caso clinico Tumori maligni palpebrali: il carcinoma neuroendocrino a cellule di Merkel Malignant palpebral tumours: Merkel cell carcinoma (neuroendocrine cancer of the skin) A. Marabotti, A. Cariello A1, G. Cardini, A. Bedei Riassunto Maschio bianco di 60 anni con un carcinoma neuroendocrino a cellule di Merkel primitivo della palpebra, ed un follow up di 4 mesi. Il paziente si era presentato alla nostra attenzione – dopo essere stato sottoposto ad intervento per calazio – per subitanea “recidiva” consistente in una lesione violacea, noduliforme, a rapida crescita, non dolente. Apparentemente indistinguibile da un calazio, solo l’esame istologico ha concesso una diagnosi di carcinoma a cellule di Merkel. Riportiamo le difficoltà di diagnosi differenziale e quelle inerenti il trattamento chirurgico. U.O. di Oculistica, Casa di Cura “San Camillo”, Forte dei Marmi, Lucca U.O. di Oculistica, Ospedale di Pontedera, Pisa 1 Parole chiave: carcinoma a cellule di Merkel, tumori palpebrali Summary A white, 60-year-old male with a primary neuroendocrine Merkel cell carcinoma of the eyelid, presented after a follow-up of 4 months. The patient was brought to our attention after having undergone intervention for a chalazion following a sudden “relapse” consisting of a noduliform, rapid growth, nonpainful purple lesion. Apparently indistinguishable from a chalazion, diagnosis of a Merkel cell carcinoma was possible only after histological examination. We report here on the difficulties in differential diagnosis and those inherent with surgical treatment. Key words: Merkel cell carcinoma, eyelid neoplasm Introduzione Il tumore a cellule di Merkel 1-3 è una rara neoplasia della cute descritta per la prima volta da Toker nel 1972 come carcinoma trabecolare cutaneo, ipotizzandone la derivazione dalle cellule sudoripare. Tale tumore interessa più frequentemente pazienti anziani ultrasessantenni (range 7-95) nel 78% dei casi, con una predilezione per il sesso femminile (M:F = 1:3); è molto comune nelle popolazioni caucasiche ma occasionalmente presente anche nei negri e nei polinesiani 4 5. La dimostrazione di granuli neurosecretori con la microscopia elettronica ha suggerito successivamente la derivazione della neoplasia dalle cellule di Merkel. La precisa funzione della cellula di Merkel non è ancora chiara: possibile un’influenza sulla secrezione di neuropeptidi comportandosi come regolatori di tipo paracrino sulle vicine strutture dell’epidermide e dei suoi annessi 6. Indirizzo per la corrispondenza: Dott. A. Bedei Via Padre Ignazio, 37 55047 Forte dei Marmi, Lucca Tel. +39 0584 7391 E-mail: [email protected] Caso Clinico All’inizio degli anni ’80 ricerche di carattere istochimico ed istogenetico hanno coniato per questa neoplasia il termine di “carcinoma neuroendocrino della cute”, inserendo pertanto la neoplasia nella vasta famiglia degli APUDomi, anche se l’origine del tumore dalla cellula di Merkel non sia stata provata in modo definitivo 7. Attualmente si ritiene che la cellula di Merkel derivi da una cellula epiteliale totipotente in grado di differenziarsi sia in senso neuroendocrino, sia come cheratinocita. La reale incidenza del tumore a cellule di Merkel 8 è sconosciuta (sono quasi un migliaio i casi descritti in letteratura). La sede più comune del tumore è la cute della testa e del collo (50% dei casi); il 40% dei casi interessa le estremità e il rimanente 10% il tronco e le mucose. Sono stati anche riportati casi di sedi multiple della malattia 9. La neoplasia si presenta tipicamente come una lesione solitaria, rilevata o a placca, di colore rossoviolaceo, a superficie lucida talvolta associata a vicine teleangectasie. L’epidermide può essere intatta o ulcerata. Le dimensioni della neoplasia possono essere del tutto varie, fino a 15 cm di diametro con una media alla presentazione di circa 3 cm. Nello stadio iniziale della malattia la neoplasia non presenta caratteri specifici: la lesione può essere confusa con il carcinoma baso o spinocellulare, con il cheratoacantoma, con le metastasi cutanee da carcinoma a piccole cellule, da