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Elementi finiti
Parte I
A. Gugliotta
Politecnico di Torino, maggio 2002
Dipartimento di Meccanica
otto editore
ELEMENTI FINITI
Parte I
A. GUGLIOTTA
P OLITECNICO DI TORINO
WWW. POLITO . IT
INDICE – I
1.
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI ......................1
1.1 ELEMENTI E STRUTTURE ............................................................ 1
1.2 ANALISI MATRICIALE ED ELEMENTI FINITI ................................. 3
1.3 CARATTERIZZAZIONE DELL'ELEMENTO TRAVE .......................... 4
Elemento trave sollecitato assialmente (asta) ........................................5
Elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione) ......................6
Elemento trave sollecitato a flessione (trave inflessa) ............................8
1.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA ................................................ 14
1.5 SIGNIFICATO FISICO DEI COEFFICIENTI DELLA MATRICE DI
RIGIDEZZA ................................................................................ 16
1.6 SISTEMI DI RIFERIMENTO LOCALE E GLOBALE .......................... 18
1.7 ELEMENTO TRAVE NEL PIANO .................................................. 25
1.8 ELEMENTO TRAVE PER STRUTTURE A GRIGLIA ......................... 27
1.9 ELEMENTO TRAVE NELLO SPAZIO ............................................ 31
1.10 CARICHI NODALI EQUIVALENTI ............................................... 33
Elemento asta: carico distribuito .......................................................33
Elemento asta: effetto termico ...........................................................34
Elemento asta: montaggio con interferenza o gioco ........................... 34
Elemento asta: carico concentrato .....................................................35
Elemento trave inflessa: carico distribuito.......................................... 36
Elemento trave inflessa: gradiente termico......................................... 37
Elemento trave inflessa: carichi concentrati .......................................38
Trave nel piano; carichi nodali equivalenti .........................................38
i
2.
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA ................43
2.1 VARIABILI ED EQUAZIONI STRUTTURA ..................................... 43
2.2 ASSEMBLAGGIO DELLE EQUAZIONI STRUTTURA ....................... 46
2.3 CALCOLO DEGLI SPOSTAMENTI INCOGNITI ............................. 56
2.4 VINCOLI CINEMATICI ............................................................... 60
Approssimazione con molle............................................................... 60
Modifica della mappa ........................................................................61
Modifica della matrice di rigidezza ....................................................64
2.5 PROBLEMI PARTICOLARI RELATIVI AI VINCOLI ......................... 66
Vincoli elastici ...................................................................................66
Strutture con cerniere interne ............................................................68
2.6 CALCOLO DELLE TENSIONI ...................................................... 70
2.7 SCHEMA DI RISOLUZIONE ........................................................ 72
2.8 PROBLEMA DINAMICO: CALCOLO DELLE FREQUENZE PROPRIE .... 73
2.9 SOLUZIONE DEL SISTEMA DI EQUAZIONI ................................. 80
Metodi di soluzione indiretti: metodo di Gauss-Seidel ......................81
Metodi di soluzione diretti: metodo di Gauss.................................... 82
ii
1. CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.1 ELEMENTI E STRUTTURE
Una struttura o un suo componente vengono normalmente studiati dal progettista scomponendoli in parti semplici delle quali sono note le proprietà, tenendo
inoltre presenti come queste parti siano collegate per formare l'insieme totale.
Questa suddivisione può essere effettuata in una maniera che si può definire
naturale, come per esempio nel caso di una struttura di acciaio composta di travi
unite mediante cerniere o ganasce serrate con bulloni; il fatto che la struttura
(fig. 1.1) sia scomponibile nei suoi elementi trave (fig. 1.2) sembra ovvio e naturale perché all'operazione matematica del considerare la struttura divisibile ai fini
del calcolo strutturale corrisponde la nostra conoscenza pratica del fatto che per
arrivare alla struttura si uniscono assieme elementi trave, prodotti singolarmente
ed immagazzinabili separatamente.
Fig. 1.1 – Struttura di travi.
Analogamente, un oleodotto o un metanodotto o una condotta idraulica in
acciaio sono ottenuti saldando assieme più tubi, e risulta pertanto naturale pensare tale struttura come un insieme di elementi tubi.
1
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Fig. 1.2 – Elemento trave.
Quando però i singoli tubi sono uniti l'uno all'altro mediante una saldatura che
ricostituisca completamente la continuità meccanica la suddivisione naturale in
elementi perde senso: un tale sistema tubiero potrebbe venir diviso in elementi
sia eseguendo idealmente tagli in corrispondenza delle saldature sia immaginando di tagliare in punti nei quali una giunzione in realtà non esiste.
Nel secondo caso la divisione in elementi della struttura è meno naturale e più
arbitraria, ed ha sostanzialmente un carattere o convenzionale o di convenienza.
Le proprietà della struttura calcolata dopo la sua divisione in elementi sono
comunque invarianti al variare del tipo di suddivisione.
Avanzando nel livello di astrazione, si può immaginare di avere un organo meccanico di forma semplice, come un disco di turbina (fig. 1.3); anche un tale oggetto
può, per il progettista, essere una struttura composta di elementi opportuni.
Fig. 1.3 – Disco di turbina.
È naturale forse considerare il mozzo estendentesi dal raggio ra al raggio r b e la
corona estendentesi dal raggio rc al raggio rd come elementi distinti dal resto del
disco a profilo conico (fig. 1.4). Ragionando però sulla parte a sezione conica, si
ammetta di scoprire che le leggi matematiche che ne definiscono le proprietà
siano troppo difficili (cioè praticamente indesiderabili) da scrivere; si immagini
inoltre che tali leggi siano facili da scrivere, magari in maniera accettabilmente
approssimata, per un elemento di estensione radiale opportuna r. Ne segue una
suddivisione convenzionale ed arbitraria del disco conico in più elementi, come
illustrato in figura 1.4c.
2
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Con opportune cautele l'insieme degli elementi così definiti può simulare in
modo soddisfacente le proprietà della struttura originaria.
A questo proposito è bene aver chiaro che si hanno due casi fondamentali:
– la caratterizzazione dell'elemento è esatta
– la caratterizzazione dell'elemento è approssimata
Fig. 1.4 – Elementi di un disco di turbina.
Nel primo caso qualunque sia la suddivisione della struttura in elementi, i risultati devono essere sempre gli stessi, rigorosamente; pertanto il tipo di suddivisione in elementi deve soddisfare solo esigenze di comodità.
Nel secondo caso invece la scelta del tipo di suddivisione influenza i risultati,
dato che la soluzione complessiva per l'intera struttura dipende dalle approssimazioni contenute nelle leggi che caratterizzano i singoli elementi: in questo
caso il tipo di suddivisione deve essere esaminato anche alla luce della approssimazione dei risultati, in un compromesso ragionato con l'economia del calcolo.
1.2 ANALISI MATRICIALE ED ELEMENTI FINITI
La sistematizzazione delle relazioni matematiche descriventi una struttura può
essere eseguita in diversi modi; esempi classici sono il metodo delle differenze
finite, il metodo di trasferimento, metodi variazionali come il metodo di Ritz.
Sebbene il metodo degli elementi finiti abbia in comune alcune caratteristiche
con i metodi precedentemente illustrati, esso è indubbiamente diventato uno dei
più utilizzati dagli ingegneri.
Lo sviluppo del metodo degli elementi finiti è coinciso essenzialmente con lo sviluppo dei calcolatori elettronici, anche se le sue basi matematiche si possono far
risalire ad anni addietro (Courant, 1943); importanti contributi si possono trovare nei lavori di Turner, Clough, Martin e Topp (1956), Argyris (1960), ecc.
3
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Inizialmente il metodo fu sviluppato per l'analisi di problemi di meccanica strutturale; fu tuttavia ben presto scoperto che il metodo aveva una validità ben più
generale ed è ad oggi applicato alla soluzione di una gran varietà di problemi.
Tuttavia in questo testo ci si occuperà unicamente del calcolo dello stato di tensione in elementi e strutture, quali quelle che si trovano ordinariamente nel
campo d'azione del costruttore di macchinari o del progettista strutturale.
Una delle formulazioni più utilizzate nell'analisi strutturale è quella che si basa
sugli spostamenti assegnati: essa può essere inizialmente vista come un'estensione dell'analisi matriciale delle strutture formate da barre e/o travi (analisi con
il metodo degli spostamenti).
Analogamente al metodo degli elementi finiti, l'analisi matriciale delle strutture
sarà qui considerata nelle sue due fasi distinte:
– la caratterizzazione degli elementi, cioè la descrizione matematica della
loro climatica in relazione alle loro condizioni di equilibrio e di deformazione
– la costruzione della struttura, cioè la formulazione matematica delle
equazioni che esprimono l'appartenenza dell'elemento ad una data
struttura, e la soluzione del sistema di equazioni
Nelle pagine che seguono si adotterà la seguente convenzione:
– tutte le variabili che servono a definire il comportamento del singolo
elemento, indipendentemente dalla sua appartenenza ad una struttura,
vengono indicate con lettere minuscole
– tutte le variabili che servono a definire il comportamento dei punti
(nodi) della struttura in cui gli elementi si uniscono, vengono indicate
con lettere maiuscole
1.3 CARATTERIZZAZIONE DELL'ELEMENTO TRAVE
Per elemento trave si intende un elemento, ad asse inizialmente rettilineo, individuato dai due estremi (nodi ) 1 e 2 attraverso i quali l'elemento scambia le azioni
con l'esterno (fig. 1.5).
Fig. 1.5 – Elemento trave.
4
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
All'elemento trave è associato un sistema di riferimento locale ( x, y, z ) in cui
l'asse x coincide con l'asse dell'elemento ed è diretto dal nodo 1 al nodo 2; gli
assi y e sono perpendicolari all'asse x e coincidono con le direzioni principali
d'inerzia della sezione retta della trave.
L'elemento trave può comportarsi, in base ai carichi a cui è soggetto, come:
1. asta, o puntone-tirante, se sollecitato da soli carichi assiali
2. barra di torsione, se sollecitato dal solo momento torcente
3. trave inflessa, se sollecitato da soli sforzi di taglio e/o momenti flettenti
Verranno qui ricavate le formulazioni di rigidezza dell'elemento trave, nelle sue
possibili configurazioni di base, a partire dalle equazioni di equilibrio e di deformazione.
1.3.1 Elemento trave sollecitato assialmente (asta)
Per analizzare il suo comportamento basterà studiare i soli spostamenti u
secondo la direzione dell'asse x, dato che dopo deformazione l'asse rimane rettilineo (fig. 1.6).
Fig. 1.6 – Elemento asta.
Dette fu1 e fu2 le risultanti delle distribuzioni di forze che dall'esterno vengono
applicate agli estremi dell'elemento e u1 e u2 gli spostamenti dei nodi, l'elemento
asta è caratterizzato da una equazione di equilibrio:
f u1 f u2 0
1.1
e dall'equazione differenziale:
fu
du
----- -----dx
EA
1.2
avendo indicato con u lo spostamento assiale della trave, fu la forza assiale agente
nella generica sezione della trave, E il modulo elastico longitudinale e con A
l'area della sezione retta della trave.
La 1.2, integrata sulla lunghezza l dell'elemento fornisce, supponendo costanti la
forza assiale e l'area della sezione retta:
5
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
l
u 2 u 1 ------- f u2
EA
1.3
Le equazioni 1.1 e 1.3 forniscono tutte le informazioni necessarie a definire il
comportamento statico dell'elemento asta, dal punto di vista del suo contorno
(cioè i nodi); queste equazioni possono essere riscritte in forma matriciale:
0
1
0
1
Ï u1 ¸
Ì ý Ó u2 þ
1
1 Ï f u1 ¸
ý
l Ì
0 ------- Ó f u2 þ
EA
1.4
Moltiplicando la prima riga per -l/EA, sommando alla seconda e sostituendo al
posto della prima:
1
1
l
------- 1
u
EA
1
Ï f u1 ¸
1 Ï ¸ Ì ý
Ì ý
f
1 Ó u2 þ
l Ó u2 þ
------0
EA
1.5
da cui:
Ï f u1 ¸
EA 1 1 Ï u 1 ¸
------
Ì ý
l 1 1 ÌÓ u 2 ýþ
Ó f u2 þ
1.6
ovvero:
[k]{s} { f }
1.7
detta formulazione di rigidezza, dove:
EA
[ k ] ------- 1 1
l 1 1
{s}
T
{ u1 u2 }
T
{ f } { f u1 f u2 }
1.8
1.9
1.10
1.3.2 Elemento trave sollecitato a torsione (barra di torsione)
L'elemento barra di torsione è formalmente analogo all'elemento asta visto al
paragrafo 1.3.1.
6
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Si tratta di un elemento ad asse rettilineo capace di resistere a soli momenti torcenti (fig. 1.7).
Fig. 1.7 – Elemento barra di torsione.
Detti mx1 e mx2 i momenti torcenti applicati ai nodi 1 e 2 dell'elemento e x1 e
x2 gli angoli di rotazione delle sezioni di estremità, l'elemento barra di torsione
è caratterizzato da una equazione di equilibrio:
m x1 m x2 0
1.11
e dall'equazione differenziale:
m
d
------ -------xdx
GJ x
1.12
avendo indicato con x la rotazione assiale della trave; mx il momento torcente
agente nella generica sezione della trave; G il modulo elastico di taglio; Jx il
momento d'inerzia polare rispetto all'asse della trave.
La 1.12, integrata sulla lunghezza l della barra, fornisce, supponendo costanti il
momento torcente e le caratteristiche geometriche della barra:
l
x2 x1 --------m x2
GJ x
1.13
Le 1.11 e 1.13 scritte in forma matriciale sono:
0 0 Ï x1 ¸ Ì
ý
1 1 Ó x2 þ
1
1
l
0 -------GJ x
Ï m x1 ¸
Ì
ý
Ó m x2 þ
1.14
La formulazione di rigidezza, ottenuta con un procedimento analogo a quello
utilizzato per l'elemento asta, è:
GJ x 1 1 Ï x1 ¸
Ï m x1 ¸
-------
Ì
ý
l 1 1 ÌÓ x2 ýþ
Ó m x2 þ
1.15
7
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.3.3 Elemento trave sollecitato a flessione (trave inflessa)
Si considerano solo carichi e vincoli agenti ortogonalmente alla linea d'asse
(fig. 1.8) in modo che gli spostamenti dei punti della struttura avvengano in
direzione ortogonale all'asse indeformato (entro i limiti di approssimazione della
teoria delle travi inflesse); nella configurazione deformata la struttura resta
quindi descrivibile in funzione della sola coordinata misurata sulla linea d'asse
indeformata. Si trascureranno inoltre, almeno inizialmente, le deformazioni
dovute al taglio.
Fig. 1.8 – Elemento trave inflessa.
Siano v1 e z1 la freccia e la rotazione misurate al nodo 1, v2 e z2 la freccia e la
rotazione al nodo 2; siano inoltre f v1 e m z1 la forza ed il momento che
dall'esterno vengono applicati all'elemento nel nodo 1, e fv2 e mz2 la forza ed il
momento applicati dall'esterno al nodo 2.
Le variabili da considerare sono ora le quattro variabili cinematiche (spostamenti
e rotazioni) v1, z1, v2, z2 misurabili ai nodi, ed i quattro carichi fv1, mz1, fv2,
mz2 che dall'esterno vengono applicati nei nodi dell'elemento.
Le relazioni che legano fra di loro queste otto variabili sono quattro; due delle
quattro relazioni cercate sono le equazioni di equilibrio. L'equazione di equilibrio alla traslazione è:
f v1 f v2 0
1.16
e quella di equilibrio alla rotazione rispetto ad un punto scelto, per semplicità,
coincidente con il nodo 2:
f v1 l m z1 m z2 0
1.17
Le rimanenti due equazioni sono relazioni che esprimono spostamenti e rotazioni relative degli estremi in funzione di forze e momenti; esse vengono ricavate
dall'equazione differenziale:
8
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
m
d
------ -------zdx
E Jz
1.18
avendo indicato con z la rotazione della sezione retta della trave; m z il
momento flettente nella generica sezione della trave; E il modulo elastico longitudinale; Jz il momento d'inerzia trasversale.
Esprimendo mz , momento in una sezione generica, in funzione di fv1 e mz1, e
integrando sulla lunghezza l dell'elemento si ottengono le relazioni:
l
l2
z2 z1 -------- m z1 ----------- f v1
E Jz
2E Jz
1.19
l2
l3
v 2 v 1 z1 l ------------ m z1 ------------ f v1
2E Jz
6E Jz
1.20
Le quattro equazioni formano perciò il seguente sistema:
0 0
0 0
0 1
1 l
0
0
0
1
0
0
1
0
Ï v1 ¸
Ô
Ô
Ô z1 Ô
Ì
ý Ô v2 Ô
Ô
Ô
Ó z2 þ
1
l
0
1
1
0
0
1
l2
----------2E Jz
l
-------E Jz
0
0
l2
l3
----------- ----------2E Jz
6E Jz
0
0
Ï f v1 ¸
Ô
Ô
Ô m z1 Ô
Ì
ý
Ô f v2 Ô
Ô
Ô
Ó m z2 þ
1.21
ovvero:
[a]{s} [b]{ f }
1.22
dove {s} e { f } sono rispettivamente i vettori degli spostamenti e delle forze:
{ s } T { v 1 z1 v 2 z2 }
1.23
{ f }T { f v1 m z1 f v2 m z2 }
1.24
e [a] e [b] sono matrici di ordine 4x4 che premoltiplicano rispettivamente il vettore degli spostamenti ed il vettore delle forze. Si noti che la matrice [b] non è
singolare, mentre la matrice [a] lo è due volte, cioè in un numero pari ai gradi di
libertà di moto rigido dell'elemento; nelle 1.5 e 1.14 si verificava una situazione
analoga, caratterizzata da una sola singolarità.
La scrittura di rigidezza viene ricavata premoltiplicando ambo i membri della
1.22 per l'inversa della matrice [b]. A calcoli effettuati si ottiene:
9
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
6
----2l
12
-----3l
6
----2l
4
6
----2--l
E Jz l
6
12
-----3- ----2l
l
6
----2l
12
-----3l
2
--l
6
----2l
6
----2l
4
--l
12
-----3l
6
----2l
2
--l
Ï v1 ¸
Ï f v1 ¸
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô z1 Ô
Ô m z1 Ô
Ì
ý Ì
ý
Ô v2 Ô
Ô f v2 Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
Ó z2 þ
Ó m z2 þ
1.25
Effetto del taglio
L'equazione della linea elastica 1.20 tiene conto soltanto della deformazione prodotta dal momento flettente e non di quella prodotta dallo sforzo di taglio; nel
caso di travi snelle ciò non produce un errore sensibile, perché la seconda è
molto piccola rispetto alla prima.
Tuttavia nel caso di travi tozze, in cui il rapporto tra lunghezza e altezza della
sezione è piccolo, l'effetto del taglio non risulta più trascurabile; nell'equazione
differenziale della linea elastica bisognerà sommare al contributo del momento
flettente quello dovuto allo sforzo di taglio.
Lo spostamento di un punto della trave sarà dato dalla somma dello spostamento vm dovuto al momento flettente e dello spostamento vt dovuto al taglio
(fig. 1.9):
Fig. 1.9 – Effetto del taglio sulla linea elastica.
