Cardiomiopatie infiltrative-restrittive - Rapezzi C., Biagini E., Celli P., Novo G.
CARDIOMIOPATIE INFILTRATIVE-RESTRITTIVE
Rapezzi C., Biagini E., Celli P., Novo G.
INTRODUZIONE FISIOPATOLOGICA E CLINICA
A differenza delle cardiomiopatie ipertrofiche, dilatative e aritmogena nelle quali il fenotipo ecocardiografico ha aspetti ben caratterizzati e comuni a tutte le entità che compongono il gruppo generale, nel caso delle cardiomiopatie restrittive questa omogeneità manca. Sotto la dizione “cardiomiopatie restrittive” rientrano infatti malattie cardiache con
caratteristiche morfologiche profondamente diverse.
L’amiloidosi e la malattia di Anderson-Fabry sono da accumulo e danno origine ad un fenotipo ipertrofico; la cardiomiopatia di Loeffler e l’endomiocardiofibrosi sono malattie dell’endomiocardio; la cardiomiopatia restrittiva cosiddetta
idiopatica presenta un miocardio e strutture valvolari assolutamente normali sotto il profilo morfologico ecocardiografico ma è caratterizzata da un’alterata composizione del miocardio (fibrosi) che da luogo a profonde alterazioni fisiopatologiche (Tabella 1).
Inoltre un profilo emodinamico di tipo restrittivo può comparire in una determinata fase della storia naturale di una
cardiomiopatia per lasciare il posto successivamente ad una fisiopatologia dilatativo-ipocinetica. È il caso ad esempio
di molti casi di glicogenosi, sarcoidosi, ed emocromatosi.
La variabilità fenotipica può essere non solo temporale ma familiare. Recenti acquisizioni indicano infatti come all’interno di uno stesso nucleo familiare (con medesimo difetto genetico) possano essere presenti fenotipi differenti.
Mutazioni a carico del gene sarcomerico della troponina I o delle catene leggere della miosina, ad esempio, possono
manifestarsi sia come cardiomiopatia restrittiva sia come cardiomiopatia ipertrofica.
Occorre infine ricordare che l’eterogeneità fenotipica può essere presente nel medesimo soggetto il cui fenotipo ecocardiografico può essere contemporaneamente ipertrofico e restrittivo oppure dilatativo con alterazioni fisiopatologiche
di tipo restrittivo.
Emerge quindi un profilo generale di elevata complessità in cui è problematico definire regole generali e criteri di diagnosi valide per tutte le singole entità nosografiche.
Sulla base di tali premesse appare chiaro che la diagnosi di cardiomiopatia restrittiva necessita di un approccio globale al problema e che la consapevolezza dell’esistenza di un ampio spettro di malattie che possono determinare un
fenotipo restrittivo è un requisito preliminare per qualunque cardiologo ed ecocardiografista in particolare.
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Tabella 1. Cardiomiopatie restrittive.
Elenco delle principali malattie miocardiche che rientrano nella definizione di cardiomiopatie restrittive suddivise in
familiari (genetiche) e non familiari (non genetiche)
Familiari
•
Mutazioni di geni sarcomarici
-
Troponina I e troponina T (CMPR +/- CMPI)
-
Catene pesanti o leggere della miosina, · actina, (CMPR +/- CMPI)
•
Amiloidosi familiare
-
Transtiretina (CMPR + polineuropatia)
-
Apolipoproteina (CMPR + nefropatia)
-
(Fibrinogeno)
-
(Lisozima)
•
Desminopatia
•
Malattie da accumulo intracellulare
220
-
Emocromatosi
-
Malattia di Anderson-Fabry
-
Glicogenosi
-
Gaucher
-
Hurler
-
Iperossalosi
-
etc.
•
Pseudoxantoma elastico
•
Idiopatica (gene non identificato)
Non-familiari
•
Idiopatica
•
Amiloidosi (AL) (CMPR + nefropatia)
•
Sclerodermia
•
Endomiocardiofibrosi
•
Con ipereosinofilia:
-
Loeffler
-
immunoallergiche (parassiti, farmaci, vaccini etc)
-
“leucemie eosinofile” (con o senza alterazioni cromosomiche)
•
Idiopatica
•
Malattia da carcinoide
•
Neoplasie metastatiche
•
Post attinica
•
Farmaci (antracicline)
•
(Rigetto cronico di cuore trapiantato)
Cardiomiopatie infiltrative-restrittive - Rapezzi C., Biagini E., Celli P., Novo G.
