INTRODUZIONE ...............................................................................................2
CAPITOLO 1 ......................................................................................................4
“QUANTITATIVE EASING” O “ALLOCAZIONE QUANTITATIVA” ..............4
1.1 PROCESSI DI ATTUAZIONE ................................................................... 4
1.2 ASPETTI RISCHIOSI ............................................................................. 10
1.3 STRATEGIE DI USCITA. ........................................................................ 12
CAPITOLO 2 ................................................................................................... 13
UN CONFRONTO: CREDIT EASING - LTRO E TLTRO .............................. 13
2.1 IL CREDIT EASING ............................................................................... 14
2.2 L’EUROPA ED IL LTRO & TLTRO .......................................................... 18
2.3 VALUTAZIONI CRITICHE ..................................................................... 24
2.4 CONCLUSIONI .................................................................................... 26
CAPITOLO 3 ................................................................................................... 26
UN ESEMPIO CONCRETO: LA “ FED “ ............................................................... 26
3.1 I PRIMI INTERVENTI DI STABILIZAZIONE E RIPARTENZA, IL “QE”
AMERICANO ............................................................................................ 27
3.2 “Q.E.II” “Q.E.III” UNA SFIDA CONTRO LA CRISI................................... 30
3.3 DATI SULL’INFLUENZA DEL “QE” SULL’ECONOMIA AMERICANA ........ 31
3.4 RIFLESSIONI CONCLUSIVE ................................................................. 36
1
INTRODUZIONE
L’arrivo della crisi finanziaria alla fine del 2007, ha colpito profondamente
intere zone mondiali, dal territorio americano fino al centro Europa fino a
toccare anche l’economia giapponese, già in situazioni deflazionistiche.
In un clima di cosi alta tensione e di timore, specialmente da parte di famiglie
ed imprese e dell’intero sistema bancario, le banche centrali e gli istituti
finanziari hanno dovuto affrontare coraggiosamente la situazione,
specialmente dopo aver valutato l’inefficienza di strumenti monetari
convenzionali.
Di conseguenza al fine di rispettare gli obiettivi prefissati, la banca centrale
non ha potuto far altro che agire direttamente sul sistema economico
monetario attraverso misure non convenzionali.
Si definiscono “non convenzionali”, operazioni di politica monetaria e non,
intraprese direttamente dalle banche centrali al fine di influenzare l’economia
attraverso operazioni di gestione della liquidità, dei tassi di interesse e
specialmente dei loro bilanci, sia per sostenere il settore privato che pubblico,
e per tutelare i governi in situazione di pericolosa recessione.
Pertanto, al fine di raggiungere l’unico obiettivo comune, la stabilità dei prezzi
e il miglioramento delle condizioni finanziarie, le banche centrali agiscono
prima riducendo a livelli minimi, intorno lo zero, il tasso di interesse di
riferimento, poi fornendo il giusto stimolo monetario attraverso tre vie
principali:
- Portando le aspettative degli operatori sui tassi di interesse a lungo
termine.
- Modificando la composizione del bilancio della Banca Centrale, come
indicato prima.
- Incrementando il valore del bilancio della Banca Centrale.
Gli strumenti “non convenzionali” contengono una vasta gamma di misure
volte a facilitare le condizioni di finanziamento. Esse possono agire sui tassi
di interesse sia a breve che a lungo termine, sia sul settore pubblico che
privato (mercato azionario, obbligazionario) e, specialmente nella crisi
attuale, esse agiscono direttamente sull’immissione di liquidità nei mercati
influenzando i bilanci del circuito interbancario cercando così di stimolare
direttamente domanda ed offerta di mercato, al fine di far ripartire il settore
creditizio.
2
In generale le politiche “non convenzionali” vengono definite anche come
quelle politiche che agiscono direttamente sul costo e sulla disponibilità di
finanziamenti esterni per le banche, le famiglie e le imprese.
Ma quando si parla di aspetti “non convenzionali” si fa obbligatoriamente
riferimento a qualcosa che va oltre l’ordinario e la normalità, per cui si
possono riscontrare sia effetti positivi che negativi dovuti alla possibilità di
conseguenze rischiose nell’aderire a queste politiche.
Alcuni dei problemi da considerare sono: il rischio di ostacolare il
funzionamento dei mercati interferendo con essi, poiché le condizioni di
finanziamento diverrebbero eccessivamente attraenti dati i bassi parametri
imposti dalle banche centrali, formando bolle speculative; l’eccessiva
espansione dei bilanci delle Banche Centrali; l’acquisto di attività rischiose da
parte delle Banche Centrali, ed altri aspetti che valuteremo di seguito.
In questo lavoro ho scelto di valutare una delle principali politiche “non
convenzionali” affrontate dalle banche centrali, in America ed Europa1.
In particolare ho voluto analizzare il “Quantitative Easing” ed i suoi effetti nei
confronti della Fed nonché sull’ economia americana, al fine di ridurre la crisi
sistemica facendo ripartire valori riguardanti l’economia monetaria e reale del
Paese. Abbiamo scelto di paragonare il Quantitative Easing con altri
strumenti di politica monetaria non convenzionale al fine di evidenziarne le
affinità e le differenze con essi. Inoltre, si sono voluti analizzare i rischi che
questa manovra comporta nel sistema economico, specialmente nel
momento in cui è necessario abbandonare determinate politiche per
ripristinare il corretto funzionamento dei mercati.
Questo lavoro non vuole essere un manifesto a favore di misure di politica
monetaria cosi invasive nei confronti dell’economia, ma una semplice
argomentazione di come a volte la scelta di misure “non ortodosse” possano
risultare efficaci nonostante le difficoltà ed i rischi che incombono.
1
In America è stato utilizzato principalmente dalla Fed ma anche dal Canada, mentre in Europa il
Regno Unito è stata la prima ad effettuare interventi di Quantitative Easing.
3
CAPITOLO 1
“QUANTITATIVE EASING” O “ALLOCAZIONE QUANTITATIVA”
Il Quantitative Easing o Allocazione Quantitativa è uno strumento di politica
monetaria non convenzionale usato dalla banca centrale e dagli istituti
finanziari per stimolare l’economia di un paese qualora gli strumenti di politica
monetaria convenzionale si dimostrino inefficaci.
Nella pratica si applica il metodo del “Quantitative Easing” acquistando assets
finanziari (prevalentemente titoli di stato) da banche commerciali e privati
creando così nuova moneta da immettere nel sistema economico del paese.
Essa si distingue dalle ordinarie operazioni di acquisto o vendita di titoli di
stato effettuate per mantenere il tasso di interesse ad uno specifico valore
prefissato.
Il Quantitative Easing ha l’obiettivo di incrementare, nonché stimolare l’offerta
di moneta immessa sul mercato, al fine di incentivare la funzione creditizia sia
nei confronti delle imprese che di privati abbassando il tasso di interesse a
lungo termine a livelli minimi vicino lo zero.
Esso inoltre, attraverso la monetarizzazione del debito può contribuire ad
prevenire situazioni di deflazione mantenendo il tasso di inflazione a livello
prestabilito.
1.1 PROCESSI DI ATTUAZIONE
Nella gestione ordinaria delle politiche monetarie le Banche centrali possono
agire direttamente sul valore del tasso di interesse di mercato, abbassando o
incrementando l’obiettivo da raggiungere ed influenzando di conseguenza il
tasso di interesse interbancario.
Le principali operazioni attraverso cui la banca centrale può realizzare questi
obiettivi sono le Operazioni di Mercato Aperto. Vi sono tre modelli principali di
operazione di mercato aperto:
a)
b)
c)
Operazioni di rifinanziamento principale (RP);
Operazioni di rifinanziamento a lungo termine(RLT);
Operazioni di “fine tuning” (FT);
4
d)
Operazioni di “tipo strutturale” (OS);
Noi prenderemo in considerazione principalmente le operazioni della prima
specie, ossia di rifinanziamento principale (RP), attraverso le quali la
banca centrale stabilisce il tasso di interesse minimo con il quale trasmette
al mercato precisi segnali di politica monetaria mediante l’acquisto di titoli
di stato.
L’obiettivo di queste operazioni è quello di incrementare la quantità di
moneta nel sistema in maniera da far aumentare il prezzo degli assets con
conseguente diminuzione del loro rendimento, in tal modo verrà
influenzato anche il tasso di interesse, che a sua volta si abbasserà in
prossimità dello zero, fungendo così da stimolo per l’economia nella fase
di recessione.
In questa situazione, tuttavia, se i provvedimenti si dimostrano inefficaci e
l’economia non riesce subito a ripartire si rischia di precipitare in una
situazione di stallo, chiamata “trappola della liquidità”, nella quale le
politiche monetarie convenzionali non riescono più ad incidere con la
necessaria efficacia.
Il sistema viene a trovarsi in una situazione in cui i prezzi dei titoli
aumentano ed i loro rendimenti diminuiscono, per cui l’unico canale di
trasmissione della politica monetaria diviene il tasso di interesse di
mercato che condiziona sia la creazione di moneta che di titoli garantiti.
