.
Molti sono i vocaboli riferiti al mondo dei motori presi in prestito
soprattutto dall’americano. Innanzitutto abbiamo alcuni “ibridi”,
formati dal prefisso italiano “auto” e da un vocabolo inglese, che non
fanno parte del lessico inglese: autobus (in inglese bus), autocaravan
(in inglese senza il prefisso, cioè caravan), auto grill (in inglese
motorway snack bar), autostop (in inglese hitchhiking).
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Due nuovissimi ibridi sono telepass (dal greco “tele”, lontano, e pass,
accesso), che indica un sistema di registrazione della targa per le
vetture che passano attraverso il casello autostradale senza pagare in
quanto fornite di abbonamento per il pedaggio; e viacard (da card,
carta), che sostituisce il pagamento in contanti con una tessera.
Con il prefisso anti abbiamo parole in uso anche in inglese: anti skid
(antisdrucciolevole) e antismog.
Soffermiamoci un attimo su quest’ultima parola, dal momento che,
sfortu-natamente, le automobili sono tra i principali responsabili
della produzione di smog. Il vocabolo è nato dalla “contrazione” di
smoke (fumo) e fog (nebbia) e ben descriveva le condizioni
atmosferiche di Londra agli inizi di questo secolo.
Un termine che ricorre sui cartelli indicatori è aquaplaning, lo
slittamento di un veicolo su un fondo stradale reso viscido dalla
pioggia.
Per quanto riguarda le parti dell’automobile, abbiamo carter, usato
anche per la bicicletta, dal nome del suo inventore, J. H. Carter. Si
tratta di una protezione metallica per ingranaggi. La parola non è
però usata in inglese ed è sostituita da oil sump (coppa dell’olio).
Starter è invece un dispositivo per l’accensione del motore. Con il
termine optional invece si designa solitamente un accessorio non di
serie. Sono pure molto comuni i termini clacson, forma italianizzata
di klaxon (nome del marchio di fabbrica originario), guard-rail
(rail=sbarra, to guard=proteggere), parking (parcheggio) e tunnel
(galleria, traforo).
Tra i veicoli adibiti ad uso commerciale è d’obbligo ricordare il taxi
(abbreviazione di taximeter cab, vettura a tassametro, dove tax sta
per tariffa) . A New York è chiamato yellow cab (yellow = giallo, cab è
abbreviazione del francese “cabriolet”, in origine vettura a cavalli da
nolo), mentre taxi-driver (to drive = guidare) è il tassista.
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Van (abbreviazione di caravan, auto con furgone) è un veicolo per
traslochi e trasporto merci in genere, di medie dimensioni (della Ford
esiste il modello Transit, in diverse versioni, che significa transito,
passaggio).
Caravan in italiano è sinonimo di “roulotte”; in inglese è preferibile
motorcaravan (la parola è di origine persiana e filtrata attraverso il
francese; originariamente non si riferiva a veicoli a motore,
naturalmente, come l’italiano carovana). Un ulteriore sviluppo del
caravan è rappresentato dal camper (dato camp, campeggiare) , che
permette di evitare la fatica di trainare un rimorchio.
Un veicolo adibito esclusivamente al trasporto passeggeri è invece il
pullman, che merita una citazione in quanto il suo ideatore fu
l’americano G. M. Pullman.Sia inglesi che americani però non usano
questo termine, bensì coach (in origine carrozza). Stanno diventando
comuni truck (forma americana per autocarro, in inglese lorry) e
truck-driver (camionista). Container (contenitore) è il cassone
metallico per il trasporto delle merci.
Tornando alle automobili, vorrei soffermarmi sui diversi tipi di veicoli,
iniziando da dune-buggy (dune = duna, buggy = calesse), auto
scoperta, molto robusta, adatta a terreni accidentati, dalla forma
caratteristica. La jeep arrivò in Italia in occasione dello sbarco
americano nella seconda guerra mondiale; il nome è in verità la
trascrizione inesatta della sigla GP (sta per general purpose, uso
generale) e può considerarsi a ragione la progenitrice dei fuoristrada
che furoreggiano oggidì e circolano disinvoltamente anche per le vie
dei centri cittadini. Land Rover è pure un fuoristrada (da land, terra,
e Rover, marchio della fabbrica che produce l’automezzo); più
recentemente la stessa ditta ha sfornato la Range Rover (da to range,
errare, vagare).
La vettura inglese degli anni Sessanta, resistita tenacemente fino ai
giorni nostri, è stata la Mini Minor (mini è abbreviativo di miniature;
“minor” è invece termine latino e significa “minore”), disegnata da sir
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Alec Issigonis. Il suo ideatore fu probabilmente contagiato dalla
minigonna di Mary Quant simbolo di quegl’anni. Per restare in
ambito di mini, non dimentichiamo che sono stati creati alcuni
modelli di minicar e minibus (veicoli di identico utilizzo, dalle
dimensioni più piccole del consueto).
Se negli anni Sessanta la “Mini” era una scelta di stile, l’attuale
tendenza al posteggio selvaggio ha orientato le case produttrici verso
autovetture di piccole dimensioni (è recente il lancio della nuova Fiat
500, erede di un mito), le city car, ovvero automobili da città,
comode ma poco ingombranti.
Un’ altra innovazione resa necessaria dall’ inquinamento è la
marmitta catalitica, da cui la denominazione catalyst data a un tipo di
automobile dotata del nuovo dispositivo per la trasformazione dei
gas di scarico.
Spider (letteralmente ragno) è vocabolo usato solo in italiano (in
inglese è sportscar) e si riferisce a un’automobile sportiva
decappottabile a due posti.
Molto attuale è anche il termine stationwagon (wagon è termine
americano, usato per designare il carro dei pionieri), che ha sostituito
l’italiano giardinetta.
Veicoli particolari sono il go-kart (to go =andare, kart =carro), vettura
molto piccola, semplificata e costituita disolo telaio, usata in
competizioni su pista; il side-car (da side, lato), carrozzino che viene
unito letteralmente a una motocicletta. Lo scooter (abbreviazione di
motorscooter, da to scoot, precipitarsi) è invece una motoretta. Il
vocabolo si riferiva originariamente al monopattino, di cui il veicolo
dotato di motore ricalca la forma.
Tra le gare automobilistiche (car race) indichiamo con un termine
inglese il rally (letteralmente raduno), corsa a tappe che prevede
prove di velocità e regolarità; l’endurance (vocabolo di lontana
origine francese, significa resistenza) , gara di lunga durata per auto e
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moto (famosa la “24 ore di Le Mans”). Molto pubblicizzato è il Camel
Trophy (da trophy, trofeo) che prende il nome dalla famosa ditta
produttrice di sigarette che lo sponsorizza: si tratta di una gara di
resistenza per fuoristrada, disputata nelle zone più impervie, dal
deserto alle foreste tropicali.
Pole position (da pole, palo, e position, posizione) è un’espressione
usata soprattutto in “Formula Uno” ed indica la vettura che partirà in
testa al “Via”. Starter è il mossiere, chi dà il “Via” (Start).
Infine vi sono automobili adattate per poter eseguire acrobazie e
figure speri-colate, utilizzate anche nei film: le stuntcar (to stunt =
compiere atti di coraggio).
Rent-a-car è I’autonoleggio (dato rent, affittare), indicazione
presente soprattutto negli aeroporti.
Cheek to cheek
La locuzione, che letteralmente significa guancia a guancia, è
divenuta famosa
perché contenuta in una popolare canzone cantata e ballata da Fred
Astaire.
College
Indica sia la scuola superiore privata, che prepara all’università, sia
l’università stessa o un istituto di specializzazione, fornito di convitto
per studenti. L’università di Oxford, per esempio, ne contiene
trentacinque: ognuno di essi è un’istituzione separata, con propri
edifici, studenti e insegnanti.
Campus (termine di evidente origine latina) è l’insieme dei terreni,
campi da gioco ed edifici che costituiscono l’Università negli Stati
Uniti d’America.
Un istituto universitario aperto anche a chi non è provvisto di
qualifiche necessarie prende il nome di Open University (da open,
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aperto): i corsi di studio si tengono per corrispondenza o attraverso
trasmissioni radiofoniche.
Coloured
Vocabolo che indica le popolazioni non di razza bianca. In Sudafrica è
usato per indicare persone di razza mista euro-africana. Attualmente
è considerata una parola razzista, specie negli Stati Uniti d’America,
dove è preferito il termine black (nero).
Colt
È la notissima pistola a ripetizione, o revolver (da to revolve, girare,
per la rotazione del tamburo), che prese il nome dall’inventore
Samuel Colt, fabbricante d’armi americano, vissuto nel secolo scorso.
Il vocabolo evoca inevitabilmente l’atmosfera del Far West
(letteralmente lontano occidente), il chiasso dei saloon (dal francese
“salon”), con le folcloristiche risse tra giocatori di poker, e
naturalmente i cow-boy (da cow, vacca, e boy, ragazzo), che lavorano
nei ranch (dallo “rancho”), fattorie per l’allevamento dei bovini, che
vengono rinchiusi in recinti detti corral (termine di origine
portoghese).
Dalla lingua dei pellerossa, eterni antagonisti dei “visi pallidi” nei film
western, abbiamo ereditato la parola squaw, che significa donna.
Computer
Calcolatore, elaboratore elettronico (dal verbo to compute,
calcolare).
Il complesso delle macchine e dei dispositivi necessari
all’elaborazione dei dati si chiama hardware, mentre si definisce
software il complesso dei linguaggi e dei programmi (da hard, duro,
rigido, e soft, molle, con il suffisso ware, oggetto).
È lo strumento fondamentale dell’informatica, in inglese Electronic
Data Processing, abbreviato in E.D.P., che, per l’appunto, significa
elaborazione elettronica dei dati (informazioni).
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Il codice di accesso ad un sistema viene chiamato password (parola
d’ordine): serve per farsi riconoscere dall’elaboratore.
Si definisce input (da in, dentro, e to put, mettere) l’immissione di
dati nel calcolatore (o il passaggio di informazioni da un’unità
periferica a quella centrale), output (out = fuori) l’insieme dei dati in
uscita dall’elaboratore e che appaiono su di un video (o V.D.U. =
Visual Display Unit, unità di visualizzazione), o su schede o tabulati.
Si definisce off-line (l’opposto è on-line) un apparecchio non
collegato direttamente con l’unità centrale. L’elaborazione a distanza
dei dati si dice teleprocessing.
Il data base (letteralmente base dati) è l’insieme dei dati memorizzati
e correlati fra loro. Questi vengono registrati sui floppy disk
(letteralmente dischetti flessibili), o hard disk (letteralmente dischetti
rigidi), dischetti magnetici.
L’eliminazione degli errori nella programmazione viene definita check
out o debugging (letteralmente spulciatura, da bug, pulce).
I linguaggi di programmazione più conosciuti sono il basic, il cobol, il
fortran. Il primo termine è la sigla di Beginner’s Ali-purpose Symbolic
Instruction Code (codifica di istruzioni simbolica per principianti): il
linguaggio più diffuso a livello elementare, utilizzato da piccoli
elaboratori. Il secondo è la sigla di COmmon Business Oriented
Language (linguaggio finalizzato alle procedure amministrative
correnti) ed è pertanto adatto a programmare calcolatori di tipo
commerciale. Fortran sta per FORmula TRANslator (letteralmente
traduttore di formule) ed è usato nell’ambito scientifico.
L’unità elementare dell’informazione, cioè la quantità minima
utilizzabile da un calcolatore, è il bit, abbreviazione di binary digit,
ovvero cifra binaria. Un insieme di otto bit forma un byte. L’unità di
misura del sistema elettronico è, invece, il chip (letteralmente
scheggia, frammento), una piastrina di materiale semiconduttore
(silicio) su cui viene stampato un circuito integrato. Dal nome del
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minerale usato, appunto il silicio, è derivato l’appellativo Silicon
VaIIey, dato alla zona adiacente a San José, in California, uno dei più
importanti centri mondiali per l’elettronica. In tal modo vengono
chiamate anche in Italia aree dove sono concentrate aziende di
questo settore.
Editor è il programma per scrivere testi, mentre il word processing
(word = parola) serve a registrare, memorizzare e stampare i testi
scritti. Una recente applicazione è il computer graphic (grafica
elettronica), che è adoperata brillantemente negli audio visivi.
Vi sono diversi tipi di calcolatori: micro, mini, home (letteralmente
casa) e personal (PC). Il micro è un piccolo elaboratore da tavolo; il
mini (abbreviazione di miniature, miniatura) è un elaboratore di
medie dimensioni, se paragonato al mainframe (letteralmente
struttura principale). L’home è quello più diffuso tra i ragazzi, che lo
usano anche per i video game (game = gioco), azionando il joystick
(forma slang per cloche d’aereo; da joy, piacere, gioia, e stick,
bastone, barra, bacchetta) per dirigere il movimento della grafica che
appare a video.
Due vocaboli utilizzati sia nell’informatica che in altri settori sono
workshop e
brainstorming. Il primo (da work, lavoro, e shop, locale adibito a
negozio), oltre al significato originale di officina, è passato a indicare
una riunione di lavoro i cui partecipanti si scambiano idee, proposte,
conoscenze. Una delle fasi introduttive del workshop è proprio il
brainstorming (da brain, cervello, e storm, lett. tempesta), cioè una
ricerca di gruppo, una discussione di nuove proposte.
I VOCABOLI DELLA TASTIERA
backspace tasto di ritorno;
break
tasto che serve per interrompere il funzionamento
dell’elaboratore;
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caps lock (caps=lettere maiuscole; to lock=bloccare)
tasto azionando il quale vengono battute le lettere maiuscole;
control
tasto per funzioni speciali di controllo;
enter
rinvio a capo o comando di invio;
esc
(abbreviaz.di escape, scappatoia) per interrompere il
programma;
help
(letteralmente aiuto) per avere istruzioni su come
procedere;
lock
blocco;
option
(letteralmente possibilità di scelta, alternativa) tasto
tramite il quale
vengono inseriti nella tastiera dei caratteri speciali;
print
per azionare la stampante;
return
rinvio a capo;
shift
tasto per lettere maiuscole;
tab
abbreviazione per tabulazione.
Coroner
Pubblico ufficiale che effettua inchieste sui casi di morte sospetta.
E’ senz’altro meno noto del detective (da to detect, scoprire, rivelare,
a sua volta derivato dal latino “detegere”), l’agente investigativo, che
nel mondo anglosassone può essere un investigatore privato ma
anche un poliziotto incaricato di svolgere le indagini, protagonista
indiscusso della detective story (in italiano racconto giallo,
espressione intraducibile in inglese, in quanto il termine giallo deriva
dal colore della copertina della prima collana di romanzi polizieschi,
edita in Italia per i tipi della Mondadori).
Cross
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Letteralmente croce, incrocio (se sostantivo), incrociare, attraversare
(se verbo).
In italiano è usato essenzialmente nel linguaggio sportivo: ne è
derivato persino il
verbo crossare. E’ anche ampliato in ciclocross o motocross, “ibridi”
in cui la prima parte della parola è italiana.
Un termine riferito ai “cicli” è tandem (dall’avverbio latino col
significato di finalmente, entrato nella lingua inglese come voce
gergale), bicicletta per due o più persone disposte l’una dietro l’altra,
con pedaliere sincronizzate.
Meno noto è il cross-country (letteralmente attraverso la campagna),
riferito a gare podistiche, ciclistiche, motociclistiche su terreno
accidentato.
Una curiosità:l’italiano fondo con gli sci si rende in inglese con crosscountry ski.
Day Hospital
Ospedale dal quale i pazienti che devono sottoporsi a cure brevi
vengono dimessi ogni sera. In alcuni casi equivale al nostro
ambulatorio. L’espressione deriva da day, giorno, e hospital,
naturalmente ospedale.
Rimanendo in campo ospedaliero, ricordiamo che il termine doctor
(abbreviato in Dr.) significa dottore, tuttavia il titolo è ben poco usato
tra chirurghi e dentisti, che preferiscono il semplice Mr.
(abbreviazione di Mister), seguito dal cognome. Parlando
direttamente ad un medico, soprattutto se non se ne conosce il
nome, si può tranquillamente usare il termine doctor. Negli USA per
tutti i tipi di medici si usa sempre Dr.; in un contesto universitario
viene anche usato l’appellativo Professor.
Nurse è l’infermiera (dal verbo to nourish, nutrire, derivato a sua
volta dal latino “nutrix”). Come suggerisce l’etimologia, però, il primo
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significato del termine è balia, nutrice; per estensione viene usato
anche per chi si occupa di persone ammalate o inferme.
Nursery è il locale dove vengono tenuti i neonati durante la loro
permanenza in ospedale subito dopo la nascita.
Un termine, infine, usato in italiano con un’ accezione particolare è
ticket (letteralmente biglietto): indica la quota sui medicinali e sulle
ricette a carico dell’assistito dal Servizio Sanitario Nazionale.
Doctor
In inglese non troviamo, fortunatamente, l’uso indiscriminato di
questa parola, tipico, invece, della nostra lingua (chi non ha in mente
il posteggiatore che apostrofa chiunque con un bel «Venga dotto’»?).
La prima laurea universitaria non conferisce la qualifica di doctor,
bensì di B.A., Bachelor of Arts, o B. Sc., Bachelor of Science. Per
ottenere il dottorato (Ph. D, Doctor of Philosophy, usato per
qualsiasi tipo di studi), bisogna compiere due o più anni di ricerca
dopo la laurea e compilare una tesi su un argomento inedito.
Dog
Con il cavallo, il cane è senza dubbio uno degli animali più amati dagli
inglesi.
Molte sono le razze canine di origine inglese, il cui nome è usato
comunemente anche in italiano. Abbiamo: boxer, cane robusto, dal
fiuto eccezionale, usato come cane poliziotto; bulldog (da bull, toro),
cane da guardia, originariamente addestrato per i combattimenti con
i tori, da cui il nome, in virtù della sua forza e del suo coraggio (per
traslato viene usato in riferimento a persone tenaci e resistenti);
bullterrier, incrocio tra bulldog e terrier (dal francese), cane da
caccia; collie (da coal, carbone, per il pelo originario di colore nero),
cane pastore scozzese, reso celebre dal film “Torna a casa Lassie”;
fox-terrier (da fox, volpe), cane da tana, impiegato perlopiù nella
caccia alla volpe; setter (da to set, fermarsi), cane da ferma.
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L’albero genealogico che indica gli ascendenti di un animale viene
chiamato pedigree, termine mutuato dalla lingua francese ( pié de
grue”, zampa di gru, dal segno usato nei registri per indicare la
genealogia).
Drink
Traduce l’italiano bere o bevanda. Lo usiamo però solitamente in
riferimento a una bevanda alcolica. Comuni le espressioni «Gradisci
un drink?», «Andiamo a farci un drink?». Se la proposta viene
accettata, in Italia ci si reca semplicemente in un bar; in Gran
Bretagna il luogo di destinazione sarà il pub. Gli alcolici sono serviti
solo in questo tipo di pubblico locale (dalle 17 alle 23 nei giorni feriali,
dalle 12 alle 14 e dalle 19 alle 22.30 di domenica). Pub è
l’abbreviazione di public house (locale pubblico): si tratta
indubbiamente di uno degli ambienti più caratteristici della Gran
Bretagna. Vi si possono consumare anche pasti leggeri, ma,
attenzione, chi ha meno di diciotto anni non può assolutamente bere
alcolici, neppure la tanto rinomata birra.
La parola bar (letteralmente sbarra) indica, invece, il banco
attraverso cui vengono passate le consumazioni; da qui barman (da
man, uomo), la persona che serve al banco. Il termine è usato anche
nel composto snack-bar (da snack, spuntino). Ma torniamo alla
parola bar, la cui origine risale a quasi due secoli or sono, in
Inghilterra. Durante uno dei moltissimi periodi nei quali fu
proclamato il “proibizionismo” (prohibition), che vietava la mescita di
bevande alcoliche, fu emanata una legge di chiusura per tutti gli
spacci di alcolici dell’isola. Sulle porte di bettole e taverne furono
poste delle assi e fu pennellata con la calce la parola barred
(sbarrato): da qui l’uso abbreviato della parola bar.
Locali per consumare bevande analcoliche sono i coffee-bar e i tearoom (da room, stanza, locale) ove si servono, soprattutto, caffè e tè.
Attenzione,però, a un tipo particolare di caffè, l’Irish coffee, con
whisky irlandese e con panna!
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Un drink elaborato, alcolico, servito ghiacciato, composto di diversi
liquori in aggiunta ad altri ingredienti (spremute di frutta, panna,
ecc.), viene chiamato cocktail, termine sull’origine del quale è
doveroso fare un fugace accenno. La traduzione letterale è coda di
gallo (da cock, gallo, e tail, coda). Tra le più accreditate versioni in
circolazione intorno all’origine del termine ricordiamo quella che
chiama in causa addirittura George Washington all’epoca della guerra
per l’indipendenza: una vivandiera al seguito delle truppe dei patrioti,
tale Betty Flanagan sarebbe stata solita servire gustose misture di
bevande alcoliche allungate con sciroppi e acqua; un ufficiale, al
cospetto di una mistura particolarmente variopinta, assomigliante nei
colori ad una coda di gallo, avrebbe esclamato: «Betty, servi anche a
me un cocktail!».
Le bevande miscelate si dividono in short drink (da short, corto), da
servire in piccole quantità in bicchieri piccoli; long drink (da long,
lungo, alto), da servire in abbondante quantità in bicchieri grandi e
alti; hot drink (da hot, caldo), bevande da servire calde, perlopiù
digestive.
In Italia il termine cocktail è usato anche per indicare una macedonia
di frutta o, in senso traslato, una qualsiasi miscellanea (di colori, di
musica, ecc.). Se vengono serviti nel corso di un ricevimento nel tardo
pomeriggio, si parla di cocktail party (da party, festa). Negli USA per
indicare una macedonia di frutta si usa 1’espressione fruit cocktail.