IDENTIFICAZIONE DEL RUOLO DELLA METODICA ECOCARDIOGRAFICA
NEL PERCORSO CLINICO DELLA PATOLOGIA, SNODI DECISIONALI
L’altissima eterogeneità fenotipica esistente fra le diverse malattie che compongono il gruppo delle cardiomiopatie
restrittive rende problematico elaborare regole generali, cioè criteri comuni di diagnosi “di CMP restrittiva”.
Le varie malattie hanno però in comune, perlomeno nelle fasi centrali o avanzate della loro storia naturale, un profilo emodinamico che è deducibile con l’ecocardiogramma: la cosiddetta sindrome restrittiva.
Identificazione del ruolo della metodica ecocardiografica
nel percorso clinico della patologia, snodi decisionali
La diagnosi ecocardiografica di una cardiomiopatia restrittiva presuppone pertanto due steps:
1. il riconoscimento dell’esistenza di una condizione restrittiva
2. il riconoscimento delle alterazioni morfologiche specifiche delle singole malattie.
1 - Sindrome restrittiva
Per la diagnosi ecocardiografica di sindrome restrittiva è richiesta,oltre alla documentazione di normali volumi ventricolari telediastolici, funzione sistolica normale o solo lievemente depressa e dilatazione di grado variabile degli atri
anche i segni eco od eco-Doppler di aumento delle pressioni di riempimento ventricolari. Questi ultimi sono: vena cava
inferiore dilatata con ridotte o assenti escursioni respiratorie, segni Doppler e Tissue Doppler di aumenta pressione atriale sinistra (si rimanda per approfondimenti al capitolo ad hoc).
Costituiscono elementi di sospetto: l’assenza di patologia valvolare, coronarica o congenita, la coesistenza di dilatazione biatriale e di normali volume ventricolari che sono altamente evocativi dell’esistenza di cardiomiopatia restrittiva ma non patognomonici.
In sede di diagnosi differenziale occorre considerare la fibrillazione atriale cronica “non valvolare”, anch’essa possibile causa di dilatazione biatriale a fronte di volumi ventricolari normali o pressoché normali.
Va sottolineato come un profilo Doppler transmitralico di tipo restrittivo caratterizzi le fasi conclamate delle varie malattie ma non sia un elemento obbligatorio per la diagnosi di cardiomiopatia restrittiva. Infatti l’alterazione della funzione diastolica, alterata nella maggior parte delle forme di cardiomiopatia restrittiva, può riguardare sia il rilasciamento
miocardico attivo sia la compliance ventricolare con uno spettro di alterazioni che può andare da gradi iniziali a gradi
avanzati di alterazioni del profilo Doppler.
Diagnosi Eco-Doppler di fisiopatologia restrittiva
Nei casi conclamati ed in ritmo sinusale esiste un profilo Eco-Doppler che può essere considerato diagnostico di fisiopatologia restrittivo-costrittiva.
A livello del flusso transmitralico:
• onda E con velocità aumentata (> 1m/sec)
• onda A con velocità diminuita (< 1m/sec)
• rapporto E/A >2
• tempo di decelerazione dell’onda E < 130-160m/sec
• IVRT< 70m/sec
A livello delle vene cave e delle vene polmonari:
• riduzione dell’ampiezza e della durata del flusso sistolico che risulta minore di quello diastolico,
• accentuazione, durante l’inspirazione, della fisiologica inversione del flusso in corrispondenza della contrazione atriale.
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A questi elementi specifici si associa spesso un insufficienza mitralica telediastolica, espressione delle elevate pressioni di riempimento del ventricolo.
Va sottolineato che in caso di fibrillazione atriale, frequente nella CMPR, la diagnosi di fisiopatologia restrittiva possa
risultare molto meno sicura in relazione alla mancanza di onda A e alla variabilità degli intervalli R-R.
I criteri della riduzione del tempo di decelerazione dell’onda E e le alterazioni sistodiastoliche del riempimento ventricolare conservano comunque la loro accuratezza diagnostica.
