Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - CAPITOLO 8 NOZIONI DI COLORIMETRIA E DI CONTROLLO STRUMENTALE DEL COLORE 1. INTRODUZIONE 2. COLORE E SENSAZIONE VISIVA 3. IL SISTEMA: SORGENTE – CAMPIONE – OSSERVATORE 3.1. 3.2. 3.3. 3.4. SPETTRO DEL VISIBILE E SORGENTI DI LUCE CAMPIONE ED INTERAZIONE RADIAZIONE MATERIA L’OSSERVATORE OSSERVATORE STANDARD 4. METAMERIA 5. SPAZI COLORE 5.1. DIAGRAMMA DI CROMATICITÀ CIE 1931 5.2. SPAZI COLORE A CROMATICITÀ UNIFORME 5.3. LO SPAZIO COLORIMETRICO CIELAB 6. DIFFERENZE DI COLORE 6.1. TOLLERANZE DI COLORE CON LE FORMULE CIEL*A *B* E CIEL*C*H* 7. LA MISURAZIONE STRUMENTALE DEL COLORE: LO SPETTROFOTOMETRO 7.1. GEOMETRIA OTTICA PER LE MISURE IN RIFLESSIONE 8. CONSIDERAZIONI FINALI SULLA OTTIMIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO STRUMENTALE DEL COLORE 1. INTRODUZIONE L’aspetto di un prodotto tessile, senza niente togliere ai contenuti tecnici che racchiude, rappresenta sicuramente l’attributo più importante. È praticamente inutile produrre un prodotto tessile per abbigliamento caratterizzato da elevatissimi contenuti tecnici, ma di aspetto sgradevole, questo perché il vero “messaggio” dell’articolo tessile è portato dall’apparenza (forma superficiale, mano, trasparenza, ecc.) e dal colore. Ma il colore è un fenomeno fisico, chimico, o qualcosa di diverso? Niente di tutto ciò, il colore è una sensazione, uno stato d’animo, “il colore non esiste”, il colore, a differenza della luce e della materia che sono realtà fisiche, è un’interpretazione cerebrale dell’osservatore. 2. COLORE E SENSAZIONE VISIVA La sensazione visiva che induce l’osservazione di un colore può essere razionalizzata suddividendola in tre concetti fondamentali: • Tinta (hue): rappresenta la sensazioni visiva che permette l’attribuzione dei colori (blu, rev.03 pag.1 di 1 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - viola, giallo, arancio, ecc.). • Saturazione (chroma): permette di valutare la purezza di un colore, ci consente di attribuire la pienezza di un colore senza variarne la nuance. Un rosso più “pieno” è un rosso più saturo, lo stesso rosso più “vuoto”, ma della stessa nuance è meno saturo. • Luminosità (lightness): indica il carattere più o meno chiaro della superficie del corpo osservato, ed è legata alla capacità della superficie di trasmettere o di riflettere una frazione della luce incidente più o meno grande. L’insieme di queste tre “grandezze” permette di individuare, in un ipotetico spazio dove sono racchiusi tutti i possibili colori, un solo e unico colore. Il colore, come già anticipato, non è un fenomeno semplice infatti può essere considerato come un’elaborazione delle informazioni visive raccolte dall’occhio, elaborate dalla corteccia cerebrale; questa elaborazione, allo stato attuale ancora non completamente conosciuta, è sicuramente diversa da individuo ad individuo. E, proprio questo passaggio, così personale ed individuale, fa sì che la sensazione indotta dallo stesso oggetto colorato su individui diversi è sicuramente differente. È ovvio che in un sistema produttivo, dove il colore rappresenta un elemento fondamentale ed un grandissimo “valore aggiunto” , la soggettività della sua misura, cosi come possibile per la semplice osservazione visiva costituisce una forte limitazione. Per sopperire a tale situazione da alcuni decenni si è cercato di misurare in maniera strumentale (obiettiva) il fenomeno fisico alla base della generazione della sensazione del colore e successivamente di elaborare modelli matematici sempre più sofisticati che tendessero a riprodurre in termini numerici le sensazioni visive indotte da un oggetto su un ipotetico “occhio o osservatore standard”. L’introduzione di elaboratori sempre più veloci, accoppiata a strumenti di rilevazione fisica delle radiazioni assorbite e riflesse da un corpo (spettrofotometri) ha fatto sì che la misura obiettiva del colore (colorimetria) diventasse in questi ultimi anni il mezzo più utilizzato a livello industriale per la catalogazione, riproduzione e controllo qualità di materiali colorati. rev.03 pag.2 di 2 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 3. IL SISTEMA: SORGENTE – CAMPIONE – OSSERVATORE Alla base della generazione della sensazione di un colore deve essere sempre presente un sistema costituito da tre elementi fondamentali: • la sorgente: con sorgente si intende la fonte primaria di radiazioni elettromagnetiche di particolare lunghezza d’onda (luce visibile emessa dal sole, da una lampada, ecc.) che vanno ad illuminare il corpo colorato. Al buio nessun corpo appare colorato! • il campione: materiale colorato deve presentare al proprio interno molecole costituiti da particolari gruppi di atomi (cromofori) che interagiscono con le radiazioni incidenti emesse dalla sorgente (luce) assorbendone in maniera selettiva una parte. I materiali che assorbono tutte le radiazioni incidenti danno la sensazione cromatica del colore nero, quelli che riflettono o che si fanno attraversare da tutte le radiazioni incidenti sono bianchi, mentre i corpi che assorbono o riflettono soltanto una parte delle radiazioni sono colorati. • l’osservatore: nel caso dell’osservazione visiva è costituito dal sistema occhio – corteccia cerebrale, mentre nella colorimetri strumentale l’osservatore è costituito dal sistema spettrofotometro (rilevatore della qualità e della quantità di radiazioni riflesse o trasmesse dal campione) – software (sistema di elaborazione dati che, tramite l’elaborazione delle informazioni fisiche provenienti dallo spettrofotometro, e per mezzo degli algoritmi impostati, attribuisce al colore del campione una serie di parametri numerici di riferimento). 