Lo shaker (da to shake, scuotere) è lo strumento necessario per la
miscelazione degli ingredienti; è assolutamente indispensabile per i
cocktail che con tengono uova, panna, succhi di frutta, che devono
essere ben amalgamati. In assenza di questi ingredienti si usa il mixer
(da to mix, miscelare), o mixing glass (bicchiere miscelatore), in cui i
vari ingredienti vengono mescolati con l’ausilio di un cucchiaio dal
manico lungo.
Sono inglesi moltissimi nomi di alcolici e bevande gassate analcoliche
(soft drink, letteralmente bevanda morbida):
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applejack (da apple, mela), acquavite distillata dal vino di mele,
prodotta nel nord America;
bitter (letteralmente amaro), aperitivo poco alcolico;
brandy (dall’olandese “brandwein”, acquavite di vino), termine in uso
dal 1909, quando la legge francese rese noto internazionalmente che
la parola “cognac” doveva essere usata solo per denominare
l’acquavite di vino prodotta nella località omonima e dintorni;
cherry brandy (da cherry, ciliegia), acquavite a base di ciliegie, molto
diffusa in Inghilterra;
dry (letteralmente secco), riferito sia a vini che a liquori;
fizz (dal verbo to fizz, emettere un sibilo), bevanda effervescente;
gin, acquavite distillata dai cereali con l’aggiunta di sostanze
aromatiche estratte principalmente dalle bacche di ginepro. La
bevanda è comunque di origine olandese e risale al XVII secolo
(veniva, e viene tuttora, chiamata”genever”). Gli inglesi la scoprirono
e importarono nel secolo successivo abbreviando il nome in gin.
Citiamo una delle più felici unioni: quel la tra il gin e il succo di
limone, a formare il notissimo gin fizz;
ginger (termine che deriva addirittura dal sanscritto), bevanda
analcolica prodotta dall’infusione dello zenzero addizionato a
zucchero e altre spezie;
grog (da grogram, soprannome dato all’ammiraglio Vernon) che per
primo fece servire questo liquore ai suoi marinai al posto di rum
puro, nel 1740), bevanda di rum o “cognac” (o brandy) allungata con
acqua calda e aromatizzata con scorza di limone;
punch, bevanda calda a base di liquore molto forte;
rum, liquore ricavato dalla canna da zucchero, tipica produzione della
Giamaica;
scotch (letteralmente scozzese), riferito al whisky prodotto in Scozia;
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sherry (da “xeres”), vino liquoroso spagnolo.
Una doverosa sosta merita la parola whisky. L’origine di questa
diffusissima bevanda è da collocarsi al IV secolo, e più precisamente
alla venuta di San Patrizio in Irlanda per diffondervi il cristianesimo.
La parola è abbreviazione della voce dialettale celtica “wisgebeath”,
che significa acqua di vita. Le prime distillerie sorsero in numerosi
conventi.
Oltre al whisky irlandese (Irish), abbiamo il già citato, e nobilissimo,
whisky scozzese Scotch), il canadese (Canadian) e i whisky americani.
Tra questi ultimi, i due principali tipi sono il bourbon (prende il nome
dall’omonima contea nello stato del Kentucky, ancor oggi il maggior
centro di produzione, ed è distillato nella misura del 51% dal mais e,
per il rimanente, da altri cereali) e il rye (in cui predomina al 51% la
segale, mentre il resto è composto da altri cereali, quali avena e
orzo).
Il più antico fra i whisky scozzesi è il malt, ottenuto dalla distillazione
dell’orzo; abbiamo poi il grain, ricavato da cereali in alambicchi
standardizzati detti patent stills. Accanto a questi due tipi, verso la
fine del secolo scorso, fu introdotto il blended, miscela di diversi tipi
di whisky.
Un modo di servire whisky, diffuso specialmente negli Stati Uniti (gli
scozzesi lo preferiscono liscio) è on the rocks (letteralmente sulle
rocce), cioè versato su cubetti di ghiaccio (ice).
Sulle etichette delle acquaviti americane è stampata la parola proof
(gradazione alcolica): essa va calcolata esattamente là metà di quella
usata da noi (90 proof = 45 gradi).
Il whisky americano va servito in bicchieri cilindrici senza piede, noti
col nome di tumbler. Nota in Italia l’espressione whisky a go-go, nel
significato di a piacere, senza limiti.
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Tra le bevande analcoliche internazionali ricordiamo la Coca-Cola
(chiamata anche Coke), la Sprite (letteralmente folletto, spiritello), la
Tonic Water (acqua tonica).
Una bibita speciale è il milk shake (da milk, latte, e to shake, agitare),
frullato al latte con aromi e frutta.
Dall’America abbiamo infine importato il walky-cup (letteralmente
tazza da passeggio), un bicchiere di carta chiuso da un tappo, dove è
inserita una cannuccia: permette di sorseggiare una bibita mentre si
cammina (da to walk, camminare).
Drug
Vocabolo che non ha più misteri, presente in continuazione sulle
pagine dei giornali e nei notiziari. Il significato originario è, per la
verità, innocente: indica infatti un medicinale (di origine francese). Di
qui la parola americana drugstore (store significa magazzino,
emporio), riferita a uno spaccio dove, oltre ai medicinali, si possono
acquistare articoli svariati e fare spuntini (gli inglesi lo chiamano
chemist)
Ma, venendo all’accezione di stupefacente, ricordiamo che sono
termini inglesi anche crack (un tipo di cocaina molto potente, le cui
conseguenze, lo si può intuire dalla parola stessa, possono essere
catastrofiche); overdose (da over, su, nel senso di eccessivo, e dose,
dose), dose letale di eroina; sniff (da to sniff, annusare), in italiano
sniffare, usato dai consumatori di cocaina.
Come ben sappiamo il fenomeno droga è legato al mondo della
malavita, per cui usiamo il termine racket (per assimilazione con
baccano, frastuono) riferendoci a un’organizzazione illegale che
controlla lo spaccio degli stupefacenti.
Essay
Dal francese “essai”, significa saggio, componimento in prosa su
argomento di critica, arte, politica, morale.
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Il cinema sperimentale, che si prefigge particolari ricerche formali e
strutturali, è chiamato cinema d’essai (o essay); con la stessa
espressione è definito un locale cinematografico in cui si proiettano
film di particolare interesse artistico.
Estabilishment
Iniziamo ora un breve viaggio nel mondo della politica e delle
istituzioni.
Estabilishment (da to estabilish, stabilire, istituire) è un termine
usato per indicare la classe dirigente, quei gruppi sociali che
esercitano l’autorità e che normalmente tendono a esprimere una
politica conservatrice. Si può dire anche che tali gruppi esercitano
una leadership (da leader, guida, capo) politica, una sorta di
egemonia. Il vocabolo leader è riferito anche a un capo di partito (e,
in senso lato, a chi primeggia in un’organizzazione, un movimento).
Il capo del governo, in Gran Bretagna, è chiamato anche premier (il
primo), parola di derivazione latina (“primus”), ma mutuata dal
francese.
È bene ricordare, a tal proposito, che molti termini politici derivano
dal francese, essendo stati introdotti al tempo della conquista
normanna, nell’XI secolo. Per molto tempo, infatti, la corte continuò
a parlare la lingua dei conquistatori, il francese antico appunto,
mentre il popolo usava i dialetti anglosassoni.
Ritornando al governo inglese, il primo ministro (chiamato anche
prime minister), per tradizione,ha la propria residenza ufficiale al
n.10 di Downing Street, mentre
al n.11 si trova quella del Cancelliere dello Scacchiere (Chancellor of
the Exchequer), che, nonostante la buffa denominazione, è il
ministro delle finanze; sul lato sinistro della strada è la sede del
Foreign Office (foreign = straniero), il ministero degli esteri.
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Ad esso è collegata l’attività dell’Intelligence Service (dove
intelligence ha il significato di informazioni, notizie), il servizio di
spionaggio e controspionaggio inglese, reso famoso dalle “gesta” di
James Bond, l’agente segreto (secret agent) per antonomasia, creato
dallo scrittore Ian Fleming. I documenti raccolti e custoditi negli
edifici dei servizi segreti sono naturalmente top secret (letteralmente
il più alto segreto), riservatissimi.
Un altro personaggio della narrativa universalmente conosciuto,
Sherlock Holmes, nato dalla penna di sir Conan Doyle, ha invece
immortalato un’altra istituzione “sacra”, Scotland Yard, dal nome
dell’edificio dove ha sede il quartier generale della polizia londinese.
Purtroppo quest’ultima, rappresentata dall’ispettore Lestrade, è
sempre uscita sconfitta nei continui “duelli” con il principe degli
investigatori privati per la soluzione degli enigmi.
In Gran Bretagna il potere esecutivo è attualmente nelle mani del
partito consenvatore (la voce italiana deriva dall’inglese
conservative); l’altro partito maggiore, il Labour party (da labour,
lavoro, e party, partito) si trova all’opposizione. Quest’ultimo fu
fondato, con un programma di riforme sociali, nel 1909, per
sostenere le richieste delle Trade Unions (letteralmente unioni dei
mestieri), i sindacati dei lavoratori. Fu il partito laburista a
inaugurare, negli anni Sessanta, l’epoca del welfare state
(letteralmente stato del benessere), lo stato assistenziale, che cerca
di operare un’equa distribuzione del reddito fra tutti gli strati sociali,
intervenendo massicciamente in favore dei meno abbienti. Anche
l’Italia si è ispirata a questo modello, entrato in crisi con la
depressione economica degli anni Settanta. Si dovette ricorrere, a
causa dell’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio, ad un regime
di austerity (austerità): chi non ricorda la circolazione a targhe
alternate, allo scopo di risparmiare benzina? La Gran Bretagna l’aveva
già necessariamente sperimentata negli anni immediatamente
seguenti la fine della seconda guerra mondiale.
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Il potere legislativo è invece esercitato dal Parlamento, che si riunisce
a Westminster (letteralmente cattedrale occidentale) , la sede della
House of Lords (Camera dei Lord) e della House of Commons
(Camera dei Comuni). Il moderatore delle sedute del Parlamento si
chiama speaker (da to speak, parlare), ed è il presidente della
Camera dei Comuni; negli Stati Uniti tale ruolo è ricoperto dal
presidente della Camera dei Rappresentanti. Il vocabolo è anche
usato nell’accezione di portavoce, di un governo, di un presidente,
ecc.
La forma istituzionale britannica è la monarchia (United Kingdom of
Great Britain and Northern Ireland, Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord). I termini inglesi per re e regina sono king e queen
(usati anche nelle carte da gioco). Molto usato è anche il termine
crown, corona (di chiara origine latina).
Peculiare dell’area scozzese è la voce clan; specialmente nelle
Highlands (letteralmente alte terre, altipiani), indica un gruppo di persone,
discendenti in linea maschile da un comune progenitore, la cui vita
sociale è organizzata secondo criteri patriarcali. La parola ha poi
assunto un significato più estensivo, per identificare gruppi chiusi, i
cui membri hanno interessi comuni (nel mondo della malavita, ad
esempio).
Un’altra tipica istituzione è il Commonwealth (letteralmente
benessere comune), calco del latino “res publica”, per indicare una
comunità di Stati che mantengono però la loro indipendenza. Tale fu
creata nel 1926 tra la Gran Bretagna e i domini (dominions,
denominazione soppressa nel 1947) per affermarne l’autonomia
all’interno dell’impero britannico. Attualmente indica una forma di
libero rapporto tra la Gran Bretagna e le ex-colonie, con agevolazioni
commerciali tra gli stati che ne fanno parte.
34
Non tutti gli ex-dominions fanno parte del Commonwealth: il
Sudafrica, a esempio, ne uscì nel 1961, per protestare contro
l’opposizione mondiale alla sua politica di apartheid (da apart,
separato), recentemente abolita. Il vocabolo apartheid è mutuato
dall’ “afrikaans” (la lingua parlata dai Boeri, derivata dall’olandese dei
primi coloni) e indica una politica di segregazione razziale.
Ecco ora alcuni termini che si riferiscono alla realtà politica
americana. Il potere legislativo si esercita negli edifici del Capitol (dal
latino “Capitolium”), il nostro Campidoglio, che comprende la Camera
dei Rappresentanti (House of Representatives) e il Senato (Senate). Il
Presidente degli Stati Uniti viene eletto (nomination, nomina,
designazione) tra due candidati, appartenenti l’uno al partito
democratico (Democratic Party), l’altro al partito repubblicano
(Republican Party), scelti dai delegati riuniti in un’assemblea, detta
convention (il termine è usato anche per le riunioni ufficiali dei partiti
inglesi).
In caso di reati contro l’interesse nazionale il presidente può essere
destituito: per indicare l’incriminazione si usa il termine
impeachment. Il presidente Richard Nixon, nel 1974, si dimise
proprio per evitare l’onta di tale accusa, a seguito dello scandalo
politico chiamato Watergate (dal nome dell’albergo che serviva da
quartier generale del Partito Democratico; letteralmente cancello
dell’acqua): uno squallido episodio di spionaggio ai danni del Partito
Democratico durante la campagna elettorale del 1972, scoperto da
due giornalisti del Washington Post.
La connivenza tra ambienti politici, americani e nostrani, e la
criminalità ha dato origine a un’altra espressione che ormai ricorre
nei mezzi di informazione: connection (lett. collegamento). Per citare
due esempi ben noti, la Pizza Connection, che si riferisce alle
connessioni tra Cosa Nostra, in America, e le organizzazioni mafiose
italiane, e la Duomo Connection, recentemente spuntata sotto le
guglie del duomo di Milano.
35
L’amministrazione Reagan è legata al concetto di deregulation
(deregolamenta-zione), cioè una politica economica (adottata
solitamente da governi conservatori) che prevede una riduzione e
semplificazione delle norme legislative che riguarda-no le imprese.
Reagan è stato anche co-protagonista, con l’ex premier sovietico
Gorbaciov,di
importanti
summit
(dal
latino“summum”,apice,cima)incontri al vertice
Un altro vocabolo riferito a incontri tra uomini politici è meeting (da
to meet, in-contrare): ne può scaturire un agreement (da to agree,
accordarsi), un’intesa di carattere politico.
Sempre in tema di relazioni fra Stati è usato il termine appeasement
(da una parola francese che significa verso la pace), pacificazione
raggiunta in seguito a concessioni.
Un termine di politica economica è invece fiscal drag, reso in italiano
con drenaggio fiscale, cioè il prelievo sui redditi cresciuti per effetto
dell’inflazione, i quali però mantengono invariato il potere d’acquisto.
Americani sono i G-men (da Government Men), investigatori
governativi, cioè di crimini federali. Una festa governativa è il
Memorial Day (di solito tenuta il 30 maggio), in cui si commemora chi
è caduto in servizio attivo.
Fa parte della realtà politica americana anche una organizzazione
tristemente nota: il Ku-Klux-Klan (da una parola greca che significa
cerchio e da clan), associazione segreta terrorista con tendenze
razziste e nazionaliste. Fondata nel 1865, cercò di opporsi con mezzi
anche violenti all’abolizione della schiavitù; ricomparve nei 1915 per
combattere le ondate di immigrazione dall’Europa. Conta ancor oggi
adepti, che svolgono macabri riti (famose le figure degli incappucciati
bianchi), specie negli stati del deep South (profondo sud). Sul fronte
opposto militavano anni or sono i Black Panthers (da black, nero, e
panther, pantera), estremisti neri, poi decimati. Sempre sul fronte
dell’estremismo di colore, militano tuttora molti e diversi
36
groppuscoli, il cui denominatore comune può essere identificato
dallo slogan Black Power (da black, nero, e power, potere).
Altri vocaboli usati nel gergo politico sono: affair (affare, caso),
riferito a scandali politi-ci o diplomatici; escalation (di origine latina,
da “scala”),aumento progressivo, usato di solito con accezione
negativa (escalation militare); no comment (nessun commento),
espressione di rito tra politici o rappresentanti del potere giuridiziario
(judicial, o legal, power), che si rifiutano di rispondere alle domande
poste dalla stampa.
In italiano usiamo un altro anglicismo, per così dire, “naturalizzato”:
boicottare. Deriva dal nome del capitano J. Boycott, amministratore
delle tenute di Lord Erne in Irlanda, che fu costretto ad andarsene per
l’ostilità degli avversari che si rifiutarono di intrattenere relazioni
commerciali con lui.
Dalla situazione irlandese dei secoli scorsi è giunto un altro termine
che tanto successo ha avuto in Italia: assenteismo (absenteeism). Si
riferiva in origine all’atteggiamento dei proprietari terrieri inglesi che
sfruttavano le terre irlandesi senza risiedervi, cosicché l’economia
locale non ne beneficiava.
Fenomeno sociale, ma che quasi sempre trae origine proprio da
decisioni prese in campo politico, è il sit-in (da to sit, sedersi), forma
di protesta non violenta in cui i dimostranti rimangono seduti per
terra in luoghi pubblici.
Infine alcuni termini militari: blitz (abbreviazione di “blitzkrieg”,
parola tedesca che significa guerra lampo): così Hitler definì l’attacco
massiccio sferrato contro Olanda, Belgio e Francia all’ inizio della
seconda guerra mondiale). È comunque usato anche in contesti non
militari («Ho fatto un blitz in camera di mio fratello»). In italiano è
riferito a operazioni di polizia. E’ analogo a raid (parola che ci ronza
nelle orecchie anche a causa della massiccia pubblicità di un noto
insetticida), attacco (aereo e non) improvviso, incursione. Task force
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(da task, compito, e force, forza), unità militare operativa (di solito
navale) completamente autonoma, impiegata per azioni di pronto
intervento.
Proprio il termine Task force è ritornato prepo tentemente alla
ribalta nel 1991, in occasione della guerra contro l’Iraq. In
quell’occasione sono più e più volte comparsi sui teleschermi i
Tornado (dallo spagnolo “tronada”, tuono), i più sofisticati aerei da
guerra impiegati dagli occidentali. I loro piloti hanno spesso meritato
l’appellativo di Top Gun (lett. miglior cannone), dal titolo di un film di
successo americano.
Espressione storica è D-Day, riferita al giorno dello sbarco in
Normandia delle truppe alleate nel corso della seconda guerra
mondiale (6 giugno 1944: chi non ricorda il film “Il giorno più
lungo”?). In senso figurato si usa per indicare il giorno fissato per un
qualsiasi attacco militare.
Commando, dal nome di gruppi boeri che portarono avanti azioni di
guerriglia contro gli inglesi (1899- 1902), furono denominate le
truppe d’assalto anglo americane durante la seconda guerra
mondiale. Si usa anche in riferimento a gruppi di persone con
addestramento speciale per azioni terroristiche (o antiterroristiche) o
di guerriglia.
Un ultimo riferimento politico-letterario: l’espressione Big Brother
(letteralmente grande fratello), tratta dal romanzo di George Orwell
“1984”. La benevolenza che l’espressione suggerisce nasconde in
realtà una dittatura onnipresente e onnipotente, che fa dei sudditi
degli schiavi controllati in ogni istante della loro vita. In senso lato
l’espressione viene usata per indicare gli eccessi di una società
dominata dalla tecnologia al servizio della dittatura.
False friends
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Con questa espressione, che significa letteralmente falsi amici, si
indicano falsi sinonimi italo-inglesi, vocaboli che per una somiglianza
del lemma inducono a sbagli di traduzione o ad un uso improprio.
Elencarli tutti richiederebbe lo spazio di un libro intero; ci
soffermeremo quindi sulle coppie più singolari, per le quali maggiore
è la possibilità d’equivoco, presentandole in ordine alfabetico.
• Actual = effettivo, reale, vero e proprio.
Attuale = present, current, existing.
• To annoy = irritare, dare fastidio.
Annoiare= to bore (annoiarsi = to get bored).
Nel caso di box la parola inglese ha assunto significati differenti con
l’ingresso nel linguaggio italiano.
• Box (ingl.)= scatola,banco della giuria,cabina telefonica,garitta (tra i
più import.)
Box (ital.) = (autorimessa) garage; posto di rifornimento per auto
(pit); recinto
per bambini (playpen); recinto per cavalli (stall);
esposizioni (stand).
sala di
• Brave = coraggioso, valoroso, eccellente, magnifico.
Bravo = (abile) clever, bright; (esperto) skilful; (per bene) good,
nice;
(meritevole) praiseworthy;
(acclamazione usata a teatro per apostrofare un buon
attore) bravo!
• Camera (ingl.) = macchina fotografica, cinepresa, telecamera,
camera oscura.
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Camera (ital.) = room; (dei bambini) nursery; (mobilia) suite of
furniture;
(camera a gas, musica da camera) chamber;
(Camera di Commercio) Chamber of Commerce;
(Camera dei Deputati, in Gran Bretagna) House of
Commons;
(Camera
Representatives;
dei
Deputati,
negli
USA)
House
of
(Camera del Lavoro) Trades Union Council;
(camera d’aria) tube; (camera mortuaria) morgue.
• Canteen = mensa; posto di ristoro; cucina da campo (di
emergenza); servizio di
posate; borraccia.
Cantina = cellar; (rivendita di vini) wine shop.
• Eventual = definitivo, inevitabile; eventually = alla fine, finalmente.
Eventuale= non esiste omologo;per rendere la possibilità che un
evento si verifichi o no si può usare probable, possible, whatever, any;
eventualmente=if necessary, in case.
• Fabric = tessuto, stoffa, struttura (fig.).
Fabbrica = factory; works; workshop; (costruzione) building;
(a prezzo di fabbrica) at cost price;
(marchio di fabbrica) trade mark.
• Factory = fabbrica, stabilimento.
