Convergenza, disuguaglianza
e istruzione
nel modello di Galor e Zeira
Lea Cassar*
Università LUISS ‘Guido Carli’, Roma
Questo breve lavoro analizza una semplice estensione del modello di Galor e Zeira (1993). Si dimostra che il risultato di club
convergence permane anche con una funzione dell’istruzione molto più continua e molto più realistica. Per ottenere tale risultato, l’ipotesi assunta dal modello originale di un costo fisso in istruzione
viene rimpiazzata dall’ipotesi che gli individui possano scegliere esattamente quanto investire. Si assume, inoltre, che tale investimento
influenzi positivamente la produttività dell’individuo e che ciò si rifletta sul salario percepito. [Codice JEL: D31, D63, I20, O47]
1. - Introduzione
Negli ultimi venti anni, è nato nella letteratura economica un
intenso dibattito che ha visto come protagonista il tema della convergenza dei redditi nazionali pro-capite. La controversia1 riguarda la validità delle seguenti due ipotesi contrastanti2:
* <[email protected]>. L’Autore ringrazia i Proff. Guido Cozzi,
Giorgio Di Giorgio e Joseph Zeira per gli utili consigli e profondi incoraggiamenti ricevuti durante la stesura della tesi di laurea e del saggio finale. Desidera inoltre ringraziare i referee della Rivista di Politica Economica ed il Direttore Responsabile Prof. Gustavo Piga, per i preziosi commenti che hanno reso possibile la realizzazione di questo saggio. Ringrazia infine Matteo Vallone per il suo costante
supporto, Tomas Key per le correzioni e la redazione della Rivista di Politica Economica. L’Autore rimane il solo responsabile di ogni eventuale errore.
1
Vedi GALOR O. (1996) per approfondire il dibattito.
2
In realtà esiste anche una terza ipotesi: The absolute convergence hypothesis
- secondo la quale i redditi pro-capite dei paesi convergono nel lungo periodo in-
245
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
1) The conditional convergence hypothesis - secondo la quale i
redditi pro-capite dei paesi che hanno identiche caratteristiche
strutturali (per esempio le preferenze, la tecnologia, la crescita della popolazione ecc.) convergono nel lungo periodo indipendentemente dalle condizioni iniziali.
2) The club convergence hypothesis (circoli viziosi/virtuosi, persistenza della povertà) secondo la quale i redditi pro-capite dei paesi che hanno identiche caratteristiche strutturali convergono nel
lungo periodo purché anche le condizioni iniziali siano simili.
In altre parole, the conditional convergence hypothesis è connessa con l’idea che ogni economia è caratterizzata da un unico
equilibrio globalmente stabile, mentre the club convergence hypothesis suggerisce l’esistenza di molteplici equilibri localmente
stabili, ovvero che paesi con caratteristiche strutturali simili convergono allo stesso equilibrio a patto che abbiano simili condizioni iniziali.
L’ipotesi di conditional convergence appartiene alla più vecchia
concezione di crescita, quella dei modelli neoclassici, che deriva
dall’applicazione del modello di Solow al confronto tra paesi. Questi modelli, caratterizzati da una produttività marginale decrescente del capitale e da rendimenti di scala costanti, si aspettano
che a parità di tecnologia e preferenze, i paesi con un minore reddito pro-capite crescano più velocemente rispetto ai paesi con un
reddito pro-capite più elevato3.
Sebbene il paradigma neoclassico rappresenti uno dei pilastri
della teoria della crescita, questi modelli non riescono a spiegare
(endogenamente) la condizione di persistente povertà che caratterizza la maggior parte dei paesi in via di sviluppo. Infatti, se la
teoria della conditional convergence riuscisse a rappresentare in
modo completo ed esauriente il fenomeno della crescita, avremmo dovuto riscontrare empiricamente nei paesi in via di sviluppo
una crescita maggiore rispetto ai paesi industrializzati. Non solo
questo non è avvenuto, ma molti paesi poveri hanno avuto addidipendentemente dalle caratteristiche strutturali. Ma quest’ultima è stata comunemente rifiutata dagli economisti alla luce dei risultati empirici di BARRO R.J.
(1991) e QUAH D. (1996).
3
Vedi MANKIW N.G. et AL. (1992) per un supporto empirico a tale ipotesi.
246
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
rittura una crescita negativa. Il divario tra redditi nazionali sembra quindi aumentare piuttosto che diminuire4.
Un esempio tipico nella letteratura, usato da Lucas (1993) e
ripreso in seguito da Benabou (1996), è il confronto tra la crescita miracolosa della Corea del Sud e la stagnazione delle Filippine. Questi due paesi, sebbene simili rispetto agli aggregati macroeconomici fondamentali all’inizio degli anni sessanta, hanno
avuto una sorte molto diversa nel quarto di secolo successivo. La
Corea del Sud ha avuto una crescita media del 6% per anno mentre le Filippine hanno avuto una stagnazione più o meno pari al
2%. Successivamente si è notato che in realtà i due paesi avevano condizioni iniziali differenti: la distribuzione del reddito nelle
Filippine era molto più disuguale.
Per dare una spiegazione teorica alle divergenze di reddito
pro-capite osservate empiricamente, alla fine degli anni ottanta dal
famoso articolo di Romer (1986), nascono i così detti modelli di
crescita endogena, che promuovono una nuova concezione di crescita, basata su rendimenti crescenti del capitale5. Secondo questi modelli, il potenziale del capitale (umano, fisico e di conoscenza) è alto laddove il capitale è già abbondante, e basso laddove il capitale è scarso. Dietro questa convinzione c’è l’idea che
la conoscenza si possa diffondere attraverso gli investimenti e
quindi creare delle esternalità positive per la società. Questo significa che nei paesi con un elevato stock di capitale ci si aspetta una crescita elevata, e parallelamente, nei paesi che hanno un
basso livello di capitale ci si aspetta una crescita minore. Questa
interpretazione dei fenomeni alla base della crescita, riesce a spiegare come certi paesi possano rimanere intrappolati in un circolo vizioso dal quale è molto difficile uscire. Purtroppo però, l’evidenza empirica basata sulle serie storiche sembra contraddire le
predizioni generate dai modelli di crescita endogena, suggerendo
4
Vedi EASTERLY W. (2001) per un resoconto di tutta la letteratura empirica che
sostiene questo risultato.
5
Vedi ROMER P.M. (1990), GROSSMAN G. - HELPMAN E. (1991a), AGHION P. HOWIT P. (1992) per i modelli di crescita endogena basati sugli investimenti di ricerca e sviluppo, ARROW K.J. (1962) per i modelli di crescita endogena del tipo
Learning by doing, e REBELO S.T. (1991) per i modelli AK.