3.1. Spettro del visibile e sorgenti di luce Spettro del visibile La luce generata dalle sorgenti naturali (sole) ed artificiali è costituita da un insieme di radiazioni elettromagnetiche di diversa lunghezza d’onda. La lunghezza d’onda delle radiazioni elettromagnetiche (unità di misura: nanometro (nm) = 10-6m) costituisce il principale elemento distintivo; la lunghezza d’onda è inversamente proporzionale all’energia posseduta da queste radiazioni (più corte sono le onde elettromagnetiche e maggiore è l’energia posseduta). Per portare un esempio basta ricordare che le onde elettromagnetiche che costituiscono la zona dello spettro detta “ultravioletto” sono più corte di quelle della zona del visibile; il contenuto energetico delle radiazioni ultraviolette è rev.03 pag.3 di 3 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - sicuramente maggiore rispetto alle radiazioni visibili, infatti se ci esponiamo al sole direttamente possiamo scottare la pelle (forte interazione radiazione – materia), mentre se ci sistemiamo dietro un vetro (assorbe tutte le radiazioni ultraviolette, ma è trasparente a quelle visibili) non incorriamo nel suddetto inconveniente. La radiazioni elettromagnetiche esistenti in natura e nel nostro ambiente coprono un range di lunghezza d’onda amplissimo, si va infatti dai potentissimi raggi cosmici (fortunatamente bloccati dall’atmosfera terrestre) con lunghezze d’onda di 0,00001 nm fino alle onde radio, che possono avere lunghezze d’onda anche nell’ordine di 1 km (1.000.000.000 nm). L’insieme delle radiazioni che costituiscono la luce bianca, cioè le radiazioni che sono percepite dall’occhio umano vengono dette “spettro visibile” e sono costituite da radiazioni di lunghezza d’onda compresa tra 350 e 700 nm circa. Le lunghezza d’onda più vicine costituiscono le infrarosse, nel caso di lunghezze d’onda maggiori, e le ultraviolette se minori. Da quanto descritto è evidente che la luce visibile è costituita da un piccolissimo intervallo di radiazioni elettromagnetiche, se confrontato con l’intero spettro di radiazioni elettromagnetiche esistenti. Come possiamo notare a seconda delle varie zone all’interno dello spettro visibile si associano colori diversi (tra 350 e 450 il violetto; tra 490 e 560 il verde; tra 600 e 700 l’arancio ed il rosso); possiamo perciò considerare la luce bianca come la sommatoria di tutte le radiazioni colorate. Per questo motivo il concetto di colore e tinta sono strettamente associate alle lunghezze d’onda caratteristiche della radiazione elettromagnetica trasmesse o riflesse dal materiale colorato, ma questo fenomeno fisico non è assolutamente sufficiente per definire la sensazione di colore, infatti nessuno percepisce il colore rosso ad esempio, come il doppio del blu in termini di lunghezza d’onda. Sorgenti di luce ed illuminanti La principale sorgente luminosa è costituita dalla luce solare ( intervallo 200 – 4000 nm). Le sorgenti artificiali sono costituiti da corpi che riscaldati divengono incandescenti ed emettono radiazioni elettromagnetiche (lampade ad incandescenza), e da sistemi costituiti da gas che vengono eccitati da scariche elettriche con conseguente emissione di radiazioni (lampade fluorescenti). Il colore della luce di emissione delle sorgenti viene generalmente descritto indicando la temperatura colore in gradi Kelvin (K). Con temperatura colore di una sorgente si intende la temperatura alla quale deve essere riscaldato il “corpo nero” (sorgente di riferimento) per emettere una luce che abbia la stessa tonalità di colore di quella della sorgente in esame. Lo spettro solare, ad esempio, può essere assimilato alle radiazioni emesse dal corpo nero, scaldato alla temperatura di 5800 K. Illuminanti Il colore di un materiale è ovviamente influenzato dal colore della sorgente di emissione di rev.03 pag.4 di 4 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - radiazioni (il colore di un corpo appare nettamente diverso se illuminato da una luce bianca o da una colorata), per tale motivo, l’avvento della colorimetria strumentale ha reso indispensabile la definizione di condizioni normalizzate di emissioni di radiazioni e cioè di illuminanti standard. I principali illuminanti, normalizzati dalla CIE (Commission Internazionale de l’Eclairage), sono i seguenti: • D65 : simula la luce diurna – temperatura colore 6500 K • A • F11 : lampada fluorescente - temperatura colore 4000 K – assimilabile alla lampada Philips TL84 utilizzata nei punti di vendita Mark & Spencer. • F2 : simula una lampada ad incandescenza - temperatura colore 2856 K : lampada fluorescente - temperatura colore 4230 K – corrisponde alla lampada CWF. 3.2. Campione ed interazione radiazione materia I fenomeni legati all’interazione tra la radiazione che illumina il campione (radiazione incidente) e le radiazioni che vengono dallo stesso riflesse, assorbite o trasmesse, sono legati a numerosi fenomeni che possono essere così esemplificati: • riflessione esterna: il fenomeno è legato alla variazione della velocità di trasmissione della radiazione nell’aria e nel corpo investito dalla radiazione stessa (variazione dell’indice di rifrazione).si intende la capacità che ha un materiale di riflettere in maniera speculare o diffusa la radiazione incidente. Per riflessione speculare si intende quella generata da una superficie perfettamente liscia e levigata dove la radiazione viene riflessa dalla superficie con un angolo identico a quello formato dalla radiazione incidente con la perpendicolare alla superficie stessa (caratteristica dei corpi perfettamente lisci e levigati). Per riflessione diffusa si intende invece la riflessione in tutte le direzioni della radiazione incidente; il fenomeno è dovuto alla scabrosità della superficie, genera la sensazione di corpo opaco e rappresenta la maggior componente della riflessione dei materiali tessili. rev.03 pag.5 di 5 Capitolo 8 • - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Assorbimento: i corpi non hanno soltanto la prerogativa di riflettere le radiazioni incidenti ma, nel caso presentino al loro interno molecole che sono in grado di interagire con alcune radiazioni elettromagnetiche, possono assorbire parte delle radiazioni costituenti lo spettro della luce bianca originando il fenomeno dell’assorbimento. Come già detto lo spettro visibile della luce bianca è costituito da tutte le radiazioni comprese tra 350 e 700 nm; l’assorbimento selettivo delle radiazioni di determinate lunghezze d’onda genera il colore degli oggetti. Le radiazioni che non sono assorbite vengono riflesse o trasmesse e raggiungono