FORME DI DOSAGGIO SOLIDE ORALI Sono forme farmaceutiche solide destinate alla somministrazione orale. FORME DI DOSAGGIO SOLIDE ORALI Bustine Capsule Compresse Contenenti al loro interno: Contenenti al loro interno: Contenenti al loro interno: Polveri Granuli/pellets Microparticelle Polveri Granuli/pellets Microparticelle Compresse (mini-tablets) Polveri Granuli Microparticelle POLVERI Il termine generico di polvere indica un insieme, generalmente eterogeneo, di particelle solide le cui dimensioni (taglia ) oscillano tra 0,5 e 1000 µm. In funzione della taglia possono essere classificate in: • Polveri micronizzate 0.5-10 µm • Polveri fini 10-150 µm • Polveri grossolane 150-1000 µm • Aggregati > 1000 µm Naturalmente la classificazione è puramente indicativa. In campo farmaceutico non esiste un campione di polveri costituito da particelle tutte di taglia uguale (polveri monodisperse), ma in ogni campione troveremo particelle di taglie differenti (polveri polidisperse). Nella maggior parte dei casi è il grado di polidespersione che determina la qualità del prodotto finale. UTILIZZO DELLE POLVERI IN CAMPO FARMACEUTICO Le polveri possono costituire: Forma farmaceutica a se stante Come nel caso di bustine monodose o capsule riempite di polveri. Le polveri non costituiscono solamente una forma farmaceutica nella categoria dei solidi orali, ma possono essere utilizzate anche per via inalatoria (polveri inalatorie, DPI) o cutanea. Inoltre possono essere la base per preparazione estemporanee di soluzioni ad uso parenterale. Il materiale di partenza per la preparazione di altre forme farmaceutiche o intermedi di produzione Le compresse (forma farmaceutica finale) possono essere preparate tramite la compattazione di polveri o granulati (intermedio di produzione). Anche il granulato si ottiene dalle polveri, tramite un processo di agglomerazione. La maggior parte delle altre forme farmaceutiche che non rientrano nella categoria dei solidi orali, sono comunque preparate a partire da qualche componente in polvere. PROPRIETA’ DELLE POLVERI Le performance delle polveri sono legate alle loro proprietà, che quindi devono essere determinate (sezione 2.9 Saggi e procedimenti tecnologici della FU). In generale, le proprietà delle polveri possono essere divise in 2 macrocategorie: •Proprietà delle singole particelle •Forma; •Dimensione (taglia); •Porosità; •Area superficiale; •Igroscopicità; •Cristallinità e polimorfismo; Le proprietà possono essere anche distinte in fondamentali e derivate. Quelle fondamentali sono le caratteristiche intrinseche della polvere, mentre quelle derivate dipendono da quelle fondamentali. Ad esempio, la scorrevolezza (una proprietà derivata), dipende dalla taglia, forma, igroscopicità, adesività, densità, ecc. •Adesività. •Proprietà dell’insieme di particelle (proprietà in bulk) •Scorrevolezza; •Densità apparente; •Area superficiale specifica. PROPRIETA’ DELLE POLVERI: CRISTALLINITÀ E POLIMORFISMO In funzione dell’arrangiamento nello spazio di atomi e molecole, i materiali solidi sono definiti come: solidi cristallini: solidi i cui atomi o molecole sono arrangiati nello spazio 3-d in maniera altamente ordinata (ordine a lungo raggio); solidi amorfi: solido i cui atomi o molecole sono disposti i maniera molto simile a quella che si trova, in un determinato istante, in un liquido (ordine a breve raggio); solidi semicristallini: solidi (in genere polimeri) costituiti da porzioni amorfe e porzioni cristalline (cristalliti). Miscela contenete lo stesso materiale sia come amorfo che cristallino. Il polimorfismo è la capacità di una sostanza di organizzarsi in forme cristalline (diversi arrangiamenti nello spazio tridimensionali degli atomi o molecole che lo compongono) diverse. Se la sostanza è composta da una molecola si parla di polimorfismo, altrimenti di allotropia (un solo elemento chimico). Quindi, allo stato solido un certa molecola potrà esistere come cristalli diversi (in genere chiamati forma I, forma II, ecc) o come materiale amorfo. L’esistenza di una specifica forma è in relazione al processo che lo ha generato ed alle condizioni in cui viene conservato. La caratterizzazione del polimorfismo o delle forme amorfe viene eseguita tramite tecniche di analisi termica o diffrattometria a raggi X I vari polimorfi o forme amorfe della stessa sostanza sono caratterizzati da diverse proprietà: •Velocità di dissoluzione e solubilità apparente; •Stabilità (tendenza a ricristallizzazione in forme più stabili); •Proprietà termodinamiche (punto di fusione, punto di sublimazione, capacità termica, entalpia, ecc.); •Proprietà meccaniche; •Proprietà superficiali; •Densità; •Igroscopicità. In campo farmaceutico, il passaggio da una forma polimorfica all’altra potrebbe avvenire in seguito ad una serie di processi tecnologici quali: •Macinazione •Compressione •Granulazione •Atomizzazione •Liofilizzazione •Essiccamento N.B. Tutti i polimorfi, gli pseudopolimorfi e le varie forme amorfe posseggono la stessa attività farmacologia. PROPRIETA’ DELLE POLVERI: FORMA La forma delle particelle è un importante parametro di caratterizzazione delle polveri, influenza parametri quali la scorrevolezza, il potere colorante e le capacità di adsorbimento, inoltre è un parametro qualitativo per processi volti a produrre particelle o granuli di forme ben specifiche (granulazione, pellettizazione, atomizzazione, microincapsulazione, cristallizzazione). La forma è determinata tramite osservazione al microscopio delle particelle di polvere. Solidi cristallini ottenuti per cristallizzazione sono caratterizzati da forme geometriche ben definite in relazione al tipo di materiale, polimorfo e sistema di cristallizzazione. ball milled plates ball milled needles jet milled plates jet milled needles Particelle sottoposte a riduzione di