LA SETTIMANA FISCALE – N. 9 3 marzo 2005 GUIDA PRATICA Art. 165, D.P.R. 917/1986 CREDITO per IMPOSTE PAGATE all’ESTERO di Sandro Cerato ed Ennio Vial QUADRO NORMATIVO L’art. 3, D.P.R. 917/1986 [CFF prevede per i soggetti residenti l’istituto della cd. «tassazione mondiale» secondo cui «l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato ➋ 5103] per i residenti da tutti i redditi posseduti (...)». L’art. 165 del medesimo D.P.R. [CFF ➋ 5265], per ovviare al fenomeno della doppia imposizione sui redditi di fonte estera del sog- FUNZIONAMENTO del CREDITO d’IMPOSTA: l’applicazione del «world wide principle» comporta a carico dei soggetti considerati fiscalmente residenti in Italia l’obbligo di presentazione della dichiarazione per tutti i redditi, ancorché prodotti in altri Paesi, conseguiti nel corso del periodo d’imposta: ben si può comprendere quale sia lo svantaggio per un soggetto residente in Italia che svolge un’attività in un altro Paese, il quale si trova a dover soddisfare le richieste impositive contemporanee di due Stati. Per assicurare la neutralità fiscale alle scelte operative del contribuente italiano che opera a livello transnazionale, il Legislatore ha concepito un metodo di eliminazione della doppia imposizione, per evitare che un soggetto residente che opera all’estero sia penalizzato rispetto ad un soggetto residente che svolge la stessa attività solo all’interno dello Stato. L’art. 165, co. 1, D.P.R. 917/1986, dispone, infatti, che «se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione». Il reddito prodotto all’estero deve così essere rideterminato secondo la normativa nazionale e deve essere incluso nella base imponibile complessiva. Dall’imposta lorda potranno essere portate in detrazione le imposte già pagate all’estero a titolo definitivo, fino a concorrenza della quota d’imposta italiana relativa ai redditi prodotti all’estero che corrisponde al rapporto tra redditi esteri e reddito complessivo netto del contribuente. INDICI NOVITÀ GUIDA PRATICA PRIMO PIANO QUESITI getto italiano, prevede la possibilità, in presenza di precise condizioni e con determinati limiti, di detrarre dall’imposta italiana le imposte pagate all’estero a titolo definitivo. ESEMPIO: si ipotizzi che una persona fisica residente in Italia abbia realizzato nel corso del 2004 un reddito complessivo al netto di eventuali perdite pregresse di € 40.000, di cui 10.000 sono stati conseguiti all’estero dove è stata pagata un’imposta, a titolo definitivo, di € 2.000. Per determinare fino a che limite l’imposta estera è detraibile dall’Irpef dovuta in Italia, pari a € 8.000, si deve determinare il rapporto tra il reddito prodotto all’estero e il reddito complessivo, in percentuale: 10.000 40.000 x 100 = 25% Si può dunque detrarre fino al 25% dell’imposta italiana: € 8.000 x 25% = € 2.000 Ne consegue che l’imposta già versata all’estero è interamente detraibile dall’Irpef dovuta in Italia. Se, a parità di reddito, l’imposta estera fosse superiore (ad esempio € 2.500), si potrebbe detrarre solo fino al limite massimo individuato di € 2.000, mentre il residuo sarebbe fiscalmente perso, comportando per il contribuente una parziale doppia imposizione. È evidente, infatti, che l’Italia non può concedere un credito a fronte di un prelievo estero più elevato di quello domestico: ciò infatti comporterebbe nella sostanza un rimborso da parte dell’Italia al contribuente della maggior pressione fiscale straniera. Nel caso in cui, invece, l’imposta versata all’estero fosse inferiore a quella prevista in Italia, il contribuente sarebbe tenuto a versare la differenza nei limiti della maggiore imposta dovuta. In sostanza il soggetto sarà assoggettato al prelievo fiscale più elevato tra i due Paesi. Se l’ammontare del credito per le imposte VARIE – 22 – PREVIDENZA FISCO INTERNAZIONALE AGENDA CFF ➊ – CFF ➋ : vedi CODICI FISCALI FRIZZERA n. 1 o n. 2 LA SETTIMANA FISCALE – N. 9 3 marzo 2005 GUIDA PRATICA pagate all’estero fosse superiore a quello dell’imposta netta sul reddito complessivo, gli artt. 12 e 80, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5112 e 5180], rispettivamente per le persone fisiche e i soggetti Ires, consentono al contribuente, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta del periodo d’imposta successiva o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. I soggetti passivi Iva possono altresì utilizzare il credito in compensazione con altre imposte e contributi utilizzando il modello di pagamento F24, ai sensi di quanto disposto dall’art. 17, D.Lgs. 241/1997 [CFF ➋ 7418]. Rispetto alla vecchia normativa (art. 15, D.P.R. 917/1986) l’art. 165 (in vigore dall’1.1.2004) considera il reddito imponibile non più al lordo di eventuali perdite pregresse ma al netto delle stesse. Questa differenza appare comunque più formale che sostanziale. DEFINITIVITÀ del PRELIEVO ESTERO: a questo punto è opportuno svolgere alcune considerazioni in relazione al concetto di definitività dell’imposta pagata all’estero. Il vecchio art. 15, D.P.R. 917/1986 sanciva che le imposte pagate all’estero erano considerate detraibili dall’imposta italiana solo se esse erano divenute irripetibili ossia non più modificabili (ad esempio andavano escluse le imposte versate a titolo di acconto o le imposte pagate in via provvisoria o quelle suscettibili di essere chieste a rimborso totale o parziale) e solo se pagate nel periodo di imposta cui si riferivano. Tale concetto di definitività del prelievo è stata oggetto di numerosi interventi ministeriali, dei quali è bene ricordare la C.M. 12.6.2002, n. 50/E. In tale documento, al punto 18 è stato precisato che le imposte pagate all’estero sono detraibili se divenute irripetibili e si possono considerare non ripetibili, e quindi detraibili, anche le imposte pagate all’estero nell’anno in corso, qualora siano già state dichiarate all’estero, siano state pagate prima di effettuare la dichiarazione dei redditi in Italia e soddisfino i predetti requisiti di immodificabilità. L’ultimo intervento ministeriale conferma la possibilità, già espressa in passato, di scomputare il credito per le imposte definitive pagate nell’anno in corso prima di effettuare la dichiarazione dei redditi. Il momento di effettuazione della dichiarazione dei redditi può ragionevolmente coincidere con il termine ultimo per la presentazione del Modello Unico e quindi con la data del 31 luglio o del 31 ottobre a seconda che l’invio sia, rispettivamente, cartaceo o telematico. In questa maniera il soggetto passivo d’imposta evita di esporsi finanziariamente per un anno per un importo pari al credito scomputato. La riforma fiscale, peraltro, ha fatto proprio INDICI NOVITÀ GUIDA PRATICA PRIMO PIANO QUESITI questo concetto di definitività delle imposte pagate all’estero, già anticipato a livello di prassi. In sostanza il legislatore italiano ha introdotto il principio della competenza delle imposte. Il co. 4 dell’art. 165 stabilisce che le imposte pagate all’estero possono essere portate in detrazione dalle imposte dovute dal contribuente italiano se le imposte estere sono state pagate entro i termini per la dichiarazione dei redditi in Italia. Si è quindi passati da un principio di cassa (definitività e quindi detraibilità delle imposte estere intesa come pagamento delle stesse entro il periodo d’imposta fiscale cui si riferiscono) ad un principio di competenza (definitività e detraibilità delle imposte estere intesa come pagamento delle stesse entro i termini per la dichiarazione fiscale in Italia). È necessario rilevare come il principio della competenza possa risultare penalizzante nei casi in cui le imposte estere siano liquidate in prossimità