l’osservatore. Esempi di combinazione dell’effetto di riflessione superficiale, assorbimento e diffusione Nella figura 7 si rilevano le seguenti situazioni: 1. le radiazioni incidenti (luce bianca) non vengono assorbite dalle particelle immerse in un materiale (stesso indice di rifrazione delle particelle e del materiale) - il campione si presenta incolore e trasparente (es. fibra tessile sintetica lucida [materiale] – prodotti plastificanti [particelle]); 2. le radiazioni incidenti (luce bianca) vengono selettivamente assorbite dalle particelle immerse in un materiale (stesso indice di rifrazione delle particelle e del materiale) - il campione si presenta colorato e trasparente (es. fibra tessile sintetica lucida [materiale] – colorante [particelle]); 3. le radiazioni incidenti (luce bianca) non vengono assorbite dalle particelle immerse in un materiale, ma le particelle possiedono un indice di rifrazione diverso dal materiale (fenomeno della riflessione diffusa) - il campione si presenta bianco e opaco (es. fibra tessile sintetica [materiale] – biossido di titanio [particelle] – Questo insieme costituisce le cosiddette “fibre opache” in quanto le particelle bianche di biossido di titanio non assorbono selettivamente radiazioni del visibile, ma tendono a rifletterle in tutte le direzioni); 4. le radiazioni incidenti (luce bianca) vengono assorbite dalle particelle immerse in un materiale, inoltre le particelle possiedono un indice di rifrazione diverso dal materiale (fenomeno della riflessione diffusa) - il campione si presenta colorato e opaco (es. fibra tessile sintetica [materiale] – pigmento [particelle] – Questo insieme costituisce la situazione che si verifica quando nelle fibre sintetiche vengono immerse particelle di pigmenti colorati (tintura in pasta o massa); in questo caso le particelle di pigmento, caratterizzate da diverso indice di rifrazione rispetto al polimero costituente la fibra, in parte originano riflessione diffusa, ed in parte vengono selettivamente assorbite generando la sensazione di corpo opaco e colorato. rev.03 pag.6 di 6 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Tutti i fenomeni sopra descritti coinvolgono variazioni di lunghezze d’onda e/o variazioni di energia tra le radiazioni emesse dalle sorgenti e quelle trasmesse o riflesse dal campione. L’esecuzione di un’analisi obiettiva di tipo puramente fisico di questi fenomeni viene effettuata, misurando tramite apparecchi detti spettrofotometri, l’energia luminosa trasmessa o riflessa da un oggetto per ogni lunghezza d’onda del visibile. Le curve risultanti da quest’analisi vengono chiamate curve spettrali e sono significative del colore e dell’aspetto del materiale. Queste curve riportano nelle ascisse le lunghezze d’onda e nelle ordinate la percentuale di radiazione riflessa (riflettanza %) o trasmessa (trasmittanza %) rispetto a quella incidente. • • • Nel caso di colore bianco si avrà una retta parallela alle ascisse caratterizzata da riflettanza = 100%; per il colore nero una retta identica alla precedente, ma posizionata a valore di trasmittanza = 0%; per una sostanza colorata un profilo dello spettro con picchi di riflettanza o trasmittanza. Esempi di curve di riflettanza: rev.03 pag.7 di 7 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 1. bianco ideale: riflettanza = 0 a tutte le lunghezze d’onda (λ); 2. campione blu: il campione appare blu perché assorbe le radiazioni giallo – arancione – rosse; 3. campione blu-rossastro: il campione appare blu-rossastro perché assorbe le radiazioni verdi; 4. campione giallo: il campione appare giallo perché sono assorbite le radiazioni blu-viola. Fenomeno della fluorescenza Il fenomeno della fluorescenza è caratterizzato dalla capacità di alcune molecole di assorbire razioni elettromagnetiche di una determinata lunghezza d’onda e di riemettere radiazioni a lunghezza d’onda maggiore. Questo principio viene sfruttato, nel settore tessile, nella utilizzazione dei candeggianti ottici; queste molecole, infatti, sono in grado di assorbire dalla luce incidente le radiazioni ultraviolette e di riemetterle nel visibile, incrementando così, ad esempio in un tessuto bianco, la quantità di radiazioni visibili riflesse dal manufatto. Per questo motivo, le curve di riflettanza di un manufatto bianco, candeggiato mediante l’utilizzazione di imbiancanti ottici (molecole fluorescenti), presenta in alcune zone dello spettro valori di riflettanza percentuali superiori al 100%. rev.03 pag.8 di 8 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 3.3. L’osservatore Il sistema occhio – corteccia cerebrale costituisce lo stadio finale per la generazione della sensazione visiva del colore. La neurofisiologia dell’occhio e del sistema visivo evidenzia che gli organi recettori responsabili della visione sono collocati nella retina dell’occhio; in detta posizione sono alloggiati i coni ed i bastoncelli. Di questi elementi, i coni, sono responsabili della visione diurna (fotopica), sono cioè sensibili alla percezione dei colori, mentre i bastoncelli sono responsabili della visioni notturna (scotopica) e sono sensibili soprattutto alla variazioni di luminosità. Questi elementi (120 milioni di coni e 7 milioni di bastoncelli) hanno tutti la stessa sensibilità; i coni sono preferenzialmente raggruppati in una zona della retina chiamata “fovea” e sono suddivisi in tre grandi categorie a seconda della loro massima sensibilità. Le tre serie (sensibilità ai blu, ai verdi ed ai rossi) presentano i massimi di sensibilità rispettivamente a 477, 540 e 577 nm. La loro distribuzione media è di 40 verdi, 20 rossi ed 1 blu. Questa situazione fisiologica elaborata con alcune importanti teorie del processo della visione (teoria di Young [1801], di Hemotz [1850], di Herrring [1878] e di Muller [1931]) e confermata con recenti dati sperimentali, ha permesso di indicare che la sensazione del colore è legata alla presenza di tre tipi di recettori nella retina, le cui risposte vengono convertite dal sistema retina – nervo ottico, in tre nuove serie di segnali, coppie antagoniste o opposte del tipo: bianco/nero; rosso/verde; giallo/blu. rev.03 