10
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
v vm vt
1.26
Se y rappresenta la deformazione media dovuta al taglio, la relazione che lega la
rotazione z della sezione e la pendenza v x dell'asse neutro è:
dv
----- y
z
dx
1.27
e la deformazione y è data da:
f v2
f v1
y y ------- y ------GA
GA
1.28
dove cy è il fattore di taglio della sezione in direzione dell'asse y.
La 1.19, scritta tra l'estremo 1 e la generica sezione all’ascissa x diviene allora:
z z1
2
x
x
-------- m z1 ----------- f v1
E Jz
2E Jz
1.29
sostituendo per z la 1.27:
2
dv
x
x
----- -----------------f
m
y
z1
dx
E Jz z1 2E Jz v1
1.30
e la 1.28 al posto di y e integrando sulla lunghezza l della trave, la 1.20 diviene:
y l
l2
l3
v 2 v 1 z1 l ----------- m z1 ----------- f v1 -------- f v1
2E Jz
6E Jz
GA
1.31
Le equazioni risolutive 1.21 diventano quindi:
0
0
0
1
0
0
1
l
0
0
0
1
0
0
1
0
Ï v1
Ô
Ô z1
Ì
Ô v2
Ô
Ó z2
1
¸
l
Ô
l2
Ô
-----------ý 2E Jz
Ô
Ô
y l
l3
þ
------------ -------6E Jz GA
0
1
l
-------E Jz
l2
-----------2E Jz
1
0
0
0
0
1 Ï f v1
Ô
m
0 ÔÌ z1
Ô f v2
Ô
Ó m z2
0
¸
Ô
Ô
ý 1.32
Ô
Ô
þ
e la matrice di rigidezza:
11
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
12
-----l3
E Jz
---------------1 y
6
----l2
12
-----3l
6
----l2
6
----l2
4 y
----------------l
12
-----3l
6
----2l
2 y
----------------l
12
-----l3
6
----2l
6
----2l
6
----l2
v
Ï f v1 ¸
2 y Ï 1 ¸
Ô
Ô
----------------- Ô Ô
Ô z1 Ô
Ô m z1 Ô
l
Ì
ý Ì
ý
Ô v2 Ô
Ô f v2 Ô
6
----2- Ô
Ô
Ô
Ô
l
Ó z2 þ
Ó m z2 þ
4 y
----------------l
1.33
dove y vale:
12EJ z
y -------------2GAl
La tabella 1.1 riporta i valori dei fattori di taglio per i casi più frequenti.
12
1.34
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Tab. 1.1 – Fattori di taglio per alcune forme di sezione di travi inflesse, da Cowper
G.R., The Shear Coefficient in Timoshenko's Beam Theory, Journ. of Appl. Mech.,
giugno 1966, p. 335-340
7 6
--------------------6(1 )
7 6 ) ( 1 m ) 2 4m ( 5 3 )
(----------------------------------------------------------------------------------6( 1 )( 1 m2 )2
m ba
12 11
-----------------------10 ( 1 )
40 37 m ( 16 10 ) m 2
---------------------------------------------------------------------------------12 ( 1 ) ( 3 m )
m ba
4 3
--------------------2(1 )
48 39
------------------------20 ( 1 )
p q 10n 2 [ m ( 3 ) 3m 2 ]
-----------------------------------------------------------------------------------10 ( 1 ) ( 1 3m ) 2
n bh
m b sb h sa
p q 30n 2 m ( 1 m ) 5n 2 m ( 8 9m )
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------10 ( 1 ) ( 1 3m ) 2
m 2b s b h s a
n bh
p q
--------------------------------------------------10 ( 1 ) ( 1 3m ) 2
m 2 As h s
p' q' 30n 2 m ( 1 m ) 10n 2 m ( 4 5m m 2 )
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------10 ( 1 ) ( 1 3m ) 2
m b sb h sa
n bh
p 12 72m 150m 2 90m 3
q 11 66m 135m 2 90m 3
p' 12 96m 276m 2 192m 3
q' 11 88m 248m 2 216m 3
13
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.4 FORMULAZIONE DI RIGIDEZZA
Nei paragrafi precedenti si è visto che un elemento è caratterizzato da un numero
n di equazioni pari al numero di gradi di libertà cinematici (numero degli spostamenti e/o rotazioni definiti ai nodi dell'elemento).
Le n equazioni complessive, delle quali L sono di equilibrio, legano fra di loro 2n
variabili: n forze generalizzate ed n spostamenti generalizzati; nelle L equazioni
di equilibrio non compaiono ovviamente spostamenti generalizzati.
Dette n equazioni che caratterizzano l'elemento possono essere ordinate in modi
differenti; in particolare si può pensare di separare al primo membro tutti gli
spostamenti generalizzati ed al secondo membro tutte le forze generalizzate. In
notazione matriciale:
[a]{s} [b]{ f }
1.35
Se l'elemento non è infinitamente rigido, nessuna delle equazioni è priva di forze
generalizzate, e pertanto nessuna riga in [ b] è nulla. Inoltre, poiché le equazioni
sono indipendenti, esiste l'inversa della matrice [ b ]; premoltiplicando ambo i
membri della 1.35 per [b] –1:
[ b ] 1 [ a ] { s } [ b ] 1 [ b ] { f }
1.36
e quindi per la definizione stessa di matrice inversa:
[ b ] 1 [ a ] { s } [ I ] { f }
1.37
La 1.37 è una scrittura di rigidezza, in quanto le forze generalizzate compaiono
isolate, ovvero sono espresse in funzione esplicita degli spostamenti. Posto:
[ k ] [ b ] 1 [ a ]
1.38
la 1.37 si scrive:
[k]{s} { f }
1.39
La matrice [k] è detta di rigidezza in quanto ad un aumento del valore dei suoi
coefficienti corrisponde un aumento della rigidezza dell'elemento; infatti a parità
spostamento {s } valori di [k] crescenti implicano forze { f } crescenti.
Un'altra possibile scrittura delle equazioni 1.35 è quella detta di deformabilità.
Se i gradi di libertà di moto rigido L sono zero, allora nessuna delle righe della
matrice [a] è zero, e pertanto esiste l'inversa [a] –1; premoltiplicando per essa
ambo i membri della 1.35, si ottiene:
{ s } [ a ] 1 [ b ] { f }
1.40
[d ] [ a ] 1 [ b ]
1.41
Posto:
14
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
la 1.40 diviene:
{ s } [d ] { f }
1.42
La matrice [d ] è detta di deformabilità in quanto ad un aumento del valore dei
suoi coefficienti corrisponde un aumento della deformabilità dell'elemento;
infatti a parità di forza { f } valori di [d ] crescenti implicano spostamenti {s} crescenti.
Nell'ambito del calcolo strutturale è sempre possibile ottenere la formulazione di
rigidezza, ma non di ottenere quella di deformabilità, a parte il caso di alcuni elementi particolari nei quali sono già posti vincoli addizionali che eliminano i
gradi di libertà di moto rigido.
Può essere utile esaminare da un punto di vista fisico il caso degli elementi aventi
gradi di libertà di moto rigido:
– se esistesse la scrittura di deformabilità 1.42 si potrebbe pensare di
inserire in { f } forze arbitrarie e quindi ottenere gli spostamenti; ciò
sarebbe assurdo in quanto la 1.42 contiene le equazioni di equilibrio
che legano fra di loro le forze generalizzate, le quali pertanto non possono essere assegnate arbitrariamente
– ponendo eventualmente nella 1.42 dei carichi equilibrati, si otterrebbero come soluzione gli spostamenti; ciò è assurdo in quanto assegnati
i carichi agli estremi, non esiste una ed una sola soluzione per i valori
degli spostamenti bensì infinite e differenti fra di loro per una traslazione e/o rotazione rigida
ESEMPIO 1.1
Nei casi dell'elemento trave sollecitato assialmente, sollecitato a torsione e
sollecitato a flessione, la 1.35 è data rispettivamente dalle 1.4, 1.14 e 1.21.
0
1
0
1
0
1
0
1
0 0
0 0
0 1
1 l
1
1
l
0 ------EA
Ï u1 ¸
Ì ý Ó u2 þ
Ï x1 ¸
Ì ý Ó x2 þ
0
0
0
1
0
0
1
0
1
Ï f u1 ¸
Ìf ý
Ó u2 þ
1
l
0 --------G Jx
1.43
Ï m x1 ¸
Ìm ý
Ó x2 þ
1
0
Ï v1 ¸
l
1
Ô
Ô
Ô z1 Ô
l
l2
- -------Ì
ý ----------E Jz
2E
Jz
Ô v2 Ô
Ô
Ô
l2
l3
Ó z2 þ
------------ -----------6E Jz
2E Jz
1.44
1 0
f
0 1 Ï v1 ¸
Ô
Ô
Ô m z1 Ô
0 0 Ì
ý
Ô f v2 Ô
Ô
Ô
m
0 0 Ó z2 þ
1.45
15
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Si nota che la matrice [ b ] non è mai singolare, mentre la matrice [ a ] è singolare 1 volta nei casi dell'elemento asta e dell'elemento barra di torsione e 2
volte nel caso dell'elemento trave inflessa. Infatti nei primi due casi l'elemento possiede un grado di libertà L di moto rigido (traslazione secondo
l’asse x il primo, rotazione attorno l'asse x il secondo); nel terzo caso l'elemento possiede 2 gradi di libertà L di moto rigido (traslazione secondo l'asse
y e rotazione attorno l'asse z ).
1.5 SIGNIFICATO FISICO DEI COEFFICIENTI DELLA MATRICE DI RIGIDEZZA
Nel metodo di rigidezza le equazioni che caratterizzano l'elemento vengono
combinate linearmente in modo da esplicitare i carichi. Si hanno così per l'elemento generico espressioni del tipo:
[k]{s} { f }
1.46
dove [k] è la matrice di rigidezza dell'elemento; { s} il vettore degli spostamenti
generalizzati dell'elemento; { f } il vettore dei carichi generalizzati dell'elemento.
La matrice di rigidezza può essere determinata o direttamente mediante il principio dei lavori virtuali oppure mediante combinazioni lineari a partire dalle equazioni di equilibrio e deformazione. Per alcuni elementi si potrebbe anche pensare
di determinare la matrice di rigidezza per via sperimentale.
Riferendosi all'elemento trave inflessa si dimostrerà come, a partire dalle equazioni che esprimono spostamenti e rotazioni di una trave e dalle equazioni di
equilibrio, sia possibile legare i quattro spostamenti e rotazioni misurabili
all'estremo della trave stessa con le forze ed i momenti esercitati dall'esterno sulla
trave in tali estremi, avendo misurato in particolare sia gli spostamenti e le rotazioni sia le forze ed i momenti secondo un unico sistema di riferimento opportunamente scelto.
Nella scrittura di rigidezza della trave:
a
b
a
b
Ï v1 ¸
Ï f v1 ¸
b a
b Ô
Ô
Ô
Ô
c b
d Ô z1 Ô Ô m z1 Ô
Ì
ý
Ì
ý
b
a b Ô v2 Ô
Ô f v2 Ô
Ô
Ô
d b
c ÔÓ z2 Ôþ
Ó m z2 þ
1.47
le singole colonne godono di una interpretazione fisica. La prima colonna, ad
esempio, fornisce, moltiplicata per v1, forze e momenti che dall'esterno devono
essere esercitati affiancassi abbia il solo spostamento v1 e tutti gli altri nulli. La
prima colonna cioè fornisce le reazioni vincolari nella configurazione della
figura 1.10. Analogamente la seconda colonna, moltiplicata per z1, la terza
moltiplicata per v2 e la quarta moltiplicata per z2 forniscono le reazioni vinco16
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
lari nelle configurazioni delle figure 1.11, 1.12, 1.13.
Fig. 1.10 – Prima colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.
Fig. 1.11 – Seconda colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.
Fig. 1.12 – Terza colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.
17
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Fig. 1.13 – Quarta colonna della matrice di rigidezza della trave inflessa.
Sovrapponendo i quattro stati di deformazione distinti definiti nelle figure da
1.10 a 1.13 si può ottenere uno stato di deformazione qualsiasi. Si può pensare
quindi di ottenere la matrice di rigidezza colonna per colonna, cioè imponendo
ad ogni variabile cinematica nodale una variazione unitaria e determinando forze
e momenti nodali necessari a produrla. Queste considerazioni esemplificative,
valide per travi inflesse, si estendono naturalmente a qualsiasi altro tipo di elemento.
1.6 SISTEMI DI RIFERIMENTO LOCALE E GLOBALE
Nel definire le equazioni che legano tra loro le variabili cinematiche e statiche di
un elemento può essere conveniente, per una maggior semplicità del calcolo, utilizzare un particolare sistema di riferimento.
Questo particolare sistema di riferimento verrà detto locale in quanto è strettamente connesso all'elemento di cui si sono definite le proprietà. Pertanto le componenti delle variabili cinematiche generalizzate (spostamenti, rotazioni) e quelle
delle variabili statiche generalizzate (forze e momenti) verranno espresse secondo
gli assi di tale riferimento.
Fig. 1.14 – Elemento trave nel piano.
18
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Un esempio semplice di un siffatto sistema di riferimento si ha nel caso della trave
nel piano; è noto che la forma delle equazioni che legano i carichi agli spostamenti
risulta più semplice se si adotta un sistema di riferimento locale in cui l'asse x coincide con l'asse geometrico e l'asse y è ad esso ortogonale. Con riferimento alla
figura 1.14, si indicano con u gli spostamenti secondo x, con v gli spostamenti
secondo y e con z le rotazioni (dette rotazioni possono pensarsi come un vettore
ortogonale al piano xy); analogamente si avranno forze fu , fv , mz .
Quando poi si considera una struttura, in generale composta da più elementi
variamente orientati nel piano o nello spazio, occorre esprimere tutti gli spostamenti generalizzati e tutte le forze generalizzate in un unico sistema di riferimento, altrimenti non si potrebbero scrivere le equazioni scalari che li legano.
Fig. 1.15 – Sistemi di riferimento locale e globale.
Occorre quindi effettuare un cambiamento di riferimento per passare dal sistema
cartesiano locale x,y , z al sistema cartesiano globale X,Y,Z valido per tutta la
struttura. Dato che un cambiamento di riferimento è una trasformazione lineare,
l'insieme di tutti gli spostamenti generalizzati { s x } nel sistema locale x,y , z
(fig. 1.15):
T
{ s } x { u x ,v x ,w x }
1.48
è legato all'insieme delle stesse variabili { sX } nel sistema globale X,Y,Z:
T
{ s } X { u X ,v X ,w X }
1.49
dalle relazioni lineari:
19
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
ux l1 uX m1 vX n1 wX
vx l2 uX m2 vX n2 wX
1.50
wx l3 uX m3 vX n3 wX
dove (l1, m1, n1), (l2, m2, n2), (l3, m3, n3), sono rispettivamente i coseni direttori
degli assi x,y,z rispetto agli assi del sistema di riferimento globale X,Y,Z. Valgono
le relazioni:
l i2 m i2 n i2 1
( i 1, 2, 3 )
1.51
e:
li lj mi mj ni nj 0
Ï i 1, 2, 3
Ô
Ì ij
Ô
Ó j 1, 2, 3
1.52
In notazione matriciale la 1.50 è:
{ s }x [ R ] { s }X
1.53
e la matrice di rotazione [R] è data da:
l1 m1 n1
[R] l2 m2 n2
1.54
l3 m3 n3
Analoga trasformazione permette di legare il vettore dei carichi { f }x a { f }X.
Ovviamente esiste anche la trasformazione inversa della 1.53:
{ s } X [ R ] 1 { s } x
1.55
T
La matrice di rotazione [R] è una matrice ortogonale dato che [ R ] [ R ] [ R ] [ R ] T [ I ] ; ne segue che:
[ R ] 1 [ R ] T
1.56
per cui:
{ s }X [ R ] T { s }x
1.57
Nel caso bidimensionale (strutture piane) si rendono necessarie le trasformazioni
in un solo piano, generalmente coincidente con il piano x,y . In questo caso la
matrice di rotazione assume la forma:
20
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
[R ] l1 m1 0
1.58
l2 m2 0
0
0
1
ESEMPIO 1.2
Con riferimento alla trave inflessa di figura 1.14 e riportata in una posizione
generica nel sistema di riferimento globale X ,Y di figura 1.16, i coseni direttori ( l 1 ,m 1 ,n 1 ) , ( l 2 ,m 2 ,n 2 ) sono dati da:
l 1 cos m 1 cos ( 90 ) sin l 2 cos ( 90 ) sin m 2 cos 1.59
Fig. 1.16 – Sistemi di riferimento locale e globale.
Il vettore degli spostamenti all'estremo 2 si trasforma secondo la legge:
Ï u2 ¸
cos sin Ô
Ô
Ì v 2 ý sin cos Ô
Ô
0
0
Ó z2 þx
0
0
1
Ï u2 ¸
Ô
Ô
Ì v2 ý
Ô
Ô
Ó z2 þX
1.60
Uguale relazione vale per u 1 ,v 1 ,a z1 all'altro estremo 1; considerando separatamente l'estremo 1 dall'estremo 2, si ha:
{ s1 }x [ R1 ] { s1 }X
1.61
{ s2 }x [ R2 ] { s2 }X
[ R1 ] 0
Ï { s1 } ¸
Ì
ý {
}
s
0 [ R2 ]
Ó 2 þx
Ï { s1 } ¸
Ì
ý
Ó { s 2 } þX
1.62
21
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
che sinteticamente può scriversi:
{ s }x [ R ] { s }X
1.63
Esplicitando:
Ï u1 ¸
cos sin Ô
Ô
Ô v1 Ô
sin cos Ô
Ô
Ô z1 Ô
0
0
Ì
ý u
0
0
Ô 2Ô
Ô
Ô
0
0
Ô v2 Ô
Ô
Ô
0
0
Ó z2 þx
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
cos sin sin cos 0
0
0
0
0
0
0
1
Ï u1 ¸
Ô
Ô
Ô v1 Ô
Ô
Ô
Ô z1 Ô
Ì
ý
Ô u2 Ô
Ô
Ô
Ô v2 Ô
Ô
Ô
Ó z2 þX
1.64
Ï f u1 ¸
Ô
Ô
Ô f v1 Ô
Ô
Ô
Ô m z1 Ô
Ì
ý
Ô f u2 Ô
Ô
Ô
Ô f v2 Ô
Ô
Ô
Ó m z2 þX
1.65
Analogamente per le trasformazioni riguardanti i carichi:
Ï f u1 ¸
cos sin Ô
Ô
Ô f v1 Ô
sin cos Ô
Ô
Ô m z1 Ô
0
0
Ì
ý f
0
0
Ô u2 Ô
Ô
Ô
0
0
f
Ô v2 Ô
Ô
Ô
0
0
Ó m z2 þx
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
cos sin sin cos 0
0
0
0
0
0
0
1
Sostituendo le variabili elemento espresse nel sistema globale nelle equazioni
elemento, si caratterizza l'elemento ruotato in una posizione qualsiasi
(fig. 1.16). Si noti che anche dopo la rotazione nel sistema di riferimento globale X ,Y ,Z sono state mantenute per spostamenti e forze le lettere minuscole; ciò allo scopo di ricordare che si tratta ancora di variabili elemento.