taglia tramite macinazione sono caratterizzate da forme che presentano una certa simmetria (frammenti delle particelle originali) o forme completamente irregolari, in funzione della forma delle particelle di partenza e dell’energia utilizzata nella macinatura. PROPRIETA’ DELLE POLVERI: DIMENSIONE Scopo dell’analisi granulometrica (analisi della taglia) è di determinare le dimensioni delle particelle che compongono una polvere e la loro distribuzione fra varie classi dimensionali. Le dimensioni sono espresse per mezzo di una unità lineare indicata come “diametro” determinata utilizzando diverse tecniche, quali ad esempio: •Setacci; •Velocità di sedimentazione; •Microscopio ottico; •Contatore di particelle (Coulter Counter); •Diffrazione laser. La taglia particellare non è solo un parametro di caratterizzazione della polvere in esame, ma influenza anche proprietà fondamentali, quali : •Velocità di Dissoluzione; •Scorrevolezza; •Penetrazione nelle vie aeree (nei DPI) •Cinetica di rilascio (in multiparticolati a rilascio controllato) ANALISI GRANULOMETRICA MEDIANTE SETACCI I Setacci sono formati da maglie costituite da fili metallici o di fibra (nylon, seta, ecc.), aventi forma quadrata e le cui dimensioni, riferite alla distanza tra due nodi (intersezioni tra i fili di due maglie), sono espresse in µm. Alternativamente le dimensioni dei fori in un setaccio sono espresse in mesh (numero di maglie per pollice lineare). maglie per cm2 micron mesh ASTM setaccio DIN 50 1000 18 7 81 840 20 9 100 710 25 10 120 590 30 11 196 500 35 14 256 420 40 16 320 350 45 18 420 297 50 21 576 250 60 24 820 210 70 28 1025 177 80 32 1550 149 100 40 2300 125 120 48 3160 105 140 56 La setacciatura è il metodo più semplice. In campo farmaceutico è impiegato per materiali grossolani, diciamo con diametro medio maggiore di 200-250mm (polveri grossolane, granulati, pellets). Nell’analisi con i setacci una ben determinata quantità di campione viene posta su di una colonna di setacci a taglia (distanza tra le maglie) via via decrescente. La colonna viene fatta vibrare da un dispositivo chiamato sieve shaker per un tempo determinato. Si determina poi la quantità di campione che rimane in ogni setaccio. Polveri troppo fini non possono essere analizzate efficacemente poiché tendono ad aderire al setaccio. 710 600 500 425 355 300 Fondo Attenzione, nell’analisi dei setacci alla polvere raccolta in un dato setaccio possono essere attribuiti 3 diversi valori di diametro: Diametro medio; Diametro oversize; Diametro undersize; Ad esempio, la taglia della polvere depositata nel setaccio di 500mm può essere pari a 550mm ((500+600)/2, diametro medio), pari a 500mm (diametro oversize) o 600 mm (diametro undersize). N° Setaccio Diametro medio Peso setaccio vuoto Peso setaccio pieno gr polvere % polvere 810 880 341.85 344.15 2.3 4.37 710 760 312.05 327.2 15.15 28.81 600 655 322.71 354.76 32.05 60.95 500 550 310.77 313.65 2.88 5.48 425 462.5 432.77 432.9 0.13 0.25 300 362.5 410.01 410.03 0.02 0.04 fondo 150 245.26 245.31 0.05 0.10 52.58 100 950 Il diametro medio dell’intera popolazione di polvere è calcolato tramite la media pesata: Diametro medio della popolazione = ∑ (Diametro medio per ogni setaccio * Peso di polvere nel setaccio) Peso totale In questo caso il diametro medio sarà: ((2.3*880)+(15.15*760)+(32.05*655)+(2.88*550)+(0.13*462.5)+(0.02*362.5)+(0.05*150))/ 52.58= 688.3 Alternativamente, è possibile tracciare un diagramma delle frequenze dove la taglia di ogni classe (diametro medio di ogni setaccio) è riportata in asse x e la frequenza (peso di particelle per ogni classe) in quello y. L’istogramma delle frequenze (barre rosse nel grafico sotto) viene analizzato con un appropriato modello matematico, in genere quello normale (linea blu nel grafico sotto) o quello lognormale, che restituirà la distribuzione teorica della taglia ed i sui parametri caratteristici (diametro medio e deviazione standard). 40 35 Dati sperimentali fittaggio con modello di Gauss 30 Frequenze 25 20 15 10 5 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 Size (µm) Equation y=y0 + (A/(w*sqrt(PI/2)))*exp(-2*((xxc)/w)^2) Reduced Chi-Sqr 1.14882 Adj. R-Square 0.99213 Value Standard Error B y0 0.57112 0.548 B xc 683.45175 3.89833 B w 114.78333 8.97997 B A 5117.71947 270.65333 B sigma 57.39167 B FWHM 135.14705 B Height 35.57441 In funzione del tipo di analisi dei dati o del modello scelto ci possono essere differenze nei valori caratteristici. Ad esempio in questo caso il diametro medio è 683.5 mentre con l’equazione precedente era 688.3 ANALISI GRANULOMETRICA PER SEDIMENTAZIONE Nell’analisi per sedimentazione si stabilisce il diametro delle particelle in base alla loro velocità di sedimentazione. Quest’ultima è determinata utilizzando la Legge di Stokes che descrive la velocità di caduta di corpi sferici in mezzo liquido: h d 2 ( ρ − ρ0 ) g V= = t 18η V = velocità di sedimentazione h = altezza di caduta t = tempo di caduta g = accelerazione di gravità η =viscosità del mezzo ρ =densità delle particelle 18η h d= ( ρ − ρ0 ) gt ρ0 =densità del mezzo D = diametro delle particelle Tra i vari metodi per la determinazione della velocità di sedimentazione, il più utilizzato è quello basato sulla pipetta di Andreasen. Tale strumento è’ costituito da un cilindro di 550 ml contenente una pipetta da 10ml saldata all’estremità superiore del cilindro in un tappo smerigliato. La pipetta è immersa nella sospensione per una profondità di 20 cm. Si conduce l’analisi introducendo nel cilindro una sospensione delle particelle da esaminare (1-2% p/v). Si agita e lo si pone in un bagno termostatato. Si preleva un campione di 10 ml, che è evaporato, pesato e preso come peso di riferimento (peso di tutte le particelle di tutte le dimensioni presenti in 10ml). Ad intervalli di tempo regolari