La riduzione dei tassi da parte delle banche centrali può arrivare al punto
in cui il tasso di mercato arriva ad eguagliare il tasso di interesse critico,
ovvero il valore del tasso di interesse oltre il quale un operatore economico
non investe, una fase, quindi, in cui gli investitori preferiscono mantenere
moneta piuttosto che acquistare titoli, in presenza di prezzo elevato e
rendimenti bassi, e dove le previsioni per investimenti futuri vengono meno
per il timore, da parte degli investitori, di ottenere perdite future poiché
diminuiscono la probabilità e le aspettative di un aumento del valore del
prezzo dei titoli, con conseguente preferenza dell’investitore a mantenere
moneta riducendo la domanda di beni e servizi.
Questo meccanismo conduce ad una fase di recessione e quindi di
riduzione di consumi ed investimenti sia da parte degli istituti di credito,
che sono più prudenti e scettici nel concedere prestiti a famiglie e imprese,
5
sia da parte degli operatori privati che non trovano convenienti le
condizioni di mercato e di avversione al rischio nei confronti dei mercati.
GRAFICO 12
FONTE: DISPENSE UNIBO PROF A. SOCI
GRAFICO 2
FONTE: PIETRO ALESSANDRINI “ECONOMIA E POLITICA DELLA MONETA” 3
2
L’abbassamento del tasso di interesse rende la domanda parallela all’asse delle ascisse
rimanendo costante, di conseguenza notiamo che un aumento dell’ offerta di moneta non riesce a
diminuire il tassi di interesse ulteriormente, qui urge la spinta delle politiche monetarie non
convenzionali.
6
La banca centrale si trova così in una situazione in cui non ha più leve né
strumenti per stimolare ulteriormente in basso il tasso di interesse di mercato
ed incentivare la crescita del sistema economico.
Generalmente i bassi tassi di interesse dovrebbero spingere gli investitori e
gli istituti di credito ad incrementare i propri investimenti in previsione di
crescita progressiva del livello del tasso di interesse, ma in una situazione
come la trappola della liquidità, ed in una situazione di crisi come quella che
ci accompagna dal 2007, avviene che anche con tassi vicino allo zero le
banche preferiscono impiegare la liquidità immessa sul mercato dalle
istituzioni centrali presso le riserve della banca centrale, in cambio di asset
finanziari poco remunerativi ma con garanzie certe, piuttosto che effettuare
prestiti nei confronti di famiglie ed imprese con un più elevato rischio di
insolvenza.
In circostanze come queste lo strumento del Quantitative Easing può
dimostrarsi efficace. Infatti l’obiettivo principale di questa politica economica
non convenzionale è l’incremento dell’offerta di moneta nel mercato, al posto
del tasso di interesse.
La banca centrale interviene direttamente sul mercato dei titoli a media-lunga
scadenza (generalmente titoli di stato) generando un aumento della
domanda, l’aumento della domanda di titoli a media lunga scadenza
determina l’aumento del prezzo e quindi la discesa dei rendimenti,
raggiungendo così un secondo obiettivo, quello di abbassare anche il tasso di
interesse a media-lunga scadenza, che rappresenta il parametro che
maggiormente incide sulle decisioni di spesa di famiglie e imprese.
Il punto chiave è che con il Quantitative Easing la curva dei rendimenti si
appiattisce, facendo diminuire l’intera la struttura dei tassi fino ai livelli minimi
sia dei tassi a breve che a lungo termine, tutti prossimi allo zero.
3
Il fronte degli operatori si divide tra quelli che preferiscono moneta e quelli che preferiscono
mantenere tassi a lungo termine garantiti, ma abbassandosi il tasso di interesse di mercato come
conseguenza dell’ aumento del prezzo dei titoli a reddito garantito dovuto all’acquisto da parte
della Banca centrale si allarga la curva di coloro che preferiscono mantenere moneta piuttosto che
titoli con prezzi molto alti la cui probabilità di diminuzione è alta con profitti quindi nulli e con
l’aumento ulteriore del timore futuro di generare perdite si preferisce mantenere moneta e non
investirla in titoli.
7
Quindi attraverso un’ingente immissione di liquidità nel sistema, con dei tassi
a breve e medio - lungo termine a livello quasi pari a zero, e soprattutto
attraverso una buona dose di fiducia nei mercati, è possibile far ripartire il
mercato interbancario e di conseguenza quello del credito per le famiglie e
imprese.
Inoltre la decisione di acquistare titoli di stato può portare ad un ulteriore
effetto, ovvero far si che attraverso l’acquisto di titoli di stato vangano
influenzati anche i rendimenti dei titoli privati.
Identificando il valore dei titoli di stato come indice di riferimento (ad esempio
come un indice “benchmark”) con una riduzione del rendimento di detti titoli
gli investitori inevitabilmente sposteranno le loro preferenze verso titoli privati,
ottenendo l’effetto sperato di un aumento della loro domanda almeno fino a
quando il loro rendimento non scenda al livello dei titoli di stato.
Un ulteriore importante effetto attribuibile al Quantitative Easing è la capacità
di ridurre il reale valore del tasso di cambio della moneta nazionale.
Assumendo che vi sia una forte riduzione del tasso di interesse a lungo
termine e quindi del tasso di rendimento dei titoli di stato, questi saranno
meno attrattivi per gli investitori esteri, di conseguenza una riduzione del
flusso di capitali esteri ridurrebbe la domanda di valuta nazionale (ad
esempio l’ €) con una sua seguente svalutazione portando poi ad un aumento
delle esportazioni ed una diminuzione delle importazioni.
Cercando cosi di far ripartire l’economia attraverso un mercato che venga
stimolato non solo dall’interno ma anche dall’esterno del paese.
Per quanto riguarda, invece, gli effetti sulle banche centrali, una loro
decisione di effettuare acquisti massicci di titoli porta inevitabilmente ad un
incremento della dimensione del loro bilancio specialmente nelle passività,
basti pensare che il bilancio della Fed dal 2007 al 2013 in regime di
Quantitative Easing è aumentato da 0.9 trilioni di dollari a 4 trilioni di dollari.
Come in tutte le azioni politiche intraprese anche il Quantitative Easing desta
preoccupazioni sul suo effettivo vantaggio o meno nei riguardi dell’ economia.
Specialmente viene evidenziato un reale dubbio sulla possibilità che questo
intervento, in particolare la riduzione dei tassi di interesse e di rendimento a
lungo termine, vada a penalizzare i risparmiatori netti.
8
Su questo argomento è anzitutto importante evidenziare come logicamente
se i debitori netti beneficiano dei tassi di interesse più bassi, poiché il costo
su debito diminuisce, dal canto loro i risparmiatori netti ricevono minori
interessi da pagare sui loro investimenti.
Analogamente è importante sottolineare la relazione inversa che lega tasso di
interesse e prezzo dei titoli, perché ad una diminuzione del tasso corrisponde
un incremento del prezzo dei titoli cui i risparmiatori, che intendono
mantenere questi titoli in una prospettiva futura, avranno un surplus positivo
dato dalla differenza di prezzo tra il loro valore iniziale ed il valore finale
maggiorato.
In conclusione il Quantitative Easing non intende avvantaggiare debitori netti
e tantomeno svantaggiare i risparmiatori netti, ma bisogna valutare anche
che: mentre il debitore netto preferisce mantenere liquidità incrementando la
propria spesa, anche arrivando a superare le proprie capacità di reddito, esso
stimola la spesa ed i consumi in risposta ad un tasso vicino lo zero, al
contrario invece, il risparmiatore netto preferisce mantenere le proprie riserve
al sicuro limitando e diminuendo le spese e quindi bloccando qualsiasi
prospettiva di crescita.
Indurre il mercato ad incrementare le spese scoraggiando il risparmio è un
obiettivo intenzionale del Quantitative Easing cercando poi attraverso questi
effetti di stimolare la capacità produttiva di un paese al fine di raggiungere un
altro obiettivo, quello di ridurre il tasso di disoccupazione.
Al fine di mantenere un livello elevato di fiducia nei mercati e nei confronti di
queste operazioni, nel piano di Quantitative Easing è fondamentale che il
programma di acquisti sia preannunciato in maniera ufficiale, per stabilire e
mantenere la credibilità del programma ed orientare le aspettative in modo
tale da incrementare la fiducia e spronare la ripresa economica.
Un secondo aspetto da indicare chiaramente è quello che riguarda
l’ampiezza dell’operazione di acquisto di titoli, in modo da rassicurare i
mercati sul rischio di default di determinate istituzioni.
9
1.2 ASPETTI RISCHIOSI
E’ importante ora considerare gli aspetti rischiosi nell’intraprendere misure
così drastiche di politiche monetarie “non convenzionali”.
Il principale rischio in cui si incorre è un vertiginoso incremento dell’ inflazione
che può sfociare in iperinflazione4, qualora l’intervento da dover effettuare sia
sovrastimato si arriva ad iniettare eccessiva liquidità nel sistema e di
conseguenza si svaluta il reale valore della moneta.
