LA FESTA DEL PERDONO LA RICONCILIAZIONE cristiano che ha peccato dopo il battesimo, viene riconciliato con Dio attraverso la riconciliazione con la Chiesa. Il pentimento, la confessione dei peccati, l’impegno di penitenza e di riparazione, si incontrano con il gesto del sacerdote, l’assoluzione data in nome di Cristo e della Chiesa”. La confessione oggi non è compresa. Molti non riconoscono nemmeno che ci siano comportamenti umani da classificare come peccato. Varie azioni che la Chiesa indica con questo termine, si compiono con apparente tranquillità, senza porsi problemi di coscienza e non si pensa che sia necessario pentirsi di averle commesse. Non si ammette che ci sia chi possa chiaramente indicare ciò che è bene e ciò che è male e nemmeno che ci sia una verità, perché o non si crede che esiste Dio, o si ha una vaga credenza del divino. Così, mancando un’autentica fede in Dio, non c’è senso del peccato e non si capisce a che serva la confessione. “Il IL PECCATO Chi crede in Dio sa di avere grandi capacità e un’autentica grandezza, ma anche molti limiti. E’ consapevole che da solo non riesce a cogliere la verità in pienezza, che solo Dio gli indica la vera via della vita, con la rivelazione, e gli dona la forza per fare il bene ed evitare il male. Sa che è vero quanto dice il Deuteronomio “ ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione, scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, perché è lui la tua vita”. ( Dt 30, 19 ss ). Ed è consapevole che chi prescinde dalle indicazioni di Dio sceglie la morte e la maledizione, mentre chi le segue ha la benedizione e la vita. Chi agisce prescindendo da Dio, si giustifica con motivazioni inconsistenti. Crede che il piacere sia norma di moralità. Ritiene di poter agire secondo una libertà assoluta, che è solo licenza. Si rifà ad una coscienza autonoma che indicherebbe ciò che è giusto meglio di Dio. Crede di sapere ciò che è bene e ciò che è male e di poter decidere da solo, senza far riferimento a Dio, che ritiene incompetente in fatto di verità . Ma si sbaglia! Non agisce bene ma commette il peccato! Fa quanto nella Bibbia è presentato come: “mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male” . A ragione la Scrittura dice che il peccato è disprezzo di Dio , separazione da Lui, fonte della vita, chiusura a lui, ripiegamento su di sé, indurimento, ingratitudine, ingiustizia. Chi pecca va contro i propri veri interessi. La Scrittura asserisce che non ascoltare le indicazioni di Dio è una follia, fa mancare lo scopo della vita, arreca infelicità, schiavitù, morte eterna. Se il peccatore muore in peccato sta per sempre lontano da Dio, fonte della felicità, nell’inferno. E’ davvero una scelta pazzesca: per un piacere momentaneo si perde la felicità eterna, destino finale della vita. Per tanta tragica serietà si caratterizza il peccato “mortale”, che devasta l’uomo e distrugge la vita di comunione con Dio: è un atto di ribellione alla volontà di Dio in qualche suo contenuto importante, commesso con piena vertenza e deliberato consenso. Diverso è il peccato “veniale”, che è un atto di disobbedienza alla volontà di Dio in qualche contenuto di minore importanza, o in qualche contenuto importante ma fatto senza piena avvertenza e deliberato consenso; sebbene non paragonabile al precedente, sciupa energie preziose, ostacola la crescita personale e mette in pericolo di cadere nel peccato mortale. DIO PERDONA L’uomo peccando ha sempre offeso il Signore nel suo amore di Creatore e di Padre, nella sua volontà di dono, nel suo progetto di elevarlo alla dignità di figlio, di santificarlo, di destinarlo alla felicità, alla gioia senza ombre, alla vita senza termine. Ma Dio, sempre fedele, ha continuato ad amare i peccatori, fino al punto di dare il suo unico Figlio, che ha sacrificato la propria vita per la loro salvezza, e nella morte e risurrezione di Cristo ha salvato l’umanità. Per questo immenso amore, quando il peccatore si pente e s’impegna a non peccare più, Dio gli dona il perdono. Se è Dio che perdona, perché è necessario il Sacramento della Riconciliazione, perché