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“PanoramaTM”
un nuovo test per la diagnosi prenatale non invasiva
Fino a poco tempo fa la diagnosi prenatale di patologie cromosomiche era possibile solo attraverso indagini invasive come amniocentesi e villocentesi, le
quali consistono rispettivamente nel prelievo di un
campione di liquido amniotico e di un campione di
villi coriali, le cellule così prelevate vengono coltivate, allo scopo di aumentarne il numero e di ottenere
dei preparati cromosomici analizzabili al microscopio con le tecniche della citogenetica classica.
Queste analisi permettono di individuare con elevata sicurezza il 100% di tutte le possibili trisomie e
monosomie cromosomiche, nonché riarrangiamenti
cromosomici visibili al microscopio ottico come traslocazioni, delezioni e duplicazioni coinvolgenti un
qualsiasi cromosoma. Vengono rilevati anche i mosaicismi. Nonostante l’elevata sensibilità e specificità di queste analisi, i prelievi di liquido amniotico e
villi coriali sono per loro natura invasivi ed associati
ad un rischio di aborto variabile tra lo 0.5% e l’1%.
I test di screening basti sulla combinazione di parametri ecografici e biochimici sono positivi nel 5%
dei casi testati, questo significa che il 5% delle pazienti testate viene comunque indirizzato alla diagnosi prenatale invasiva.
Con il perfezionamento delle nuove tecnologie, e
più precisamente della next generation sequencing
(NGS), una metodica che permette il contempora-
neo sequenziamento di migliaia di frammenti differenti di DNA, è stato possibile mettere appunto test
di screening ad alta sensibilità e specificità per la
detezione delle più frequenti trisomie cromosomiche che si possono trovare in prenatale, quali T21,
T18 e T13, analizzando il DNA fetale presente nel
sangue materno. Scopo di queste analisi è quello
di escludere con una buona sicurezza la presenza
di trisomie e quindi ridurre il numero di pazienti da
sottoporre a diagnosi invasiva.
Negli ultimi mesi il mercato ha visto comparire differenti test di questo tipo, basati su analisi quantitativa del DNA fetale nel sangue materno. Per quanto più accurati ed attendibili dei test biochimici, la
sensibilità e la specificità dei test che analizzano il
DNA fetale nel plasma materno sono comunque
<100%, i positivi vanno sempre confermati con la
diagnosi invasiva, quindi queste analisi rimangono
comunque test di screening, al momento i soli veri
test diagnostici rimangono ancora amniocentesi e
villocentesi.
A partire dalla quinta settimana di gravidanza, nel
sangue materno è possibile ritrovare, assieme a
DNA libero di origine materna, DNA fetale proveniente dalla placenta, la cui quantità aumenta con
il proseguire della gravidanza fino a raggiungere in
alcuni casi addirittura il 40%. Dalla nona alla tredicesima settimana di gestazione, ossia durante il
periodo della gravidanza dove torna utile effettuare
questi test, la percentuale di DNA fetale rispetto al DNA totale libero nel
plasma materno varia tra il 4% e il
13%. Nei test quantitativi, nonostante le metodiche varino da test a test,
il concetto di base è quello di rilevare
l’incremento in percentuale di DNA
dovuto al cromosoma in esame nelle
gestanti con un feto trisomico rispetto
alle gestanti con feto disomico. Tale
incremento è dell’ordine di n10−4, un
valore estremamente basso, piccoli
errori di misura possono dare risultati
falsati. Inoltre tali test sono eseguibili
solo se il DNA fetale è almeno l’8%,
quindi non prima della 10 settimana
di gestazione. Nonostante questi limiti, chi propone questi test sostiene
di aver riscontrato una sensibilità che
varia dal 95% al 100% a seconda del
test e del cromosoma esaminato, una
specificità per la T21 del 99%, per la
T18 e T13 <98% e per la monosomia X < 95%. Se il
feto è triploide, non è possibile rilevare un cromosoma presente in quantità superiore agli altri e quindi
questi test non sono in grado di rilevare le triploidie.
Per ridurre i limiti dei test NIPT descritti sopra, occorre sviluppare test fondati su principi di base differenti da quello quantitativo. È quello che ha fatto
Natera, società che da più di 15 anni si occupa di
diagnosi prenatale non invasiva, attraverso la realizzazione del test Panorama, proposto da Unilabs,
validato su 3000 campioni. Con Panorama si va a
determinare il genotipo di 20 000 SNPs, siti del genoma umano costituiti da una sola base polimorfica, ossia che può essere differente da un individuo all’altro. L’insieme del tipo di basi rilevate per i
20 000 SNPs testati in un individuo costituisce il genotipo di quell’individuo. Il test Panorma si esegue
su 20 ml di sangue della gestante, prelevati attraverso apposite provette che servono ad impedire la
lisi cellulare. Il siero viene poi separato dalle cellule
del sangue e separatamente vengono sequenziati i
20 000 SNPs del DNA libero nel plasma e i 20 000
SNPs del DNA presente nella componente cellulare.
La componente cellulare fornisce il genotipo materno, mentre il DNA plasmatico fornisce un genotipo
che è dato dalla somma del genotipo materno più
quello fetale. Sottraendo dal genotipo del DNA plasmatico quello materno è possibile determinare il
genotipo fetale. I dati così ottenuti vengono analizzati con l’algoritmo NATUS, il quale è in grado di
associare con estrema precisione la probabilità che
un determinato genotipo fetale sia dato dalla presenza di un feto diploide oppure triploide. Questa
analisi è resa più semplice se viene fornito anche un
tampone buccale del padre dal quale determinare
il genotipo paterno. Poiché non viene eseguito alcun tipo di quantificazione, il test non è soggetto
ai limiti dei test quantificativi, ossia necessità di
DNA fetale >8%, rischi
di risultato sbagliato dovuti a piccoli errori nella
quantificazione. Ciò implica che Panorama può
essere eseguito anche
con DNA fetale >4%,
ossia a partire dalla nona
settimana di gestazione,
e ha dimostrato una sensibilità e una specificità
>99% per T21, T18, T13
e monosomia dell’X. Poiché basato sulla identificazione del genotipo è in
grado di rilevare anche le triploidie. Nonostante migliore dei NIPT quantitativi, il risultato viene fornito
comunque in termini di probabilità (quantificazione
del rischio di avere ciascuna delle patologie considerate), quindi rimane comunque un test di screening,
non in grado di evidenziare mosaicismi e patologie
cromosomiche diverse da quelle prese in esame. Essendo però sensibilità e specificità quasi del 100%,
praticamente quasi solo i casi veramente positivi
vengono avviati alla diagnosi prenatale invasiva per
la conferma. Con il perfezionamento di questi test
sul DNA fetale libero nel sangue materno, non è da
escludere che da test di screening, in futuro queste analisi si trasformino in test diagnostici a tutti
gli effetti, sostituendo a pieno la diagnosi prenatale
invasiva.
Referenze:
1. Zimmermann et al., Prenat. Diag. 2012
2. Nicolaides et al. Prenat. Diag. 2013
3. Bollettino dei medici svizzeri 2012
4. Lo et al.1997
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