La matrice di rigidezza dell'elemento scritta nel sistema di riferimento globale
viene quindi ottenuta a partire dalla scrittura di rigidezza per l'elemento nel
sistema di riferimento locale associato all'elemento stesso:
[ k ] x { s } x { f }x
1.66
e dalle relazioni che permettono di ottenere sia le componenti degli spostamenti
generalizzati sia delle forze generalizzate nel sistema di riferimento locale note
quelle nel sistema di riferimento globale:
{ s }x [ R ] { s }X
1.67
{ f }x [ R ] { f }X
1.68
Sostituendo le 1.67 e la 1.68 nella 1.66 si ha:
[ k ] x [ R ] { s } X [ R ] { f }X
22
1.69
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
e, premoltiplicando ambo i membri per [R] –1:
[ R ] 1 [ k ] x [ R ] { s } X { f }X
1.70
ovvero:
[ k ] X { s }X { f }X
1.71
in cui [k]X, matrice di rigidezza riferita al sistema di riferimento globale X,Y, vale:
[ k ] X [ R ] 1 [ k ] x [ R ]
1.72
ovvero, dalla 1.56:
[ k ]X [ R ] T [ k ]x [ R ]
1.73
ESEMPIO 1.3
Ricavare, nel sistema di riferimento globale X ,Y , la matrice di rigidezza per
l'elemento asta comunque orientato nel piano.
Fig. 1.17 – Elemento asta nel piano.
L'elemento asta può resistere a soli sforzi assiali, ma nel caso piano esso può
trasmettere, attraverso i nodi che si comportano da cerniere, forze aventi
componenti secondo gli assi globali X e Y . Lo spostamento di ciascun nodo
dell'elemento asta nel piano è quindi definito da una traslazione secondo
l'asse X ed una secondo l'asse Y , ovvero, nel sistema di riferimento locale,
da una traslazione assiale u e da una traslazione verticale v .
Dal momento che l'elemento asta può essere sollecitato da soli sforzi assiali,
diretti cioè secondo l'asse locale x , una traslazione verticale v non produrrà
nessuna tensione nell'elemento e quindi il corrispondente termine della
matrice di rigidezza dovrà essere uguale a zero.
23
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
La notazione di rigidezza 1.8 per l’asta diventa, sempre nel sistema di riferimento locale x , y :
1
EA 0
------l 1
0
Ï u1 ¸
Ï f u1 ¸
0 1 0 Ô Ô
Ô Ô
v
f
0 0 0 Ô 1 Ô Ô v1 Ô
Ì ý
Ì ý
0 1 0 Ô u2 Ô
Ô f u2 Ô
Ô
Ô
Ô Ô
0 0 0 Óv þ
Ó f v2 þ
2
1.74
Le matrici di rotazione [ R 1 ] ,[ R 2 ] sono:
[ R1 ] [ R2 ] cos sin sin cos 1.75
e la matrice di rotazione [ R ] è:
cos sin 0
0
sin
cos
0
0
[R] 0
0
cos sin 0
0
sin cos 1.76
Applicando la 1.73, la matrice di rigidezza dell'elemento asta nel sistema di
riferimento globale X ,Y risulta:
c2
cs
c 2
cs
EA
[ k ] X ------- cs
l c 2
s2
cs
s 2
cs
c2
cs
cs
s 2
cs
s2
1.77
dove c cos , s sin e è l'angolo di cui è ruotato il sistema di riferimento locale x ,y rispetto a quello globale X ,Y .
ESEMPIO 1.4
Ricavare, nel sistema di riferimento globale X ,Y ,Z , la matrice di rigidezza per
l'elemento asta comunque orientato nello spazio.
Fig. 1.18 – Elemento asta nello spazio.
24
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Il sistema di riferimento locale dell'elemento, definito dai nodi 1 e 2, è tale
per cui l'asse x coincide con l'asse della asta ed è diretto da 1 verso 2; gli assi
y e z , perpendicolari all'asse x , possono avere orientazione qualsiasi.
Come nei casi monodimensionale e piano l'elemento asta può deformarsi solo
in senso assiale, cioè lungo l'asse locale x , mentre sarà qui caratterizzato
dalle tre componenti di spostamento e di forza ai nodi 1 e 2. Per gli stessi
motivi visti nel caso dell'esempio 1.3, la notazione di rigidezza per l’asta nel
sistema di riferimento locale x ,y ,z è:
1
0
EA 0
------l 1
0
0
0
0
0
0
0
0
0 1
0 0
0 0
0 1
0 0
0 0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Ï u1 ¸
Ï f u1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
Ô v1 Ô
Ô f v1 Ô
Ô Ô
Ô Ô
Ô w1 Ô
Ô f w1 Ô
Ì ý Ì ý
Ô u2 Ô
Ô f u2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
Ô v2 Ô
Ô f v2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
Ó w2 þ
Ó f w2 þ
1.78
Le matrici di rotazione [ R 1 ] ,[ R 2 ] sono espresse dalla 1.54, per cui la matrice
di rigidezza [ k ] X , nel sistema di riferimento X ,Y ,Z risulta:
l 12
l1 m1
l1 n1
l 12
l1 m1
l1 n1
l1 m1
m 12
m1 n1
l1 m1
m 12
m1 n1
m1 n1
n 12
l1 n1
m1 n1
n 12
l1 m1
l1 n1
l 12
l1 m1
l1 n1
m 12
m1 n1
l1 m1
m 12
m1 n1
m1 n1
n 12
l1 n1
m1 n1
n 12
EA l n
[ k ] x ------- 1 1
l l 2
1
l1 m1
l1 n1
1.79
1.7 ELEMENTO TRAVE NEL PIANO
Per trave nel piano si intende un elemento comunque orientato nel piano e che
può essere sollecitato da carichi comunque giacenti nel piano della struttura ed
aventi quindi componenti sia parallele sia ortogonali all'asse dell'elemento
(fig. 1.19).
Nell'ipotesi di linearità geometrica tale elemento può essere ottenuto come
sovrapposizione dell'elemento asta e dell'elemento trave inflessa, caratterizzati
rispettivamente dalle equazioni 1.8 e 1.25, se nella trave inflessa non si tiene
conto dell'effetto del taglio sulle deformazioni.
25
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Fig. 1.19 – Elemento trave nel piano.
La notazione di rigidezza dell'elemento trave nel piano, riferita al sistema di riferimento locale x,y è quindi ottenuta combinando opportunamente le 1.8 e 1.25;
ordinando il vettore degli spostamenti {s} come:
{ s } T { u 1, v 1, z1, u 2, v 2, z2 }
1.80
e analogamente quello delle forze { f }:
{ f }T { f u1, f v1, m z1, f u2, f v2, m z2 }
1.81
la matrice di rigidezza [k]x riferita al sistema locale x,y è:
[ k ]x EA
------l
0
0
EA
------l
0
0
0
12E Jz
--------------l3
6E J
-----------zl2
0
12E Jz
-------------l3
6E Jz
-----------l2
0
6E Jz
-----------l2
4E J
-----------zl
0
6E Jz
----------l2
2E J
-----------zl
0
EA
------l
0
0
0
12E Jz
--------------l3
6E Jz
----------l2
0
6E Jz
----------l2
4E J
-----------zl
EA
------l
0
0
0
6E J
12E Jz
- -----------z -------------3
l
l2
6E J
-----------zl2
2E J
-----------zl
1.82
La matrice di rigidezza [k ] X riferita al sistema di riferimento globale X,Y si
ottiene come (vd. 1.73):
[ k ]X [ R ] T [ k ]x [ R ]
26
1.83
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
dove la matrice di rotazione [R ] è quella ricavata nell'esempio 1.1 ed espressa
dalla 1.17.
Indicando con J l'angolo formato dall'asse della trave (asse x locale) con l'asse X
ed esprimendo le funzioni seno e coseno di J in funzione delle coordinate dei
nodi 1 e 2 della trave nel sistema di riferimento globale X,Y:
X2 X1
cos ------------------l
Y2 Y1
sin -----------------l
1.84
con l, lunghezza della trave, data da:
l ( X2 X1 ) 2 ( Y2 Y1 ) 2
1.85
1.8 ELEMENTO TRAVE PER STRUTTURE A GRIGLIA
Questo elemento è geometricamente analogo all'elemento trave nel piano
descritto al paragrafo 1.7; la sola differenza è data dai carichi, che in tal caso sono
perpendicolari al piano dell'elemento (fig. 1.20). Potrà quindi essere sollecitato,
oltre che da taglio e da momento flettente, da un momento torcente mx anzichè
da un carico assiale fu ; corrispondentemente la sua cinematica è definita, oltre
che da uno spostamento w diretto secondo l’asse z e da una rotazione y intorno
all'asse y, da una rotazione x attorno all'asse x anzichè da uno spostamento
assiale u.
Fig. 1.20 – Elemento trave per strutture a griglia.
Analogamente a quanto fatto per la trave nel piano, la matrice di rigidezza di
questo elemento può essere ottenuta come sovrapposizione dell'elemento trave
sollecitato a torsione e dell'elemento trave inflessa, caratterizzati rispettivamente
dalle eq. 1.15 e 1.25, se nella trave inflessa non si tiene conto dell'effetto del
taglio sulle deformazioni.
27
28
6EJ z
----------- c
l2
2EJ
-----------z
l
6EJ z
-c
---------l2
6EJ z
----------- s
l2
EA
12EJ z
- cs
-----l cs ------------l3
12EJ
EA
- s 2 --------------z c 2
-----l
l3
Eq. 1.86 – Matrice di rigidezza [k]X per l’elemento trave nel piano.
s sin 6EJ z
-s
---------l2
EA
12EJ z
- cs
-----l cs ------------l3
4EJ
-----------z
l
6EJ
-----------z c
l2
6EJ z
-s
---------l2
6EJ z
----------- c
l2
EA 2 12EJ z 2
------- s -------------- c
l
l3
12EJ z
EA
------- cs ------------l 3 cs
l
6EJ z
-s
---------l2
12EJ
EA
- 2 --------------z 2
-----l c l3 s
c cos [ k ]x 12EJ z
EA
------- cs ------------l 3 cs
l
EA 2 12EJ z 2
------- c -------------- s
l
l3
4EJ
-----------z
l
6EJ z
---------l2 c
12EJ z
EA
------- cs ------------l 3 cs
l
6EJ z
----------- s
l2
6EJ z
-c
---------l2
EA 2 12EJ z 2
------- s -------------- c
l
l3
EA 2 12EJ z 2
------- c -------------- s
l
l3
6EJ
-----------z s
l2
2EJ
-----------z
l
6EJ z
-c
---------l2
12EJ z
EA
------- cs ------------l 3 cs
l
6EJ z
----------- s
l2
6EJ z
----------- c
l2
6EJ z
-s
---------l2
12EJ
EA
- 2 --------------z 2
-----l s l3 c
EA
12EJ z
- cs
-----l cs ------------l3
EA
12EJ z
- cs
-----l cs ------------l3
12EJ
EA
- c 2 --------------z s 2
-----l
l3
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Ordinando il vettore degli spostamenti {s } e quello delle forze { f }come:
{ s } T { x1, y1, w 1, x2, y2, w 2 }
1.87
{ f }T { m x1, m y1, f w1, m x2, m y2, f w2 }
1.88
la matrice di rigidezza [k]x riferita al sistema locale x,y è:
[ k ]x GJ x
-------l
0
0
0
4EJ y
----------l
0
6EJ y
---------l2
6EJ y
---------l2
12EJ y
-------------l3
GJ x
-------l
0
0
0
2EJ y
----------l
0
6EJ y
----------l2
6EJ y
---------l2
12EJ y
-------------l
GJ x
-------l
0
0
2EJ y
----------l
0
6EJ y
---------l2
GJ x
-------l
0
0
4EJ y
----------l
0
6EJ y
----------l2
0
6EJ y
----------l2
12EJ y
-------------l
1.89
0
6EJ y
----------l2
12EJ y
-------------l3
La matrice di rigidezza [k]X nel sistema di riferimento globale X,Y si ottiene
(vd. 1.73) come:
[ k ]X [ R ] T [ k ]x [ R ]
1.90
e la matrice di rotazione [R] è quella espressa dalla 1.64, avendo ordinato il vettore degli spostamenti come in 1.87.
29
30
6EJ y
----------- c
l2
2EJ y
GJ x
---------- -------l cs l cs
GJ x
2EJ y
2
- c2
-------l s ---------l
6EJ y
----------- c
l2
6EJ y
-s
---------l2
GJ x
2EJ y
2
- s2
-------l c ---------l
2EJ y
GJ x
----------- cs
-------cs
l
l
6EJ y
-s
---------l2
6EJ y
-s
---------l2
4EJ y
GJ x
--------cs ---------l cs
l
GJ x
4EJ
--------c 2 -----------y s 2
l
l
6EJ y
----------- s
l2
6EJ y
-c
---------l2
12EJ y
------------l3
6EJ y
----------- s
l2
2EJ y
GJ x
---------- -------l cs l cs
GJ x
2EJ y
2
- s2
-------l c ---------l
12EJ y
-------------l3
6EJ
-----------y c
l2
6EJ y
-s
---------l2
Eq. 1.91 – Matrice di rigidezza [k]X per l'elemento trave in strutture a griglia.
s sin GJ x
4EJ
2 -----------y c 2
--------s
l
l
4EJ y
GJ x
--------cs ---------l cs
l
c cos [ k ]x 4EJ y
GJ x
--------cs ---------l cs
l
GJ x
4EJ
--------c 2 -----------y s 2
l
l
6EJ y
-c
---------l2
GJ x
4EJ
2 -----------y c 2
--------s
l
l
6EJ y
-c
---------l2
4EJ y
GJ x
--------cs ---------l cs
l
GJ x
2EJ y
2
- c2
-------l s ---------l
2EJ y
GJ x
---------- -------l cs l cs
12EJ y
-------------l3
6EJ y
-c
---------l2
6EJ y
-s
---------l2
6EJ y
----------- c
l2
12EJ y
------------l3
6EJ y
-s
---------l2
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.9 ELEMENTO TRAVE NELLO SPAZIO
Per trave nello spazio si intende un elemento comunque orientato nello spazio e
che può essere sollecitato da carichi generalmente descrivibili in termini di forze
assiali, forze perpendicolari al suo asse, momenti flettenti agenti secondo i due
assi principali d'inerzia della sua sezione e momento torcente agente lungo il suo
asse (fig. 1.21).
Il sistema di riferimento locale dell'elemento, definito dai nodi 1 e 2, è tale per
cui l'asse x coincide con l'asse della trave ed è diretto da 1 verso 2; gli assi y e z,
perpendicolari all'asse x, coincidono con gli assi principali d'inerzia della sezione
della trave.
In tal modo le azioni di taglio e di momento flettente nei due piani xy e xz possono essere considerate indipendenti l'una dall'altra. Si ha così una notevole
semplificazione nella formulazione della matrice di rigidezza dell'elemento che
può essere ottenuta, nell'ipotesi di linearità geometrica, come sovrapposizione
delle matrici dell'elemento trave sollecitato assialmente (asta), dell'elemento
trave sollecitato a torsione (barra di torsione) e dell'elemento trave inflessa.
Fig. 1.21 – Trave nello spazio.
Se per quest'ultima non si tiene conto dell'effetto del taglio sulle deformazioni,
la notazione di rigidezza 1.1 dell'elemento trave nello spazio, nel sistema di riferimento locale x,y,z è quindi ottenuta come opportuna combinazione delle 1.8,
1.15 e 1.25.
31
32
[ k ]x 0
0
0
0
6EJ
-----------z
l2
0
12EJ z
------------l3
0
0
0
6EJ
-----------z
l2
0
0
0
EA
------l
0
0
0
Eq. 1.92 – Matrice di rigidezza per l'elemento trave nello spazio.
0
0
0
6EJ y
---------l2
0
12EJ y
------------l3
0
6EJ y
---------l2
0
0
GJ x
-------l
0
0
0
0
0
GJ
--------x
l
0
12EJ y
-------------l3
0
0
0
0
0
12EJ
--------------z
l3
0
0
0
0
EA
------l
0
2EJ y
----------l
0
6EJ y
----------l2
0
0
0
4EJ y
----------l
0
6EJ y
---------l2
0
0
1.1
2EJ z
----------l
0
0
0
6EJ z
---------l2
0
4EJ z
----------l
0
0
0
6EJ z
----------l2
0
0
0
0
0
0
0
6EJ z
---------l2
0
0
0
12EJ
--------------z
l3
0
0
EA
------l
6EJ z
---------l2
0
0
0
0
12EJ z
------------l3
0
0
0
EA
-----l
0
0
6EJ y
----------l2
0
0
GJ
--------x
l
0
0
4EJ y
----------l
6EJ y
----------l2
0
12EJ y
-------------l3
0
0
0
2EJ y
----------l
0
6EJ y
---------l2
0
0
0
0
0
0
GJ x
-------l
0
0
0
0
0
0
6EJ y
----------l2
0
12EJ y
------------l3
0
0
4EJ
-----------z
l
0
0
0
6EJ z
---------l2
0
2EJ
-----------z
l
0
0
0
6EJ z
----------l2
0
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.10 CARICHI NODALI EQUIVALENTI
Verranno qui descritte le procedure per trattare sistemi di carico diversi da quelli
costituiti da sole forze applicate ai nodi degli elementi, e che quindi non possono
essere inseriti direttamente nelle equazioni che descrivono il comportamento
dell'elemento; in tali sistemi di carico rientrano, per esempio i carichi distribuiti,
gli effetti termici, ecc.
Sistemi di carico non agenti direttamente ai nodi degli elementi verranno sostituiti da sistemi di carico equivalenti ma agenti nei nodi; il termine equivalenti
significa che i due sistemi di carico producono gli stessi effetti nei nodi dell'elemento, ma non necessariamente al suo interno.
In termini generali la notazione di rigidezza per l'elemento 1.39 viene ora
riscritta come:
[ k ] { s } { f } { f e }
1.93
dove { fe } rappresenta il vettore dei carichi nodali equivalenti ad un sistema di
carico non applicato direttamente ai nodi.
1.10.1 Elemento asta: carico distribuito
Su un elemento asta agisca un carico uniformemente distribuito qu , in direzione
parallela all'asse dell'elemento e positivo se concorde al verso dell'asse locale x
(fig. 1.22).
Fig. 1.22 – Carico distribuito assialmente.
L'equazione di equilibrio è:
f u1 f u2 qu l 0
1.94
e l'equazione di deformazione:
l2
l
u 2 u 1 ------- f u2 ---------- q u
EA
2EA
1.95
In forma di scrittura di rigidezza:
33
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Ï f u1 ¸ qu l Ï 1 ¸
EA 1 1 Ï u 1 ¸
------
Ì ý -----l 1 1 ÌÓ u 2 ýþ
2 ÌÓ 1 ýþ
Ó f u2 þ
1.96
ed il vettore dei carichi nodali equivalenti ad un carico distribuito assialmente è:
Ï qu l
{ f e }T Ì ------Ó 2
qu l ¸
-----2 ýþ
1.97
1.10.2 Elemento asta: effetto termico
Se l'elemento barra è soggetto, in ogni sua sezione, ad un aumento di temperatura di valor medio Tm , misurato a partire da una temperatura di riferimento; si
avrà un allungamento della barra pari a:
u 2 u 1 lT m
1.98
dove è il coefficiente di dilatazione termica lineare. In forma di rigidezza si
ottiene:
Ï f u1 ¸
Ï 1 ¸
EA 1 1 Ï u 1 ¸
------ Ì ý EAT m Ì
Ì
ý
ý
l 1 1 Ó u2 þ
Ó f u2 þ
Ó 1þ
1.99
e il vettore dei carichi nodali equivalente ad un aumento medio di temperatura è:
{ f e }T { EAT m
EAT m }
1.100
1.10.3 Elemento asta: montaggio con interferenza o gioco
Si supponga ora di sapere che un elemento, montato fra due punti di date coordinate, riesce ad essere montato fra tali punti solo allungandolo o accorciandolo
sotto l'azione di forze assiali, inducendo uno stato di pretensione assiale. Per calcolare in:
[ k ] { s } { f } { f e }
1.101
il vettore { fe } dei carichi nodali equivalenti ad uno stato di pretensione, un modo
semplice di procedere è quello di considerare che in assenza di forze { f } applicate dall'esterno agli estremi, gli spostamenti saranno tali da riportare la lunghezza dell'elemento al valore che essa ha quando l'elemento stesso è scarico.