si prelevano 10ml, evapora e si registra il peso. Il peso ottenuto si sottrae al peso di riferimento e si ha così il peso delle particelle con diametro inferiore a quello che si calcola con la legge di Stokes nell’intervallo di tempo considerato (h è l’altezza del liquido in cui è immersa la pipetta). Le particelle più piccole del riferimento rimangono sospese mentre quelle più grandi sedimentano. ANALISI GRANULOMETRICA TRAMITE CONTATORE DI PARTICELLE Permette di misurare direttamente, con un metodo conduttimetrico, il volume delle particelle. Il campione in esame viene sospeso in una soluzione di cloruro di sodio o di un altro elettrolita e la sospensione posta in una cella contente i due elettrodi. Uno di questi è situato in un tubo di vetro con un orifizio capillare nel quale, con l’ausilio di una pompa, viene aspirata un’aliquota della sospensione in condizioni tali che le particelle sospeso passino l’orifizio una per volta. Ogni particella sostituisce una certa quantità di elettrolita provocando una variazione della resistenza elettrica misurata fra gli elettrodi. Questa variazione è proporzionale al volume delle particelle. Il metodo è valido solo per particelle insolubili nella soluzione dell’elettrolita MICROSCOPIA La microscopia costituisce l’unico metodo assoluto nella caratterizzazione della taglia e della forma. A differenza di altre tecniche non da nessuna interpretazione dei dati, ma è l’operatore, che con la sua conoscenza ed esperienza provvede ad interpretare i risultati ottenuti. Tramite microscopia è possibile valutare la forma particellare, la presenza di aggregati, particelle cave o deformate ed altre forme di non omogeneità. Oltre che per l’analisi diretta del PSD, la microscopia viene utilizzata per verificare l’efficacia di altre metodologie di analisi del particle size. In campo farmaceutico vengono utilizzati tre tipologie di microscopi: •Microscopio ottico Utilizza la radiazioni elettromagnetiche nello spettro visibile (circa 10-6-10-7 m) per esaminare le particelle, che vengono preventivamente disperse in paraffina liquida. Il limite minimo di analisi è di circa 1µm, tuttavia per taglie così piccole non si ha una buona risoluzione. •Microscopio elettronico a scansione (sem) e a trasmissione (tem) Il limite invalicabile del potere risolutivo del microscopio ottico è legato sostanzialmente alla lunghezza d’onda della luce impiegata. Il potere risolutivo cresce proporzionalmente al decrescere della lunghezza d’onda della radiazione impiegata. La scoperta che gli elettroni hanno una radiazione di bassissima lunghezza d’onda ha suggerito la possibilità di usare fasci di elettroni per ottenere poteri risolutivi molto elevati. Il SEM fornisce fino a 150.000 – 200.000 ingrandimenti, con un potere risolutivo dell’ordine del milionesimo di millimetro ( nell’ordine cioè dei nanometri ). Mentre la maggior parte dei metodi di particle size analysis analizza un campione di particelle, l’analisi al microscopio analizza particella per particella. Il principale limite della microscopia riguarda la possibilità di analizzare un campione rappresentativo della popolazione di particelle. Secondo vari autori il numero di particelle da analizzare per poter generare un quadro rappresentativo della situazione reale è compreso tra le 300 e 600 unità. Per ottenere informazioni quantitative attraverso l’analisi al microscopio è necessaria una procedura di calibrazione che ci permette di risalire alle reali dimensioni delle particelle analizzate. Nel caso di osservazione dirette si utilizzano degli oculari provvisti di graticole calibrate, con le quali confrontare le particelle in esame. Se invece acquisiamo l’immagine tramite fotocamera, sarà necessario calibrare il software di acquisizione/rielaborazione dell’immagine con un vetrino calibrato, dopodichè conosceremo che per ogni pixel dell’immagine corrisponderà una determinata dimensione reale. In questi casi il software di acquisizione dell’immagine inserirà nella foto la cosiddetta bar scale, ossia la scala di riferimento. LASER SCATTERING I metodi basati sulla diffrazione laser derivano dallo sviluppo di teorie che descrivono l’interazione tra onde elettromagnetiche (luce) con i sistemi particellari. Quando la luce incontra delle discontinuità (ostacoli, passaggi da un mezzo a un altro) si possono avere diversi fenomeni: •Assorbimento •Riflessione Il raggio luminoso “rimbalza” nella direzione opposta a quella di provenienza. •Rifrazione Il raggio luminoso subisce una deviazione passando da un mezzo poco denso (aria) ad uno più denso (acqua). •Diffrazione Il raggio luminoso subisce una deviazione quando passa attraverso un ostacolo. È come se l'onda si "rompesse" e si ricomponesse, sparpagliandosi, al di là dell'ostacolo o della fenditura o attraversando una superficie rugosa. Quando un raggio di luce colpisce un oggetto, subirà una alterazione della sua direzione ed intensità. Tale alterazione sarà dovuta agli effetti combinati di riflessione, rifrazione e diffrazione, e sarà indicata con il termine scattering. Per l’analisi dei sistemi con taglie nel range micrometrico (la maggior parte delle polveri ricadono in questo range), la tipologia di analizzatoti di scattering più utilizzata è quella di tipo statico. Il termine static light scattering considera lo scattering di sistemi che avviene indipendentemente dal moto delle particelle. Quando un raggio luminoso colpisce una particella, la luce viene scatterata in tutte le direzioni. L’intensità dei raggi deflessi nelle varie angolazioni da origine ad un’ “immagine” di diffrazione (diffraction pattern) caratteristico di un materiale con certe proprietà fisiche ed una certa distribuzione di taglia. La relazione tra il diffraction pattern, le proprietà fisiche del materiale e la sua taglia è descritta