BIMESTRALE DELLA ORGANIZZAZIONE DEI PRODUTTORI APOFRUIT ITALIA
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Gianluca Casadio, Gianni Ceredi, Franco Girotti, Alfonso D’Aquila, Maurizio Magni, Carlotta Benini
notizie
sommario
Anno XX n°2 - Marzo/Aprile Duemila12
Apofruit presenta le strategie
per il prossiMo biennio
Valorizzazione dei marchi solarelli e Almaverde bio. Mediterraneo Group per le
sinergie con i partner. più crescita qualitativa per garantire reddito ai produttori
Marchio QC e
certificazione GLOBAL
GAP: le nuove frontiere
della produzione di qualità
..................................... 3-4
Progetto qualità kiwi
........................................ 5
PAGINE TECNICHE
Il diradamento chimico
delle mele
..................................... 6-9
DALL’EMILIA
L’asparago: un prodotto
strategico per Apofruit
Italia
...................................... 10
DAL METAPONTO
Fragole e albicocche:
al via la campagna in
Metaponto
...................................... 11
DAL LAZIO
Batteriosi: diffusione
della malattia nel Lazio.
Strategie di intervento
...................................... 12
NELLA FOTO DA SINISTRA Ernesto Fornari Direttore Canova, Ilenio Bastoni Direttore Mediterraneo
Group, Renzo Piraccini AD Gruppo Apofruit, Mirco Zanotti Presidente Apofruit Italia, Mario Tamanti
Direttore Apofruit Italia, Paolo Pari Direttore Almaverde Bio
G
uardare al futuro oltre la crisi puntando su qualità e tipicità, sviluppando e consolidando le politiche di
marca e stringendo nuove alleanze con
realtà produttive del settore. Apofruit
Italia ha presentato ai proprio soci, nel
corso di un incontro che si è svolto a
fine marzo scorso presso il Centro congressi di Cesena Fiera, le strategie di
sviluppo che saranno messe in campo
nel corso del prossimo biennio. Politiche di marca per cogliere le opportunità del mercato, il cui scopo finale,
naturalmente, è quello di assicurare più
valore aggiunto al prodotto e maggiori servizi per i soci produttori. Ciò sarà
possibile mettendo a frutto le capacità
propositive di un Gruppo che, negli ultimi quindici anni, ha registrato una cre-
scita costante, frutto di acquisizioni e
fusioni con altre cooperative. Oggi queste manovre strategiche hanno portato
Apofruit a una produzione di 250.000
tonnellate di prodotti ortofrutticoli ritirati
dai soci, contro le 130.000 del 2000.
Il valore della produzione, in dieci anni,
è passato da 88 a 246 milioni di euro
(di cui 60 di biologico e 30 milioni di
servizi commerciali ai partner), mentre
il patrimonio netto della cooperativa ha
raggiunto i 102 milioni di euro. Dati che
pongono Apofruit ai vertici del comparto ortofrutticolo nazionale. Ora il Gruppo punta a una crescita più qualitativa
che dimensionale. Si pensa a sviluppare
varietà vegetali più qualificate, con calibri e qualità gustative migliori ma, soprattutto, a valorizzare ulteriormente la
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politica di marca come strumento per
dare identità alla frutta prodotta dai
soci. Dopo la positiva esperienza di
Almaverde Bio, che in 12 anni di investimenti è diventato il marchio leader del biologico in Italia, il medesimo
obiettivo mette ora al centro la linea
Solarelli, che caratterizza i prodotti di
alta qualità dei soci di Apofruit. E così
- come Almaverde Bio si presenta
forte di 12 partner in rappresentanza di altrettanti settori merceologici e
ha pianificato una strategia di sviluppo per promuovere il biologico fuori
dai circuiti tradizionali della moderna
distribuzione - ora anche il marchio
Solarelli apre ad altri partner specialisti nei diversi prodotti del paniere ortofrutticolo italiano e punta allo stesso
risultato di mercato. Il traguardo finale è quello di portare il fatturato dei
prodotti a marca propria dall’attuale
21% al 30% entro la fine del prossimo biennio. Per realizzare questo
progetto viene rilanciata la Moc Mediterraneo (società nata nel 1998 per
gestire un progetto di aggregazione
tra realtà del sud e del nord Italia) che
oggi prende il nome di “Mediterraneo
Group”, alla cui presidenza è confermato Pietro Ciardiello, direttore della cooperativa Sole di Parete (CE),
partner storico del gruppo Apofruit,
mentre la direzione viene affidata a
Ilenio Bastoni. La nuova realtà - di cui
fanno già parte la Coop Sole di Parete (CE), la Coltor di Avezzano (AQ) e
la Codma di Fano (PU) - si candida
come “filiale” prevista dalla normativa
notizie
dell’Organizzazione Comune di Mercato
(OCM) e si apre a nuovi partner che intendono perseguire progetti comuni di
valorizzazione e commercializzazione dei
migliori prodotti ortofrutticoli italiani.
Hanno fino ad ora aderito al progetto O.P. Terra di Bari (uva da tavola),
Opo Veneto di Treviso (radicchio), F.lli Di
Stasi di Potenza (broccoli e verdure a
foglia), Sicilsapori di Catania (arance e
limoni) e Coop Faro di Ragusa (ortaggi
di serra).