della scadenza dei termini di presentazione della dichiarazione in Italia. Ci si può chiedere, pertanto, se lo scomputo delle imposte pagate nell’anno in corso debba intendersi obbligatorio o rappresenti una mera agevolazione cui il contribuente può rinunciare rinviando il recupero del credito all’anno successivo come ha sempre fatto in passato. La C.M. n. 50/2002 appare, al riguardo, piuttosto permissiva laddove dispone espressamente che le imposte pagate all’estero a titolo definitivo «si possono» e non «si devono» considerare irripetibili. Il tenore letterale del quarto comma dell’art. 165, D.P.R. 917/1986 risulta più stringente rispetto alle posizioni dell’Agenzia delle Entrate. NOVITÀ INTRODOTTE dalla RIFORMA FISCALE: la novità di maggior rilievo contenuta nell’art. 165 riguarda invece le sole imprese che hanno prodotto un reddito all’estero. Il co. 6 prevede, infatti, che «nel caso di reddito d’impresa prodotto, da imprese residenti, nello stesso Paese estero, l’imposta estera ivi pagata a titolo definitivo su tale reddito eccedente la quota d’imposta italiana relativa al medesimo reddito estero, costituisce un credito d’imposta fino a concorrenza della eccedenza della quota d’imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all’ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l’eccedenza dell’imposta estera può essere riportata a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d’imposta nel caso in cui si produca l’eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma». VARIE – 23 – PREVIDENZA FISCO INTERNAZIONALE AGENDA CFF ➊ – CFF ➋ : vedi CODICI FISCALI FRIZZERA n. 1 o n. 2 LA SETTIMANA FISCALE – N. 9 3 marzo 2005 GUIDA PRATICA In altre parole, quando l’imposta versata all’estero è maggiore dell’imposta italiana dovuta sugli stessi redditi, la differenza può essere portata a credito dell’imposta italiana dovuta nei cinque precedenti periodi d’imposta nel limite della differenza tra l’imposta versata all’estero e la maggiore imposta italiana dovuta sui redditi della stabile organizzazione. ESEMPIO: per chiarire quale sia il meccanismo di applicazione pratica di questa disposizione, ipotizziamo il seguente esempio: Imposta estera Imposta in Italia Differenza Anno 1 580 600 20 Anno 2 615 640 25 Anno 3 610 630 20 Anno 4 630 650 20 Anno 5 650 680 30 Anno 6 720 650 – 70 L’eccedenza evidenziata nell’ultimo anno (– 70) potrà essere portata in detrazione dalle imposte già versate in Italia negli anni precedenti nei limiti della differenza tra l’imposta italiana e l’im- – 24 – posta estera (30 + 20 + 20), eccedenza che, presumibilmente, potrà essere chiesta interamente a rimborso. Ove nei cinque anni precedenti l’imposta versata all’estero sia sempre stata inferiore od uguale a quella dovuta in Italia sugli stessi redditi, l’eccedenza potrà comunque essere utilizzata a compensazione delle eventuali maggiori imposte dovute in Italia nei cinque periodi d’imposta successivi. I vantaggi derivanti dalla possibilità di compensare gli imponibili positivi e negativi tra casa madre e la propria stabile organizzazione estera ovvero tra società collegate situate in Stati diversi sarebbero, infatti, vanificati se non si tenesse conto delle circostanze contingenti che possono determinare un «anomalo» scostamento tra l’imposta dovuta in Italia e l’imposta versata all’estero. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di realizzo di una plusvalenza su un bene detenuto da più di tre anni da parte di una stabile organizzazione: nel caso in cui lo Stato estero assoggetti interamente a tassazione la plusvalenza nel periodo di realizzo, l’imposta ivi versata risulta di molto superiore a quella dovuta sullo stesso reddito in Italia, stante la rateizzazione a quote costanti nell’arco di cinque anni attualmente prevista dall’art. 86, co. 4, D.P.R. 917/1986 [CFF ➋ 5186].