SOCIETÁ
A cura di Rocco Giuseppe Trisolini
Il Caregiver:
Sconosciuto e Misconosciuto
La sua età media dai 50 ai 70 anni, con alcune eccezioni
l terzo millennio insieme alla consolidata
certezza dell’allungamento della vita, ci ha
messo davanti le numerose patologie invalidanti
della vecchiaia e che magari compaiono lentamente,
ma che finiscono per annullare l'autosufficienza di una
persona.
In Italia le persone anziane in varia misura bisognose
di assistenza sono milioni. Accanto a loro ci sono poi
invalidi, disabili, persone con gravi malattie ed altri
soggetti incapaci di badare a se stessi, una cifra prossima
a 10 milioni.
La perdita dell’autosufficienza da parte del malato,
implica necessariamente un notevole ed incessante
impegno assistenziale sia da parte del medico e dei
servizi sociosanitari, che dei familiari.
Per queste ragioni si sta affermando fortemente la
consapevolezza della importanza del caregiver,
(letteralmente donatore di cura) Con questo termine
si intende la figura di chi è dedito in genere alla cura
di persone non autosufficienti, con le relative
problematiche del “custode-prigioniero”, cioè di chi
prestando cure si trova a sua volta impossibilitato ad
una vita normale.
Il caregiver, di solito sposo/a o figlio/a del paziente,
presenta diverse caratteristiche che lo contraddistinguono. Il ruolo nasce all’interno della famiglia
come esempio concreto di quella solidarietà ed affettività
di una famiglia che si rispetti.
Comunque sia, nella fase iniziale della malattia,
oltre al paziente anche il caregiver subisce un processo
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d’adattamento alla nuova realtà. Egli vede
soggettivamente se stesso come il capro espiatorio che
subisce le conseguenze dei deficit del paziente.
Molte volte egli si trova da solo a cercare di risolvere
i nuovi problemi imposti dalla malattia del congiunto
e deve far fronte a non trascurabili problemi economici,
nel contesto di un limitatissimo supporto sociale.
Penso che tale ultimo aspetto sia presente in misura
maggiore o minore in tutti i paesi del mondo; però la
nostra futura società dovrà, per forza, confrontarsi con
l’assistenza e la cura del malato, dell’anziano e
dell’anziano-malato. E, visto che è in crescendo, la
percentuale della popolazione anziana e dell’aspettativa
di vita, ed è anche in crescendo la malattia demenziale,
bisognerà occuparsi di più della figura del “curatore”,
perché anch’egli può subire la cosiddetta "perdita del
sé". Una situazione cioè in cui vengono minimizzati
od addirittura annullati i propri bisogni, desideri,
ambizioni etc., mettere in primo piano quelli della
persona malata. Il caregiver quindi (non dimentichiamo
che spesso è impreparato ad affrontare le disabilità),
sotto la spinta dai fattori stressanti, facilmente cede a
stati d’ansia o di depressione ed anche a vero
deterioramento di salute fisica (non dimentichiamo che
spesso, il caregiver stesso è in età geriatrica). Dunque
in un certo senso va curato il sistema pazientecaregiver, non soltanto il paziente malato. Al caregiver
bisogna fornire informazioni più possibilmente precise
sulla malattia, la diagnosi ed il decorso; renderlo edotto
preventivamente di quello che potrà avvenire negli stadi
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successivi; ascoltarlo e consigliarlo sulla gestione dei
Queste le indicazioni valide per chi assiste in Ospedale
comportamenti difficili e sui problemi
come a domicilio:
che, quotidianamente, deve affrontare;
Cose da fare
fornirgli aiuto regolare nella gestione
• Ridurre i rumori ambientali al
Il sostegno psicologico
del malato. Sarebbe auspicabile anche
minimo, compresa la Tv e la radio.
che sia oggetto da parte dello Stato
• Mantenere per quanto possibile
e affettivo è il
e dei Governatori regionali di
un’atmosfera rilassata.
cardine del ruolo
facilitazioni fiscali e nuove modalità
• Evitare situazioni con troppi
di appoggio più concrete, che diano
interlocutori.
del caregiver
più forza all'impegno del caregiver,
• Evitare di sostituirsi al paziente
affinchè non sia più un volontario
nelle attività in cui è autonomo e
“forzato” sconosciuto e misconosciuto.
incoraggiarlo nelle attività in cui lo
è parzialmente.
Come individuarlo
• Mettere l’ammalato al centro della conversazione; guardarlo
Tra le persone della cerchia familiare ed affettiva di un
sempre in faccia; rivolgersi direttamente a lui e non parlare
paziente colpito da ictus, da Alzeheimer, da tumore, avviene,
solo con i parenti.
generalmente per un meccanismo spontaneo la selezione
• Incoraggiare la persona, a “prendere la parola”, se può,
di persone che volontariamente assumono l’impegno di
e a comunicare pensieri e necessità.
fornire aiuto e supporto al malato. Queste persone definite
• Fare molta attenzione a come si utilizza il linguaggio non
con termine anglosassone “Caregivers” sono nella maggior
verbale.
parte dei casi un coniuge, uno dei figli, una sorella, un
• Usare sempre frasi brevi e di facile comprensione per
fratello, un amico. Però l’azione insostituibile dei
spiegargli la terapia e la posologia, nonché i programmi
“caregivers” non può essere “spontanea” e guidata solo da
giornalieri.