“Vogliamo fare di Solarelli la linea che
caratterizza non solo l’eccellenza qualitativa delle produzioni del nostro gruppo
– dichiara Ilenio Bastoni, neo direttore di
Mediterraneo Group – ma anche lo strumento per dare un’identità alla nostra
frutta. Infatti intendiamo dare una forte
caratterizzazione territoriale alle nostre
produzioni. Vogliamo sposare qualità e
tipicità. Non venderemo indistintamente
fragole, ma Candonga della Basilicata,
Albion della Sila, Fragole di Romagna e,
da quest’anno, inseriremo anche la fragola Sabrina della Campania”.
“Intendiamo sostenere i nostri soci an-
cora di più di quello che non abbiamo
fatto in questi anni – aggiunge Mario
Tamanti, direttore di Apofruit Italia – in
questo processo di trasformazione verso l’innovazione e la qualità. Intendiamo
puntare più sulla qualità che sulle quantità prodotte. In questo modo pensiamo
di avere maggiori possibilità di tutelare
il reddito dei nostri produttori”.
“Siamo convinti che la crisi passerà e
vogliamo essere pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno - conclude Renzo Piraccini, amministratore
delegato del Gruppo - Siamo orgogliosi
della natura di impresa cooperativa di
primo grado che caratterizza Apofruit,
un’identità che ci permette di essere
vicini ai nostri soci produttori, e vogliamo mantenerla, ma intendiamo anche
sfruttare le sinergie che solo la condivisione con altre imprese può consentire.
L’obiettivo, che non è solo commerciale
ma strategico, è di portare il fatturato
dei prodotti a marchio a 70 milioni di
euro entro il 2013”.
3
Marchio QC e certificazione GlobAl GAp:
le nuove frontiere della produzione di qualità
oggi la totalità della produzione di Apofruit è costituita da prodotto a Qualità Controllata. la nuova frontiera è
rappresentata dalla certificazione Global Gap, che contiene parametri relativi anche alla conduzione aziendale
I
l marchio QC - Qualità Controllata
garantisce le produzioni agroalimentari ottenute attraverso metodologie di produzione integrata che
rispettano l’ambiente e la salute
dell’uomo, attraverso basse quantità
di residui, un uso limitato di antiparassitari, concimi e acqua, limitando
l’impiego di prodotti chimici. È un
marchio introdotto alla fine degli anni
‘80 dalla Regione Emilia-Romagna,
il cui utilizzo è concesso a quelle imprese di produzione, di trasformazione, di commercializzazione che si
impegnano a rispettare gli appositi
disciplinari di produzione integrata.
“La nostra cooperativa ha fatto la
sua prima esperienza con la produzione integrata con le fragole, con
una produzione di 3 mila quintali,
per testare la lotta biologica contro
insetti come afidi e ragno rosso - dichiara Piero Turroni di Apofruit Italia - Questo discorso poi si estese
gradualmente ad altre colture. Con
il passare degli anni queste misure,
che già alla loro introduzione sono risultate altamente innovative, hanno
permesso di valorizzare un prodotto
di qualità a garanzia della salvaguardia ambientale, della salute dei consumatori e degli operatori agricoli.
Per questo ben presto tutti i nostri
soci hanno adottato questo sistema,
tanto che oggi abbiamo raggiunto
l’ormai totalità delle aziende che producono a lotta integrata”.
“Praticamente oggi non esiste più il
prodotto convenzionale - sottolinea
il presidente di Apofruit Italia, Mirco
Zanotti - tutta la nostra frutta è prodotta seguendo le linee guida della
produzione integrata. Si tratta infatti di un sistema produttivo ottimale
per una moderna frutticoltura, che
garantisce il rispetto delle normative
vigenti e future, e che permette, lo
sottolineiamo, di accedere ai contributi OCM senza sforzi particolari. In
futuro potrà permettere di accedere anche ai contributi previsti dalla
PAC”.
Questo sistema produttivo è stato
adottato dalla Grande Distribuzione
italiana ed europea come requisito standard per il proprio approvvigionamento di prodotti. Con il passare del tempo, poi, da parte della
clientela sono state introdotte delle
richieste specifiche che in alcuni
casi superavano gli standard della produzione integrata, andando
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a coprire degli aspetti relativi alla
conduzione dell’azienda stessa,
come la sicurezza, la residualità
degli antiparassitari, le tecniche di
irrigazione, le modalità di raccolta
e i trattamenti post raccolta.
In funzione di questi cambiamenti, quindi, l’evoluzione dell’azienda
agricola oggi è rappresentata non
solo dall’adozione di linee di difesa, ma anche di linee guida che
seguono tutta la filiera del prodotto, dalla raccolta alla spedizione. Queste linee guida sono racchiuse nella certificazione Global
Gap, un protocollo che definisce
le buone pratiche agricole (“Good
Agricultural Practice”) relative agli
elementi essenziali per lo sviluppo
delle migliori tecniche applicabili
ad aziende agricole, coltivazioni e
prodotti della terra.
In conclusione, quindi, la produzione di Apofruit Italia oggi si differenzia in due tipi di prodotto:
quello biologico, che segue le sue
specifiche linee guida, e il prodotto convenzionale, che è tutto a
produzione integrata. All’interno di
questo, una parte di aziende sono
anche certificate secondo le linee
guida Global Gap, le quali - si ricorda - possono essere applicate
anche alle aziende bio.