da una serie di teorie matematiche, come la teoria di Mie o la semplificazioni di Fraunhofer. DIAMETRO EQUIVALENTE Una dei principali problemi nell’analisi della taglia è la possibilità di esprimere attraverso un unico numero la dimensione di una particella che possiede tre dimensioni. Esiste solamente una forma geometrica la cui dimensione può essere espressa in maniera non ambigua da un unico numero: la sfera. In tutti gli altri casi l’utilizzo di un unico numero porterebbe ad un risultato vago ed ambiguo. Il problema è risolto assegnando ad un oggetto non sferico il diametro di una sfera che possiede qualche caratteristica equivalente a quella del nostro oggetto (peso, volume, superficie, ecc). La sfera in questione è definita sfera equivalente ed il suo diametro diametro equivalente (CE diameter, dove CE sta per circle equivalent). In questo caso il diametro equivalente è il diametro di una sfera con la stessa superficie 2-D (area proiettata) della particella in esame. Esistono numerosi parametri per costruire la sfera equivalente, molti dei quali originano direttamente dalle tecniche utilizzate per la misura della taglia. Ad esempio il diametro equivalente di Stokes è quello di una sfera con velocità di caduta pari a quello della particella in esame durante un test di sedimentazione mentre il diametro equivalente di un setaccio (sieve equivalent diameter) è quello di una sfera in grado di passare tra le maglie di un determinato setaccio. PROPRIETA’ DELLE POLVERI: DENSITA’ La densità (chiamata anche massa volumica o massa specifica) di un corpo (spesso indicata dal simbolo ρ o anche δ) è il rapporto tra la massa del corpo ed il volume del medesimo corpo. Rappresenta quindi il peso di un quantità (volume) unitaria di sostanza. E’ generalmente espressa in gr/cm3. Se una sostanza ha densità uguale a 3 gr/cm3, significa che un volume pari a 1 cm3 della sostanza pesa 3 gr. In funzione del volume della frazione solida considerato si distinguono: Densità vera La densità vera è il rapporto tra la massa m ed il volume V del solo materiale solido con esclusione dei pori presenti all’interno delle particelle e degli spazi tra le particelle stesse. Per materiali non porosi la densità vera è determinata tramite picnometria o metodi legati allo spostamento di liquidi. Per solidi porosi tramite diffrattometria a raggi X. La densità vera ha scarsa importanza nella tecnologia dei solidi. Densità apparente Considera sia il volume reale occupato dal solido che quello di alcuni spazi vuoti (solidi con cavità chiuse, con cavità aperte o a struttura spugnosa, spazi tra le particelle). In funzioni di quali spazi vuoti sono considerati avremo diversi tipi di densità apparente, quale la densità versata, battuta, picnometrica con elio, picnometrica con mercurio, ecc. Insieme di particelle di polvere Spazi interparticellari: spazio tra le diverse particelle Spazi intraparticellari: spazio all’interno di una particella Gli spazi intraparticellari si dividono in: Pori aperti: spazi all’interno di una particella comunicanti con la superficie esterna. Pori chiusi: spazi all’interno di una particella non comunicanti con la superficie esterna. DENSITÀ AL VERSAMENTO (BULK DENSITY) Densità ottenuta considerando sia gli spazi interparticellari che quelli intraparticellari. Si puo' determinare sia misurando il volume occupato da una massa nota di polvere versata in un cilindro graduato, sia misurando la massa di un volume noto di polvere versata in un misuratore di volume. La densità al versamento, oltre ad essere un parametro di caratterizzazione di una data polvere o miscela di polveri, è importante in tutti quei processi che richiedono il riempimento di un certo volume. Ad esempio, se vogliamo miscelare delle polveri che presentano una densità al versamento pari a 0,5 gr/cm3, tramite un miscelatore a V da 5 litri, che necessita di un riempimento ottimale pari al 60% del volume, dovremmo caricare: Volume di polvere da caricare = 0.6*5= 3 litri (=3000 cm3) Peso di polvere da caricare = 0.5*3000= 1500 gr = 1.5 Kg Processi di questo tipo riguardano la granulazione ad umido, il riempimento delle capsule, la macinazione, ecc. DENSITÀ ALLO SCUOTIMENTO (TAPPED DENSITY) Si determina come la densità al versamento, scuotendo però il cilindro graduato fino a che il volume di polvere si attesta ad un valore costante. Lo scuotimento avviene tramite un apparecchiatura chiamata pigiatore volumetrico. La densità battuta ottenuta considera sia gli spazi intraparticellari che quelli interparticellari, tuttavia questi ultimi sono ridotti al valore minimo consentito dalla forma delle particelle senza che queste siano frammentate o deformate (dopo cioè aver subito solamente un processo di impaccamento). La densità battuta è in relazione con la capacità di impaccamento delle polveri, che ha sua volta è in relazione con la loro scorrevolezza. Per questi motivi i valori di densità battuta e versata sono utilizzati per il calcolo di alcuni indici di scorrevolezza, quali l’indice di Carr (indice di comprimibilità) e l’indice di Hausner. pigiatore volumetrico DENSITÀ PICNOMETRICA I picnometri sono apparecchi impiegati per la misurazione della densità di solidi e liquidi. I modelli più semplici sono costituiti da una boccetta di vetro a collo largo, chiusa da un tappo smerigliato e terminante con un tubo capillare su cui è incisa una tacca di riferimento. Il funzionamento è basato sul volume di liquido (che non deve sciogliere il solido) spostato in seguito all’aggiunta di un corpo solido a peso noto all’interno del picnometro stesso. Nella caratterizzazione di polveri ad uso farmaceutico si usano due tipi di picnometro: •Il picnometro a mercurio; •Il picnometro ad Elio: Picnometro a mercurio Il mercurio è un liquido nel quale la maggior parte dei solidi