confessare i peccati a un sacerdote, perché l’assoluzione deve essere data da un uomo ? Certamente è sempre a Dio che ci si rivolge quando si confessano i peccati ed è sempre Dio che perdona. Ma il Signore cancella i peccati nella Pasqua di Cristo, che è il massimo del suo amore misericordioso verso il peccatore e la fonte del perdono. E il modo che abbiamo di entrare in contatto con la morte e risurrezione di Cristo per essere mondati dalla colpa, è il Sacramento della Riconciliazione, che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. Un incontro tra Dio e l’uomo è possibile attraverso segni: Dio si è rivelato a noi in Cristo, sacramento del Padre, e noi lo incontriamo con i segni e i linguaggi della nostra condizione umana, che, quando chiediamo e riceviamo il perdono, sono l’accusa e l’assoluzione. Inoltre qualunque peccato, anche quello intimo, incide negativamente su tutti, dato che esiste una solidarietà nel male come nel bene, e ai fratelli offesi si deve chiedere perdono attraverso la Chiesa. La certezza interiore poi di essere veramente perdonati e accolti dal Padre può comunicarcela solo il sacerdote con l’assoluzione. Perché il sacramento della Riconciliazione venga celebrato degnamente, sono indispensabili alcune condizioni. Esse sono: l’ esame di coscienza, il dolore dei peccati, il proposito, la confessione, la penitenza. ESAME DI COSCIENZA Prima di confessarsi, il credente rivolge un’intensa preghiera al Signore perché lo aiuti a fare una buona confessione. Poi riflette attentamente per ricordare i peccati commessi dall’ultima confessione ben fatta; se non riflettesse a fondo sulla propria vita, rischierebbe di non ricordare i peccati e di non fare una buona confessione. La riflessione si orienta in particolare su quei peccati che sono ritenuti “mortali”, perché hanno un contenuto grave e sono stati compiuti con piena vertenza e deliberato consenso. Possono consistere in azioni, parole, omissioni, desideri. E’ possibile fare l’esame di coscienza seguendo lo schema dei 10 comandamenti. Essi si possono sintetizzare così: ”Ama Dio con tutto il cuore con tutta l’anima con tutte le forze, “ “ama il prossimo tuo come te stesso”. E ci ricordano quelli che oggi vengono chiamati valori fondamentali. “Ama Dio” (primi tre comandamenti☺ 1° Io sono il Signore tuo Dio Il primo comandamento non chiede solo di credere in Dio, ma di porlo al centro dell’esistenza e di non mettere nulla davanti a Lui. Se non pone Dio al centro, l’uomo svanisce, mette al posto di Dio gli idoli, che oggi sono il piacere, i soldi, il potere e corre il rischio di vivere nell’ateismo, nell’indifferenza religiosa, nell’agnosticismo, di dare credito allo spiritismo, ad oggetti, formule magiche o a segni di fortuna e sfortuna, tutte cose che vanno direttamente contro Dio. La mia fede in Dio è genuina? Il mio comportamento corrisponde alla mia fede? Amo Dio “con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima e con tutta la tua mente” ?( Mt 22-37 ) Non c’è altro in me al posto di Dio? Mi istruisco sulle verità del Cristianesimo? Sono perseverante nella preghiera? 2° Non nominare il nome di Dio invano. Dio, cui siamo debitori di tutto, si deve naturalmente rispettare. Va contro questo comandamento chi bestemmia,commette sacrilegi , giura il falso, non adempie i voti fatti, parla male di Dio. Rispetto il nome del Signore, mi rimetto alla sua volontà, lo benedico, lo ringrazio? Rispetto i santi? Ho fiducia nel Signore anche nei momenti di sofferenza e di difficoltà? Accetto e accolgo quanto dice il Vangelo e insegna la Chiesa. Mi impegno ad approfondire e nutrire la mia vita di fede? 3° Ricordati di santificare la festa Per recuperare la dimensione più profonda della vita abbiamo necessità di riservare tempi ben definiti alla preghiera e di partecipare all’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. Vivo la centralità della domenica, ringraziando il Signore, affidandomi a lui. Partecipo con fedeltà e impegno alla S. Messa, preparandomi e sforzandomi di trarne frutto durante la settimana? Osservo il riposo festivo, faccio