pag.9 di 9 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 3.4. Osservatore standard La presenza di tre gruppi di segnali provenienti dal fondo dell’occhio umano è alla base dell’approccio scientifico e strumentale della misurazione del colore. Oggi le tre risposte spettrali, funzione della lunghezza d’onda dei tre tipi di recettori dell’occhio umano sono note. Al fine di standardizzare questi stimoli, la CIE ha attribuito alle funzioni colorimetriche dell’occhio dei valori numerici e li ha utilizzati per la definizione di un “osservatore standard”. L’osservatore standard è di fatto costituito da una serie di dati riferiti ad un osservatore umano medio e normale, e non ad un particolare osservatore realmente esistente. L’attribuzione di questi valori è stata effettuata per la prima volta nel 1923 studiante le modalità con cui 10 osservatori campioni modulavano tre luci colorate (rossa, verde e blu) per riprodurre una luce di un qualsiasi colore proiettata in uno schermo bianco. Per operare una semplificazione dei calcoli necessari per definire in maniera standardizzata un colore, la CIE sviluppò, a partire dalle funzioni tricromatiche reali (r,g,b [luce red, green, blu]) alcune trasformazioni matematiche, arrivando così ad individuare tre nuove luci standard x,y,z che permisero di identificare lo stimolo visivo con tre soli numeri, e dalle quali fu possibile ottenere un insieme di funzioni dette funzioni colorimetriche CIE (x, y, z) che rappresentano funzioni medie di un osservatore standard immaginario. L’utilizzazione di queste funzioni colorimetriche attribuite all’osservatore standard, permette di trasformare una curva di spettrale in tre valori numerici detti Valori Tristimolo (XYZ), utilizzati per definire univocamente il colore di un campione o di una luce colorata. Il calcolo dei Valori Tristimolo per corpi colorati si effettua moltiplicando, per ogni lunghezza d’onda (o per intervalli di 10 nm) su tutto l’intervallo del visibile, il valore dell’energia della sorgente a quella lunghezza d’onda (S), diminuito del valore di riflettanza di quel colore ( R ) alla stessa lunghezza d’onda, per il valore della relativa funzione colorimetrica (x, y, oppure z). La formula per il calcolo del Valore Tristimolo (X) può essere così descritta: rev.03 pag.10 di 10 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - − Χ = ∑350 S (λ ).R(λ ). x (λ ).∆(λ ) 700 Analogamente per i Valori Tristimolo (Y) e (Z). 4. METAMERIA Il fenomeno della metameria si evidenzia quando due campioni con diverse curve spettrali presentano sensazioni cromatiche identiche in condizioni di illuminazione e di osservazione costanti, mentre cambiando sorgente o angolo di osservazione si ottiene una sensazione di colore diverso (noto l’effetto di cambiamento di colore che si osserva in taluni tessuti se osservati sotto la luce artificiale [es. neon] o alla luce del giorno). Dal punto di vista colorimetrico la metameria si ottiene quando i Valori Tristimolo X,Y,Z di due campioni sono uguali sotto un illuminante e diversi sotto un altro. La metameria si evidenzia, in alcuni casi, quando un colore ottenuto su un materiale tessile con una miscela di coloranti, viene riprodotto con una diversa miscela di coloranti, ottenendo la stessa sensazione visiva sotto un determinato illuminante (colore a campione), mentre se si cambia illuminante i due colori prima identici, appaiono adesso diversi. Esempio: combinazione 1: colore ottenuto per miscelazione di giallo, rosso, blu; rev.03 pag.11 di 11 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - combinazione 2: colore ottenuto per miscelazione di arancione, blu. 5. SPAZI COLORE 5.1. Diagramma di cromaticità CIE 1931 I Valori Tristimolo X, Y, Z attribuiti ad un singolo colore permettono di individuare solo quel colore con grande accuratezza; purtroppo la correlazione tra il dato matematico e la sensazione visiva del colore è spesso molto difficile. Tutto ciò avviene perché, anche se il Valore Y è correttamente associabile alla sensazione di chiarezza del colore altrettanto non possiamo dire per l’associazione dei Valori X, Z alla sensazione di colore (hue) e di saturazione (chroma). Per illustrare le disposizione dei colori, dopo l’identificazione di un osservazione standard, la CIE raccomandò di identificare separatamente gli aspetti cromatici di un colore dalla luminosità. Per fare ciò si impiegarono le grandezze x, y per precisare la cromaticità dei colori e la rappresentazione grafica si concretizza in un diagramma bidimensionale con assi x e y che definisce uno spazio a forma di ferro di cavallo chiamato triangolo dei colori CIE all’interno del quale sono descritti tutti i possibili colori presenti nella luce. • I bordi del diagramma sono costituiti dalle coordinate cromatiche dei colori puri; • la parte centrale del diagramma rappresenta il punto di bianco neutro o punto acromatico (x=0,333; y=0,333); • tutti gli illuminanti sono localizzati nella parte centrale, ma in punti diversi a seconda della tonalità della luce bianca (es. illuminante A [lampada ad incandescenza] spostata nella parte dei gialli). rev.03 pag.12 di 12 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Un qualsiasi colore contenuto all’interno del triangolo può perciò essere descritto indicando i due valori numerici delle coordinate x e y che coincidono con il punto colore. Un secondo metodo per definire l’esatta posizione di un colore nel Triangolo Cromatico è quello di individuare le grandezze di lunghezza d’onda dominante e di purezza colorimetrica. Questo metodo offre una migliore correlazione tra i valori numerici della colorimetria e l’osservazione visiva, perché permette di identificare un colore con i termini di tinta e di saturazione, così come avviene nell’apprezzamento visivo. • lunghezza d’onda dominante: si ottiene prolungando la retta che unisce il punto acromatico (C ) con il punto del colore in oggetto (P), fino ad intercettare la linea dei colori saturi, individuando così la lunghezza d’onda detta “dominante” (fig. 15); • purezza colorimetrica o saturazione: è misurata come il rapporto tra la