in praƟca
Professioni e Settori
Damiano Marinelli, ElisabeƩa Bardelli
La responsabilità civile
del professionista
I edizione
• Responsabilità generale, contraƩuale ed extracontraƩuale
• Società professionali e responsabilità solidali • Responsabilità del commercialista nello
svolgimento delle sue funzioni: consulenza ed assistenza in materia tributaria, assunzione
di cariche sociali e incarichi giudiziari, riciclaggio e privacy
Indice
Profilo autori
V
Introduzione
V
1.
Le professioni intellettuali
1.1 La responsabilità del professionista intellettuale
1.2 Professioni intellettuali protette
1.2.1 Carattere intellettuale della prestazione
1.2.2 Intuitu personae e rapporto fiduciario
1.2.3 Carattere professionale della prestazione
1.2.4 Onerosità della prestazione
1.2.5 Autonomia e discrezionalità
1.3 La prestazione del professionista come obbligazione di mezzi o di risultato
1
1
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4
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7
7
8
2.
La responsabilità contrattuale del commercialista
2.1 Premessa
2.2 L’inadempimento
2.3 L’art. 2236 c.c.: la responsabilità del professionista nei casi di speciale difficoltà
2.4 La colpa professionale: negligenza, imprudenza e imperizia del professionista
2.5 La diligenza del buon professionista
2.6 L’errore professionale
2.7 Il nesso causale tra inadempimento e danno, il danno risarcibile e l’onere della relativa prova
2.8 Responsabilità del professionista che si avvalga di sostituti e collaboratori
2.9 Società professionali e responsabilità del professionista per l’opera svolta
13
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22
24
25
3.
La responsabilità extracontrattuale del commercialista
3.1 Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
3.2 La responsabilità extracontrattuale verso il cliente
3.3 La responsabilità extracontrattuale nei confronti dei terzi
3.4 L’applicabilità dell’art. 2236 c.c. alle ipotesi di responsabilità aquiliana
3.5 Considerazioni conclusive
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27
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31
32
4.
Forme di responsabilità specifica del commercialista
4.1 Responsabilità connesse all’attività di consulenza ed assistenza in materia tributaria
4.1.1 Responsabilità e sanzioni in relazione alle attività di assistenza fiscale
4.1.2 Responsabilità e sanzioni in relazione alla attività di trasmissione telematica delle dichiarazioni
4.1.3 Responsabilità e sanzioni a carico del “professionista infedele”
4.2 Responsabilità connesse all’assunzione di cariche sociali
4.2.1 Responsabilità degli amministratori di società azionarie
4.2.2 Responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata
4.2.3 Responsabilità del collegio sindacale di società azionarie
4.2.4. Responsabilità dell’organo di controllo di società a responsabilità limitata
4.3. Responsabilità connesse all’assunzione di incarichi giudiziari
4.3.1 Incarichi nell’ambito di procedure concorsuali
4.3.2. Incarichi di C.T.U.
4.4. Responsabilità connesse allo svolgimento di altre funzioni di natura pubblicistica
4.4.1 La funzione di giudice tributario
4.4.2 La funzione di revisore di enti pubblici
4.5 Responsabilità in materia di riciclaggio
4.6 Responsabilità in materia di privacy
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Appendice
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III
Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
 3. La responsabilità extracontrattuale del commercialista
 3.1 Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale
L’esame dei profili di responsabilità professionale non può prescindere dal sommario esame della ulteriore distinzione tra i concetti di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale o aquiliana 1. In via generale ed in
linea di principio, si può affermare che sussiste un illecito extracontrattuale in presenza di violazioni di un diritto o
di una situazione giuridica tutelata in modo assoluto (erga omnes), mentre la responsabilità contrattuale (da inadempimento) sorge a seguito della violazione di un diritto relativo, per quanto non necessariamente derivante da
un contratto, essendo sufficiente l’esistenza di un pregresso rapporto obbligatorio, a prescindere dalla fonte
dell’obbligo violato (atto illecito, contratto, atto unilaterale, o altro).
Per responsabilità extracontrattuale2 si intende quindi quella specie di responsabilità civile in forza della quale
l’ordinamento reagisce alla lesione della sfera giuridica di un soggetto, a prescindere dalla sussistenza di un pregresso
vincolo di natura obbligatoria tra il danneggiante ed il soggetto leso. Essa si fonda sulla previsione di cui all’art. 2043
c.c.3, in forza del quale «qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha
commesso il fatto a risarcire il danno»: alla base della responsabilità civile extracontrattuale vi è quindi la violazione del
generico precetto alterum non laedere 4.
