La tettonica delle placche Cosa bisogna sapere • L’evoluzione storica ed i componenti principali della teoria. • Le caratteristiche geologiche dei differenti tipi di margini. • L’età dei fondi oceanici e come misurarla. • Le potenziali forze motrici della tettonica delle placche. Emerge una ipotesi • 1915: Alfred Wegener nota la similitudine tra rocce, strutture e fossili del America Meridionale e dell’Africa, e propone un vecchio “supercontinente” Pangea (Tutta Terra Sommersa) • Il fatto che ora i continenti sono separati lo indusse ipotizzare che i continenti derivino. Il margine atlantico Evidenze • Strutture • Rocce sedimentarie (sia tipo che età) • Fossili (Diversi prima dell’accrezione, simili durante, e differenti dopo la separazione) • Coincidenze nel Paleoclima (glaciale) • Evidenze per la scissione (bacini di rift, vulcanismo CAMP) Spiegazioni Ipotesi di Wegener era basata su osservazioni ma peccava di una valida spiegazione del fenomeno. Arthur Holmes (1928) suggeriva che la convezione termica del mantello possa essere un possibile meccanismo per la deriva delle placche rigide. La moderna teoria della tettonica delle placche Holme’s ipotesi prevedeva anche che sul lato frontale delle placche si formassero montagne, mentre sul lato arretrato si formasse l’oceano. Questo concetto era abbastanza vicino a quello attuale con margini convergenti e divergenti. Malgrado che la sua ipotesi offriva effettivamente la prima spiegazione per il movimento delle placche, lui l’aveva prevista come pura speculazione con bisogno di conferma. Nuove evidenze (1960) Le prime nuove evidenze provenivano dal fondale oceanico… Una mappatura sistematica del fondale oceanico dell’Atlantico metteva in evidenza una catena montuosa (dorsale) mediooceanica con una valle centrale (rift valley) spostata lungo faglie trasformi laterali. Harry Hess e Robert Dietz suggerivano che il fondale oceanico si stia separando lungo il rift della catena medio-oceanica Seafloor Spreading (espansione del fondale oceanico) Tettonica delle placche 1967: J.T. Wilson incorporò il concetto delle anomalie magnetiche registrate nei fondali oceanici e la trascorrenza laterale delle dorsali medio oceaniche lungo faglie trasformi in un elegante modello che ulteriormente confermava l’espansione dei fondali oceanici. -ve + ve + ve -ve Le inversioni magnetiche Velocità relative delle placche • La velocità può essere stimata dalla datazione assoluta delle inversioni magnetiche e l’estensione delle corrispondenti strisce basaltiche simmetriche nei fondali oceanici le placche più importanti Margine divergente Margine convergente Faglie trasformi Margine divergente Strutture delle dorsali mediooceaniche (i relitti trovati sui continenti prendono il nome di sequenze ofiolitiche) Deep-Sea Drilling Carotaggio dei fondali oceanici • • • I pattern delle inversioni magnetiche sono evidenze molto valide ma indirette. Durante i progetti DSDP & ODP sono state ottenute carote di sedimenti marini e di basalti che davano utili informazioni sulle velocità di sedimentazione e sull’età dei basalti. Questi approcci mettevano in evidenza che lo spessore dei sedimenti aumenta e l’età progrediva al aumentare della distanza dal rift mediooceanico confermando l’ipotesi della espansione, e consentendo di raffinare la calibrazione delle anomalie magnetiche in termini temporali. Margine convergente Temperatura e velocità sismica • Nel mantello bassa velocità indica alta T, alta velocità indica bassaT. • La disponibilità dettagliata della distribuzione delle velocità sismiche consente una visione tomografica del mantello. Ovviamente le sorgenti (terremoti) sono limitate e i ricevitori altrettanto (stazione sismiche). Limite convergente del Cocus in America Latina Subduzione e magmatismo peridotite 120 km 80 km 40 km Gabbro dry Il magmatismo associato agli archi vulcanici Faglie trasformi San Francisco Penisola – attraversata da una faglia trascorrente destra, la faglia di San Andrea Faglie trascorrenti 7.4-7.8 Magnitude Faglia dell’ Anatolia Dalla subduzione alla collisione Collisione • • • • Rocce sedimentarie, ignee e metamorfiche vengono deformate (pieghe, faglie). Lungo zone di taglio si impilano falde tettoniche. La crosta sotto gli orogeni e ispessita. All’aumentare delle temperatura nella crosta ispessita le rocce subiscono metamorfismo e in parte fondono parzialmente dando origini a fusi sialici (acidi). Collisioni in tempi remoti sono riconoscibili nelle zone di sutura (sequenze ofiolitiche metamorfostate). Terremoti Tutti i terremoti Terremoti profondi >100 km – concentrati lungo i margini convergenti Terremoto Faglia normale • • • Le scosse di un terremoto originano dall’energia deformativa elastica sprigionata dalle rocce e propagata tramite onde sismiche quando in profondità un corpo roccioso viene fratturato lungo una faglia. Questo avviene frequentemente lungo i margini delle placche, ma terremoti possono anche generarsi all’interno delle placche. La trascorrenza, e la magnitudo vengono stimati dai sismogrammi. Faglie inverse Rottura di faglia e risposta elastica • • • • • • I movimenti delle placche creano forze che si concentrano ai margini delle placche Le rocce accumulano energia deformativa. La porzione elastica dell’energia deformativa si trasforma in onde meccaniche (sismiche) quando il corpo roccioso si frattura (deformazione permanente) Le onde sismiche si propagano in tutte le direzioni. Il movimento trascorrente lungo la faglia è evidente se questa affiora in superficie. I terremoti sono la conseguenza di una deformazione fragile della crosta (confronta deformazione duttile). Tipi di onde sismiche • I sismografi individuano 3 tipi principali: – Onde P (onde primarie) sono le più veloci e si propagano per tutti i mezzi. Sono le prime ad arrivare alle stazioni sismiche – Onde S (onde di taglio) attraversano solo i mezzi solidi e si propagano ½ la velocità delle onde P. – Onde di superficie si propagano all’interfaccia terra-aria, sono le più lente, perciò arrivano per ultime alle stazioni. Hanno un altissimo potenziale di distruzione. Localizzare un sisma • Non sappiamo in anticipo quando e dove avviene un evento sismico. • Se le velocità delle onde P ed S sono note (curve di arrivo), allora la differenza tra i tempi di arrivo tra P ed S nelle stazioni sismiche possono essere usate per stimare la distanza di ciascuna stazione dall’epicentro. Triangolazione • Con l’informazione di stazioni multiple, l’epicentro può essere localizzato. Sismografi • Registrano i movimenti del terreno • Strumentazioni orizzontali e verticali • Registrano le onde in periodi di 1/100 di secondo. Sismogrammo La magnitudo di un sisma • La magnitudo è un numero senza unità: – Magnitudo Richter– Scala aperta verso l’alto. È una misura logaritmica di quanto il terreno si è sollevato alla stazione sismica durante il passaggio delle onde sismiche, ed è proporzionale all’energia sprigionata durante il terremoto. Il grado di distruzione non è necessariamente proporzionale a questa energia. – Scala Mercalli (modificata) – Scala ad 11 gradi. Non è una magnitudo ma una misura basata sulla percezione che la gente ha avuto di un terremoto tenendo in considerazione il grado di distruzione avvenuto. Una misura molto ultile per il confronto con eventi sismici storici antecedenti l’invenzione dei sismografi 1,800,000,000 10 Magnitudo Richter ed energia 9 Magnitudo 8 7 6 5 4 cresce esponenzialmente 3 2 1,E+00 1,E+02 1,E+04 1,E+06 1,E+08 1,E+10 1,E+12 1,E+14 Energia Figura 12. L’illustrazione riporta come la magnitudo Richter può essere calcolata graficamente da un sismogramma di un sismografo standard. (1) misurare l’ampiezza dell’onda maggiore in mm; (2) calcolare la distanza dall’epicentro attraverso l’intervallo di tempo trascorso tra l’arrivo delle onde P e S (vedi figura 8); (3) tirare una retta tra la distanza calcolata (scala a sinistra) e l’ampiezza della onda (scala a destra). L’intersezione di questa retta con la scala delle magnitudo fornisce il valore della magnitudo del sisma. Figura 13. Esiste una chiara correlazione tra magnitudo di un terremoto e l’estensione della faglia attiva. Terremoti con magnitudo > 8 si verificano esclusivamente quando il movimento tettonico lungo una faglia si è propagato per centinaia di chilometri. Figura 14. Esiste inoltre una chiara correlazione tra magnitudo e durata di un terremoto. Maggiore è la magnitudo maggiore è la durata. Terremoti con una magnitudo >8 durano minuti, mentre quelli di magnitudo <7 durano di regola non più di 10 secondi. Figura 19. Distribuzione degli ipocentri in corrispondenza del margine convergente Izu – Bonin – Marianne. Questa figura dimostra che nella zona di subduzione delle Marianne gli ipocentri dei terremoti profondi sono concentrati in un intervallo di profondità che coincide abbastanza bene con quello delle transizioni di fase dell’olivina (p.e. profilo B-B’). Si suppone che il cambio di volume associato alle transizioni di fase lungo discrete zone di trasformazione nella peridotite della litosfera subdotta produca concentrazioni di stress che portano alla formazione di faglie sismiche. In letteratura questo meccanismo è stato chiamato “transformation faulting”. Figura 20. (a) Immagine tomografica del mantello sotto il Mare di Okhotsk (Russia) situato dietro l’arco magmatico delle isole Kurili (b). I colori verde-azzurro rappresentano zone con velocità delle onde sismiche P maggiori (materiale più freddo), mentre il colore rosso indica velocità inferiori in corrispondenza di materiale mantellico più caldo. I puntini bianchi sono gli ipocentri dei terremoti localizzati nella litosfera subdotta (piano di Benioff). Le due righe gialle orizzontali segnano il limite superiore ed inferiore della zona di transizione nel mantello. Come in tutte le zone di subduzione, i terremoti più profondi si concentrano nella zona di transizione e non oltrepassano il limite con il mantello inferiore (670km). Si ipotizza che la mancanza di terremoti più profondi sia dovuta al fatto che con la profondità di 670km la trasformazione delle fasi magnesifere in Mg-peroskite è terminata. Viene quindi a mancare la forza motrice per terremoti nel mantello inferiore, malgrado che litosfera fredda penetri e sprofondi. TSUNAMI Figura 15. Lo sviluppo dello tsunami nell’oceano Indiano. Durante il terremoto causato dall’incunearsi della placca Indiana sotto quella Birmana, il rigetto verticale di 10 m del fondale oceanico sopra la crosta Birmana ha provocato il terribile tsunami. L’enorme quantità d’acqua sollevata dal rigetto verticale della crosta ha creato onde di piccola ampiezza ma di grande lunghezza nell’oceano aperto. La velocità di propagazione di queste onde può raggiungere 1000km/h. Fin quando viaggiano nell’oceano aperto non sono percepibili, se non attraverso le sonde di pressione. Le onde di uno tsunami sono infatti onde di pressione (come le onde sismiche), e non le classiche onde della spiaggia. In queste si trasformano solo quando raggiungono la scarpata continentale dove si riduce notevolmente la profondità d’acqua. L’enorme massa d’acqua spinta verso la costa rallenta e si impila creando delle onde di grande ampiezza alte decine di metri. Nel caso del terremoto nell’oceano Indiano il rigetto verticale del fondale oceanico è avvenuto lungo una faglia di 1600 km di lunghezza orientata N-S. Lo spostamento dell’acqua è di conseguenza avvenuto in prima linea in direzione E-W e ha investito paesi come l’Indonesia, la Malaysia, la Thailandia, l’India e lo Sri Lanka . Il Myanmar è stato invece colpito solo marginalmente, anche perché il rigetto del fondale oceanico è stato inferiore nella parte settentrionale della faglia. Per veder un’animazione