Si definisce inflazione l’aumento generale del livello dei prezzi, che
generalmente possono avvenire attraverso le operazioni di politica monetaria
effettuati dalla banca centrale (nel nostro caso Quantitative Easing) per far
ripartire la domanda e l’offerta di moneta.
Un aumento generale del livello dei prezzi nel breve periodo influenza il
valore della moneta intesa come mezzo di scambio, ovvero, il potere
d’acquisto della moneta, che diminuisce.
Questo è dimostrabile dal fatto che aumentando il prezzo dei medesimi beni
da un anno all’altro, il loro potere di acquisto diminuisce; ciò può essere
verificato anche matematicamente attraverso un semplice esempio numerico.
Supponendo un paniere di beni pari a 20€ in “t” con 1€ avrò un potere di
acquisto pari a 1/20=0.05 se noi considerassimo in “t+1” un paniere medio di
beni= 40€ il potere di acquisto sarà 1/40=0,025 dimostrando così l’ effettiva
diminuzione del valore della moneta.
Il nostro esempio si basa su piccole somme ma in molti casi anche in passato
si sono verificati episodi di iperinflazione, come nel caso della repubblica di
Weimar, dove l’ inflazione raggiunse il 662,6% annuo e dove nella sua fase
finale il “marco” valeva un bilionesimo intorno al 1923 rispetto all’ inizio della
crisi nel 1914, tornando cosi ad un sistema economico basatosi sul baratto,
oppure il più recente caso Argentino, che raggiunse nel 1989 un tasso
mensile del 200% con il valore dell’ “austral”, moneta nazionale argentina di
allora, pari a 10000 austral per 1 dollaro.
4
Generalmente si parla di iperinflazione quando l'inflazione mensile eccede il 50%, ossia
più dell'1% al giorno. fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Iperinflazione
10
Pertanto per mantenere un giusto livello di inflazione è necessario che vi sia
un giusto equilibrio tra livello dei prezzi e il valore della moneta, che dovrà
eguagliare la domanda e l‘offerta di moneta.
Possiamo vedere graficamente come queste grandezze siano in interazione
tra di esse.
GRAFICO 35
Un altro possibile effetto rischioso che si riscontra nel Quantitative Easing,
come ulteriore conseguenza dell’ aumento del livello generale dei prezzi, è la
possibile svalutazione della valuta nazionale e quindi una riduzione del tasso
di cambio nei confronti degli altri paesi.
I principali soggetti economici a rimetterci da questa situazione sono i
creditori e possessori di beni, i quali si vedono diminuire il valore del loro
5
Maggiore sarà il livello ei prezzi maggiore sarà la quantità di moneta necessaria per gli scambi.
Con un eccesso di offerta di moneta i prezzi devono salire per far diminuire il valore della moneta
per riporta equilibrio nel mercato, diversamente invece quando abbiamo un eccesso di domanda di
moneta i prezzi devono scendere ed il valore della moneta deve risalire per tornare in equilibrio
(fonte:http://www2.dse.unibo.it/mazzafer/2002/6_Crescita%20della%20moneta%20inflazione).
11
patrimonio e delle loro risorse dalla svalutazione della moneta, inoltre gli
importatori vedono il costo dei beni importati gonfiati dalla svalutazione del
tasso di cambio.
Inoltre non sono da meno i rischi riguardanti l’azzardo morale nei confronti di
quegli investitori che, ingolositi dalla numerosa quantità di liquidità immessa
nel sistema, assumono aspettative rialziste nei confronti dei mercati e
dell’economia tanto da gettarsi in acquisti di titoli ad elevato rischio.
Questo avviene poiché l’eccessiva quantità di liquidità immessa nel sistema
riduce la volatilità su tutti gli assets tale da percepire una minor rischio su di
essi, arrivando poi a costituire la formazione di bolle speculative dovute da un
tasso troppo basso e dalle aspettative falsate.
1.3 STRATEGIE DI USCITA.
Uno dei maggiori problemi su cui diversi economisti si sono soffermati è la
difficoltà e pericolosità delle strategie per uscire da queste politiche monetarie
non convenzionali.
Le operazioni da effettuare richiedono una particola attenzione nella riduzione
degli acquisti di titoli nonché nell’eventuale aumento del tasso di interesse per
ripristinare le condizioni iniziali sia dei mercati che dei bilanci della banca
centrale.
Un avventato intervento di vendita consistente dei titoli potrebbe influenzare
negativamente le aspettative future degli operatori bloccando cosi la crescita
del sistema economico, non da meno sarebbero le decisioni prese riguardanti
l‘incremento del tasso di interesse che stimolerebbero un ulteriore aumento
dell’inflazione.
Per cui per abbandonare interventi monetari come il Quantitative Easing è
necessario che: anzitutto vi sia una evidente crescita economica con un
mercato del credito di nuovo attivo ed un sistema interbancario in netta
ripresa.
Con determinate condizioni poi, è necessario mantenere stabile la fiducia
degli operatori nei mercati attraverso una lenta riduzione d’immissione di
liquidità e assicurando agli operatori di mantenere fisso il livello dei tassi di
12
interesse in modo da far continuare l’attività creditizia mantenendo stabile
l’equilibrio monetario.
Pertanto vengono ad unirsi due operazioni contrastanti tra loro ma che con
una giusta applicazione riescono a mantenere in equilibrio i mercati fino ad
una netta ripresa.
Ci riferiamo al “ Tapering Off ” (utilizzato recentemente dalla Fed), ovvero una
graduale riduzione di acquisto di titoli, ossia man mano che l’economia
migliora si procede ad una progressiva riduzione del Quantitative Easing, ed
al “Forward Guidance”, strumento con cui le banche centrali forniscono
indicazioni sulle future politiche economiche passando da informazioni di tipo
qualitative a quelle temporali, ovvero determinando temporalmente quando
avverranno eventuali decisioni riguardanti tassi di interesse e vendite di titoli.
Il tutto è indispensabile farlo con la giusta valutazione, sia per quanto
riguarda il volume di titoli acquistati da ridurre periodicamente, sia per quanto
riguarda la velocità di azione di questi interventi, per non rischiare di riportare
il timore nei mercati bloccando nuovamente il sistema economico e tornando
in una situazione di stallo come quella precedentemente descritta.
Un’altra azione che potrebbe essere intrapresa, e che interessa soprattutto la
riduzione delle riserve bancarie, riguarda l’utilizzo di “Pronti contro Termine”
(PCT)6, da utilizzare alfine di sostituire titoli in scadenza, modificando la
composizione delle passività in bilancio delle banche centrali.
CAPITOLO 2
UN CONFRONTO: CREDIT EASING - LTRO E TLTRO
6
Con l’operazione di Pronti Contro Termine (PCT) si stipula un contratto attraverso il quale il
cliente acquista dalla Banca un certo numero di titoli (solitamente Titoli di Stato ed obbligazioni
non convertibili ) e la banca si impegna a riacquistarli a scadenza (non superiore a 365 giorni) ad
un prezzo solitamente più alto. La differenza tra il prezzo d’acquisto e il prezzo di rivendita
rappresenta la remunerazione per il cliente. L’operazione finanziaria di PCT può essere equiparata
ad un prestito di denaro fatto alla banca (venditore), per il quale viene riconosciuto un “tasso di
interesse” fisso, ed un prestito di titoli fatto al cliente (acquirente). (fonte:
pronticontrotermine.net ).
13
In questa seconda parte della mia analisi metterò in evidenza le differenze e
gli aspetti comuni che si possono riscontrare tra il Quantitative Easing e altri
strumenti di politica monetaria non convenzionale.
Una considerazione importante da fare è che molto spesso queste politiche
possono agire insieme all’interno di un programma di ripresa di un sistema
economico, in modo tale da avere un effetto più deciso e diretto nei confronti
di situazioni di crisi monetaria e finanziaria, oppure vengono preferite delle
strategie al posto di altre, in base alle esigenze del paese e dalla volontà da
parte delle banche centrali di preferire opzioni meno invasive e rischiose al
posto di altre più rischiose e massicce.
Di seguito valuteremo il confronto con due politiche monetarie non
convenzionali come il “Credit Easing”, che è stato intrapreso dalla Fed
durante la fase iniziale della crisi mondiale (2007-2009), in aggiunta al
Quantitative Easing, per avere un effetto più completo e profondo sui mercati
sia dei titoli pubblici che privati, ed il “LTRO” (Long Term Refinancing
Operation), e “TLTRO” (Targeted Long Term Refinancing Operation”) che
invece sono state intraprese dalla Banca Centrale Europea (BCE) per gestire
la crisi del credito in maniera meno invasiva rispetto agli interventi della Fed,
avendo una situazione economica differente tra i paesi della zona euro.
Generalmente un aspetto che accomuna questi tre strumenti riguarda gli
obiettivi da raggiungere, ovvero: quello di assicurare una stabilità economica
e finanziaria agendo su valori a medio - lungo termine, raggiungere la stabilità
dei prezzi al fine di mantenere costantemente l’equilibrio nei mercati, far
ripartire il credito a medio - lungo termine e diminuire il tasso di
disoccupazione attraverso l’incremento della produttività. Ma non tutti hanno
un effetto cosi incisivo ed efficace, andiamo ad approfondire i due nuovi
strumenti.