Elementi costitutivi di tale specie di responsabilità sono quindi il fatto, il danno ingiusto ed il nesso di causalità tra
la condotta e l’evento, nonché il dolo o la colpa dell’agente, fatta eccezione per le rare ipotesi in cui
l’antigiuridicità (ossia l’ingiustizia del danno) è considerata di per sé sufficiente ai fini di un giudizio di responsabilità a prescindere dalla colpevolezza del danneggiante.
Si è osservato che detti casi di c.d. responsabilità oggettiva tendono a diffondersi nella legislazione moderna,
con spirito antitetico rispetto a quello del legislatore del ‘42, allo scopo di offrire un tutela sostanziale ai cittadini,
in aderenza all’oramai matura consapevolezza del valore del bene “uomo” ed alla connessa esigenza di consentire ad ogni danneggiato di reclamare una riparazione dall’autore del fatto dannoso. Secondo detta più attuale
concezione dell’illecito civile, la responsabilità extracontrattuale trova fondamento non più nella necessità di sanzionare un comportamento antitetico a determinate regole, bensì in quella di scoprire ogni mezzo per la protezione della vittima 5.
Nell’ottica di questa moderna impostazione, la colpa, pur continuando ad essere parte integrante della struttura
dell’illecito, non rileva tanto come effetto di un giudizio di riprovazione morale del soggetto che ha cagionato ad
altri un danno ingiusto, ma piuttosto in termini di giudizio di inefficienza, secondo canoni di normalità, dello sforzo adoperato per evitare il danno6.
La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale trascina con sé rilevanti differenze di disciplina
riconducibili a tre aspetti principali: la ripartizione dell’onere della prova, i termini di prescrizione della relativa
azione e gli effetti giuridici relativi al risarcimento del danno.
Sotto il primo profilo, si può affermare che, nelle ipotesi di illecito contrattuale, vige una presunzione di colpa per
inadempimento: al cliente creditore si richiede unicamente di dimostrare il proprio diritto a ricevere la prestazione, laddove il debitore dovrà provare che l’inadempimento o il ritardo non sono a lui riferibili per impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Nell’illecito extracontrattuale permane invece l’ordinaria
------------------------------------------1
U. IZZO, Aree sciabili e responsabilità extracontrattuale: il difficile rapporto fra “responsabilità oggettiva” e colpa del danneggiato (parte seconda), in Danno e responsabilità, 2011, n. 7, Milano, p. 774; R. SIMONE, Nascite dannose: tra inadempimento (contrattuale) e nesso causale (extracontrattuale), in Danno e responsabilità, 2011, p. 382; M. D. FRENDA, Il problema del “concorso” di responsabilità contrattuale ed
extracontrattuale tra dottrina e giurisprudenza, in Obbligazioni e contratti, 2010, p. 205; N. LIPARI, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: il ruolo limitativo delle categorie concettuali, 2010, p. 704.
2
G. CORASANITI, Responsabilità extracontrattuale, in Obbligazioni e Contratti, 2010, n. 3, Torino, p. 238 (nota a sentenza: Cassazione civile,
sez. III, sentenza 19 gennaio 2010, n. 698).
3
U. GRASSI, I danni non patrimoniali ed il “doppio” art. 2043 c.c., in Rassegna di diritto civile, 2008, p. 943.
4
M.C. BIANCA, La responsabilità, in Diritto Civile, vol. V, Milano, 1994, p. 533.
5
A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 2004, p. 902, in cui si rileva pure come il fenomeno sopra denunziato si noti anche di fronte ai grandi eventi che recano danni generalizzati dei quali nessuno potrebbe ritenersi imputabile (terremoti,conseguenze dei conflitti armati o
sociali, siccità, ecc.). In detti casi, infatti, si tenta di distribuire sulla collettività l’onere delle conseguenze che i singoli hanno sofferto: quasi diremmo - identificando nello Stato il soggetto residuale cui accollare i pregiudizi che non trovano riparazione nei rapporti intersoggettivi.
6
Il principio della colpa continua a rendere una nozione unitaria di responsabilità: le ipotesi normative che prescindono da essa, invero, rivelano semplicemente l’intenzione del legislatore di graduare il giudizio di responsabilità dell’agente in considerazione della natura particolarmente pericolosa dell’attività posta in essere, anche in ragione della delicatezza o dell’importanza degli interessi possibile oggetto di offesa.
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Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
regola per cui l’onere di provare i fatti costitutivi della propria pretesa spetta a colui che l’avanza, sicché sarà il
cliente creditore a dover provare che il comportamento del prestatore gli ha provocato un danno e che tale
comportamento è stato caratterizzato da dolo o colpa.