Fattoria = farm; ranch (negli Stati Uniti); (tenuta) estate.
• Fine (ingl.) = multa, contravvenzione, ammenda; bello, buono,
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ma anche fine (ad es. di sale) e sottile.
Fine (ital.) =(termine) end, ending, conclusion;(morte) death;
(scopo) purpose,aimend; (esito) outcome.
• Ingenuity = ingegnosità, abilità, inventiva.
Ingenuità = naivety, ingenuousness, artlessness.
• Gymnasium = palestra; abbreviato in gym, sta anche per
educazione fisica.
Ginnasio =(in Gran Bretagna) Grammar School;
(negli Stati Uniti) Junior high School.
•
Habit=abitudine;comportamento
(tossicodipendenza).Solo eccezio
abituale;vizio
nalmente il termine viene usato per intendere l’abito (monk’s
habit =saio)
Abito =(da uomo) sull;(da donna) dress; (indumenti) clothes (usato
solo al plurale). Abbiamo un esempio di uso estensivo nell’espressione
mental
habit (abito mentale)
• Lecture = conferenza, relazione, lezione universitaria.
Lettura = reading.
• Library = biblioteca, collana editoriale. Uso estensivo: collezione,
raccolta.
Film library=cineteca; record library= discoteca (intesa
come
collezione di dischi, non certo come locale da ballo).
Libreria = (negozio) bookshop. Negli Stati Uniti è preferita
l’espressione
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bookstore. (Mobile) book case.
• Magazine = rivista periodica; programma televisivo d’attualità;
deposito d’armi.
In campo fotografico sta per cassetta di caricamento.
Magazzino= store, storehouse, warehouse; (emporio) department
store,
negli Stati Uniti store. In magazzino = on stock.
• Marmalade= marmellata d’agrumi,di solito arance amare (solo per
la prima
colazione).
Marmellata = jam.
• Morbid = morboso, patologico.
Morbido = soft, delicate (di colori o suoni); loose fitting (di abiti).
• Mustard = senape.
Mostarda = French mustard.
• Novel = romanzo. Novelette = romanzo rosa.
Novella = (short) story. Se per ragazzi, tale. La Buona Novella = the
Gospel.
• To occur = accadere, succedere, capitare, essere presente, trovarsi
(in natura),
venire in mente.
Occorrere = to need; to require; (in senso temporale) to take;
(dovere) to have to, to be necessary.
• Parent = genitore, progenitore. Parent Company = casa madre.
Parente = relative, relation.
42
• Patent = brevetto, concessione, patente. Patent leather = pelle
verniciata.
Patent medicine = specialità farmaceutica.
Patente (di guida) = driving licence, permit.
• Petrol = benzina (in Gran Bretagna). Petrol bomb = bottiglia
Molotow.
Petrolio = oil, petroleum; (per illuminazione, in Gran Bretagna)
paraffin;
(negli Stati Uniti) kerosene.
• Record = disco, documento, resoconto, archivio, fedina penale,
precedenti,
diario, registro, statistica, registrazione su nastro, primato.
Ricordo = memory; (lett.) recollection. Degno di ricordo = worth
remembering.
Oggetto di ricordo = souvenir.
Se riferito a persona defunta=memento
(termine latino che significa ricorda, ricordati).
Se riferito a un regalo = token, smail gift.
Resti = memories, (p1. memoirs), reminiscences.
• Rumour (negli Stati Uniti rumor) voce, diceria, pettegolezzi,
chiacchiere.
Rumore = noise, sound; (chiasso) din, uproar.
In senso figurato = stir, sensation.
Flatting
Vernice trasparente per legno. Deriva dal verbo to flat, appiattire,
spianare.
43
Food
Le abitudini alimentari degli anglosassoni sono molto diverse dalle
nostre, spesso criticate e comunque assolutamente incompatibili. Se
si mettono a confronto le due gastronomie, a uscirne malconcia è
certo quella inglese. Eppure, soprattutto dagli Stati Uniti, sono giunte
fino a noi mode alimentari che hanno incontrato immediato
successo. Basti pensare ai supermarket e ai minimarket (da market,
mercato), che hanno rivoluzionato i sistemi di vendita dei
commestibili, grazie anche alla presenza in quasi tutte le case di
capaci congelatori, detti freezer (da to freeze, gelare, ghiacciare). Per
non parlare poi dei fast food (letteralmente cibo veloce), locali dove
si servono pasti veloci, da consumare anche in piedi, essenzialmente
hamburger (dalla città tedesca Hamburg, Amburgo), adagiati tra due
soffici panini e conditi con ketchup o catchup (da una parola cinese
che si riferisce al pesce in salamoia), una salsa di pomodoro
aromatizzata. Varianti sono costituite da hotdog (letteralmente cane
caldo, per la somiglianza del würstel, con cui sono infarciti, con un
cane bassotto) o sandwich, panini imbottiti. Questo genere di snack
(simile a snap, morso), cioè spuntino veloce, prende il nome dal Duca
di Sandwich che, essendo un appassionato giocatore d’azzardo, si
nutrì per ventiquattr’ore di soli tramezzini, pur di non abbandonare il
tavolo da gioco. La parola toast, invece, non si riferisce a fette di
pane farcite con prosciutto, quale è, appunto, lo spuntino molto
diffuso in Italia, bensì al semplice pane tostato, uno degli elementi
costitutivi e fondamentali del breakfast (letteralmente
rompidigiuno), la tipica colazione anglosassone. A proposito di prima
colazione, le abitudini divergono completamente (gli inglesi
chiamano continental breakfast la nostra prima colazione): il loro è
un pasto ricco, composto da latte freddo con corn flakes (da corn,
granoturco, e flake, sfoglia, fiocco) o altri cereali, oppure porridge,
pappa di avena cotta in acqua o latte, piatto nazionale scozzese,
l’immancabile bacon (pancetta affumicata fritta con le uova) e toast
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con burro e marmellata. Marmelade, per inciso, è la sola marmellata
d’arancia, jam indica tutte le altre qualità. Il tutto viene annaffiato
con the o caffè. Dopo colazione il digiuno è senz’altro interrotto e
lascia poco spazio per il pranzo (seconda colazione), il lunch, che è un
pasto leggero, consumato per lo più fuori casa, nei fast food, nei self
service (self, da sé, e service da to serve, servirsi) se non addirittura
sul posto di lavoro, a base di tramezzini, un costume che si sta
diffondendo anche da noi. Un pasto di recente istituzione negli Stati
Uniti è il brunch (da una contrazione tra breakfast e lunch): tipico dei
fine settimana, si consuma nella tarda mattinata ed è un pasto
informale, con piatti freddi e caldi, senza un ordine preciso. Per chi ha
dei problemi di linea non resta che affidarsi alle diete: ecco il termine
slimline (da slim, snello, e line, linea).
Molto amati i pasti all’aperto, come il barbecue, parola di origine
esotica (haitiana), che è passata a indicare un fornello con griglia su
cui si fanno cuocere le vivande in terrazza o in giardino. Se si invitano
gli amici a gustare le pietanze così cucinate, si ha un barbecue party
(dal latino “partire”, dividere, col significato di festa, ricevimento).
Per un contatto diretto con la natura (e, spesso, con gli orsi, nei
parchi nazionali degli Stati Uniti o del Canada), si può optare per un
picnic (di derivazione francese), ormai entrato a far parte anche del
costume italiano. Una grigliata di carne o pesce al chiuso, chiamata
mixed grill se è composta di tipi diversi di carne, può essere gustata
nei grill-room, categoria di rosticcerie-ristoranti specializzati in
questo tipo di preparazione.
Infine alcuni elementi di origine inglese o americana: tra i “dessert”
troviamo la banana split (da to split, tagliare a metà); il plumcake (da
plum, prugna, e cake, torta), tipica delizia a base di prugne ed uvetta;
il pudding, budino o altro dolce di pasta morbida; il wafer, biscotto di
cialda imbottita di cioccolato o crema, e, naturalmente, l’ice-cream
(da ice, ghiaccio, e cream, crema), il gelato. Per le carni il roastbeef
(da to roast, arrostire, e beef, manzo), il pollo od il riso al curry, salsa
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piccante di spezie delle colonie nelle Indie orientali. Per gli spuntini si
usano i crackers (da to crack, spezzare), biscotti salati in superficie,
sottili e friabili, o il pop corn (da to pop, verbo onomatopeico per lo
scoppiettio del corn, granoturco, durante la cottura). Infine
peppermint (nome inglese della menta piperita) nelle caramelle, nei
chewing gum (da to chew, masticare, e gum, gomma) e nei bubble
gum (da bubble, bolle che si formano masticando), detti anche
gomma americana in quanto sbarcati con i soldati alleati durante la
seconda guerra mondiale.
For ever (in americano Forever)
Espressione diffusasi attraverso le canzoni e le melodie che ci
giungono da tutto il mondo, soprattutto in virtù di una vera e propria
inflazione dell’inglese come lingua per i testi, significa per sempre.
Gadget
Letteralmente aggeggio, in italiano il termine definisce una certa
oggettistica da regalo, come, ad esempio il poster (da post, palo su
cui si affiggevano avvisi e cartelli), manifesto dai vari soggetti.
Gang
Termine dello stang (gergo, dialetto) americano, indica una banda di
gangster (malviventi). Un altro personaggio della malavita è il killer
(da to kill, uccidere), termine usato soprattutto nella narrativa e nel
cinema.
Gap
Si usa di solito nell’espressione ‘gap generazionale’ (da gap,
spaccatura, frattura), ad indicare una divergenza di opinioni, di
costumi tra persone di età diversa (padri e figli). Con ‘gap
tecnologico’ si designa il divario tra un paese e un altro
maggiormente avanzato dal punto di vista della ricerca e dei mezzi di
comunicazione, meccanizzazione ed informatizzazione.
Gazebo
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Equivalente al termine italiano bersò, prestito dal francese
“berceau”, indica un chiosco eretto in giardino. Vengono installati,
nel periodo estivo, nei maggiori parchi londinesi onde permettere a
piccole orchestre di esibirsi nel repertorio concertistico.
Greenpeace
Organizzazione internazionale che si batte per la salvaguardia
dell’ambiente, Greenpeace (da green, verde, e peace, pace) si
impegna spesso in clamorose azioni dimostrative onde suscitare
l’interesse dell’opinione pubblica sulle situazioni che possono
compromettere l’equilibrio biologico del nostro pianeta.
Hallo
Usato anche nelle varianti hello ed hullo, deriva dal francese “holà”. È
usato per attirare l’attenzione, come saluto informale (al pari del
nostro ciao) per l’incontro di persone legate da rapporti di amicizia,
come formula di risposta al telefono (equivale, in questo caso al
nostro pronto). Per un saluto di commiato, sempre informale, si
utilizza bye bye, forma colloquiale di goodbye (da una contrazione
dell’espressione God be with you!, Dio sia con te!).
Happy days
Letteralmente giorni felici, è il titolo di un serial (telefllm a puntate)
di grande successo in Italia, ambientato in una cittadina della
provincia americana durante gli anni ‘50, i cui protagonisti sono un
gruppo di simpatici adolescenti. Il più amato tra i personaggi è stato
Fonzie, prototipo ideale della generazione scanzonata e disinvolta
cresciuta al ritmo del rock and roll, edonista dall’aspetto rude ma dal
cuore tenero. L’aggettivo happy ricorre anche nell’espressione happy
birthday (da happy, felice; birth, nascita; day, giorno) ossia buon
compleanno.
Hi-tech
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L’uso sempre più generalizzato del computer e dei “robot” (da una
voce di origine cèca, col significato di lavoratore) in ogni settore
dell’attività umana, ha innaugurato l’era della high technology
(abbrevviato in hi-tech), l’alta tecnologia. Possedere un aggiornato
knowhow (letteralmente sapere come), cioè un bagaglio di
conoscenze tecniche, può essere determinante per il successo di
un’attività commerciale come per lo sviluppo di una nazione. Tra i
settori in cui inizialmente è stata applicata l’elettronica avanzata,
quello astrofisico e quello aeronautico sono i maggiormente noti.
Molti, pertanto, sono i termini anglo americani riferiti a questo
campo di uso comune anche in italiano.
L’espressione big bang (letteralmente grande esplosione ; bang è
voce onomatopeica) dà il nome ad una teoria circa la nascita
dell’universo, secondo la quale esso avrebbe avuto origine da
un’esplosione con conseguente espansione delta materia. Pulsar,
contrazione della definizione pulsating star (da to pulse, pulsare, e
star, stella), è una fonte cosmica di segnali radio intermittenti; quasar
(per esteso quasi stellar radio source) è una sorgente radio simile a
stelle con emissione anche di raggi X.
Cape Canaveral, località della Florida, già nota come Cape Kennedy,
è sede della più nota base per il lancio di missili e navicelle spaziali.
Nei modernissimi laboratori della N.A.S.A. (National Aeronautics and
Space Administration), l’ente spaziale americano, si effettua il countdown (da count, conto, e down, verso il basso), noto come conto alla
rovescia, prima della partenza dei mezzi spaziali, come il Challenger
(da challenge, sfida), una delle quattro navicelle del programma
Space Shuttle (da space, spazio, e shutt spola), navetta spaziale che
ha assunto la denominazione utilizzata anche per altri mezzi di
trasporto che fanno la spola da una località all’altra. La navetta è,
infatti, stata progettata per poter essere utilizzata più volte. Altri lanci
importanti sono stati quelli dell’ Explorer (da to explore, esplorare) e
del Voyager (da voyage, modellato sul francese, viaggio), sonda
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interplanetaria che sta attraversando il nostro sistema solare
fornendo dati sui pianeti avvicinati. In alcune missioni gli astronauti
hanno potuto effettuare importanti esperimenti scientifici a bordo
dello skylab (da sky, cielo, e lab, abbreviazione per laboratory,
laboratorio), un laboratorio orbitante. Per ciò che riguarda le
applicazioni militari, sono noti i missili Cruise (da to cruise, navigare),
così detti per la possibilità di compiere itinerari prestabiliti, armati di
testate nucleari, ed i Pershing, che prendono il nome dal comandante
del corpo di spedizione statunitense in Europa durante la prima
Guerra Mondiale.
Con 1’avvento dell’era nucleare, è entrato nell’uso comune anche il
termine fall-out (dal verbo to falI out, cadere fuori), che indica la
pioggia di scorie radioattive trasportate dal vento dopo un’esplosione
nucleare. Un altro strumento che sta assumendo importanza sempre
maggiore, non solo in campo militare, ma anche nella medicina, è il
laser (dalle iniziali di Light Amplification by Stimulated Emission of
Radiation, ovvero amplificazione delle onde luminose per mezzo di
un’emissione di radiazione stimolata): si tratta di un corpo che
genera ed emette onde elettromagnetiche a frequenza ottica in fasci
unidirezionali, di lunghissima portata e molto potenti. Se ne
prevedeva l’uso anche nei piani di difesa dello scudo stellare, sognato
dal presidente americano Reagan e, fortunatamente, abbandonato,
chiamato scherzosamente Star Wars (guerre stellari) dal titolo di un
popolarissimo film di fantascienza.
Tra i vocaboli della fisica usiamo anche radar (sigla di RAdio
Detecting And Ranging, in italiano scoperta e telemetria mediante
radio), dispositivo radioelettrico per la localizzazione di un corpo,
costruito in Gran Bretagna nel 1935 da R. A. Watson Watt ed
utilizzato, dopo anni di perfezionamento in segreto, nel 1940-41,
decisivo per le sorti della seconda guerra mondiale. In campo navale
al radar si affianca il sonar (sigla di SOund Navigation And Ranging,
letteralmente navigazione e telemetria mediante suoni), usato
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soprattutto per l’individuazione e la localizzazione dei sommergibili,
tramite i suoni (in inglese sound) o ultrasuoni emessi.
Un altro apparecchio rivelatore è il metal detector che, captando le
onde acustiche emesse e riflesse, permette di scoprire metalli non
visibili a occhio nudo.
Quark è un termine fisico reso celebre anche in virtù dell’omonima
trasmissione televisiva di divulgazione scientifica. La parola è
enigmatica quanto l’elemento delle particelle della materia cui si
riferisce. L’origine del vocabolo è legata a un verso di “Finnegan’s
Wake” di James Joyce, uno dei libri di più controversa interpretazione
mai scritti. Il verso in questione, infatti, recita: «Three quarks for
Muster Mark», ove quark indica qualcosa di indefinito. In effetti la
subparticella atomica è stata postulata matematicamente nel 1963,
ma le ricerche per un’identificazione definitiva sono ancora in corso.
Tra i vocaboli che si riferiscono alla medicina, ricordiamo
l’elettroshock (in inglese, più precisamente, electric shock, urto o
scossa elettrica), cui fa da contraltare la variante francese “choc”. Il
pace-maker (letteralmente segna passo) è uno stimolatore cardiaco
che supplisce alla funzione ritmica deficitaria del cuore. By pass
(letteralmente derivazione, deviazione) è termine utilizzato nella
moderna chirurgia per definire un’operazione effettuata per superare
un’ostruzione nel sistema cardiocircolatorio. Meglio per tutti
sottoporsi, di tanto in tanto, a un check-up (da to check, controllare)
approfondito, onde stabilire, tramite una serie di test (sostantivo da
to test, esaminare, provare), lo stato generale di salute. Allargando a
un campione di numerose persone un esame specifico o più esami, si
ottiene uno screening (da to screen, vagliare, proiettare), tipo di
indagine che permette di definire situazioni particolari o di rendersi
conto dell’impatto di un farmaco o di un morbo.
Altri termini pertinenti il campo scientifico o tecnico sono: blackout
(da black nero; ed out, fuori, nel senso di uscire improvvisamente),
oscuramento causato da caduta di tensione nelle linee elettriche
50
(famoso quello di New York, provocato da un incidente aereo). Cable
è il cavo usato nelle telecomunicazioni a lunga distanza,
particolarmente quelle sottomarine, che ha la caratteristica, comune
con molti orologi di tecnologia avanzata, di essere water-proof (da
water, acqua, e proof, prova), ossia resistenti all’acqua. Per le
comunicazioni a distanza ravvicinata si usano, amatissimi dai
bambini, i walkie-talkie (da to walk, camminare, e to talk, parlare),
radio ricetrasmittenti portatili. Engineering (da engine, motore, ed
engineer, tecnico) è l’applicazione dell’ingegneria alle costruzioni e
all’industria. Scanner è il dispositivo utilizzato per l’analisi di un
oggetto tramite la registrazione degli elettroni emessi (da to scan,
esaminare). Standard (tipo, modello) è la misura di riferimento per la
produzione industriale, in serie, di oggetti, termine diffuso anche
nell’espressione per traslato standard di vita, di comportamento.
Tank (letteralmente serbatoio) indica il carrarmato, mentre tanker è
la petroliera, il cui omologo terrestre è il pipeline (da pipe, tubo, e
line, linea), ossia l’oleodotto. Ben più noto è il timer, dispositivo a
motore o a orologeria utilizzato per far esplodere ordigni.
Passando alla trasmissione di dati e notizie, oltre al sistema di
riproduzione mediante xerografia, detto, dal marchio di fabbrica,
xerox, incontriamo quotidianamente tutta una serie di vocaboli
composti col prefisso greco “tele” (lontano): telefax, tetex, tele taxe.
Il primo è un ricetrasmettitore di documenti a distanza attraverso la
rete telefonica. I termini da conoscere per utilizzare l’apparecchio
sono sufficientemente noti: mode, procedimento; date/time, data/
ora; distant station (letteralmente stazione distante), numero
dell’utente chiamato; pages, pagine (ossia durata del testo); result,
risultato; ok, va bene; busy, occupato; stop, messaggio interrotto;
dial, comporre il numero; rec (abbreviazione di record), registrare;
status report, rapporto sulla situazione (operazioni svolte); message
confirmation, conferma del messaggio.
51
Il telex è invece un servizio telegrafico per mezzo di telescriventi
collegate con circuiti telefonici (da teleprinter, telescrivente, ed
exchange, scambio, centralino). Il teletaxe (da tax, tassa) è un
contatore degli scatti telefonici annessi all’apparecchio.
High society
L’alta società inglese conta molte teste blasonate, essendo ancora
ben viva la tradizione monarchica. Sono, pertanto, diffusi titoli come
lord (che nell’antico inglese aveva il significato di guardiano del pane)
e il corrispettivo lady, accompagnati alle forme maggiormente
pompose Milord e Milady (da una contrazione di my, mio, e lord o
lady). Esquire (in origine era chi portava lo scudo) era il nobile di
campagna. Anche sir, cavaliere, è usato nel dialogo quotidiano
quando ci si rivolge a una persona di sesso maschile di cui non si
conosce il nome (per il femminile si usa madam). Le forme abbreviate
Mr. ed Mrs. (al posto di Mister e Mistress), oltre a Miss, vengono
usate davanti ai cognomi e rendono i termini italiani signore, signora
e signorina (quest’ultima forma può essere utilizzata da sola come
appellativo).
Gli appuntamenti obbligatori (definiti must, dovere ovvero obbligo)
per ladies e gentleman (signore e signori) vestiti in abiti da
cerimonia, durante la “saison” (termine francese, che indica gli eventi
mondani che avvengono entro un arco di tempo determinato, al
posto dell’inglese season) estiva sono le corse dei cavalli a Epsom e
Ascot, a cui intervengono anche i reali.
Ma il jet set, come lascia immaginare il nome stesso, è abituato ai
viaggi intercontinentali (naturalmente su jet), per cui i vip (dalla sigla
Very Important Person) trascorrono le vacanze sulle spiagge più
rinomate del mondo per riaversi dall’umidità del clima inglese.