Il tissue Doppler imaging ottenuto dalla proiezione 4 camere apicale a livello dell’anulus mitralico (porzione mediale)
può contribuire a stimare la pressione media ventricolare. In particolare un rapporto onda E/È < 8 si associa con buona
accuratezza a pressioni ventricolari normali mentre un rapporto onda E/È > 15 identifica pressioni medie ventricolari > 12mmHg.
Diagnosi differenziale fra cardiomiopatia restrittiva e pericardite costrittiva.
Queste alterazioni eco-Doppler sono comuni sia a molte cardiomiopatie restrittive sia alla pericardite costrittiva. Una
attenta analisi dell’eco bidimensionale e dei profili Doppler consente però generalmente una corretta diagnosi differenziale.
Da un punto di vista morfologico la pericardite costrittiva può essere contraddistinta dal riscontro di ispessimento-calcificazione del pericardio e da protrusione dell’atrio sinistro a livello del profilo posteriore del cuore in proiezione longitudinale parasternale.
Tuttavia tali dati non sono sempre evidenti mentre è l’analisi Doppler che consente una diagnosi differenziale mediante l’analisi delle variazioni respiratorie dei flussi cardiaci.
Alcune premesse di fisiopatologia della pericardite costrittiva consentono di capire meglio le differenze Doppler fra le
due condizioni. Nella pericardite costrittiva l’ispessimento del pericardio limita il riempimento ventricolare che avviene
prevalentemente in protodiastole, fase in cui il volume ventricolare è minore di quello delimitato dal pericardio: questo conferisce alla curva di pressione diastolica ventricolare il caratteristico aspetto a “dip and plateau”. Una situazione analoga si verifica nella cardiomiopatia restrittiva in cui l’aumento della stiffness ventricolare consente un riempimento prevalentemente proto-diastolico. Entrambe le patologie sono dunque caratterizzate da un pattern di flusso
trans-mitralico di tipo restrittivo che costituisce il corrispettivo al Doppler di tale dato emodinamico.
Tuttavia l’analisi delle variazioni respiratorie che i flussi subiscono può consentire una diagnosi differenziale.
Normalmente esiste una variazione dei flussi intracardiaci in relazione alla dinamica respiratoria. Durante l’inspirazione la negativizzazione della pressione intrapleurica si trasmette al pericardio e favorisce l’espansione dell’atrio destro
e del ventricolo destro e l’aumento del ritorno venoso. Contemporaneamente l’aumento della capacitanza del circolo
venoso polmonare riduce il ritorno venoso a sinistra e la pressione atriale sinistra.
Nella pericardite costrittiva il pericardio ispessito e fibroso non consente che si ripercuotano sulle cavità intracardiache
le variazioni della pressione intratoracica e si verifica una dissociazione tra pressione intratoracica e intracardiaca.
Pertanto la negativizzazione della pressione intratoracica con l’inspirium non si trasmette al pericardio e alle cavità
destre ma può favorire la dilatazione del circolo venoso polmonare (extrapericardico) e quindi determinare una riduzione del ritorno venoso nelle cavità sinistre e conseguentemente del flusso trans mitralico. In questa fase di minor
riempimento delle cavità sinistre il setto interventricolare si sposta a sinistra consentendo un miglior riempimento del
ventricolo destro. Viceversa con l’espirazione il ritorno venoso aumenta, il setto interventricolare si sposta a destra e
il riempimento delle cavità destre si realizza con difficoltà (riduzione del flusso trans-tricuspidalico e aumento della
componente retrograda del flusso delle vene epatiche). Da quanto detto si evince come le variazioni dei flussi che si
realizzano nelle diverse fasi respiratorie (inspirazione ed espirazione) influenzino in maniera reciproca le sezioni destre
e sinistre (Figura 1).
La tabella 2 riassume i principali elementi di diagnosi differenziale tra pericardite costrittiva e cardiomiopatia restrittiva valutati mediante ecocardiogramma.