247
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
che nel mondo reale ci siano rendimenti di scala decrescenti piuttosto che crescenti6.
Il problema degli economisti diventa, quindi, quello di capire come ottenere club convergence nel paradigma neoclassico di
crescita. In altri termini, i ricercatori devono trovare il modo di
imporre al modello di crescita standard di uscire dal risultato di
omogeneità dei comportamenti in modo che agenti, o paesi, diversi facciano cose diverse non solo nel breve periodo ma anche
nel lungo. I primi ad inaugurare questo nuovo filone di ricerca
sono stati Aziaridis e Drazen (1990), i quali usano le non-convexities per inserire eterogeneità di comportamento nella funzione di risparmio degli individui nel modello neoclassico di crescita. Questo si può fare in molti modi, oggi lo sappiamo, ma in quegli anni non era così evidente7. Galor (1996) evidenzia, infatti, come l’ipotesi di equilibri multipli di lungo periodo sia in realtà perfettamente coerente con il paradigma neoclassico se si introducono agenti eterogenei. In particolare, se i modelli di crescita neoclassica vengono “aumentati” in modo da catturare anche altri rilevanti elementi come il capitale umano, la distribuzione di ricchezza, le esternalità, o la fertilità, sotto le ipotesi di imperfezioni del mercato dei capitali e di non convessità della tecnologia
questi genereranno club convergence. Numerosi articoli, tra cui Galor e Zeira (1993), Aghion e Bolton (1997), Benabou (1996), Durlauf (1996) e Quah (1996), dimostrano infatti come, in presenza
di imperfezioni del mercato del credito e di un costo fisso nella
produzione del capitale umano (o di un bene finale), la distribuzione iniziale di ricchezza influenzi la performance dell’attività
economica sia nel breve che nel lungo periodo8.
6
Vedi JONES C.I. (1995); (1999).
Per esempio attraverso la asimmetria informativa (PIKETTY T. (1996)), il ruolo delle politiche distributive, ecc. Per una dettagliata rassegna vedi BENABOU R.J.
(1996). Per un esempio applicato all’economia di Galor e Zeira, vedi MOAV O.
(2002), il quale sostituisce la non convessità della tecnologia con l’ipotesi che il risparmio sia una funzione convessa del reddito, oppure introducendo una scelta di
fertilità in un contesto di trade off tra quantità di figli e qualità della loro vita
(MOAV O., 2005).
8
In realtà più recenti studi hanno dimostrato che il modello neoclassico può
generare equilibri di lungo periodo persino in presenza di mercato di capitali perfetti. Vedi MOOKHERJEE D. - RAY D. (2003) e TETSUYA N. (2006).
7
248
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
Questo breve lavoro analizza una semplice estensione del modello di Galor e Zeira (1993). Si dimostra che il risultato di club
convergence permane anche con una funzione dell’istruzione molto più continua. Per ottenere tale risultato, l’ipotesi assunta dal
modello originale di un costo fisso in istruzione viene rimpiazzata dall’ipotesi che gli individui possano scegliere esattamente
quanto investire. Si assume, inoltre, che tale investimento influenzi positivamente la produttività dell’individuo e che ciò si rifletta sul salario percepito.
Intuitivamente queste nuove assunzioni sono molto più realistiche, in quanto, generalmente, esistono diverse opportunità d’investimento in istruzione. Basti pensare per esempio alla scelta tra
università privata e università pubblica, oppure la decisione di seguire un corso più o meno specializzato, o ancora la scelta tra
studiare all’estero o meno, ecc.. Tutte queste scelte richiedono ovviamente un investimento diverso. È chiaro poi che, generalmente, un’istruzione di maggiore qualità si traduca in un impiego che
offre un salario più elevato. Questo è dovuto al fatto che — almeno agli occhi del datore di lavoro — una persona con maggiore istruzione sia più produttiva9.
2. - Il modello
Consideriamo una piccola economia aperta con un solo bene. Il bene può essere sia consumato che investito. Il bene può
essere prodotto da due tecnologie, una che utilizza lavoratori specializzati e capitale, e l’altra che utilizza semplicemente la mano
d’opera. La tecnologia di produzione nel settore specializzato è la
seguente:
(1)
Yts = F ( Kt , Ht )
dove Yts, Kt e Ht rappresentano rispettivamente il livello di output,
9
In realtà quello che interessa il datore di lavoro è solo la produttività dell’impiegato, ma prima che quest’ultimo venga assunto, la sua produttività non è
osservabile. L’istruzione viene quindi usata come signal della produttività.
249
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
di capitale fisico, e di capitale umano generico al tempo t. Da notare che Ht = a–tLts, ovvero il livello di capitale umano generico è
dato dal prodotto tra la produttività media del settore a–t per il numero di lavoratori specializzati Lts. F è una funzione di produzione concava con rendimenti di scala constanti.
La produzione nel settore manuale è descritta da:
(2)
Ytn = wn Lnt
dove Y nt, e Lnt rappresentano rispettivamente l’output e la mano
d’opera e wn > 0 è la produttività marginale del settore.
Gli individui di questa economia vivono per due periodi. Possono sia lavorare come mano d’opera per entrambi i periodi oppure investire in istruzione nel primo periodo e lavorare nel settore specializzato nel secondo periodo. L’ammontare investito in
istruzione in termini di costo monetario è dato da h e, diversamente dal modello originale di Galor e Zeira, non è un ammontare fisso ma viene determinato endogenamente nel modello.
Si assume che l’investimento in istruzione influenzi positivamente la produttività dell’individuo i (o indistintamente il suo livello di capitale umano)10, definita come segue:
(3)
ai = 1 + hiβ
dove 0 < β < 1, il che implica una funzione di produttività con
rendimenti di scala decrescenti rispetto all’investimento in istruzione.
Ogni individuo ha un solo genitore e un solo figlio. Questo
implica che la popolazione è costante e pari a L in ogni generazione. Gli individui tengono alle generazioni future e quindi lasciano un’eredità. Sulle linee del modello originale, si assume che
gli individui consumino soltanto nel secondo periodo11. Formalmente possiamo esprimere le preferenze degli individui come segue:
10
Infatti vale: ai = Hi = (1+hβi ) dove Hi rappresenta la parte di capitale umano posseduta dall’individuo i.
11
È un’ipotesi molto forte ma viene usata qualche volta nella letteratura delle generazioni sovrapposte.
