COSTRUZIONE DI UNO STRUMENTO DI MISURA: DALLA MOLLA AL DINAMOMETRO E. Giordano – Novembre 2006 L’osservazione Giocando con una molla o con un elastico si nota che è possibile allungarli tirandoli alle due estremità o fissandone un estremo e tirando l’altro. Si può inoltre notare che più si tira, più la molla (l’elastico) si allunga. Smettendo di tirare, la molla e l’elastico ritornano alla loro forma (lunghezza) iniziale, a meno che non si sia tirato “troppo”. Lo stesso effetto di allungamento si può ottenere anche appendendo un oggetto a una molla o a un elastico sospesi in verticale a un sostegno. Ci sono molle ed elastici diversi, in particolare ce ne sono di più facili o più difficili da allungare di altri. Partendo da un elastico lungo e tagliandolo in pezzi sempre più piccoli, si nota che i pezzetti più piccoli sono più duri da allungare. Una prima interpretazione La molla (l’elastico) che inizialmente ha una configurazione propria, viene deformata quando i suoi estremi sono soggetti a forze (forze esercitate dalla nostre mani, forza esercitata dal vincolo a cui sono sospesi e forza-peso degli oggetti appesi, ecc); anch’essa deformata esercita agli estremi forze in verso opposto a quelle applicate dall’esterno1; nel caso di oggetti appesi la molla (l’elastico) si allunga per un tratto, quindi assume una nuova configurazione di equilibrio a cui corrisponde una nuova dimensione2 (di maggiore lunghezza rispetto alla configurazione iniziale se si tratta di un elastico o di una molla a trazione). La deformazione prodotta è elastica, se scompare quando cessa la forza che l’aveva prodotta. La deformazione dipende dall’ entità della forza esercitata sulla molla; a parità di molla, al crescere della forza cresce la deformazione. A parità di forza, molle diverse si possono allungare in misura diversa, quelle che si allungano di più sono dette più morbide; quelle che si allungano meno, sono dette più dure. Analogamente per gli elastici. La proprietà di essere più o meno dure (molli) dipende dalla qualità e dallo spessore del filo che costituisce la molla, dall’ampiezza dei suoi avvolgimenti, dalla lunghezza iniziale della molla. Una prima esperienza: confronto e seriazione per peso di oggetti diversi Possiamo usare la molla (l’ elastico) per confrontare i pesi di oggetti diversi. se la molla è ideale (priva di massa) o viene deformata lentamente, istante per istante la forza esterna e la forza della molla su ciascun estremo sono uguali e contrarie, principio di azione e reazione. 2 Nella nuova posizione di equilibrio le due forze (che chiamiamo forza elastica e peso) si uguagliano pertanto la misura dell’intensità dell’una sarà anche una misura dell’altra. 1 Procediamo così. Appendiamo la molla (l’ elastico) in verticale fissandone una estremità ad un sostegno e segniamo su foglio di carta posto dietro la molla (l’elastico) dove arriva l’estremità libera (vedi foto 1). Ripetiamo l’operazione sospendendo all’estremo libero oggetti diversi. Per alcuni oggetti può non accadere niente, la molla e l’elastico non si deformano, gli oggetti sono “troppo leggeri”. Per altri si vede che la molla (l’ elastico) si allungano e si può nuovamente segnare sul foglio dove arriva ogni volta l’estremità “libera” sotto l’azione degli oggetti sospesi. In generale gli oggetti che percepiamo (o che sappiamo) essere più pesanti fanno allungare di più la molla (l’elastico). La sequenza delle tacche sul foglio ci permette di ordinare gli oggetti dal meno pesante al più pesante (seriazione). Possiamo dire che esiste una relazione d’ordine tra due grandezze fisiche importanti: allungamento della molla e peso dell’oggetto. Per confrontare il peso degli oggetti basta confrontare gli allungamenti (le lunghezze?) corrispondenti di una molla. Si arriverà così a dare valutazioni di “più, meno, uguale” rispetto alla variabile considerata: il peso. Un esperimento Supponiamo di sapere già tutto sulla lunghezza e sulla sua misura.3 Ci chiediamo se e come si può arrivare a misurare il peso dei