sono insolubili, caratterizzato da sua tensione superficiale elevata. A causa delle tensione superficiale non può penetrare, a pressione normale, nei pori di diametro minore di 10-15 µm, così che, all’interno di un picnometro, il mercurio occuperà solamente gli spazi interparticellari e non quelli in intraparticellari. In pratica il valore di densità ricavata sarà quello relativo ad una particella “piena”, senza la presenza di porosità (tale densità viene anche detta “densità granulare”). Picnometro a elio A differenza di tutti gli altri picnometri, in questo caso non si usa un liquido ma un gas. L’elio è costituito da molecole molto piccole in grado di penetrare anche nelle porosità interne delle particelle (ma non nei pori chiusi). utilizzando un gas non si ragioni in termini di volume spostato (come per un liquido), ma in quello di volume riempito, tramite la classica legge sui gas: P ⋅V = n ⋅ R ⋅ T Così il volume occupato da una certa quantità di elio (n) sarà: n ⋅ R ⋅T V= P Per sottrazione del volume di elio da quello del contenitore si ottiene il volume delle particelle. Con il picnometro ad elio si ottiene un valore molto simile a quello della densità reale, tanto che spesso viene utilizzato a tale scopo (come ad esempio nel calcolo della porosità). DENSITÀ RELATIVA II termine densità relativa può indicare: • il valore della densità di un certo materiale in relazione ad un materiale di riferimento (solitamente acqua distillata alla temeperatura di 4°C ed alla pressione di 1 bar); • il valore di un certo tipo di densità apparente in relazione ad una densità di riferimento (in genere quella reale); Viene generalmente indicata con D ed è calcolata: Dove ρx è la densità del materiale o un tipo di densità apparente, mentre ρr è la densità del riferimento. La densità relativa calcolata usando come densità di riferimento quella reale è utilizzata per il calcolo della porosità. ρx D= ρr PROPRIETA’ DELLE POLVERI: POROSITA’ E’ definita come il rapporto tra il volume degli spazi vuoti e il volume apparente della polvere (il volume occupato dai pori, dagli interstizi intra e interparticellare e dalla polvere). Esistono due tipi di porosità: • Interparticellare: si valuta conoscendo gli interstizi tra le varie particelle all’interno di una massa di polveri. • Intraparticellare: si valuta conoscendo i piccoli interstizi della particella facenti parte della particella stessa. I pori all’interno della particella possono essere classificati in funzione della loro taglia in: •Macropori: da 50 a 100 µm •Mesopori: da 2 a 50 µm •Micropori: fino a 2 µm Nel caso di polveri farmaceutiche o granuli i pori saranno di tipo meso o micro. La porosità può essere calcolata dai valori di densità reale ed apparente sfruttando la densità relativa: Porosità = (1 − D) ⋅100 La formula è di facile comprensione se consideriamo che la densità relativa altro non è che il rapporto tra il volume pieno (volume reale Vr) e quello pieno + vuoto (volume apparente Vx): Px ρ x Vx Px Vr Vr D= = = ⋅ = ρ r Pr Vx Pr Vx Vr I due pesi sono uguali poiché si considera che gli spazi vuoti hanno peso trascurabile. Quindi se D è uguale a 0,5 significa che il volume pieno è la metà di quello vuoto + pieno, quindi gli spazi vuoti saranno circa il 50% ((1-0,5)*100). D non può essere mai superiore ad 1, ossia il volume vuoto + pieno non può mai essere più piccolo del solo volume pieno (al massimo può essere uguale se non ci sono spazi vuoti, ossia porosità 0%). Come densità di riferimento in genere si usa quella calcolata al picnometro ad elio (che quindi si considera simile alla densità reale). In questo modo la porosità di: • un letto di polvere sarà calcolata dal rapporto densità versata/densità reale; • un letto di polvere in seguito ad una certa compattazione sarà calcolata da densità battuta/densità reale; •Una singola particella sarà calcolata da densità al picnometro a mercurio/densità reale. Altri utilizzi riguardano le compresse. La porosità di una compressa sarà calcolata dalla sua densità apparente (calcolata dal volume finale di una compressa) e dalla sua densità reale (quella delle polveri che la costituiscono). Ad esempio, una compressa di cellulosa microcristallina (desnità reale 1.5 gr/cc) con le seguenti dimansioni avrà una porosità pari a : Diametro: 6 mm V compressa= (3*3*3.14)*2.5= 70.65 mm3= 0.07065 cm3 Spessore: 2.5 mm peso: 0.1gr Densità apparente compressa=0.1gr/ 0.07065 cm3=1.415 gr/cm3 Porosità=(1-(1.415/1.5))*100= 5.6% POROSIMETRO A MERCURIO Per una analisi più dettagliata della porosità, è necessario l’utilizzo di uno specifico strumento, il porosimetro. Il porosimetro a mercurio può essere considerato una evoluzione del picnometro a mercurio. La teoria che sta alle spalle di tutti i porosimetri a mercurio è basata sul principio fisico che un liquido non reattivo e non bagnante non penetrerà nei pori fino a che non sarà applicata una pressione sufficiente (in assenza di pressione il porosimetro funziona come un normale picnometro). La relazione tra la pressione applicata e la dimensione dei pori nei quali il mercurio penetrerà è data dall’equazione di Washburn: P ⋅ D = 4γ ⋅ cos θ P è la pressione applicata D è il diametro dei pori γ è la tensione superficiale del mercurio θ è L’angolo di contatto tra il mercurio e la parete dei pori. A bassa pressione il mercurio riempirà solo gli spazi intraparticellari, tuttavia, man mano che la pressione aumenta il mercurio tenderà a penetrare nei pori, dapprima quelli più grandi e poi quelli sempre più piccoli. L’analisi porosimetrica permette di risalire alla porosità aperta totale (%) ed al volume cumulativo totale. Si può inoltre osservare la distribuzione dei pori in funzione delle loro dimensioni. PROPRIETA’ DELLE POLVERI: AREA SUPERFICIALE Il termine area superficiale indica l’area di