distanza del colore (P) dall’illuminante (CP) e la distanza tra l’illuminante ed il colore puro (CP’). Il colore puro avrà saturazione = 1 e l’illuminante = 0 (fig. 15). rev.03 pag.13 di 13 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Come già detto il sistema oggettivo di misurazione del colore, attribuisce ad ogni colore tre indici numerici (x e y che individuano le coordinate cromatiche dello triangolo dei colori CIE ed il Valore Tristimolo Y che indica la luminosità del campione). Questa situazione indica che il piano individuato dal triangolo dei colori è costituito da una superficie a luminosità costante, e pertanto in teoria non potrebbero esistere due colori con le stesse coordinate cromatiche (x e y), ma tenendo conto che la grandezza Y (Valore Tristimolo Y) si sviluppa in senso perpendicolare al triangolo dei colori, possiamo giustamente ritenere che due colori possono essere caratterizzati dalle stesse coordinate x,y, ma diverso valore di luminosità Y (colori C 1 e C 2 fig. 16). In altri termini si può costruire uno spazio con una serie di triangoli cromatici sovrapposti e ciascuno caratterizzato da una propria luminosità. All’aumentare della luminosità, diminuisce la saturazione possibile dei colori puri con la conseguente diminuzione della superficie del triangolo cromatico. rev.03 pag.14 di 14 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 5.2. Spazi colore a cromaticità uniforme Lo spazio colore sopra descritto (x, y, Y) presenta lo svantaggio di non essere euclideo; ciò non permette di esprimere le differenze di colore tra due punti in termini semplici, in altre parole le distanze geometriche esistente tra due punti (due colori) posti all’interno dello spazio non sono proporzionali alle differenze di colore osservate. Le disomogeneità esistono sia nella scale delle Y sia nel piano x, y. Tale situazione è stata studiata da Mac Adam che rappresentò la non uniformità ponendo i colori al centro, ed individuando uno spazio attorno a quel punto (colore) dove i colori non risultano visivamente distinguibili. Lo spazio di colore uniforme (non riconoscibile) è costituito in ogni punto del triangolo dei colori CIE da un ellisse di dimensioni diverse a seconda del colore posto al centro dell’ellisse stesso. La disomogeneità è evidente, perché la soglia di percettibilità (bordo dell’ellisse) non è per ogni punto cromatico (colore) un cerchio di uguale raggio, ma è costituita da un ellisse i cui semiassi sono diversi a seconda della zona del triangolo colore dove è posizionato il colore. Le dimensioni dei suddetti ellissi sono maggiori nella zona dei verdi e minori in quelli dei blu; ciò significa che la visione dei colori è maggiormente sensibile alle differenze dei colori verdi rispetto ai blu ed ai rossi. La necessità di definire dei limiti di tolleranza nella riproduzione dei colori ha perciò indotto a ricercare, per triangolo dei colori x, y altre forme geometriche che meglio si prestassero alla rappresentazione dei colori in uno spazio a cromaticità uniforme. rev.03 pag.15 di 15 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - 5.3. Lo Spazio Colorimetrico CIELAB Nel 1976 la CIE raccomandò l’utilizzazione di due nuovi sistemi (CIELUV) e (CIELab); per distinguerli dagli altri sistemi a cromaticità costante (es. HUNTER), tutti i parametri utilizzati sono contrassegnati da un asterisco (es. L*, a*, b*). Il sistema CIELab è tutt’oggi il sistema a cromaticità costante più utilizzato nelle moderne applicazioni della colorimetria. Lo scopo dell’introduzione del sistema CIELab, oltre a quello utilizzare uno spazio a uniformità costante nelle differenze dei colori è stato anche quello di introdurre un sistema più semplice per la rappresentazione obiettiva della sensazione colore. Nel sistema CIELab si ritrova inoltre il metodo di individuazione dei colori che riprende la teoria delle tre coppie antagoniste: bianco/nero; rosso/verde; giallo/blu. Esistono delle formule di trasformazione che permettono di calcolare lo spazio CIE 1976 (CIELab) partendo dai Valori Tristimolo X,Y,Z (CIE 1931). Il sistema CIELab possiede anche le proprietà di uno spazio euclideo, ed in esso ognuno dei sui punti può essere individuato da: Coordinate cartesiane: L*, a*,b*: • L* = indica la luminosità • a* = indica la componente cromatica rosso-verde • b* = indica la componente cromatica giallo-blu Coordinate cilindriche: L*, C*,h*: • L* = indica la luminosità • C* = rappresenta la saturazione (chroma) • h* = rappresenta l’angolo del colore, inteso come tono di colore (hue). Spiegazione fig. 19: • gli assi a* e b* descrivono il punto colore e si incrociano nel punto incolore “U” (nero, grigio o bianco a seconda della luminosità); • l’asse L* descrive la luminosità, interseca a* e b* nel punto “U”, e assume valori da 0 rev.03 pag.16 di 16 Capitolo 8 • • • - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - (nero) a 100 (bianco); i colori dello stesso tono si trovano allineati nel piano a*, b* su una retta passante dall’origine “U”; l’angolo di rotazione h (in gradi) (crescente dal rosso al giallo) è una misura del tono del colore (h = 0 gradi → rosso; h = 90 gradi → giallo; h = 180 gradi → verde; h = 270 gradi → blu; la distanza del punto colore rispetto al punto incolore “U” definisce la saturazione (C*= chroma). Il valore di C* varia da 0 a 80 (80 per colori molto brillanti o puri). 