nostri oggetti sfruttando la corrispondenza tra peso dell’oggetto e allungamento della molla, che abbiamo trovato nell’esperienza precedente. Occorre scegliere una unità di misura del peso, un oggetto a cui si attribuisce il valore 1 della variabile considerata (il peso). Nel caso di molle molto morbide questo sarà un oggetto leggero, ad esempio nel caso della nostra molla “leggera” abbiamo usato una graffetta. Dire che un oggetto pesa 5, nel nostro caso vorrà allora dire che allunga la molla come 5 graffette messe insieme. Prima di procedere alla misura bisogna tarare la molla e ottenere un dinamometro (misuratore di forza). 3 vedi appunti relativi all’argomento lunghezze, aree, volumi Taratura dello strumento Procediamo allora così: 1. appendiamo alla molla (all’elastico) un numero crescente di oggetti uguali (nel nostro caso: graffette, barattolini) e segniamo via via sul foglio di carta sottostante dove arriva il punto della molla (dell’elastico) che abbiamo scelto come indice. 2. A questi punti possiamo associare dei numeri: 0 sarà il livello riferimento, cioè dove si trova l’indice quando alla molla non sono sospesi oggetti; 1 indicherà dove si trova l’indice con attaccato alla molla il peso scelto come campione, come 1 unità di misura; 2 indicherà dove si trova l’indice con attaccato alla molla un peso doppio dell’unità di misura (due graffette uguali) e così via. 3. A questi punti possiamo associare anche i numeri che rappresentano invece la lunghezza di ogni tratto rispetto allo 0, misurata con l’unità di misura scelta per le lunghezze (cm, mm, quadretti ecc.) 4. Registriamo in una tabella a due colonne il numero di graffette appese e il corrispondente allungamento della molla rispetto allo 0 o la lunghezza totale della molla (elastico). 5. Riportiamo i valori della tabella in un grafico cartesiano in cui sull’asse delle x ci sia il peso in graffette o barattolini (peso che coincide con il numero di graffette o di barattolini) e sull’asse delle y la lunghezza o l’allungamento nell’unità scelta, ad esempio cm o mm. Questa scelta è in linea con la scelta generale di riportare sull’asse delle ascisse la variabile indipendente, quella che possiamo cambiare a nostro piacimento e sull’asse delle ordinate la variabile dipendente, quella che cambia di conseguenza. 6. Osserviamo attentamente il grafico che si ottiene congiungendo i punti trovati. In alcuni casi (la molla leggera, la molla più pesante tranne i primissimi punti) questi punti saranno allineati su una retta che, nel caso degli allungamenti, passa per l’origine degli assi. In altri casi (gli elastici) i punti non saranno allineati.4 Se lo strumento è lineare e quindi il grafico presenta punti praticamente allineati è facile interpolare, cioè tracciare una retta che passa per i (pochi) punti determinati sperimentalmente. Di punti ne bastano anche solo due. Se lo strumento non è lineare invece due punti non sono sufficienti e l’interpolazione, cioè il tracciare la curva che passa per i punti sperimentali diventa più complicato. Per questo si preferiscono, quando si può, strumenti lineari. 4 Si dice allora che nel primo caso si tratta di strumenti a risposta lineare5 e nel secondo strumenti a risposta non lineare (due oggetti identici provocano un allungamento dell’elastico molto maggiore del doppio dell’allungamento provocato dal peso singolo). 7. Scegliamo lo strumento lineare e suddividiamo in parti uguali l’intervallo spaziale che c’è tra due tacche segnate sulla nostra scala cartacea Ad ogni intervallo tra due segni corrisponderà un sottomultiplo dell’unità di misura. Se dividiamo in 10 parti ogni parte corrisponderà a un decimo di graffetta (quindi peso 0,1) se dividiamo in 5 parti corrisponderà a due decimi (quindi peso 0,2) ecc. 8. Abbiamo ottenuto il nostro dinamometro cioè un misuratore di pesi e più in generale di forze, dato dalla molla e dalla scala graduata sottostante in cui sono riportate tacche contrassegnate dal valore del peso e non più della lunghezza. Pesiamo col nostro dinamometro 9. Ora possiamo pesare un oggetto qualsiasi. Appendiamo l’oggetto alla molla, vediamo dove arriva l’indice sulla scala e leggiamo il numero corrispondente facendo le opportune approssimazioni (vedi dopo). 