affetto e buon senso: i “caregivers” devono essere istruiti
• Offrire tempo, pazienza e cuore.
da personale specializzato (fisiatri, fisioterapisti, infermieri)
sulle strategie e le tecniche ottimali da applicare per
Il “carico” del caregiver
affrontare, con il malato, le mille difficoltà della vita
La malattia o l’evento traumatico che procura disabilità
quotidiana nell’ambiente domestico (posizionamento a letto,
rappresentano per il paziente una frattura, uno iato del
deambulazione assistita, prevenzione dei decubiti, igiene
proprio vissuto, c’è il “prima” e il “dopo”.
personale, alimentazione e controllo della minzione e della
Occorre qualcuno che, in qualche modo, faccia da ponte
defecazione ecc.). A meno che egli non sia un’infermiere
tra il prima e il dopo, aiutando il paziente a ritrovare se
e sia già preparato a questo. Particolare cura deve essere
stesso nel lungo processo di riabilitazione o nel lento declino
dedicata anche all’istruzione sulle strategie comunicative.
dell’età, accompagnandolo sia nella degenza ospedaliera
che a casa, nella sua “nuova” quotidianità. Il caregiver
è questo ponte, che integra a tutti gli effetti l’èquipe
medica che segue il paziente.
È una lunga strada, che cambia di caso in caso,
e non può essere individuata se non all’interno di
ogni storia. Una delle costanti è però l’enorme peso
fisico e psicologico che si accumula rapidamente
sul caregiver. Il suo ruolo lo obbliga ad apprendere
nozioni assolutamente nuove e ad essere presente
nell’intero arco di 24 ore, decidendo ed operando
di conseguenza.
Tutto questo porta un accumulo di tensione e
stanchezza che nel tempo sfociano (90% dei casi)
in vera e propria depressione. Anche il caregiver,
quindi va aiutato e supportato in modo concreto e
deciso dalle istituzioni. Non bisogna abbandonare
a se stesso chi combatte con il malato, giorno dopo
giorno o per una riabilitazione o per vivere
dignitosamente la malattia fino alla morte, come nel
caso dei pazienti neoplastici in fase terminale. Il
carico assistenziale del caregiver si aggira,
mediamente, su 7 ore al giorno per l’assistenza vera
e propria e 11 ore per la sorveglianza. Va a finire
che il caregiver ha 2 ore al giorno per se stesso, che
diventano 4 ore alla settimana in caso di gravità
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della malattia. Non è un caso se nel tempo accusa
conseguenze sulla salute fisica e vissuti di carattere
psicologico-depressivo. L’aspettativa di vita per lui diventa,
statisticamente, di 10 anni inferiore.
Quali sono i compiti del caregiver ?
Come si è detto, al primo posto c’è il sostegno
psicologico e affettivo che costituisce il cardine del suo
ruolo, poi ci sono funzioni concrete: la funzione di accudire
alle necessità primarie della persona; aiutare i sanitari a
portare avanti il programma riabilitativo e, inoltre, occuparsi
di tutte le questioni burocratiche ed economiche. In
conclusione egli è una forza lavoro di primaria importanza,
non solo per il soggetto malato, ma per tutta la società e,
soprattutto, per la Pubblica Amministrazione.
È però una persona che non può farsi carico di tutto il
peso da solo, è necessario che la società gli venga incontro
facilitandogli un compito così pesante con aiuti concreti.
È auspicabile che la legge fatta per l’amministratore di
sostegno diventi la legge del riconoscimento giuridico del
caregiver, affinchè gli sia riconosciuta la funzione di
coordinamento di tutte le attività che vengono svolte a
favore dell’assistito.
[Associazione Prodigio Onlus Trento
www.disabili.com: Coordinamento Etico Caregivers]
Ma chi aiuta questo soggetto in questo processo ?
Mentre per il paziente sappiamo cosa fare, per il caregiver
ancora no. È una figura sulla quale gravano moti livelli di
responsabilità, di impegno e sacrificio e che si occupa del
paziente a 360°. Con la legge n° 6 del 2004 è stato creata
la figura dell’“Amministratore di sostegno”, il quale
dovrebbe svolgere un ruolo che nel 99% dei casi è già svolto
dal caregiver, senza che questi invece abbia nessun
riconoscimento giuridico.
Situazione che comporta, come abbiamo visto, delle
tremende e oggettive difficoltà per le quali, alla fine il
caregiver rischia a sua volta di ammalarsi.
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Le cifre Istat
Curiosando tra i dati del rapporto Istat:
un italiano su quattro assiste un familiare,
un vicino o un amico. Già verso la fine del
2000 il ritmo di crescita di questi “assistenti”
è stato dell'8% superando i 13 milioni, in
maggioranza donne sopra la cinquantina:
se per un qualche motivo sparissero
d’incanto, i servizi di assistenza pubblica
non saprebbero certo come sostituirle.
Si pensi che solo per i malati terminali
(secondo il rapporto”Hospice in Italia
2006”) che sono 250mila, se fossero assistiti
dalle Istituzioni, a fronte dei circa 1300 posti
letto attuali ce ne vorrebbero almeno altri
1500. Questo rende ancora più preziosa
l’opera del caregiver e dell’ADI (Assistenza
Domiciliare Intergrata).
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