Pertanto in:
34
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
Ï f u1 ¸ Ï f e1 ¸
EA 1 1 Ï u 1 ¸
------
Ì ýÌ ý
l 1 1 ÌÓ u 2 ýþ
Ó f u2 þ Ó f e2 þ
1.102
quando fu1 = fu2 = 0 si deve avere:
u 1 l 1
u 2 l 2
1.103
Sostituendo in 1.102:
Ï 0 ¸ Ï f e1 ¸
EA 1 1 Ï l 1 ¸
------
Ì ýÌ ý
l 1 1 ÌÓ l 2 ýþ
Ó 0 þ Ó f e2 þ
1.104
e risolvendo per fe1 e fe2 si ottiene:
Ï f e1 ¸
l Ï 1 ¸
Ì ý EA ----l ÌÓ 1 ýþ
Ó f e2 þ
1.105
funzione, come era da aspettarsi, del solo allungamento totale l = l1 – l2,
con l definito positivo quando corrisponde ad un montaggio con allungamento.
1.10.4 Elemento asta: carico concentrato
Anche un carico concentrato, applicato fra gli estremi dell'elemento può essere
ridotto ad un vettore di carichi nodali equivalenti.
Fig. 1.23 – Carico concentrato intermedio.
Con riferimento alla figura 1.23 se la forza assiale fu è applicata all'ascissa x , le
equazioni risolutive 1.1 e 1.3 diventano:
f u1 f u2 f u 0
x
l
u 2 u 1 ------- f u2 ------- f u
EA
EA
1.106
35
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
ed il vettore dei carichi nodali equivalente risulta pertanto essere:
Ï l x
{ f e }T f u Ì --------------Ó l
x ¸
----- ý
l þ
1.107
1.10.5 Elemento trave inflessa: carico distribuito
Si consideri un elemento trave rettilineo sul quale agisca un carico distribuito
uniforme qv ed agente in senso normale all'asse della trave (fig. 1.24).
Fig. 1.24 – Carico uniformemente distribuito.
Le equazioni di equilibrio e di congruenza 1.21 diventano ora:
0 f v1 f v2 q v l
qv l 2
0 f v1 l --------2 m z1 m z2
qv l 3
l
l2
z2 z1 -------- m z1 ----------- f v1 ---------6EJz
E Jz
2E Jz
1.108
qv l 4
l2
l3
v 2 v 1 z1 l ----------- m z1 ----------- f v1 ------------24EJz
2EJz
6EJz
Elaborando le 1.108 come nel caso dell'elemento asta si ottiene l'espressione del
carico nodale equivalente ad un carico uniformemente distribuito:
Ïl
{ f e }T q v Ì --Ó2
36
l2
-----12
l
--2
2
l ¸
----12 ý
þ
1.109
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.10.6 Elemento trave inflessa: gradiente termico
Si consideri ora una trave sottoposta a temperature differenti su intradosso ed
estradosso. In direzione normale all'asse della trave ci sarà pertanto una variazione di temperatura, con legge di variazione considerata lineare. Il valor medio
di tale variazione di temperatura, rispetto ad un valore di riferimento, è responsabile dell'allungamento assiale della trave e di ciò si è tenuto conto in 1.98; la
variazione rispetto al valor medio è invece responsabile dell'inflessione ed è questa variazione che verrà qui analizzata.
Fig. 1.25 – Trave inflessa sottoposta a gradiente termico.
Indicando con T la differenza di temperatura tra valore massimo e valore
medio, positivo se la temperatura cresce nel verso delle y crescenti (fig. 1.25), con
h l'altezza della trave e con il coefficiente di dilatazione termica lineare, a
causa dell'aumento differenziale di temperatura si ha:
x
z2 z1 2 T -h
1.110
e pertanto le equazioni di deformazione 1.19, 1.20 diventano:
l
l2
l
z2 z1 ------- m z1 ----------- f v1 2 T -EJz
2EJz
h
l2
l3
l2
v 2 v 1 z1 l ----------- m z1 ----------- f v1 T ----2EJz
6EJz
h
1.111
queste, insieme alle equazioni di equilibrio 1.16 e 1.17 portano alla relazione
matriciale di rigidezza 1.25 ed al vettore dei carichi nodali equivalente ad una
distribuzione di temperatura:
{ fe
}T
Ï
Ì0
Ó
2 TEJ z
-------------------------h
0
2 TEJ z ¸
-------------------------- ý 1.112
h
þ
37
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
1.10.7 Elemento trave inflessa: carichi concentrati
Il vettore dei carichi nodali equivalente a carichi concentrati fv e mz ad una
ascissa x dal nodo 1 è ricavato in modo analogo a quanto fatto per l'elemento
asta. Elaborando le equazioni di equilibrio e di congruenza opportunamente
scritte, si ottiene:
3 2x 3 3lx 2
6x ( l x )
Ï l-------------------------------------------- f v ---------------------------- m z ¸Ô
Ô
3
3
l
l
Ô
Ô
Ô x 3 l 2 x 2lx 2
l 2 3x 2 4lx Ô
Ô -----------------------------------------------f v ------------------------------------------m z Ô
l2
l2
Ô
Ô
{ fe } Ì
ý 1.113
2x 3 3lx 2
6x ( l x )
Ô
Ô
-------------------------------f v ---------------------------- mz
Ô
Ô
3
3
l
l
Ô
Ô
Ô
Ô
x 3 lx 2
3x 2 2lx
-------------------------f
----------------------------Ô
Ô
m
v
z
l2
l2
Ó
þ
1.10.8 Trave nel piano; carichi nodali equivalenti
I carichi nodali equivalenti possono essere ottenuti come opportuna sovrapposizione dei carichi nodali equivalenti per l'elemento barra e per l'elemento trave
inflessa, analogamente a quanto fatto per la matrice di rigidezza.
Ad esempio il carico nodale equivalente ad un carico uniformemente distribuito
assiale qu e ad un carico uniformemente distribuito verticale q v (fig. 1.26).
Fig. 1.26 – Carico distribuito.
è dato, nel sistema di riferimento locale x,y da:
Ï l
{ f e }T Ì qu --Ó 2
38
l
q v --2
l2
q v -----12
l
qu --2
l
q v --2
l2¸
q v ------ ý 1.114
12 þ
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
mentre quello dovuto ad una distribuzione di temperatura con valor medio Tm e
gradiente T (fig. 1.27) è dato da:
{ fe
}T
Ï
Ô
Ì
Ô EAT m
Ó
0
2 EJz T
-------------------------h
EAT m
0
¸
2 EJz T Ô
-------------------------- Ôý
h
þ
1.115
Fig. 1.27 – Effetto termico.
I vettori dei carichi nodali equivalenti nel sistema di riferimento globale X,Y possono essere ricavati ricordando le 1.68 e 1.56:
{ f e }X [ R ] T { f e } x
1.116
In generale se:
{ f e }Tx { f e1 f e2 f e3 f e4 f e5 f e6 }
1.117
Ï f e1 cos f e2 sin ¸
Ô
Ô
Ô f e1 cos f e2 sin Ô
Ô
Ô
f e3
Ô
Ô
{ fe }X Ì
ý
Ô f e4 cos f e5 sin Ô
Ô
Ô
Ô f e4 cos f e5 sin Ô
Ô
Ô
f e6
Ó
þ
1.118
si ha:
dove J rappresenta l'angolo formato tra l'asse x locale e l'asse X globale.
39
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
ELEMENTO ASTA - TABELLA SINOTTICA
Ï f u1 ¸ qu lÏ 1 ¸
EA 1 1 Ï u 1 ¸
------
+
Ì ý -----2 ÌÓ 1 ýþ
l 1 1 ÌÓ u 2 ýþ
Ó f u2 þ
Ï 1 ¸
l Ï 1 ¸ f u Ï l x ¸
---- Ì
+ EAT m Ì
ý EA ----l ÌÓ 1 ýþ
l Ó x ýþ
Ó 1þ
con:
40
E
A
l
modulo elastico
l
variazione di lunghezza iniziale; positivo se gioco, negativo se interferenza
Tm
variazione di temperatura, uguale in ogni sezione
*
coefficiente di dilatazione termica lineare
qu
carico assiale per unità di lunghezza, costante
fu
carico assiale concentrato all'ascissa x area (costante) della sezione retta
lunghezza dell'elemento
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI
ELEMENTO TRAVE INFLESSA - TABELLA SINOTTICA
Ï l ¸
Ô --- Ô
Ô 2 Ô
v
f
1
v1
Ô l2 Ô
Ï
¸
Ï
¸
6 2
6
4
- --- Ô
Ô ------ Ô
Ô
Ô
Ô
------ --2
m
l
2
Ô 12 Ô
Ô z1 Ô
l Ô z1 Ô
l
EJ z l
q
ý+
Ì
ý
Ì
ý
vÌ
l Ô
v
f
12
6 12
6 Ô 2 Ô
Ô
Ô
Ô
v2
--- ---- l---2- Ô
----Ô 2 Ô
Ô
Ô
Ô
l 3 l 2 ----l3
Ô
Ô
Ó z2 þ
Ó m z2 þ
Ô l2Ô
6 4
----6
2
Ô 12 Ô
------ --Ó
þ
l 2 --ll
l2
12
-----l3
6
---l2
12
----l3
6
---l2
l 3 2x 3 3lx 2
6x ( l x )
Ï
¸
--------------------------------------------- f v ----------------------------- m z
Ô
Ô
3
3
l
l
Ô
Ô
Ï 0 ¸ Ôx 3 l 2 x 2lx 2
l 2 3x 2 4lx Ô
Ô
Ô Ô ------------------------------------------------f v -------------------------------------------m z Ô
TEJ z Ô 1 Ô Ô
l2
l2
Ô
+ ----------------------- Ì
Ì
ý
ý
3
2
h
0
2x 3lx
6x ( l x )
Ô
Ô Ô
Ô
--------------------------------f
---------------------------m
v
z
Ô 1 Ô Ô
Ô
l3
l3
Ó
þ Ô
Ô
Ô
Ô
3 lx 2
2 2lx
x
3x
Ô
Ô
-------------------------- f v ------------------------------ m z
2
2
Ó
þ
l
l
con:
E
h
Jz
modulo elastico
altezza della sezione
momento d'inerzia trasversale
l
2T
*
qv
lunghezza dell'elemento
variazione di temperatura estradosso-intradosso
coefficiente di dilatazione termica lineare
carico assiale per unità di lunghezza, costante
fv
carico assiale concentrato all'ascissa x mz
momento concentrato all'ascissa x 41
2. CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
2.1 VARIABILI ED EQUAZIONI STRUTTURA
Nel capitolo 1 sono stati ricavati la matrice di rigidezza ed i vettori dei carichi
nodali equivalenti per gli elementi barra e trave a partire dalle equazioni di equilibrio e congruenza:
[ k ] { s } = { f }+ { fe }
2.1
Si descriverà ora come questi elementi vengono assemblati tra di loro per costruire una struttura. Quanto verrà illustrato in questo capitolo ha validità del tutto
generale e non è legato al particolare elemento trave studiato nel capitolo 1.
A titolo d'esempio si osservi la struttura di figura 2.1, che si può considerare
composta da tre elementi barra, compresi rispettivamente tra i punti 1 e 2, 1 e 3,
2 e 3; i punti 1, 2, 3 sono detti nodi della struttura.
Fig. 2.1 – Struttura reticolare.
43
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Le proprietà elastiche di ciascun elemento sono definite, a prescindere dalla
struttura, dalla 2.1 in cui i vettori degli spostamenti generalizzati { s } e delle forze
generalizzate { f } relativi al generico elemento sono dati da:
{ s } T = { u1 v1 u2 v2 }
{ f }T = { f u1 f v1 f u2 f v2 }
2.2
Si è quindi in grado di costituire idealmente un magazzino degli elementi che
compongono la struttura, costituito da:
1. l'elenco delle variabili-elemento { s }, { f } che servono a definire le
proprietà di ogni singolo elemento presente nella struttura
2. l'insieme delle equazioni che legano tra di loro le variabili-elemento
per ciascuno degli elementi
Per descrivere matematicamente la struttura occorre ora definire:
1. l'elenco delle variabili-struttura
2. le equazioni che legano fra loro le variabili-struttura
Nel caso della figura 2.1 le variabili struttura sono:
{ S } T = { U1 V1 U2 V2 U3 V3 }
{ F } T = { F u1 F v1 F u2 F v2 F u3 F v3 }
2.3
Analogamente a quanto fatto per il singolo elemento, anche per la struttura vengono quindi individuati due insiemi distinti di variabili:
– N variabili cinematiche, cioè gli spostamenti generalizzati necessari a
definire il campo di spostamento della struttura
– N variabili statiche, cioè forze generalizzate che dall'esterno sono
applicate nei punti nodali della struttura
Il numero N di variabili struttura è dato dalla sommatoria, estesa a tutti i nodi
della struttura, del numero di gradi di libertà cinematici di ciascun nodo. Nel
caso della struttura di figura 2.1 (3 nodi e 2 gradi di libertà per nodo) il numero
di gradi di libertà della struttura è pari a 6.
Per poter caratterizzare matematicamente la struttura, si definiscono, per ciascun
nodo, le seguenti relazioni tra le variabili struttura e le variabili elemento:
– l'uguaglianza tra le variabili cinematiche struttura e quelle degli elementi che concorrono nel nodo
– l'equilibrio tra le variabili statiche struttura e quelle degli elementi che
concorrono nel nodo
44
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.1
Descrivere le relazioni tra variabili elemento e variabili struttura per il nodo 2
della struttura piana di figura 2.2.
Nel nodo 2, ove concorrono l'elemento 2 e l'elemento 3, sono definite le
variabili cinematiche struttura U 2 ,V 2 . Per ciascuno dei due elementi sono
definite, negli estremi che confluiscono nel nodo 2 le variabili elemento
( u 2 , v 2 ) 2 per l'elemento 2, ( u 2 , v 2 ) 3 per l'elemento 3. È chiaro che l'insieme
delle variabili, elemento e struttura, è riferito al sistema di riferimento globale X ,Y .
Fig. 2.2 – Struttura ed elementi.
Per la congruenza degli spostamenti dovranno valere le seguenti uguaglianze:
( u2 )2 = U2
( v2 )2 = V2
( u2 )3 = U2
( v2 )3 = V2
2.4
Queste equazioni rappresentano matematicamente il fatto che i due elementi
2, 3 sono uniti nel nodo comune 2. In generale tutte le variabili cinematiche
elemento vengono espresse in funzione delle variabili cinematiche struttura,
mediante un numero di equazioni pari al numero di variabili elemento.
Per quanto riguarda le variabili statiche, nel nodo 2 sono definiti, per la struttura, i carichi F u2 , F v2 e per i due elementi, negli estremi che confluiscono
nel nodo 2, le variabili, sempre riferite al sistema di riferimento globale X ,Y
( f u2 , f v2 ) 2 per l'elemento 2, ( f u2 , f v2 ) 2 per l'elemento 3. Per l'equilibrio del
nodo 2 si deve avere:
( f u2 ) 2 + ( f u2 ) 3 = F u2
( f v2 ) 2 + ( f v2 ) 3 = F v2
2.5
Per quanto riguarda i carichi si hanno così tante equazioni quante le variabili
struttura.
45
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
In generale quindi se alla struttura sono associate N variabili cinematiche ed N
statiche e se la struttura è composta da elementi che complessivamente comportano n variabili cinematiche e n statiche, le equazioni che esprimono il collegamento degli elementi in una struttura saranno:
– N equazioni di equilibrio
– n equazioni di congruenza
2.2 ASSEMBLAGGIO DELLE EQUAZIONI STRUTTURA
Nell'esempio precedente si è visto che per descrivere matematicamente come i
vari elementi sono collegati per formare la struttura si scrivono N equazioni di
equilibrio e n equazioni di congruenza. Tenendo conto che si hanno a disposizione n equazioni-elemento 2.1, si possono in totale ottenere N + 2n equazioni
risolutive del problema strutturale. In tali equazioni compaiono sia le 2N variabili struttura sia le 2n variabili elemento.
Si potrebbe pensare, a questo punto, di utilizzare le equazioni cos come sono
state derivate e risolvere il problema in termini sia di variabili elemento sia di
variabili struttura; è però più efficiente, dal punto di vista di organizzazione e
sistematicità del calcolo, lavorare solo a livello di struttura e con sole variabili
struttura.
Le equazioni che esprimono le variabili elemento in termini di variabili struttura
verranno quindi utilizzate per ottenere, a partire dalla scrittura di rigidezza dei
singoli elementi, la notazione di rigidezza per la struttura:
[ K ] { S } = { F } + { Fe }
2.6
Indicato con E il numero degli elementi costituenti la struttura, le equazioni che
caratterizzano il comportamento dell'elemento h-esimo sono definite da:
[ k ] h { s } h = { f }h + { f e } h
h = 1... E
2.7
e legano forze e spostamenti generalizzati ai nodi dell'elemento.
Si immagini ora di costruire fisicamente la struttura a partire dagli elementi a
disposizione in un magazzino. I nodi della struttura avranno una loro posizione
ben determinata nello spazio e tra questi nodi dovranno essere inseriti gli elementi per formare la struttura.
Dovrà quindi esserci una corrispondenza tra i nodi dei vari elementi ed i nodi
della struttura: se il nodo i dell'elemento h-esimo dovrà coincidere col nodo k
della struttura allora gli spostamenti-elemento del nodo i dovranno coincidere
con gli spostamenti-struttura del nodo k, mentre le forze-elemento del nodo i
contribuiranno all'equilibrio del nodo k.
46
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.2
Ricavare la matrice di rigidezza per la struttura rappresentata in figura 2.1.
La struttura è composta da 3 elementi barra la cui matrice di rigidezza è data,
nel sistema di riferimento globale X ,Y dalla 1.77. La corrispondenza tra nodi
elementi e nodi struttura è data dalla tabella 2.1; le equazioni di congruenza
tra gli spostamenti elemento e spostamenti struttura e le equazioni di equilibrio ai nodi sono riassunte rispettivamente nelle tabelle 2.2 e 2.3.