“Oggi numerosi clienti ci chiedono
prodotto proveniente da aziende
certificate Global Gap o comunque
con gli stessi standard produttivi –
notizie
precisa il presidente di Apofruit Italia
Mirco Zanotti - La produzione intergrata è diventata ormai un pre-requisito, dal 2014 diventerà obbligatoria
per tutte le aziende. Noi la consideriamo come lo standard di base, per
differenziare poi quella produzione
che segue anche le linee guida previste dalla certificazione Global Gap.
Considerare il prodotto di produzione integrata come la base di tutta la
nostra produzione comporta anche
una semplificazione dell’attività vera
e propria, in quanto non ci sono più
differenze fra i soci. Questo tuttavia
non vuol dire che non verranno più
effettuati dei controlli: proseguiremo
infatti con l’impostazione già adottata per continuare a garantire il rispetto di regole e disciplinari”.
Per tenere aggiornati tutti i soci su
quelle che sono linee tecniche di di-
fesa adottate dalla cooperativa viene fatta, da parte di Apofruit Italia,
una costante attività di formazione
e informazione; le linee tecniche e i
consigli operativi sono tutti racchiusi
in una pubblicazione che viene aggiornata di anno in anno e spedita
ai soci.
“Ora il nostro obiettivo – conclude
Piero Turroni – è quello di portare un
numero crescente di aziende di medio/grandi dimensioni, che hanno un
rinnovamento produttivo importante,
che tengono sotto controllo tutte le
strutture produttive dell’azienda, alla
certificazione Global Gap. Un protocollo che, adottato opportunamente,
è in grado di soddisfare i requisiti
richiesti da un crescente numero di
clienti che sono rappresentati dalla
Grande Distribuzione italiana ed europea”.
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progetto qualità kiwi
primi riscontri dopo un anno di applicazione
a cura di Piero Turroni
ll’inizio del 2011, con l’aggravarsi
della batteriosi dell’actinidia (PSA)
abbiamo fatto alcune riflessioni che ci
hanno portato a concludere che non
ci sono, per il momento, mezzi o sistemi che possano permetterci di curare
o prevenire in modo certo questa malattia. Pensiamo quindi che avere una
pianta che non venga spinta con concimazioni eccessive, la cui produzione
non venga quantitativamente esasperata e, in generale, che sia gestita preservando soprattutto il suo equilibrio
naturale, possa predisporre la pianta
stessa a una maggiore resistenza alla
batteriosi e quindi consentirle di essere
meno suscettibile all’ingresso e sviluppo di questo batterio. Riteniamo che i
frutti prodotti da una pianta in queste
condizioni possano avere una qualità
gustativa superiore rispetto ad altri e
avere quindi le caratteristiche giuste per
essere collocati in una fascia di mercato che richiede particolari caratteristiche
gustative.
Premesso ciò, abbiamo quindi individuato nel contenuto della sostanza secca - dalla quale si originano gli zuccheri,
che sono a loro volta quasi interamente
responsabili del buon sapore del frutto
- il parametro da misurare per differenziare la qualità del kiwi.
Abbiamo venduto ad oggi circa i 2/3
A
della produzione raccolta nel novembre
2011 e possiamo per ora affermare
che la risposta del mercato è stata sufficientemente positiva. Queste conferme ci inducono a proseguire sulla stessa linea strategica adottata lo scorso
anno, con l’introduzione di quello che
abbiamo chiamato il “Progetto qualità
kiwi”, apportando magari alcune modifiche che potrebbero ulteriormente qualificare il nostro prodotto e avviarci quindi
verso la campagna 2012 rinfrancati dai
positivi risultati conseguiti fino ad oggi,
con l’auspicio che questi si confermino
o, ancor meglio, che possano migliorare. Durante i mesi invernali abbiamo
organizzato specifici incontri con i nostri
soci in cui abbiamo illustrato le ricerche
nostre e di altri, trovando una notevole
assonanza di risultati e che ci inducono
a pensare che la strada intrapresa sia
quella giusta.
Un’ultima cosa va sottolineata parlando di indicazioni produttive e nutrizionali
da fornire ai soci in merito al Progetto
qualità kiwi: Apofruit ritira il prodotto da
zone molto diverse (Veneto, Romagna
e Lazio) e in condizioni agronomiche
spesso differenti anche all’interno della
stessa regione, pertanto non è possibile emanare delle indicazioni di nutrizione
identiche per tutte le aziende agricole.
Invitiamo quindi tutti i soci interessati a
prendere contatti con il proprio ufficio
tecnico di riferimento, per studiare insieme un opportuno piano di nutrizione,
che favorisca l’accumulo di maggiore
quantità di sostanza secca e nel contempo predisponga la pianta a una migliore resistenza alla batteriosi.
I dettagli del progetto sono stati illustrati
nel corso di tre assemblee di cui sono
stati informati i soci produttori che si
sono svolte a metà aprile.
Il progetto prevede che gli interessati si impegnino con un atto formale a
seguire le indicazioni della cooperativa.
Si ricorda quindi che tale impegno deve
essere siglato entro il mese di maggio
prendendo contatti con l’ufficio tecnico
della cooperativa.