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Tabella 2
Afflusso mitralico:
Afflusso
tricuspidalico:
Pericardite Costrittiva
- E in ispirazione minore di E in
espirazione (variazione 25%)
- DT spesso, ma non sempre, ridotto
( 160 mesc)
Cardiomiopatia Restrittiva
- Assenza di variazioni respiratorie
dell’onda E
- Aumentata velocità dell’onda E (
1 m/s)
- Ridotta velocità dell’onda A ( 0,5
m/s)
- Aumentato rapporto E/A ( 2,0)
- Accorciato DT di E ( 160 ms)
- E in ispirazione maggiore di E in
espirazione (variazione 40%)
- DT abitualmente ridotto ( 160
mesc)
- Lieve variazione respiratoria
dell’onda E (15%)
- Aumentato rapporto E/A ( 2,0)
- Accorciamento DT dell’onda E (
160 ms)
Flusso vene
epatiche:
- Ridotto flusso anterogrado
diastolico con l’espirazione
- Marcata riduzione del flusso
anterogrado diastolico e incremento
del flusso retrogrado diastolico con
l’espirazione
- La costrizione viene di solito
diagnosticata sulla base delle
variazioni del flusso transmitralico e
delle vene epatiche con gli atti del
respiro
- Se non si riesce ad ottenere il
tracciato del flusso transmitralico,
per valutare le variazioni respiratorie
del riempimento ventricolare si
utilizzano le variazioni di velocità
uguali o superiori al 25% del flusso
venoso polmonare anterogrado
diastolico, valutabili con eco
transesofageo
- Flusso anterogrado sistolico (S)
minore di quello diastolico (D)
- Incremento del flusso retrogrado
sistolico e diastolico con
l’ispirazione
2 - La diagnosi delle singole malattie miocardiche etichettabili come cardiomiopatie restrittive
La Tabella I riporta le principali entità nosografiche, ereditarie e non ereditarie, inquadrabili nel gruppo delle cardiomiopatie restrittive.
All’esame 2D la maggior parte delle cardiomiopatie restrittive appare riconducibile a due fenotipi “maggiori”: ipertrofico e obliterativo.
Alcune malattie miocardiche mancano però completamente di rilievi morfologici distintivi come, ad esempio, nella
cosiddetta cardiomiopatia restrittiva idiopatica. Possono invece presentare, come della sarcoidosi e nell’emocromatosi, rilievi morfologici variabili sia da paziente a paziente sia nel tempo nel singolo paziente e non inquadrabili in uno
specifico fenotipo.
Una trattazione sistematica delle singole malattie esula dagli scopi di queste linee guida, che si limitano a fornire,per
le condizioni più frequenti, informazioni sugli standard diagnostici di malattia e sul ruolo dell’ecocardiogramma.
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AMILOIDOSI
Standard diagnostici di malattia. La diagnosi di certezza per quanto riguarda l’interessamento cardiaco si ottiene con
la documentazione di infiltrazione amiloidotica mediante biopsia endomiocardica.
Ruolo dell’ecocardiografia. Indipendentemente dalla forma di amiloidosi l’interessamento cardiaco dà luogo ad alterazioni caratteristiche anche se variabili quantitativamente da caso a caso (Figura 2):
• aumento di spessore del setto interatriale;
• aumento di spessore parietale del ventricolo sinistro, con distribuzione uniforme dell’ipertrofia e peculiare ecoriflettenza miocardica con aspetto “a vetro smerigliato”;
• aumento dello spessore della parete libera del ventricolo destro;
• versamento pericardico (generalmente lieve) e pleurico;
• dilatazione biatriale con frequenti trombi endocavitari;
• ispessimento delle valvole atrio-ventricolari (frequentemente insufficienti);
Nelle fasi avanzate della malattia è costante una disfunzione sistolica anche severa, ma sempre in assenza di significativa dilatazione ventricolare sinistra.
L’ecocardiogramma è in grado di documentare l’evoluzione nel tempo della malattia con progressione dell’alterazione funzionale diastolica e sistolica. Nelle fasi iniziali si possono osservare scarse alterazioni morfologiche ed un profilo di riempimento ventricolare sinistro a tipo “alterato rilasciamento”; compare successivamente la progressione verso
la forma conclamata con fisiopatologia restrittiva. La presenza di fisiopatologia restrittiva è un indicatore di prognosi
severa a medio termine.
Diagnosi differenziale. L’amiloidosi cardiaca può talora porre problemi di diagnosi differenziale con la cardiomiopatia
ipertrofica. Per questa diagnosi differenziale valgono le seguenti considerazioni:
• la coesistenza di aumentato spessore parietale e di versamento pericardico è altamente evocativa di amiloidosi;
• nella CMPI la funzione sistolica del ventricolo sinistro è in genere normale o supernormale; al contrario tende ad
essere nel range inferiore della normalità nell’amiloidosi;
• l’ostruzione dinamica all’efflusso ventricolare sinistro è eccezionale nell’amiloidosi;
• la distribuzione asimmetrica dell’ipertrofia è decisamente rara nell’amiloidosi;
Un’accurata valutazione ecocardiografica può quindi orientare la diagnosi, ma è soprattutto la lettura combinata di
ECG ed ecocardiogramma a fornire il massimo contributo. È, infatti, tipica dell’amiloidosi la discrepanza tra massa miocardica nettamente aumentata e voltaggi del QRS normali o ridotti.