10. Possiamo anche usare il grafico cartesiano per trovare il nuovo peso. Misuriamo la lunghezza del tratto dallo 0 all’indice della molla carica. Troviamo sull’asse delle lunghezze a quale punto corrisponde, tracciamo la parallela da quel punto all’altro asse finché questa incontra la retta (o più in generale la curva nel caso di strumenti non lineari). Il valore di peso corrispondente sarà il peso cercato. Per la misura attraverso il grafico è meglio invertire gli assi (ora la variabile indipendente, quella che noi possiamo cambiare come vogliamo è il peso, mentre la lunghezza è diventata variabile dipendente, cambia di conseguenza) e riportare il grafico su carta millimetrata. Nel caso di peso e lunghezza si parla di relazione lineare tra le due grandezze, si ottiene infatti dal grafico una retta che non passa per l’origine. Nel caso di peso e allungamento si parla di grandezze direttamente proporzionali: a un peso doppio corrisponde un allungamento doppio, a uno triplo un allungamento triplo, ecc.; nel grafico si ha una retta che passa per l’origine. La pendenza della retta nel piano (allungamento, forza), cioè la costante di proporzionalità k tra le due grandezze è legata alla durezza della molla. 5 Concludendo Per costruire uno strumento di misura si procede così: si cerca una grandezza facile da misurare (di solito lunghezza o ampiezza di un angolo) che cambi al cambiare della grandezza che si vuole misurare si vede di che tipo è la relazione tra queste grandezze, ad esempio se all’aumentare dell’una corrisponde un aumento o una diminuzione dell’altra. Si stabilisce un criterio di confronto e di somma. Si sceglie un campione. si verifica se lo strumento è lineare cioè se le due grandezze variano in proporzione (al raddoppiare, triplicare della prima grandezza (nel nostro caso il peso) e si vede se l’altra grandezza (nel nostro caso l’allungamento) raddoppia, triplica ecc). si procede alla taratura dello strumento con oggetti uguali (campioni) per la variabile scelta (il peso) costruendo scale graduate, tabelle e grafici. I problemi della misura: contare il continuo Disponendo di uno strumento tarato si può misurare la grandezza scelta, il peso, o andando a vedere dove si posiziona l’indice sulla scala graduata o dal grafico. Si noti che in generale l’indice non coincide esattamente con una delle tacche segnate, ma cade tra due di esse. Se ad esempio cade tra 2 e 3 diremo che 2 unità peso < peso oggetto < 3 unità peso dove con unità peso si indica il peso dell’oggetto preso come campione. Quindi possiamo solo dire che il peso del nostro oggetto vale tra 2 e 3 unità di misura. Così se ci pesiamo su una bilancia che ha una tacca ogni chilo (o illumina un numero ogni chilo come nelle bilance digitali) e leggiamo 50 Kg possiamo dire di pesare tra 50 e 51 Kg o meglio tra 49,5 e 50,5 Kg. Si potrebbe cercare una bilancia “migliore” che ad esempio vada di mezzo chilo in mezzo chilo, ma si riprorrà sempre lo stesso problema, difficilmente l’indice coinciderà esattamente con una tacca e se si illumina il numero 50,5 si potrà solo dire che il peso dell’oggetto cade in un intervallo minore (tra 50,25 e 50,75) ma mai nullo. Il numero che rappresenta la misura è infatti un numero reale, con infinite cifre decimali e nella pratica va troncato o approssimato. Ogni misura quindi porta come risultato a un intervallo che solitamente si indica scrivendo il numero corrispondente alla tacca più vicina alla posizione dell’indice e facendo seguire da la semiampiezza dell’intervallo. Ad esempio se la scala contiene solo numeri interi: 2, 3 la misura si scrive ad esempio 20,5 intendendo che se si legge 2 potrebbe essere anche un valore tra 1,5 e 2,5; se la scala va di mezzo in mezzo, cioè contiene numeri come 0; 0,5; 1,0; 1,5 ecc la misura si scrive ad