Quanto al diverso termine di prescrizione, è sufficiente ricordare che l’azione di responsabilità per l’illecito extracontrattuale si prescrive in cinque anni, mentre quella per l’inadempimento dell’obbligazione nell’ordinario
termine decennale.
Con riferimento all’ultimo degli aspetti sopra menzionati, la principale differenza tra le due forme di responsabilità in
questione riguarda essenzialmente il danno risarcibile: in particolare, il risarcimento dell’illecito contrattuale è limitato al danno prevedibile nel tempo in cui è sorta l’obbligazione, ove l’inadempimento o il ritardo non dipendano dal
dolo del debitore; tale limitazione ai danni prevedibili non si applica invece all’illecito extracontrattuale.
La distinzione in parola appare piuttosto limpida in linea di principio, ma si rivela assai più sfumata
nell’applicazione concreta.
Alla luce di quanto sopra esposto, il regime della responsabilità civile extracontrattuale può apparire ben più grave di quello che consegue alla violazione di obblighi di fonte contrattuale. Viceversa, le più recenti interpretazioni
del dato normativo e le più attuali scelte applicative della giurisprudenza, hanno conferito danno una maggiore
gravità al regime della responsabilità contrattuale.
In primo luogo, la ricordata distinzione tra obbligazione di mezzi ed obbligazioni di risultato e la conseguente negazione del risultato quale fine essenziale dell’esecuzione della prestazione ha fatto emergere la colpa ai fini della
determinazione della responsabilità contrattuale dell’obbligato, riducendo così il rilievo dell’inadempimento di
specifici obblighi. La scoperta e l’imposizione di obblighi cd. di protezione7, ossia di comportamenti considerati
esecutivi del dovere di agire secondo buona fede, ha comportato il sorgere di nuovi doveri che vanno ad integrare quelli di natura contrattuale e che, probabilmente, sarebbero da catalogare più propriamente dell’alveo di
comportamenti rilevanti ai fini di un giudizio di responsabilità extracontrattuale8.
Se poi si considera la riconosciuta ammissibilità del concorso delle due azioni di responsabilità, la crisi della distinzione de qua appare del tutto evidente9.
Si consideri inoltre che determinate scelte normative appaiono solo apparentemente frutto della consapevole volontà del legislatore di differenziare nettamente il regime della responsabilità contrattuale da quello della responsabilità extracontrattuale, ma ad una più attenta analisi sembrano piuttosto necessitate dalla consapevolezza della
diversità ontologica tra l’una e l’altra specie di responsabilità.10 Fatte queste brevi considerazioni sulla responsabilità aquiliana in genere, è necessario esaminare rapidamente le problematiche che tale forma di responsabilità presenta con riferimento all’attività del professionista. A tale scopo, pare opportuno differenziare l’analisi delle fattispecie in questione, a seconda che il danneggiato sia cliente o terzo estraneo al rapporto d’opera intellettuale, oppure
ancora in base alla circostanza che la prestazione professionale sia stata espletata con l’ausilio di collaboratori.
------------------------------------------7
R. SIMONE, Nascite dannose: tra inadempimento (contrattuale) e nesso causale (extracontrattuale), in Danno e responsabilità, 2011, n. 4,
Milano, p. 387 (nota a sentenze: Cassazione civile, sez. III, sentenza 2 febbraio 2010, n. 2354; Cassazione civile, sez. III, sentenza 10 novembre 2010, n. 22837); V. AMENDOLAGINE, L’inadempimento del medico nel rapporto contrattuale instauratosi con il paziente, I Contratti,
2011, n. 11, Milano, p. 1019 (nota a sentenza: Tribunale civile, Catanzaro, sentenza 29 agosto 2011); AA.VV., Circolazione di modelli giurisprudenziali in Europa: il caso degli “obblighi di protezione” (un’importazione- utile?- dalla Germania all’Italia), in Contratto e impresa. Europa, 2010; R. DE MATTEIS, La responsabilità del medico dipendente: dalla violazione di obblighi di protezione all'inadempimento di un obbligo
di prestazione, in Contratto e impresa. Europa, 2010, p. 81; D. CERINI, La responsabilità del dentista: tra obblighi contrattuali e dovere di
protezione, in Diritto ed economia dell’assicurazione, 2009, p. 650; M. RIARIO SFORZA, Obblighi di protezione e consenso informato nella
responsabilità, in Giurisprudenza di merito, 2008, p. 3354.
8
Per un più approfondito Studio sull’argomento mi si permetta di rinviare a D. MARINELLI, A. BARRETTA, Studio sulle figure giuridiche della
responsabilità, Roma, 2012.
9
F. GIARDINA, Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale: una distinzione attuale?, in Riv. crit. dir. priv., 1987, p. 82.