Eco vs altre metodiche di imaging. La scintigrafia con 99mTc-DPD si è dimostrata avere un’elevata capacità nell’identificare l’interessamento miocardico nei pazienti con amiloidosi transtiretino-relata. Tale metodica si rivela pertanto utile come primo step diagnostico di diagnosi eziologica differenziale tra pazienti con amiloidosi AL e forme
TTR-relate.
La risonanza magnetica cardiaca può aggiungere informazioni per quanto riguarda la caratterizzazione tissutale evidenziando la presenza o meno di aree di iper-enhancement. I segmenti più frequentemente interessati sono quelli
medio-ventricolari e la distribuzione trans-murale può essere variabile, ma tali rilievi non sono comunque specifici della
malattia.
ENDOCARDITE DI LOEFFLER ED ENDOMIOCARDIOFIBROSI
Standard diagnostici di malattia. Entrambe le malattie sono accomunate da un’identica patogenesi: il danno endomiocardico da ipereosinofilia. La diagnosi si fonda sul rilievo di obliterazione, totale o parziale, di una o entrambe le cavità ventricolari, in presenza di ipereosinofilia presente o pregressa (almeno 3000 eosinofili/dl).
Ruolo dell’ecocardiografia. L’ecocardiogramma mostra gradi variabili di obliterazione apicale delle due cavità ventricolari: il ventricolo sinistro è interessato nel 30-40% dei casi, quello destro nel 10% mentre l’interessamento è biventricolare nel 50-60% dei pazienti. In alcuni casi tuttavia vi può essere un fenomeno di riassorbimento parziale della stra-
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tificazione trombotica con formazione di due cavità che talvolta possono essere in comunicazione tra loro. È frequente l’insufficienza della valvola atrio-ventricolare del ventricolo interessato per alterazione dell’apparato sottovalvolare.
Diagnosi differenziale. L’obliterazione apicale del ventricolo sinistro può porre problemi di diagnosi differenziale nei
confronti della cardiomiopatia ipertrofica apicale o di trombosi ventricolare nel contesto della cardiopatia ischemica o
della cardiomiopatia dilatativa (in questo caso ovviamente sono identificabili anche alterazioni della cinetica distrettuale o globale).
Eco vs altre metodiche di imaging. Mancano confronti sistematici. In linea generale però la risonanza magnetica consente una definizione morfologica più precisa.
CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA IDIOPATICA
Standard diagnostici di malattia. La diagnosi finale di cardiomiopatia restrittiva idiopatica familiare è “di esclusione”
e richiede la biopsia endomiocardica ed il cateterismo cardiaco.
Ruolo dell’ecocardiografia. Il ruolo dell’ecocardiografia è limitato, anche se è cruciale per generare il sospetto diagnostico della malattia (Figura 3).
Diagnosi differenziale. Con altre forme di cardiomiopatia restrittiva da accumulo: desminopatie, malattia di AndersonFabry, glicogenosi, emocromatosi…
Eco vs altre metodiche di imaging. In casi in cui la finestra acustica non sia adeguata una risonanza magnetica deve
essere considerata per una migliore caratterizzazione morfologica e funzionale; la metodica può anche aggiungere
informazioni relative alla caratterizzazione tissutale come la presenza o meno di iper-enhancement.
CARDIOMIOPATIE RESTRITTIVE DA MUTAZIONE DELLE PROTEINE SARCOMERICHE
Standard diagnostici di malattia. In alcuni casi mutazioni a carico di geni che codificano per proteine del sarcomero,
quali troponina I o troponina T, o, meno frequentemente, catene pesanti o leggere delle beta-miosina o dell’alfa actina possono determinare una cardiomiopatia restrittiva classica, invece che una cardiomiopatia ipertrofica come è noto.