2.1 IL CREDIT EASING
Il Credit Easing è uno strumento di politica monetaria non convenzionale
usato dalle banche centrali.
Attraverso l’acquisto di titoli di debito, esse intendono iniettare liquidità nel
sistema bancario ed incrementare il volume dei prestiti cercando di stimolare
l’ economia.
Come abbiamo già evidenziato, le finalità di questo programma sono le
medesime del Quantitative Easing, ma la differenza sta sia nel programma di
14
acquisti che nella composizione del bilancio della banca centrale a seguito di
queste operazioni.
I titoli di debito acquistati non sono altro che i titoli del settore privato quali:
obbligazioni societarie, prestiti ipotecari (MBS7) e altri strumenti di debito del
settore privato.
Questi acquisti sono inseriti nell’bilancio attivo della banca centrale, mentre la
moneta usata per acquistarli risulta una passività di bilancio dell’ istituto
centrale.
Diversamente da ciò che si riscontra con il Quantitative Easing, che
incrementa il volume delle banche centrali, come sottolineato nel capitolo
precedente, il Credit Easing modifica la composizione di bilancio della Banca
Centrale, sostituendo titoli di stato con titoli del settore privato.
Un semplice esempio potrebbe essere la vendita di un titolo di stato a breve
termine compensato con l’acquisto di un titolo di credito della stessa
scadenza :
ATTIVITA'
PASSIVITA'
• TITOLO DI STATO A 3 MESI( - 1
MILIARDO)
• TITOLO DI CREDITO A 3 MESI(
+ 1 MILIARDO)
Come possiamo notare le dimensioni del bilancio rimangono invariate, cosi
come la scadenza media degli attivi bancari. Risulta modificato la
composizione con un mix di titoli rischiosi e privi di rischio.
Due osservazioni da fare: Primo, acquistare titoli del settore privato al posto
di titoli di stato, non ha un effetto differente per quanto riguarda l’impatto
7
Appartengono agli ABS (strumenti finanziari cartolarizzati), credito garantito da ipoteca, in
italiano corrisponde ad un credito fondiario, il valore finanziario dipende dal flusso dei pagamenti
derivati da prestiti ipotecari e dal rischio di rimborso anticipato degli stessi prima della loro
scadenza naturale.
15
sull’offerta di moneta e sulla base monetaria; Secondo, acquistare emissione
di titoli privati implica che la banca centrale interagisca direttamente con il
settore privato incrementando il livello di rischio di credito cui si sottopone.
Inoltre bisogna porre attenzione agli acquisti a titolo definitivo di emissioni di
titoli privati, essi devono essere pianificati con attenzione onde evitare
distorsioni di allocazione da parte degli emittenti come industrie, imprese o
regioni.
Lo stimolo economico fornito dagli istituti monetari attraverso il Credit Easing
nella concessione del credito, può influenzare sia il costo che l’accessibilità
ad esso. Quando la banca centrale acquista titoli di credito diminuisce
l’offerta per gli investitori privati, aumenta il prezzo e di conseguenza si riduce
il rendimento. Allora l’impatto che il Credit Easing può avere sul mercato sarà
tanto maggiore quanto grande risulterà lo spread tra il rendimento dei titoli
acquistati dalla Banca Centrale ed il rendimento dei titoli venduti.
Così, ad esempio, vendendo un titolo di stato il cui rischio di default è pari a
zero ed acquistando un titolo dal mercato privato la cui scadenza è
equivalente ma ha un rischio default elevato, o comunque non pari a zero, ci
saranno maggiori effetti sul valore del prezzo, sia perché i due strumenti non
sono perfettamente sostituibili e sia per l’ influenza che un maggior premio
per il rischio vada a condizionare il prezzo del titolo privato.
Diverso è il caso in cui nel bilancio della banca si effettua uno scambio tra
due titoli che hanno scadenza diversa (esempio vendita a 10 anni, acquisto a
11 anni) ma hanno stesso rating, gli effetti sul prezzo saranno minimi poiché
le caratteristiche dei due titoli sono simili ed una percentuale di premio per il
rischio è già compresa nei due titoli sia di vendita che di acquisto.
Arriviamo dunque alla funzione primaria del Credit Easing.
Attraverso l’alterazione dell’offerta di titoli per gli investitori privati, esso tende
a far diminuire il tasso d’interesse dei titoli del settore privato oltre il livello
raggiunto dai titoli di stato, rendendo meno costosa l’opportunità di ottenere
un mutuo.
Questo è uno dei tanti motivi per cui molti istituti monetari durante la crisi
attuale hanno scelto di intraprendere strategie miste di politica monetaria non
convenzionale, come la Fed, che attraverso l’unione di sistemi come il
Quantitative Easing e Credit Easing è riuscita ad ottenere una riduzione non
16
solo dei tassi di interesse per i titoli di stato ma anche per i titoli di imprese
private, in modo da far ripartire il mercato del credito anche attraverso il
mercato immobiliare o comunque allungando le preferenze di spesa nel
medio – lungo termine piuttosto che nel breve.
La Fed ha intrapreso un regime di Credit Easing, oltre che di Quantitative
Easing, non solo per differenziare il proprio bilancio ma anche per definire un
preciso programma di prestiti per provvedere al miglioramento della liquidità e
del sistema creditizio.
Ne rileviamo due: “Term Auction Facilities” (TAF), che aiuta gli istituti
finanziari ad assicurarsi un adeguato accesso al credito a breve termine, con
operazioni di rifinanziamento in base ad un ammontare prefissato e
comunicato anticipatamente dalla Banca Centrale ogni mese, ed il tasso
minimo, l’ “Overnight Index Swap”8, è fissato attraverso asta competitiva9.
Ed il “Commercial Paper Funding Facilities” (CPFF), che provvede ad
incrementare la qualità del mercato del credito. Attraverso esso, la Fed,
fornisce liquidità direttamente sul mercato dei “commercial paper”
acquistandoli dagli emittenti tramite “SPV”, ovvero le società veicolo che sono
costituite appositamente per le operazioni di cartolarizzazione.
8
l’accordo tra due parti che si impegnano a scambiarsi per un certo periodo predefinito, una serie
di pagamenti giornalieri al tasso variabile Eonia, in contropartita di un tasso fisso (OIS). Tale tasso
riflette il “livello medio atteso” del tasso interbancario overnight (Eonia) nel periodo di durata
dello swap.( fonte: http://www.aritma.eu/aritma-informa/tassi-ois-overnight-index-swap)
9
= L’asta competitiva prevede che ogni richiesta degli operatori abilitati sia aggiudicata al
rendimento proposto dagli stessi. Ogni operatore che partecipa all'asta può immettere nel sistema
fino ad un massimo di 3 richieste, purché differenziate nel rendimento di almeno un centesimo di
punto. La richiesta minima che può essere immessa deve essere pari a 1,5 mln di Euro, mentre
l’importo massimo richiedibile è pari al quantitativo offerto dal Tesoro in asta. Il meccanismo di
asta competitivo prevede che le richieste siano aggiudicate al rendimento proposto fino ad
esaurimento del quantitativo offerto in asta. Sono soddisfatte le domande ai rendimenti più bassi
e poi in ordine crescente le altre. Una volta aggiudicati i quantitativi vengono sottoscritti i titoli in
asta attraverso l’applicazione del prezzo medio ponderato risultante dalla stessa asta. Tale prezzo
medio ponderato di sottoscrizione in asta è calcolato in base a formule predefinite e ad un valore
compreso fra un rendimento minimo accoglibile, mai negativo, e un rendimento massimo
accoglibile impedendo così l'immissione di richieste speculative.
fonte
(http://www.borsaitaliana.it/obbligazioni/formazione/ititolidistatoitaliani/imeccanismidiasta/imec
canismidiasta.htm)
17
Naturalmente, come accade per il Quantitative Easing, anche per il Credit
Easing il rischio inflazionistico è elevato essendo stimolato il prezzo dei titoli
privati.
Tuttavia un problema che potrebbe risultare maggiormente rilevante riguarda
le strategie di uscita da poter intraprendere. Considerando l’elevata
composizione di rischio nel bilancio della banca centrale e il fatto che i titoli
privati siano meno liquidi, rispetto ai titoli di stato, la dismissione dei titoli
potrebbe causare diversi problemi agli istituti centrali.
2.2 L’EUROPA ED IL LTRO & TLTRO
Le operazioni di “LTRO” (Long Term Refinancing Operations) e “TLTRO”
(Targeted Longer Term Refinancing Operation) sono le operazioni di politica
monetaria non convenzionale intraprese dalla BCE, al fine di superare la crisi
sistemica che ha colpito l’economia europea.
La prima operazione effettuata dalla BCE è stata “LTRO”, attraverso due
tranche nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012 con cui ha prestato denaro
alle banche per un valore totale di 1000 miliardi ad un tasso che si aggirava
intorno all’ 1%.