Tab. 2.1 – Connessione degli elementi per la struttura di figura 2.1
ELEMENTO
1
2
3
NODO
1
1
1
3
NODO
2
3
2
2
Tab. 2.2 – Equazioni di congruenza per gli spostamenti elemento e spostamenti
struttura
ELEMENTO
ELEMENTO
ELEMENTO
1
2
3
( u1 )1 = U1
( v1 )1 = V1
( u2 )1 = U3
( v2 )1 = V3
( u1 )2 = U1
( v1 )2 = V1
( u2 )2 = U2
( v2 )2 = V2
( u1 )3 = U3
( v1 )3 = V3
( u2 )3 = U2
( v2 )3 = V2
Tab. 2.3 – Equazioni di equilibrio ai nodi della struttura
NODO
1
( f u1 ) 1 + ( f u1 ) 2 = F u1
( f v1 ) 1 + ( f v1 ) 2 = F v1
NODO
2
( f u2 ) 2 + ( f u2 ) 3 = F u2
( f v2 ) 2 + ( f v2 ) 3 = F v2
NODO
3
( f u2 ) 1 + ( f u1 ) 3 = F u3
( f v2 ) 1 + ( f v1 ) 3 = F v3
47
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Sostituendo le equazioni di congruenza (tab. 2.2) nelle espressioni di rigidezza dei singoli elementi si ottiene, per l'elemento 1:
a 11 a 12 a 13 a 14 Ï U 1 ¸
Ï f u1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
a 21 a 22 a 23 a 24 Ô V 1 Ô
Ô f v1 Ô
Ì ý = Ì ý
a 31 a 32 a 33 a 34 Ô U 3 Ô
Ô f u2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
a 41 a 42 a 43 a 44 Ó V 3 þ
Ó f v2 þ
2.8
per l'elemento 2:
b 11 b 12 b 13 b 14 Ï U 1 ¸
Ï f u1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
b 21 b 22 b 23 b 24 Ô V 1 Ô
Ô f v1 Ô
Ì ý = Ì ý
b 31 b 32 b 33 b 34 Ô U 2 Ô
Ô f u2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
b 41 b 42 b 43 b 44 Ó V 2 þ
Ó f v2 þ
2.9
per l'elemento 3:
c 11 c 12 c 13 c 14 Ï U 3 ¸
Ï f u1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
c 21 c 22 c 23 c 24 Ô V 3 Ô
Ô f v1 Ô
Ì ý = Ì ý
c 31 c 32 c 33 c 34 Ô U 2 Ô
Ô f u2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
c 41 c 42 c 43 c 44 Ó V 2 þ
Ó f v2 þ
2.10
Sostituendo nelle equazioni di equilibrio (tab. 2.3) le espressioni delle forze
elemento date dalle 2.3, 2.4 e 2.5 si ottiene:
F u1 = a 11 U 1 + a 12 V 1 + a 13 U 3 + a 14 V 3 + b 11 U 1 + b 12 V 1 + b 13 U 2 + b 14 V 2
F v1 = a 21 U 1 + a 22 V 1 + a 23 U 3 + a 24 V 3 + b 21 U 1 + b 22 V 1 + b 23 U 2 + b 24 V 2
F u2 = b 31 U 1 + b 32 V 1 + b 33 U 2 + b 34 V 2 + c 31 U 3 + c 32 V 3 + c 33 U 2 + c 34 V 2
F v2 = b 41 U 1 + b 42 V 1 + b 43 U 2 + b 44 V 2 + c 41 U 3 + c 42 V 3 + c 43 U 2 + c 44 V 2
F u3 = a 31 U 1 + a 32 V 1 + a 33 U 3 + a 34 V 3 + c 11 U 3 + c 12 V 3 + c 13 U 2 + c 14 V 2
F v3 = a 41 U 1 + a 42 V 1 + a 43 U 3 + a 44 V 3 + c 21 U 3 + c 22 V 3 + c 23 U 2 + c 24 V 2
2.11
Ï U1 ¸
Ï F u1 ¸
Ô Ô
Ô
Ô
( a 21 + b 21 ) ( a 22 + b 22 )
b 23
b 24
a 23
a 24
Ô V1 Ô
Ô F v1 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
b 31
b 32
( b 33 + c 33 ) ( b 34 + c 34 )
c 31
c 32
Ô U2 Ô
Ô F u2 Ô
=
Ì ý
Ì
ý
b 41
b 42
( b 43 + c 43 ) ( b 44 + c 44 )
c 41
c 42
Ô V2 Ô
Ô F v2 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
a 31
a 32
c 13
c 14
( a 33 + c 11 ) ( a 34 + c 12 ) Ô U 3 Ô
Ô F u3 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
a 41
a 42
c 23
c 24
( a 43 + c 21 ) ( a 44 + c 22 ) Ó V 3 þ
Ó F v3 þ
( a 11 + b 11 ) ( a 12 + b 12 )
b 13
b 14
a 13
a 14
2.12
48
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Da notare che la matrice di rigidezza globale è ancora simmetrica e definita
p o s i t i v a . A s s u m e n d o i s e g u e n t i v a l o r i E 1 = E 2 = E 3 = 1000 ;
A 1 = A 2 = A 3 = 1 ; l 1 = l 2 = 1 , l 3 = 1.414 , dalla 1.77 si ottiene:
per l'elemento 1 (J = 90˚; c = 0; s = 1):
0 0
[ k ] 1 = 0 1000
0 0
0 – 1000
0
0
0 – 1000
0
0
0 1000
2.13
per l'elemento 2 (J = 0˚; c = 1; s = 0):
1000
0
[ k ]2 =
– 1000
0
0 – 1000
0 0
0 1000
0 0
0
0
0
0
2.14
per l'elemento 3 (J = – 45˚; c = 0.707; s = – 0.707):
354
–
354
[ k ]3 =
– 354
354
– 354
354
354
– 354
– 354
354
354
– 354
354
– 354
– 354
354
2.15
e la matrice di rigidezza della struttura è:
1000 0 – 1000 0
0
1000 0
0
–
1000
0
1354
–
354
[k] =
0
0
– 354 354
0
0
– 354 354
0 – 1000 354 – 354
0
0
0 – 1000
– 354 354
354 – 354
354 – 354
– 354 1354
2.16
Nel precedente esempio si è illustrato come vengono ricavate le equazioni di
equilibrio della struttura conoscendo:
– la corrispondenza tra nodi elemento e nodi struttura
– le matrici di rigidezza degli elementi
Da notare che la posizione nella matrice di rigidezza della struttura del coefficiente kij della matrice di rigidezza dell'elemento h-esimo dipende esclusivamente
dalla corrispondenza tra i nodi dell'elemento h-esimo ed i nodi della struttura.
Si prenda ad esempio il coefficiente c 42 dell'elemento 3 della struttura di
figura 2.1. Esso moltiplica lo spostamento v1 del nodo 1 elemento che coincide
con lo spostamento V3 nodo 3 struttura; quindi il coefficiente c42 dovrà occupare
una casella nella colonna 6 della matrice di rigidezza struttura, corrispondente
allo spostamento V3.
49
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Inoltre il coefficiente c42 compare nell'equazione di equilibrio della forza fv2 del
nodo 2 elemento; questa a sua volta contribuisce all'equilibrio della forza Fv2 del
nodo 2 struttura. Quindi il coefficiente c42 dovrà occupare, sommandosi, una
casella nella riga 4 della matrice di rigidezza della struttura, corrispondente
all'equazione di equilibrio per la forza Fv2. Sono così determinate le coordinate
della posizione dell'elemento c42 nella matrice di rigidezza della struttura: riga 4,
colonna 6.
Questo procedimento di assemblaggio può anche essere visto sotto un altro
aspetto in modo da ottenere un algoritmo direttamente utilizzabile nei programmi di calcolo. A questo scopo risulta più conveniente identificare i gradi di
libertà, siano essi associati all'elemento o alla struttura, con un numero invece
che con una lettera come si è fatto sino ad ora.
Si esamini ancora la struttura dell'esempio 2.1. I gradi di libertà dell'elemento hesimo associati al nodo 1 saranno ora indicati con 1 e 2 invece che u1 e v1, e
quelli associati al nodo 2 con 3 e 4 invece che u2 e v2. Le equazioni elemento
saranno a loro volta indicate con 1, 2, 3, 4 (fig. 2.3).
I gradi di libertà struttura saranno invece: 1 e 2 per il nodo 1 invece che U1 e V1,
3 e 4 per il nodo 2 invece che U2 e V2, 5 e 6 per il nodo 3 invece che U3 e V3.
Allo stesso modo le equazioni struttura saranno numerate come 1, 2, 3, 4, 5, 6.
Fig. 2.3 – Numerazione delle equazioni struttura ed elemento.
Questo modo di identificare i gradi di libertà fornisce inoltre direttamente le
dimensioni dei sistemi di equazioni associati all'elemento o alla struttura; infatti
per l'elemento si hanno 4 gradi di libertà e la matrice di rigidezza avrà dimensioni 4x4, per la struttura si hanno 6 gradi di libertà e la matrice di rigidezza
della struttura avrà dimensioni 6x6.
50
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Per assemblare la matrice di rigidezza struttura si farà allora riferimento direttamente alla corrispondenza (mappa) tra i gradi di libertà elemento e i gradi di
libertà struttura, e tra le equazioni elemento e le equazioni struttura.
La mappa individua direttamente la corrispondenza tra la posizione del generico
coefficiente della matrice di rigidezza elemento e la sua posizione nella matrice di
rigidezza struttura.
Nel caso della struttura di figura 2.3 la mappa tra gradi di libertà elemento e
gradi di libertà struttura e tra equazioni elemento e equazioni struttura è data
dalla tabella 2.4.
Tab. 2.4 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà elemento e dei gradi di
libertà struttura
ELEMENTO
ELEMENTO
ELEMENTO
1
2
3
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
1
2
5
6
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
1
2
3
4
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
5
6
3
4
Per l'elemento h-esimo la relazione di rigidezza 2.7 si può scrivere come segue:
nh
( fi )h =
 ( kij )h ( sj )h – ( fei )h
2.17
j=1
avendo indicato con nh il numero di gradi di libertà dell'elemento h-esimo.
Ciascun grado di libertà cinematico ( j = 1, nh ) dell'elemento corrisponde biunivocamente, per un dato elemento h, con un grado di libertà cinematico della
struttura, indicato con Ghj e leggibile nella colonna j-esima della mappa dell'elemento (tab. 2.5); un medesimo valore di Ghj può comparire una volta sola nella
mappa dell'elemento perché un grado di libertà elemento corrisponde ad uno ed
uno solo grado di libertà struttura.
51
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Tab. 2.5 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà dell'elemento h-esimo e
dei gradi di libertà struttura
ELEMENTO
h
G.D.L. ELEMENTO
...
j
...
i
G.D.L. STRUTTURA
...
G hj
...
G hi
Le equazioni di congruenza, di cui alla tabella (tab. 2.2), possono quindi essere
scritte come:
( s j ) h = S Ghj
2.18
Analogamente ciascun grado di libertà statico (i = 1, nh ) dell'elemento corrisponderà biunivocamente con un grado di libertà statico della struttura, indicato
con Ghi e leggibile in corrispondenza della colonna i-esima della mappa dell'elemento (tab. 2.5).
La forza ( fi )h contribuirà quindi all'equilibrio della forza F G struttura, come
hi
nella tabella 2.3. Formalmente questo contributo all'equilibrio si può scrivere:
DF Ghi = ( f i ) h
2.19
avendo indicato con DF G la quota parte dell’equazione di equilibrio corrihi
spondente al contributo di ( fi )h . Sostituendo la 2.17 nella 2.19 e tenendo conto
della 2.18 si ha:
nh
DF Ghi =
 ( kij )h SG
hj
– ( f ei ) h
2.20
j=1
ovvero:
nh
DF Ghi =
 DKG
hi G hj
S Ghj – ( DF e ) G
2.21
hi
j=1
essendo DK G G l'incremento del coefficiente K G G dovuto al coefficiente
hi hj
hi hj
(kij )h dell'elemento h:
DK Ghi Ghj = ( k ij ) h
2.22
e ( DF e ) G l'incremento della componente ( F e ) G del carico nodale equivahi
hi
lente dovuto al carico ( fei )h dell'elemento h:
( DF e ) G = ( fei )h
hi
52
2.23
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Dalla 2.22 si nota immediatamente che il coefficiente di rigidezza (kij )h dell'elemento h, di coordinate i, j va ad occupare, sommandosi, una casella di coordinate
Ghi , Ghj della matrice di rigidezza della struttura; un analogo trasferimento si ha
per i carichi nodali equivalenti, come si può vedere dalla 2.23. La figura 2.4 illustra graficamente questo procedimento.
Fig. 2.4 – Schema di assemblaggio.
ESEMPIO 2.3
Esiste un caso in cui l'assemblaggio della matrice di rigidezza globale può
essere effettuato in modo formalmente molto semplice.
Fig. 2.5 – Struttura in serie.
È il caso di strutture in serie, composte cioè da elementi aventi due soli
estremi e assemblati senza ramificazioni, come nel caso di figura 2.5.
La matrice di rigidezza della struttura [ K ] si ottiene disponendo le singole
matrici di rigidezza elemento [ k ] h lungo la diagonale principale di [ K ] e
sovrapponendone i quadranti, dove la sovrapposizione corrisponde alla somma
degli elementi corrispondenti; la figura 2.6 illustra graficamente lo schema di
assemblaggio.
53
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Fig. 2.6 – Schema di assemblaggio per strutture in serie.
Una caratteristica tipica della matrice di rigidezza globale, oltre alla già vista simmetria, è quella di presentare una struttura a banda; cioè tutti i coefficienti
diversi da zero sono raccolti intorno alla diagonale principale entro una fascia la
cui ampiezza è indicata con 2B-1, essendo B la semiampiezza di banda, il cui
valore è generalmente di gran lunga inferiore al numero N di equazioni del
sistema.
Queste caratteristiche, associate al fatto che, come si vedrà in seguito, nel processo di soluzione la simmetria della matrice viene mantenuta e che i coefficienti
al di fuori della semiampiezza di banda non vengono alterati, permettono di
avere tutte le informazioni riguardanti la matrice stessa nei NxB coefficienti della
semibanda.
Fig. 2.7 – Rappresentazione rettangolare della matrice di rigidezza.
Si può utilizzare allora una rappresentazione rettangolare della matrice di rigidezza della struttura (fig. 2.7 ), ottenendo così un notevole risparmio della
memoria necessaria per immagazzinare i coefficienti della matrice di rigidezza.
54
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
È quindi importante che la semiampiezza di banda sia la più piccola possibile,
per ridurre al minimo lo spazio di memoria necessario. Il valore di B dipende
dallo schema di numerazione dei nodi della struttura e, se tutti i nodi hanno lo
stesso numero di gradi di libertà, è ricavabile da:
B = G(M + 1)
2.24
essendo G il numero di gradi di libertà per nodo e M la massima differenza nella
numerazione tra i nodi struttura collegati tra di loro con un elemento.
Per minimizzare la semiampiezza di banda bisogna quindi minimizzare la differenza nella numerazione tra i nodi struttura collegati tra di loro con un elemento. Una piccola ampiezza di banda è generalmente ottenuta numerando
consecutivamente i nodi lungo la dimensione più piccola della struttura.
ESEMPIO 2.4
Determinare la semiampiezza di banda per la struttura numerata secondo gli
schemi di figura 2.8a e b.
Fig. 2.8 – Numerazione dei nodi ed am piezza di banda.
Supponendo la struttura formata da elementi asta, il numero di gradi di
libertà per nodo, G è pari a 2. Nel caso della figura 2.8a la massima differenza
nella numerazione nodale è data da (5 – 1), ovvero dalla differenza nodale
delle aste verticali, ed è pari a 4. La semiampiezza di banda risulta quindi:
B a = 2 ( 4 + 1 ) = 10
2.25
Nel caso della figura 2.8b la massima differenza nella numerazione nodale è
data da (3 – 1) ovvero dalla differenza nodale delle aste orizzontali, ed è pari
a 2. La semiampiezza di banda risulta quindi:
Bb = 2 ( 2 + 1 ) = 6
2.26
La memorizzazione della matrice nel formato a banda è semplice ma può a volte
non risultare il metodo più efficiente, in special modo per matrici sparse. In tal
caso si può utilizzare il metodo cosiddetto dello skyline, memorizzando la
matrice di rigidezza [K ] sotto forma di una matrice unidimensionale [S ] for55
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
mata dai coefficienti delle colonne che giacciono sotto la skyline (fig. 2.9). Per
conservare l'informazione riguardante la lunghezza effettiva di ciascuna colonna
è però necessario costruire un secondo vettore [Diag ] in cui memorizzare la posizione nel vettore [S ], degli elementi che erano sulla diagonale principale della
matrice di partenza.
Fig. 2.9 – Memorizzazione con il metodo dello skyline.
2.3 CALCOLO DEGLI SPOSTAMENTI INCOGNITI
L'assemblaggio delle matrici di rigidezza e dei carichi nodali equivalenti degli
elementi costituenti una struttura porta alla seguente notazione di rigidezza:
[ K ] { S } = { F } + { Fe }
2.27
La matrice di rigidezza nell'equazione 2.27 è singolare e non può essere invertita
per risolvere il sistema in termini di spostamenti. La ragione fisica di ciò è dovuta
al fatto che la struttura, di cui la 2.3 rappresenta la caratterizzazione matematica,
possiede L gradi di libertà di moto rigido.
Per poter risolvere il sistema 2.27 bisognerà imporre le condizioni al contorno ed
in particolare:
1. introdurre le condizioni di vincolo cinematico (in un numero sufficiente a impedire il moto rigido della struttura); i corrispondenti termini di forze saranno incognite (reazioni vincolari)
2. introdurre le condizioni al contorno in termini di carichi; i termini
corrispondenti di spostamento saranno incogniti
È da notare che quando uno spostamento è noto la corrispondente forza è incognita e viceversa.
56
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Per illustrare formalmente la procedura di soluzione si immagini ora di riordinare le equazioni, scambiando opportunamente righe e colonne della matrice
[K ] in modo tale che i termini di spostamento noto occupino le prime posizioni
nel vettore degli spostamenti {S }.
Dopo aver riordinato le equazioni si esegua una partizione di matrici:
K 11
K 21
K 12 Ï { S 1 } ¸
Ï { F 1 } ¸ Ï { F e1 } ¸
=
Ì
ý
Ì
ý+Ì
ý
Ó { S2 } þ
Ó { F 2 } þ Ó { F e2 } þ
K 22
2.28
avendo indicato con {S1 } gli spostamenti noti e con {S2 } quelli incogniti, con
{F1} le forze incognite o reazioni vincolari e con {F2 } le forze note.
Operando separatamente sulle singole sottomatrici il sistema 2.28 si può scrivere:
[ K 11 ] { S 1 } + [ K 12 ] { S 2 } = { F 1 } + { F e1 }
[ K 21 ] { S 1 } + [ K 22 ] { S 2 } = { F 2 } + { F e2 }
2.29
Si hanno così due sottosistemi di equazioni; nel primo si hanno sia gli spostamenti che le forze come incognite; nel secondo le uniche incognite sono costituite dagli spostamenti. Dal secondo sottosistema verranno quindi ricavati gli
spostamenti incogniti {S2 }:
{ S 2 } = [ K 22 ] –1 ( { F 2 } + { F e2 } – [ K 21 ] { S 1 } )
2.30
Noti infine gli spostamenti {S2 }, dal primo sottosistema vengono calcolate le reazioni vincolari:
{ F 1 } = [ K 11 ] { S 1 } + [ K 12 ] { S 2 } – { F e1 }
2.31
È da notare che le operazioni di riordino delle equazioni, con la conseguente partizione di matrici, e di inversione di matrice non sono effettivamente svolte nella
pratica di calcolo; sono state qui utilizzati al solo scopo di illustrare in modo formale lo schema di soluzione.