10
Si pensi, ad esempio, alla limitazione della responsabilità disposta dall’art. 1225 c.c. in tema di responsabilità contrattuale; ebbene, è stato
giustamente osservato che solo al momento del sorgere dell’obbligazione il debitore possa astrattamente prefigurarsi i danni conseguenza
del proprio inadempimento, perché, viceversa, nel caso di illecito aquiliano, la limitazione della responsabilità ai danni prevedibili vanificherebbe la possibilità stessa del risarcimento, giacché prima della commissione dell’illecito non è affatto possibile la previsione del danno che
ne potrà conseguire. U. MAJELLO, Responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in Rass. dir. civ., 1988, p. 117.
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Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
 3.2 La responsabilità extracontrattuale verso il cliente
La responsabilità extracontrattuale del professionista nei confronti del cliente si verifica quando l’inadempimento
del professionista leda allo stesso tempo una situazione soggettiva giuridicamente rilevante in sede aquiliana. In
tal caso sembra prospettarsi un concorso tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale11,
conseguente ad un unico comportamento risalente allo stesso soggetto ed ad un unico avvenimento dannoso
che sia lesivo, sia dei diritti derivanti dall’altro contraente dalle clausole del contratto, sia dei diritti a lui attribuiti a
prescindere dal contratto.
Questa convergenza tra i due differenti tipi di responsabilità sembra garantire al creditore-cliente una più ampia
protezione e pone il problema di stabilire se sia effettivamente possibile configurare ipotesi di cumulo.
Secondo una recente dottrina esisterebbe un’area riservata alla responsabilità extracontrattuale fondata sulla
differenziazione tra gli obblighi accessori relativi all’esecuzione della prestazione, indirizzati a renderla possibile
od a potenziare l’utilità, e quelli aventi come oggetto la tutela d’interessi diversi; solo al mancato rispetto dei primi sarebbe associata una responsabilità contrattuale, mentre la garanzia dei secondi spetterebbe, invece alla
responsabilità extracontrattuale in concomitanza con quella contrattuale12. Secondo questa impostazione si potrebbe individuare il diritto al risarcimento di danni derivanti da inadempienze d’obblighi non specificamente
riguardanti l’attività professionale desunta in contratto.
Si è però rilevato che, attraverso la teoria dei doveri di protezione, è possibile giungere al medesimo risultato
senza dover configurare una responsabilità professionale di natura extracontrattuale.
Peraltro, come si è già accennato, la menzionata distinzione ha scarsa rilevanza pratica nel campo della responsabilità professionale poiché si tende ad individuare, nella prestazione d’opera intellettuale, l’oggetto di una obbligazione di mezzi, con la conseguenza che, anche in caso di responsabilità contrattuale, il creditore-cliente ha l’onere
di provare il dolo o la colpa del debitore-professionista per dimostrarne l’inadempimento.
L’esperienza giurisprudenziale ha comunque ravvisato fattispecie di responsabilità extracontrattuale del professionista. I casi più frequenti si sono prospettati con riferimento alla professione medica, sebbene, alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, possiamo ritenere che, anche nel più fertile campo della responsabilità medica,
la tesi della sussistenza di fonti di responsabilità extracontrattuale del professionista nei confronti dei clienti è destinata ad essere superata. In ambito medico, i confini tra responsabilità aquiliana e responsabilità contrattuale sfumano per dare vita, in una sorta di osmosi, ad una configurazione giuridica che partecipa dei caratteri di entrambe:
per un verso la lesione del bene salute e, quindi, un danno alla persona, e, per altro verso, la mancata realizzazione
della pretesa creditoria e, quindi, l’inadempimento13. In queste ipotesi si è configurato un vero e proprio concorso
di responsabilità, “allorché un unico comportamento risalente al medesimo autore (…) appaia di per sé lesivo non
solo dei diritti specifici derivanti al contraente dalle clausole contrattuali, ma anche dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano”14.
Nei casi di svolgimento della prestazione medica all’interno di strutture ospedaliere, pubbliche o private, di cui il
professionista si serve come libero professionista, quest’ultimo si è ritenuto comunque responsabile secondo le
regole generali15, in quanto abbia concluso egli stesso accordi con il paziente.
Invece, nei casi in cui il professionista sia legato a tali strutture da rapporti di lavoro subordinato, la Suprema Corte,
all’esito di un lungo e contrastato iter giurisprudenziale, ha preferito la tesi secondo cui anche la responsabilità
dell’operatore sanitario è di natura contrattuale sul presupposto «che le obbligazioni possono sorgere da rapporti
contrattuali di fatto, nei casi in cui, cioè, taluni soggetti entrano in contatto; contatto a cui si ricollegano obblighi di
comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a
pericolo in occasione del contatto stesso»16.