Queste operazioni si differenziano dal Quantitative Easing intrapreso dalla
Fed.
Esso consiste in un’asta di liquidità, dove la BCE concede un prestito alle
banche richiedenti della durata di 3 anni ad un tasso di interesse basso, che
viene deciso di volta in volta dalla BCE in riferimento al tasso Euribor a 3
mesi, diversamente da come accade nel “Q.E.”, in cui il tasso permane a
livelli vicino lo zero.
Inoltre la BCE, in cambio, chiede alle banche che partecipano all’asta una
garanzia, detta “collaterale”, proporzionata all’importo richiesto. Queste
garanzie solitamente sono titoli di stato.
La prima dose di liquidità iniettata nel sistema monetario europeo dalla BCE,
è avvenuta il 22 dicembre 2011 con 523 istituti bancari che hanno richiesto
489,91 miliardi di euro. Questa fase iniziale ha eliminato il rischio d’illiquidità e
di conseguenza il fallimento di alcune banche, contribuendo a evitare una
18
“stretta di liquidità10” del sistema bancario. Ha migliorato gli umori degli
investitori sollevando i mercati.
Però Il denaro di questa prima emissione è stato utilizzato interamente per
rifinanziare il debito, acquistando titoli di stato ed abbassando i costi degli
stessi (secondo dati della BCE le banche italiane e spagnole hanno
incrementato le loro partecipazioni ai titoli di stato rispettivamente del 13% e
29%).
La seconda immissione di liquidità è avvenuta il 29 febbraio 2012 con una
richiesta da parte di 800 banche per un valore complessivo di 529,53 miliardi
di euro. Questi fondi sono stati utilizzati da molte banche europee al fine di
pagare i loro debiti in scadenza o hanno semplicemente depositato i fondi
presso altre banche o sottoforma di depositi presso la BCE.
Queste due emissioni hanno fornito grande stabilità al sistema economico
europeo soprattutto ridando lo stimolo giusto ai mercati, ma non sono stati
sufficienti a far ripartire il sistema creditizio nei confronti di famiglie e imprese.
Da qui viene la critica principale. Le immissioni di liquidità della BCE sono
rimaste all’interno del circuito interbancario senza nessun effetto per
l’economia reale in termini di prestiti e finanziamenti per imprese e famiglie,
non stimolando la domanda di credito.
Per questo si è ritenuto necessario affrontare un ulteriore intervento
monetario non convenzionale, da parte della BCE, prevedendo un
programma di immissione monetaria a più lungo termine: il “TLTRO”.
Saranno condotte in totale otto operazioni di TLTRO che avranno una
scadenza quadriennale con un tasso molto basso, intorno allo 0.25%.
Il principio generale di queste operazioni è che non dovranno essere usate,
come quelle precedenti per acquistare titoli di stato e lucrare sulla differenza
tra il loro rendimento e il basso tasso pagato alla BCE, ma si ipotizza che
dovranno essere utilizzati a favore dei finanziamenti per imprese e famiglie.
10
“Stretta di liquidità” o il più famoso “ credit crunch” si indica il razionamento del credito ovvero
la diminuzione dei finanziamenti delle banche alle imprese attraverso l’aumento dei tassi di
interesse e delle condizioni applicate irrigidendo i criteri di valutazione del merito creditizio. Esso
può avvenire per diversi motivi: carenza di liquidità da parte dei potenziali concedenti, loro scelte
strategiche, interventi delle autorità monetarie, mancanza di fiducia nei mercati.
19
Proprio questa è la particolarità del ”TLTRO” (dove appunto “T” sta per
“Targeted”, inteso come un obiettivo annunciato) nel differenziarsi dal “LTRO”
e soprattutto dal Quantitative Easing, che in linea di principio esso agisca per
l’unico obiettivo che è quello di stimolare l’economia reale, spingendo la
domanda di imprese e famiglie, l’occupazione e di conseguenza la crescita.
L’ispirazione per questa nuova operazione da parte della BCE viene dalla
recente esperienza della Banca di Inghilterra (BoE), che ha ampliato lo
spettro delle proprie politiche monetarie non convenzionali attraverso il
“Funding for Lending Scheme”, (FLS), che ha l’obiettivo di spingere le banche
ad aumentare il volume dei prestiti ad imprese e famiglie, prevedendo che
tutte le banche possano ottenere liquidità pari al 5% dei prestiti
complessivamente erogati all’economia reale, avendo poi diritto ad ulteriori
fondi a fronte dell’incremento dei finanziamenti. Quindi non è prevista una
quantità massima di liquidità che le banche possono richiedere, al contrario vi
è un limite minimo di prestiti che le banche devono effettuare per non
incorrere in sanzioni da parte della BoE.
Dal canto suo la BCE ha delle regole e dei programmi precisi, per la manovra
intrapresa, sia per l’accesso alla liquidità immessa nel sistema sia per la
gestione e la circolazione della stessa .
Anzitutto vi sono delle condizioni necessarie per partecipare al “TLTRO”
definito direttamente dalla Banca Centrale Europea, e sono:
- Le banche possono partecipare individualmente o in gruppi di banche.
- Se la partecipazione avviene attraverso gruppi, ogni membro deve
avere un “legame stretto” con un altro membro del gruppo (per legame
stretto si intende la definizione di “close link”11 del regolamento della
BCE 2011/14), o deve detenere indirettamente riserve obbligatorie nella
BCE attraverso un altro membro del gruppo o è usato da un altro
11
Una situazione in cui la controparte è legata a un emittente / debitore / garante di attività
idonee in ragione del fatto che: (a) la controparte detiene direttamente, o indirettamente
attraverso una o più altre imprese, il 20% o più del capitale di dell'emittente / del debitore / del
garante; o (b) l'emittente / il debitore / il garante detiene direttamente, o indirettamente
attraverso una o più altre imprese, il 20% o più del capitale della controparte; o (c) una parte terza
detiene più del 20% del capitale della controparte e oltre il 20% del capitale dell'emittente / del
debitore / del garante, direttamente o indirettamente, attraverso una o più altre imprese.(FONTE:
http://www.ecb.europa.eu/ecb/legal/pdf/02011o0014-20130103-en.pdf)
20
membro del gruppo per trattenere indirettamente riserve obbligatorie
con l’euro sistema.
- Il gruppo deve nominare un membro come “istituto centrale” di
riferimento del gruppo di “TLTRO”. La quale deve essere autorizzata a
partecipare alle operazioni di mercato aperto.
-
-
Anche l’istituto centrale deve rispettare dei vincoli, al fine di essere
riconosciuto come tale dalla Banca Centrale Nazionale del paese di
riferimento.
Anche qui facciamo un breve elenco delle caratteristiche principali e
necessarie da dover rispettare:
Definire il nome dell’istituto centrale.
Esporre una lista di codici e nomi di tutti gli istituti bancari che
partecipano al gruppo “TLTRO”.
Conferma sottoscritta, di tutti gli istituti di credito nel gruppo, della
decisione di essere membri del gruppo “TLTRO” in questione e di non
agire come singola controparte o come membro di altri gruppi.
Esporre un elenco dei “close link” e delle partecipazioni indirette tra i
membri del gruppo.
Definite quindi, quali sono le peculiarità da rispettare, l’istituto centrale
rappresenta il fulcro del gruppo “TLTRO”, che prima di essere operativo,
dovrà essere riconosciuto dalla Banca Centrale Nazionale, che dovrà
confermare anche il riconoscimento del gruppo.
L’istituto centrale è l’unico membro che può partecipare alle emissioni del
“TLTRO”.
Devono compilare il rendiconto finanziario del gruppo di “TLTRO” con i dati
aggregati di tutti i membri, o se la Banca Centrale Nazionale lo ritiene
necessario, deve fornire dati disaggregati per ogni singolo membro.
Infine ogni membro può prendere parte ad un unico gruppo “TLTRO”, la
cui composizione non deve essere modificata per tutta la durata della
manovra non convenzionale, quindi fino al settembre 2018.
Naturalmente come sono definiti dei vincoli nei confronti dell’istituto
centrale, vi sono degli obblighi che le controparti devono necessariamente
rispettare, sia individualmente che in gruppi.
21
Devono fornire, presso la Banca Centrale Nazionale, un modello di
presentazione quattro settimane prima che il “TLTRO” abbia inizio. Il
modello di presentazione, detto “reporting”, viene accompagnato da delle
direttive, che forniscono definizioni dettagliate per i provvedimenti da
intraprendere, per i prestiti in essere e per gli impieghi utilizzati negli
esercizi svolti.
Una volta che la controparte partecipa ad un “TLTRO”, deve presentare
trimestralmente i modelli di presentazione fino al termine del programma di
rifinanziamento monetario. Infine le controparti vengono esaminate da
società di revisione per verificare la regolarità dei dati.
Analizzati i criteri necessari al fine di partecipare a tale operazione non
convenzionale, la BCE ha dichiarato che l’operazione di rifinanziamento si
svilupperà in due tranche, che partiranno una a Settembre e l’altra a
Dicembre del 2014, per un ammontare complessivo di 400 miliardi di euro,
ciascuna banca potrà prendere in prestito una somma pari al 7% dello
stock di prestiti disponibili.