carcinoma anaplastico, da carcinoide, da retinoblastoma, da sarcoma di Ewing e da neuroblastoma e – se palpebrale – anche con un calazio. Recentemente è stata segnalata un’alta incidenza del tumore nei pazienti trapiantati. La stadiazione della malattia, dopo un attento esame di tutta la superficie cutanea e delle lesioni linfatiche sospette, prevede l’esecuzione di una radiografia standard del torace e di una ecografia addominale 10. La TC spirale total body può risultare utile quando vi sia il sospetto di malattia sistemica o in presenza di un tumore primitivo ad alto indice di proliferazione. La diagnostica di laboratorio 11 prevede il dosaggio plasmatico di NSE e cromogranina A. Possiamo distinguere 3 gruppi diversi di malattia 12-15: ❚ I stadio pazienti con malattia localizzata; ❚ II stadio pazienti con metastasi linfonodale regionale; ❚ III stadio pazienti con malattia sistemica. Nel I stadio, il trattamento di scelta è quello chirurgico, con un’ampia escissione della lesione primitiva e ampi margini di resezione; la dissezione profilattica dei linfonodi regionali non è indispensabile in assenza di una specifica obiettività. Alla escissione chirurgica deve – quando possibile – seguire il trattamento radiante 16. Nel II stadio è presente una disseminazione metastatica dei linfonodi regionali. In questo caso il razionale prevede l’escissione della lesione primitiva, l’asportazione delle catene linfonodali regionali e la radioterapia. La recidiva locale può essere cutanea (23%-60%) o a carico dei linfonodi regionali (40%73%). Il III stadio della malattia è caratterizzato dalla presenza di metastasi che possono interessare prevalentemente fegato, polmoni, scheletro e cute. In questo stadio entra in gioco il trattamento chemioterapico con un’ampia varietà di molecole utilizzate sia in monoterapia che in combinazione. La risposta obiettiva nei pazienti metastatici 17 può essere sorprendente nelle prime fasi del trattamento, decrescendo progressivamente con una durata molto breve, da 3,5 a 12 mesi. Allo stato attuale delle conoscenze, la corretta strategia terapeutica del tumore a cellule di Merkel consiste nella radicale, aggressiva e precoce asportazione della neoplasia al suo stadio iniziale, allo scopo di ridurre la percentuale di recidive a distanza e di migliorare la sopravvivenza 18. Caso clinico Tra i molteplici casi di neoformazioni maligne palpebrali abbiamo ritenuto utile riferire su uno abbastanza raro, ma non del tutto inusuale, con diagnosi differenziale obiettiva estremamente difficile – sulla qual cosa tutta la letteratura concorda – in particolare confondibile con una lesione benigna, per esempio il calazio: si tratta del carcinoma a cellule di Merkel (MCC). È un tumore maligno di tipo neuro-endocrino, a rapida crescita locale ed evoluzione metastatica, poco sensibile alle terapie anti-tumorali. L’MCC permette una sopravvivenza a due anni solamente dopo una escissione completa, necessariamente precoce e soprattutto molto estesa (oltre i margini visibilmente compromessi). Riportiamo il caso di un maschio bianco di 60 anni giunto alla nostra osservazione – dopo essere stato sottoposto, circa un mese prima, ad intervento per escissione di calazio – con una neoformazione nodulare localizzata sulla palpebra superiore destra, violacea, a rapida crescita, non dolente. Abbiamo ipotizzato trattarsi di una neoformazione maligna A. Marabotti, et al. e abbiamo proceduto ad eseguire esame istologico estemporaneo di un frammento chirurgico: subito dopo la risposta di malignità abbiamo effettuato una ampia exeresi e ricostruzione plastica. Le difficoltà del medico di fronte ad un caso del genere possono essere riassunte essenzialmente in tre punti: ❚ difficoltà di diagnosi precoce (è praticamente indistinguibile nelle prime fasi da una lesione benigna); ❚ difficoltà ad eseguire una estesa escissione, quando ad essere interessata è una delle palpebre, poiché anche una completa asportazione dell’intero organo non è considerata un’area di sicurezza sufficientemente ampia; ❚ difficoltà ricostruttive, quando ovviamente non si