250
L. CASSAR
(4)
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
u = α log c + (1 − α ) log b
dove c rappresenta il consumo nel secondo periodo e b l’eredità
lasciata al proprio figlio. Ogni individuo nasce quindi con le stesse abilità e preferenze, la sola differenza è la ricchezza iniziale ovvero quanto eredita dal proprio genitore.
Si assume che il capitale fisico sia perfettamente mobile e
quindi individui e imprese hanno libero accesso al mercato internazionale dei capitali. Il tasso d’interesse mondiale è uguale a
r > 0 e constante nel tempo. Gli individui possono dare a prestito qualsiasi somma a questo tasso. Ciò nonostante, se vogliono indebitarsi devono pagare un tasso d’interesse più alto: i > r. Questa differenza tra tasso attivo e passivo deriva dall’assumere la possibilità per l’individuo di fuggire da un’altra parte del mondo e
non ripagare il proprio debito. Esistono quindi dei costi di monitoraggio sostenuti dalle banche per garantirsi il rimborso del debito, che vengono però messi a carico al debitore attraverso un
tasso passivo più elevato. Questi costi creano dunque quello che
gli autori chiamano “imperfezione del mercato del credito”12.
Al contrario degli individui, si assume che le imprese per ragioni di immobilità e reputazione, non possano evadere il pagamento del debito, e di conseguenza possano prendere a prestito
al tasso r.13 Trattandosi di una piccola economia aperta, r è una
variabile esogena nel modello. Questo significa che le imprese lo
prendono come dato e scelgono il livello di capitale di modo che
la sua produttività marginale sia uguale al suo costo marginale:
f '(k ) = r
(5)
dove
k=
K
K
=
s
H
aL
12
I risultati rimangono validi anche in alternativi tipi di imperfezioni nel mercato del credito, come per esempio dovuto alle asimmetrie informative, fintanto
che prendere capitale a prestito sia costoso.
13
Come sostenuto dagli autori stessi, questa ipotesi non influisce sui risultati, ma semplicemente riflette il fatto che generalmente gli individui hanno più difficile accesso al mercato del credito rispetto alle imprese.
251
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
è il capitale per unità di efficienza (o indistintamente l’intensità
fattoriale dell’economia). Essendo r costante anche K sarà costante.
Si assume inoltre che sia il mercato del lavoro che quello dei
beni siano perfettamente competitivi. Questo implica che le imprese hanno un profitto uguale zero. Il salario del singolo individuo i è quindi così definito:
(1+ hiβ ) ws
(6)
dove ws è funzione del capitale fisico per unità di efficienza e quindi è fisso14. Il salario è quindi dato dal prodotto di una componente determinata dai parametri esogeni del modello, ovvero la
tecnologia e il tasso d’interesse, per la produttività del singolo individuo (o indistintamente la sua parte di capitale umano). Questo implica che ogni individuo avrà un salario diverso, a seconda
dell’investimento effettuato in istruzione.
3. - Investimento in capitale umano endogeno
È chiaro che la forma log-lineare della funzione di utilità implica che ogni individuo ha la stessa propensione al consumo (e
quindi al lascito dell’eredità); cioè essa è indipendente dalla dotazione iniziale ricevuta, ed è pari ad una quota costante del reddito.
Descriviamo adesso le decisioni ottimali degli individui in termini di h. Esistono tre stati del mondo possibili per ogni individuo: questo può decidere di non investire in istruzione e quindi
di lavorare per due periodi come mano d’opera, oppure può decidere di investire in istruzione una somma superiore alla propria
ricchezza iniziale e quindi essere debitore, o infine può investire
una somma inferiore alla propria ricchezza iniziale e quindi essere un finanziatore.
L’utilità dell’individuo nei tre stati del mondo è pari rispettivamente a:
14
252
Per la derivazione analitica vedi APPENDICE 1.
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
U ( x ) = log  wn (2 + r ) + (1 + r ) x  + ε
(7)
mano d’opera
U ( x , h) = log  ws (1 + h β ) − (1 + i)(h − x )  + ε
(8)
U ( x , h) = log  ws (1 + h β ) + (1 + r )( x − h)  + ε
(9)
debitore
finanziatore
dove ε = αlogα+(1–α)log(1–α). La decisione dell’individuo verrà basata sul confronto di queste tre utilità.
Massimizzando la (8) e la (9) rispetto ad h otteniamo rispettivamente15:
1
(10)
 β ws  1− β
hb = 
 1 + i 
1
(11)
 β ws  1− β
hl = 
 1 + r 
Da notare immediatamente che il livello di investimento ottimale in istruzione per il debitore è inferiore al livello di investimento ottimale in istruzione per il finanziatore. Questo avviene perché il debitore ha un costo aggiuntivo per avere accesso
all’istruzione pari alla differenza tra tasso attivo e tasso passivo.
Quindi la sola ipotesi di “imperfezione del mercato del credito”
è sufficiente a creare una prima segmentazione nella società, perché i più ricchi hanno un accesso più facile all’istruzione e di
conseguenza hanno più speranze di lavorare nel settore specializzato. Diventa interessante capire se tale segmentazione permane anche nel lungo periodo, ed è quello che mi propongo di
fare nel quarto paragrafo. Per adesso concentriamoci sull’equilibrio di breve periodo.
Il problema strategico affrontato dall’individuo è il seguente:
data la ricchezza iniziale dovrà calcolare se investire in istruzio15
Per i passaggi analitici vedi APPENDICE 2.
253
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
ne è remunerativo e, se la risposta è affermativa, stabilire se agire da debitore o da finanziatore.
Iniziamo con il confrontare la (7) e la (9). L’individuo deciderà di investire in istruzione solo quando:
(12)
ws (1 + h β ) − h(1 + r ) ≥ wn (2 + r )
Prima cosa da notare è che la condizione espressa dalla (12)
non dipende dalla ricchezza se non indirettamente nel senso che
è definita solo per x ≥ h.
Detto questo, dati i parametri esogeni del modello, ovvero
la funzione di produzione, e il valore di β, r e wn, potrebbe accadere che la (12) non sia rispettata per nessun valore di h. In
questo caso nessun individuo nel mondo investirebbe in istruzione16. Però se così fosse non ci sarebbe nemmeno il capitale
fisico K e questo comporterebbe un offerta in eccesso di prestiti. Di conseguenza il tasso d’interesse mondiale r diminuirebbe fino a che la (12) non venga soddisfatta almeno per alcuni valori di h.