6
PAGINE TECNICHE
notizie
il diradamento chimico delle Mele
Un’operazione colturale fondamentale per avere un prodotto di qualità
di Gianni Ceredi
a oltre un decennio gli operatori
agricoli della nostra cooperativa
stanno orientando con maggiore decisione le loro scelte produttive verso prodotti autunno-invernali che ad
oggi rappresentano circa il 50% della
frutta commercializzata da Apofruit.
In tale contesto i frutteti di mele denominate di qualità (Pink Lady, Rosy
Glow, Fuji e Modì) con i loro complessivi 300 ettari di impianti specializzati,
costituiscono una voce di grande importanza sia come fonte di reddito per
gli agricoltori che come opportunità
commerciale per la nostra azienda. A
supporto di questo rinnovato indirizzo
produttivo, il settore tecnico ha saputo mettere a punto sistemi e pratiche
colturali adeguate: dall’impiantistica
alla nutrizione idrica e minerale, dalla
difesa fitosanitaria alla gestione delle
potature. In tale ambito la complessa
pratica del diradamento chimico dei
frutti ha richiesto una pluriennale attività di sperimentazione finalizzata alla
conoscenza e messa a punto delle
variabili in grado di condizionare l’esito di questa operazione colturale.
La pratica del diradamento dei frutti
nasce dal fatto, banale ma che è giusto rammentare, che le potenzialità
produttive di molte specie frutticole,
intese come generosità nella fioritura e capacità di allegagione, sono
assolutamente imponenti. Se queste
D
fossero assecondate senza alcun
intervento si avrebbero due risultati
certi: produzioni da record, in termini quantitativi, di frutta da destinare
all’industria e depauperamento delle capacità produttive degli impianti,
che entrerebbero in alternanza.
Nella tabella 1, a titolo di esempio,
viene sintetizzato quanto detto, riportando per alcune varietà di mele i dati
raccolti negli anni di sperimentazione,
con riferimento alle potenzialità produttive della tesi “testimone” ovvero
non diradata. La capacità produttiva
di un meleto deve essere pertanto
necessariamente gestita e orientata
in maniera tale da individuare un giusto bilanciamento tra quantità e qualità, laddove con qualità si intendono
pezzatura e colorazione dei frutti, accompagnata da un adeguato equilibrio vegeto-produttivo del frutteto. E’
noto come questi parametri qualitativi
siano condizionabili anche attraverso
altre pratiche colturali come potature e concimazioni, tuttavia la correlazione tra questi e la massa di frutti
sostenuti da una pianta è netta e inequivocabile.
L’impiego dei fitoregolatori
Decaduto da tempo l’impiego del
carbaryl, le sostanze attive attualmente impiegabili per il diradamento
chimico delle mele appartengono al
gruppo dei fitoregolatori, auxine e citochinine. Queste molecole agiscono
sui processi di distensione e moltiplicazione cellulare, pertanto la loro
attività è influenzata dalla condizione
vegetativa e produttiva delle piante, dal loro stato nutrizionale e dalle
condizioni climatiche in cui si opera.
Le piante di melo, come noto, possiedono un’intrinseca capacità nel
PAGINE TECNICHE
regolare le proprie potenzialità produttive. Questa si esprime con una
spontanea cascola di frutticini durante il mese di maggio e giugno e
trova le proprie cause fisiologiche nel
fatto che le piante, attraverso la fotosintesi, producono elaborati che vengono attratti dai frutti e dai germogli.
Si crea di conseguenza una naturale
competizione tra lo sviluppo vegetativo della pianta e quello riproduttivo
dei frutti tra i quali si determina una
gerarchia nella crescita, con alcuni di
essi che acquisiscono maggiore forza e altri che si indeboliscono e sono
destinati alla cascola. Le sostanze ad
azione fitoregolatrice si inseriscono in
questo processo di competizione, accentuandone la portata.
Le esperienze maturate attraverso
l’attività sperimentale hanno interessato le varietà del gruppo Pink LadyRosy Glow, Fuji e Modì e sono state costantemente condotte con due
formulazioni commercialmente note
come Amid Thin® e Exilis® rispettivamente a base di NAD al 8.4%
(amide dell’acido alfa-naftalenacetico) e 6BA (6-benziadenina al 2.0%).
Ovviamente sono disponibili altri prodotti in commercio, ma per esigenze
sperimentali, legate alla necessità di
confrontare i dati nei diversi anni, ci
si è attenuti all’impiego dei citati prodotti.
Le variabili che possono condizionare
l’efficacia diradante dei fitoregolatori
e che sono state oggetto di osservazione sono: epoca di impiego, dose
di applicazione, strategia di interven-
to, aggiunta di oli minerali a diversi
dosaggi con funzione bagnante-adesivante.