voglia ricorrere ad un intervento radicale come l’exenteratio orbitae. A questi tre punti aggiungeremo anche le difficoltà psicologiche del paziente stesso ad accettare “di buon grado” e senza avere molto tempo per i ripensamenti, di essere sottoposto ad un intervento molto demolitivo per una lesione palpebrale che a prima vista sembrerebbe di semplice risoluzione. Diagnosi Il quadro obiettivo della lesione è decisamente ingannevole: la lesione appare nodulare, localizzata a livello della rima palpebrale, violacea, a rapida crescita. I segni che dovevano far sospettare una lesione maligna, erano da ricercarsi in: non dolorabilità, elevata consistenza, refrattarietà alla terapia combinata antibiotico-cortisonica. Caratterizzata da una cresci- ta esponenziale, la lesione raggiungeva dimensioni eccessive rispetto a quelle raggiunte, nello stesso tempo, dalle lesioni palpebrali benigne più note. E anche rispetto a quelle maligne più comuni, come il basalioma. L’intervento chirurgico si può riassumere in tre passaggi fondamentali: 1. escissione completa; 2. ricostruzione della palpebra superiore; 3. ricostruzione della palpebra inferiore. Escissione Isolamento dell’elevatore Accesso trans-cutaneo e trans-muscolare al setto orbitario superiore, a circa 10 mm dal limite visibile della lesione tumorale. Incisione del medesimo e reperimento del muscolo elevatore palpebrale. Isolamento del muscolo mediate sutura dello stesso con vicryl 4.0 in tre punti. Taglio con forbici del ventre muscolare in tutta la sua larghezza subito al di sotto dei punti di repere. Escissione tumorale Escissione completa dei 4/5 della palpebra superiore, a tutto spessore, mantenendoci lontani dal bordo visivamente compromesso per almeno 5 mm. Ricostruzione plastica Ricostruzione della palpebra superiore (due lembi peduncolati) 1. Incisione cutanea con lama di Parker da 15 a Fig. 1. Carcinoma a cellule di Merkel – Merkel cell carcinoma. 10 circa 1 cm dalla commessura palpebrale esterna con successivo scollamento palpebrale inferiore, con accesso del tipo “blefaroplastica inferiore”. Apertura cutanea e sollevamento della lamella palpebrale anteriore a circa 4 mm dal bordo cigliare, per una lunghezza pari all’intera palpebra, fino al tendine cantale mediale. 2. Sezione a tutto spessore, in senso longitudinale cioè latero-mediale, della lamella palpebrale posteriore, circa 5 mm sotto il bordo cigliare; sganciamento di questa sottile porzione superiore della lamella posteriore dal tendine palpebrale laterale che la fissava normalmente al periostio orbitario. Ribaltamento in avanti e medialmente del frammento che chiameremo “bordo cigliare/lamella posteriore alta”, resosi così libero ma peduncolato medialmente. Caso Clinico 3. Sezione della rimanente porzione di lamella po- 4. Rotazione del lembo tarso-congiuntivale appena steriore (parte inferiore della stessa) con taglio a tutto spessore, in senso longitudinale ma con direzione inversa alla fase precedente cioè medio-laterale, a livello dell’inserzione dei muscoli retrattori. Ottenimento di un lembo, peduncolato lateralmente, costituito da congiuntiva e tarso per una grandezza pari alla porzione di palpebra superiore affetta dalla neoplasia ed escissa in precedenza. creato in senso infero superiore, con sutura del suo lato superiore al muscolo elevatore palpebrale precedentemente isolato. Sutura del suo lato mediale alla porzione tarso-congiuntivale residua (1/5) della palpebra superiore. Il lembo peduncolato avrà a questo punto sostituito la lamella posteriore mancante nella palpebra superiore. . Traslazione di lembo cutaneo-muscolare, peduncolato temporalmente, dalla lamella anteriore della palpebra inferiore (in precedenza isolata) in senso infero superiore fino al posizionamento del medesimo sopra la neo-lamella posteriore della palpebra superiore, appena ricostruita. Sutura con seta 6.0 a costituire la nuova lamella anteriore della palpebra superiore. Sutura continua con vicryl 7.0 a chiudere il bordo cigliare della palpebra superiore: ovviamente – in questo caso – il nuovo bordo sarà privo di ciglia. 