Il lato sinistro della (12) ha un massimo per
1
 β ws  1− β
h = hl = 
 1 + r 
Definiamo h* l’ammontare di investimento in istruzione che
soddisfa la (12) con segno di uguaglianza. Dato il ragionamento
precedente, in equilibrio: h* ≤ hl.17
Ragioniamo nel caso più generale, ovvero quando h* è stret16
Da notare che stiamo assumendo: ws < wn (2+r). Quest’ipotesi sebbene plausibile è cruciale per la validità dei risultati.
17
Data la concavità della funzione di produttività è chiaro che per un dato
valore del lato sinistro della (12) ci saranno due valori di h che soddisfano tale
equazione con il segno di uguaglianza, uno superiore e uno inferiore ad hl. Quest’ultimo non verrà mai scelto in equilibrio in quanto rappresenta una strategia
dominata per l’individuo: lo stesso livello di produttività può essere ottenuto sostenendo un investimento in istruzione inferiore! Per tale motivo non considereremo come soluzione, nell’analisi che segue, tutti quei valori di h > hl.
254
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
tamente inferiore a hl. Ricordiamo innanzitutto che la (12) vale
solo per i finanziatori ovvero quelli per cui x ≥ h. Quindi ne possiamo dedurre che gli individui che ereditano una ricchezza superiore o uguale a hl decideranno di investire hl in istruzione piuttosto che lavorare come mano d’opera per entrambi i periodi. Coloro che invece hanno una ricchezza iniziale compresa tra h* e hl,
investiranno in istruzione esattamente la loro ricchezza iniziale in
quanto la derivata del reddito del finanziatore è positiva per valori di h inferiori ad hl.
Cosa succede agli individui che ereditano una ricchezza inferiore a h*? Questi non potendo essere finanziatori dovranno scegliere tra lo stato di debitore e lo stato di lavoratore manuale. A
questo punto diventa necessario fare la distinzione tra i seguenti
casi: hb < h* oppure hb ≥ h*.
Iniziamo dal secondo caso che, come vedremo, è più interessante.
Gli individui che hanno una ricchezza iniziale pari a x < h*
≤ hb, decideranno di lavorare nel settore manuale se e solo se:
(13)
wn (2 + r ) + x (1 + r ) > (1 + hbβ ) ws − (hb − x )(1 + i)
dove il lato destro della (13) rappresenta la funzione di reddito
del debitore nel suo punto di massimo. Si può subito notare che
a differenza della (12), la (13) dipende direttamente dalla ricchezza iniziale dell’individuo. Più precisamente la condizione espressa dalla (13) è rispettata solo per:
(14)
x< f =
wn (2 + r ) + hb (1 + i) − (1 + hbβ ) ws
i−r
Quindi gli individui che ereditano una ricchezza inferiore al
valore soglia f preferiranno lavorare come mano d’opera per entrambi i periodi.
Riformulando la (14) otteniamo:
(15)
x < f = hb −
(1 + hbβ ) ws − hb (1 + r ) − wn (2 + r )
i−r
255
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
dove l’ultimo termine a destra deve essere positivo perché la funzione di reddito del debitore è definita solo per x < hb. In altre
parole, se per l’individuo è conveniente prendere a prestito solo
se ha una ricchezza iniziale superiore a f, ma questo valore soglia è superiore a hb, nessuno prenderà a prestito in quanto lo
stato di debitore richiede x < hb. Questo corrisponde al primo
dei due casi sovraillustrati. Infatti se hb < h* dalla (12) sappiamo che
(1 + hbβ ) ws − hb (1 + r ) − wn (2 + r )
i−r
è negativo. Le conseguenze sono quelle appena descritte: lo stato
da debitore scompare. Ma se questo è vero, nel mercato ci sarà
un eccesso di offerta di prestiti che ridurrà il tasso d’interesse r
che a sua volta implica una riduzione di h*. Tale diminuzione durerà fino al punto in cui lo stato di debitore verrà ristabilito ovvero fino a garantire che hb ≥ h*. E questo corrisponde al primo
caso, dove
(1 + hbβ ) ws − hb (1 + r ) − wn (2 + r )
i−r
è positivo. Quindi in equilibrio: f < hb18.
Riassumendo i risultati trovati finora:
— se x < f, l’individuo lavorerà come mano d’opera.
— se f ≤ x < h*, l’individuo sarà debitore per un ammontare
pari a hb – x.
— se hb ≤ x ≤ hl, l’individuo investirà in istruzione esattamente
la sua ricchezza iniziale.
— se x > hl, l’individuo darà a prestito un ammontare pari a
x – hl.
Ci rimane da analizzare cosa succede quando h* ≤ x < hb. In
questo caso l’individuo può scegliere tra investire in istruzione
18
Assumiamo inoltre che f < h*. Tale assunzione non cambia i risultati fondamentali del modello. Quello che cambia sono solo i valori soglia.
256
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
esattamente la sua ricchezza iniziale ottenendo un reddito pari a
(1 + xβ )ws, oppure prendere a prestito la somma hb – x per investire hb in istruzione e ottenere un reddito pari a (1 + hβb)ws – (hb
– x)(1 + i). Da quanto illustrato finora, è chiaro che più x si avvicina ad h* più è probabile che il reddito ottenuto nello “stato
debitore” sia superiore al reddito ottenuto investendo in capitale
umano esattamente la propria ricchezza iniziale, mentre più x si
avvicina ad hb più è probabile che valga il contrario. Perciò è possibile presumere che esista un valore di x compreso tra h* e hb,
che chiameremo h**, per il quale l’individuo sarà indifferente tra
investire hb in istruzione prendendo a prestito la somma hb – x, e
investire esattamente x in istruzione. L’esatto valore di h** dipende, naturalmente, dai parametri esogeni del modello. Quindi, per
x = h**, vale la seguente relazione:
(16)
(hb − x )(1 + i) = (hbβ − x β ) ws
La (16) ci dice semplicemente che per tale valore di ricchezza iniziale, i costi nel prendere capitale a prestito uguagliano l’eccedenza di reddito ottenuto per aver investito di più in istruzione rispetto a x.
Ne consegue che gli individui che ereditano h* ≤ x < h** saranno anch’essi debitori, mentre coloro che ereditano h** ≤ x < hb
investiranno esattamente x in istruzione (quindi non saranno né
debitori né finanziatori).
Quindi abbiamo finalmente completato la strategia ottimale
per l’individuo che associa ad ogni valore di x un valore di h investito in istruzione. Questa strategia è la seguente:
— se x < f, l’investimento ottimale in istruzione è pari a 0.