------------------------------------------11
Cass. 7 agosto 1982, n. 4437, in RCP, 1984, 78.
V. CAFAGGI, Responsabilità del professionista, in Dig. Disc. Priv., XVII, Torino, 1997, p. 74.
13
R. DE MATTEIS, La responsabilità medica, in I grandi orientamenti della Giur. civ. e comm., Padova, 1995, p.1.
14
Cass. 14 maggio 1979, n. 2773, in Resp. civ. e prev., 1980, 403.
15
A. PRINCIGALLI, La responsabilità del medico, Napoli, 1983, p. 19, precisa che in dette ipotesi, infatti, l’obbligazione delle strutture si limita
alla ospitalità ed alla generica assistenza infermieristica.
16
Ancora, Cass. n. 589/1999, cit. In un primo momento, la giurisprudenza, ai fini dell’inquadramento della responsabilità ascrivibile al professionista, soleva distinguere il caso che questi operasse presso un ente ospedaliero o meno, così da ritenere, nella prima ipotesi, il sanitario responsabile verso il paziente per il danno cagionato da un suo errore diagnostico o terapeutico solo in via extracontrattuale. Siffatta tesi
trovava fondamento nella considerazione che l’accettazione del paziente nell’ospedale, ai fini del ricovero oppure di una visita ambulatoriale,
comportasse la conclusione di un contratto d’opera professionale tra il paziente e l’ente ospedaliero, il quale assume a proprio carico, nei
confronti del malato, l’obbligazione di compiere l’attività diagnostica e la conseguente attività terapeutica in relazione alla specifica situazione
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Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
 3.3 La responsabilità extracontrattuale nei confronti dei terzi
Il professionista che, nell’esercizio della propria attività, cagioni danni a terzi, ossia a soggetti estranei al rapporto
d’opera professionale, risponde nei loro confronti secondo le regole della responsabilità extracontrattuale. Peraltro la Suprema Corte17 ha affermato che detto regime di responsabilità vige anche in ipotesi di esecuzione di un
contratto d’opera nullo per contrarietà a norme imperative, oltre che nei casi in cui il committente dei lavori sia
un ente pubblico18.
Accade, infatti, che il comportamento del professionista leda l’altrui diritto assoluto di non subire pregiudizi rilevanti per legge, a prescindere dall’esistenza di un vincolo contrattuale. Si determina allora le lesione di un diritto
primario, e il danno derivate sarà regolato alla stregua della responsabilità aquiliana.
Le ipotesi di responsabilità extracontrattuale del professionista verso i terzi, a dir la verità, non sono molto frequenti.
Questo deriva dal fatto che i danni causati ai terzi nell’esecuzione dell’opera professionale, il più delle volte, sono
danni meramente patrimoniali, indubbiamente risarcibili in sede contrattuale, non ugualmente in via aquiliana, essendo in questo campo necessaria la violazione di una situazione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento.
Peraltro, un ampliamento della tutela potrebbe esser assicurato utilizzando la figura del contratto con effetti di protezione verso i terzi, ove sussista in contemporaneo la lesione dell’interesse leso della parte contraente e quello del
terzo. Rimane invece alla responsabilità extracontrattuale il compito di tutelare il terzo da rischi derivanti
dall’inadempimento contrattuale connessi alla lesione di diritti preesistenti19.
L’ipotesi di gran lunga più frequente di riconoscimento della responsabilità extracontrattuale del professionista è
quella nella quale quest’ultimo presti la propria opera nei confronti di un soggetto verso il quale egli non è direttamente obbligato20.
Ma l’area di espansione più ampia di tale responsabilità riguarda soprattutto l’attività del notaio, alla stregua di
un risalente ed oramai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale è giusto che il terzo trovi
un’adeguata tutela positiva nell’ordinamento giuridico «che, dando al notaio compiti di utilità generale e rive-
stendolo della qualità di pubblico ufficiale, gli attribuisce in naturale e logica corrispondenza, una responsabilità
di uguale portata estesa verso tutti coloro la cui utilità o il cui danno possono in qualunque modo dipendere dalla regolarità della sua attività»21. Si riconosce dunque la possibilità, per il notaio, di incorrere nell’uno e nell’altro
------------------------------------------patologica del cliente preso in cura; rapporto contrattuale a cui, dunque, il medico operante presso la struttura adita resta assolutamente
estraneo, intervenendo nello stesso esclusivamente nella qualità di organo dell’ente ospedaliero. Cfr. per tutte, in vista di una esauriente descrizione dell’evoluzione dell’iter ermeneutica accennato nel testo, Cass. 589/1999, cit. Per l’indirizzo sintetizzato nel testo, v. Cass. n.