Poi si passerà alle successive sei tranche che saranno erogate ogni
trimestre, dal marzo 2015 al giugno 2016, per un ammontare stimato di
600 miliardi di euro.
La somma che ciascuna banca potrà prendere in prestito sarà
proporzionale alla quantità di prestiti erogati nel periodo che va dal maggio
2014 (30 aprile 2014) al mese in cui parte l’operazione di rifinanziamento,
ad esempio, si considerano i prestiti erogati dalle banche al settore reale,
esclusi i prestiti immobiliari, da maggio 2014 a gennaio 2015 per
l’operazione di “TLTRO” che sarà poi fatta nel marzo 2015.
Vista da quest’ottica, sembrerebbe un’operazione disposta esclusivamente
per il rifinanziamento di imprese e famiglie e per far ripartire il credito, ed a
grandi linee è così; tuttavia gli istituti bancari non hanno nessun vincolo
esplicito nel dover effettuare prestiti ad imprese e famiglie e soprattutto
essi hanno il divieto di poter effettuare prestiti al settore immobiliare, al fine
di evitare il ripetersi di bolle immobiliari.
Bisogna, però, aggiungere che nel documento tecnico della banca centrale
europea si riportano i due limiti di accessibilità alla liquidità cui sono
sottoposte le banche sia che partecipino individualmente che in gruppi.
22
Il primo limite viene calcolato in base alla consistenza dello stock di prestiti
erogati a famiglie ed imprese e sul netto rifinanziamento delle imprese non
finanziarie e famiglie della zona euro, escludendo i prestiti per acquisti
immobiliari.
Nel secondo invece il limite per gli istituti centrali è calcolato sulla base
della quantità di prestiti e impieghi netti concessi da tutti i membri del
gruppo “TLTRO” in forma aggregata.
Per verificare l’effettivo smistamento del credito da parte delle banche con
questa operazione, sempre nel documento tecnico della BCE, possiamo
vedere come la quantità di prestiti erogati sia strettamente legata ad un
benchmark di riferimento. Guardando i due grafici qui di seguito :
GRAFICO 4
FONTE:BancaCentraleEuropea
(http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2014/html/pr140703_2_Annex.pdf?802e8ef23d5fb5f6
0bd03a52d9c3c106).
Possiamo notare che, nel grafico 4a, l’andamento degli istituti bancari che,
negli ultimi dodici mesi, hanno aumentato il livello di prestiti nei confronti del
settore reale fino ad arrivare al livello del benchmark.
Per questa tipologia di istituti, sarà necessario mantenere il valore dagli
impieghi invariato tra aprile 2014 e aprile 2016, al fine di garantirsi il
finanziamento agevolato fino a scadenza (settembre 2018).
23
Invece dal grafico 4b possiamo notare come gli istituti bancari che hanno
diminuito il valore dei loro impieghi, adottando una politica di allentamento del
debito, da aprile 2013 ad aprile 2014.
In questo caso hanno diminuito il livello dei prestiti fino al valore del
benchmark, calcolato in base alla quantità media di prestiti esigibili da aprile
2014 ad aprile 2015, dove una volta raggiunto, essi dovranno mantenere il
livello dei prestiti costante per mantenere la possibilità di avere condizioni
agevolate fino alla definitiva scadenza dell’operazione, altrimenti, qualora
questi istituti bancari, dovessero diminuire ulteriormente la quantità di credito
per le famiglie ed imprese, dovranno risarcire la liquidità ottenuta
anticipatamente, entro settembre 2016.
2.3 VALUTAZIONI CRITICHE
Certamente ciò che viene maggiormente criticato è la mancanza di un vincolo
esplicito che indichi la precisa destinazione dei fondi, ed anche i
provvedimenti assunti dalla BCE, qualora non venga rispettato il benchmark
di riferimento, sembrano fragili.
L’anticipazione della scadenza del rimborso del prestito ricevuto dalle banche
non sembra essere sanzione efficace nel far permanere una crescente
propensione alla concessione del credito nei mercati, poiché vengono
mantenuti stabili i tassi agevolati al quale le stesse banche hanno ricevuto
liquidità, rendendo ininfluente la concessione o meno del credito
nell’economia reale.
Questo aspetto è ben lontano dalla concezione di “FLS” della banca di
Inghilterra, da cui prende spunto questa manovra12.
Nello sviluppo di questa nuova manovra, ci sono stati numerosi aspetti che
sono stati sottoposti ad una valutazione abbastanza critica.
12
Le banche che aumentavano o mantenevano stabili i propri prestiti a imprese e famiglie
ottenevano tassi dello 0.25% mentre quelle che contraevano i fondi prestati sarebbero state
sottoposte a tassi di interesse superiori. Per riduzioni inferiori al 5% le banche avrebbero dovuto
pagare 25 punti base in più per ogni punto percentuale di diminuzione mentre per cali superiori al
5% il tasso di interesse massimo era stabilito pari all’ 1.5%. (FONTE: https://www.finriskalert.it)
24
Ad esempio, secondo alcuni osservatori la mancata diversificazione dello
strumento in base alle diverse caratteristiche dei mercati e alle diversità
economiche e culturali dell’euro sistema, limita gli effetti della manovra
monetaria sull’economia reale, sia perché l’ “TLTRO” non prevede condizioni
di accesso al credito diversificate a seconda delle condizioni di onerosità del
credito in ciascun mercato domestico, sia per il fatto che gli istituti bancari
possono ottenere credito solo in base alla quantità di prestiti erogabili.
Di conseguenza il paradosso sarà che i paesi “core”, centrali, in cui le
imprese hanno minori difficoltà di accesso al credito, avranno la possibilità di
finanziarsi con circa il 60% delle risorse messe a disposizione, mentre ai
paesi periferici resterà il 40%, come possiamo vedere dal grafico della BCE.
GRAFICO 5
FONTE: DATI BCE(http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2014/html/pr140703_2_Annex.)
Un altro aspetto di discussione, non meno importante, riguarda il divieto di
poter utilizzare la liquidità ottenuta per effettuare prestiti alle famiglie ed
imprese finalizzati a mutui immobiliari.
Questo limite all’operazione deriva dal timore di poter scatenare un’ulteriore
bolla immobiliare.
Si eccepisce che la gestione della concessione di mutui, cosi come gli altri
parametri sopra evidenziati, poteva avvenire valutando le diverse situazioni
dei mercati immobiliari domestici.
Infatti se in Germania e in Finlandia, ad esempio, i prezzi delle abitazioni
sono aumentati del 20% rispetto al periodo pre-crisi, in Spagna ed in Irlanda
25
sono diminuiti rispettivamente del 35% e del 50%. Evidenziando appunto
come il rischio di alimentare bolle speculative sia diverso da paese a paese.
2.4 CONCLUSIONI
Gli strumenti alternativi di politica monetaria non convenzionale sopra
analizzati tendono sì ad immettere maggior liquidità nel sistema, ma essi
agiscono in maniera meno drastica rispetto al Quantitative Easing.
Innanzitutto perché con il “Q.E.” c’è un’immissione netta di liquidità nei
mercati, attraverso delle condizioni generali drastiche, vedi il tasso di
interesse a zero, tassi overnight negativi e cosi via, con un coinvolgimento
netto del bilancio delle banche centrali.
Inoltre con il Q.E. si cerca di unire più effetti, ovvero con un'unica operazione
far aumentare il valore dell’occupazione, della produttività, del credito,
cercando anche di puntare ad una riduzione del livello del debito sia delle
imprese che dello Stato.
Invece con i programmi immessi dalla BCE, quest’azione spinge il tasso di
rimborso ad un livello, pur sempre basso ma, intorno all’ 1-2 %, inoltre si
concentra unicamente sul mercato del credito, divenendo un unico obiettivo
dichiarato ma non vincolato.
Senza dubbio si parla di strumenti che avranno profondi effetti sull’economia,
magari con conseguenze differenti ma che intendono entrambi riportarci alla
normalità economica e finanziaria cui non siamo più abituati.
CAPITOLO 3
UN ESEMPIO CONCRETO: LA “ FED “
Dopo aver analizzato attentamente le caratteristiche principali del
Quantitative Easing ed averle confrontate con altre politiche monetarie nonconvenzionali, non ci rimane che evidenziare l’azione concreta di questo
strumento monetario.
26
Il principale e più attuale esempio di tale operazione, ci viene fornito dalle
misure intraprese dalla Fed durante questo periodo di grande depressione
che ha colpito l’ economia americana.
Essa si è trovata a dover espandere i propri strumenti di politica monetaria, al
fine di mantenere i propri obiettivi di stabilità dei prezzi e raggiungere la piena
occupazione. Dinanzi a queste prospettive e ad una continua fase recessiva
dell’economia, ha deciso, prima di abbassare i tassi di interesse di riferimento
del mercato monetario dal 5.25% a valori prossimi allo zero, poi constatando
l’inefficacia di questa misura adottata nel rilanciare l’economia, alla fine del
2008 decise di intraprendere il Quantitative Easing, al fine di raggiungere le
proprie finalità.