— se f ≤ x < h**, l’investimento ottimale in istruzione è pari
a hb.
— se h** ≤ x ≤ hl, l’investimento ottimale in istruzione è pari
a x.
— se x > hl, l’investimento ottimale in istruzione è pari a hl.
La relazione tra la ricchezza iniziale e l’investimento in istruzione è rappresentata nel seguente grafico:
257
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
GRAF. 1
RELAZIONE TRA RICCHEZZA INIZIALE
ED INVESTIMENTO IN ISTRUZIONE
h
hl
hb
45º
0
f
h**
hl
x
Le implicazioni nel breve periodo sono le stesse del modello
originale di Galor e Zeira. Anche abbandonando l’ipotesi di indivisibilità dell’investimento in istruzione, la distribuzione iniziale
di ricchezza determina interamente l’investimento in istruzione
dell’individuo, nonché quanto consuma e lascia in eredità. Di conseguenza determina anche l’output aggregato. Questo risultato deriva unicamente dall’ipotesi che prendere capitale a prestito sia
costoso, perché tale costo è sufficiente a generare diversi livelli di
accesso al credito a seconda della propria ricchezza.
Ciò nonostante tale analisi di breve di periodo perde rilevanza se la distribuzione di ricchezza è ergodica, ovvero se ogni distribuzione iniziale di ricchezza converge alla stessa distribuzione di ricchezza nel lungo periodo.
Nel loro articolo Galor e Zeira dimostrano come l’ipotesi di
258
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
non convessità della tecnologia al livello individuale (h indivisibile) generi molteplici equilibri di lungo equilibrio nella distribuzione di ricchezza.
Vedremo, nel prossimo paragrafo, che tali risultati rimangono validi anche quando è divisibile.
4. - Dinamiche di lungo periodo
Come nel modello originale, la distribuzione di ricchezza non
determina semplicemente l’equilibrio al tempo t, ma anche la distribuzione dei lasciti nel periodo successivo:
(1 − α )  wn (2 + r ) + xt (1 + r )  se : xt < f

β
(1 − α ) (1 + hb ) ws − (hb − xt )(1 + i)  se : f ≤ xt < h**
x
=
b
=
(
1
−
α
)
y
=
(17) t +1 t

β
t


(1 − α ) (1 + xt ) ws  se : h** ≤ xt ≤ hl
(1 − α ) (1 + h β ) w + ( x − h )(1 + r )  se : x > h
l
s
t
l
t
l



La funzione (17) è rappresentata nel seguente grafico:
GRAF. 2
EQUILIBRI DI LUNGO PERIODO
xt+1
45º
0
–
x
n
f
g
h** hl
x–s
xt
259
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
È evidente che si possono individuare tre punti di equilibrio
x–n, g, x–s, di cui solo due, x–n e x–s, sono equilibri stabili. Infatti le
pendenze delle funzioni di reddito sono le stesse del modello originario, per il quale valgono le seguenti ipotesi:
(18)
(1 − α )(1 + r ) < 1
(19)
(1 − α )(1 + i) > 1
La (18) serve a garantire che il processo di successione nella
ricchezza da un generazione all’altra non esploda. La (19) ci suggerisce, invece, che i costi di monitoraggio sono abbastanza alti
da far sì che la pendenza della funzione di lascito degli individui
che prendono capitale a prestito, risieda al di fuori del cerchio
unitario e perciò che g non sia un equilibrio stabile.
Gli individui che ereditano meno di f lavorano come mano
d’opera, e lo stesso faranno i loro discendenti. La loro ricchezza
converge al livello di lungo periodo x–n:
xn =
(20)
1− α
w (2 + r )
1 − (1 − α )(1 + r ) n
Gli individui che ereditano più di f investono in istruzione ma
non tutti i loro discendenti rimarranno nel settore specializzato.
Il livello soglia è pari a:
g=
(21)
(1 − α )  hb (1 + i) − ws 
(1 + i)(1 − α ) − 1
Gli individui che ereditano meno di g, anche se investono hb
in istruzione, dopo alcune generazioni il loro discendenti lavoreranno nel settore manuale e la loro ricchezza convergerà a x–n.
Gli individui che ereditano più di g investono in istruzione e lo
stesso faranno il loro discendenti. La loro ricchezza convergerà a:
(22)
260
xs =
1− α
(1 + hlβ ) ws − hl (1 + r )
1 − (1 − α )(1 + r )
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
Come in Galor e Zeira, il livello di ricchezza media di lungo
periodo è dato da:
(23)
xs −
Lgt
( x − xn )
L s
dove Ltg rappresenta la popolazione che eredita una ricchezza inferiore a g. La (23) dipende quindi dalla distribuzione iniziale di
ricchezza. Quanti più sono gli individui che inizialmente hanno
una ricchezza superiore a g, tanti più saranno i discendenti che
convergeranno all’equilibrio x–s, tanto più sarà elevata la ricchezza media di lungo periodo a cui tenderà l’economia. Lo stesso livello elevato di ricchezza iniziale, concentrato in una piccola minoranza, farà tendere l’economia all’equilibrio x–n.
5. - Implicazioni
I risultati ottenuti ci portano a fare tre distinte ma connesse
considerazioni:
— Anche assumendo una funzione di istruzione molto più
continua, il risultato di club convergence rimane valido19, ovvero
che i redditi pro-capite di due paesi con uguali preferenze e tecnologie convergeranno se e solo se le condizioni iniziali sono simili. In questo modello, le condizioni iniziali si riferiscono alla
distribuzione iniziale di ricchezza, quindi al concetto di equità.
— Anche assumendo una funzione di istruzione molto più
continua, le disuguaglianze hanno un effetto negativo sul livello
del reddito aggregato, sia nel breve che nel lungo periodo20.
— Anche assumendo una funzione di istruzione molto più
continua, la distribuzione iniziale di ricchezza rimane non ergodica. Il modello suggerisce, infatti, che le disuguaglianze tendono
a persistere nel tempo. I paesi con un elevato livello di disugua19
Se queste imperfezioni sono abbastanza forti dar far sì che la (18) e la (19)
siano rispettate. Questo è implicito e non lo ripeterò ogni volta.
20
Per un approfondimento sul tema della relazione tra disuguaglianza e crescita vedi GALOR O. - MOAV O. (2004).