Hobby
Nei lunghi e grigi week-end (da week, settimana, ed end, fine),
quando le famiglie britanniche possono finalmente godersi la tanto
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sospirata privacy (da private, privato, nel senso di intimità
gelosamente difesa), tra le mura delle loro casette a schiera tutte
uguali, ecco giungere il momento più opportuno per dedicarsi agli
hobby preferiti: ancora una volta si conferma l’amore per la vita
domestica che fa dire agli inglesi «Home, sweet home! » (ossia
«Casa, dolce casa! »). È proprio quest’atmosfera casalinga, insieme
con i ricordi d’infanzia che è in grado di risvegliare, ad aver creato e
determinato tale vocabolo rimasto intraducibile nella nostra lingua.
Hobby, infatti, veniva chiamato il cavalluccio di legno col quale i
bambini giocavano (dal nome di una razza irlandese di cavalli a taglia
piccola), oltre ad essere il vezzeggiativo del nome Robert. Oggi hobby
significa attività svolta con assiduità e impegno, ma per puro
divertimento, al di fuori della propria professione. Anzi, il più delle
volte riguarda interessi che esulano del tutto dal lavoro quotidiano e
sono, probabilmente, una forma di evasione o il tentativo di
realizzare desideri, di esprimere creatività, di dar voce al “fanciullino”
di pascoliana memoria. Forse un po’ troppo per una parolina così
breve? Eppure sotto questa etichetta potremmo elencare una
miriade di attività diverse: ci soffermeremo su quelle che hanno
conservato anche in italiano la denominazione originale inglese. Tra i
giochi di carte, diffusissimi sono il bridge (letteralmente ponte) e il
poker.
Il primo viene giocato a coppie (quattro giocatori), con un mazzo di
cinquantadue carte e dichiarazione iniziale (slam) di quante prese
ciascuna coppia farà giocando con una determinata briscola (“atout”,
termine preso a prestito dal francese), oltre le sei prese che
costituiscono il minimo consentito. Se una coppia effettua tutte le
prese (13), ha ottenuto un grande slam; se le prese sono 12 è un
piccolo slam. Il vocabolo sembra derivare da un termine slavo che
significa tagliare.
Il poker, uno dei giochi d’azzardo con le carte maggiormente diffusi, è
di solito giocato da quattro o cinque persone con 32 carte: tra le
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combinazioni vincenti abbiamo il full (sta per full house, casa piena),
ottenuto con tre carte uguali oltre a un’altra coppia di carte uguali,
ed il poker combinazione di quattro carte uguali. Cip è variante
italiana di chip (letteralmente scheggia) e indica la puntata minima,
puntata fatta con “fiche” (parola presa in prestito dal francese, col
significato di gettone). Caratteristico di questo gioco è il bluff
(letteralmente, con valore figurato, schietto, sincero), il fingere, cioè
di avere in mano carte vincenti per costringere gli altri giocatori a
ritirarsi. Il termine viene utilizzato, comunque, in contesti ben diversi.
Tra le carte, nel mazzo da 54, troviamo quattro nomi inglesi: il Jack o
“J” (dalla forma familiare del nome John), ossia il fante; la Queen
(regina) o “Q”; il King (re) o “K”; e il jolly joker (letteralmente allegro
burlone), carta che assume il valore attribuitole da chi la possiede.
Altri giochi da tavolo sono il bingo, versione della nostra tombola, che
è anche popolare gioco d’azzardo, simile al lotto; il puzzle
(letteralmente perplessità, confusione, da to pose, porre domande
imbarazzanti), un gioco di pazienza che consiste nel ricomporre i
frammenti in cui è stata suddivisa un’immagine. Più recenti i war
games (da war, guerra, e game, gioco), giochi di simulazione di
battaglie e guerre, e i videogame, giochi elettronici visualizzati su uno
schermo televisivo. Nelle sale giochi troviamo anche i flipper (da to
flip, dare un colpetto con le dita, muoversi a scatti), biliardini elettrici
automatici di origine americana, come del resto la maggior parte di
questo tipo di divertimenti. Va sottolineato comunque che flipper è
un uso puramente italiano di un vocabolo inglese; infatti il biliardino
elettrico in inglese si chiama pinball. Riferito al flipper è il termine tilt
(letteralmente inclinare il piano, ma anche giostrare), usato
nell’espressione figurata “andare in tilt”, nel senso di non funzionare,
essere incapace di affrontare una situazione difficile. Si rifà
all’abitudine dei giocatori di inclinare il piano del biliardino per far
segnare punti alla bilia.
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Citiamo, tra i giochi da tavolo, il backgammon (da back, indietro, per
il movimento dei pezzi, e gammon, variante).
Nei casinò è possibile giocare con le slot-machine (da slot, fessura, e
machine, macchina). Vengono normalmente destinate alla
distribuzione automatica di prodotti (che si ottengono inserendo una
o più monete nella fessura posta sulla macchina), ma possono essere
utilizzate per la vincita di premi in denaro. L’appellativo di
‘mangiasoldi’, con cui sono spesso indicate, fa però dubitare della
reale possibilità di vincere!
Chi ama il modellismo, altro genere di hobby per i casalinghi, si
procurerà senz’altro un kit di montaggio (cioè una confezione
contenente l’occorrente, materiale e attrezzi, per ottenere l’oggetto
finito). Il significato letterale è equipaggiamento, attrezzatura.
Non può mancare, tra gli hobby, la fotografia. Anche in questo
campo molti sono i vocaboli inglesi che utilizziamo, come reflex
(camera, macchina fotografica) dal latino “reflectere”: particolare
tipo di apparecchio nel quale l’immagine inquadrata viene trasmessa
da uno specchio al mirino. Click è la voce onomatopeica (che sta per
ticchettio) che indica lo scatto della macchina, mentre, in situazioni di
luce ridotta si fa ricorso al flash (letteralmente lampo), ossia
l’apparato di illuminazione artificiale sincronizzato con l’otturatore.
Fish-eye (letteralmente occhio di pesce) è l’obiettivo grandangolare
con amplissimo angolo di ripresa. Close-up (letteralmente da vicino)
è il primo piano; zoom (curiosamente il significato primo è riferito a
un tipo di acrobazia aerea, la salita a candela, che produce un forte
ronzio); blow-up (letteralmente gonfiare con aria), in fotografia,
significa ingrandire. Infine, Polaroid (dal nome commerciale) indica il
tipo di apparecchio che sviluppa automaticamente le fotografie al
suo interno e le fornisce già stampate in pochi secondi. Diacolor è,
infine, un ibrido italiano composto con le parole diapositiva e colore.
Con il termine hobby possiamo anche definire attività del tempo
libero svolte all’ aperto, come il bird watching (da bird, uccello, e to
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watch, osservare), osservazione e studio dell’avifauna, o l’attività dei
boy scout (da boy, ragazzo, e scout, esploratore, ricognitore,
attraverso il francese dal latino “auscultare”), organizzazione fondata
nel 1908 dall’inglese Robert Baden Powell, per educare i giovani alla
disciplina e alla vita all’aria aperta, diffusa in tutto il mondo.
C’è chi, invece, occupa il tempo, nella bella stagione, dilettandosi con
lo skate-board (da to skate, pattinare, e board, asse di legno), specie
di monopattino senza manubrio; o con il frisbee, disco di plastica che
viene lanciato in aria da un giocatore all ‘altro.
Holiday
È facile passare dagli hobby alle vacanze. Quale momento migliore
per gustarsi il meritato relax (dal latino “laxus”), riposandosi dalle
fatiche del tran-tran quotidiano e occupandosi esclusivamente di ciò
che piace per santificare la festa? Holiday, infatti, vuol dire giorno
santo (da holy, santo;e day, giorno).
La vacanza ideale sembra essere, oggigiorno, il viaggio in paesi
esotici, in zone impervie, con quel tanto di emozioni e pericolo
compresi nel prezzo (o, talvolta, inaspettati, nel caso ci si affidi a
un’agenzia di viaggi ‘fantasma’). Sono nati perciò gli adventure club,
organizzazioni specializzate nell’avventura ad ogni costo, per far
vivere lungo l’arco di un mese, a mo’ di novelli Indiana Jones (senza
effetti speciali), anemici cittadini che conoscono solamente la
“giungla d’asfalto” o quella “dei prezzi”. Per una vacanza più
economica (si sa, le emozioni fanno alzare i prezzi!) si può optare per
il camping (da to camp, accamparsi), con tenda, o il caravanning con
caravan (letteralmente carovana) o “roulotte”. A chi desidera tutti i
comfort, le comodità cui è abituato, non resta che scegliere un hotel
(da hostel, derivato dai termini latini “hospitalis” e “hospes”, ospite)
o un residence con appartamenti. Tipici nomi di hotel sono Palace
(dal francese “palais”, palazzo), palazzo signorile o reggia o sede
vescovile, e Royal (sempre dal francese), reale. L’entrata di un hotel è
comunemente chiamata hall (nel medioevo il termine, letteralmente
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sala, indicava la sala dei banchetti); vi è situata la reception (da to
receive, ricevere), il banco cui ci si rivolge appena giunti in albergo.
Chi ama la vita notturna deve, per forza, compiere visite alla città bynight (di notte), proprio quando lo sfavillìo delle luci e il richiamo dei
night club (da night, notte, e club, circolo, luogo di riunione) sono più
intensi, come da cartolina.
Una vacanza che è il sogno di molti piccini, ma anche di parecchi
grandi, è quella a Disneyland, il paese dei personaggi creati da Walt
Disney, disegnatore di fumetti, e dai suoi collaboratori, uno dei parchi
di divertimento più incredibili del mondo. Gli amanti, infine, della vita
on the road (dal titolo del romanzo di Jack Kerouac, letteralmente
sulla strada) viaggiano da globetrotter ( da globe, globo, e to trot,
procedere al trotto), spostandosi in autostop (voce italiana; in inglese
si dice hitchhiking) oppure a piedi.
Iceberg
Da una parola olandese che significa montagna di ghiaccio, indica
enormi blocchi di ghiaccio galleggianti staccatisi dai poli. In senso
figurato si usa l’espressione “punta dell’iceberg”, per intendere una
piccola parte visibile di qualcosa di molto grande che rimane
nascosto.
Permafrost (contrazione di permanent, penna nente, e frost,
ghiaccio) è il tipico suolo delle regioni polari e subpolari,
perennemente a temperature inferiori allo zero.
Identikit
Formato da identity, identità, e kit (letteralmente significa strumenti
per identificazione), è la ricostruzione della fisionomia di una persona
ricercata, solitamente dalla legge, ottenuta assemblando le
indicazioni fornite dai testimoni di un fatto delittuoso.
Kidnapping
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Il vocabolo significa rapimento di bambino (da kid, vezzeggiativo di
child, bimbo,
e dall’espressione to be caught napping, essere preso alla
sprovvista), ma viene utilizzato anche nei confronti di un adulto.
Liberty
Il significato inglese è libertà, mentre in italiano viene usato per
indicare lo stile architettonico e pittorico, detto anche stile floreale,
nato agli inizi del nostro secolo (in inglese tale stile viene detto
modern style, letteralmente stile moderno). Il nome deriva dagli
omonimi grandi magazzini di Londra, tuttora in attività, il cui edificio
fu costruito, innovativamente, secondo tali canoni architettonici.
Look
«To be or not to be, that is the question» («Essere o non essere,
questo è il problema»), recitava dubbioso Amleto. Oggi,
probabilmente, direbbe: «Apparire o non apparire…», poiché questo
sembra essere il dilemma esistenziale per quanti vivono sulla ‘ribalta’
di vari palcoscenici, da quello dello spettacolo a quello della politica,
dall’arte allo sport. Tutti alla ricerca dell’immagine perduta o mai
posseduta. C’è chi ha fiutato questo bisogno primario della società
post-moderna e si è improvvisato ‘lookologo’, studiando più o meno
scientificamente i vari tipi di look. La parola ha un significato più
complesso di quanto sembri: in inglese significa apparenza, aspetto,
espressione del viso, ma a ciò si è aggiunto un riferimento più preciso
agli elementi estetici di una persona, al suo modo di atteggiarsi, fino
a diventare un equivalente di stile e, in certi casi, di moda. Parleremo,
quindi, in questo capitolo, di termini riferiti all’abbigliamento e
all’estetica in genere, ma anche di ‘mode’ giovanili che sono nate in
Gran Bretagna e da lì sono state esportate con successo in molti
paesi, tra i quali il nostro.
Per ciò che riguarda i tessuti, tutti conosciamo il chintz (da una parola
indostana), stampato a colori vivaci, reso lucido da una speciale
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gommatura e molto usato nell’arredamento d’interni; il jersey (dal
nome della maggiore delle isole del Canale della Manica), pettinato,
liscio e morbido, lavorato a maglia (indossato originariamente dai
marinai); il lambswool (da lamb, agnello, e wool, lana), lana morbida
e sottile per maglieria; il nylon, materia sintetica utilizzata nei filati,
detta anche “seta artificiale”. Per ciò che concerne l’origine della
parola è simpatico, quanto poco profetico, il modo con cui tale nome
è nato: pare che nylon sia originato dalle iniziali delle parole di una
frase pronunciata da una signora statunitense in visita alla prima
fabbrica produttrice di questo filo sintetico, ossia «Now you, lousy
old Nipponese!» («E ora a te, vecchio giapponese pidocchioso»), in
riferimento alla concorrenza giapponese che ne sarebbe uscita
battuta. Inutile ricordare quella vera e propria invasione giapponese
di manufatti dal prezzo particolarmente competitivo che c’è stata nel
secondo dopoguerra, a smentire totalmente la profezia dell’ottimista
visitatrice. Aneddoti a parte, c’è chi considera tale nome come
modificazione dell’espressione no run (traducibile con nessuna
smagliatura), con suffisso modellato sul nome di altri prodotti
chimici.
Noto è anche il rayon, fibra ottenuta dalla cellulosa. Un altro noto
tipo di lana è lo shetland (dal nome dell’omonimo arcipelago a nord
della Scozia), lana morbida e pelosa. Sempre per rimanere in ambito
scozzese, citiamo il tartan, classico tessuto a quadri, a colori vivaci,
usato per i kilt, tipici gonnellini da uomo, e il plaid, il tessuto di lana
con disegni a scacchi o riquadri, originariamente portato sulle spalle a
mo’ di mantello, che ha dato il nome alle tipiche coperte da viaggio, a
doppia faccia con frange. Tweed (deformazione della parola scozzese
“tweel”, in inglese twill, spigato) è una stoffa di lana per abiti sportivi,
bicolore.
In fatto di indumenti, l’elenco di parole di cui siamo debitori alla
lingua inglese è ancora più lungo. Tra i capi intimi ricordiamo il babydoll (da baby, vezzeggiativo per ragazza, e doll, bambola), indumento
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femminile da notte, formato da camicia corta e mutandine, che
prende il nome dalla protagonista di un noto film degli anni Sessanta.
Anche la versione maschile del “vestito da notte”, il pigiama, deriva
dall’inglese pyjamas, vocabolo di origine indonesiana (indica anche i
pantaloni larghi indossati dagli orientali). Le donne, a volte, utilizzano
il body (letteralmente corpo), guaina leggerissima, e come costume
da bagno, sempre più diffusamente, il bikini, il cui nome origina da
un atollo dell’Oceano Pacifico dove gli Stati Uniti fecero esplodere
una bomba atomica di prova nel 1946. Secondo lo stilista che lo creò,
il bikini avrebbe dovuto avere, sui frequentatori di sesso maschile
delle spiagge, lo stesso effetto dirompente dell’esplosione nucleare.
In tempi più recenti un nuovo ‘cataclisma’ è stato provocato
dall’avvento del topless (da top, parte superiore, e less, senza), per
cui il classico bikini si è ridotto a monokini (ma in inglese si preferisce
la formula bikini bottom). Criss-cross è il nome commerciale di un
tipo di reggiseno ad incrocio dei nastri di sostegno (da cross, croce).
Per rimanere nel campo dell’abbigliamento intimo, ricordiamo i
boxer (letteralmente pugile), mutande a calzoncino, e gli slip, (da to
slip, scivolare), la classica mutanda maschile. È da sottolineare, però,
che l’inglese utilizza il termine pants (al femminile) e briefs (al
maschile) per indicare le mutande, mentre slip è la sottoveste.
Numerosi i vocaboli riferiti a capi di maglieria, dal comunissimo golf,
al pullover (letteralmente tira su), al cardigan (dal nome del Conte di
Cardigan, famoso per aver guidato la “Carica dei Seicento” nella
battaglia di Balaclava, 1854). Attenzione a non chiedere un golf in un
grande magazzino, potreste rimanere sorpresi! Per i britannici la
parola golf indica unicamente il gioco, mentre l’italiano maglia
corrisponde a pullover o jumper.
Tra le giacche abbiamo il blazer (da blaze, fiammata, splendore),
giacca di tipo sportivo, di solito indossata dagli studenti di college
(con l’immancabile stemma sul taschino), dai colori vivaci che le
danno il nome; lo spencer (dal politico dell’Ottocento, il Conte di
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Spencer), giacca corta e aderente. A proposito di giacche, pocket è la
tasca (usato in italiano in altri contesti). Da un altro sport, il polo, è
derivato il tipo di maglia dal caratteristico collo tondo, alto e
rivoltato.
Abbiamo già menzionato il kilt, costume nazionale scozzese,
indossato solo dagli uomini delle Highlands al posto dei calzoni
(anche se da noi la parola indica un tipo di gonna a pieghe con
disegno a quadri, riservato alle donne). Un ricordo degli anni Settanta
sono gli hot-pants, genere di calzoncini minimi (il termine che indica
in inglese i calzoncini corti è shorts, letteralmente corti) per bollenti
(in inglese hot) spiriti.
Dall’America sono arrivati, invece, i blue jeans, forse il capo
d’abbigliamento più longevo finora ideato, creati da Levi Strauss,
tedesco emigrato in California, nel 1850. Egli utilizzò della tela ruvida
(jean, probabile deformazione di Genova), di canapa in un primo
tempo, e di denim (letteralmente de Nim, di Nimes), tessuto di
cotone ritorto, poi. Questo tipo di stoffa era stato utilizzato fino ad
allora per fare tende e coperture per i carri dei pionieri. Levi Strauss
fece tingere la stoffa d’indaco, da cui il caratteristico colore blu. I
jeans hanno inaugurato la moda casual unisex (uguale per donne e
per uomini), l’abbigliamento informale per il tempo libero destinato
al mercato dei giovani.
Come abbiamo visto, spesso ci si riferisce a indumenti indossati da
militari: non fanno eccezione trench (sottinteso coat, cappotto da
trincea), cappotto impermeabile, e montgomery (italianizzato in
“mongomeri”), dal nome del generale inglese che lo indossava
durante la seconda guerra mondiale.
Per occasioni snob (ricordiamo che l’inglese definisce così chi giudica
solamente dalle apparenze), gli abiti maschili di rigore sono il tight
(letteralmente attillato), per cerimonie diurne, costituito da giacca
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nera a falde strette e pantaloni a righe grigie e nere, con panciotto
grigio, e lo smoking (da smoke, fumo), che deve il nome al fatto che
si tratta di una giacca che veniva indossata originariamente per
ritirarsi a fumare dopo pranzo. Oggi è usata come giacca da sera,
nera o bianca, con bavero e risvolti in seta, anche se il termine può
indicare l’abito scuro. I due vocaboli, curiosamente, non sono usati in
inglese: per tight si usa evening suit (abito da sera) e per smoking,
dinner jacket (giacca da cena) o, in americano, tuxedo. Sul versante
femminile, è sempre in (di moda), per la sera, il nude look dalle
trasparenze provocanti e dagli scolli più o meno audaci. Passando dal
profano al sacro, citiamo il clergyman (da clergy, clero), termine che
indica sia il sacerdote sia l’abito da lui indossato, composto di giacca,
pantaloni neri o grigi e collare della camicia rigido e di color bianco.
Qualcosa di inglese è anche nelle scarpe: usiamo lumberjack (dato
lumber, tagliare legname, e jack, gergale per uomo), le calzature del
taglialegna, robuste e sportive, diffuse con questo nome
commerciale, e moon-boot (da moon, luna, e boot, stivali), doposci
dalla foggia simile a quella degli stivali indossati dagli astronauti
durante le “passeggiate lunari”.
Accanto all’abbigliamento non possono mancare alcuni vocaboli che
si riferiscono alla toelette quotidiana. Tra gli uomini è d’abitudine
usare l’aftershave (da after, dopo, e shave, barba), il dopobarba;
mentre il gentil sesso cerca di sottolineare i pregi del proprio aspetto
con il make-up (letteralmente mettere insieme più ingredienti), il
trucco del viso, uno dei cui strumenti è l’eye-liner (da eye, occhio, e
line, contorno), cosmetico liquido per il trucco degli occhi. Mille e più
di mille sono oggi le varietà di shampoo (da una parola di origine
indostana col significato di premere), il prodotto per il lavaggio dei
capelli. La parola spray (letteralmente spruzzo) si applica non solo ai
prodotti di bellezza, ma anche ad altri liquidi nebulizzati. In caso di
viaggio gli oggetti e i prodotti da toelette vengono riposti nel beautycase (da beauty, bellezza, e case, scatola), valigetta di dimensioni e
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materiali vari. Per chi vuole riacciuffare la bellezza o la forma
perdute, esistono le beauty-farm, istituti, solitamente situati in
luoghi di villeggiatura, ove, sottoponendosi a diete ferree e a esercizi
fisici o altre cure intensive, si può sperare di indossare un abito di due
taglie più piccolo e di riaversi dallo stress (tensione) della vita
moderna. L’ultima risorsa, invece, per le cinquantenni ‘rampanti’ è il
lifting (da to lift, sollevare), per cancellare dal viso i segni dell’età.