57
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.5
Calcolare, per la struttura di figura 2.10, gli spostamenti e le reazioni vincolari quando sia applicata, nel nodo 2 una forza verticale pari a 1.
Fig. 2.10 – Struttura reticolare.
La notazione di rigidezza per la struttura si ricava dalla 2.16:
1000 0 – 1000 0
0
1000 0
0
– 1000 0
1354 – 354
0
0
– 354 354
0
0
– 354 354
0 – 1000 354 – 354
0
0
0 – 1000
– 354 354
354 – 354
354 – 354
– 354 1354
Ï U1 ¸
Ï F u1 ¸
Ô Ô
Ô
Ô
Ô V1 Ô
Ô F v1 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
Ô U2 Ô
Ô F u2 Ô
Ì ý = Ì
ý
Ô V2 Ô
Ô F v2 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
Ô U3 Ô
Ô F u3 Ô
Ô Ô
Ô
Ô
Ó V3 þ
Ó F v3 þ
2.32
Le condizioni al contorno sono:
U1 = 0
V1 = 0
U3 = 0
F u2 = 0
V3 = 0
F v2 = – 1
2.33
I sottovettori degli spostamenti noti e delle reazioni vincolari sono quindi
formati da:
{ S1 } T = { U1
{ F1
}T
= { F u1
V1
F v1
U3
F u3
V3 }
F v3 }
2.34
mentre i sottovettori degli spostamenti incogniti e delle forze note da:
58
{ S2 } T = { U2
V2 }
{ F 2 } T = { F u2
F v2 }
2.35
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Il sistema 2.32, dopo aver riordinato le equazioni, diventa:
Ï U1 ¸
Ï F u1 ¸
1000 0
0
0 – 1000
0 Ô Ô
Ô
Ô
Ô V1 Ô
Ô F v1 Ô
0
1000 0 – 1000
0
0 Ô Ô
Ô
Ô
U
F
0
0
354 – 354 – 354 354 Ô 3 Ô = Ô u3 Ô
Ì ý
Ì
ý
0 – 1000 – 354 1354 354 – 354 Ô V 3 Ô
Ô F v3 Ô
Ô
Ô
– 1000 0 – 354
354 1354 – 354 ÔÔ U ÔÔ
Ô F u2 Ô
2
Ô
Ô
0
0
354 – 354 – 354 354 Ô Ô
Ó V2 þ
Ó F v2 þ
2.36
Il sistema risolutivo in termini di spostamento è:
U
1354 – 354 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸
Ì ý
Ì ý
– 354 354 Ó V 2 þ
Ó –1 þ
2.37
essendo nulli il vettore { S 1 } ed il vettore dei carichi nodali equivalenti
{ F e1 } . La soluzione del sistema 2.37 fornisce:
U 2 = – 1 ¥ 10
–3
V 2 = – 3.82 ¥ 10
–3
2.38
Le reazioni vincolari sono date dal secondo sottosistema:
Ï F u1 ¸
– 1000
0
Ô
Ô
U
Ô F v1 Ô
0
0 Ï 2¸
Ì ý
Ì
ý =
– 354 354 Ó V 2 þ
Ô F u3 Ô
Ô
Ô
354 – 354
Ó F v3 þ
2.39
e sostituendo i valori:
F u1 = 1
F v1 = 0
F u3 = – 1
F v3 = 1
2.40
La verifica all'equilibrio secondo X e Y porta a:
F u1 + F u2 + F u3 = 1 + 0 – 1 = 0
F v1 + F v2 + F v3 = 0 – 1 + 1 = 0
2.41
La figura 2.11 mostra la deformata della struttura.
59
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Fig. 2.11 – Deformata della struttura di figura 2.10.
2.4 VINCOLI CINEMATICI
Nel paragrafo precedente è stato illustrato il procedimento formale per la risoluzione del sistema di equazioni struttura. La suddivisione in sottomatrici della
matrice di rigidezza non è tuttavia utilizzata per due motivi fondamentali:
a. il riordino delle righe e delle colonne della matrice di rigidezza non è
facilmente programmabile e comporta un elevato tempo di calcolo
b. la natura a banda della matrice di rigidezza viene generalmente persa
Verranno qui descritti alcuni metodi comunemente adottati per imporre le condizioni di vincolo senza alterare la natura della matrice di rigidezza globale [ K ].
Ï F ¸
K 11 K 12 º K 1i º K 1n ÏÔ S 1 ¸Ô
Ô 1 Ô
Ô
Ô
Ô F Ô
K 21 K 22 º K 2i º K 2n S 2
Ô
Ô
Ô 2 Ô
Ô
Ô
º º º º º º
º = Ô º Ô
Ì
ý
Ì
ý
K i1 K i2 º K ii º K in Ô S i Ô
Ô Fi Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
º º º º º º Ô º Ô
Ô º Ô
Ô F Ô
K n1 K n2 º K ni º K nn ÔÓ S n Ôþ
Ó n þ
2.42
2.4.1 Approssimazione con molle
Questo metodo permette di tener conto allo stesso modo di spostamenti nulli e
di spostamenti noti; vengono conservati tutti i gradi di libertà cinematici ed i
vincoli vengono approssimati con molle molto rigide (ad esempio 10 6 volte più
rigide degli elementi strutturali).
Si immagini che l'i-esimo grado di libertà cinematico S i sia noto e pari ad un
valore prescritto S i*, generalmente diverso da zero.
60
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Sostituire il vincolo cinematico nella direzione di S i con una molla molto rigida
equivale in termini matematici a sommare una rigidezza K * molto grande al
coefficiente K ii sulla diagonale principale di [ K ] corrispondente al grado di
libertà S i e modificare la componente i-esima del vettore dei carichi nodali in
modo che la molla, sotto l'azione di tale componente, subisca uno spostamento
S i* ; si ha così:
K ii = K ii + K*
F i = K* S i*
2.43
La figura 2.12 illustra la configurazione corrispondente all'applicazione di questo
metodo per la struttura di figura 2.1.
Fig. 2.12 – Approssimazione delle condizioni di vincolo con molle.
Dal momento che nel sistema sono stati conservati tutti i gradi di libertà della
struttura, gli spostamenti noti, nulli e non nulli, vengono ricalcolati e le reazioni
vincolari possono essere determinate senza difficoltà.
2.4.2 Modifica della mappa
Questo metodo tiene conto in modo esatto dei soli vincoli con spostamento
nullo (vincoli rigidi); i vincoli con spostamento noto devono essere trattati come
carichi nodali equivalenti.
Secondo questo procedimento le equazioni corrispondenti ai gradi di libertà vincolati non sono assemblate e si considera solo il secondo sottosistema di equazioni della 2.29:
[ K 22 ] { S 2 } = { F 2 } + { F e2 }
2.44
essendo {S1 } = {0}.
61
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Ciò equivale a numerare solo le equazioni struttura corrispondenti ai gradi di
libertà non vincolati. Procedendo in tal modo vengono però perse le informazioni necessarie al calcolo delle reazioni vincolari; se è richiesto il calcolo di queste ultime bisognerà assemblare a parte le equazioni necessarie al calcolo.
ESEMPIO 2.6
Scrivere il sistema risolutivo della struttura di figura 2.13 utilizzando la modifica della mappa per l'applicazione dei vincoli cinematici.
Fig. 2.13 – Numerazione delle equazioni struttura.
Le equazioni struttura sono numerate come illustrato in figura 2.13, e cioè
l'equazione n. 1 corrisponderà al grado di libertà secondo X del nodo 2 e
l'equazione n. 2 al grado di libertà del nodo 2 secondo Y ; le equazioni corrispondenti ai gradi di libertà dei nodi 1 e 3 non sono numerate in quanto gli
spostamenti orizzontali e verticali dei nodi 1 e 3 sono impediti.
La mappa, cioè la corrispondenza tra gradi di libertà elemento e gradi di
libertà struttura e tra equazioni elemento e equazioni struttura è data dalla
tabella 2.6.
62
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Tab. 2.6 – Mappa per la corrispondenza delle equazioni elemento e equazioni struttura
ELEMENTO
ELEMENTO
ELEMENTO
1
2
3
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
0
0
0
0
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
0
0
1
2
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
0
0
1
2
Le equazioni dell'elemento n. 1 non corrispondono a nessuna equazione struttura in quanto i due nodi tra i quali è compreso l'elemento 1 sono entrambi
vincolati. Contribuiscono alle equazioni struttura solo le equazioni 3 e 4
dell'elemento 2:
[ k ]2 =
1000
0
– 1000
0
0 – 1000
0
0
0 1000
0
0
0
0
0
0
2.45
e le equazioni 3 e 4 dell'elemento 3:
[ k ]3 =
354
– 354
– 354
354
– 354
354
354
– 354
– 354 354
354 – 354
354 – 354
– 354 354
2.46
per cui la matrice di rigidezza della struttura vincolata:
[ K ] = 1000 + 354
0 – 354
0 – 354
0 + 354
2.47
che corrisponde alla 2.37.
63
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
2.4.3 Modifica della matrice di rigidezza
Un terzo modo, che permette di descrivere anche spostamenti diversi da zero,
consiste nel sostituire la condizione S i = S i* in tutte le equazioni del sistema,
portare al secondo membro tutti i termini noti, annullare la riga e la colonna
corrispondenti al grado di libertà i-esimo e sostituire al termine Kii il coefficiente
1, scrivendo così l'i-esima equazione banale S i = S i* .
Anche in tal modo vengono però perse le informazioni necessarie al calcolo delle
reazioni vincolari; se è necessario il calcolo di queste ultime bisognerà assemblare
a parte le equazioni necessarie al calcolo.
S
Ï F 1 – K 1i S i* ¸
K 11 K 12 º 0 º K 1n ÏÔ 1 ¸Ô
Ô
Ô
*Ô
S
K
S
–
F
Ô
Ô
Ô
2
2
2i
i
K 21 K 22 º 0 º K 2n Ô Ô
Ô
Ô
º
º
Ô
Ô
Ô
Ô
º º ººº º
Ì ý = Ì
ý
S i*
Ô
Ô
0 0 º 1 º 0 Ô Si Ô
Ô Ô
Ô
Ô
º º º º º º Ôº Ô
º
Ô
Ô
Ô
Ô
K n1 K n2 º 0 º K nn Ô S n Ô
Ó þ
Ó F n – K ni S i* þ
2.48
ESEMPIO 2.7
Imporre le condizioni di vincolo per la struttura di figura 2.13 utilizzando la
modifica della matrice di rigidezza.
La notazione di rigidezza della struttura è data dalla 2.32; imponendo le condizioni al contorno:
U 1 = U 1*
V 1 = V 1*
U 3 = U 3*
V 3 = V 3*
F u2 = 0
2.49
F v2 = – 1
il sistema risolutivo diventa:
1
0
0
0
0
0
64
0 0
0 0 0
1 0
0 0 0
0 1354 – 354 0 0
0 – 354 354 0 0
0 0
0 1 0
0 0
0 0 1
Ï U 1* ¸
Ï U1 ¸
Ô
Ô
Ô Ô
ÔV *Ô
Ô V1 Ô
Ô 1 Ô
Ô Ô
Ô *Ô
Ô U2 Ô
Ô F u2 Ô
Ì ý = Ì
ý
Ô V2 Ô
Ô F v2* Ô
Ô Ô
Ô
Ô
Ô U3 Ô
Ô U 3* Ô
Ô Ô
Ô
Ô
Ó V3 þ
ÔV *Ô
3
Ó
þ
2.50
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
con:
F u2* = 0 + 1000U 1* + 354U 3* – 354V 3*
F v2* = – 1 – 354U 3* + 354V 3*
2.51
Volendo determinare le reazioni vincolari un procedimento possibile per il calcolo manuale è il seguente: si moltiplica la colonna della matrice di rigidezza
relativa allo spostamento noto per tale termine e si porta il vettore così ottenuto
a secondo membro del sistema di equazioni, lasciando al primo membro le sole
incognite geometriche. Si ottiene così un sistema risolutivo in cui il vettore degli
spostamenti ha, rispetto a quello iniziale, un numero di coefficienti minore; la
differenza è data dal numero degli spostamenti noti e diversi da zero.
ESEMPIO 2.8
Calcolare, per la struttura di figura 2.14, gli spostamenti e le reazioni vincolari, dove l'appoggio di destra, indicato con il numero 2, ha subito un cedimento pari a d rispetto alla posizione indeformata.
Fig. 2.14 – Spostamenti imposti.
Il sistema di equazioni associato alla struttura:
12
-----l3
6
----2
EJ z l
12
– -----l3
6
----l2
6 12
----- – -----l2 l3
4
6
--- – ----l
l2
6 12
– ----- -----3l2 l
2
6
--- – ----l
l2
6
----l2
Ï V1 ¸
Ï F1 ¸
2 Ô Ô
Ô Ô
--Ô M1 Ô
l Ô A1 Ô
Ì ý = Ì ý
6 V
Ô F2 Ô
– ----- ÔÔ 2 ÔÔ
Ô Ô
2
l ÓA þ
Ó M2 þ
2
4
--l
2.52
Essendo V 2 noto si moltiplica la colonna della matrice di rigidezza relativa a
tale spostamento, cioè la terza colonna, per il valore del cedimento d e si
65
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
porta il vettore così ottenuto a secondo membro:
12
-----l3
6
----2
l
E Jz
12
– -----l3
6
----l2
Ï 12 ¸
6
Ô – -----3- Ô
----Ô l Ô
l2
F
Ï 1¸
Ô 6Ô
2 Ï V1 ¸
Ô Ô
Ô – ----- Ô
--M
Ô 1Ô
Ô l 2Ô
l Ô Ô
A
d
E
J
=
–
Ì 1ý
Ì ý
ý
z Ì
12 Ô
6 6
Ô F2 Ô
Ô ----– ----- – ---- ÔÓ A Ôþ
Ô Ô
Ô l 3Ô
2
l 2 l2
Ó M2 þ
Ô
Ô
Ô 6Ô
2 4
–
------ --Ô 2Ô
l
l
Ó l þ
6
----l2
4
--l
2.53
Imponendo le altre condizioni di vincolo V 1 = 0 , A 1 = 0 , si ricava:
3d
A 2 = -----2l
2.54
Le reazioni vincolari vengono determinate da:
6 ¸
Ï ---Ï – 12
------ ¸
Ô l 2- Ô
Ô l 3Ô
F
Ô
Ô
Ô
Ô
Ï 1¸
Ô 2 Ô
Ô 6Ô
Ô Ô
M
–
----EJ
EJ
A
=
+
Ì 1ý
zÌ l ý 2
zd Ì
2ý
Ô
Ô
Ô l Ô
Ô Ô
F
Ô 6 Ô
Ô 12 Ô
Ó 2þ
Ô– ----2- Ô
Ô ------ Ô
l
Ó
þ
Ó l3 þ
2.55
da cui:
3EJz d
F 1 = – ------------l3
3EJz d
M 1 = – ------------l2
3EJz d
F 2 = ------------l3
2.56
2.5 PROBLEMI PARTICOLARI RELATIVI AI VINCOLI
2.5.1 Vincoli elastici
Le strutture illustrate in figura 2.15a e 2.15b sono caratterizzate da vincoli cinematici elastici. La prima presenta un appoggio elastico all'estremità destra, indicata con il numero 2; la seconda un vincolo alla rotazione elastico all'estremità
sinistra, indicata con il numero 1.
66
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Fig. 2.15 – Vincoli elastici.
La reazione che esercita un vincolo elastico è proporzionale alla deformazione
vincolare secondo il coefficiente di rigidezza proprio del vincolo stesso; nei casi
della figura 2.15 si ha:
F2 = –Kv V2
M1 = –Kr A1
2.57
In generale il vincolo elastico agisce esercitando una reazione, ovvero un carico
applicato dall'esterno, proporzionale al suo cedimento. In termini matriciali si
ha:
[ K ] { S } = { F } + { Fe } + { –Ke S }
2.58
dove [ K ] è la matrice di rigidezza della struttura, {S } è il vettore degli spostamenti generalizzati, {F } è il vettore dei carichi nodali, {Fe } è il vettore dei carichi
nodali equivalenti e {-KeS } è il vettore dei carichi ai nodi dovuti alle reazioni vincolari elastiche. Portando al primo membro i termini che contengono gli spostamenti ed al secondo membro tutti gli altri:
[ K ] { S } + { Ke S } = { F } + { Fe }
2.59
Il termine {KeS} può essere riscritto come:
{ Ke S } = [ Ke ] { S }
2.60
dove [Ke ] è una matrice diagonale, cioè una matrice in cui i soli coefficienti
diversi da zero sono quelli della diagonale principale e rappresentano le rigidezze
dei vincoli elastici. Raccogliendo {S} a fattor comune la 2.59 diventa:
[ [ K ] + [ Ke ] ] { S } = { F } + { Fe }
2.61
67
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.9
Ricavare per il sistema di figura 2.15a gli spostamenti dell'estremo destro
quando sia applicato un carico verticale F al nodo 2.
La 2.61 esplicitata è:
12 6 12 6
------ ----- – ------ ----l3 l2 l3 l2
0 0
6
2
4 6
----- --- – ----- --2
2
l
l
0 0
l
+
EJ z l
0 0
12 6 12 6
– ------ – ----- -----3- – ----l3 l2 l
l2
0 0
6
2 6
4
----- --- – ----- --l l2
l
l2
0 0
0 0
Kv 0
0 0
Ï V1 ¸
Ï F1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
Ô A1 Ô
Ô M1 Ô
Ì ý = Ì ý
Ô V2 Ô
Ô F2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
Ó A2 þ
Ó M2 þ
2.62
Imponendo le condizioni al contorno:
V1 = 0
A1 = 0
F2 = F
M2 = 0
2.63
si ha:
12EJ
--------------z + K v
l3
6EJ
– -----------z
l2
6EJ
– -----------z
l2
4EJ z
----------l
Ï V2 ¸
ÏF ¸
Ì ý = Ì ý
A
Ó 2þ
Ó0 þ
2.64
e, risolvendo il sistema:
Fl 3
V 2 = ----------------------------3EJ z + K v l 3
3Fl 2
A 2 = -------------------------------6EJ z + 2K v l 3
2.65
2.5.2 Strutture con cerniere interne
Si può verificare il caso di strutture in cui due elementi trave siano uniti tra di
loro tramite una cerniera, come illustrato in figura 2.16; questo tipo di collegamento interrompe la continuità delle rotazioni.
Fig. 2.16 – Struttura con cerniere interne.
68
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
I due elementi in cui è stata suddivisa la struttura sono collegati nel nodo 2 tramite una cerniera, attraverso la quale non si trasmette il momento flettente; in
questo punto sono diverse le rotazioni degli estremi degli elementi concorrenti
nel nodo.
Nel nodo 2 si introducono quindi tre gradi di libertà cinematici: lo spostamento
V2 , la rotazione ( A 2 )' a sinistra della cerniera e la rotazione ( A 2 )'' a destra della
cerniera. Verranno pertanto scritte tre equazioni di equilibrio nel nodo 2, una
alla traslazione verticale e due alla rotazione:
( f2 )1 + ( f1 )2 = F2
( m 2 ) 1 = ( M 2 )¢
2.66
( m 1 ) 2 = ( M 2 )≤
La struttura sarà quindi caratterizzata da sette gradi di libertà cinematici, ordinati come segue:
{ S } T = { V 1 A 1 V 2 ( A 2 )¢ ( A 2 )≤ V 3 A 3 }
2.67
e la numerazione delle equazioni struttura è quella indicata in figura 2.17.