NAD (AMID THIN®)
e 6 benziladenina (Exilis®):
consigli per l’uso
Gli impieghi di 6BA e di NAD sono
confinati in epoche specifiche che
non possono essere confuse. L’amide (NAD) infatti, essendo un auxina
e quindi uno stimolatore della moltiplicazione cellulare, viene applicata in
una fase molto precoce della crescita
del frutticino, che segue la fioritura e
l’allegagione. Orientativamente nelle
nostre zone di pianura si interviene
quando il diametro prevalente dei
frutti posti su legno di due anni è di
4-5 mm. Il prodotto esprime il migliore equilibrio nella propria potenzialità
diradante, con temperature tra i 15
e i 20 C° e in condizioni che ne consentano un regolare assorbimento
da parte della pianta, ovvero elevata
umidità relativa e moderata insolazione. L’efficacia diradante di NAD può
essere potenziata, modulando su alcuni elementi come la dose di impiego
(fino a 1.2 kg per ettaro, rispettando
ovviamente le prescrizioni in etichetta) o addizionando olio minerale da
1.5 a 5 kg per ettaro. Esprimendo la
potenzialità diradante, come riduzione percentuale sia di mazzetti fiorali
allegati che di frutticini per mazzetto,
l’amide non raggiunge valori particolarmente elevati, attestandosi su un
10% di contrazione sia dei mazzetti
allegati che del numero di frutti per
mazzetto. Non si tratta dunque di uno
7
strumento a cui affidare esclusivamente il diradamento chimico, tuttavia essa si presta ottimamente a integrare l’impiego di altri prodotti. Nella
pianificazione di una strategia l’impiego dell’amide rappresenta un ottimo
punto di partenza in grado di “preparare” la pianta all’azione successiva
della 6-benziladenina, creando un effetto sinergico con essa e migliorando l’uniformità della distribuzione dei
frutti sulla pianta. Il suggerimento che
emerge dalle esperienze sperimentali è dunque quello di non trascurare
sulle varietà del gruppo Pink Lady –
Rosy Glow e Modì l’impiego di amide,
mentre per ragioni legate allo sviluppo di frutti pigmei tale fitoregolatore
deve essere rigorosamente omesso
sulla varietà Fuji.
La 6-benziladenina (Exilis®) appartiene al gruppo delle citochinine, cioè
a quei fitoregolatori che stimolano la
crescita delle cellule. La sua fase di
impiego si colloca quindi in un periodo successivo all’amide, esattamente
quando i frutticini iniziano a crescere.
L’efficacia diradante conseguita con
6-BA dipende dalla varietà su cui si
lavora e da alcune variabili applicative
come il diametro dei frutti su cui si
interviene, la dose di impiego, l’aggiunta di olio minerale, l’inserimento
o meno in strategia dell’amide. Entrando nel dettaglio:
Pink lady - Rosy glow
Su queste varietà 6-BA impiegata
da sola, senza essere preceduta dal
trattamento con amide, riduce mediamente il numero di mazzetti fiorali
8
PAGINE TECNICHE
DIRADAMENTO MECCANICO DEI FIORI
una potenziale alternativa
allegati di circa il 10% e dei frutti per
mazzetto di un 15-20%. Se, tuttavia,
essa viene utilizzata in successione
ad amide, l’efficacia diradante sale
per entrambi i parametri considerati al
30%. La strategia amide/6-benziladenina in sequenza si conferma dunque come la più adeguata; su questa
impostazione si può spingere verso
una maggiore o minore capacità diradante dei trattamenti, modulando su
alcune variabili applicative. In particolare, dal punto di vista sperimentale,
si è evidenziata una variazione dell’efficacia diradante nel senso di quanto
esemplificato in tabella 2.
Nell’ambito delle valutazioni sperimentali è stata presa in considerazione anche l’opzione che prevedeva il
notizie
doppio intervento con 6-BA rispettivamente a 8 e 12 mm di diametro
dei frutticini e alla dose di 3.5 litri/ettaro di Exilis® per ciascun intervento.
L’esito di questa strategia è ancora
soddisfacente, tuttavia, non intervenendo precocemente con amide in
post-fioritura, la presenza di mazzetti
fiorali allegati può risultare eccessiva.
Modì
Le esperienze su questa varietà sono
progredite negli ultimi tre anni su impianti non ancora in fase di maturità
produttiva, pertanto i risultati ottenuti
mantengono un certo margine di incertezza. Le strategie applicate, i formulati commerciali, le dosi di impiego
e di momenti di intervento ricalcano
esattamente quanto visto e detto
per le varietà del gruppo Pink Lady
– Rosy Glow. Anche su questa varietà l’applicazione di amide (Amid Thin)
seguita da 6-BA (Exilis®), rispettivamente a 4-5 e 10-12 mm di diametro
dei frutticini, sembra rappresentare la
strategia migliore, tuttavia l’efficacia
diradante non pare raggiungere sempre valori ottimali, lasciando ancora
troppi frutti sulle piante. Sulle variabili
applicative prese in considerazione si
rimanda anche per Modì alla tabella
2, mentre la media dei risultati delle
prove effettuate viene riepilogata in
estrema sintesi in tabella 3.
Fuji
L’impiego di amide (Amid Thin) su
questa varietà, come già ricordato,
non è praticabile, in quanto determina la produzione di frutti “pigmei”
che, pur non cascolando, arrestano
la loro crescita in una fase molto precoce di questa. Il fenomeno dei frutti “pigmei” ricorre su Fuji anche con
l’impiego della forma acida dell’amide, che parimenti non può essere impiegata, così come si evidenzia con
lo stesso uso di 6-BA se applicata ad
un diametro dei frutticini superiore ai
13 mm. Fissati questi paletti, possiamo comunque ottimamente lavorare
con 6-benziladenina a diversi dosaggi, momenti e soluzioni di intervento
e addizionando o meno oli minerali.