2 Ricostruzione della palpebra inferiore (un lembo libero, pocket technique, un lembo peduncolato) 1. Scollamento di ampio lembo quadrangolare di 2. 3. 3 4. . 4 Figg. 2, 3, 4. Fasi dell’intervento – Phases of operation. setto orbitario inferiore, peduncolato su tutto il lato superiore, cioè a livello dell’inserzione dei retrattori. Posizionamento di lembo di fascia lata eterologa (di provenienza da Banca dei Tessuti) e sutura del medesimo dapprima al periostio orbitario, a livello della sede del tendine laterale della palpebra inferiore, poi al profilo tarsale esposto della palpebra inferiore residua. Ribaltamento del lembo di setto orbitario prima in alto poi su se stesso, cioè di nuovo in basso, dopo avere inglobato la fascia lata, come in una tasca (pocket tecnique). Allargamento della tasca e sutura della stessa sulla fascia lata, fino ad avvolgerla e a nasconderla del tutto 19. Sutura del frammento in precedenza denominato “bordo cigliare/ lamella posteriore alta” – staccato, sollevato ma ancora peduncolato medialmente – sul lato libero (superiore) del nuovo complesso costituito da fascia lata e setto orbitario. Riposizionamento del medesimo frammento, temporalmente, nella sede tendinea originale. Ultimazione con suture in vicryl 6.0 della lamella posteriore. Scollamento cutaneo muscolare fino alla creazione di ampio lembo peduncolato naso-palpebro-genieno. Sollevamento del medesimo in senso infero-superiore con ancoraggio (in vicryl 11 A. Marabotti, et al. 4.0) dapprima al bordo orbitario inferiore – per consolidarne la tenuta ed evitarne la ricaduta in basso – poi in prossimità dei legamenti palpebrali laterale e mediale (sutura trans-periostea) con completo recupero cutaneo nelle aree rimaste scoperte. Ultimazione con suture in seta 4.0 e 6.0 della lamella anteriore. 6. Applicazione di bendaggio fitostimolante freddo e compressivo. Rimozione punti a 8 giorni. case report, ci impone un’attenta riflessione sulla necessità di porre tutta l’attenzione possibile alla diagnosi differenziale di ogni lesione benigna. Sospettare una forma maligna è doveroso per non incorrere in spiacevoli conseguenze. La scelta di una tecnica chirurgica, piuttosto che un’altra, è ovviamente a discrezione del chirurgo. Noi abbiamo scelto una metodica chirurgica composita che ci ha permesso di ottenere un ottimo risultato estetico e funzionale, in un unico tempo chirurgico. Conclusioni Nonostante il decorso post-operatorio sia stato soddisfacente, il paziente, inviato tempestivamente a consulenza oncologica al fine di completare la stadiazione, presentava compromissione dei linfonodi sentinella (pre-auricolari e del collo). Dalla comparsa della prima lesione erano trascorsi solo 40 giorni. Le neoplasie palpebrali benigne sono spesso indistinguibili dalle lesioni maligne. Spesso anche dopo un’attenta analisi obiettiva. È inverosimile, nella pratica clinica, eseguire di routine estemporanee istologiche o biopsie a tutte le neoformazioni palpebrali, esami che ci darebbero la sole informazioni certe sulla natura della lesione. L’aggressività del carcinoma a cellule di Merkel, descritto in questo Introduction Merkel cell carcinoma 1-3 is a rare skin tumour first described by Toker in 1972 as trabecular skin cancer hypothesised to derive from sweat gland cells. The tumour most often affects older patients over 60 years of age (range 7-95) in 78% of cases, with a predilection for women (M:F = 1:3); it is very common among Caucasian populations, but occasionally appears among black and Polynesian populations 4 5. The appearance of neurosecretory pellets under the electron microscope has consequently suggested the origin of Merkel cell cancer. The exact function of the Merkel cell is not yet fully understood, but may be related to secretion of neuropeptides which act as paracrine type regulators of neighbouring epidermal structures and their attachments 6. In the early 1980s, histochemical and histogenetic research coined the term “neuroendocrine carcinoma of the skin” for this neoplasm, thus entering the cancer into the large family of APUDs, although the