Da modi (di vestire) a mode, il passo è breve. Il primo fenomeno che
possa essere così denominato, risale al periodo romantico (seppure
non dobbiamo dimenticare Petronio, “arbiter elegantiarum”, ossia
maestro di eleganza, dell’antica Roma), quando lord Brummel, nobile
inglese, dettava legge in fatto di moda nell’alta società londinese. Il
suo stile di vita e il suo vestire, affettato e molto elegante, furono
definiti dandy (pare un diminutivo di Andrew). Notevole fu l’influenza
sui giovani dell’epoca, che ebbe come conseguenza la definizione di
un modo di pensare che disprezzava, come poco raffinata e
bottegaia, la classe borghese. Se il dandy indulge in un atteggiamento
di superiorità, lo snob (dal latino “sine nobilitate”, senza nobiltà)
soffre di un complesso di inferiorità, tendendo, quindi, ad invidiare e
imitare le abitudini di un ceto sociale a cui non appartiene e tratta
con indifferenza chi ritiene inferiore a sé. In italiano i sostantivi
derivati da tali atteggiamenti, ‘dandismo’ e ‘snobismo’ ,hanno
assunto una connotazione negativa.
Molte sono le mode giovanili apparse dopo la seconda guerra
mondiale. In Gran Bretagna, negli anni Cinquanta, col diffondersi
della musica rock’ n’ roll, scoppiarono i primi disordini tra teen-ager
(da teen, suffisso dei numeri cardinali da tredici a diciannove, e age,
età), termine con cui si definiscono anche da noi gli adolescenti. Si
esprimeva il rifiuto dei vecchi standard della morale vittoriana, che
aveva dominato l’Inghilterra per più di un secolo. Anche gli uomini di
cultura diedero corpo alla sfida e al dissenso col movimento degli
angry young men, i giovani arrabbiati. Lo spirito combattivo e
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protestatario venne ereditato dai teddy-boy, giovani teppisti (il nome
deriva da Ted, vezzeggiativo di Edward, data l’abitudine d’indossare
abiti di foggia edwardiana, in voga all’inizio del secolo). Negli anni
Sessanta la rabbia, o comunque il rifiuto del conformismo sociale, si
espressero nel conflitto fisico e ideologico, tra i mods (abbreviazione
di modem, moderni), dallo stile sofisticato, e i rockers (seguaci del
classico rock’ n’ roll), vestiti con giacche di pelle nera e borchie, in
perenne movimento su rombanti motociclette. La passione per il look
oltraggioso e iridescente ha raggiunto l’apice nella moda punk
(letteralmente legno marcio o cosa di nessun valore), nata negli anni
Settanta, ormai in declino, mentre resistono i giubbotti di pelle
indosso ai “metallari” (dal nome della musica preferita, l’heavy
metal, letteralmente metallo pesante, forma di rock dai toni molto
duri). A completare il quadro, dopo la scomparsa dell’ultimo vero
mohicano, ecco gli skin head (letteralmente pelle testa), che mettono
in bella vista, nonostante il clima britannico umido, lo scalpo
‘artisticamente’ rasato. Questi ultimi si sono purtroppo fatti notare
per le azioni teppistiche in occasione di incontri di calcio e,
ultimamente, con la denominazione di nazi skin, per atti di violenza a
sfondo razzista in diversi paesi europei. Il colore nero, da sempre
simbolo del male, del lato oscuro delle cose, prende corpo nei dark
(letteralmente scuro, buio), ragazzi perennemente vestiti di nero che
possiamo incontrare anche nelle nostre città, mentre gli appassionati
a oltranza del rock’ n’ roll primitivo, dalle vesti ‘farcite’ di bandiere
della Confederazione americana, le mitiche dixie, e dai capelli intrisi
di brillantina e gel (dalla radice di gelatine, gelatina), si definiscono
rock-a-billy (billy è vezzeggiativo familiare per William).
Dal vecchio al nuovo continente il passo è breve e molte sono le
analogie. Tra il 1955 e il 1960 apparvero i rappresentanti della hip
generation (da hep, termine gergale che indica un appassionato di
jazz o di swing), da cui sarebbero nati la beat generation (da beat,
battuta, sconfitta, e generation, generazione) e gli hippy (in ltalia
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chiamati anche figli dei fiori, per gli ideali di pace cosmica e per
l’amore verso la natura). Anche in questo caso i gruppi esprimevano
un rifiuto del materialismo imperante: il passare il tempo nei caffè,
ad ascoltare jazz, a scrivere poesie e a fumare marijuana, non portò,
però ad un tentativo di cambiare effettivamente la società, ma
solamente ad un loro dissociarsi da essa. Questi giovani vennero
definiti anche, con un termine dalla connotazione negativa, beatniks
(da beat, cui venne aggiunto il suffisso -nik, modellato su “Sputnik”,
nome della sonda spaziale sovietica). La Bibbia di questo gruppo era
rappresentata dal romanzo di Jack Kerouac “On the road”
(letteralmente sulla strada), che illustra il senso della libertà e la gioia
del vagabondare senza orari né limiti di alcun genere. La musica restò
un elemento importante , perché dava il ritmo (un altro significato di
beat è battuta del tempo musicale) alle loro esperienze.
Un modello di comportamento accentuatamente individualistico,
caratterizzato da un abbigliamento eccentrico, è quello, tipico degli
anni Settanta, definito col termine freak (letteralmente capriccio,
stramberia), il cui significato si è esteso, man mano, ad indicare un
drogato oppure un fanatico. Strettamente legato a questo è il verbo
to freak out, il cui significato oscilla tra avere allucinazioni e adottare
dei modi di vita anticonformisti.
Nel decennio del riflusso e del revival (da to revive, resuscitare,
rianimare, a indicare una moda riproposta a distanza di tempo), gli
anni Ottanta, è apparsa la figura dello yuppie (dalla familiarizzazione
della sigla Y.U.P., young urban professional, giovane professionista di
città), personaggio che, al contrario dei gruppi di cui abbiamo parlato,
si è perfettamente inserito nel contesto sociale e cerca di sfruttarlo al
meglio per elevare il proprio “status” e tenore di vita. Carattere tipico
del personaggio è l’attenzione all’evolversi delle mode e l’impulso
all’acquisizione degli status-symbol (da “status”, termine latino per
posizione sociale, e symbol, simbolo) del successo e del potere. La
cultura italiana ha sviluppato una definizione propria che è quella di
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“giovane manager rampante” o “emergente”, nettamente favorita
rispetto a quella proveniente dal mondo anglosassone.
Love
Anche se l’Italia è considerata la patria dell’amore, tanto che il titolo
di latin lover (letteralmente amante latino) spetta, tra tutti i ‘maschi’
neolatini, in particolare agli italiani, non mancano termini presi a
prestito dall’inglese anche in questo settore. I più comuni, e
maggiormente lacrimosi, sono love story (letteralmente storia
d’amore), dal titolo del romanzo di Eric Segal, vero e proprio successo
della letteratura rosa degli anni Settanta, e feeling (dalla canzone
“Feelings”) col significato di sentimento, emozione, derivato da to
feel, sentire, provare. Chi è in vena di sdolcinatezze amorose, potrà
rivolgersi alla partner (da part, parte, e, per traslato, compagno,
compagna), con teneri appellativi come baby o babe (letteralmente
bambino, neonato) oppure darling (da dear, caro, cara), equivalente
al nostro “tesoro, cocca”. Boyfriend (letteralmente ragazzo-amico) è
l’amico, il fidanzato (in genere non ufficiale) di una ragazza (il
corrispettivo è girlfriend). Per definire quella ampia gamma di
atteggiamenti che va dal corteggiamento ‘sportivo’ alla relazione
passeggera, si usa il termine flirt (letteralmente amoretto), da cui
l’italiano “flirtare”.
Maggiormente numerosi i vocaboli inglesi riferiti al sesso e da noi
utilizzati con maggiore frequenza che nella loro terra d’origine (non
dimentichiamo il detto, originato da una commedia musicale di
notevole successo negli anni Sessanta, «No sex, we are English!»,
letteralmente «Niente sesso, siamo inglesi!»). Sexy, universalmente
noto, indica qualcosa di sensualmente eccitante, mentre sex-appeal
(composto con appeal, fascino, attrazione) e sex-symbol (in cui il
symbol, simbolo, della sensualità è di solito un personaggio dello
spettacolo che possiede una forte carica erotica) sono riferiti a una
persona specifica. Uno dei composti di sex di più recente diffusione è
sex-shop, negozio di articoli erotici e pornografici. In fatto di
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pornografia un mercato redditizio è quello di film e riviste hard-core
(letteralmente nucleo duro), le più scabrose, e soft-core
(letteralmente nucleo tenero), dal contenuto meno spinto.
Un personaggio che affolla le cronache mondane, anche se al giorno
d’oggi ha perso di attualità e credibilità, è il playboy (da to play,
giocare), cacciatore di donne a “livelli industriali” e animatore della
vita notturna del jet set, con l’equivalente femminile, meno diffuso e
sempre più assurdo, di playgirl. Call-girl è, invece, una ragazza
squillo.
Due forme verbali che si riferiscono ai rapporti sessuali sono petting,
per rapporti incompleti, e fucking, tuttora considerata parola volgare,
anche se il suo uso si è esteso, assumendo, col valore di aggettivo,
l’accezione di maledetto, dannato. Rimanendo nell’ambito dei
termini ‘proibiti’ citiamo pussycat, nome familiare con significato di
micio, gatto, che volgarmente indica i genitali femminili.
Un vocabolo che ha subìto una trasfomazione radicale, tanto da non
essere ormai quasi più usato nel suo significato originale anche in
inglese, è gay. La parola, dall’antico significato di gioioso, allegro,
indica ora una persona omosessuale ed è usata solamente in questo
senso (se si vogliono evitare risolini ironici, perlomento).
Music
L’oggetto del desiderio dei ragazzi d’oggi è senza dubbio un impianto
stereo hi-fi (abbreviazione di high fidehty, alta fedeltà), composto di
piatto con pick-up (da to pick up, raccogliere), la punta di cristallo o
acciaio che scorre nel solco del disco, equalizzatore, sintonizzatore e,
nei modelli più recenti, lettore per compact disc. Il tutto è contenuto
in un mobiletto detto rack (letteralmente portaoggetti). Il vantaggio
dell’high fidelity è una riproduzione del suono (in inglese sound)
migliore rispetto al vecchio giradischi. L’ultimo prodotto della
tecnologia è il compact disc (da compact, piccolo), che sostituisce il
45 ed il 33 giri (quest’ultimo detto anche, per la maggiore durata,
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long playing, letteralmente lungo suono, abbreviato in LP). L’inglese
preferisce record (come verbo significa registrare) per disco, anche se
si sta diffondendo tra i giovani l’uso di disc o la forma americana disk.
I tasti dello stereo, di solito, portano indicazioni in lingua inglese
(anche se vengono prodotti in Giappone), come play (letteralmente
suonare), per avviare l’impianto; stop, per fermarlo, e tune
(letteralmente tono, accordo), per sintonizzare. Un altro accessorio è
costituito dal mixer (da to mix, mescolare), che permette di fondere
brani diversi in un unico disco o nastro, ottenendo un mixage
(mischiatura) o nel montaggio di un film di sovrapporre alla colonna
sonora, chiamata sound track (letteralmente track significa binario o
anche traccia), il dialogo e i rumori.
Altre fonti di ascolto sono la radio a transistor (da to transfer,
trasportare, e resistor, resistore), il registratore a cassette (tape
recorder, da tape, nastro, e to record, registrare), il juke-box (da
juke, turbolento, e box, scatola), il walkman (da to walk,
camminare), registratore tascabile con cuffie per l’ascolto di musica
mentre si passeggia o si fa qualche attività (attenzione al divieto di
guidare mentre si ascolta il walkman!).
Sul registratore leggiamo, a spiegazione della funzione dei tasti,
forward (avanti), per l’avanzamento del nastro; rewind (riavvolgere),
per farlo scorrere all’indietro; pause (pausa).
Col videoregistratore viene abbinata la musica alle immagini: nata la
videomusic (da video, schermo), la maggior parte dei musicisti ha
prodotto videoclip (da clip, inserto, ritaglio), filmati musicali di breve
durata.
Il mago della consolle è il disc-jockey delle radio e delle discoteche,
che propone ed impone mode musicali, addirittura giungendo a
creare (con la recentissima house music, letteralmente musica della
casa, composta mediante l’utilizzo di batterie elettroniche
programmate e con l’intervento della voce a ‘cantare’ ritornelli
ossessivi) i nuovi ritmi su cui danzare. Tra i programmi musicali alla
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radio o alla televisione, uno dei più seguiti è la hit-parade (da hit,
colpire, e parade, parata), classifica dei dischi di maggior successo. Le
prime dieci canzoni classificate formano la top ten (letteralmente
decina in vetta). Anche gli ascoltatori hanno la possibilità di proporre
una loro compilation (compilazione, lista) dei dischi preferiti. Una
trasmissione molto seguita, prodotta dalla RAI, che proponeva
classifiche musicali di vendita, è stata “Discoring” (letteralmente
pista da discoteca), antesignana di altre proposte dai network
(letteralmente rete) privati.
Un termine tecnico molto comune è playback (da play, recitare, e
back, indietro): si tratta di un procedimento in virtù del quale una
registrazione sonora viene sincronizzata con i movimenti della bocca
di un cantante.
I templi della musica moderna sono le discoteche (in inglese disco,
abbreviazione di discoteque) che hanno sostituito il dancing (da to
dance, ballare) degli anni Cinquanta e Sessanta, nome anglofilo della
nostra tipica ‘balera’. Per un pubblico adulto e per un
intrattenimento più vario c’è il night club (da night, notte, e club,
circolo) ed il music hall (letteralmente sala della musica).
La terminologia riguardante i vari generi musicali moderni è
obbligatoriamente anglo-americana. Dagli Stati Uniti, più
precisamente dagli stati del Sud, provengono i blues (da to feel blue,
provare malinconia), canzoni ballabili, adattate alla musica sincopata
nata agli inizi del secolo tra i neri americani. Sempre dalla cultura
nero-americana arrivano gli spirituals (letteralmente spirituali),
canzoni basate su motivi religiosi, di tono malinconico, cantate
durante il lavoro nelle piantagioni di cotone. La musica nera aveva,
poi, nel gospel (letteralmente vangelo), canto individuale o corale di
soggetto sacro, l’ accompagnamento per le funzioni religiose. Con
soul music (da soul, anima) si vuole intendere un tipo di musica
espressiva dei sentimenti di tristezza, anche se l’accezione
maggiormente nota indica un genere di musica nera sviluppatasi
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negli anni Sessanta-Settanta nelle grandi metropoli, antesignana
diretta della disco-music. Il fenomeno musicale di maggior rilevanza
del nostro secolo resta, comunque, il jazz. Nato tra la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Novecento nella zona di New Orleans, in
virtù della passione di musicisti improvvisati, che utilizzavano
strumenti recuperati dalle bande musicali militari, ben presto assorbì
elementi della musica bianca, come ad esempio il ragtime (da
ragged, rozzo, grossolano, e time, tempo musicale), forma di musica
sincopata, aprendosi così a un’ampia diffusione e provocando la
formazione delle prime band (letteralmente banda). I balli in voga sul
finire degli anni Venti, lontani i tempi dell’ ‘eroico’ one step
(letteralmente un passo), molto diffuso nella seconda metà degli anni
Dieci erano il Charleston (dalla città omonima della Carolina del Sud),
il fox-trot (letteralmente passo della volpe) e il tap dancing (dal
suono prodotto dalla punta e dal tacco delle scarpe che battono
ritmicamente sul pavimento). Nel corso dei roaring 20’s
(letteralmente Venti ruggenti, gli anni d’oro dell’economia e della
follia statunitense) Chicago diventò il nuovo centro del jazz. Qui
nacque il jazz bianco e avvenne un mutamento di stile in quello che
veniva, impropriamente, denominato Dixieland, basandosi
sull’appellativo dato agli stati del Sud (il nome dixie, che indica
specificamente la zona di New Orleans, deriva dal francese “dix”,
dieci, taglio in dollari di una banconota emessa dalla Banca di Stato
locale: la grossa componente francofona, residuo della dominazione
e della colonizzazione del paese transalpino, durata sino agli inizi
dell’Ottocento, fece sì che venisse utilizzato tale termine per
designarne il valore facciale). Lo stile degli anni Trenta fu denominato
swing (letteralmente oscillazione, dondolio), ritmato e ballabile. Dal
1936 si affermò come ballo il boogie woogie, variazione del blues al
pianoforte. Altro ballo particolarmente diffuso nell’epoca fu il twosteps (letteralmente due passi), molto simile alla “polka”.
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Tra gli sviluppi più recenti del jazz, negli anni Quaranta e Cinquanta,
citiamo il be-bop (da to bop, colpire col pugno), dal ritmo complesso,
con accordi dissonanti. L’origine della parola è incerta: probabile una
derivazione dal suono delle due ultime note di un fraseggio che
faceva re-bop, oppure da una traformazione dello spagnolo “arriba”
(letteralmente su, vai!), che i musicisti afro-cubani si gridavano a
vicenda a mo’ di incoraggiamento ( da “arriba” a “riba” a rebop a
bebop).
Immediatamente successivo è l’apparire del cool jazz (da cool,
freddo) o “jazz progressivo”, dalla più raffinata concezione armonica,
con l’introduzione di elementi della musica classica, opposto esatto
dell’hot jazz (da hot, bollente) delle origini, caratterizzato da colore e
forza espressiva notevole.
Negli anni Sessanta si approda al free jazz (da free, libero), ove viene
lasciato spazio all’improvvisazione ritmica e armonica dei solisti,
legato fortemente ad una rivalutazione delle radici afro-americane,
La jam session (da to jam, nel significato di improvvisare, e session,
sessione) è la sua situazione espressiva ideale: l’incontro di musicisti
che suonano “a braccio” rispecchia le intenzioni di tale genere di jazz.
Negli anni Cinquanta si apre l’epoca del rock’n’ roll (letteralmente
beccheggio e rollio), musica ballabile dal ritmo forte e dalla melodia
semplice, con elementi del classico blues. È la musica della beat
generation (da beat, battuta, sconfitta, e generation, generazione),
asociale, anticonformista ed esistenzialista. La radice del termine
beat si ritrova in Beatles (variazione di beetles, scarafaggi), nome
della band che, negli anni Sessanta, rivoluzionò la musica marcando
con un’impronta profonda la pop music (pop è abbreviazione di
popular, popolare), allora influenzata dai ritmi e dai balli in voga: il
twist (da to twist, attorcigliare) e lo shake (da to shake, scuotere).
Epoca di forti personalità, di rock star (termine nato in tale periodo,
letteralmente stella del rock) e di big (letteralmente grande,
sottinteso nel campo della musica), lo scorcio degli anni Sessanta
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condusse alle esperienze musicali degli anni Settanta ed Ottanta,con
la nascita dell’hard rock (da hard, duro), dalle sonorità forti e
amplificate al massimo, il cui principale sviluppo successivo fu l’heavy
metal (da heavy,pesante e metal, metallo) dai toni ancora più aspri e
violenti. Nello stesso periodo, sul versante della musica nera,
abbiamo il funky (da funk, odore forte), punto evolutivo in chiave
esasperatamente ritmica del jazz degli anni Sessanta, a sua volta
debitore e creditore di quella che era la primigenia disco music
(musica da discoteca), molto ritmata, basata sulle percussioni, ma
con una componente melodica superstite, adatta al ballo (disco
dance). Gli anni Ottanta hanno importato in Europa, proveniente dai
ghetti neri delle metropoli statunitensi, la breakdance (da to break,
spezzare), caratterizzata da movimenti spezzati, quasi da automa,
con virtuosismi da ginnasta. Dalla Giamaica, sin dalla fine degli anni
Settanta, e arrivata l’invasione del reggae, musica di profonde radici
africane che canta le tematiche della liberazione nera
dall’oppressione coloniale bianca. Rap (letteraltuente colpo secco) è
un genere di musica da discoteca composta da una base sonora,
ottenuta tramite colpetti dati al disco in movimento sul piatto del
giradischi, sulla quale vengono dette, cantate e gridate frasi
ripetitive, sconnesse, dal ritmo ossessivo e sinuoso. Tornando alla
musica bianca, forte è stata l’influenza della new wave
(letteralmente onda nuova), che esprime una tendenza alla rottura
colla tradizione più recente. La new age music (da new age, età
nuova) propone, ultima nata, toni soft (letteralmente soffici) per un
ascolto tranquillo.
Oltre alla musica “in voga” è sempre esistita una musica
d’avanguardia, che, magari, man mano diveniva sempre più di moda,
definita underground (da under, sotto, e ground, terreno, terra)
ossia sotterranea, in virtù dei canali non consueti di diffusione.
Due generi musicali tradizionali sono il folk (derivato da folk-lore,
arte e tradizione popolare), con un suono scarno, basato sul lavoro
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della chitarra, e il country (letteralmente campagna), musica
popolare delle aree rurali dell’Ovest (in inglese West, da cui l’altro
nome Western) degli Stati Uniti.
New York
The Big Apple, la grande mela, è l’appellativo più usato per la capitale
finanziaria degli Stati Uniti, certamente la città più interessante e più
pazza d’America. Alla Fifth avenue (Quinta strada, una delle via
centrali di New York), splendente di vetrine, si affianca il Bronx, uno
dei quartieri ghetto per la popolazione di colore, ove il tasso di
criminalità è altissimo. Ai grattacieli (dal termine inglese sky scraper)
di Manhattan e al polmone verde di Central Park (letteralmente
parco centrale), ritrovo degli amanti del jogging (da to jog, correre
con un’andatura lenta e regolare), si contrappongono gli slum, sudice
case semidiroccate dove vivono ammassati i più poveri. La grande
mela, in definitiva, nasconde neppure bene la metà marcia.