6. DIFFERENZE DI COLORE Il rispetto del colore del campione in un processo industriale di riproduzione di un manufatto colorato rappresenta una dei momenti più importanti per il controllo qualità dei prodotti tessili. La colorimetria, oltre ad essere utilizzata dai chimici tintori per la formulazione della ricetta tintoriali più adatta per la riproduzione di un colore campione, rappresenta un mezzo ormai indispensabile per la valutazione del controllo qualità dei prodotti tessili, sia in relazione alla rispondenza colorimetrica della produzione al campione, sia per valutare l’omogeneità del colore all’interno di uno stesso manufatto (centro/cimosa; testa-coda). La ricerca di uno spazio colore uniforme, ha fra gli altri lo scopo di consentire la valutazione delle differenze di colore mediante la misura delle distanze geometriche che sparano i diversi punti colore situati in quello spazio. Così la distanza tra due punti colore verrà calcolata con una relazione matematica che terrà conto delle proiezioni spaziali dei punti su ciascuna delle tre variabili utilizzate per individuare lo spazio colore a cromaticità costante. Nel sistema CIELab la differenza totale di colore è data dal grandezza ∆E* che integra le differenze delle tre variabili indipendenti, cioè: ∆E = (∆a *)2 + (∆b *)2 + (∆L *)2 per le coordinate cartesiane: L*, a*,b*: • • • ∆L* = indica la differenza di luminosità sull’asse L* ∆a* = indica la differenza cromatica sull’asse rosso-verde ∆b* = indica la differenza cromatica sull’asse giallo-blu per le coordinate cilindriche: L*, C*,h*: • • • ∆L* = indica la differenza di luminosità sull’asse L* ∆C* = rappresenta la differenza di saturazione sul raggio C* ∆h* = rappresenta la differenza sull’angolo del colore h*; la differenza ∆h* espressa in gradi viene trasformata in unità di lunghezza. Tale differenza di tinta sarà quindi rappresentata da ∆H*, per associazione al raggio del cerchio cromatico C*, che rappresenta la saturazione. La differenza totale di tinta ∆H* può quindi essere integrata nella differenza totale di colore ∆E*: rev.03 pag.17 di 17 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - ∆H = (∆E *)2 − (∆L *)2 (∆C *)2 La suddetta scomposizione dello scarto totale di colore ∆E* in ∆L*, ∆C*, ∆H*, avvicina l’espressione delle differenze di colore alla valutazione visiva della classificazione naturale dei colori. Questa trattazione delle differenze di colore è, per la semplicità e la praticità, uno dei metodi a tutt’oggi frequentemente utilizzato. 6.1. Tolleranze di colore con le formule CIEL*a*b* e CIEL*C*h* L’introduzione di fattori di tolleranza negli spazi colori citati, utilizzati con le formule di calcolo delle differenze di colore (es. CIEL*a*b* e CIEL*C*h*), si prefigge lo scopo di individuare una porzione di spazio del solido colore, al centro del quale viene posto il colore del campione da riprodurre, ed al cui interno risiedono tutti i colori delle riproduzioni che vengono considerate in tolleranza con il colore campione. Tutti i colori delle riproduzioni che risiederanno al di fuori di questo volume saranno ovviamente da scartare (sistema pass/fail). È ovvio che l’individuazione ed il dimensionamento dei valori di tolleranza ha un peso fondamentale nella procedura di controllo qualità colorimetrico delle tinte. Sistema a coordinate cartesiane: CIE L*, a*,b* Lo spazio colorimetrico in oggetto è quasi uniforme per quanto riguarda la percezione di piccoli scarti di colore; cioè per i campioni paragonati a uno standard, le differenze di colore (distanze) in qualsiasi direzione vengano valutate hanno la stessa importanza (peso o ponderazione), cosi possiamo considerare la differenza di colore ∆E* come una combinazione pesata degli scarti tra il campione e la riproduzione delle tre coordinate L*, a*,b*. La valutazione industriale del controllo qualità dei colori, comunque molto spesso, non si basa soltanto sulla valutazione della differenza di colore globale ∆E*, ma introduce delle tolleranze differenziate sui parametri ∆L* ,∆a* ,∆b* a seconda dei diversi colori esaminati. Questa complicazione (introduzione di valori diversi di tolleranza a seconda dei colori analizzati) viene introdotta per avvicinare il più possibile la soglia di accettabilità strumentale a quella della percezione visiva. rev.03 pag.18 di 18 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Nella fig. 21 la zona dei colori accettabili viene delimitata dalle tolleranze ± ∆a*, ± ∆b*; se vengono considerate anche le tolleranze relative alla luminosità ± ∆L* in direzione perpendicolare al piano a*,b*, la zona di accettabilità si estende in tre dimensioni fino ad assumere la forma di un ellissoide. L’utilizzazione dei sistemi di tolleranza basati sull’uso della CIE L*,a*,b* presenta inconvenienti basati sul fatto che i volumi di accettabilità cartesiana di questo metodo, spesso non coincidono esattamente con quelli della percezione visiva. Il volume di tolleranza individuato con la percezione visiva assume anch’esso la forma di un ellissoide i cui assi minori si allineano in direzione del cambio della tinta (maggiore sensibilità dell’occhio a variazioni di tono). È inoltre importante considerare che, poiché sia la forma che l’allineamento del volume circoscritto dalle tolleranze L*,a*,b*, non collima esattamente con il volume circoscritto dalla percezione visiva, i colori (riproduzioni) vicini al margine del volume possono risultare accettabili per il calcolo strumentale, mentre risultano non accettabili da un punto di vista visivo. Sistema a coordinate cilindriche: L*, C*,h* In questo sistema l’individuazione del volume che racchiude i colori di riproduzione in tolleranza con il colore campione, prevede la sostituzione rispetto al sistema CIE L*,a*,b* di a*,b*, con C* e h*. rev.03 pag.19 di 19 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Nella fig. 22 la zona dei colori accettabili viene delimitata dalle tolleranze ± ∆C*, ± ∆h*; se vengono considerate anche le tolleranze relative alla luminosità ± ∆L* in direzione perpendicolare al piano a*,b*, la zona di accettabilità, anche in questo caso, si estende in tre dimensioni fino ad assumere la forma di un ellissoide. Dobbiamo inoltre precisare che le tolleranze possono essere di diversa entità per le diverse direzioni degli assi (+ -), con la conseguente formazione di volumi di tolleranza diversi a seconda del colore esaminato. Rispetto al sistema CIE L*,a*,b*, il volume di accettabilità CIE L*,C*,h* si adatta meglio al volume di tolleranza della valutazione visiva; l’allineamento dei volumi di accettabilità visiva è analogo a quello del sistema L*,C*,h* , anche se la forma è considerevolmente diversa. Anche in questo , come nel precedente sistema i colori di riproduzione posti in prossimità dei margini del solido di tolleranza L*,C*,h*, vengono spesso accettabili secondo i calcoli, anche se la percezione visiva le