origin of the Merkel cell tumour has not been definitively proven 7. It is generally believed that the Merkel cell derives 12 Fig. 5. Post operatorio a 7 giorni – 7 days after surgery. from an epithelial totipotent cell that can be differentiated from both neuroendocrine cells and keratinocytes. The actual incidence of the Merkel cell tumour 8 is unknown (there are almost 1000 cases described in the literature). The most common site for the tumour is the skin of the head and neck (50% of cases); in 40% of cases it affects the extremities and in the remaining 10% affects the trunk and mucous membranes. There have also been reports of multiple locations of the disease 9. The neoplasm typically occurs as a solitary, collected or plaque lesion, reddish-purple in colour with a glossy surface sometimes associated with telangiectasia veins. The epidermis may be intact or ulcerated. The size of tumours may vary greatly with an average of 3 cm at presentation, although neoplasms up to 15 cm in diameter have been documented. In the initial stage of the disease, the tumour does not present specific characteristics: the lesion can be confused with basal or spinocellular carcinoma, keratoacanthoma, skin metastases of small cell carcinoma, anaplastic, carcinoid, retinoblastoma carcinoma, Ewing sarcoma and neuroblastoma carcinoma and, if Caso Clinico palpebral, with a chalazion. There has recently been a high incidence of these tumours among transplant patients. The staging of the disease, after a careful examination of the entire surface of the skin and of the suspected lymph lesions, is usually performed by a standard chest X-ray and abdominal ultrasound 10. A total body spiral CT scan can be useful when there is suspicion of systemic disease or in the presence of a primary tumour with a high index of proliferation. Laboratory tests11 are done to obtain plasma dosage of NSE (neuronspecific enolase) and chromogranin A 12-15. There are 3 different groups of disease: stage I, localised disease; stage II, regional lymph node metastases; and stage III, systemic disease; In stage I, surgery is the treatment of choice, with a wide excision of the primary lesion and wide margins of resection; prophylactic dissection of regional nodes is not warranted where there is no specific objective. Surgical excision should be followed with radiation treatment whenever possible 16. In stage II, there is metastatic spreading to the regional lymph nodes, and for this reason excision of the primary lesion, removal of regional lymph node chains and radiotherapy are all performed. Local recurrence may occur on the skin (23%-60%) or on the regional lymph nodes (40%73%). Stage III disease is characterised by the presence of metastases that mainly affect the liver, lungs, skeleton or skin. Chemotherapy treatment is often utilised with a wide variety of agents in either monotherapy or in combination. The objective response in metastatic patients 17 may be surprising in the first phases of the treatment, decreasing progressively within a very short period of time, from 3.5 to 12 months. At the present, the correct therapeutic strategy for Merkel cell tumours is radical, aggressive and prompt removal of the tumour at an early stage in order to reduce the percentage of later relapses and improve survival 18. Case report Among the many different cases of malignant palpebral neoformations, we believed it useful to present a relatively rare, but not entirely unusual case, with extremely difficult objective differential diagnoses including a benign lesion, such as the chalazion and Merkel cell carcinoma (MCC). This latter is a malignant neuroendocrine lesion showing rapid local growth with metastatic evolution that is poorly responsive to anticancer therapies. MCC allows for a survival of about 2 years, following complete and extensive excision if performed early (beyond the visibly compromised margins). We report the case of a white male, 60 years of age, who was brought to our attention after having un- dergone intervention for a chalazion a month earlier, with a nodular