In questo capitolo vogliamo evidenziare quelli che sono stati gli effetti che si
sono evidenziati su alcuni strumenti di mercato e sui valori dell’economia
reale americana sia prima che dopo l’annuncio di Quantitative Easing.
3.1 I PRIMI INTERVENTI DI STABILIZAZIONE E RIPARTENZA, IL
“QE” AMERICANO
Dal 2007 al 2013 la Fed ha incrementato il suo bilancio da 0.9 trilioni di dollari
fino a 4 trilioni di dollari nel periodo conclusivo, attraverso l’ incremento delle
proprie passività, quindi immettendo liquidità nel sistema, e attraverso la
vendita dei propri assets.
Dal 18 marzo del 2008 ha compiuto tre tranche di Quantitative Easing (si
parla anche di una quarta) che hanno incrementato notevolmente il valore del
proprio bilancio, che risultava composto da: Security Held Outright ( titoli
detenuti a titolo definitivo), All Liquidity Facilities ( strumenti totalmente
liquidi), Support for Specific Istitutions ( strumenti per supportare specifiche
istituzioni), come possiamo notare dal seguente grafico
GRAFICO 6
TITOLI PRESENTI NEL BILANCIO DELLA FED DA AGOSTO 2007 GENNAIO 2014
27
FONTE: FEDERAL RESERVE.GOV
Note: Securities Held Outright= titoli del tesoro (treasury), Titoli privati e Titoli ipotecari
(Agency Securities e MBS); All Liquidity Facilities = SWAP in valuta estera e liquidità
immessa e disponibile; Support for Specific Istitutions = AIG (Americn International Group)
Nel primo periodo del 2009 sembrava che le condizioni economiche si
stessero normalizzando, a tal punto che la domanda di prestiti nei confronti
della Fed iniziò a diminuire, se non fosse che l’economia permaneva in uno
stato di recessione e i dati riguardanti il PIL ed il tasso di disoccupazione
rimasero allarmanti.
Allora, come anticipato prima, il 18 marzo del 2009 la Fed intraprese il primo
intervento di Quantitative Easing, annunciando l’acquisto di: 300 miliardi di
dollari di “Treasury Securities13”, ovvero titoli del tesoro; 200 miliardi di dollari
di titoli di debito delle imprese “Agency Debt”; 1.25 trilioni di dollari MBS,
“Mortgage Backed Securities14”.
13
Titoli di stato americani a tasso d’interesse fisso e scadenza da 1 a 10 anni con pagamenti
semestrali fino a scadenza.
14
Appartengono agli ABS (strumenti finanziari cartolarizzati), credito garantito da ipoteca, in
italiano corrisponde ad un credito fondiario, il valore finanziario dipende dal flusso dei pagamenti
derivati da prestiti ipotecari e dal rischio di rimborso anticipato degli stessi prima della loro
scadenza naturale.
28
Dal novembre del 2009, la Fed ha iniziato a ridurre l’emissione diretta di
prestiti, mentre le partecipazioni nei confronti del tesoro e dei titoli privati
aumentavano stabilmente come possiamo notare dal grafico 615.
Ulteriori prestiti furono concessi fino al febbraio del 2010, fino a che
l’esigenza diminuì fino a 200 miliardi di dollari ed erano quei prestiti che non
sarebbero giunti a scadenza.
La Fed aveva previsto che l’acquisto di titoli del tesoro sarebbe stata
completata nella primavera del 2009 mentre l’ acquisto di titoli delle imprese
sarebbe cessata nell’ estate del 2010. Oltre che pensare a incrementare la
liquidità nel sistema, ora si doveva affrontare anche il problema di mantenere
costante il valore del proprio bilancio.
Esso rimaneva composto di titoli la cui scadenza sarebbe stata prossima,
andando a ridurre gradualmente il valore del patrimonio della Fed di 1
miliardo l’anno. Per prevenire tali complicazioni si decise di intervenire il 10
agosto 2010 acquistando nuovi “Treasury” al fine di rimpiazzare i titoli a
scadenza mantenendo il bilancio stabile.
La prima fase di Quantitative Easing, “Q.E.I”, ebbe effetti significativi
sull’economia americana guidata dall’ “effetto sorpresa”, che ha portato a
registrare una diminuzione del tasso di interesse e di rendimento sui
“Treasury”, gli “MBS” e su vari strumenti finanziari, come le obbligazioni
societarie e gli interest rate swap (IRS)16.
Seppure queste operazioni ebbero effetti positivi, sia sul morale che su
determinati dati economici, la ripresa era ancora lenta e l’economia
americana non poteva dichiararsi ancora fuori dalla fase di recessione, cosi
che la Fed decise il 3 novembre 2010 di intraprendere un secondo intervento
di Quantitative Easing, “Q.E.II”.
15
In questa parte dell’operazione è stato fondamentale l’approccio al Credit Easing, che
comunque viene considerato parte integrante del programma di Quantitative Easing.
16
Sono strumenti finanziari derivati, contratti a termine, che prevedono scambi di flussi di
cassa calcolati alla stipulazione del contratto in base a pagamenti effettuati su un capitale
nozionale e scambiati attraverso due differenti tassi di interesse dove uno è un tasso fisso e l’altro
è un tasso variabile, di solito calcolato in base all’Euribor a 3 mesi. Da sottolineare che non c'è
scambio di capitali, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi.
29
3.2 “Q.E.II” “Q.E.III” UNA SFIDA CONTRO LA CRISI
Davanti ad una situazione di stazionaria recessione, la Fed, visti anche i primi
effetti positivi dati dal “Q.E.I”, non impiegò molto tempo a programmare
ulteriori operazioni di “Allocazione Quantitativa”, anche se accompagnata da
non poco scetticismo, dato che, esso consisteva in un ulteriore incremento
del bilancio di 600 miliardi di dollari di “Treasury” ad un ritmo di 75 miliardi di
dollari al mese.
Fu un processo che fu completato nel giugno del 2011, continuando a
sostituire i titoli in scadenza con “Treasury”.
Questo intervento non fu incisivo come il primo, non avendo beneficiato dello
stesso ”effetto sorpresa”, in quanto gli analisti già sapevano al momento
dell’annuncio, che la Fed avrebbe acquistato obbligazioni.
L’unico effetto che si è riscontrato, è stato un aumento del rendimento dei
titoli pubblici decennali, che aumentarono di 63 b.p. rispetto alla diminuzione
precedente fino al 2.41% a fine operazione.
Dopo questo intervento, fino al termine del 2012, la Fed non intraprese
ulteriori manovre di Quantitative Easing poiché alcuni membri del Federal
Open Market Committee (FOMC)17, preferirono intraprendere operazioni di
“collegamento“, come le “Operation Twist”, dove si sarebbe fornito uno
stimolo ulteriore ma con un impatto inferiore a quello dato dal “Q.E.” senza
modificare il valore del bilancio della Fed, ne delle banche e senza variare la
base monetaria nel sistema.
Il tutto avveniva attraverso l’acquisto di 667 miliardi di dollari di “Treasury” a
lungo termine e simultaneamente vendere 667 miliardi di dollari di “Treasury”
a breve termine.
Ma questo intervento non manifestò i risultati sperati, al punto che nel
settembre del 2012 la Fed annunciò un ulteriore intervento di Quantitative
Easing, “Q.E.III”, per ottenere un miglioramento delle condizioni
17
Federal open market committee, ramo della Federal Reserve che determina la direzione della
politica monetaria. Il FOMC è composto dal consiglio di amministrazione, che ha sette membri, e
cinque presidenti delle banche satellite. Il presidente della Federal Reserve Bank di New York
partecipa continuamente, mentre i presidenti delle altre banche affiliate ruotano il loro servizio di
termini di un anno.(fonte investopedia.it)
30
inflazionistiche e del mercato del lavoro, cercando di incrementare il PIL
nazionale già in netta crescita.
Attraverso questo programma furono dichiarati acquisti in larga scala
impegnandosi ad acquistare 40 miliardi di dollari di “MBS” più 45 miliardi di
dollari di “Treasury” al mese, immettendo 85 miliardi di dollari di liquidità
all’interno del sistema economico mensilmente.
Diversamente dalle precedenti operazioni intraprese, la Fed non dichiarò il
termine del “Q.E.III” annunciando di continuare ad acquistare titoli fin quando
il tasso di disoccupazione non sarebbe giunto almeno al di sotto del 6.5% ed
il tasso di inflazione non si sarebbe stabilizzato al limite imposto del 2%.
Inoltre al fine di incrementare gli investimenti all’interno dell’economia
dichiarò di mantenere il tasso di interesse a zero almeno fino al 2015.
Infine il 18 dicembre del 2013 la Fed annuncio che dall’anno seguente
sarebbero iniziate le operazioni di “ Tapering“.
Con questo termine si indica la progressiva riduzione degli stimoli monetari.