della propagazione del maremoto nell’oceano Indiano cliccate il link sottostante: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/47/2004_Indonesia_Tsunami_Complete.gif Figura 16. Il terremoto del 26 dicembre 2004 nell’oceano Indiano si è sviluppato su una distanza di 1600km lungo la fossa della Sonda, dove la placca Indo-Australiana si inarca sotto la placca Birmana (Eurasiatica). Per il terremoto del 26 dicembre 2004 è stato calcolato un magnitudo (MW) di 9.2 ed è stato il secondo più potente terremoto registrato sulla Terra. L’epicentro (asterisco Figura 16a) del terremoto è stato localizzato a 30 km di profondità a sud di Banda Aceh (Sumatra) nel mare aperto. Dall’epicentro si è propagato in due fasi: prima per 100 secondi ad una velocità di 2700 km/h in direzione NW, poi dopo una pausa di 100 secondi per altri 5 minuti in direzione N con una velocità di 2100 km/h. Durante la propagazione della faglia il regime di deformazione è passato da convergente (sud) a trascorrente (nord): questo ha causato un minor rigetto verticale a nord e conseguentemente anche onde anomale meno forti lungo la costa del Myanmar. Tsunami • Tsunami (onda anomala) sono onde generate dal brusco innalzamento del fondo oceanico lungo faglie durante un terremoto. • Tsunami si propagano con velocità fino 800 km/h e formano onde oltre 20m. • Non si noterebbe in una barca quando si è in acqua profonda. HOT SPOTS Hot spot - magma caldissimo dry Hot spot adiabat Le celle convettive si estendono per tutto il mantello? Fuso basaltico caldissimo a bassa viscosità Tuboli LAVA PaoePaoe e LAVA a CORDA Flood Basalts Columbia Plateau: Multilayered Flood basalt covering a wide area in Washington, Oregon, and Idaho Flood Basalts: Fluid basaltic lava erupting onto flat terrain to produce multiple layers of thin flows I diversi tipi di margini continentali Supercontinenti GPS gives a global view of contemporary plate velocities consistent with the original plate tectonic hypothesis Velocità relative dei movimenti delle placche (centimetri/anno) cm/year Mount St. Helens May 3, 1980 Bulge Mount St. Helens July 22, 1980 Ash Plume Cloud rolling down right flank Ash Fall Mud Flows Mount St. Helens Before/After After Math Ex-Forest Pyroclastic Flows Ash Fall Central Eruptions Shield Volcanoes • Typically forms from successive flows of basaltic lavas erupting from a central vent. • Broad and low relief feature Volcanic Domes Mt. St. Helens • Typical of viscous felsic lava eruptions • Often plugs the central vent, leading to a later explosive eruption Cinder-Cones • Central-vent volcano built mostly of pyroclasts, with little fluid lava • Profile is defined by the angle of repose, or the maximum angle of stability of the debris Cerro Negro, 1968 M. Composite Volcanoes • Formed from layers of pyroclastic material and lava • Composite volcanoes are more stable than cinder cones, and most larger volcanoes are composite type M. Layering Deposits from 1888-1890 Eruption Older Eruption Material Cross Section of the Inner Slopes of Vulcano Ash Flow Tuffs • When the eruption is pyroclastic, the result is extensive areas covered by ash-flow deposits and tuffs Craters and Calderas • A small crater may form at the central vent, floored by solidified lava that plugs the vent • A caldera forms after a major eruption due after a sudden collapse into the old magma chamber • Reentry of magma into the old chamber results in additional eruptions and a resurgent caldera. – Yellowstone Caldera – Valles Caldera – Crater Lake M Phreatic Explosions • Steam explosion caused when magma encounters water in a confined space • The explosion of Krakatoa was a phreatic explosion Fissure Eruptions • With basaltic fissure eruptions, result in flood basalts, with fluid lava flowing from long fissures and covering wide areas – Example is Iceland, where the MidAtlantic is exposed at the surface Fissure Eruptions