1716/1979, cit., decisione in cui, si ribadisce, la Suprema Corte ha avuto occasione di precisare che, rispetto alle dette fattispecie, parte del
contratto d’opera professionale sia soltanto l’ente ospedaliero e che, perciò, mentre nel rapporto contrattuale tra ente e paziente l’errore si
traduce nell’inesatto adempimento della prestazione d’opera professionale; rispetto al rapporto di impiego pubblico tra il medico e l’ente,
invece, l’errore si traduce nell’inesatto adempimento della funzione di cui il medico è investito, così che questi risponderà verso l’ente in funzione del rapporto di pubblico impiego che lo lega ad esso, ma non risponderà che a titolo di responsabilità extracontrattuale nei confronti
del paziente. Vedi anche, V. AMENDOLAGINE, Inadempimento contrattuale del chirurgo operante nella struttura sanitaria in occasione
dell’esecuzione di un intervento: onere probatorio, I Contratti, 2011, n. 2, Milano, p. 184 (nota a sentenza: Tribunale civile, Nola, sentenza 6
dicembre 2010).
17
Cass. 20 novembre 1970, n. 2448, in Rep. Foro it., 1971, voce “Responsabilità civile”, n. 223, 2550.
18
Ovviamente, quando si tratti del lavoro assunto da un libero professionista impegnato da un contratto d’opera e non di un dipendente,
come tale, legato all’ente da un rapporto di tipo organico. Così, Trib. Larino, 27 dicembre 1975, in Giur. merito, 1977, I, 290.
19
V. CAFAGGI, Responsabilità del professionista, in Dig. Disc. Priv., XVII, Torino, 1997, p. 84
20
Di regola, è quel che avviene per i medici dipendenti di un ospedale, di una casa di cura, di un’università o di un’altra struttura sanitaria pubblica o
privata, dove in questi casi il paziente non contratta direttamente con il professionista, ma si indirizza al direttore sanitario o ad altri soggetti responsabili dell’organizzazione che possono non coincidere con il medico che verrà ad eseguire l’opera. Come si è già visto, in questi casi la giurisprudenza
afferma che sia l’ente che il medico vengono ritenuti responsabili dei danni derivati dalla inesatta esecuzione della prestazione, ma il primo risponde a
titolo di responsabilità contrattuale, il secondo a titolo di responsabilità extracontrattuale. Cioè solo l’ente ospedaliero, l’università o la casa di cura
concludano un contratto d’opera con il ricoverato, obbligandosi ad eseguire le prestazione mediche necessarie a mezzo dei propri dipendenti. Vedi,
V. AMENDOLAGINE, Inadempimento contrattuale del chirurgo operante nella struttura sanitaria in occasione dell’esecuzione di un intervento: onere
probatorio, in I Contratti, 2011, n. 2, Milano, p. 184 (nota a sentenza: Tribunale civile, Nola, sentenza 6 dicembre 2010); L. P. CARBONE, Inadempimento contrattuale della struttura sanitaria, in Danno e responsabilità, 2011, n. 12, Milano, p. 1240 (nota a sentenza: Tribunale civile, Tolmezzo, sentenza 2 settembre 2011).
21
Cass. 16 febbraio 1957, n. 553, in Giust. civ., 1957, I, 812; Cass. 11 maggio 1957, n. 1659, in Banca, borsa, ecc., 1957, II, 336; Cass.
25 ottobre 1972, n. 3255, in Vita not., 1973, 196; Cass. 25 maggio 1981, n. 3433, in Rep. Foro it., voce “Notaio”, n. 34, 1982. Tale orientamento giurisprudenziale si è affermato in un momento di acceso dibattito sulla natura della responsabilità del notaio. Da un lato, chi, rinvenendo nel ruolo del notaio la funzione primaria di tutore della pubblica fede, riteneva che l’unica responsabilità ascrivibile a detto professionista fosse appunto quella extracontrattuale; v. A. SCARPELLO, Su un caso di responsabilità per danni cagionati per l’esercizio delle funzioni
notarili, in Foro pad., 1955, I, p. 83; analogamente, F. CARRESI, Responsabilità del notaio per la nullità degli atti da lui rogati, in Riv. dir. civ.,
1956, p. 44. Dall’altro, chi, viceversa, ritenendo essere il contratto d’opera professionale l’unica fonte di obblighi, sosteneva la sola natura
contrattuale della responsabilità notarile; v. A. DE CUPIS, Sulla responsabilità del notaio per l’atto da lui rogato, in Foro it., 1955, IV, p. 7.