E’ un processo necessario, per porre fine agli interventi di politica monetaria
espansivi, al fine di evitare il rischio di bolle finanziarie.
L’ex presidente della Fed, Ben Bernanke, annunciò una riduzione di acquisto
di titoli di stato pari a 85 miliardi di dollari al mese, ma i mercati finanziari
temono il “tapering”, soprattutto per gli effetti che si potranno avere sui vari
assets da una riduzione e conseguente eliminazione dell’abbondante liquidità
immessa nei sistemi per contrastare la crisi finanziaria.
Il “tapering” cosi impone un’attenta valutazione degli investimenti visto che i
suoi effetti vengono percepiti sia sul fronte azionario che obbligazionario
nonché sul mercato delle valute soprattutto per i mercati emergenti.
3.3 DATI SULL’INFLUENZA DEL “QE” SULL’ECONOMIA AMERICANA
E’ importante ora valutare come le operazione di “Allocazione Quantitativa”
abbiano influito sull’economia reale americana e su come abbiano reagito i
titoli di stato ad ogni annuncio di “QE”.
31
Anzitutto è rilevante notare come sia variato il rendimento dei “Treasury” ad
ogni annuncio di “Quantitative Easing”.
I mercati dei titoli di stato hanno risposto alla grande ad ogni annuncio, non
permettendo una riduzione netta del rendimento dei titoli ma soprattutto
aumentando il volume di titoli scambiati.
Dal grafico seguente si può notare come ad ogni data in cui era previsto un
intervento di “QE” il rendimento dei “Treasury” diminuiva nettamente.
GRAFICO 7
FONTE: FEDERAL RESERVE ST. LOUIS
Dal primo annuncio il 25/11/2008 si nota come il tasso crolli dal 4%,
riducendosi di quasi la metà arrivando ai 2.5 punti %, lo stesso è accaduto
con l’annuncio del secondo intervento di “QEII” nell’estate del 2010. Ma il
picco più basso si è raggiunto con l’ultimo annuncio di “QEIII”, mantenendo
aperte le possibilità di nuove operazioni di acquisto e soprattutto grazie alla
decisione della Fed di mantenere i tassi ad un livello minimo, si può notare
come il tasso raggiunga il livello minimo dell’ 1.5%, successivamente
mantenendosi a livelli bassi.
Questa riduzione del tasso di rendimento sui “Treasury”, è stato anche
supportato dagli effetti che il tasso di inflazione, e di conseguenza le
aspettative inflazionistiche a lungo termine degli investitori, hanno influito
sulla crescita economica americana.
Come dimostra il grafico seguente:
GRAFICO 8
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FONTE: FEDERAL RESERVE ST. LOUIS
La riduzione del rendimento dei “Treasury” è dato anche dall’evoluzione che
ha subito l’inflazione in America.
Si nota dal grafico come nel periodo iniziale della crisi la situazione
inflazionistica americana era molto al di sotto del target prefissato dai
parametri della Fed, arrivando nel ottobre del 2008 a -2.5%.
Successivamente attraverso gli interventi di “QE” , come si può notare dal
grafico, il valore del tasso inflazionistico si è stabilizzato almeno sopra lo
zero, sia pure con alti e bassi, che hanno comunque permesso una riduzione
del tasso dei “Treasury” ed un incremento delle aspettative inflazionistiche,
arrivando ad una crescita costante che, attualmente, ha portato il tasso di
inflazione a stabilizzarsi al 2%, come i parametri internazionali richiedono.
Ma le conseguenze più sperate derivanti dall’impiego di strumenti non
convenzionali come il Quantitaive Easing si sono registrati nell’effettivo
incremento che si è registrato nel PIL e sul tasso di disoccupazione.
Come mostra il grafico 9, è interessate vedere come con l’utilizzo del “QE” il
PIL americano sia risalito da una situazione drastica.
GRAFICO 9
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FONTE: FEDERAL RESERVE ST. LOUIS
E’ sorprendente notare come in un anno, all’incirca, il prodotto interno lordo
americano sia passato da valori assolutamente negativi, da metà 2008 alla
fine del 2009, toccando il picco minimo di -4.1%, risalendo fino a valori
positivi che oscillano tra lo zero e l’1%, per poi stabilizzarsi in valori
assolutamente positivi raggiungendo nell’estate 2014 il 4% del PIL nazionale
con risultati sorprendenti.
Ma, come abbiamo anticipato prima, e soprattutto discusso nella parte iniziale
di questo lavoro, uno dei principali obiettivi della Fed e del governo
americano era ed è tuttora la riduzione del tasso di disoccupazione.
Anche qui il grafico seguente ci dimostra come sia variato l’andamento
dall’inizio della crisi ad oggi, supportato dagli interventi di “QE”
GRAFICO 10
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FONTE: FEDRAL RESERVE ST. LOUIS
Il grafico evidenzia come l’andamento del tasso di disoccupazione abbia
seguito un preciso andamento negativamente crescente.
Partendo addirittura dalla fine del 2006 si nota come nel periodo antecedente
la crisi economica il tasso di disoccupazione americana si manteneva su
livelli stabili intorno al 4/5%. Ma la crescente situazione di disagio non ha
impiegato molto tempo prima che si manifestasse all’interno dello stato
americano.
Nel periodo compreso tra il 2009 ed il 2010, nonostante i numerosi interventi
di “Quantitative Easing” e di stabilizzazione di altri parametri, come inflazione,
PIL ed ancora altri, il tasso di disoccupazione rimaneva elevatissimo
toccando la doppia cifra intorno all’ 11/10%.
Solo con gli ultimi interventi, “QEIII”, e con la manifesta garanzia da parte
della Fed di sostenere parametri bassi, le imprese e le opportunità di lavoro
sono aumentate portando il tasso di disoccupazione ai livelli sperati,
attualmente intorno al 6/6.5%.
C’è da ammettere però, che questo parametro è influenzato anche dalla
disponibilità propria degli individui ad accettare determinati impieghi, dalla
volontà di esercitare un lavoro al di fuori della propria professionalità e
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volontà, e soprattutto deve essere differenziato da quella parte di persone
che non intendono lavorare.
Arrivando alle conclusioni bisogna ammettere che, dati alla mano, la Fed ha
raggiunto quelli che erano ed ancora sono gli obiettivi prefissati all’inizio della
crisi.
3.4 RIFLESSIONI CONCLUSIVE
Le operazioni di politica monetaria non convenzionale sono delle soluzioni
importanti e dirette per aggredire la crisi attuale o comunque situazioni di crisi
sistemica.
Ma queste operazioni di politica monetaria sono molto invasive per
l’economia di uno stato ed è necessario che con essa agiscano altri fattori.
L’apporto che la politica monetaria può dare all’economia di un paese è di
stimolare il recupero di situazioni gravi e rischiose, come l’inflazione o la
deflazione, passando dalla crisi immobiliare alla crisi del credito, ma per
essere efficace deve essere sostenuta da coerenti azioni di politica
economica e fiscale.
Lo stimolo agli investimenti produttivi deve provenire principalmente dalla
riduzione della pressione fiscale sulle imprese, ottenuta attraverso la
riduzione della spesa improduttiva, le risorse così liberate possono essere
destinate, dalle imprese medesime, all’incremento dei fattori di produzione,
innescando in tal modo il circolo virtuoso che determina l’incremento dei tassi
occupazionali e quindi della domanda interna.
Lo scenario configurato determina un effetto moltiplicativo alla efficacia delle
politiche monetarie non convenzionali, accorciando il profilo temporale degli
interventi delle banche centrali, permettendo una corretta pianificazione delle
strategie di rientro.
L’esigenza, quindi, di riforme strutturali appare come necessità inderogabile
per porre adeguato rimedio alla crisi in atto ed efficace presidio alla
conservazione della conseguente ripresa, riforme che devono incidere sui
costi dell’impresa, sulla pressione fiscale di imprese e privati, sui costi sociali
della politica ecc.
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La reale possibilità, tuttavia, che questi provvedimenti possano essere
adottati anche all’interno della Comunità Europea con la medesima efficacia
che ha incontrato negli altri paesi, è legata alla possibile armonizzazione delle
politiche economiche dei paesi membri e, soprattutto, alla creazione di un
unico mercato dei capitali.
Nel primo caso si tratterebbe di negoziare all’interno della Commissione
Europea nuovi criteri di valorizzazione delle spese per investimenti in
rapporto agli esistenti vincoli derivanti dal patto di stabilità; nel secondo caso
di preparare il terreno più ideale per un deciso utilizzo di “Q.E.” da parte della
BCE, opzione ad oggi sempre esclusa dal suo Board.
In mancanza, o nell’attesa, che dette condizioni si realizzino, spetta ai singoli
Stati adottare le adeguate misure di accompagnamento ai provvedimenti di
politica monetaria, sostituendosi, qualora necessario, alla funzione delle
imprese private, nello stimolo agli investimenti, al fine di aumentare la fiducia
dei mercati e riportare il giusto equilibrio economico per sostenere il processo
crescita e sviluppo sempre distinto nei processi economici.
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Teorie non convenzionali di quantitative easing