esempio 20,25 intendendo che se si dice 2 potrebbe anche essere un valore tra 1,75 e 2,25. Nel secondo caso si dice che si dispone di uno strumento più sensibile. Caratteristiche degli strumenti di misura In generale cambiando strumento di misura (ad esempio molla) cambiano: - l’intervallo di funzionamento: l’intervallo tra il valore minimo (soglia) e il valore massimo (portata) che lo strumento è in grado di misurare senza rovinarsi la sensibilità dello strumento: intervallo minimo sulla scala, ossia il minimo valore della grandezza da misurare che provoca una variazione nello strumento la precisione della misura: non si può mai avere un numero “esatto” come risultato di una misura. La misura è sempre un intervallo di ampiezza almeno uguale alla sensibilità dello strumento. Altri fattori oltre alla sensibilità possono far diminuire la precisione di una misura. Un tipico problema nella misura degli strumenti ad indice e ad ago è costituito da come si giudica la posizione dell’indice sulla scala graduata, un piccolo spostamento dell’osservatore potrebbe dare risultati leggermente diversi. Tabella che mostra come varia la lunghezza di una molla portachiavi in funzione del peso applicato Peso (g) 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 allungamento (cm) 0 0,4 1,1 2 2,8 3,9 5 5,9 6,9 7,8 9 10 11,3 12,4 13,5 14,5 15,5 16,5 17,5 18,5 19,5 20,5 Misure di massa – avvio all’idea di densità Supponiamo ora di prendere due oggetti di ugual volume e di confrontarli in altro modo. Ad esempio li appoggiamo ai due piatti di una “bilancia a bracci uguali” (in pratica si può usare una gruccetta appendiabiti sospesa per il suo punto centrale, appendendo ai suoi estremi due bicchierini in cui mettere i due oggetti da confrontare). Si vede che se il materiale di cui sono fatti gli oggetti è uguale6 la bilancia sta a pari, qualunque sia il volume. Se sono diversi, in generale, la bilancia “pende”, uno dei due piatti o bicchierini si abbassa. Si dice che questo è l’oggetto di massa maggiore. Si può scegliere un oggetto campione che funge da unità di misura della massa (di solito si parla di Kg campione, multipli e sottomultipli) e passare dal confronto tra masse alla loro misura. Si può anche dire che un oggetto, che a parità di volume con un altro, riesce a far abbassare il piatto della bilancia è fatto di materia più fitta, più densa di quella dell’altro oggetto, usando per ora una nozione intuitiva di densità. Così prendendo due recipienti uguali sospesi alla gruccetta e riempiendoli rispettivamente di acqua e di olio si troverà che la bilancia si abbassa dalla parte dell’acqua. L’acqua risulta essere più densa 7 dell’olio. Per ottenere due masse uguali di materiali diversi dovrò in generale prendere volumi diversi dei due materiali. Una precisazione Spesso nella vita quotidiana l’unità di misura Kg viene usata per misurare pesi. In fisica il peso è la forza con cui la Terra attira gli oggetti verso il suo centro. Una data massa è quindi soggetta a una forza-peso che andrebbe misurata in newton. Nella scuola elementare si parla di peso e si usa accanto al numero l’unità di misura della massa. Useremo anche noi come sinonimi massa e peso finché non ci addentreremo nel discorso “forze”. Con “un peso di 1 Kg” indicheremo dunque la forza con cui la Terra attira una massa di 1 Kg (circa 9,8 N). e omogeneo nella sua struttura, senza buchi né punti di accumulo spesso nella vita quotidiana si dice erroneamente che l’olio è più denso dell’acqua. In realtà si sta osservando un’altra caratteristica dell’olio, come scorre, caratteristica che in fisica prende il nome di viscosità. L’olio è più viscoso, non più denso dell’acqua. 6 7 Esercizi 1 litro di acqua ha una massa di 1Kg o (come si dice nel senso specificato appena sopra) pesa 1Kg. Quanto pesa l’acqua contenuta in 1 dm3 ? e in 1 cm3 ? 1litro di olio può pesare 0,8 kg o 1,2 Kg? Come lo verificheresti? Nel caso di acqua e olio, a parità di peso (1 Kg), il volume dell’acqua sarà minore o maggiore del volume dell’olio?