Ruolo dell’ecocardiografia. Questa condizione può comportare, all’interno dello stesso nucleo familiare, la coesistenza di fenotipi diversi: quello restrittivo e quello ipertrofico. Una buona anamnesi familiare con valutazione elettrocardiografica ed ecocardiografica dei parenti di primo grado può fornire elementi utili per la ricerca di tali mutazioni genetiche specifiche.
Per quanto riguarda gli standard diagnostici di malattia le cardiomiopatie restrittive da mutazione delle proteine sarcomeriche non si discostano dalle cardiomiopatie restrittive idiopatiche.
CARDIOMIOPATIE DA ACCUMULO DI DESMINA (DESMINOPATIE)
Standard diagnostici di malattia. La conferma diagnostica avviene mediante biopsia con esame ultrastrutturale con
l’identificazione di inclusi di desmina tramite anticorpi specifici al microscopio elettronico oppure mediante analisi genetica.
Si tratta, infatti, di una malattia genetica autosomica dominante, raramente con trasmissione autosomica recessiva,
causata da mutazioni a carico del gene che codifica per la desmina che, si rammenta, è la proteina che costituisce i
filamenti intermedi della cellula muscolare.
Ruolo dell’ecocardiografia. Clinicamente interessa sia il muscolo scheletrico sia quello cardiaco, dove determina tipicamente un fenotipo a tipo cardiomiopatia restrittiva “classica”.
Diagnosi differenziale. Il fenotipo ecocardiografico è rappresentato da una “classica” forma di cardiomiopatia restrittiva pertanto la diagnosi differenziale si pone principalmente nei confronti della cardiomiopatia restrittiva idiopatica
(familiare).
La presenza di disturbi di conduzione e/o aritmie, in particolare diversi gradi di blocchi atrio-ventricolari orientano fortemente verso una desminopatia. Inoltre un lieve aumento dei livelli di CK può essere presente a livello laboratoristico.
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Eco vs altre metodiche di imaging. Vedi quanto detto sopra per cardiomiopatia restrittiva idiopatica.
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MALATTIA DI ANDERSON-FABRY
Standard diagnostici di malattia. La diagnosi si basa sulla documentazione della ridotta attività enzimatica dell’·-galattosidasi A sia a livello plasmatico sia nei leucociti periferici nei soggetti di sesso maschile, mentre la conferma tramite indagine genetica è necessaria nei soggetti di sesso femminile.
Si tratta infatti di una malattia ereditaria legata al cromosoma X, caratterizzata da un deficit dell’enzima lisosomiale
alfa-galattosidasi A. La carenza di questo enzima causa un accumulo di globotriesosilceramide (Gb3) nel plasma, nei
lisosomi, nell’endotelio vascolare e nelle cellule muscolari lisce.
Ruolo dell’ecocardiografia. Il fenotipo più frequente è rappresentato da quello ipertrofico, ma anche quello restrittivo
classico può essere presente.
Diagnosi differenziale. Nell’ambito del fenotipo caratterizzato da cardiomiopatia restrittiva, non vi sono elementi ecocardiografici tipici. Ulteriori elementi utili per la diagnosi possono essere l’associarsi di alterazioni della conduzione
quali riduzione dell’intervallo PR, tachicardie sopraventricolari, blocchi atrio-ventricolari.
Un’attenta anamnesi ed esame obiettivo possono inoltre far rilevare segni/sintomi associati, alcuni dei quali molto
specifici della malattia: acroparestesie, intolleranza al caldo o al freddo, angiocheratomi, anidrosi o ipoidrosi, dolore
post-prandiale, diarrea, nausea, insufficienza renale, attacchi ischemici transitori o veri e propri ictus ischemici, lesioni
distrofiche corneali quali la cornea verticillata.
Eco vs altre metodiche di imaging. La risonanza magnetica nucleare consente una definizione morfologica più precisa; in particolare sembra essere tipico della malattia il rilievo di un tempo di rilassamento di T2 inferiore rispetto a soggetti normali o pazienti con cardiomiopatia ipertrofica e il rilievo di aree di fibrosi (iper-enhancement) a livello della
parete infero-laterale basale e media del ventricolo sinistro.
SARCOIDOSI
Standard diagnostici di malattia. Nei casi tipici la diagnosi di sarcoidosi può essere effettuata analizzando i segni clinici, il quadro radiologico ed i reperti bioptici con i caratteristici granulomi non caseosi.