Fig. 2.17 – Numerazione equazioni struttura.
La mappa delle equazioni elemento e equazioni struttura è indicata nella
tabella 2.7.
Tab. 2.7 – Mappa per la corrispondenza dei gradi di libertà elemento e dei gradi di
libertà struttura per il sistema di figura 2.16
ELEMENTO
ELEMENTO
1
2
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
1
2
3
4
G.D.L. ELEMENTO
1
2
3
4
G.D.L. STRUTTURA
3
5
6
7
69
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
La matrice di rigidezza globale, scritta in forma simbolica, è:
a 11
a 12
a 13
a 14
0
0
0
a 21
a 22
a 23
a 24
0
0
0
a 31
a 32
a 33 + b 11
a 34
b 12
a 41
a 42
a 43
a 44
0
0
0
0
0
b 21
0
b 22
b 23
b 24
0
0
b 31
0
b 32
b 33
b 34
0
0
b 41
0
b 42
b 43
b 44
b 13
b 14
Ï V1 ¸
Ï F1 ¸
Ô A Ô
Ô M Ô
1 Ô
Ô 1 Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
V
F
Ô 2 Ô
Ô 2 Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
Ì ( A 2 )¢ ý = Ì ( M 2 )¢ ý
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô ( A 2 )≤ Ô
Ô ( M 2 )≤ Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô V3 Ô
Ô F3 Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
Ó A3 þ
Ó M3 þ
2.68
avendo indicato rispettivamente con a ij e b ij i coefficienti della matrice di rigidezza del primo elemento e del secondo elemento
2.6 CALCOLO DELLE TENSIONI
Determinati gli spostamenti {S } della struttura è possibile calcolare le forze elemento e le tensioni negli elementi costituenti la struttura facendo riferimento
alla scrittura di rigidezza dell'elemento ed alle relazioni che legano deformazioni
e tensioni agli spostamenti elemento.
Noti infatti gli spostamenti della struttura { S } gli spostamenti dell'elemento h–esimo
{ s } h sono ricavabili dalla mappa di corrispondenza tra i gradi di libertà elemento e gradi di libertà struttura; dopo aver calcolato le componenti degli spostamenti { s } h nel sistema di riferimento locale tramite la 1.53, le forze elemento
sono ricavabili dalla 1.93:
{ f }h = [ k ] h { s } h – { f e }h
2.69
Per gli elementi esaminati nel capitolo 1. le forze elemento rappresentano le
caratteristiche delle sollecitazioni ed hanno quindi anche il significato di tensioni. Nel caso più generale le tensioni saranno calcolabili in funzione degli spostamenti elemento; ad esempio nel caso della barra sollecitata assialmente la
deformazione è data da 1.2:
u2 – u1
e = ---------------l
2.70
e la tensione, nel caso in cui non siano presenti deformazioni o tensioni iniziali,
da:
u2 – u1
s = Ee = E ---------------l
70
2.71
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.10
Calcolare le forze elemento per gli elementi 2 e 3 dell'esempio 2.5.
Le matrici di rigidezza nel sistema di riferimento globale X ,Y degli elementi
2 e 3 sono date dalle 2.14 e 2.15, mentre gli spostamenti dei nodi struttura
sono dati dalle 2.33 e 2.34:
Ï
¸
–3
–3
{ S } T = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 0 0 ý
Ó
þ
2.72
Dalla mappa di corrispondenza dei gradi di libertà (tab. 2.4) si ricava che gli
spostamenti dell'elemento 2 e quelli dell'elemento 3, rispetto al sistema di
riferimento globale sono:
Ï
–3
–3 ¸
{ S } T = { S 1 S 2 S 3 S 4 } = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 ý
Ó
þ
2.73
Ï
–3
–3 ¸
{ S } T = { S 5 S 6 S 3 S 4 } = Ì0 0 – 1 ¥ 10 – 3.82 ¥ 10 ý
Ó
þ
2.74
Le forze elemento, espresse anche loro nel sistema di riferimento globale,
risultano, per l'elemento 2:
Ï f u1 ¸
1000
Ô Ô
Ô f v1 Ô
0
Ì ý =
f
– 1000
Ô u2 Ô
Ô Ô
0
f
Ó v2 þ2
T
{ f }2 = { 1
0
Ï
¸
0 – 1000 0 Ô
Ô
0
Ô
0
00 Ô
Ì
–3 ý
1
10
–
¥
0 1000 0 Ô
Ô
0
0 0 ÔÓ – 3.82 ¥ 10 –3 Ôþ
0
–1
0}
2.75
2.76
e, per l'elemento 3:
Ï f u1 ¸
354 – 354 – 354 354
Ô Ô
Ô f v1 Ô
–
354
354 354 – 354
Ì ý =
f
–
354
354 354 – 354
Ô u2 Ô
Ô Ô
354 – 354 – 354 354
Ó f v2 þ3
T
{ f }3 = { – 1
1
1
0
Ï
¸
Ô
Ô
0
Ô
Ô
Ì
–3 ý
1
10
–
¥
Ô
Ô
Ô
–3 Ô
Ó – 3.82 ¥ 10 þ
–1 }
2.77
2.78
Il lettore potrà verificare l'equilibrio dei nodi 1, 2 e 3, essendo nulle le forze
elemento per l'elemento 1. Nel sistema di riferimento locale le forze elemento
sono espresse da:
T
{ f }2 = { 1
T
{ f }3 = { – 1.414
0
–1
0
0}
1.414
2.79
0}
2.80
71
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Infatti per l'elemento 2 il sistema di riferimento locale coincide con quello
globale, mentre il sistema di riferimento locale dell'elemento 3 forma un
angolo di – 45˚ con il sistema di riferimento globale, per cui la matrice di
rotazione [ R ] è:
0.707 – 0.707
0
0
–
0.707
0.707
0
0
[R] =
0
0
0.707 – 0.707
0
0
– 0.707 0.707
2.81
Si sarebbero potute ottenere le forze elemento direttamente nel sistema di
riferimento locale utilizzando l'espressione di rigidezza scritta nel sistema di
riferimento locale. Per l'elemento 3 il vettore degli spostamenti { s } X vale:
{ s }x = [ R ] { s }X
2.82
con [ R ] data dalla 2.81. Si ha quindi:
{ s }x = { 0
0
2 ¥ 10
–3
–3
– 2 ¥ 10 }
2.83
La matrice di rigidezza dell'elemento 3, nel sistema di riferimento locale è
data da:
0.707
0
[ k ]x =
– 0.707
0
0 – 0.707
0
0
0 0.707
0
0
0
0
0
0
2.84
Le forze elemento, nel sistema di riferimento locale, sono quindi date dalla
2.78.
2.7 SCHEMA DI RISOLUZIONE
La procedura di calcolo di una struttura può essere sintetizzata nelle seguenti
fasi:
a. suddivisione della struttura in elementi e numerazione dei nodi struttura
b. costruzione della mappa di corrispondenza tra equazioni elemento ed
equazioni struttura
c. per ciascun elemento: calcolo della matrice di rigidezza e del vettore
dei carichi nodali equivalenti
d. assemblaggio della matrice di rigidezza della struttura e del vettore dei
carichi nodali equivalenti struttura
e. imposizione delle condizioni di vincolo
f. soluzione del sistema in termini di spostamenti generalizzati; nel calcolo manuale è conveniente seguire il procedimento indicato in 2.3 e
72
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
cioè suddividere il sistema in due sottosistemi: uno che ha come incognite i soli spostamenti, l'altro che contiene a secondo membro le reazioni vincolari
g. calcolo delle reazioni vincolari
h. per ciascun elemento estrarre dal vettore { S } gli spostamenti elemento
e calcolare le forze elemento e le tensioni;
i. per altri casi di carico ripetere i passi da f a h
2.8 PROBLEMA DINAMICO: CALCOLO DELLE FREQUENZE PROPRIE
I problemi di analisi strutturale dinamica possono essere suddivisi in due classi:
lo studio della risposta dinamica di una struttura soggetta a forze o spostamenti
imposti variabili nel tempo ed il calcolo delle vibrazioni proprie e dei corrispondenti modi di vibrare.
Entrambi i tipi di problemi richiedono tecniche di calcolo particolari, che verranno descritte in seguito, e che sono in gran parte indipendenti dal metodo
degli elementi finiti. Infatti tali tecniche presumono la disponibilità delle matrici
di rigidezza, delle masse e di smorzamento indipendentemente dal metodo con
cui queste matrici sono state ottenute.
Verrà qui illustrato, a titolo di introduzione ed utilizzando tecniche elementari, il
calcolo delle vibrazioni proprie. Si rimanda a testi specialistici per lo studio dei
metodi numerici adottati normalmente dai codici di calcolo.
Si ricorda che l'equazione di equilibrio dinamico, nel caso di un sistema ad un
grado di libertà è:
mu̇˙ + cu̇ + ku = f (t)
2.85
avendo indicato con m la massa del sistema, con c lo smorzamento e con k la sua
rigidezza; f (t) rappresenta il carico, funzione del tempo.
Nel caso di un sistema con più gradi di libertà la 2.85 viene scritta:
[ M ] { Ṡ˙} + [ C ] { S˙} + [ K ] { S } = { f (t)}
2.86
in tal caso [M ] rappresenta la matrice delle masse del sistema, [C ] la matrice
degli smorzamenti e [K ] la matrice di rigidezza; { Ṡ˙} rappresenta il vettore delle
accelerazioni, { S˙} il vettore delle velocità e {S } il vettore degli spostamenti.
In assenza di dissipazioni la 2.86 si trasforma nella:
[ M ] { Ṡ˙} + [ K ] { S } = { f (t)}
2.87
mentre se non ci sono effetti d'inerzia e le forze sono costanti nel tempo si ricade
nell'espressione 2.1 del caso statico, che può quindi essere visto come un caso
73
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
particolare della 2.86.
In assenza di dissipazioni le vibrazioni proprie, cioè quelle che si instaurano nel
sistema in mancanza di azioni forzanti esterne, sono caratterizzate dal fatto che
tutti i punti della struttura vibrano in fase, cioè raggiungono la loro elongazione
massima nello stesso istante. Essendo le oscillazioni in questo caso notoriamente
sinusoidali è possibile esprimere la 2.87 in funzione dei valori massimi di accelerazione e spostamento e della frequenza di vibrazione:
{ S } = { S o } cos ( wt )
2.88
dove w rappresenta la pulsazione della vibrazione e {So } il vettore degli spostamenti massimi. Derivando due volte la 2.88 rispetto al tempo si ha:
{ Ṡ˙} = – w 2 { S o } cos ( wt )
2.89
La 2.87 si riscrive pertanto, in assenza di forzanti esterne:
– w 2 [ M ] { So } + [ K ] { So } = 0
2.90
( – w 2 [ M ] + [ K ] ) { So } = 0
2.91
Si ottiene un sistema omogeneo che ammette la soluzione banale {So} = 0, che
corrisponde allo stato di quiete, a meno che si nullo il determinante dei coefficienti:
det ( [ K ] – w 2 [ M ] ) = 0
2.92
La 2.92 è una equazione algebrica in w2, le cui soluzioni forniscono gli autovalori
del problema, che in questo caso hanno fisicamente il significato di valori della
pulsazione della vibrazione.
È da notare che, contrariamente al caso statico, non è necessario che la matrice
di rigidezza [K ] sia definita positiva, cioè non è necessario che il sistema sia vincolato per poter risolvere la 2.92. In tal caso si otterranno degli autovalori nulli,
che corrispondono ai gradi di libertà di moto rigido della struttura.
Noti gli autovalori w i del sistema è possibile ricavare, sempre dalla 2.8, gli autovettori f i (o forme modali o modi di vibrare) corrispondenti a ciascun autovalore w i . Si ricorda, a tal proposito, che gli autovettori i sono determinati a
meno di una costante; è possibile cioè ricavare la forma del modo di vibrare, ma
non le ampiezze dell'oscillazione.
74
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.11
Calcolare le frequenze proprie di vibrazione di un sistema costituito da una
barra, priva di massa, recante agli estremi due masse, rispettivamente m 1 e
m 2 (fig. 2.18).
Fig. 2.18 – Sistema con due masse.
Si può considerare la struttura composta di un solo elemento; la matrice di
rigidezza globale è pertanto:
EA EA
------- – ------l
l
[K] =
EA EA
– ------- ------l
l
2.93
mentre la matrice delle masse vale:
[M] =
m1 0
2.94
0 m2
Il sistema risolutivo è, non avendosi vincoli:
EA
------- – w 2 m 1
l
EA
– ------l
EA
– ------l
EA
------- – w 2 m 2
l
Ï U1 ¸
Ï0 ¸
Ì ý = Ì ý
Ó U2 þ
Ó0 þ
2.95
Annullando il determinante dei coefficienti:
m1 + m2
( m 1 m 2 )w 4 – Ê EA --------------------ˆ w 2 = 0
Ë
¯
l
2.96
si ottengono le soluzioni:
w 12 = 0
m1 + m2
w 22 = EA -------------------lm 1 m 2
2.97
75
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Il primo autovalore corrisponde ad uno stato di quiete, e compare in quanto il
sistema è privo di vincoli.
L'autovettore, o modo di vibrare, corrispondente al secondo autovalore si
ottiene sostituendo w 2 indifferentemente nella prima o seconda equazione
del sistema 2.95; si ha:
m2
U 1 = ------ U 2
m1
2.98
Questo è un risultato ben noto della meccanica elementare, secondo il quale
le ampiezze di oscillazione sono inversamente proporzionali alle masse, e
quindi il baricentro del sistema resta fermo.
ESEMPIO 2.12
Calcolare le frequenze di vibrazione assiali ed i corrispondenti modi di vibrare
della struttura di figura 2.19.
Fig. 2.19 – Struttura con due masse.
La struttura può essere considerata costituita da due elementi barra, in
quanto sono richieste le frequenze di vibrazione assiale; le matrici di rigidezza
e delle masse dell'elemento 1 sono:
EA
[ k ] 1 = ------- 1 – 1
l –1 1
[ m ]1 =
0 0
0 m2
2.99
[ m ]2 =
0 0
0 m3
2.100
e quelle dell'elemento 2:
EA
[ k ] 2 = ------- 1 – 1
l –1 1
Assemblando le matrici di rigidezza e delle masse, valendo per queste ultime
le stesse regole delle prime, si ottiene:
0 0 0
1 –1 0
EA
------- – 1 2 1 – w 2 0 m 2 0
l
0 –1 1
0 0 m3
76
Ï U1 ¸
Ï F1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
Ì U2 ý = Ì F2 ý
Ô Ô
Ô Ô
Ó U3 þ
Ó F3 þ
2.101
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Imponendo le condizioni di vincolo e separando le equazioni che non contengono le reazioni vincolari:
m 0 Ï U2 ¸
Ï0 ¸
EA 2 1
------– w2 2
Ì ý = Ì ý
l –1 1
0 m3 Ó U3 þ
Ó0 þ
2.102
Annullando il determinante dei coefficienti:
EA 2
EA
Ê 2 EA
------- – m 2 w 2ˆ Ê ------- – m 3 w 2ˆ – Ê -------ˆ = 0
Ë l
¯Ë l
¯ Ë l ¯
2.103
si ottengono i due autovalori:
1 2
EA 1
1 2
1
w 12,2 = ------- Ê ------ + ----------ˆ ± Ê ------ˆ + Ê ----------ˆ
Ë m 2¯
Ë 2m 3¯
l Ë m 2 2m 3¯
2.104
Assumendo EA § l = 1 , m 2 = 1 , m 3 = 1 , si ha:
w 12 = 0.382
2.105
w 22 = 2.618
Il primo modo di vibrare viene calcolato dalla 2.102 sostituendo ad w il
valore di w 1 :
m 0 Ï U2 ¸
Ï0 ¸
EA 2 1
------– 0.382 2
Ì ý = Ì ý
l –1 1
U
0 m3 Ó 3 þ
Ó0 þ
2.106
Assumendo U 2 = 1 si ricava U 3 = 1.618 ; essendo U 1 = 0 , la forma corrispondente al primo modo di vibrare è data quindi da:
{ f } 1T = { 0
1
1.618 }
2.107
Il secondo modo di vibrare viene calcolato dalla 2.102 sostituendo ad w il
valore di w 2 :
m 0 Ï U2 ¸
Ï0 ¸
EA 2 1
------– 2.618 2
Ì ý = Ì ý
l –1 1
0 m3 Ó U3 þ
Ó0 þ
2.108
Assumendo U 2 = 1 si ricava U 3 = – 0.618 ; essendo U 1 = 0 , la forma corrispondente al secondo modo di vibrare è data da:
{ f } 1T = { 0
1
– 0.618 }
2.109
77
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Le figure 2.20 e 2.21 illustrano i due modi di vibrare.
Fig. 2.20 – Primo modo di vibrazione della struttura dell’es. 2.12.
Fig. 2.21 – Secondo modo di vibrazione della struttura dell’es. 2.12.
ESEMPIO 2.13
Calcolare le frequenze di vibrazione assiali ed i corrispondenti modi di vibrare
della struttura di figura 2.22 quando siano concentrate ai nodi tre masse
m 1 ,m 2 ,m 3 di valori unitari; si considerino gli elementi strutturali privi di
massa.
Fig. 2.22 – Struttura reticolare con tre masse.
78
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
La matrice di rigidezza della struttura è data dalla 2.16; la matrice delle
masse è:
m1 0
[M] =
0
0
0
0
0 m1 0
0
0
0
0
0 m2 0
0
0
0
0
0 m2 0
0
0
0
0
0 m3 0
0
0
0
0
2.110
0 m3
Imponendo le condizioni di vincolo e separando le equazioni che non contengono le reazioni vincolari:
U
1354 – 354 – w 2 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸
Ì ý
Ì ý
– 354 354
0 1 Ó V2 þ
Ó0 þ
2.111
Annullando il determinante dei coefficienti:
( 1354 – w 2 ) ( 354 – w 2 ) – 354 2 = 0
2.112
si ottengono i due autovalori:
w 12 = 241.37
2.113
w 22 = 1466.63
Il primo modo di vibrare si ottiene dalla 2.111 sostituendo ad w il valore di w 1 :
U
1354 – 354 – 241.37 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸
Ì ý
Ì ý
– 354 354
0 1 Ó V2 þ
Ó0 þ
2.114
Assumendo U 2 = 1 si ricava V 2 = 3.14 ; la forma corrispondente al primo
modo di vibrare è data quindi da:
{ f } 1T = { 0
0
1
3.14
0}
0
2.115
Il secondo modo di vibrare si ottiene dalla 2.111 sostituendo ad w il valore
di w 2 :
U
1354 – 354 – 1466.63 1 0 Ï 2 ¸ = Ï 0 ¸
Ì ý
Ì ý
– 354 354
0 1 Ó V2 þ
Ó0 þ
2.116
Assumendo U 2 = 1 si ricava V 2 = – 0.32 ; la forma corrispondente al
secondo modo di vibrare è data quindi da:
{ f } 2T = { 0
0
1
– 0.32
0
0}
2.117
79
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Le figure 2.23a e 2.23b illustrano i due modi di vibrare.
Fig. 2.23 – Modi di vibrare per la struttura dell’es. 2.13.
2.9 SOLUZIONE DEL SISTEMA DI EQUAZIONI
In 2.3 è stata illustrata formalmente la soluzione del sistema di equazioni:
[K]{S} = {F }
2.118
mediante l'operazione di inversione della matrice [K ].