0ff limits
Espressione americana (letteralmente fuori dai confini), indica, nel
gergo militare, i locali e i luoghi pubblici il cui accesso è proibito agli
uomini in divisa.
Pen friend
Letteralmente amico di penna, indica una persona con cui si
corrisponde senza averla mai conosciuta. È ormai diffusa l’abitudine,
tra i ragazzi delle scuole medie e superiori, di tenere una
corrispondenza con coetanei di altre nazioni europee ed
extraeuropee in lingua inglese. È senz’altro un’attività da incoraggiare
perché stimola lo studente sia dal punto di vista linguistico,
aiutandolo nella produzione personale di testi, sia da un punto di
vista culturale, in senso lato, perché lo mette in contatto con realtà
molto diverse da quella in cui è abituato a vivere: una possibilità
ulteriore è quella di incontrarsi, per conoscersi direttamente sul
posto.
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Pony express
Formata da pony, razza nana di cavalli scozzesi e irlandesi, ed
express, espresso, l’espressione indicava un sistema postale rapido
per il quale si utilizzavano pony. Attualmente i cavalli sono stati
sostituiti da motorini, più adatti a districarsi nel traffico cittadino,
particolarmente nelle ore di punta. Tale servizio, che consente una
celere consegna a domicilio di plichi, pacchetti, pizze e affini, è stato
brillantemente ideato da due giovani milanesi (seguiti da una marea
di imitatori) per superare l’ostacolo degli ingorghi e ovviare alla
lentezza proverbiale delle poste italiane. Numerosi sono stati i ragazzi
che hanno avuto, così, modo di trovare un lavoretto part-time (da
part, porzione, e time, tempo), anche se talvolta pericoloso e poco
salutare.
Pop art
È uno dei molti composti di pop, popolare. Tendenza artistica nata
negli Stati Uniti e diffusasi in Europa dal 1964, la sua caratteristica è
ingigantire gli aspetti della realtà quotidiana, pren-dendo spunto
dalla pubblicità e dalla tecnologia,utilizzando,a volte, strumenti e
moduli assurdi.
Press
Definita anche “quarto potere”, la stampa, come tutti i mass media
(da mass, massa, e dal latino “media”, mezzi) è un opinion maker,
oppure opinion leader, (letteralmente creatore di opinione oppure
guida di opinione), in grado, pertanto, d’influenzare l’opinione
pubblica e di guidarne le prese di posizione nei confronti dei più vari
problemi.
Il vocabolo inglese press (dal latino “pressare”, premere, schiacciare)
si riferisce sia alla macchina da stampa (la nostra antica pressa
tipografica), sia alla produzione giornalistica. Per stampare è usato
anche il verbo to print (con etimologia simile), da cui le espressioni
printed in (stampato a...) e reprint (ristampa). Per ciò che riguarda le
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tecniche di stampa, sono stati introdotti termini come fotosetter (da
photo, fotografia, e to set, sistemare, comporre), macchina per la
composizione tipografica in cui viene utilizzata una camera
fotografica; offset (letteralmente compensazione, ma in questo
campo, trasporto), sistema di stampa di tipo litografico a riporto,
realizzato da G. Flermann nel 1905; linotype (abbreviazione di line of
type, riga di caratteri tipografici), macchina a tastiera per la
composizione meccanica tipografica inventata negli Stati Uniti nel
1881, che provvede alla fusione dei singoli caratteri in un unico
blocchetto di piombo corrispondente ad una riga (da cui il nome). Per
ciò che concerne la stampa dei giornali, incontriamo, nel linguaggio
degli addetti ai lavori, i vocaboli format, la veste tipografica, tabloid
(da tablet, compressa: il termine si riferiva originariamente a
preparazioni farmaceutiche concentrate), un tipo di formato per
quotidiani più piccolo di quello generalmente diffuso. In Gran
Bretagna è il formato tipico dei popular papers (i quotidiani
popolari), la metà di quello normale.
Tra i personaggi che lavorano nel mondo del giornalismo, alcuni
vengono definiti coll’appellativo proprio dell’inglese: il columnist (da
column, colonna di quotidiano) è il giornalista che tiene una rubrica
ricorrente sui temi d’attualità varia; il cartoonist (da cartoon, cartone
animato) è l’autore delle strip (letteralmente strisce, ha assunto
valore di strisce di fumetti) nella pagina delle rubriche; il reporter e il
fotoreporter (to report significa riferire, fare la cronaca) sono il
cronista e il fotogrqfo incaricati dei servizi di attualità più scottante.
“Reportage” è, pertanto, il nome del servizio giornalistico (preso in
prestito dal francese). Ogni buon reporter è sempre a caccia dello
scoop, ossia della notizia sensazionale che gli dia spazio in prima
pagina: non è facile emergere nel vasto panorama delle news
(termine utilizzato soltanto al plurale, indica le notizie, richiamandosi
al nostro arcaico nuove, da cui «Niente nuove, buone nuove!»). Da
segnalare l’espressione inglese the news, ad indicare il nostro
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intramontabile telegiornale. Flash è una notizia lampo (che è poi il
significato letterale del termine). Toccando, infine, i vertici delle
redazioni dei giornali, andiamo a conoscere la figura dell’editor (non,
come parrebbe a prima vista l’editore, bensì il direttore di redazione
o il redattore, colui, insomma che cura l’editing, l’edizione) e il
publisher (da to publish, pubblicare), indica “il padrone del vapore”,
il vero e proprio editore.
Da non dimenticare un settore importante dell’ editoria, i comics
(propriamente pubblicazioni a fumetti,generalmente a carattere
umoristico), i cui personaggi parlano attraverso i balloon (i palloncini
entro i quali vengono scritte le battute).
Se il quotidiano si dice newspaper, o più semplicemente paper
(letteralmente carta), la rivista prende il nome di magazine: la diversa
frequenza di uscita può far classificare un magazine tra i weekly
(avverbio di week, settimana, letteralmente settimanalmente) o tra i
monthly (avverbio di month, mese, letteralmente mensilmente).
In fatto di libri, il genere più letto è la fiction (dal latino “fictio”,
finzione), la nostra narrativa, di cui sempre più massiccia è la
presenza anche sui teleschermi, tanto da determinare la nascita di un
festival specializzato, Umbria Fiction. Science fiction, invece, è la
fantascienza, basata su ipotesi di carattere scientifico unite ad
intrecci romanzeschi, che non va confusa con la fantasy
(letteralmente fantasia), narrazione imperniata su vicende irreali o
impossibili. Molto successo hanno inoltre le detective story
(letteralmente storie di detective, da to detect, scoprire, ad indicare
gli investigatori), racconti gialli, le spy story (spy è la spia) e i thriller
(da to thrill elettrizzare, eccitare, fremere), racconti del brivido, che
propongono trame ad alto livello di suspense (letteralmente ansia,
apprensione, incertezza).
Ranger
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In origine guardiano di parco o di foresta reale, il termine è passato
ad indicare, via via nei secoli, un corpo militare e, quindi, le guardie
dei tipici parchi nazionali degli Stati Uniti: Yellowstone, Yosemite,
Monument Valley, Everglades, Grand Canyon, Sequoia National
Park sono alcuni dei nomi più frequentemente citati da depliant
turistici e più conosciuti, soprattutto in virtù dei documentari a scopi
scientifici, dalle nostre parti.
Refill
È il ricambio d’inchiostro per una stilografica o per una penna a sfera
(da to fill, riempire).
Self-made man
La traduzione letterale di questa espressione è uomo che si è fatto da
sé, a descrivere quei personaggi che devono unicamente alla propria
abilità e iniziativa il successo negli affari o una posizione sociale
brillante. Tipica personificazione del “mito americano”, che fa dire
che qualsiasi ragazzino può diventare presidente degli Stati Uniti, il
self made man ha in Paperon de’ Paperoni (in inglese chiamato
Scrooge Mc Duck, dal nome dell’avaro creato da Charles Dickens per
il suo “Canto di Natale”) il suo rappresentante nel mondo dei fumetti:
anatroccolo che, lavorando duramente, ha costruito sin dai tempi
della corsa all’oro nel Klondike (1898), iniziando dalla mitica “numero
1”, la monetina da dieci centesimi che tiene come portafortuna, un
patrimonio di “fantastilioni” di dollari.
Shell
Scelto da una grossa multinazionale del petrolio come suo nome
commerciale, indica la conchiglia eletta a simbolo della stessa.
Show
«La vita è tutt’un quiz! », recitava il ritornello della sigla di una
trasmissione di successo, parodiando la mania per i telequiz che sta
imperversando sulle reti televisive statali e private. Sulla falsariga di
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questa affermazione potremmo dire che la vita è tutta uno show,
uno spettacolo. D’altra parte il grande Shakespeare faceva dire a
Macbeth: «Life’s but a walking shadow, a poor player that struts
and frets his hour upon the stage, and then is heard no more...»
(traducendo: «La vita non è che un’ombra vagante, un misero attore
che si pavoneggia e si agita sul palcoscenico, e poi non se ne sa più
nulla... »). Non aveva previsto che lo show sarebbe diventato un
business internazionale. Sono stati gli anglo-americani a dare impulso
alla cinematografia (che ebbe inizio per merito dei fratelli Lumière,
francesi) e poi alla televisione; non deve quindi stupire che gran parte
della terminologia riferita a queste forme espressive sia stata
acquisita nella nostra lingua nella forma originale.
Partiamo dal cinema. Abbiamo composti come cinebox, cineclub,
cinecamera, nei quali cine è l’abbreviazione di cinematographic. Il
primo è un apparecchio a gettoni (da box, scatola) che permette di
vedere brevi filmati con colonna sonora; la seconda, la macchina da
presa (da camera, macchina fotografica); cineclub è un’associazione
culturale che riunisce appassionati di cinema e organizza proiezioni
“d’essai” (dal francese “essai”, saggio, a indire film di alta qualità
artistica). La stessa parola film è inglese e indica prima di tutto la
pellicola; in italiano essa denomina anche il prodotto cinematografico
(definito in inglese picture e in anglo-americano movie). Filmstrip (da
strip, striscia) è una filmina di otto metri, detta “diaviva”; clip è un
inserto filmato (grande successo stanno ottenendo i videoclip, brevi
filmati ormai assunti al valore di cortometraggi artistici, prodotti per
promuovere canzoni rock e pop). Il luogo ove avvengono le riprese
cinematografiche viene detto set, mentre cast (da to cast, lanciare,
tirare a sorte, quindi assegnare le parti) è l’insieme degli attori
scritturati per un film o per una rappresentazione teatrale. Spot
(letteralmente punto, macchia) è il nome dato ai rifettori a luce
concentrata usati nei teatri di posa. Un elemento ricorrente nella
filmografia è il flashback, breve scena retrospettiva che interrompe la
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narrazione per dare informazioni su vicende precedenti (da flash,
lampo, e back, indietro). Oltre ai festival musicali abbiamo anche
quelli cinematografici, rassegne periodiche di film. Tra i diversi generi
cinematografici troviamo molti omologhi dei filoni letterari: la
fantasy (dal greco “phantasia”, apparizione), basata sull’introduzione
nella narrazione di elementi irreali con riferimenti di carattere
mitologico; l’horror (letteralmente orrore), con effetti speciali
sempre più truculenti; il thriller (da thrill, brivido,fremito), la cui
narrazione è basata sulla suspense, stato di incertezza, di attesa di
sempre nuovi colpi di scena.
I film e gli spettacoli comici devono, invece, possedere una certa dose
di humour (in americano humor, parola di origine latina, passata
attraverso il francese normanno, è equivalente al nostro umore;
stava a indicare uno dei quattro liquidi biologici fondamentali che
influenzavano, secondo la teoria medica medievale, il
comportamento umano) e un certo numero di gag (da to gag,
imbavagliare), cioè di trovate esilaranti, battute di spirito.
Cult movie (da cult, culto, ossia film di culto) è l’espressione che
indica una pellicola particolarmente amata, indipendentemente dal
successo commerciale, che ha segnato una svolta nel modo di fare
cinema, che ha inaugurato un filone oppure che è riuscita a
mantenere inalterato il suo smalto nonostante il cambiamento
generazionale degli spettatori (un esempio classico è “Casablanca”,
mentre in tempi più recenti citiamo “The Rocky horror picture
show”).
Proprio i film di maggiore successo danno di solito spunto per
remake (letteralmente rifacimento), ma in chiave parodistica.
Ricordiamo, a margine, frasi che hanno colpito per anni l’attenzione
degli spettatori: all’inizio di ogni pellicola ecco il nome della casa di
produzione (ad esempio possiamo citare la 2Oth Century Fox letteralmente ventesimo secolo volpe- e la United Artists letteralmente artisti uniti-) e, a chiudere il film, la fatidica scritta the
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end (letteralmente la fìne). Molto diffusi negli Stati Uniti sono i drivein (da to drive, guidare, e in, dentro) movie, cinematografi all’aperto
ove si entra in automobile e dalla stessa è possibile seguire, su
mastodontici schermi, la proiezione.
Il cinema sta subendo una forte flessione di pubblico a favore della
televisione (anche se le cause del declino sono endemiche), molto
attenta agli indici di gradimento. E’ divenuto, così, comune discutere
di audience (parola dall’etimo vicino al termine latino “audio”),
pubblico, numero di spettatori, misurati grazie all’auditel
(abbreviazione dell’espressione italiana audience televisiva). Ecco,
dunque, che le “guerra dell’etere” tra televisione di stato e reti
private, note come network (letteralmente rete), per accaparrarsi
l’ascolto, viene combattuta a colpi di anchor man (letteralmente
uomo àncora, equivalente al nostro “uomo chiave”) e di star
(letteralmente stella) dai nomi di richiamo.
Termini strettamente tecnici sono: cameraman (da camera,
telecamera), operatore di ripresa; monitor (dal latino “moneo”,
avvisare), schermo di controllo per sorvegliare lo svolgimento delle
trasmissioni; tape (letteralmente nastro), nastro magnetico per le
registrazioni, con la variante videotape (si aggiunge la parola latina
“video”, ad indicare l’utilizzo di tali nastri); replay (letteralmente
azione ripetuta), ritrasmissione d’immagini appena viste, se
necessario al “ralenti” (termine francese che indica la ripetizione
lenta) per seguire meglio un evento svoltlosi velocemente; playback,
sincronizzazione di una ripresa cinematografica con una colonna
sonora creata in sala di doppiaggio.
Tra le persone che lavorano nel dorato mondo della televisione, e che
quotidianamente ammiriamo, non dobbiamo dimenticare, oltre al già
citato anchor man, lo speaker (da to speak, parlare), lettore di
notizie (news, notizie, utilizzato al plurale, da new, nuovo), e lo
showman o la showgirl (composti da show, spettacolo, e man uomo,
o girli, ragazza), esempi di artista poliedrico a suo agio nel canto,
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ballo e recitazione, anche davanti alle telecamere, vere colonne
portanti degli spettacoli d’intrattenimento.
Passando ai generi di programma, non dobbiamo dimenticare uno
dei più diffusi, che ha mantenuto la denominazione originale inglese:
il serial (letteralmente serie), film o telefilm (letteralmente film
televisivi, di breve durata) con lo stesso cast (letteralmente
complesso) o protagonista. La soap opera, sottogenere del serial, è
basata su racconti sentimentali (il significato letterale, opera sapone,
si riallaccia alla sua origine: negli anni Trenta, a scopo pubblicitario,
alcune ditte di detersivi sponsorizzarono tali programmi alla radio,
passati, con la nascita e la diffusione del mezzo, alla televisione). Il
serial giunto sui nostri teleschermi, sulle reti private, con lo ‘storico’
Dallas, vicenda infinita a metà tra il melodramma e la saga familiare,
il cui titolo indica il luogo ove l’azione si svolge (la città più
importante del Texas, sede di importanti società petrolifere), seguito
a ruota da Dynasty (letteralmente dinastia), ha incontrato immediato
e notevole successo. La risposta della televisione di Stato è venuta
con Capitol (letteralmente Campidoglio, sede del congresso degli
Stati Uniti a Washington), imperniato su intrighi a sfondo politicosentimentale.
Dalla primitiva soap opera è derivata la “telenovela”, prodotta dalle
reti televisive sudamericane, vero e proprio trampolino di lancio per
divi “a basso costo”.
Negli spettacoli di varietà abbiamo gli sketch (dall’italiano schizzo,
riferito a disegno o pittura), scenette comiche, con
accompagnamento musicale. Per i programmi sia culturali sia
d’evasione, si usa l’espressione special (letteralmente speciale), ad
indicare una trasmissione dedicata ad un particolare argomento o ad
un personaggio dello spettacolo. Abbiamo anche trasmissioni nonstop (senza pausa), che proseguono per molte ore senza
interruzione, a seguire eventi di particolare importanza e durata o,
81
semplicemente, per ‘catturare’ un’audience quanto più estesa
possibile.
Oggi quelli che una volta erano gli italianissimi provini dei film (ossia
dei brevi inserti filmati che raccoglievano le scene più allettanti di una
pellicola, a metà tra la presentazione e l’invito ad andare al cinema),
sono diventati gli anglofili trailer (da trail, traccia, impronta).
Importato dagli Stati Uniti, ove ha avuto un’evoluzione costante negli
ultimi decenni, è arrivato in Italia il talk-show (da to talk conversare),
trasmissione con ospiti nella quale si discutono gli argomenti più
disparati come se ci si trovasse in un vero e proprio ‘salotto’.
Ma spettacolo non è unicamente il cinema o la televisione: se per il
teatro utilizziamo una terminologia derivata dalla lingua italiana, o
tuttalpiù dalla francese, siamo debitori all’inglese per ciò che
concerne il night club (letteralmente circolo della notte), le cui
attrattive sono gli spettacoli di varietà, musica soft (letteralmente
soffice, ossia distensiva e dai toni bassi e suadenti) e possibilità di
consumazione al tavolo. Il “clou” (dal francese, letteralmente
attrazione) della serata è, però, il numero di strip- tease (da to strip,
spogliare, e to tease, stuzzicare), in italiano spogliarello: il locale
notturno più famoso per questo genere di spettacolo è il Crazy Horse
di Parigi (da crazy, pazzo, e horse, cavallo, ossia cavallo pazzo).
Una forma particolare di rappresentazione teatrale, modulo
espressivo prediletto dal teatro d’avanguardia degli anni Sessanta e
Settanta, è l’happening (da to happen, accadere), che si basa
sull’improvvisazione e sul coinvolgimento degli spettatori.
Tra le persone che lavorano, in senso lato, nel mondo dello
spettacolo, troviamo il clown, pagliaccio, buffone, che lavora nei
circhi equestri; lo stuntman, in italiano controfigura, che sostituisce
gli attori nelle scene acrobatiche o comunque pericolose (utilizzando
gli stuntcar, appositamente costruite per tali acrobazie); la taxi-giri
(da tax, tassa), che non è una guidatrice di taxi, auto pubbliche, come
a prima vista può sembrare, ma una ragazza che, in un tipo
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particolare di sala da ballo (diffuso soprattutto in America), si presta,
dietro pagamento di una tariffa stabilita, a fare da partner a chi non è
accompagnato.
Contemporanea alla crescita del cinema è stata la nascita del
concetto di ‘divismo’ e ‘diva’ (termine inventato da Gabriele
D’Annunzio in onore di Francesca Bertini, attrice del cinema muto),
con l’esaltazione delle star (letteralmente stella) dello schermo e la
voglia di mettersi in mostra delle starlet (letteralmente stellina, ad
indicare le giovani attricette emergenti). Per curare i rapporti col
mondo della stampa è stata creata la figura del press-agent (da
press, stampa) e per creare nuovi idoli cinematografici è necessaria
l’opera del talent-scout (da scout, letteralmente esploratore), figura
che riassume in sé la scoperta di volti nuovi e i compiti di piginalione.
Sempre riferito alle dive è l’appellativo di vamp (da vampire,
vampiro), a indicare certi atteggiamenti aggressivi da donna vissuta,
da ‘mangiatrice di uomini’, di grande fascino.
Vicino al mondo dello spettacolo è il campo della moda: le sue star
sono top model, le migliori indossatrici e fotomodelle. Le più belle
vengono chiamate anche pin-up (da to pin, appuntare), dato che le
loro immagini apparse su riviste venivano ritagliate dagli amniiratori
e attaccate con puntine alle pareti. Quando la loro immagine ottiene
l’ambìto onore della copertina di una rivista di settore, possono
essere definite cover-girl (letteralmente ragazza copertina).
Ricordiamo, infine, una tappa nella trafila verso il successo:
l’immancabile concorso di bellezza, istituzione che laurea Miss
(letteralmente signorina, a indicare la vittoria) a tutto spiano.
Dark lady (dark, scuro, cupo); indica una donna misteriosa,
incarnazione del male. Capostipite è Lady Macbeth: nella tragedia di
Shakespeare spinge il marito a uccidere il re per potersi impadronire
del trono, salvo morire in preda alla follia.
Single
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Il termine, ormai assunto dalla lingua italiana, letteralmente significa
singolo e sta a indicare la persona, sia di sesso maschile che
femminile, non sposata che vive da sola. Divenuta una vera e propria
scelta di vita, con i suoi lati positivi e negativi, la singularity
(sostantivo gergale che designa tale modo di vivere) ha conosciuto
negli ultimi anni una rivalutazione d’immagine, soprattutto per il suo
facile conciliarsi con le scelte e la morale degli yuppie (sigla dalla
definizione young urban professional, giovane professionista
urbano): l’ambizione e il carrierismo non sempre ammettono il
legarsi alle esigenze di una famiglia.
Slang
Indica il gergo, ossia tutta la mole di vocaboli (il cui peso si fa
particolarmente sentire nella lingua parlata) che nascono o subiscono
un’evoluzione molto rapida in virtù del loro uso nella vita quotidiana.