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Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
tipo di responsabilità, o sulla base dell’individuazione del soggetto danneggiato (cliente o terzo), oppure in ragione del tipo di prestazione resa, ossia a secondo che questi provveda all’adeguamento degli strumenti giuridici alla volontà delle parti oppure a svolgere attività di certificazione. Anche in questo ambito, tuttavia, si deve
sempre tener presente l’evidenziato continuo appiattimento pratico del rilievo della distinzione tra responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale. Con particolare riferimento ad esempio al dottore commercialista, la sua responsabilità verso i terzi non è obbligatoriamente legata all’esplicazione di un’attività di tipo professionale, in
quanto essa può sorgere anche in presenza di incarichi di diversa natura. La Cassazione, infatti, ha identificato,
la responsabilità extracontrattuale del curatore fallimentare nei confronti del creditore, per aver, dopo la revoca
fallimentare, anziché restituito la somma all’Istituto di credito, consegnato la somma all’ex fallito22.
 3.4 L’applicabilità dell’art. 2236 c.c. alle ipotesi di responsabilità aquiliana
A questo punto, merita un breve cenno il problema dell’applicabilità o meno della norma più volte citata anche
con riferimento ad ipotesi di responsabilità aquiliana.
La giurisprudenza è orientata in senso affermativo, con la conseguenza che, nel caso di prestazione professionale implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, il professionista intellettuale risponderà
esclusivamente nel caso in cui egli si trovi in uno stato di dolo o colpa grave, anche laddove vi sia stata la lesione del generale precetto del neminem laedere23.
Si ritiene infatti che la ratio di non mortificare l’iniziativa del professionista sussiste tanto rispetto a questioni inerenti lo svolgimento di un rapporto contrattuale, quanto in merito alla realizzazione di atti o comportamenti che,
nell’espletamento della funzione professionale, risultino cagionare un danno ingiusto, indipendentemente
dall’esistenza di un vincolo obbligatorio con il danneggiato24.
Del resto, l’art. 2236 c.c. prevede un limite di responsabilità per la prestazione dell’attività dei professionisti considerata in generale, senza distinguere a seconda che il professionista agisca nell’adempimento di un obbligo contrattuale oppure al di fuori di un rapporto negoziale. Tale soluzione evita la separazione tra i criteri d’imputazione
soggettiva ai quali il dottore commercialista vedrebbe legata la propria responsabilità a seconda che si causi un
danno al cliente o a terzi; si potrebbe, quindi, creare un legame con l’affermazione dell’art. 1176, 2° co., c.c. che
regola in generale l’agire del professionista.
L’estensione, anche alle ipotesi della responsabilità aquiliana, della norma di cui all’art. 2236 c.c. importa che,
per il cliente danneggiato, la differenza pratica tra le due azioni si limiti al solo termine di prescrizione: che per il
risarcimento del danno da fatto illecito è quinquennale, mentre per il danno da inadempimento contrattuale è
quello ordinario.
In dottrina non sono tuttavia mancate opinioni contrarie, tese a restringere l’applicabilità della norma di cui all’art.
2236 c.c. al solo campo della responsabilità contrattuale, considerato quale sede sua propria25. Alcuni, in particolare, nel sottolineare la diversa conformazione del fatto generativo di responsabilità, ritiene attenuabile, nel
senso anzidetto, un giudizio di colpa del professionista anche a prescindere dall’invocazione dell’art. 2236
c.c.26. Si evidenzia infatti che fattori costitutivi dell’illecito aquiliano, come l’ingiustizia del danno e la sussistenza di una
causalità adeguata tra la condotta lesiva e l’evento dannoso, implicano ex se l’ovvia necessità di commisurare o meglio adeguare il giudizio di gravità della colpa, senza ricorrere affatto alla norma de qua.
Sia in dottrina che in giurisprudenza si ritiene che l’art. 2236 c.c. produca l’effetto della restrizione di responsabilità, soltanto in relazione al rapporto professionista-cliente27. L’art. 2236 c.c. avrebbe quindi un campo
d’azione circoscritto, ossia limitato alla responsabilità del prestatore d’opera intellettuale nei riscontri del committente e non trasferibile al diverso ambito nel quale le norme di comportamento sono imposte al professionista a
salvaguardia dei diritti dei terzi28. Accettando questo orientamento si dà luogo ad una bipartizione delle regole
alle quali il professionista deve informare il proprio comportamento di fronte di problemi tecnici complessi: nei
------------------------------------------22
Cass. 8 novembre 1979, n. 5761, in GC, 1980, I, 340.
Cass. 26 marzo 1990, n. 2428, in GI, I, 1, 600.