un corpo solido (o di un insieme di corpi solidi) in contatto con l’ambiente esterno. Generalmente tale valore è riferito ad una quantità unitaria di sostanza, in questo caso si parla di area superficiale specifica (SSA) (m2/gr). L’area superficiale è un parametro importante poiché è in relazione con due proprietà fondamentali per la lavorabilità delle polveri: •Coesione Tendenza di una particella di polvere ad attrarre polveri dello stesso tipo. •Adesione Tendenza di una particella di polvere ad attrarre polveri di tipo diverso o materiali diversi Questi fenomeni sono in relazione alla non-omogenea distribuzione delle forze sulla superficie particellare con conseguente incremento di energia libera superficiale e quindi di forze elettrostatiche di natura attrattiva. L’area superficiale di una polvere può essere determinata attraverso : •Metodo dell’ adsorbimento di un gas o di un liquido su un campione di polvere; •Misura della velocità con cui un gas passa attraverso un letto di polvere (metodo della permeabilità). Nel metodo per adosrbimento si sfrutta il principio che la quantità di gas o liquido che aderisce alle particelle in determinate condizioni (deve essere un monostrato) è proporzionale alla loro area superficiale. Tra le varie metodiche la più nota è quella di Braunauer, Emmet e Teller (nota come tecnica BET) che determina la superficie specifica tramite l’adsorbimento di un monostrato di azoto (si ottiene ad una certa Pressione e temperatura). Nel metodo per permeabilità si correla la facilità con cui un gas (solitamente aria, in questo caso si parla di air permeability) attraversa un letto di polvere con la sua area superficiale. Infatti, maggiore è l’area superficiale maggiore sarà la resistenza al flusso del gas PROPRIETA’ DELLE POLVERI: SCORREVOLEZZA La capacità di una polvere di fluire, attraverso un piano inclinato od un orifizio, sotto l’effetto della forza di gravità prende il nome di scorrevolezza di una polvere. La scorrevolezza è una proprietà in bulk delle polveri e dipende dalla coesività/adesività delle stesse, che a sua volta dipende da una serie di proprietà fondamentali quali: •Area superficiale •Taglia •Forma •Densità •Tensione superficiale. Così particelle piccole, di forma irregolare e superficie frastagliata possiederanno una elevata area superficiale ed un maggior densità di forze elettrostatiche, con conseguente bassa scorrevvolezza (es. farina). Altro aspetto importante è la densità, poiché la forza di gravità che agisce su un dato corpo è dipendente dalla massa (una sfera d’acciaio scorre meglio di una sfera di polistirolo di analoghe dimensioni). La scorrevolezza è un parametro critico in tutti quei processi tecnologici che prevedono il riempimento con polveri di un certo volume ad una certa velocità, come ad esempio: •Preparazione di compresse; •Preparazione di capsule rigide; •Preparazione di bustine monodose. Nella farmacopea sono riportati 7 gradi di scorrevolezza: 1. Eccellente 2. Buona 3. Discreta 4. Passabile 5. Scadente 6. Molto Scadente 7. Estremamente scadente La scorrevolezza può essere determinata tramite vari metodi: Metodo dell’imbuto di scorrimento (flusso attraverso un orifizio) Si misura il tempo necessario che una certa quantità di polvere impiega ad attraversare l’orifizio di un imbuto con un certo diametro e pendenza delle parti Per le caratteristiche di scorrevolezza che interessano la tecnologia farmaceutica, questo metodo è sicuramente il più adatto, poiché mima il reale fluire di una polvere. la velocità di flusso attraverso un orifizio è misurata, con l’aiuto di un cronometro, riempiendo un imbuto con 100 g di polvere e misurando in quanti secondi questa fluisce attraverso di esso. Metodo dell’angolo di riposo L’angolo di riposo statico è determinato lasciando che una quantica di materiale fluisca attraverso un imbuto diametro definito posto ad una certa altezza. La formazione di un cono di polvere sulla base a diametro definito permette di determinare l’angolo di riposo in deflusso. Altenativamente si riempie un cilindro di un certo diametro ed altezza con la polvere. Sollevando il cilindro si formerà un cono di polvere. L’angolo di riposo (α) è l’angolo formato tra il piano di lavoro ed il lato del cono che si forma procedendo come in figura: h tgα = r h α = arctg r Indice di Carr ed indice di Hausner Sono entrambi ricavati a partire dalla densità versata e quella battuta delle polveri. Si basano sulla considerazione che maggiore èla scorrevolezza di una polvere, migliore sarà il suo impaccamento in seguito al solo versamento, ossia più una polvere è scorrevole minore e la differenza tra la densità versata e quella battuta. ρb − ρv Indice di Carr = ⋅100 ρb ρb Indice di Hausner = ρv ρb è la densità battuta ρv è la densità versata N.B. l’indice di Carr è anche chiamato indice di comprimibilità anche se non ha niente a che vedere con la comprimibilità vera e propria delle polveri (capacità di generare compresse di una certa durezza in seguito all’applicazione di una certa pressione). PREPARAZIONE DELLE POLVERI Le polveri ad uso farmaceutico si ottengono tramite: Precipitazione da una soluzione Per variazione dei parametri chimico-fisici responsabili della solubilità (solvente, temperatura, pH, ecc) della sostanza da preparare. Ad esempio, il lattosio precipita da una soluzione acquosa per aggiunta di etanolo o acetone. Eliminazione del solvente da una soluzione Il solvente può essere eliminato per evaporazione (come ad esempio tramite spray drying) o in seguito a congelamento-sublimazione (liofilizzazione o freeze-drying). Polverizzazione (macinazione) di pezzi grossolani. PREPARAZIONE DELLE POLVERI: MACINAZIONE La macinazione è il processo di riduzione della taglia particellare di una materiale solido tramite l’applicazione di processi di