qualche gesto di amore verso chi ne ha bisogno? “Ama il prossimo tuo” (gli altri sette comandamenti) 4° Onora il padre e la madre L’uomo non è un’isola, ma un “animale sociale” ed è chiamato a vivere non chiuso in sé stesso, ma in relazione di amore con gli altri. Le prime relazioni sono quelle familiari. Ai genitori dobbiamo la vita e per lo più la stessa trasmissione della fede cristiana. Dobbiamo onorarli e rispettarli. Tra di loro i membri della famiglia devono rispettarsi e impegnarsi a salvare questa fondamentale istituzione della società. L’onore e il rispetto va esteso a coloro che esercitano per il nostro bene un particolare compito di guida e più in generale a tutti gli uomini. Coloro che nella famiglia e nella società hanno il compito dell’autorità (genitori, educatori, autorità) sono chiamati ad esercitarla come servizio, non come potere, a compiere il loro dovere, ad educare alla vita e alla fede le persone di cui sono responsabili. Amo e rispetto coloro che mi hanno dato la vita? Mi sforzo di comprenderli e di aiutarli? Sono aperto al dialogo, sono paziente, so perdonare, so compatire i limiti e i difetti degli altri? Compio i miei doveri di educatore dei figli e di altre persone a me affidate? Esercito l’autorità che ho come servizio, rifuggendo dell’esercitarla come potere? Mi comporto da “onesto cittadino”, che compie i propri doveri sociali, paga le tasse, rispetta l’ambiente? 5° Non uccidere La vita è sacra e viene da Dio, che è il solo Signore di essa dal suo inizio al suo termine. Ogni rispetto all’uomo ha inizio col rispetto della vita dal suo concepimento al suo fine naturale. E’ compito di ogni persona umana e in particolare dei cristiani impegnarsi per la concordia e per la pace e operare perché mai più ci sia la guerra o qualunque legalizzazione della morte. Va contro questo comandamento ogni azione contraria alla vita, alla salute, all’integrità, come il suicidio, l’aborto, l’eutanasia e ogni forma di violenza, che non sia per legittima difesa. Rispetto la vita in tutte le sue fasi? Ho fatto sempre il bene degli altri o ho fatto il male a qualcuno? Amo me stesso, sapendo accettare i miei limiti, sotto lo sguardo di Dio? Come vivo l’amore verso il prossimo? Sono disponibile soprattutto nei confronti dei più poveri e dei più deboli? Rispetto il codice della strada? 6° Non fornicare 9° Non desiderare la donna d’ altri Il sesto e il nono comandamento fanno riferimento alla sessualità umana e danno chiare linee di comportamento. Tutti gli uomini e tutte le donne, che recano in sé le ricchezze della mascolinità e della femminilità, vanno sempre rispettati nello spirito e nel corpo. Il particolare incontro che si verifica col gesto genitale, e che è banalizzato dalla nostra cultura, ha un grande significato quando è un fatto fisico e affettivo, avviene tra un uomo e una donna definitivamente uniti nel Matrimonio, è espressione di un autentico amore coniugale e resta aperto alla vita. Un retto comportamento sessuale esige l’autocontrollo e la virtù della castità, che regola il comportamento sessuale, secondo la situazione propria di ognuno. Va salvaguardato il pudore e va promossa la purificazione del cuore. Vanno contro il sesto comandamento la masturbazione, gli atti di omosessualità, la fornicazione, la prostituzione, lo stupro, l’incesto, la contraccezione, l’adulterio, la poligamia, le libere unioni, ogni attuazione della sessualità genitale fuori del matrimonio. La permissività e la pornografia degradano la sessualità. Sono casto nei pensieri e nelle azioni? Mi sforzo di amare con gratuità, libero dalla tentazione del possesso? Rispetto sempre e in tutto la dignità della persona umana? Tratto il mio corpo e il corpo altri come tempio dello Spirito Santo? 