24
V. CATTANEO, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1958, p. 81.
25
V. D’ORSI, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1981, p. 17.
26
F. DE MARTINI, La responsabilità del medico, in Giust. civ., 1954, p. 1222.
27
V. D’ORSI, La responsabilità civile del professionista, Milano, 1981, p. 15-50; V. VIGOTTI, La responsabilità del professionista, in La responsabilità civile, diretta da ALPA e BESSONE, IV, Torino, 1987, p. 263; Cass. 8 novembre 1979, n. 5761, in GC, 1980, I, 340.
28
Cass. 8 novembre 1979, n. 5066, in GC, 1980, 343.
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Capitolo 3 – La responsabilità extracontrattuale del commercialista
confronti del cliente, difatti, la diligenza richiesta sarebbe quella del professionista medio, nei confronti del terzo,
invece, il professionista avrebbe l’obbligo di apprestare tutti le accortezze più utili a scongiurare la possibilità di
un difetto a terzi. In altre parole, ove venga in questione la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il
professionista si troverebbe a rispondere solo a titolo di dolo o di colpa grave nei confronti del proprio cliente, e
pure a titolo di colpa lieve verso i soggetti estranei al rapporto.
 3.5 Considerazioni conclusive
Alla luce di quanto sopra esposto, si possono muovere le seguenti considerazioni conclusive in merito alla responsabilità contrattuale del professionista intellettuale. In primo luogo, per fondare la propria azione di risarcimento, il cliente dovrà fornire la dimostrazione, senza limitazioni circa i mezzi di prova ammessi, circa gli elementi essenziali che fondano la responsabilità contrattuale del professionista. Egli dovrà quindi dimostrare di aver
dato l’incarico al professionista e che quest’ultimo si è reso inadempiente all’obbligazione professionale così assunta; egli dovrà altresì provare di aver subito un danno, dimostrando la sussistenza del nesso causale fra
l’inadempimento ed il conseguente danno. Dal canto suo, il professionista, per sottrarsi all’invocata responsabilità, dovrà dimostrare di aver agito secondo diligenza ovvero che la colpa a lui imputabile deve considerarsi lieve
in presenza di un problema tecnico di “speciale difficoltà”.
Occorre, tuttavia, ricordare che il consolidarsi degli orientamenti giurisprudenziali delineati nei precedenti paragrafi tende a produrre una dilatazione dell’area di responsabilità del professionista, sotto un duplice profilo. Da
un lato, la riconosciuta inapplicabilità dell’art. 2236 c.c. ai casi di imprudenza ed di incuria e l’estensione del
patrimonio di conoscenze richieste al professionista medio affinché questi non possa essere qualificato come
“imperito”, finisce per ampliare il novero delle possibili fattispecie di responsabilità per colpa lieve. Sicché, se è
eccessivo sostenere che il professionista risponda sempre anche del danno causato con colpa lieve, è altrettanto vero che le eccezioni al principio fissato dall’art. 1176 c.c. vanno progressivamente riducendosi. Dall’altro, la
tendenza a privilegiare la qualificazione degli incarichi professionali quali obbligazioni di risultato comporta un
considerevole aggravio degli oneri di difesa posti a carico del consulente in caso di contestazioni.
È inoltre opportuno ribadire che dottrina e giurisprudenza29 si sono pronunciate in senso affermativo circa
l’applicabilità delle limitazioni ex art. 2236 c.c. anche alla responsabilità extracontrattuale del prestatore d’opera
intellettuale.
Con specifico riguardo alla figura del commercialista, l’attività consulenziale stricto sensu appare tutto sommato
poco idonea a produrre danni extra-contrattuali, sicché tale tipologia di responsabilità sembra poter essere relegata in un ambito sostanzialmente marginale; fattispecie tipiche sono i danni riconducibili alla conduzione dello
studio e alla gestione dei dipendenti.
Merita, infine, ricordare che quanto sopra vale anche per il fatto degli ausiliari (collaboratori, praticanti, sostituti,
ecc.) di cui il professionista si avvalga «sotto la propria direzione e responsabilità» (art. 2232 c.c.), a propria volta
astrattamente articolabile nelle fattispecie della colpa in eligendo, in educando ed in vigilando 30.
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Cfr., in particolare, Cass. civ., sez. II, 17 marzo 1981 n. 1544; Cass. civ., sez. I, 8 novembre 1979 n. 5761.
G. L. MARELLA, G. ARCUDI, A. CAMMARANO, E. PERFETTI, M. G. MADDALENA, Le responsabilità del coordinatore infermieristico nell'esercizio delle
sue attività e “la culpa in vigilando”, Zacchia, 2011, p. 498; G. DI MARCO, Culpa in vigilando del datore di lavoro e delega delle funzioni, in Diritto e
pratica del lavoro, 2009, p. 2693.
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