I risultati ottenuti attraverso l’esecuzione di un unico intervento di Exilis®
sono riportati in tabella 4. Anche in
questa condizione l’effetto “dose” è
trascurabile passando da 8 a 12 litri/
ettaro, mentre si apprezza un incremento dell’effetto diradante sia lavorando su frutti più piccoli (12>10>8
mm), che aumentando la dose di olio
minerale impiegata (da 1.5 a 5.0 kg/
ettaro). Le esperienze sperimentali
ci inducono a prediligere la soluzione
strategica che prevede il doppio intervento con 6-BA, sia per esprimere
una maggiore potenzialità diradante,
che per ottenere una migliore uniformità di distribuzione dei frutti. Tale
opzione si sviluppa attraverso un primo intervento a 8 mm di diametro dei
frutticini con 8 litri/ettaro di formulato
Exilis®, seguito da un secondo intervento a 12 mm e con 4 litri/ettaro
del medesimo formulato. I risultati
medi ottenuti con tale strategia sono
esemplificati in tabella 5.
Un aspetto strettamente correlato
all’efficacia del diradamanto chimi-
PAGINE TECNICHE
co è rappresentato dalle condizioni
termiche in cui si opera. E’ evidente
che questa variabile non è in alcun
modo condizionabile, tuttavia è molto
importante che venga tenuta in debito conto se non altro per interpretare
certi risultati inattesi o eventualmente
per agire su quelle variabili applicative
di cui si è parlato precedentemente
(dosi, momenti di intervento, aggiunta di olii minerali ecc..) in senso rafforzativo dell’efficienza diradante.
Per esemplificare quanto detto è sufficiente confrontare le prove condotte
9
su Fuji nel biennio 2010-2011, dove
tutte le tesi confrontate hanno accusato un crollo dell’efficacia diradante
imputabile sostanzialmente alle temperature sensibilmente più contenute
registrate nel periodo post fiorale durante il 2011.
Tabella 1 – Potenzialità produttive di piante non diradate
Varietà
% media di mazzetti
fiorali allegati
n. medio di frutti
Frutti per pianta
per mazzetto fiorale
Produzione
per pianta
Peso medio
per frutto
Pink lady
94.6
1.70
265
40.8 kg
154.0
Fuji
94.5
1.98
336
42.9 kg
131.2
Tabella 2 – Influenza della modulazione di alcune variabili applicative
nel diradamanto di Pink lady, Rosy glow e Modì
Variabili
Intervallo di valori
Effetto
Dose di impiego di exilis®
5>7 l/ettaro
Trascurabile
Diametro dei frutticini
10>12 mm
Tendenziale riduzione dell’efficacia diradante
Dose di impiego di olio minerale
1.5>5.0 kg/ha
Tendenziale incremento dell’efficacia diradante
Tabella 3 – Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Modì impiegando NAD + 6BA
Potenzialità produttive
Tesi/strategia
Mazzetti allegati (%)
Frutti/mazzetto
Frutti pianta
Testimone
84.0
1.45
144
Intervento con NAD + 6BA
63.7 (-24.2 )
1.24 (-14.5)
105 (-30.8)
Tabella 4 - Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Fuji adottando 6BA in un’unica soluzione
Potenzialità produttive
Tesi/strategia
Mazzetti allegati (%)
Frutti/mazzetto
Frutti pianta
Testimone
94.5
1.98
336
Unico intervento con 6BA
79.9 (-15.4 )
1.58 (-19.9)
222 (-33.8)
Tabella 5 - Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Fuji adottando 6BA in doppia soluzione
Potenzialità produttive
Tesi/strategia
Mazzetti allegati (%)
Frutti/mazzetto
Frutti pianta
Testimone
94.5
1.98
336
Doppio intervento con 6BA
69.2 (-26.7 )
1.41 (-28.8)
161 (-52.1)
10
DALL’EMILIA
notizie
L’asparago: un prodotto strategico
per ApofrUiT iTAliA
di Franco Girotti
a sempre considerato un prodotto orticolo di pregio, l’asparago
annovera tra le sue peculiarità un ciclo
vegetativo e un periodo di commercializzazione alquanto brevi.
Negli ultimi anni la produzione europea si è concentrata prevalentemente
in Germania (asparago bianco), mentre in Italia la coltura - che agli inizi del
‘900 era concentrata particolarmente
in Emilia Romagna e Veneto - oggi è
diffusa su quasi tutto il territorio nazionale. Apofruit attualmente ritira e
commercializza circa 7.000 quintali di
prodotto e gli asparagi dei soci vengono interamente convogliati presso
lo stabilimento di Altedo, provenienti
dalle diverse zone di ritiro dislocate
sul territorio nazionale: oltre che dal
bolognese e dai comuni ferraresi di
Comacchio, Mesola, Codigoro, il prodotto arriva in Emilia anche dai soci del
Metaponto, del viterbese e da qualche
anno in quantità sempre più consistenti anche dalla Puglia (provincia di
Foggia). Il prodotto viene consegnato dai soci produttori in mazzi oppure
alla rinfusa, in questo caso prima di
essere posto nei vari tipi di imballaggio subisce la lavorazione a macchina
per selezionare le diverse classi di calibro. Viene poi lavato e confezionato
per essere inviato prevalentemente
alla GDO nazionale ma anche estera.