Spelling
Dal verbo to spell, sillabare, indica la pronuncia lettera per lettera di
una parola, utile soprattutto nelle situazioni in cui sia necessario
comunicare in modo preciso un nome, un dato, una località.
Sport
Questa parola di cinque lettere ha ormai da tempo guadagnato una
collocazione ben salda e definitiva nella nostra lingua, portandosi
appresso una miriade di altri vocaboli inglesi che denominano le varie
discipline, situazioni e oggetti a esse attinenti.
Eppure, a scavare in profondità, si può cogliere nella parola sport
qualche radice che la lega, se non alla lingua italiana, all’area
neolatina. L’origine più antica è, infatti, nel vocabolo del francese
antico “desporf’, simile al nostro “diporto”, cioè svago, passatempo.
Certo tale definizione poteva piacere al barone De Coubertin che, pur
in un’ottica misogina (si dovette attendere la sua morte per vedere le
donne ammesse alle Olimpiadi), intendeva il partecipare a una
competizione come scopo unico della pratica agonistica. L’avvento
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del professionismo, pur se velato sotto la patina sempre più corrosiva
della sponsorizzazione (dal latino “sponsio”, termine che significa
garanzia, obbligazione reciproca, cioè l’azienda che propaganda sui
prodotti), ha indotto la necessità di raggiungere risultati sempre più
vicini al limite delle forze naturali dell’uomo. A volte, e purtroppo ciò
ha reso tristemente famoso un altro vocabolo inglese, il desiderio del
record, occasione per raggiungere la notorietà, ha portato a
trasgredire le regole della sportività: doping (da to dope, assumere
stupefacenti, nel senso di farmaci in grado di migliorare
artificialmente la prestazione di un atleta) è divenuta la parola chiave
delle Olimpiadi di Seul 1988, che hanno visto la squalifica di un Ben
Johnson, velocista, detentore del primato mondiale sui 100 metri
piani, come di altri concorrenti meno noti di discipline di minor
richiamo. Malauguratamente questa piaga non è limitata all’atletica
leggera, ma ha infettato anche altri sport: a correre ai ripari,
salvaguardando anche chi correttamente gareggia, sono stati
introdotti test antidoping.
Ma ritorniamo per un attimo al momento che premia lo sforzo
dell’atleta: il record. L’accezione di primato, di migliore prestazione
in campo sportivo, e non soltanto sportivo (non dimentichiamoci il
“Guinness dei primati”, manuale che, anno per anno, raccoglie e
annovera anche curiosità quali l’uomo più grasso del mondo o chi è
riuscito a mangiare più torte in un solo pranzo. Il nome di questa
pubblicazione è quello di una marca di birra irlandese, promotrice, a
scopo pubblicitario, dell’iniziativa), è una delle tanta sfumature di
significato di questo vocabolo che, letteralmente, significa
documento (dal latino “recordari”) e registrazione (tale è il suo uso
nel campo musicale). Da record è derivato recordman, primatista.
Nata in contesto sportivo e passata al linguaggio politico-diplomatico
è l’espressione fair-play (letteralmente gioco leale), tipica della
cultura anglosassone. La correttezza di comportamento è, infatti,
l’applicazione pratica dell’ideale di gentleman (gentil uomo), che non
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spegne lo spirito di competizione (in inglese competition), ma che
antepone all’arrivismo il rispetto delle regole, si tratti di affari come
di una gara.
Ecco, qui di seguito, i principali termini inglesi, opportunamente
commentati, riferentisi a discipline sportive:
• badminton
Gioco simile al tennis nel quale si utilizza, al posto della palla, una
mezza sfera di sughero sulla quale è infissa una corona di penne che
viene lanciata e rilanciata in aria con piccole racchette. Non è
necessaria una rete. In italiano tale sport viene detto “volano”.
• baseball
Formato da base, base, e ball, palla, il termine designa il gioco
nazionale degli Stati Uniti. Due squadre, di nove elementi ciascuna, si
fronteggiano: una palla di piombo ricoperta di cuoio viene lanciata
dal centro del campo e deve essere colpita da un giocatore con una
mazza (in inglese bat) e rilanciata verso uno degli angoli del campo
(un quadrilatero dalla forma che richiama un diamante, da cui il
nome tecnico). Colui che ha respinto la palla, detto battitore, deve
raggiungere uno dei vertici del quadrilatero, detti basi, prima che gli
avversari, muniti dell’apposito guanto di ricezione, recuperino la
palla.
• basketball - basket
La lingua italiana traduce letteralmente il vocabolo con pallacanestro
(da basket, cesto, canestro). Anche il basket ha un’origine americana,
ma ha raggiunto un grado di diffusione tale da renderlo uno degli
sport più popolari e maggiormente praticati in Italia. Esiste una
versione del basket dedicata ai giovanissimi, con regole più semplici e
canestri di altezza inferiore, detta minibasket. Altri vocaboli legati ad
esso e sufficientemente noti sono playmaker (da play, gioco, e to
make, fare), colui che conduce il gioco coordinando l’attacco, e playoff, torneo di fine campionato che determina il vincitore dello
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scudetto, disputato tra le squadre che meglio si sono coniportate
durante la regular season (letteralmente stagione regolare), il
campionato vero e proprio.
• bob
È abbreviazione di bobsleigh (da to bob, dondolare, e sleigh, slitta). Il
vocabolo si riferisce sia allo sport alpino che al mezzo col quale viene
praticato: una slitta composta da due carrelli con pattini su cui poggia
un telaio ove prende posto l’equipaggio. Il bob viene lanciato su piste
apposite, scavate nella neve ghiacciata. In italiano, il praticante di tale
sport viene detto “bobbista”.
• bowling
Da bowl, boccia. Gioco che si effettua con 9 o 1O birilli su apposite
piste in ambiente coperto. I giocatori lanciano a turno grosse palle di
legno contro i birilli cercando di farli cadere.
• body building
Composto da body, corpo, e building, derivato da to build, costruire.
Si tratta della pratica atletica che permette, attraverso esercizi fisici,
generalmente compiuti in palestra, di arrivare allo sviluppo delle
masse muscolari e al modellamento del corpo. Il termine italiano
utilizzato per definire tale attività è “culturismo”. Notevole
l’incremento che ha avuto in seguito al successo cinematografico dei
film di Sylvester Stallone (fortunato interprete della serie di Rocky e
Rambo) e Arnold Schwarznegger (già ‘campione del mondo’ in questa
disciplina, lanciato dalla pellicola “Conan il barbaro”).
• box - boxing
A proposito del vocabolo inglese che designa la ‘nobile arte’, occorre
dare una precisazione: in alternativa a “pugilato” usiamo solitamente
“boxe”, che è termine francese, ma deriva dal verbo inglese to box,
colpire con uno schiaffo. Boxer è il pugile e boxing è la pratica di tale
sport (col suffisso -ing che sostantivizza il verbo to box). Per inciso, è
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simpatico ricordare un equivoco storico nato sulla parola boxers,
plurale di boxer, che indicava, in seguito ad un’errata interpretazione
dell’espressione cinese “pugni patriottici”, una setta nazionalista
fanatica che scatenò nel 1900 una rivolta xenofoba contro gli Europei
residenti in Cina (anche se nessuno di essi era un pugile).
Questa forma di combattimento atletico, già in voga nell’antichità,
venne ripresa, proprio in Inghilterra, nei XVII secolo, quando furono
stabilite le primitive regole, L’incontro (in inglese match) avviene su
un palco cintato da corde, detto ring (letteralmente anello), ed è
diviso in round (letteralmente rotondo, qui nell’accezione di giro,
turno) o riprese. I pugili sono divisi in categorie a seconda del peso:
sopravvive, nella nostra lingua, la categoria welter, a metà tra i pesi
leggeri e i pesi medi. Un pugile che allena un altro per un
combattimento viene detto sparring partner (da to spar, fare una
mossa di pugilato) e colui che si occupa degli ingaggi (se il pugile è
professionista) e degli incontri, è il manager (da to manage,
governare, destreggiarsi). In mancanza di partner si utilizza un
attrezzo fondamentale, il punching ball (da to punch, colpire con il
pugno), pallone di cuoio fissato su supporto elastico, a simulare il
movimento del corpo dell’avversario. Nella varietà di colpi che ci si
scambia sul ring, citiamo il jab (lettera colpo di punta), diretto
sinistro,dall’alto verso il basso; l’uppercut (composto da up,alto e
cut, taglio), montante, dal basso verso l’alto; il knock out, abbreviato
in K.O. (composto da to knock, abbattere con un colpo violento, e
out, fuori, sottinteso dal tempo consentito). Infatti il pugile che viene
abbattuto (knocked down) viene ‘contato’: se non si rialza entro dieci
secondi, viene assegnata la vittoria all’avversario.
• cricket
Con il calcio, è lo sport più popolare in Gran Bretagna ed è molto
diffuso nei paesi anglofoni. Si gioca all’aperto, su prato (come la
maggior parte degli sport praticati in questa nazione, complice il
clima umido che favorisce la crescita dell’erba!) tra due squadre di
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undici giocatori, vestiti di bianco (vero e proprio tocco scenografico),
che cercano di colpire la porta avversaria, formata da un’assicella in
bilico su tre bastoncini, colpendo una palla con la tipica mazza piatta
(in inglese bat).
• croquet
Progenitrice di questo gioco, come pure del cricket, del golf e
dell’hockey, sembra essere la “pallamaglio”, diffusa già nel Medioevo
in Francia e in Italia. Croquet deriva, infatti, dal francese “crochet”,
gancio, uncino. Si pratica su prato e consiste nel far passare sotto
archetti di metallo palle di legno spinte con un mazzuolo sino al
picchetto di arrivo. Un ricordo d’infanzia è legato alla descrizione che
Lewis Carroll fa della partita tra la crudele Regina delle Carte e Alice,
utilizzando come fantasiosi mazzuoli dei fenicotteri rosa tenuti a
testa in giù, nel suo racconto “Alice nel paese delle meraviglie”.
• curling
Sport tipico scozzese, si svolge su una pista di ghiaccio e vede di
fronte due squadre di quattro giocatori ciascuna. Lo scopo è piazzare,
lanciandole adeguatamente e favorendone la traiettoria con apposite
scopettine per lucidare il ghiaccio, più vicino possibile al centro di un
bersaglio tracciato sul fondo della pista, otto pietre di granito munite
di manico.
• football
Questo sport non ha bisogno di presentazione, particolarmente per il
pubblico italiano, che ne ha fatto il proprio sport nazionale, e a ragion
veduta, dal momento che veniva praticato a Firenze già nel XV
secolo. È, però, merito degli inglesi, che lo hanno ripreso verso la fine
del secolo scorso, se ha conosciuto nuova e più grande popolarità.
Ecco, pertanto, spiegato il motivo per il quale gran parte della
terminologia calcistica è inglese e tale si è mantenuta nella nostra
lingua. Football è composto di foot, piede, e ball palla, e
dall’espressione association football è derivato il termine soccer, che
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definisce il calcio negli Stati Uniti e lo distingue dall’american
football. Universale è il grido che si leva dalle gradinate dello stadio
quando una squadra realizza un punto: goal o gol (nella forma
italianizzata), voce che indica la porta (da cui goalkeeper, portiere), in
italiano un po’ impropriamente tradotto con rete. Team è la squadra
(in senso generale, riferito anche ad altri sport) e coach è il suo
direttore tecnico. L’allenatore e il trainer, ossia colui che imposta il
training (alienamento), detto ancor oggi mister (letteralmente
signore, ricordo dei tempi eroici del calcio italiano quando gli
allenatori provenivano dall’ Inghilterra patria della nuova concezione
del gioco). Le società calcistiche si dicono club (letteralmente circoli,
da quella che era la concezione di raffinato svago che si aveva del
calcio) e ciascuna ha i propri tifosi (in inglese supporters, da to
support, sostenere) che, col loro entusiasmo, caricano i giocatori,
sebbene nelle loro file si nascondano teppisti, gli hooligans dal nome
di una famiglia irlandese, residente a Londra tristemente famosa per
il comportamento violento dei suoi componenti). Non a caso il
vocabolo inglese è divenuto internazionale dal momento che proprio
i tifosi britannici, in più occasioni, anche fuori dall’ Ighilterra, si sono
dimostrati incivili, contraddicendo la fama del costume nazionale
fatto di self-control (auto controllo) e di fair-play (gioco leale). Oltre
alle squadre di club esistono rappresentative nazionali e tra queste
citiamo la Under 21 (da under, sotto), che schiera giocatori di età
inferiore ai ventuno anni (anche se è consentito l’inserimento di due
‘fuori quota’). Il calcio ha preso in prestito dall’ippica il termine derby
(dal nome di una città inglese che ospita un’ importante corsa di
cavalli), per indicare un incontro che vede opposte due squadre della
stessa città o regione.
Esaminiamo ora un po’ di termini tecnici: corner (letteralmente
angolo) è il calcio d’angolo; cross (da to cross, attraversare), indica un
passaggio aereo dai lati del campo verso il centro; auto-gol (ibrido
composto dal prefisso “auto” e da goal), indica I’involontaria
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segnatura nella propria porta, situazione descritta in inglese
coll’espressione own goal (da own, proprio); off-side (da off, fuori, e
side, lato), è il fuori gioco; penalty (letteralmente punizione) è il
calcio di rigore; bomber (letteralmente bombardiere, da bomb,
bomba) è un giocatore che segna molti gol; stopper (da to stop,
fermare) è il difensore incaricato di contrastare, in area, l’attaccante
avversario. Anche alcune azioni di gioco vengono designate con
termini anglosassoni: dribbling (letteralmente sgocciolìo), da cui
l’italiano “dribblare”, ossia scartare l’avversario facendo avanzare la
palla con leggeri tocchi di piede; tackle (letteralmente avere la
presa), contrastare l’avversario in possesso di palla; forcing (da to
force, costringere), la pressione di una squadra per segnare un gol;
pressing (da to press, premere), accanirsi contro chi ha la palla.
Abbiamo prima accennato al football americano (ma ne esiste anche
una versione australiana e una canadese) che, pur essendo derivato
dal rugby nella seconda metà del secolo scorso, ha subìto una
trasformazione complessa, assumendo una sua fisionomia ben
distinta. Dapprima venne praticato nelle università dell’est degli Stati
Uniti, ma divenne ben presto uno degli sport più popolari della
nazione, acquisendo l’importanza che ha da noi il calcio. Viene
giocato da due squadre di undici giocatori, utilizzando una palla
ovale. Particolarmente suggestive, le uniformi indossate sono
composte di casco con paradenti sporgente e di protezioni di plastica
per fianchi, spalle e gambe.
• footing
Da foot, piede. Indica una marcia o corsa (in inglese run) su strada,
praticata per allenamento, nella quale si alternano scatti di velocità
con esercizi di cultura fisica.
• free climbing
Composta da free, libero, e climbing, da to climb, arrampicare,
l’espressione indica una modernissima concezione dell’alpinismo che
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implica uno stile di ascesa delle pareti rocciose senza l’uso di mezzi
artificiali e con tecniche particolari. Molto spettacolare, soprattutto
quando è possibile seguire le ascese di esperti della disciplina, ha
avuto origine negli Stati Uniti per dare corpo a un’esigenza di nuovo
approccio, non solo tecnico, alla montagna.
• golf
Gioco nazionale scozzese, derivato dalla “pallamaglio” viene praticato
in tutto il mondo ed è considerato sport d’“élite”. Per alcuni
costituisce una tale passione che si è reso necessario coniare in
inglese l’espressione golf-widow (letteralmente vedova del golf per
indicare la moglie di un fanatico di tale gioco. Viene praticato su prati
rasati all’interno di golf club e consiste nel colpire una piccola palla di
gomma dura con un bastone terminante a spatola (in inglese club) in
modo da farla cadere entro le buche sparse lungo un percorso,
usualmente immerso nel verde. Il colpo iniziale viene dato dal put
(punto di partenza) e di solito viene seguito da altri colpi, sino a
giungere al green (letteralmente verde), piazzola al cui centro è la
buca: chi riesce a compiere l’intero percorso (solitamente 9 o 18
buche) con il minor numero di tiri vince la partita. Il numero di colpi
in meno del massimo consentito, tipico di ciascun giocatore, viene
dello handicap (nel significato, qui, di ostacolo). Le mazze e le palline
necessarie al gioco vengono portate da un aiutante, detto caddie.
Esiste anche una versione su scala ridotta del golf, il minigolf,
particolarmente praticato nelle località di villeggiatura, ma che
conosce anche una vasta cerchia di appassionati (ad esempio in
Svizzera si disputano regolari campionati nazionali).
• hockey
Di questo gioco esistono tre versioni: una giocata su prato, una su
pista e una su ghiaccio. Nell’hockey su prato si affrontano undici
giocatori che, maneggiando i caratteristici bastoni ricurvi (sticks),
devono colpire una palla di gomma piena e lanciarla nella porta
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avversaria. Simile è lo scopo della versione su pista, nella quale, però,
i giocatori (ridotti a cinque) devono muoversi calzando pattini a
rotelle. Salgono a sei, e calzano pattini da ghiaccio, i giocatori di
ciascuna squadra che si affronta in tale versione dell’hockey: al posto
della palla viene usato un disco (in inglese puck), anch’ esso da
lanciare entro la porta avversaria.
• jogging
Il significato letterale della parola è trotterellare e sta a indicare un
tipo di corsa
lenta, di allenamento o mantenimento della forma, molto popolare
negli Stati Uniti: è, in fondo, una forma di contatto colla natura, visto
che, ove sia possibile, viene praticato in mezzo al verde dei parchi.
• mountain bike
Sport ancora poco diffuso in Italia, a dispetto dell’ aumento
impressionante (in seguito a un improvviso diventare moda) della
vendita di biciclette da montagna (tale è la traduzione
dell’espressione, da mountain, montagna, e bike, abbreviazione di
bicycle, bicicletta), consiste nel percorrere sentieri di montagna e
risalire pendii ripidi. E per chi è costretto a rimanere in città, ma non
vuole rinunciare al piacere di pedalare, c’è la city bike.
• ping-pong
Sport nato in Inghilterra sul finire del secolo scorso, è versione in
dimensione ridotta del tennis: il nome riproduce il suono della
racchetta che colpisce la pallina. La denominazione italiana “tennis da
tavolo” (in inglese table-tennis) indica in modo molto preciso i modi
e gli scopi del gioco.
• polo
È un vocabolo di origine tibetana che significa palla, a indicare un
gioco nato in Oriente e importato in Gran Bretagna dall’India nel
secolo scorso, diffusosi in seguito in Europa e in America. Il polo vede
93
opposte due squadre di quattro giocatori a cavallo (horse) che
devono far entrare nella porta avversaria una palla colpendola con un
bastone. Allo stesso modo di golf, polo è termine entrato nel gergo
della moda e indica un tipo di colletto ripiegato su se stesso.
Esiste anche il water-polo, in italiano chiamato “pallanuoto”,
naturalmente praticato nell’acqua (in inglese water).
• rugby
Gioco affine al calcio, nato in Inghilterra nel secolo scorso. Prende il
nome da una scuola inglese ove furono sviluppate la tecnica e le
regole originarie. Viene utilizzata una palla ovale che può essere
calciata e passata anche colle mani, ma solamente all’indietro. Le
squadre che si affrontano sono di quindici giocatori ciascuna. Azione
tipica di tale sport, comune al football americano, è il touch down
(da to touch, toccare, e down, giù), in italiano “meta”, che si verifica
quando un giocatore posa il pallone colle mani nell’ “area di meta”. È,
quindi, possibile tentare la trasformazione del touch down gettando
la palla in porta con un calcio piazzato.
• skeet
È una specialità del tiro al piattello: tipico il grido del tiratore che urla
«pull!» (da to pull tirare), per ordinare all’addetto alla macchina
apposita di lanciare i piattelli.
• softball
Letteralmente palla soffice, indica una variante del baseball praticata
su un campo più piccolo, con palle più grosse e morbide e bastoni più
corti.
• squash
Dal verbo to squash, schiacciare, è un gioco praticato in locali chiusi
entro i quali si lancia una palla morbida contro il muro con una
racchetta: l’avversario deve rispondere al rimbalzo. E di moda tra i
giovani professionisti (yuppie), specie negli Stati Uniti, ove viene
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praticato nell’intervallo del pranzo o dopo l’orario d’ufficio, nelle
palestre o nei circoli del centro.
• surf
Il nome evoca immediatamente le onde lunghe del Pacifico e le
spiagge della California. Surf, infatti, significa spuma, cavalloni, e
descrive l’onda che si infrange sulla riva. Lo sport consiste nel
rimanere in equilibrio su di una tavola di legno o plastica, munita di
una piccola deriva, seguendo la cresta dell’onda. Ne è derivato il
windsurf (da wind, vento), per il quale si utilizza una tavola con
deriva e vela manovrabile attraverso una doppia barra, il che
permette di praticare lo sport anche in mancanza di onde.
• tennis
Il vocabolo deriva dal francese “tenez”, prendi, ri evi, detto dal
giocatore al momento della battuta. Nella sua forma attuale fu ideato
dall’inglese W.C.Wingfield (1874), pur rivelando somiglianze col gioco
italiano della pallacorda. Si può giocare all’aperto, su prato (lawn
tennis), o al chiuso (indoor, letteralmente dentro la porta). Il campo
può essere anche in terra battuta o in plastica. Dal 1969 è open, cioè
aperto sia a dilettanti sia a professionisti. L’incontro (match) è diviso
in set, a loro volta composti da almento sei game (giochi). Se il
punteggio è di sei game pari, si può risolvere il set con un tie break
(letteralmente rottura del pareggio), per cui si aggiudica il set chi
arriva prima ai sette punti. Match ball e match point sono la palla e il
punto finali; che permettono ad uno dei giocatori di vincere
l’incontro. Il gioco consiste nel lanciare una palla con la racchetta
(racket) dall’altra parte della rete (net) che divide il campo. Se la
palla, in fase di battuta, tocca il nastro che copre la parte superiore
della rete (nel qual caso si parla di net) e finisce nel rettangolo di
gioco, viene fatta ripetere la battuta. Qualora finisca fuori dal
rettangolo, viene persa dal giocatore in attacco una delle due palle di
servizio. Se, sempre su battuta, esce dal campo, viene chiamato l’out:
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la prima volta sarà necessario lanciare la seconda palla di servizio,
mandata fuori la quale, l’avversario avrà diritto ad un punto.