percepisce come non accettabili. Differenze e tolleranze di colore con sistemi di accettabilità CMC Un uso molto frequente delle formule relative alla differenze nel sistema CIELab, ha evidenziato, come già descritto, che in alcuni casi detti algoritmi portano a commettere errori. Per questo motivo il problema è stato nuovamente affrontato verificando con decine di migliaia di giudizi visivi la formula CIELab, ed arrivando a definire delle modifiche che rendono la formula più sicura e di più semplice applicazione. Molti studi statistici, basati sulle valutazioni visive di un nutrito gruppo di osservatori, hanno permesso di valutare e di capire la sensibilità dei criteri psicosensoriali della visione. Questi lavori hanno portato alla definizione di fattori psicometrici (coefficienti ponderali) per ciascuno dei criteri di classificazione che saranno integrati nel calcolo dello scarto totale (DE). Questo metodo, inizialmente noto come JPC79 è stato in questi ultimi tempi collocato come CMC (Color Measurement Committee of the Society of Dyers and Colourists). rev.03 pag.20 di 20 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - In pratica si applicano i coefficienti ponderali (termini correttivi) alle differenze totali di colore (DE*) espresso in L*,C*,H*. 2 ∆E CMC 2 ∆L * ∆C * ∆H * + + = IS cS S L C H 2 I termini correttivi (S L, SC, SH) sono stati valutati in maniera empirica e sperimentale e provengono da formule che ne permettono un calcolo preliminare. Inoltre due parametri supplementari (I,c), in base alla natura del sistema, possono modulare i risultati in base alla particolare natura del problema; in altre parole possono modificare la grandezza dei volumi di tolleranza, modificando così l’accettabilità di una riproduzione rispetto al colore base. I parametri I e c, sono regolabili dall’utilizzatore, e possono essere posti uguali ad uno CMC(1:1), come possono essere modificati a valori di I=2 e c=1 [CMC(2:1)]. Nella consuetudine industriale il parametro ( c ) è generalmente posto = 1 per tutte le applicazioni, ed il parametro ( l ) = 2 per i prodotti tessili e =1,4 per l’industria delle vernici e delle materie plastiche. Nella fig. 23 l’ellissoide di tolleranza del colore pone sempre al centro il colore campione, e la forma e la dimensione è determinata dalla posizione del colore campione nello spazio colorimetrico e dalla formula CMC utilizzata. Le dimensioni dell’ellissoide di tolleranza possono essere aumentate o diminuite, rendendo così più o meno severo il controllo qualità, introducendo un fattore moltiplicativo di tipo commerciale. Differenze e tolleranze di colore CIE94 Con lo scopo di procedere al miglioramento delle formule di accettabilità delle differenze di colore la CIE ha raccomandato nel 1994 un’estensione del spazio CIE76 (CIELAB) e delle formule per il calcolo delle differenza di colore, introducendo dei fattori correttivi rispetto al contributo dato dalle differenze ∆L*, ∆C*, ∆H*, al valore globale ∆E*. Oltre a ciò la formula modificata per il calcolo delle differenze di colore è stata completata con le condizioni di osservazione che costituiscono la base per la lettura strumentale del rev.03 pag.21 di 21 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - colore del campione. La formula CIE94 è simile alla formula CMC, e si basa sulle differenze CIE relative alla luminosità ∆L*, saturazione ∆H* e tinta ∆H*, corrette con l’introduzione di fattori di correzione ponderale (S L,SC,SH) che compensano le differenze CIE (∆L*, ∆C*, ∆H*) che sono funzione della posizione del colore di riferimento nello spazio colorimetrico CIELAB. ∆L * ∆E = k LSL * 94 SL= 1 SC = 1 + 0.045 C* 2 2 ∆C * ∆H * + + k S C C kH SH 2 SH = 1 + 0.015 C* I termini kL, kC, kH rappresentano dei valori numerici che sono utilizzati per pesare separatamente le differenze di luminosità, saturazione e tinta. Questi termini sono rappresentati nella sigla della formula con la dizione: CIE94 (kL:kC:kH). I suddetti termini inizialmente sono stati posti = 1 per le condizioni di riferimento stabilite; per le procedure di accettabilità nell’industria tessile, kL posta = 2 e gli altri (kC, kH) = 1, conseguentemente la formula è designata come: CIE94 (2:1:1). Nella successiva fig. 24 si riporta l’ellissoide di tolleranza individuato con la formula CIE94; anche in questo caso la dimensione dell’ellissoide può essere modificata moltiplicando gli assi per un fattore numerico commerciale, generalmente determinato da un accordo tra fornitore e cliente in base al livello di accettabilità commerciale richiesto. 7. LA MISURAZIONE STRUMENTALE DEL COLORE: LO SPETTROFOTOMETRO L’elemento strumentale che, in sistema colorimetrico sostituisce l’occhio umano, è costituito dallo spettrofotometro. Lo spettrofotometro è uno strumento in grado di misurare la quantità di radiazione che viene riflessa a trasmessa da un campione illuminato con una sorgente di luce; la valutazione viene eseguita per tutte le lunghezze d’onda caratteristiche dello spettro visibile. rev.03 pag.22 di 22 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - Il sistema è costituito dai seguenti elementi (la disposizione degli elementi descritti segue la cronologia sotto indicata): 1. sorgente: ha la funzione di emettere le radiazioni che incideranno sul campione; generalmente costituita da lampade alogene che emettono spettri continui nel visibile con energie assimilabili ai diversi illuminanti; 2. zona portacampione: parte dello spettrofotometro dove viene alloggiato il campione che deve essere sottoposto ad analisi; 3. monocromatore: sistema che riesce a scindere la luce bianca che ha investito il campione e che dallo stesso è stata riflessa o trasmessa, nelle singole lunghezze d’onda che costituiscono lo spettro visibile della luce bianca. Il monocromatore è costituito da un sistema a reticolo. 4. rivelatore: è un sistema che rileva la quantità di radiazione che arriva dal campione. Le radiazioni arrivano al rivelatore suddivise per singole lunghezze d’onda dal monocromatore. La combinazione di tutti questi elementi permette di registrare, per campioni colorati, illuminati da una sorgente il proprio spettro di riflessione o di assorbimento. 