neoformation located on the right upper eyelid, purple, rapidly growing and not painful. We formed the hypothesis that this was a malignant neoformation and carried out an immediate histological examination of a surgical fragment. The tissue gave a positive result for malignancy, and we thus carried out extensive excision and plastic reconstruction. The difficulties for the physicians faced with a similar case are early detection (it is virtually indistinguishable in the early stages from a benign lesion) difficulty in performing a wide excision, when the eyelid is involved, as a complete removal of the entire organ is not considered to offer a sufficiently wide margin and difficulties in reconstruction, when a radical intervention such as exenteratio orbitae is undesirable. In addition, the psychological difficulties of the patient to accept, and with little time for second thoughts, to undergo radical intervention for a palpebral lesion that at first glance would seem easily removable. Diagnosis The objective picture of the lesion was decidedly misleading: the lesion appears to be nodular, located on the rim of the eyelid, and is purple with rapid growth. The signs that would suggest a malignant lesion, in contrast to a normal basalioma, were the absence of pain, high consistency, and unresponsiveness to combined antibiotic-cortisone therapy. Characterised by exponential growth, the lesion had too large compared to those excised at the same time from more observable palpebral lesions. The surgical intervention can be summed up in three basic steps: i) complete excision; ii) reconstruction of the upper eyelid; iii) reconstruction of the lower eyelid. Excision Isolation of the elevator Transcutaneous and transmuscular access was gained to the upper orbital septum, at approximately 10 mm from the visible limit of the tumoural lesion. Incision of the same and retraction of the palpebral elevator muscle was then performed. Isolation of the muscle-mediated suture from the same with vicryl 4.0 was carried out in three points. Scissors were used to cut from the stomach muscle at its full width directly below the three anatomical landmarks. Tumoural excision Complete excision of the 4/5 of the upper eyelid was performed, at full thickness, keeping at least 5 mm away from the visually compromised edge. 13 A. Marabotti, et al. Plastic reconstruction Reconstruction of the upper eyelid (two pediculate flaps) 1. Cutaneous incision with a Parker scalpel from 15 to 2. 3. 4. . approximately 1 cm from the joining external eyelid with progressive decortication of the lower eyelid, by using the “lower blepharoplasty” method. Cutaneous aperture and lifting the front eyelid lamella to approximately 4 mm from the eyelash edge, at a length equal to the whole eyelid up to the medial canthal tendon. Section at full thickness, longitudinally, i.e. lateral-medial, from the posterior eyelid lamella, approximately 5 mm below the eyelash edge, separating from this thin upper portion of the posterior lamella of the lateral eyelid tendon that normally binds it to the periosteum orbital. Then the fragment was tilted forward and sideways, known as “eyelash edge/high posterior lamella”, thus redoubling free but medially pediculate. Section the remaining portion of posterior lamella (lower part thereof) with a full-thickness cut, but longitudinally in a reverse direction to the previous phase, i.e. medio-laterally, level with the insertion of the retractor muscles. A flap, laterally pediculate, was obtained consisting of conjunctiva and tarsus at a size equal to the portion of the upper eyelid affected by the tumour and excised earlier 19. The tarsal conjunctiva flap just created was rotated towards the front and up, suturing its muscle on the upper side of the previously isolated elevator eyelid muscle. The medial side was sutured to the residual tarsal-conjunctiva portion (1/5) of the upper eyelid. At this point, the pediculate flap replaced the posterior lamella missing from the upper eyelid. The cutaneomuscular flap, temporarily pediculate, was transferred