261
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
glianza iniziale, continueranno ad avere una distribuzione di ricchezza non equa. Questo risultato permette di dare una nuova interpretazione dei dati empirici che suggeriscono l’esistenza di una
relazione negativa tra disuguaglianza e crescita, ovvero che il reddito è distribuito più equamente nei paesi ricchi che nei paesi in
via di sviluppo. A differenza della famosa curva di Kuznets (1955),
che spiega questa correlazione attraverso l’esistenza di diverse fasi nel processo di sviluppo di un paese21, questo modello attribuisce la causa di tali differenze al fatto che i paesi possono tendere verso diversi equilibri di lungo periodo.
6. - Estensioni e discussione
Vediamo adesso quali sono le implicazioni teoriche derivanti
dai risultati ottenuti e più in generale dalla validità dell’ipotesi di
club convergence.
Innanzitutto il modello spiega le differenze tra i redditi nazionali pro-capite attraverso le condizioni iniziali, in particolare
la distribuzione iniziale di ricchezza. Infatti secondo questo modello, la crisi permanente dei paesi in via di sviluppo può essere causata da una distribuzione non equa della ricchezza tale da
non permettere un sufficiente investimento in capitale umano
per le persone meno fortunate. Questo fa sì che il livello di capitale umano del paese diminuisca nel tempo erodendo la ricchezza degli individui. Tale modello, inoltre, può offrire una possibile spiegazione del perché gli aiuti internazionali in termini
di donazioni ai paesi più poveri non abbiano ottenuto il successo sperato: la donazione è potenzialmente efficace solo se viene
equidistribuita tra la popolazione e questi la investono effettivamente in capitale umano piuttosto che spenderla in consumo22.
21
In altre parole, secondo Kuznet, le differenze osservate tra i paesi poveri e
i paesi ricchi sono dovute al fatto che questi paesi stanno in fasi diverse della crescita. Questa teoria implica, quindi, che nell’ultima fase della crescita tutti i paesi avranno una simile distribuzione del reddito (conditional convergence hypothesis), ovvero più egualitaria.
22
Per approfondire l’argomento sul fallimento degli aiuti internazionali vedi
EASTERLY W. (2001); (2006).
262
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
Secondo questo modello quindi, un paese povero ha più probabilità di rimanere povero. Parallelamente, i paesi industrializzati hanno in comune l’aver effettuato elevati investimenti iniziali
in capitale umano grazie ad una distribuzione più equa della ricchezza.
È da notare, inoltre, che la (23) diminuisce all’aumentare di
g
Lt /L, ovvero della frazione della popolazione che non investe sufficientemente in capitale umano da migliorare la propria condizione economica. Questo ci suggerisce due cose: primo, che non
è una popolazione elevata di per sé ad ostacolare la crescita di un
paese — come spesso sostenuto —, ma il rapporto della stessa con
la popolazione istruita. È ovvio che in un paese con una popolazione più elevata, a parità di individui specializzati — se ammettiamo la possibilità che gli investimenti in capitale umano creino
delle esternalità positive per l’intera società — sarà più difficile
creare le esternalità necessarie per risollevare l’economia dell’intero paese. Da questo punto vista, i paesi più piccoli sono più efficienti, per una questione di minore dispersione delle risorse e
maggiore coordinamento. Secondo, che a parità di ricchezza aggregata del paese, più questa è equidistribuita più è facile che si
instaurino le condizioni per la crescita. Ancora una volta viene
confermata la relazione negativa tra disuguaglianza e crescita, almeno nell’ambito degli investimenti in capitale umano.
Sempre estendendo il modello per includere la possibilità che
gli investimenti in capitale umano creino delle esternalità positive per l’intera società, quest’ultimo potrebbe spiegare il cosìdetto
fenomeno della “fuga dei cervelli”. Infatti, in questo caso, un individuo che potenzialmente ha le capacità intellettuali e la disponibilità economica per investire in istruzione potrebbe non essere in grado di appropriarsi dei rendimenti del proprio investimento se la società ha un livello medio di capitale umano basso.
Questo avviene perché in un paese dove c’è una bassa percentuale di persone istruite potrà offrire difficilmente un’alta qualità dell’istruzione e delle istituzioni, e inoltre ci potrebbe essere meno
domanda di lavoro specializzato. È ovvio che in questa circostanza
l’individuo troverà conveniente trasferirsi in un paese industrializzato dove il livello di capitale umano è elevato, e dove gli sarà
263
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
possibile ottenere una migliore istruzione e in seguito un salario
più adeguato per le sue competenze. Questa estensione equivale,
per esempio, ad assumere che il massimo investimento in h che
un individuo può fare non dipende solo dalla propria ricchezza
iniziale ma anche da quella degli altri. Infatti difficilmente un università di alto livello verrà creata laddove c’è una bassa domanda
di istruzione.
Inoltre è possibile — sempre continuando ad assumere tali
esternalità e interdipendenza delle ricchezze — che dal punto di
vista collettivo sia più conveniente che tutti gli individui studiassero anche a costo di rinunciare alla massimizzazione del proprio
reddito. Questo permetterebbe di aumentare il livello medio di capitale umano del paese e quindi di convergere all’equilibrio più
ricco. Ammettendo che questo possa anche avvenire, perché gli
individui sono razionali, lungimiranti, ed interessati alle generazioni future fino al punto di essere disposti a rinunciare ad una
parte del proprio consumo per garantire una maggiore qualità della vita dei propri discendenti, il problema del mancato coordinamento tra la gli individui fa spesso sì che questo non avvenga. Infatti, possiamo immaginare che un individuo sia disposto a fare
tale rinuncia se si aspetta — e qui entra in gioco il ruolo fondamentale delle aspettative — che anche il resto della popolazione
investa nell’istruzione. Perché il singolo investimento ha un peso
trascurabile e non ha la forza di trascinare la crescita. Ma su cosa si baseranno tali aspettative? Chiaramente sul livello medio di
ricchezza del paese. Ora è ovvio che in un paese in via di sviluppo, dove la maggior parte della popolazione è povera, gli individui non si aspettano certo un elevato investimento aggregato nell’istruzione, quindi sceglieranno di non rischiare23 investendo in
capitale umano. Ecco come si creano i circoli viziosi. Un paese
povero ha aspettative di rimanere povero, e questo distrugge gli
incentivi degli individui ad investire/rischiare sul loro futuro. Questo circolo potrebbe essere spezzato se fosse possibile un coordi-
23
Investire in capitale umano malgrado una ricchezza iniziale inferiore al valore soglia è un rischio in quanto si scambia una parte sicura del reddito di oggi
con un’eventuale quota del reddito futuro.