Ruolo dell’ecocardiografia. Il coinvolgimento cardiaco nella sarcoidosi è relativamente raro, ma prognosticamente sfavorevole.
La localizzazione dei granulomi è tipicamente a livello settale, nella regione superiore e prossimale al ventricolo sinistro, ma anche il ventricolo destro può essere interessato.
A livello ecocardiografico non vi sono elementi tipici, ma assottigliamenti distrettuali della parete miocardica ed alterazioni della cinetica parietale, spesso con distribuzione non coronarica, possono essere presenti. Si associano inoltre
alterazioni della funzione diastolica e/o sistolica.
Diagnosi differenziale. Dipende dal grado della alterazioni funzionali e morfologiche. Recentemente sono stati riportati
alcuni casi di sarcoidosi la cui presentazione clinica era suggestiva per cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro.
Eco vs altre metodiche di imaging. Rispetto all’ecocardiogramma la risonanza magnetica nucleare consente anche una
definizione tissutale. In particolare è in grado di identificare la presenza di aree di edema e/o fibrosi (iper-enhancement), seppur tali rilievi non siano specifici della malattia.
EMOCROMATOSI
Standard diagnostici di malattia. Esami di primo livello sono il dosaggio del ferro sierico, la percentuale di saturazione della transferrina e la concentrazione sierica della ferritina. La biopsia epatica con calcolo dell’indice di ferro epatico ed eventualmente la TC e/o la RMN del fegato possono confermare la malattia.
Nel caso dell’emocromatosi genetica, malattia ereditaria autosomica recessiva causata da una mutazione a carico del gene
HFE che regola la quantità di ferro assorbito con il cibo, la conferma diagnostica può avvalersi della ricerca genetica.
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Ruolo dell’ecocardiografia. A livello cardiaco si può manifestare con una cardiomiopatia dilatativa o, molto raramente,
con cardiomiopatia restrittiva.
Diagnosi differenziale. Non vi sono elementi fenotipici cardiaci peculiari per la diagnosi differenziale con altre cardiomiopatie. La diagnosi scaturisce dall’integrazione degli elementi degli elementi laboratoristici e clinici: malattia multiorgano che oltre a cardiomiopatia può determinare epatomegalia, interessamento del pancreas con eventuale presenza di diabete mellito associato, alterazioni a livello ipofisario ed ipogonadismo, artrite, iperpigmentazione cutanea.
Eco vs altre metodiche di imaging: Rispetto all’ecocardiogramma, la risonanza magnetica cardiaca consente anche una
caratterizzazione tissutale identificando e quantificando i depositi di ferro. Tuttavia tale esame è attualmente disponibile solo in pochi centri specializzati.
Figura 1. Diagramma schematico delle variazioni respiratorie del riempimento ventricolare nella pericardite costrittiva.
La pressione polmonare di incuneamento capillare (PCW) cambia con la respirazione, mentre la pressione intrapericardica (IP) o diastolica del ventricolo sinistro (LV) varia poco con la respirazione.
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(da OH JK, JACC 1994)
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Figura 2. Amiloidosi cardiaca. A sinistra: proiezione 4 camere apicale, che mostra la marcata ipertrofia biventricolare
con aspetto del miocardi a tipo “granular sparkling”, volumi del ventricolo sinistro ai limiti superiori, dilatazione biatriale e ispessimento valvolare. A destra: proiezione sotto-costale che evidenzia l’ispessimento del setto interatriale e
della parete libera del ventricolo destro, tipici della malattia amiloidotica.
228
Figura 3. Cardiomiopatia restrittiva idiopatica. In alto a sinistra immagine ecocardiografica 4 camere apicale che evidenzia una dilatazione biatriale nel contesto di ventricoli di normali volumi e funzione sistolica. In basso a sinistra
documentazione al cateterismo cardiaco destro di fisiopatologia restrittiva (curva a “dip-plateau”). In alto a destra
immagine del cuore espiantato che evidenzia la dilatazione degli anelli valvolari, i ventricoli lievemente ipertrofici con
volumi normali. In basso a destra sezione istologica che evidenzia la marcata fibrosi interstiziale.
Cardiomiopatie infiltrative-restrittive - Rapezzi C., Biagini E., Celli P., Novo G.
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CARDIOMIOPATIE INFILTRATIVE-RESTRITTIVE