7° Non rubare 10° Non desiderare la roba d’altri. Il settimo comandamento educa al corretto uso delle cose materiali nelle relazioni con gli altri, alla luce del primato di Dio e della carità fraterna. Prescrive l’osservanza della giustizia, esigendo che venga rispettata sia l’universale destinazione dei beni, sia il diritto della proprietà privata, promuove la solidarietà tra le persone e tra i popoli, come pure una speciale attenzione ai poveri, nel rispetto dell’integrità del creato, proibisce di offendere il prossimo, usurpando e danneggiando i suoi beni. Il decimo comandamento educa alla povertà del cuore e ai desideri dello spirito, proibisce l’invidia e la cupidigia dei beni altrui, da cui derivano furti, rapine, frodi, ingiustizie e violenze. Rispetto i beni del creato? Rispetto il frutto del lavoro altrui? Sono onesto nel lavoro e nei miei rapporti con gli altri? Sono invidioso del bene degli altri? Mi sforzo di render gli altri felici o penso solo alla mia felicità? Come lavoratore o come datore di lavoro non ho niente da rimproverarmi? 8° Non dire falsa testimonianza. L’ottavo comandamento chiama al servizio della verità. Proibisce di tradirla nelle relazioni con gli altri, attraverso la menzogna, l’inganno, la calunnia, la maldicenza, la diffusione dell’errore, la violazione del segreto, l’uso distorto dei mezzi della comunicazione sociale, ogni offesa della verità. Sono sincero e leale in ogni mia parola e azione? Testimonio sempre e solo la verità? Cerco di dare fiducia e agisco in modo da meritarla? Ho rispettato con le parola la fama degli altri, evitando la mormorazione e aborrendo la calunnia? Beati i puri di cuore Sono dichiarati “beati” da Gesù coloro che hanno il cuore puro, cioè coloro che sono mondi dal profondo del cuore. I puri di cuore sono coloro che hanno accordato la loro intelligenza e la loro volontà alle esigenze della volontà di Dio, nella carità, nella rettitudine sessuale, nell’amore della verità, nell’ortodossia della fede. Sono puri di cuore coloro che sono retti interiormente, consapevoli del profondo disordine che si radica nel cuore dell’uomo, vigilano su se stessi e si purificano incessantemente. Sono leali con Dio e sinceri nel cercare la sua volontà, sono schietti e franchi con gli altri, come Gesù. Mi impegno a mondare il mio cuore da ogni pensiero e desiderio che sia in contrasto col giusto e col bene, come l’odio, il rancore, l’invidia, la gelosia, la cupidigia, le fantasie sessuali, i giudizi…? Cerco sempre in tutto la volontà di Dio? PENTIMENTO E PROPOSITO Il peccato è una realtà talmente seria e grave che l’uomo da solo non può eliminarlo. Ma Dio è misericordioso e viene incontro all’uomo peccatore; gli offre la possibilità di essere liberato dalla schiavitù del peccato, di uscire dalla situazione fallimentare, di avere un cuore nuovo e la capacità di osservare le indicazioni di bene che da lui provengono. Se il peccatore si affida alla misericordia del Signore, si pente dei peccati, s’impegna a non commetterli più e a fuggirne le occasioni prossime, riceve il perdono ed è riconciliato con Dio. Il pentimento o dolore dei peccati può essere “perfetto” (=contrizione), quando è dettato dall’amore di Dio, degno di essere amato sopra ogni cosa, o anche “imperfetto”, (=attrizione) se dettato dalla paura. In tutte due i casi deve sempre esserci il proposito di romperla con il peccato. Ci si deve abituare a fare spesso atti di contrizione (= dolore perfetto). La contrizione, se include il proposito di confessarsi al più presto, ottiene subito il perdono dei peccati; tuttavia per accostarsi alla comunione serve sempre la Confessione. Per la validità della confessione è anche sufficiente una seria attrizione. CONFESSIONE Dio perdona nella Pasqua di Cristo, attraverso il Sacramento della Riconciliazione, che richiede, oltre il pentimento e il proposito, l’accusa dei peccati fatta dal peccatore e l’assoluzione del Confessare, incaricato dalla Chiesa, alla quale Gesù ha affidato i Sacramenti. La confessione avviene dicendo al sacerdote, con umiltà e sincerità, tutti i peccati mortali, ossia quelli con materia grave commessi con piena vertenza e deliberato consenso, di cui ci si ricorda e che non sono stati confessati nelle precedenti confessioni fatte bene. L’accusa va fatta in maniera esatta, non generica, dicendo anche il numero dei peccati. Giova confessare i peccati veniali, specialmente i più pericolosi per la vita