tipo meccanico. A seconda delle dimensione delle particelle ottenute si parla di : •Frantumazione: si ottengono particelle grossolane (nell’ordine di mm) •Macinazione propriamente detta: si ottengono particelle con taglia > 10 µm •Micronizzazzione si ottengono particelle più con taglia < 10 mµ MECCANISMI E METODI DI POLVERIZZAZIONE La macinazione avviene in specifiche apparecchiature dette mulini, generalmente costituite da un contenitore in cui sono inseriti degli elementi macinanti in movimento. Tali elementi applicano un carico alle particelle da macinare, al quale le particelle risponderanno in diverso modo in funzione del carico e delle loro proprietà: •Deformazione elastica:Le particelle si deformano per recuperare poi la loro forma in seguito alla rimozione del carico •Deformazione plastica:Le particelle si deformano e non recuperano poi la loro forma in seguito alla rimozione del carico •Frammentazione: Le particelle si rompono in frammenti più piccoli. Deformazione plastica Deformazione elastica Carico In generale si osservano tutti e tre i meccanismi; a basse forze prevale la deformazione elastica, all’aumentare della forza le particelle iniziano a deformarsi irreversibilmente (yield point) per poi rompersi. Deformazione Frammentazione La polverizzazione può essere effettuata secondo 4 meccanismi principali: • taglio, • compressione, • impatto, • attrito. I vari molini saranno quindi classificati in funzione del meccanismo di macinazione. I molini avranno caratteristiche e potenzialità differenti. La scelta di un molino rispetto ad un altro è in relazione a : •Caratteristiche del materiale di partenza; •Caratteristiche del materiale che si vuole ottenere; •Grandezza del lotto da lavorare; •Economicità del processo. Mulino a coltelli Nel meccanismo di taglio il materiale è tagliato da una o più lame e l’apparecchiatura utilizzata è il mulino a coltelli. La polvere da lavorare è sminuzzata passando tra due piastre metalliche circolari e parallele, delle quali una è fissa e l'altra ruota ad alta velocità attorno proprio asse. Le due piastre (a destra, parte in basso: le lame fisse sono colorate in blu) sono dotate di lame disposte concentricamente attorno all'asse di rotazione. L'uscita dal mulino ha una griglia calibrata che lascia passare la polvere in un cassetto di raccolta solo quando ha raggiunto le dimensioni richieste. Infatti via via che le dimensioni delle particelle si riducono, quelle di minore dimensione si allontanano dall'asse di rotazione Idoneo per la macinazione di materiali fibrosi (radici, foglie, cortecce). Mulino a cilindri Il meccanismo di compressione consiste nella rottura del materiale per applicazione di una pressione come avviene nel mulino a cilindri. La dimensione delle particelle è regolata dalla spaziatura dei due cilindri che combaciano reciprocamente durante la loro rotazione; le sostanze sono trascinate e schiacciate in questo spazio. È in genere utilizzato per la macinazione di materiali cristallini. Mulino a martelli Il meccanismo di impatto si ha quando un materiale stazionario viene colpito da un oggetto che si muove ad alta velocità o quando la particella in movimento colpisce una superficie stazionaria. Viene utilizzato il mulino a martelli, costituito da un contenitore in metalliche racchiude 4 ò più martelli uniti all’asse centrale. Questo metodo assicura rapidità, capacità di macinare diversi tipi di materiale, continuità di operazione, assenza di superfici metalliche di frizione che inquinerebbero il materiale. Lo svantaggio principale è lo sviluppo di calore. Idoneo per la macinazione di materiali friabili. Molino a palle L’azione combinata dell’attrito e dell’impatto si ottiene utilizzando molini a palle. Tali molini sono costituiti da cilindri di porcellana che ruotano intorno il loro asse principale contenenti palle anch’esse di porcellana (30%-40% del volume). Importante è la velocità di rotazione. Troppo bassa: scarsa polverizzazione per rotazione delle palle l’una sopra l’altra. Troppo alta: le palle sono spinte contro le pareti dalla forza centrifuga. Velocità ottimale 2/3 di quella alla quale avviene la centrifugazione delle palle. Alla velocità ideale le sfere di porcellana si arrampicano per circa i 4/5 della parete del contenitore (macinando per attrito) per poi ricadere al centro del cilindro (macinando per impatto). Micronizzazione Per ottenere polveri micronizzate (taglia < 10 µm) è necessario l’applicazione di notevole energia. Il molino ad energia fluida (chiamato anche micronizzatore a getto d’aria) agisce tramite i meccanismi di impatto e attrito. Le particelle da polverizzare vengono trascinate da una violenta corrente d'aria in una camera progettata in modo che subiscano un gran numero di urti e sfregamenti reciproci e contro le pareti. Via via che le dimensioni delle particelle si riducono, quelle di minore dimensione ruotano più vicine alla parete interna della camera dove è presente il foro di uscita delle particelle. INCONVENIENTI DELLA MACINAZIONE Il processo di macinazione è un processo che richiede l’applicazione di una notevole quantità di energia. Solo una piccola parte di energia (< del 2%) viene utilizzata per la frammentazione delle particelle mentre la restante è dissipata in fenomeni di deformazione a attrito, con conseguente generazione di calore. In seguito al calore generato e alla pressione esercitata sulle particelle, si potrebbero verificare le seguenti problematiche: •Interconversioni polimorfiche dell’attivo; •Amorfizzazione dell’attivo; •Degradazione dell’attivo; •Aggolmerazione particellare in seguito allo sviluppo di cariche elettrostatiche. MISCELAMENTO DELLE POLVERI Normalmente, le polveri utilizzate in campo farmaceutico sono costituite da particelle di materiali diversi, uno o più attivi e vari