264
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
namento tra tutti gli individui della popolazione. Gli individui si
potrebbero infatti impegnare24 ad investire in capitale umano indipendentemente dalla propria ricchezza iniziale. Ovviamente tale coordinamento a livello di popolazione è molto difficile nella
realtà. Specialmente nei paesi in via di sviluppo in cui la popolazione è elevata e i mass media sono poco diffusi.
Infine mi preme sottolineare come tutte le implicazioni appena discusse dipendano in realtà da due ipotesi: una tecnologia
non convessa e l’imperfezione del mercato del credito. Infatti se
gli individui potessero prendere a prestito al tasso r, tutti investirebbero in istruzione la stessa somma, pari a hl25. La distribuzione di ricchezza diventerebbe ergodica, e non ci sarebbero più molteplici equilibri di lungo periodo. In altre parole, la capacità della distribuzione di ricchezza di determinare l’equilibrio di lungo
periodo dipende dalla più o meno apertura del settore del credito. Un paese che nasce con forti disuguaglianze di reddito ma che
garantisce uguali opportunità a tutti gli individui vedrà diminuire nel tempo tali disuguaglianze e convergerà all’equilibrio più ricco. Viceversa, un paese che nasce con minori disuguaglianze di
reddito ma in cui l’accesso al credito è riservato solo ai più fortunati (perché per esempio richiede enormi garanzie monetarie)
vedrà tali disuguaglianze aumentare nel tempo e il reddito pro-capite nazionale sarà più basso rispetto a quello potenziale. Il modello mette quindi in evidenza il ruolo fondamentale del settore
del credito nell’influenzare l’economia di un paese sia nel breve
che nel lungo periodo. A tal proposito mi viene naturale riflettere sull’importanza, in questo contesto, della creazione del microcredito26. Sebbene ancora lontano dal garantire uguali opportunità, il microcredito contribuisce a ridurre la differenza di opportunità tra i più ricchi e i più poveri, dando a quest’ultimi la
24
L’impegno deve essere vincolante perché esiste il cosiddetto problema di incoerenza temporale: una volta che l’individuo ha la certezza che gli altri investiranno nell’istruzione — e quindi che il livello medio di capitale umano aumenterà
— visto che il singolo investimento ha un peso infinitesimo, questo avrà incentivo a deviare dall’impegno per massimizzare il proprio reddito.
25
Per tutti gli individui, anche i debitori, varrebbe la condizione (12), che come già dimostrato è sempre soddisfatta in equilibrio.
26
Per maggiori informazioni sul microcredito vedi MUHAMMAD Y. (2001).
265
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
possibilità di accedere al mercato del credito dal quale erano stati finora esclusi.
Tutte queste considerazioni ci conducono ad una conclusione
che, a mio avviso, è di notevole importanza: il mercato lasciato a
se stesso non crea necessariamente crescita. Questa può richiedere interventi consapevoli da parte del governo nel promuovere le
pari opportunità. Infatti, è da notare che nella realtà stilizzata da
questo modello, basterebbe una politica di redistribuzione equa
del reddito per facilitare l’accesso all’istruzione a tutti gli individui. Oppure come appena argomentato, prendere delle misure tali da facilitare l’accesso del mercato del credito; o ancora erogare delle borse di studio per i meno fortunati.
Infine, come già ribadito, questi interventi del governo — e
gli aiuti internazionali — non devono limitarsi ad una mera erogazione di fondi ma devono essere accompagnati da misure di supervisione volte a garantire che quei fondi siano effettivamente investiti in capitale umano. Queste politiche d’intervento dovrebbero, in sintesi, creare i giusti incentivi27 per la popolazione ad effettuare quelle scelte che promuovono la crescita.
7. - Conclusioni
In questo lavoro ho cercato di estendere il modello di Galor
e Zeira. Ho dimostrato come nel loro modello, anche assumendo una funzione dell’istruzione molto più continua, la distribuzione iniziale del reddito continui ad influenzare il livello di ricchezza aggregata di un paese, sia nel breve che nel lungo periodo. Questo risultato permette di estendere i risultati di Galor e
Zeira a situazioni più vicine alla realtà — come la possibilità di
decidere quanto investire in istruzione. Quindi l’ipotesi di club
convergence rimane valida per qualsiasi valore discrezionale di
h, non solo quando è fisso. A patto ovviamente che la tecnologia sia non-convessa e che ci sia imperfezione nel mercato del
credito.
27
Per maggiori dettagli sulla teoria secondo la quale “le persone rispondono
agli incentivi” vedi EASTERLY W. (2001).
266
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
Uscire da queste trappole di povertà è possibile solo attraverso
l’intervento del governo. Siccome il reddito sarà più elevato se inizialmente è più equidistribuito, l’intervento dello Stato attraverso
politiche di redistribuzione del reddito non è semplicemente auspicabile, ma addirittura essenziale.
Il ruolo fondamentale delle condizioni iniziali nello stabilire
l’equilibrio di lungo periodo ci deve però far riflettere anche sull’importanza che può rivestire il “caso” nella sorte di un paese. Se
un disastro naturale colpisce una parte della popolazione di un
paese, si creeranno delle disuguaglianze che, in mancanza di una
pronta risposta dal governo, persisteranno nel tempo riducendo il
reddito pro-capite di lungo periodo al quale convergerà l’economia.
Questo modello, sebbene coerente con il paradigma neoclassico, riesce a riprodurre economie intrinsecamente instabili.
267
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
APPENDICE 1
Data la complessità dell’analisi, per giustificare la formulazione della (6) mi servirò di un esempio specifico. Consideriamo
la seguente funzione di produzione Cobb-Douglas per ogni impresa j-esima28:
Y j = K δj H 1j − δ
La massimizzazione del profitto (prendendo il bene finale come numerario) implica:
δY j
δKj
δY j
δHj
= δ K δj −1H 1j − δ = r
= (1 − δ ) K δj H −j δ = ws
dove r è la remunerazione di ogni unità di capitale fisico, e ws è
la remunerazione di ogni unità di capitale umano.
Ogni impresa in concorrenza perfetta paga ogni unità di input il valore della sua produttività marginale.
In equilibrio la somma delle domande di Kj e Hj da parte delle imprese sarà uguale alla somma delle offerte da parte dei proprietari di input:
∑K = ∑K
j
j
i
i
dove l’indice j denota ciascuna impresa e l’indice i denota ciascun
individuo. Analogamente per il capitale umano:
∑H = ∑H
j
j
28
268
i
i
Ho tolto la notazione temporale per semplicità.