D
Mentre nelle zone del centro-sud Italia
le varietà utilizzate sono quasi esclusivamente di costituzione californiana, in
Emilia Romagna coltiviamo in prevalenza ibridi di costituzione italiana, che
rappresentano il frutto del miglioramento
genetico e della sperimentazione varietale portati avanti da oltre un trentennio
dall’istituto sperimentale per l’orticoltura
di Montanaro Lombardo (Lodi).
Ercole, Franco, Eros, e da quest’anno
Giove, sono ibridi ottenuti partendo da
materiale genetico proveniente dalle
coltivazioni di asparago Argentuil di Altedo. Dal punto di vista agronomico, le
coltivazioni dei nostri soci sono per la
quasi totalità in “pieno campo”, è però
doveroso segnalare l’iniziativa dell’az.
Aquilani di Montalto di Castro (Viterbo)
che da due anni coltiva l’asparago in
coltura protetta, utilizzando piccoli tunnel
plastici, su circa un ettaro di terreno, ottenendo un marcato anticipo di alcune
settimane sull’epoca tradizionale di raccolta, consentendogli di spuntare prezzi
certamente più elevati. Nonostante si
stia attraversando un momento di crisi
dei consumi, l’asparago mantiene a livello nazionale le sue posizioni per quel
che concerne le superfici coltivate, mentre dal punto di vista commerciale rimane un prodotto certamente interessante
per la cooperativa, e riteniamo anche
per l’azienda agricola, a patto che sia
pronta a cogliere le nuove proposte che
si presentano sotto l’aspetto innovativo.
LA pAroLA Ai proDuttori
AZ. AGRICOLA AQUILANI ARMANDO
Armando Aquilani è titolare di una grande azienda agricola a Montalto
di Castro, in provincia di Viterbo: dei 180 ettari di terreno, 7 sono destinati alla produzione di asparagi. Da due anni Aquilani ha introdotto
la coltura protetta, utilizzando piccoli tunnel plastici su mezzo ettaro
di terreno. “L’asparago prodotto sotto tunnel anticipa di circa 20 giorni quello prodotto a campo aperto e in questo modo ci permette di
spuntare un prezzo maggiore – spiega – Ho notato, poi, che beneficiano della copertura anche le file che restano scoperte fra un tunnel e
l’altro. Sebbene con questi metodi riusciamo ad ottenere un migliore collocamento del prodotto
sul mercato, quest’anno la campagna è partita comunque con prezzi bassi, infatti a metà aprile
si spuntano prezzi al di sotto dei 5 euro al kg. Speriamo in una ripresa”.
DAL METAPONTO
Fragole e albicocche:
al via la campagna in MeTAponTo
L
a campagna di fragole del Metaponto quest’anno è a rilento a causa delle
condizioni climatiche anomale, con un inverno che si è protratto a lungo portando con
sé temperature sotto la media stagionale.
Al 10 aprile sono stati ritirati 3.600 quintali di prodotto, la raccolta è stata inferiore del 30-35% rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente. “Il freddo primaverile
non giova alla coltura della fragola - spiega Antonio Rubolino, responsabile d’area di
Apofruit Italia - Nelle prime ore del mattino a
metà aprile avevamo ancora temperature di
poco sopra lo zero: con queste condizioni è
difficile che la campana si sviluppi come dovrebbe. Tuttavia i campi promettono di dare
un prodotto di buona qualità”. La chiusura
della campagna delle fragole si prevede
intorno all’8-10 giugno. “Ora bisogna vedere se, da qui fino alla fine del raccolto,
riusciremo a recuperare i quantitativi in difetto – continua Rubolino - Un altro fattore
incoraggiante, che ci fa ben sperare in una
ripresa della campagna, è il fatto che non ci
siano tante fragole sul mercato. Speriamo
che i prezzi che stiamo spuntando in questo
momento siano in grado di compensare una
campagna caratterizzata da una resa produttiva inferiore rispetto agli altri anni”. Per
quanto riguarda le varietà di fragole coltivate in Metaponto, la Candonga di Basilicata
continua ad essere il prodotto principe della
campagna. Le sue eccellenti caratteristiche organolettiche, da salvaguardare con
la corretta gestione nutrizionale, le permettono di essere commercializzata per l’80%
con il marchio Solarelli. C’è più ottimismo
fra i soci Apofruit di Scanzano per quanto
riguarda la campagna delle albicocche, che
in quest’area vengono raccolte dai primi di
maggio fino a metà giugno. Nel Metapontino si punta infatti sulla produzione di varietà
precoci, che anticipano la campagna del
prodotto di Romagna. “Stiamo cercando di
anticipare il più possibile l’inizio della raccolta, anche facendo ricorso alle serre – spiega Giuseppe Sicuro, responsabile tecnico di
Apofruit Italia – Nonostante le temperature
sotto la media stagionale, l’annata si preannuncia normale dal punto di vista produttivo.