eccipienti. Affinché il prodotto finale (costituito dalla polveri stesse o derivato da esse), sia omogeneo in ogni sua parte, in termini di proprietà chimico-fisiche e farmacologiche, è necessario che le diverse particelle di polvere siano distribuite uniformemente all’interno dell’intera massa di polvere. Questo è possibile se le diverse polveri vengono opportunamente miscelate. Nel caso di solidi una distribuzione assolutamente regolare come quella della figura al centro è praticamente impossibile. In genere si ottiene una distribuzione reale costituita da isole o aggregati distribuite casualmente.In questa situazione, se preleviamo un campione piccolissimo, non sarà omogeneo. Tuttavia, man mano che le diemensioni del nostro campione aumentano cresce anche l’omogeneità. Polveri non miscelate Miscelazione ideale Miscelazione reale (random) In un processo di miscelazione intervengono due diverse tipologie di forza: •Forze che tendono a separare due particelle o gruppi di particelle adiacenti. Sono le cosiddette forze di accelerazione, ossia tutti quelle forze esterne che tendono a far ruotare, traslare, rovesciare, ecc. l’intera massa di polvere •Forze che tendono a mantenere due particelle o gruppi di particelle nella loro posizione. Sono tutte quelle forze responsabili dell’adesività e coesività delle particelle (interazioni elettrostatiche). Di conseguenza, tutti i fattori che favoriscono l’adesività tenderanno a rendere difficoltoso il mescolamento mentre quelli che favoriscono la scorrevolezza lo favoriranno. Altra regola importante è l’uniformità delle varie particelle di materiali diversi. Mescolare due polveri costituite da particelle con caratteristiche simili è più facile che due polveri molto differenti. Infine, altro aspetto importante, sono i volumi delle due polveri da mescolare. Anche in questo caso, per volumi simili la miscelazione sarà più semplice (se i volumi sono molto diversi può essere richiesta la miscelazione con il metodo delle diluizioni geometriche). MECCANISMI DI MISCELAZIONE La miscelazione può avvenire in accordo a 2 distinti meccanismi: •Miscelazione Convettiva Vengono movimentati piccoli ammassi di polveri (contenenti un elevato numero di particelle) con elementi meccanici quali pale, lame o coclee. Modifica rapidamente la distribuzione complessiva, senza raggiungere una elevata omogeneità all’interno del singolo ammasso movimentato. •Miscelazione Diffusiva Riguarda i movimenti delle singole particelle. Durante il processo convettivo si generano spazi vuoti all’interno del letto di polvere dove scorrono le singole particelle. In pratica riduce la disomogeneità all’interfaccia dei vari ammassi movimentati tramite la miscelazione convettiva. Il processo di omogeneizzazione diffusivo è più efficace ma molto più lento di quello convettivo. Per raggiungere un risultato soddisfacente ed economicamente conveniente (tempo) è necessario che entrambi i processi avvengano. Affinché entrambi i meccanismi possano avvenire, per ogni miscelatore esiste un valore di riempimento ideale, tale che sia i blocchi che le singole particelle abbiano lo spazio necessario per i loro movimenti. ALCUNI ESEMPI DI MISCELATORI I miscelatori per polveri secche producono una dilatazione del letto di polvere, mediante bracci meccanici o per caduta, provocando lo spostamento di interi piani o blocchi di materiale per convezione o di singole particelle per diffusione. Miscelatori a corpo fisso: Contenitore fermo ed organi mescolanti in movimento interni. Sono più costosi ma anche più efficaci nel caso di polveri coesive. Possono essere utilizzati anche per l’impasto di polveri bagnate. Miscelatori a corpo ruotante: Prevedono il movimento, in genere rotazione, del contenitore. La presenza di barre trasversali, spirali o pale all’interno dei miscelatori rotanti favorisce il meccanismo convettivo specie nel caso di polveri coesive. In ogni caso non idonei per polveri molto coesive ne per polveri umide. Più economici rispetto a quelli a corpo fisso. MISCELAZIONE DI PICCOLE QUNATITÀ DI POLVERI Nella preparazione manuale di piccole quantità di polveri, come ad esempio nella preparazione di formulazioni magistrali o galeniche in farmacia, la miscelazione viene eseguita tramite co-macinazione in mortaio applicando il metodo delle diluizioni geometriche. Con questo metodo i componenti della miscela si aggiungono progressivamente partendo da quello in quantità minore, addizionando ogni volta una quantità di materiale approssimativamente simile a quella già presente e triturando con il pestello fino ad omogeneità della miscela. SEGREGAZIONE Tutti i fattori che favoriscono il mescolamento, ossia il movimento delle particelle di polvere, favoriscono anche il fenomeno inverso, ossia la segregazione. Un mescolamento non idoneo o il successivo maneggiamento (handling) delle polveri può provocare la segregazione delle stesse, in genere in funzione della taglia e densità. La segregazione in seguito ad handling avviene in genere all’interno di strumenti volti a dosare le polveri per via gravitazionale o forzata, come ad esempio tramogge di carico o i caricatori forzati delle macchine comprimitrici. Tramoggia di carico Caricatore forzato (a stelle) di una machina comprimitrice Per questo motivo si tende a formulare un prodotto usando componenti simili tra loro. SCHEMA RIASSUNTIVO DELL’UTILIZZO DELLE POLVERI NEL CAMPO DEI SOLIDI ORALI Polveri di partenza Caratterizzazione delle polveri Macinazione Vagliatura Polveri di grandezza opportuna Miscelazione Miscela di polveri: Eccipinete + farmaco Bustine monodose contenenti polveri Capsule di gelatina dura contenenti polveri Compressione diretta Bustine monodose contenenti granulati Granulazione /pellettizzazione Compressione di granulati Capsule di gelatina dura contenenti granulati