spirituale. Per mandato di Cristo il sacerdote ha il dovere di “legare e sciogliere”: deve perdonare sempre la persona ben disposta e pentita, ma non può assolvere chi non è del tutto disposto o perché non è pentito del peccato commesso o perché non vuole impegnarsi a non peccare più o perché non vuole fuggire le occasioni di peccato; un esempio di non completa disposizione è quello di chi intende continuare a fare una vita da convivente o da divorziato risposato, ossia intende vivere in situazioni di vita in cui c’è la continua occasione di commettere il peccato RITO DEL SACRAMENTO Sacerdote e Penitente Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen Sacerdote Il Signore che illumina con la fede i nostri cuori ti dia una vera conoscenza dei tuoi peccati e della sua misericordia. Penitente Amen Il penitente confessa i peccati. Il sacerdote gli rivolge consigli adatti, lo esorta alla contrizione, gli propone un esercizio penitenziale. Il penitente manifesta il pentimento, con “l’atto di dolore” in uso nella comunità italiana, o con una formula simile. Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso te infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa, propongo col tuo col tuo santo aiuto di non offenderti più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami. Il Sacerdote dice: Dio Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace. Io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Penitente Amen Sacerdote La passione di Gesù Cristo nostro Signore, l’intercessione della beata Vergine Maria e di tutti i santi, il bene che farai e il male che dovrai sopportare ti giovino per il perdono dei peccati, l’aumento della grazia e il premio della vita eterna. Va in pace. PENITENZA Dio perdona sempre l’uomo pentito e, dopo il perdono, la vita può riprendere il suo corso normale in amicizia con Dio. Ma non tutto si conclude con la confessione. Il peccato può aver arrecato seri danni, che esigono una pronta riparazione: per esempio chi ha rubato deve restituire, chi ha calunniato deve sconfessare la calunnia e ripararne i danni. Inoltre il peccato ha conseguenze negative per il peccatore: abitudini non buone, disordine interiore, incattivimento, propensione al male… La grazia della Confessione aiuta a riparare questi mali, ma il peccatore perdonato deve impegnarsi a ricuperare la salute spirituale, ad espiare i peccati. La piccola penitenza indicata dal confessore è un segno per ricordare al peccatore perdonato che deve riparare il male fatto con l’impegno per il cambiamento di vita, la preghiera, la meditazione della Sacra Scrittura, la pratica della carità, le opere di misericordia, il servizio del prossimo, la paziente accettazione delle sofferenze quotidiane e della propria croce, privazioni volontarie, digiuni ecc. LA FESTA DEL PERDONO Nella parabola del Padre misericordioso, ( Lc 15 ) quando, dopo una vita di disordine e di peccato, il figlio prodigo ritorna a casa e riceve il perdono, si fa una grande festa “perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita. Era perduto ed è stato ritrovato”. E’ la festa del grande ritorno di chi aveva lasciato la propria dimora, della liberazione di chi era stato schiavo del peccato, della vita nuova di chi era morto. Anche per ogni peccatore perdonato è festa in cielo, festa di Dio. Ed è festa in terra, festa del peccatore, la cui vita riprende ad aver senso. Dal momento del Battesimo egli è diventato figlio di Dio, e ha ricevuto lo Spirito Santo che ha iniziato il lui un’opera di trasfigurazione per una pienezza di vita, che il peccato ha interrotto ed ora riprende. Il peccatore perdonato può accostarsi all’Eucaristia, che gli dona quella vita eterna, che avrà in pienezza nella casa del Padre, quando, finita ogni contraddizione e debellato ogni male, vivrà nella felicità senza ombre, nella vita senza fine. Chi vive evitando il peccato o torna a Dio, quando per debolezza cade, ha già qui anche nei momenti di sofferenza quella gioia, che è il gigantesco segreto del cristiano. La Verità vi farà liberi ( parte terza ) Rito della Penitenza C.E.I C.E.I.