from the anterior lamella of the lower eyelid (previously isolated) front and up until similarly positioned above the neo-lamella posterior to the just rebuilt upper eyelid. Sutures with 6.0 silk were used to create the new anterior lamella of the upper eyelid. Suturing with vicryl 7.0 was continued to close the eyelash rim of the upper eyelid. Clearly, in this case, the new rim had no eyelashes. Reconstruction of the lower eyelid (1 free flap, pocket technique, 1 pediculate flap) 1. Decortication of a broad rectangular flap of lower orbital area was carried out, and pediculated upon it the entire upper surface, i.e. at the level of the insertion of the retractors. 2. The flap of the heterologous fascia surface (from a 14 3. 4. . 6. Tissue Bank) was positioned, first suturing this to the periosteum orbital, at the level of the locus of the lateral tendon of the lower eyelid, and then to the exposed tarsal profile of the residual lower eyelid. The flap of orbital septum was tilted first up and then back upon itself, i.e. at the bottom again, after having incorporated the fascia surface into a pocket (pocket technique). The pocket and suture the same on the fascia surface were enlarged, until wrapping and hiding it completely. The fragment previously called “eyelash edge/high posterior lamella” was sutured, which is detached, but still medially pediculate, onto the free (upper) side of the new complex consisting of fascia surface and orbital septum. The same fragment is then repositioned temporarily in the original tendinous locus, and completed with sutures in vicryl 6.0 of the posterior lamella. Cutaneomuscular decortication was used to create a wide pediculate naso-palpebral-genieno flap. The same flap was then lifted to the upper front with an anchor (in vicryl 4.0), first to the lower orbital edge to consolidate the hold and prevent dropping down, then near the lateral and medial palpebral ligaments (transperiosteum suture) with complete cutaneous recovery in the areas still exposed. Sutures in silk 4.0 and 6.0 of the anterior lamella were completed. Lastly, cold and compressed Fitostimuline bandages were applied and removed after 8 days later. Conclusions While the post-operative course was satisfactory in our case, during routine oncological follow-up to complete staging, the patient presented with compromised sentinel lymph nodes (preauricular and neck). The first lesions appeared after only 40 days. Benign palpebral tumours are often indistinguishable from malignant lesions, even after careful objective analysis. It is unfeasible in routine clinical practice to conduct extemporaneous histological tests or biopsies for all palpebral neoformations, which would provide only limited information on the nature of the lesion. The aggressiveness of the Merkel cell carcinoma described in this case report highlights the need to put as much attention as possible on differential diagnosis of each benign lesion. Suspecting a malignant form is a must in order to avoid inopportune consequences. The choice of surgical technique is clearly at the discretion of the surgeon. We chose a complex surgical method that permitted us to obtain an optimal aesthetic and functional result in single surgical session. Caso Clinico Bibliografia 11 Hoefler H, Denk H, Lackinger E, Helleis G, Polak JM, Heitz PU. Immunocytochemical demonstration of intermediate filament cytoskeleton proteins in human endocrine tissues and (neuro-) endocrine tumours. Virchows Arch A Pathol Anat Histopathol 1986;409:609-26. 12 Cook TF, Fosko SW. Unusual cutaneous malignancies. Sem Cutan Med Surg 1998;17:114-32. 13 Smith PD, Patterson JW. Merkel cell carcinoma (neuroendocrine carcinoma of the skin). Am J Clin Pathol 2001;115(Suppl.):S68-S78. 14 Hitchcock CL, Bland KI, Laney RG 3rd, Franzini D, Harris B, Copeland EM 3rd. Neuroendocrine (Merkel cell) carcinoma of the skin. Its natural history, diagnosis, and treatment. Ann Surg 1988;207:201-7. 15 Smith DF, Messina JL, Perrott R, Berman CG, Reintgen DS, Cruse CW, et al. 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