Inoltre negli esempi svolti in precedenza la dimensione dei sistemi da risolvere ha
permesso l'utilizzo di tecniche elementari; non è evidentemente questo il caso
dei sistemi reali in cui la complessità del modello è di gran lunga superiore.
L'efficienza dell'analisi agli elementi finiti dipende in gran parte dalle metodologie numeriche adottate per risolvere il sistema di equazioni, anche sfruttando le
particolari caratteristiche della matrice di rigidezza, tra le quali la simmetria e la
struttura a banda.
I metodi risolutivi di un sistema di equazioni possono essere raggruppati in due
classi: procedimenti iterativi o indiretti e tecniche di soluzione diretta.
Il metodo iterativo consiste in una serie di successive correzioni ad una prima
stima della soluzione finché il valore di tale correzione diventa nullo o comunque
inferiore ad un errore prefissato. Ovviamente, data la natura iterativa del
metodo, non è possibile predeterminare il numero di operazioni necessario alla
risoluzione del sistema.
Il metodo diretto è un procedimento in cui il sistema di equazioni è risolto in
maniera esatta, nei limiti di approssimazione del calcolo, ed il numero di opera80
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
zioni da effettuare per la risoluzione del sistema è esattamente predeterminato.
Entrambi i metodi di soluzione presentano vantaggi e svantaggi; tra i vantaggi
dei metodi indiretti si hanno: la estrema facilità di programmazione, le poche
iterazioni necessarie per determinare una soluzione approssimata. Svantaggi
principali sono: impossibilità di predeterminare il tempo di soluzione, impossibilità di trattare rapidamente più casi di carico.
Allo stato attuale i metodi diretti risultano più efficaci e sono quelli più adottati.
Tuttavia i metodi indiretti possono risultare più convenienti nel caso di rianalisi
di un problema in seguito a leggere modifiche della struttura e/o nell'analisi di
problemi non lineari; infatti in questi casi generalmente si ha già a disposizione
una ottima stima del vettore delle incognite e sono quindi necessarie solo poche
iterazioni per la soluzione del problema.
2.9.1 Metodi di soluzione indiretti: metodo di Gauss-Seidel
Il metodo iterativo di Gauss-Seidel è stato uno dei più utilizzati nei primi codici
di calcolo agli elementi finiti.
In generale l'i-esima equazione del sistema di n equazioni 2.118 può essere scritta
come:
i–1
n
 Kij Sj + Kii Si + Â
j=1
K ij S j = F i
2.119
j = i+1
ovvero:
1 Ê
S i = ------ Á F i –
K ii Ë
i–1
n
ˆ
K ij S j˜
¯
j = i+1
 Kij Sj – Â
j=1
2.120
In un processo iterativo è chiaramente necessario conoscere una stima iniziale
{S }1 delle incognite, stima che può essere rappresentata da un vettore nullo se
non si hanno a disposizione valori più rappresentativi. All'iterazione m-esima si
avrà dunque:
S im
1 Ê
= ------ Á F i –
K ii Ë
i–1
Â
K ij S jm
j=1
n
–
ˆ
K ij S jm – 1˜
¯
j = i+1
Â
2.121
Il ciclo di iterazioni continua finché:
{ S }m + 1 – { S }m < e
2.122
dove e è la tolleranza di convergenza.
La velocità di convergenza può essere aumentata introducendo un fattore di
sovrarilassamento b e modificando il valore stimato S im dalla 2.121 nel seguente
81
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
modo:
S im = S im – 1 + b ( S im – S im – 1 )
2.123
per cui la 2.4 diventa:
S im
b Ê
= ------ Á F i –
K ii Ë
i–1
Â
K ij S jm
j=1
n
–
ˆ
K ij S jm – 1˜
¯
j = i+1
Â
2.124
Il fattore di sovrarilassamento b è generalmente compreso tra 1 e 2; il valore ottimale di b è una funzione del problema in esame, ma spesso si assume un valore
di b = 1.6.
Una interpretazione fisica dell'equazione iterativa 2.124 è che la quantità tra
parentesi tonde rappresenta lo squilibrio tra il carico applicato F i e la risposta
elastica della struttura. Il ciclo iterativo cerca lo spostamento S i che rende nullo
questo squilibrio.
2.9.2 Metodi di soluzione diretti: metodo di Gauss
Le tecniche di soluzione diretta comunemente adottate sono fondamentalmente
applicazioni del metodo di eliminazione proposto da Gauss.
Il metodo di Gauss può essere suddiviso in due fasi principali: la prima fase consiste nel triangolarizzare la matrice dei coefficienti [K ] in modo che tutti i termini della matrice al di sotto della diagonale principale siano nulli; il vettore dei
termini noti {F } viene modificato conformemente. La seconda fase consiste nel
calcolo delle incognite {S } procedendo a ritroso dall'ultima equazione alla
prima.
Per illustrare le due fasi del metodo di eliminazione di Gauss si esamini in dettaglio il sistema di equazioni:
K 11 º K 1i º K 1n Ï S 1
Ô
º º º º º Ô º
Ô
K i1 º K ii º K in Ì S i
Ô
º º º º º Ô º
K n1 º K ni º K nn ÔÓ S n
¸
Ï F ¸
Ô
Ô 1 Ô
Ô
Ô º Ô
Ô
Ô
Ô
ý = Ì Fi ý
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô º Ô
Ô
Ô F Ô
þ
Ó n þ
2.125
Il primo passo del processo di triangolarizzazione viene effettuato come segue:
dalla prima equazione si ricava simbolicamente S1 e si sostituisce nelle successive
equazioni. In questo modo si rendono nulli tutti i termini della prima colonna,
eccetto quello appartenente alla prima riga. Fisicamente questo corrisponde ad
eliminare il grado di libertà S1 dalla struttura, come si vedrà in seguito.
82
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
L'eliminazione di S1 viene eseguita come segue; si sottrae la prima equazione
moltiplicata per ( K i1 § K 11 ) dalla i-esima equazione, con i = 2,n:
K 11 º
K 1i
º
º
º
º
º
0
º
º
º
0
º
K i1
K ii – K 1i -------K 11
º
K n1
K ni – K 1i --------K 11
Ï
F1
Ô
Ï
¸
Ô
S
º
º
Ô 1 Ô
Ô
Ô
K i1 Ô º Ô
K i1
Ô
Ô F – F 1 ------K in – K 1n -------- Ô
K 11 Ì S i ý = Ì i
K 11
Ô
Ô
Ô
º
º
Ô º Ô
Ô
Ô
K n1 ÔÓ S n Ôþ
n1
Ô F –F K
K nn – K 1n --------1 -------Ô n
K 11
K 11
Ó
K 1n
º
º
º
¸
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
ý
Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
þ
2.126
ovvero:
K 11 º K 1i º K 1n Ï S 1
Ô
º º º º º Ô º
Ô
0 º K ii* º K in* Ì S i
Ô
º º º º º Ô º
Ô
0 º K ni* º K nn* Ó S n
Ï F1 ¸
¸
Ô
Ô
Ô
Ô º Ô
Ô
Ô
Ô
Ô
ý = Ì F i* ý
Ô
Ô
Ô
Ô º Ô
Ô
Ô * Ô
Ô
Ó Fn þ
þ
2.127
Dalla seconda equazione si ricava ora S2 e si sostituisce nelle successive equazioni, con i = 3 , n. In questo modo si rendono nulli tutti i termini, eccetto i
primi due, della seconda colonna. Fisicamente questo corrisponde ad eliminare il
grado di libertà S2 dalla struttura.
La stessa operazione di eliminazione viene ora applicata a tutte le restanti equazioni (i = 3,n).
Ottenuta così la triangolarizzazione della matrice [K ], si procede alla seconda
fase, in cui vengono calcolate le incognite { S }, risolvendo per l'ultima in modo
diretto:
F n*
S n = ---------K nn*
2.128
e quindi, con procedimento a ritroso, risolvendo per sostituzione per le rimanenti incognite:
1 Ê
S i = --------- Á F i* –
K ii* Ë
n
ˆ
K ij* S j˜
¯
j = i+1
Â
2.129
dove K ij* e F i* sono rispettivamente i termini della matrice [K ] triangolarizzata
e del vettore dei termini noti modificato conformemente alla triangolarizzazione
della matrice [K ].
83
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.14
Per illustrare formalmente le due fasi del metodo si supponga di eseguire una
partizione del sistema 2.125 in modo da avere:
[ K 11 ] [ K 12 ] Ï { S 1 } ¸
Ï { F1 } ¸
Ì
ý = Ì
ý
[ K 21 ] [ K 22 ] Ó { S 2 } þ
Ó { F2 } þ
con:
[K11]
[K12 ]
[K21 ]
[K22 ]
{S1 },{F1 }
{S2 },{F2 }
2.130
matrice di ordine (1 x 1)
matrice di ordine (1 x (n-1))
matrice di ordine ((n-1) x 1)
matrice di ordine ((n-1) x (n-1))
vettori di ordine 1
vettori di ordine (n-1)
Il metodo di eliminazione di Gauss consiste nel ridurre il sistema 2.130 al
seguente sistema, in modo da avere nulli tutti i termini, eccetto il primo della
prima colonna:
[ K 11 ] [ K 12 ] Ï { S 1 } ¸
Ï { F1 } ¸
Ì
ý = Ì
ý
[ 0 ] [ K 1 ]* Ó { S 2 } þ
Ó { F 1 }* þ
2.131
con:
[ K 1 ]* = [ K 22 ] – [ K 21 ] [ K 11 ] –1 [ K 12 ]
2.132
{ F 1 }* = { F 2 } – [ K 21 ] [ K 11 ] –1 { F 1 }
2.133
La stessa operazione di eliminazione viene ora applicata alla matrice [ K 1 ]*
del sistema ridotto:
[ K 1 ]* { S 2 } = { F 1 }*
2.134
e viene ripetuta ( n-1) volte sino a che la matrice [ K 22 ] è ridotta ad una
matrice di ordine (1 x 1).
Da notare che la matrice dei coefficienti del sistema ridotto 2.126 è ancora una
matrice simmetrica, quindi tutti gli elementi al di sopra della diagonale principale, questa inclusa, forniscono gli elementi della matrice ad ogni passo della
soluzione.
Si vedrà anche che durante il processo di soluzione la semiampiezza di banda B
viene conservata e che il processo di triangolarizzazione coinvolge solo gli elementi entro la banda della matrice. Si può trarre un notevole vantaggio da queste
caratteristiche: se n è il numero di equazioni del sistema, il numero delle operazioni da eseguire per la soluzione del sistema si riduce da un fattore proporzionale a n3, nel caso si consideri la matrice completa, ad un fattore proporzionale a
nB2/2, nel caso si tenga conto della simmetria e della struttura a banda della
matrice.
84
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
È inoltre da notare la possibilità di trattare più casi di carico senza per questo
ricorrere ad una nuova triangolarizzazione della matrice di rigidezza [K ], fase
questa che è di gran lunga la più lunga e laboriosa della soluzione del sistema di
equazioni. Dalla 2.126 si ha infatti che al primo passo di triangolarizzazione, la
riduzione del vettore dei termini noti richiede la conoscenza del coefficiente sulla
diagonale principale K11 e dei coefficienti della prima riga della matrice di rigidezza; al secondo passo di triangolarizzazione si richiede la conoscenza dei coefficienti, già modificati, della seconda riga della matrice di rigidezza; in modo
simile si procede per i successivi passi di triangolarizzazione. Il vettore { F } può
quindi essere ridotto a partire dai coefficienti della matrice [K ] ridotta.
ESEMPIO 2.15
Calcolare gli spostamenti della struttura illustrata in figura 2.24, costituita da
tre barre collegate in serie, caricata in corrispondenza del nodo 2 e vincolata
in corrispondenza del nodo 1.
Fig. 2.24 – Struttura con tre elementi asta.
Il sistema di equazioni associato alla struttura in esame, con i parametri indicati in figura 2.24, è il seguente:
1
–1
0
0
–1
2
–1
0
0
–1
2
–1
0
0
–1
1
Ï F1 ¸
Ï U1 ¸
Ô Ô
Ô Ô
U
Ô1Ô
Ô 2Ô
=
Ì ý
Ì ý
U
Ô0Ô
Ô 3Ô
Ô Ô
Ô Ô
Ó0þ
Ó U4 þ
2.135
L'unica condizione al contorno in termini cinematici è data da U 1 = 0 ; si
considererà quindi solo il sistema di tre equazioni nelle tre incognite
U 2 ,U 3 ,U 4 , ottenuto eliminando formalmente la prima riga e la prima
colonna della matrice di rigidezza e la prima riga del vettore degli spostamenti e del vettore delle forze in 2.135:
U
Ï1 ¸
2 – 1 0 ÏÔ 2 ¸Ô
Ô Ô
U
–1 2 –1 Ì 3 ý = Ì 0 ý
Ô Ô
Ô Ô
0 –1 1 Ó U4 þ
Ó0 þ
2.136
85
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
Volendo utilizzare il metodo di Gauss si procede nel seguente modo:
a. si sottrae –1/2 volte la prima riga dalla seconda:
1
2 –1 0 Ï U2 ¸
Ï ¸
Ô
Ô
Ô
1Ô
3
0 --- – 1 Ì U 3 ý = Ì --2- ý
2
Ô Ô
Ô Ô
U
Ó0 þ
0 –1 1 Ó 4 þ
2.137
b. si sottrae –2/3 volte la seconda riga dalla terza:
2
0
0
–1
3
--2
0
Ï1 ¸
Ï U2 ¸
Ô1 Ô
– 1 Ô U Ô = Ô --2- Ô
Ì 3ý
Ì ý
Ô Ô
Ô Ô
1 Ó U4 þ
Ô 1--- Ô
--Ó3 þ
3
0
2.138
Conclusa la fase di triangolarizzazione, si risolve per le incognite U 4 ,U 3 ,U 2 :
1§3
U 4 = ---------- = 1
1§3
U4 + 1 § 2
1+1§2
- = ------------------- = 1
U 3 = ---------------------3§2
3§2
U3 + 1
1+1
U 2 = ---------------- = ------------ = 1
2
2
2.139
È da osservare che, al passo i-esimo sia della fase di triangolarizzazione sia della
fase di sostituzione, l'elemento sulla diagonale principale deve essere diverso da
zero. La matrice di rigidezza di una struttura è in effetti definita positiva e lo
rimane ad ogni passo i-esimo del processo di triangolarizzazione, perché ciò corrisponde a ricavare la matrice di rigidezza di una struttura in cui sia stato eliminato l'i-esimo grado di libertà.
Se ciò non avviene vuol dire che la matrice di partenza non era definita positiva,
cioè che non erano stati eliminati tutti i gradi di libertà di moto rigido.
86
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
ESEMPIO 2.16
Calcolare gli spostamenti della struttura di figura 2.25, identica a quella illustrata in figura 2.24, ma con un grado di libertà in meno, quello corrispondente al nodo 2.
Fig. 2.25 – Struttura con due elementi asta.
La notazione di rigidezza della struttura è:
1
--2
1
– --2
0
1
– --2
3
--2
–1
Ï 1--- ¸
0 Ï U1 ¸
Ô2 Ô
Ô Ô
Ô Ô
U
=
Ì 3ý
Ì 1--- ý
–1 Ô Ô
Ô2 Ô
Ó U4 þ
Ô Ô
Ó0 þ
1
2.140
dopo aver imposto le condizioni al contorno ( U 1 = 0 ), il sistema risolutivo
risulta:
3
--2
–1
Ï1 ¸
Ô --- Ô
–1 Ï U3 ¸
Ì ý = Ì2 ý
Ó U4 þ
Ô0 Ô
1
Ó þ
2.141
coincidente con quello ottenuto dopo il primo passo di triangolarizzazione del
sistema 2.137 associato alla struttura di figura 2.24.
Calcolare, infine, gli spostamenti della struttura indicata in figura 2.26 in cui i
nodi 2 e 3 sono stati soppressi, eliminando quindi i gradi di libertà U 2 e U 3 .
Fig. 2.26 – Struttura con un elemento asta.
87
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
La notazione di rigidezza per la struttura di figura 2.26 è:
1
--3
1
– --3
1
– --3
1
--3
Ï 2--- ¸
Ï U1 ¸
Ô3 Ô
Ì ý = Ì ý
U
Ó 4þ
Ô 1--- Ô
Ó3 þ
2.142
Dopo aver imposto le condizioni di vincolo, si ha:
1
1
--- U 4 = --3
3
2.143
equazione che coincide con quella ottenuta dopo il secondo passo di triangolarizzazione del sistema 2.138 associato alla struttura di figura 2.24.
È ora possibile dimostrare perché, durante il processo di triangolarizzazione,
tutti gli elementi sulla diagonale principale della matrice di rigidezza devono
rimanere positivi.
Il sistema di eliminazione di Gauss corrisponde quindi a sopprimere, al passo
i-esimo, l'i-esimo grado di libertà della struttura ed a determinare la matrice di
rigidezza ed il vettore dei carichi nodali relativi alla nuova configurazione della
struttura, cioè con (n - i) gradi di libertà.
L'i-esimo elemento sulla diagonale non è altro che il coefficiente di rigidezza
relativo all'i-esimo grado di libertà quando i primi (i - 1) gradi di libertà sono
stati soppressi, e tale coefficiente deve essere positivo. Se, durante il processo di
eliminazione, uno dei coefficienti sulla diagonale principale risulta uguale a zero
(o addirittura minore, a causa degli arrotondamenti numerici), ciò significa che
la struttura è labile.
ESEMPIO 2.17
Calcolare gli spostamenti per la struttura illustrata in figura 2.27.
Fig. 2.27 – Struttura labile.
88
CARATTERIZZAZIONE DELLA STRUTTURA
La notazione di rigidezza, con i parametri indicati in figura 2.27 , è la
seguente:
12 6
6 4
– 12 – 6
6 2
Ï F1 ¸
Ï V1 ¸
– 12 6 Ô Ô
Ô Ô
A
–6 2 Ô 1 Ô = Ô 0 Ô
Ì ý
Ì ý
12 – 6 Ô V 2 Ô
Ô0Ô
Ô Ô
– 6 4 ÔÓ A Ôþ
Ó1þ
2
2.144
Applicando le condizioni di vincolo ( V 1 = 0 ), si ottiene:
4 –6 2
– 6 12 – 6
2 –6 4
Ï A1 ¸
Ï0 ¸
Ô Ô
Ô Ô
Ì V2 ý = Ì 0 ý
Ô Ô
Ô Ô
Ó A2 þ
Ó1 þ
2.145
Eseguendo il primo passo di triangolarizzazione si ottiene:
A
Ï0 ¸
4 – 6 2 ÏÔ 1 ¸Ô
Ô Ô
V
0 3 –3 Ì 2 ý = Ì 0 ý
Ô Ô
Ô Ô
0 –3 3 Ó A2 þ
Ó1 þ
2.146
ed al secondo passo:
4 –6 2
0 3 –3
0 0 0
Ï A1 ¸
Ï0 ¸
Ô Ô
Ô Ô
Ì V2 ý = Ì 0 ý
Ô Ô
Ô Ô
Ó A2 þ
Ó1 þ
2.147
Si è ottenuto un elemento nullo sulla diagonale principale in corrispondenza
della terza equazione; ciò sta a significare che la struttura considerata è labile
ed in particolare che non è stato vincolato il grado di libertà di moto rigido
alla rotazione.
89
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