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
Ne segue che l’intensità fattoriale scelta da ogni impresa coinciderà con quella dell’intera economia:
Kj
Hj
∑K
=
∑H
i
=
i
i
K
=k
H
i
Quindi:
δY j
δKj
δY j
δHj
= δ k δ −1 = r
= (1 − δ )k δ = ws
La distribuzione del reddito dell’impresa è determinata in base alle quantità di ciascun input posseduta da ciascun individuo.
Il capitale umano è distribuito a seconda delle scelte di istruzione di ciascuno, e in base ad esse sarà remunerato. In particolare,
se l’individuo i-esimo a seguito di una personale scelta di istruzione pari a hi, possiede una parte Hi = (1+hβi) del capitale umano aggregato
H=
∑ (1 + h
β
i )
i
la sua remunerazione sarà proporzionale. Quindi, il salario percepito da ogni individuo i-esimo è: Hiws = (1+hβi)ws, che equivale
alla (6) nel mio modello.
L’argomentazione si estende banalmente a tutte le funzioni di
produzione lineari omogenee.
269
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
APPENDICE 2
— Il problema di massimizzazione del debitore è dato da:
Max : y = (1 + h β ) ws − (h − x )(1 + i)
h
Otteniamo:
δy
= ws * β h β −1 − (1 + i) = 0
δh
1
 β * ws  1− β
h = hb = 
 1 + i 
∂2 y
= ws β (β − 1)h β − 2 < 0
∂h 2
La derivata seconda ci garantisce che sia un massimo.
— Il problema di massimizzazione del finanziatore è dato da:
Max : y = (1 + h β ) ws + ( x − h)(1 + r )
h
Risolvendo:
δy
= ws * β h β −1 − (1 + r ) = 0
δh
1
 β * ws  1− β
h = hl = 
 1 + r 
∂2 y
= ws β (β − 1)h β − 2 < 0
∂h 2
La derivata seconda ci garantisce che sia un massimo.
270
L. CASSAR
Convergenza, disuguaglianza e istruzione, etc.
BIBLIOGRAFIA
AGHION P. - BOLTON P., «A Theory of Trickle-Down Growth and Development», Review of Economic Studies, n. 64 (2), 1997, pp. 151-172.
AGHION P. - HOWIT P., «A Model of Growth Through Creative Destruction», Econometrica, n. 60 (2), 1992, pp. 323-351.
ARROW K.J., «The Economic Implication of Learning by Doing», Review of Economic Studies, n. 129 (3), 1962, pp. 155-173.
AZARIADIS C. - DRAZEN A., «Threshold Externalities in Economic Development»,
Quaterly Journal of Economics, n. 105, 1990, pp. 501-526.
BENABOU R.J., «Inequality and Growth», NBER, Macroeconomics Annual, 1996, pp.
11-74.
BARRO R.J., «Economic Growth in a Cross Section of Countries», Quarterly Journal of Economics, n. 106, 1991, pp. 407-444.
DURLAUF S.N., «Theory of Persistent Income Inequality», Journal of Economic
Growth, n. 1, 1996, pp. 75-93.
EASTERLY W., The Elusive Quest for Growth. Economists’ Adventures and Misadventures in the Tropic, The MIT Press, 2001.
— —, The White Man’s Burden: Why the West’s Efforts to Aid the Rest Have Done
So Much Ill and So Little Good, New York, Penguin Press, 2006.
GALL T., «Lotteries, Inequality, and Market Imperfection: Galor and Zeira go Gambling», Economic Theory, n. 34, 2008, pp. 359-382.
GALOR O., «Convergence? Inferences from Theoretical Models», The Economic Journal, n. 106, 1996, pp. 1056-1069.
GALOR O. - MOAV O., «From Physical to Human Capital Accumulation: Inequality
in the Process of Development», Review of Economic Studies, n. 71, 2004, pp.
1101-1026.
GALOR O. - ZEIRA J., «Income Distribution and Macroeconomics», Review of Economic Studies, n. 60, 1993, pp. 35-52.
GROSSMAN G. - HELPMAN E., Innovation and Growth in the Global Economy, Cambridge, MA, MIT Press, 1991.
JONES C.I., «Time Series Tests of Endogenous Growth Models», The Quaterly Journal of Economics, n. 110 (2), 1995, pp. 495-525.
— —, «Growth: With or Without Scale Effects?», The American Economic Review,
n. 89 (2), 1999, pp. 139-144.
KUZNETS S., «Economic Growth and Income Equality», American Economic Review, n. 45, 1955, pp. 1-28.
LUCAS R., «Making a Miracle», Econometrica, n. 61, 1993, pp. 251-272.
MANKIW N.G. - ROMER D. - WEIL D.N., «A Contribution to the Empirics of Economic Growth», The Quarterly Journal of Economics, n. 107, 1992, pp. 407-437.
MOAV O., «Income Distribution and Macroeconomics: The Persistence of Inequality in a Convex Technology Framework», Economics Letters, n. 75, 2002, pp.
187-192.
— —, «Cheap Children and the Persistence of Poverty», Economic Journal, n. 115,
2005, pp. 88-110.
MOOKHERJEE D. - RAY D., «Persistent Inequality», Review of Economic Studies, n.
70(2), 2003, pp. 369-393.
271
RIVISTA
DI
POLITICA ECONOMICA
NOVEMBRE-DICEMBRE 2007
MUHAMMAD Y., Banker to the Poor: The Autobiography of Muhammad Yunus, Oxford,
Oxford University Press, 2001.
PIKETTY T., «The Dynamics of the Wealth Distribution and the Interest Rate with
Credit-rationing», Review of Economic Studies, vol. 64, n. 2, 1997, pp. 173-189.
QUAH D., «Convergence Empirics Across Countries with (some) Capital Mobility»,
Journal of Political Economy, n. 1, 1996, pp. 95-124.
REBELO S.T., «Long-Run Policy Analysis and Long-Run Growth», Journal of Political Economy, n. 99 (3), 1991, pp. 500-521.
ROMER P.M., «Increasing Returns and Long-Run Growth», Journal of Political Economy, n. 94, 1986, pp. 1002-1037.
— —, «Endogenous Technological Change», Journal of Political Economy, n. 98 (5),
1990, pp. 71-102.
SOLOW R., «A Contribution to the Theory of Economic Growth», Quarterly Journal of Economics, 1956, pp. 65-94.
TETSUYA N., «Persistent Inequality in the Framework of a Perfect Loan Market»,
SSRN, Working Paper, 2006.
272
Scarica

08 Cassar ITA_245_272 - rivista Politica Economica