I colpi tipici del tennis sono l’ace (letteralmente asso), colpo su
battuta di servizio, imprendibile per l’avversario, che aggiudica un
punto ha chi ha lanciato la palla; chop (da to chop, tagliare a pezzi)
indica la battuta tagliata; smash (da to smash, schiacciare) è la
schiacciata; top-spin (letteralmente rotazione verso l’alto) è l’effetto
dato alla palla colpendola dal basso verso l’alto; volley (dal francese
“volée”, volato) consiste nel colpire la palla prima che tocchi terra.
Match winner (da to win, vincere, nel significato di vincitore) è il
giocatore che si aggiudica l’incontro. Il tennis è uno sport praticato in
tutto il mondo ed esistono, pertanto, tornei internazionali per i
professionisti. I quattro più importanti tornei si svolgono in Australia,
a Wimbledon (Gran Bretagna), a Flushing Meadow (U.S.A.) e a Parigi.
Insieme prendono il nome di ‘Grande Slam’ (espressione prestata dal
bridge, ove slam sta per presa vincente). Altri importanti tornei sono
il ‘Master’ di New York, quello di Forest Hills (U.S.A.) e gli
Internazionali di Roma.
• trekking
Vocabolo usato nel dialetto dei Boeri (immigrati olandesi nel
Sudafrica), per indicare un viaggio su carovane. Nell’accezione
moderna indica una lunga escursione a piedi, in zone solitamente
impervie, a tappe.
• wrestling
La lotta è uno sport che risale ad almeno 5000 anni fa ed era già
disciplina inserita nelle Olimpiadi antiche. Il verbo to wrestle significa
lottare, cimentarsi. Due i tipi fondamentali di lotta attualmente
praticati: la lotta libera (free style) e la lotta greco-romana. La prima,
chiamata anche catch (letteralmente prendere, afferrare),
abbreviazione dell’espressione «catch-as-catch-can» (ossia «prendi
come puoi»), viene praticata a livello professionale in tutto il mondo,
96
mentre la seconda è essenzialmente diffusa in Europa. Citiamo,
infine, un terzo genere di lotta, tipico del Giappone, il “sumo”, la cui
tecnica assomiglia a quella della lotta libera.
La lotta greco-romana non permette lo sgambetto (in inglese
tripping), il placcaggio (in inglese tackle) e prese al di sotto della vita.
Negli ultimi decenni il catch professionale si è tramutato in una forma
di esibizione spettacolare, a scapito del rispetto delle regole e
dell’abilità tecnica, mentre viene lasciato eccessivo spazio agli
atteggiamenti di sfida, di odio (quasi sempre simulato e funzionale
allo spettacolo) tra lottatori, alle scenografie da circo, che sembrano
mandare in delirio (come insistentemente ci mostrano varie reti
televisive, che hanno contribuito a un lancio anche nel nostro paese
di tale sport) il pubblico giapponese e americano.
Oltre agli sport sopra trattati, che hanno avuto origine nel mondo
anglosassone o che in tale ambito sono stati ripresi in tempi moderni,
per esserne riesportati verso altri Paesi, vi sono alcune espressioni
(inerenti a discipline di diffusione e nascita internazionale) che la
lingua italiana prende a prestito proprio dall’idioma inglese.
Nel nuoto una delle specialità è il crawl (letteral mente strisciare), lo
stile libero. Parlando di sci utilizziamo vocaboli come ski-pass (il
tesserino necessario per accedere agli impianti di risalita, da to pass,
passare, ormai entrato nella nostra cultura - anche nella versione
nostrana “passi”- per indicare le tessere di riconoscimento che
permettono l’accesso a locali non aperti al pubblico o ad edifici
privati oppure a laboratori) e ski-lift (da to lift, sollevare) impianto di
risalita dotato di piattelli o ancore, detto sciovia. Lo ski-bob indica
una specie di bicicletta con sci al posto delle ruote, mentre lo snowsurf (letteralmente surf della neve), praticato con lo snow board (la
tavola da neve) è l’ultima novità in fatto di esibizionismo sui campi da
sci. Il cosiddetto hot-dog (letteralmente cane caldo) e il free style
(stile libero) sono due variazioni sul tema delle acrobazie con gli sci,
praticate con sci corti e larghi adatti alle capriole e ai balzi. L’atletica
97
trova come momento di confronto i meeting (letteralmente incontro)
, gare internazionali al di fuori dei campionati o delle Olimpiadi;
indoor (al chiuso) è lo sport che si pratica al coperto; il fotofinish (in
inglese photofinish), composto da photograph e finish (da to finish,
finire, col significato di traguardo), consiste nella ripresa fotografica o
filmata del finale di una corsa, onde permettere ai giudici di stabilire
l’esatto ordine di arrivo in caso di dubbi. Sprint è lo scatto in velocità,
da cui sprinter, il velocista; start (letteralmente inizio) è la partenza di
una corsa, mentre finish è l’arrivo; starter è il giudice di gara che dà il
segnale di partenza. Al gergo ippico appartiene il vocabolo
bookmaker (letteralmente chi fa i libri), allibratore, chi riceve
scommesse sulle corse dei cavalli. Tra i cavalli l’outsider (da out,
fuori) è un animale di scarso interesse che vince inaspettatamente
una gara, per la felicità degli scommettitori che su di esso hanno
puntato. La scommessa (betting) è uno sport nazionale in Gran
Bretagna: neppure la famiglia reale, nelle sue vicende, viene
risparmiata. Molte, ad esempio, per rimanere in tempi recenti, le
scommesse fatte sul nome che il principe Andrea e la moglie Sarah
avrebbero dato alla figlia neonata! Anche handicap (da hand in cap,
mano nel cappello, nel senso di estrazione a sorte) è termine
appartenente al mondo ippico. Indica un tipo di corsa nella quale si
cerca di dare eguali possibilità di vittoria a tutti i concorrenti,
penalizzando i più forti. Da ciò l’uso estensivo riferito a persone che
presentano difficoltà, ostacoli a livello fisico e psichico. Un cartoonist
(da cartoon, fumetto quindi disegnatore di fumetti) inglese ha
costruito un gioco di parole su questo vocabolo, creando il
personaggio di Andy Capp (Andy è il vezzeggiativo di Andrew), in
Italia noto come il marito fannullone della striscia “Carlo e Alice”,
eternamente senza lavoro, che ama solamente giocare a rughy e a
football e passare le serate al pub.
Yankee
98
Derivato dalla storpiatura del vocabolo English da parte degli indiani
delle tribù del nord-est degli attuali Stati Uniti, divenne l’appellativo
spregiativo dato dagli inglesi agli abitanti della Nuova Inghilterra.
Durante la guerra di secessione americana (1861-1865) venne
attribuito dai Sudisti ai Nordisti, passando a designare tutti gli
abitanti degli Stati Uniti. Un’altra ipotesi propone la derivazione della
parola dall’olandese “yanke”, diminutivo spregiativo di Jan (in inglese
John), nato nel periodo di coesistenza tra minoranze olandesi e
coloni inglesi nei territori della costa atlantica statunitense.
Yo-yo
Giocattolo composto da due dischetti di vario materiale tra i quali
passa un filo: manovrando con agilità tale filo si possono far scorrere
verso il basso e far risalire i dischetti. Inventato negli anni Cinquanta,
ebbe notevolissima diffusione in tutto il mondo.
Yacht
Sono radunati sotto questo titolo vocaboli marinareschi, inerenti
soprattutto i diversi tipi d’imbarcazione. Pare naturale che tali termini siano espressi nel
modo più compiuto dalla lingua inglese, in particolar modo se
pensiamo che dall’ inizio dell’età moderna a oggi la Gran Bretagna si
è affermata sempre più come potenza marittima, al punto che uno
degli inni più amati da quel popolo è sempre stato quello della
marina, che recita «Rule Britannia, Britannia rules the waves … »
(ossia «Domina Inghilterra, l’Inghilterra domina le onde ... »)
Un’eccezione è costituita proprio dalla parola yacht, di derivazione
olandese: indicava una nave pirata veloce (“jaghtschip”, da “jagen”,
dare la caccia, e “schip”, nave, in inglese ship). In italiano il termine si
riferisce ad una nave da diporto, un panfilo. Un altro uso di yacht è
nel composto yacht club, circolo nautico, attrezzato in modo
particolare per gare.
99
Altri tipi di imbarcazione sono il clipper (da to clip, tagliare le onde),
nave a vela molto veloce, usata nel XVIII secolo per viaggi
transatlantici, con caratteristici prora e alberi inclinati; il cutter (da to
cut, tagliare,fendere), imbarcazione da diporto e regata molto veloce,
con un solo albero e chiglia profonda e stretta; il ferry-boat (da ferry,
traghetto, e boat, barca), nave traghetto; hovercraft (da to hover,
librarsi, e craft, imbarcazione), veicolo sostenuto da un cuscino d’aria
che lo innalza dal terreno o dalla superficie liquida, eliminando gli
attriti. Messo in moto da eliche propulsive di tipo aeronautico, in
Gran Bretagna viene utilizzato per comunicazioni rapide attraverso la
Manica.
Offshore (letteralmente al largo della costa, da shore, costa, riva)
indica sia un tipo di motoscafo da gara d’alto mare, sia la
competizione stessa. Steamer (da steam, vapore) è una nave a
vapore ; tanker (da tank, serbatoio) è la petroliera o nave cisterna.
Due termini velici molto comuni sono skipper (ancora dall’olandese
“schipper”, comandante di nave), chi guida l’equipaggio di una barca
a vela da regata (citiamo la più famosa del mondo, l’America’s Cup);
spinnaker (forse da Sphinx, sfinge, nome del panfilo che per primo lo
adottò), vela triangolare per barche da regata, tesa per mezzo di
un’asta fuoribordo a prua.
Un vocabolo che si riferisce alla vita di mare, anche se è entrato nella
lingua parlata attraverso la pubblicità, è fisherman (da fish, pesce),
col significato di pescatore.
Docks (altro termine preso a prestito dalla lingua olandese, data
anche la lunga rivalità tra le due nazioni sul mare) sono, nei porti
commerciali, i bacini forniti di tutte le attrezzature necessarie al
carico e allo scarico delle navi, le cui banchine sono circondate da
magazzini per il deposito delle merci e da uffici. Ricordiamo, per tutti,
i “docks di Londra”, zona particolarmente malfamata.
100
Royal Navy (da royal, reale, e navy, marina) è la denominazione
ufficiale della flotta britannica o di quella di un paese del
Commonwealth.
Zombie
Parola di origine africana, passata in seguito alla cultura nera delle
isole caraibiche. Indica, secondo la superstizione legata alla religione
“voodo”, un morto fatto resuscitare mediante stregoneria per essere
utilizzato a scopo di vendetta o per lavori faticosi. In senso figurato, il
termine si riferisce a una persona apatica o dall’aspetto malato.
Zoo
È abbreviazione di zoological garden, giardino zoologico. La parola
zoologico ha radice greca nel termine “zoon”, essere vivente.
SIGLE
A.B.C.
America Broadcasting Company, ente radiofonico americano. Da
sottolineare che, attual-mente, ha anche un’attività televisiva che ne
fa una delle tra principali reti degli Stati Uniti.
A.F.
Air Force, forza aerea, più nota colla sigla U.S.A.K, United States Air
Force, aeronautica degli Stati Uniti.
A.I.D.S.
Aquired
Immuno
Deficiency
Syndrome,
sindrome
da
immunodeficienza acquisita. Nota anche colla sigla francese S.I.D.A.,
è la “peste del ventesimo secolo”, ancora lontana dall’essere
sconfitta e non ancora completamente studiata.
A.P.
Associated Press, stampa associata, la più famosa agenzia
giornalistica d’oltreoceano.
101
B.B.C.
British Broadcasting Corporation, ente radiofònico britannico,
attualmente con attività televisiva.
C.B.S.
Columbia Broadcasting System, ente radiofonico di Columbia
(distretto della capitale), si occupa anche di produzioni televisive ed è
una delle tre principali reti degli Stati Uniti.
C.I.A.
Central Intelligence Agency, agenzia centrale dei servizi segreti
statunitensi.
D.N.A.
Desoxyribo Nucleic Acid, acido desossiribonucleico, una delle
componenti della cellula vivente, la cui conoscenza è basilare per gli
studi di genetica.
E.C.U.
European Currency Unit, unità di conto europea, vera e propria unità
di misura dell’interazione tra i valori delle monete del Sistema
Monetario Europeo. Viene fatto anche un gioco di parole tra la sigla e
il significato del termine francese “ecu”, scudo, come l’antica moneta
medievale.
E.D.P.
Electronic Data Processing, elaborazione elettronica dei dati.
E.F.T.A.
European Free Trade Association, associazione europea per il libero
scambio. Fondata nel 1960 collo scopo di favorire l’espansione delle
attività economiche e commerciali e lo sfruttamento delle risorse,
oltre al miglioramento del livello di vita dei Paesi aderenti, attraverso
una progressiva riduzione delle tariffe doganali interne, ha visto
l’ingresso di parte dei suoi membri nella Comunità Economica
102
Europea. Proprio grazie a un accordo tra i membri superstiti e la
C.E.E. sono state poste le basi per una progressivva abolizione dei
dazi doganali sui prodotti industriali.
E.S.P.
Extra Sensorial Perception, percezione extra sensoriale, dote di cui
sarebbero fornite persone di particolari capacità mentali, in grado di
cogliere eventi che si svolgono in altri luoghi o che dovranno ancora
accadere.
Eur. Atom.
EURopean ATOMIc energy community, comunità europea
dell’energia atomica, ente preposto allo studio ed alla
sperimentazione delle possibilità di utilizzo del nucleare per scopi
civili.
F.A.O.
Food and Agricolture Organization, organizzazione
l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite.
per
F.B.K.
Federal Bureau of Investigation, ufficio federale investigativo, ente
statunitense preposto alla prevenzione ed alla repressione dei reati
federali, ossia perseguibili su tutto il territorio nazionale degli Stati
Uniti.
G.A.T.T.
General Agreement on Tariffs and Trade, accordo generale sulle
tariffe doganali ed il commercio.
I.B.M.
International Business Machines, macchine per l’ufficio
internazionale, la più grossa azienda mondiale per lo sviluppo e la
costruzione di computer.
I.L.O.
103
International Labour Organization, nota anche colla sigla italiana
O.I.L. Organizzazione Internazionale del Lavoro, istituita a Ginevra nel
1919 dalla Società delle Nazioni, ha come scopo la promozione del
miglioramento delle condizioni di lavoro e l’aumento
dell’occupazione in campo internazionale.
I.M.F.
International Monetary Fund, noto anche colla sigla ita liana F.M.I.,
Fondo Monetario Internazionale, è l’organizzazione collegata
all’O.N.U. il cui scopo è favorire la cooperazione monetaria
internazionale e lo sviluppo degli scambi commerciali.
InterPol
International Police, polizia internazionale, corpo fondato per la
prevenzione e la repressione di reati perseguibili in più Paesi.
I.R.A.
Irish Republican Army, esercito repubblicano irlandese,
organizzazione segreta nata per l’ottenimento dell’indipendenza
dell’Irlanda dalla Gran Bretagna, attualmente impegnata per ottenere
la riunificazione colla porzione dell’isola ancora sotto la sovranità
inglese.
N.A.S.A.
National Aeronautics and Space Administration, ente nazionole
aeronautico e spaziale, artefice della conquista americana dello
spazio. Nota la sua base di lancio, Cape Canaveral, negli anni Settanta
chiamata Cape Kennedy.
N.A.T.O.
North Atlantic Treaty Organization, organizzazione del trattato nordatlantico, raccoglie le forze politiche e militari dei paesi
dell’occidentale e degli Stati Uniti.
N.B.C.
104
National Broadcasting Company, ente nazionale radiofonico, si
occupa anche di produzioni televisive ed è una delle tre principali reti
degli Stati Uniti.
O.A.S.
Organization of Arnerican States, organizzazione degli stati
americani. Fondata nel 1948 a Bogotà (Colombia), con sede a
Washington (Stati Uniti), raggruppa tutti i Paesi del continente
americano tranne Cuba, esclusa nel 1962. I suoi scopi includono il
garantire la pace e la sicurezza del continente americano,
assicurando la difesa comune e risolvendo i contrasti reciproci,
garantendo, nel contempo, la soluzione dei problemi giuridici, politici
ed economici.
O.N.U. - U.N.O.
Organizzazione delle Nazioni Unite,nota anche colla sigla inglese
United Nations
Organization. Costituitasi il 24 ottobre 1954, tale organizzazione ha
come finalità l’associazione di Paesi i cui governi si impegnano a
mantenere la pace e la sicurezza internazionale, promuovendo, nel
contempo, lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni e la
cooperazione tra i popoli per la soluzione dei problemi politici ed
economici.
O.P.E.C.
Organization of Petroleum Exporting Countries, organizzazione dei
paesi esportatori di petrolio, riunisce nazioni dell’area
medioorientale, che detengono la maggior parte delle fonti estrattive
mondiali, in una sorta di cartello per il controllo del mercato.
P.AL.
Phase ALternation, alternazione di fase (da riga a riga), uno dei più
diffusi sistemi di trasmissione televisiva a colori. Noto anche il
sistema francese SECAM.
105
P.V.C.
Poly Vinyl Chloride, polivinil cloruro, sostanza chimica sintetica
utilizzata per usi diversi nell’industria e nella vita quotidiana, tipo di
plastica.
P.C.
Personal Computer, computer dalla memoria e dall’ingombro ridotti,
ha avuto larga diffusione negli anni Ottanta sull’onda della
“rivoluzione informatica” che ha introdotto nelle attività quotidiane
l’uso di macchine elettroniche.
R.A.F.
Royal Air Force, forza aerea reale, sigla che indica l’aeronautica
militare inglese.
S.A.M.
Surface-to-Air Missile, missile terra-aria.
U.E.F.A.
Union of European Football Associations, unione europea delle
associazioni di calcio, lega che riunisce le squadre di club di tutti i
Paesi del nostro continente. L’organismo internazionale che invece
ha tale scopo è la F.I.F.A., Federation International of Football
Association. Tra le squadre di club europee si disputa, annualmente,
un torneo a eliminazione il cui premio in palio è una coppa
denominata, appunto, U.E.F.A.
U.F.O.
Unidentified Flying Object, oggetto volante non identificato. Questa
sigla, che raccoglie una serie di situazioni (avvistamenti da terra,
avvistamenti in volo, ecc.) possibili, è passata in seguito ad indicare
tutti i fenomeni non spiegabili entro un campo di ipotesi aperto al
fantascientifico. Si vuole anche indicare, con tale denominazione,
macchine volanti od esseri provenienti da altri pianeti.
106
U.H.F.
Ultra High Frequency, frequenza ultraelevata. E’ una delle principali
gamme d’onda entro le quali è possibile effettuare e captare
trasmissioni radio.
U.K.
United Kingdom, regno unito. Tale unità politica indica, attualmente,
la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord. Il termine risale alla
riunificazione delle corone d’Inghilterra e di Scozia sotto il regno di
Giacomo I Stuart (1603-1625).
U.N.I.C.E.F.
United Nations International Chidren’s Emergency Fund, fondo
internazionale d’emergenza per l’infanzia delle Nazioni Unite. Attiva
nell’opera di educazione ed assistenza all’infanzia, tale
organizzazione si distingue per le sue campagne mirate ad assicurare
un dignitoso futuro di vita ai più giovani, particolarmente ove le
condizioni per la sopravvivenza sono più difficili (zone
sottosviluppate, aree di carestia endemica, ecc.).
U.N.E.S.C.O.
United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization,
organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la
cultura. Ad essa è delegato il compito di salvaguardare, nei limiti
imposti dalla sovranità nazionale, i beni culturali, ambientali e
scientifici facenti parte del patrimonio universale dell’uomo. Prime in
Italia ad essere incluse nella lista dei monumenti appartenenti
all’intera umanità sono state le incisioni rupestri della Val Camonica
(Brescia).
U.S.A.
United States of America, Stati Uniti d’America. In seguito
all’emancipazione dalla madre patria Inghilterra, con la dichiarazione
d’indipendenza del 1776, delle tredici colonie della costa
107
settentrionale atlantica, è stata fondata l’unione degli stati (intesi
come unità regionali, con poteri autonomi notevoli), oggi estesasi e
comprendente 50 membri.
V.H.F.
Very High Frequency, altissima frequenza. Una delle principali
gamme d’onda entro le quali è possibile effettuare e captare
trasmissioni radio.
W.C.
Water Closet, gabinetto con acqua a sifone.
W.H.O.
World Health Organization, nota anche con la sigla italiana O.M.S.,
organizzazione mondiale della sanità, è un organizzazione collegata
all’O.N.U. con compiti di coordinamento degli interventi, a livello
internazionale, per la tutela della salute dell’uomo e per lo sviluppo
della medicina.
W.W.F.
World Wildlife Fund, fondo mondiale per la natura. Ente
internazionale finalizzato alla salvaguardia del patrimonio naturale
dell’uomo, attivissimo nelle situazioni di “emergenza ecologica” come
nella tutela costante dei beni ambientali.
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