7.1. Geometria ottica per le misure in riflessione Nel settore tessile rivestono una rilevante importanza le misure in riflessione su manufatti tessili colorati. Per la misurazione del colore in queste condizioni, ha grande importanza la scelta della disposizione della sorgente (lampada) e dell’osservatore (rivelatore) rispetto alla posizione del campione. Le principali geometrie di misurazione utilizzate nella costruzione degli spettrofotometri sono: • illuminazione orientata (geometria 45°): il campione viene illuminato con la sorgente posta a un angolo di 45°, mentre l’osservatore è posto a 0° rispetto alla perpendicolare al campione (geometria 45°/0). Esiste anche la geometria inversa (0/45°), dove le posizioni tra osservatore e sorgente sono invertite. • illuminazione diffusa (geometrie 0°/d e d/0°): esistono due varianti del sistema: a. geometria (0°/d): l’illuminazione del campione avviene a 0° gradi e la rilevazione della luce globale riflessa dal campione avviene tramite una sfera integratrice verniciata di bianco; b. geometria (d/0°): l’illuminazione del campione avviene con la luce diffusa dalla sfera integratrice, mentre la rilevazione avviene con osservatore a 0° rispetto alla perpendicolare alla superficie del campione. Nella pratica il fascio di radiazioni incidente sul campione o che raggiunge l’osservatore ha un angolo, rispetto alla perpendicolare al campione, che può variare tra 2° e 8° gradi. rev.03 pag.23 di 23 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - I campioni con superficie liscia e riflettente vengono generalmente trattati con la geometria a 45° perché questa tecnica permette di eliminare l’influenza della lucentezza. I campioni irregolari, come i materiali tessili, vengono in pratica misurati esclusivamente con la sfera integratrice, questo perché la misura così effettuata non risulta dipendente dalla struttura superficiale del campione. Questi strumenti, infatti, illuminano i campioni in modo diffuso e li osservano con un angolo generalmente di 8° (geometria d/0°). La componente di energia speculare (luminosità), è in questo caso compresa nella misura: questa infatti comprenderà sia il colore legato alla presenza del colorante che la luminosità del campione legata alle sue caratteristiche strutturali. La geometria (d/0°) permette di eliminare o integrare la componente di energia speculare con un adatto dispositivo. L’eliminazione della specularità viene generalmente utilizzata nella misura di campioni tessili. 8. CONSIDERAZIONI FINALI SULLA OTTIMIZZAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO STRUMENTALE DEL COLORE La riproduzione dei colori commissionati e la valutazione della costanza del colore in una fornitura (continuità del colore) rappresentano uno dei fattori determinanti nella pratica industriale della filiera tessile. Considerato che i processi tintoriali e di finissaggio, assieme alla variabilità delle caratteristiche delle materie prime possono portare ad oscillazioni nella riproduzione del colore, occorre ovviamente standardizzare i modi di lettura del colore e fissare adeguati margini di tolleranza. La definizione dei margini di tolleranza dipende spesso da una serie di fattori, come ad esempio: • i processi di produzione utilizzati; • i costi ed i prezzi concordati; • la qualità del prodotto. In genere il cliente esige margini di oscillazione molto stretti, mentre il fornitore auspica una maggiore flessibilità. La valutazione dei sistemi di lettura del colore e la definizione dei margini di tolleranza riveste una notevole importanza nella procedura di controllo qualità del colore; ripercorriamo i principali fattori da tenere sotto controllo: rev.03 pag.24 di 24 Capitolo 8 - Nozioni di colorimetria e di controllo strumentale del colore - a. I diversi sistemi di tolleranza del colore possono spesso portare a diversi risultati con la tecnica del tipo “accetta/rifiuta” (pass/fail). È perciò fondamentale definire tra cliente e fornitore il sistema colorimetrico da utilizzare (CIE, CMC,CIE94). b. Nel caso di utilizzazione del sistema CIELAB, sono da considerare i vantaggi legati alla possibilità di applicare coordinate positive o negative per ogni singolo settore delle tolleranze. Lo svantaggio più rilevante di questo sistema si concretizza nella non uniformità delle valutazioni rispetto alle percezioni di colore effettuate visivamente; questo provoca l’impossibilità di applicare lo stesso ∆E per colori diversi. c. L’utilizzazione dei sistemi CMC e CIE94 offre vantaggi nei confronti del precedente sistema, sia in termini di semplicità di applicazione che per l’uniformità delle differenze tra i colori in tutto lo spazio cromatico. Il sistema CMC rappresenta attualmente lo standard colorimetrico più impiegato a livello industriale. Il sistema CIE94 possiede una struttura simile al CMC, presenta dei vantaggi rispetto allo stesso CMC, ma allo stato attuale, anche a causa della sua recente formulazione, non è ancora utilizzato in modo significativo nell’ambito industriale. d. Relativamente alla definizione di margini di tolleranza, l’introduzione di margini credibili ed obiettivi, rappresenta uno degli sforzi più importanti che la filiera tessile deve effettuare per rendere il più possibile fluide e corrette le transazioni commerciali che hanno per oggetto materiali tessili colorati. Gli studi di accettabilità dei colori devono utilizzare punti di vista diversi, a seconda che si tratti del fornitore o del cliente di materiali tessili. Il tintore (fornitore) può definire le proprie tolleranze sfruttando le proprie conoscenze a livello della variabilità del ciclo produttivo, e ciò si può concretizzare cercando di determinare i valori medi di scostamento dei campioni prodotti. Il cliente invece deve verificare i prodotti accettati e quelli rifiutati, e costruire, mediante la verifica dei valori medi di scostamento, i propri margini di scostamento. I sistemi CMC e CIE94 permettono un’analisi della situazione sicuramente più semplice rispetto a quanto sarebbe possibile utilizzando il sistema CIELAB. rev.03 pag.25 di 25