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Le varietà si stanno comportando come
gli altri anni, c’è una buona allegagione
e gli impianti non sembrano avere subito
danni”. Qualche preoccupazione è sorta
a seguito delle abbondanti piogge che si
sono verificate a metà aprile. “Per quanto riguarda le cultivar – conclude Sicuro
- si sta puntando a un ampliamento del
calendario di raccolta e su varietà quali
Flopria, Kioto, Margottina che, grazie alle
loro caratteristiche produttive, potrebbero
sostituire le vecchie e garantire un reddito
migliore agli agricoltori. Infine si continua a
puntare sul gruppo delle francesi, con ottime qualità organolettiche, anche se hanno una produzione alternante negli anni”.
LA pAroLA Ai proDuttori
AZ. AGRICOLA NUCERA GIUSEPPE
“Quest’anno la campagna sembrava in anticipo, poi è arrivata un’ondata di freddo inusuale per queste zone, che ha creato molto ritardo”,
dichiara Giuseppe Nucera, titolare di un’azienda di 4 ha a Scanzano,
dove produce esclusivamente fragole. “Abbiamo anche avuto problemi di umidità, che hanno impedito una normale impollinazione nei
fiori con una conseguente deformità dei frutti. Non è una buona annata, questa, abbiamo ad oggi raccolto appena 200 grammi di prodotto
per pianta. Ora però le piante in maturazione sono di bell’aspetto e
promettono una buona produzione, questo mi rincuora e mi fa sperare in una ripresa verso fine
campagna”.
AZ. AGRICOLA SURIANO GIUSEPPE
Giuseppe Suriano ha un’azienda di 18 ha divisa fra Rotondella, Policoro e Scanzano, dove produce albicocche per 14 ha. “Ho in produzione alcune varietà precoci (Ninfa per lo più e Tyrinthos) a campo
aperto e sotto serra, e una varietà più tardiva che è Orange Rubis. Oltre a queste alcune varietà che saranno produttive fra qualche anno,
impiantate nel terreno di Scanzano”. Dichiara a metà aprile: “Ad oggi
siamo a buon punto con la produzione, se tutto va bene prevediamo
di iniziare la campagna di raccolta i primi di maggio, per concluderla entro metà giugno. Sono
ottimista sui risultati di quella che si prospetta come una buona annata”.
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DAL LAZIO
notizie
Batteriosi: diffusione della malattia
nel lazio. sTrATeGie D’inTerVenTo
di Fabio Marocchi
urante la primavera abbiamo assistito alla manifestazione dei sintomi del PSA su kiwi Hayward, in modo
più ridotto come intensità nelle singole
aziende, ma in maniera più diffusa sul
territorio, con un maggior numero di
agricoltori che lamentavano la presenza
della malattia rispetto al 2011. Gli essudati quest’anno sono particolarmente
presenti sul legno di 2-3 anni e quasi
nulla è stata la presenza sui rami di un
anno, grazie anche all’andamento climatico molto asciutto della primavera e
dell’autunno scorso. La maggior parte
dei i sintomi sono senza dubbio da attribuire a infezioni di 2-3 anni fa (attacchi
su foglie e fiori) e molto probabilmente
a una gestione poco accurata nella prevenzione.
A conferma di tutto ciò, oggi si nota che
le aziende che hanno applicato determinate tecniche agronomiche, come un
apporto dei nutrienti giusto ed equilibrato tra loro, un limitato uso di fitoregolatori e una corretta difesa aerea, presentano un limitato, se non nullo, attacco
di PSA. Pertanto possiamo confermare
che le politiche di difesa intraprese, e
le indicazione che alcuni nutrienti sono
strategici per la corretta preparazione
della pianta a eventuali attacchi, sono risultate corrette e devono essere diffuse
presso gli agricoltori.
D
PSA DEL SUSINO nella foto qui sopra essudati
“freschi”, in basso a destra “PSA: su foglia”
Da sottolineare che il “Progetto qualità
kiwi”, oltre a migliorare il livello qualitativo
del kiwi, è stato il sistema pratico per opporre e diffondere una concreta barriera
alla diffusione di questo temibile batterio.
La media statistica delle aziende che hanno seguito con attenzione le indicazioni
agronomiche (in particolare la preparazione di un ramo più lignificato con la gestione dei nutrienti e dell’irrigazione) confermano che le linee tecniche indicate hanno
dato dei benefici nel contenimento e nella
riduzione dei sintomi di PSA.
Per il quarto anno consecutivo confermiamo inoltre che alcune tipologie di terreni
(pH elevato e alta disponibilità di calcio,
vedi articoli precedenti) predispongono la
pianta a una minor sensibilità della malattia con sintomatologie sempre molto contenute. In queste tipologie di suoli abbiamo ancora soci con il kiwi Zespri Gold con
una bassa presenza di infezioni.
Oltre al discorso nutritivo, ricordiamo che
il ciclo biologico della malattia nello stesso
momento termina e inizia con gli essudati,
fase detta di evasione. In condizioni favorevoli come piogge e temperature sotto i
15-16° C si possono avere nuove infezioni sui nuovi germogli (foglie, fiori, apici,
germogli) che si possono evolvere con
spot fogliari, disseccamenti dei germogli e
anche caduta di fiori. Da queste infezioni
il batterio potrebbe migrare all’interno del
legno e dare poi origine ai classici essudati
sul legno nell’anno successivo.
Grazie all’esperienza di questi 4 anni possiamo dire che contenere le infezioni primaverili è strategico per limitare nel tempo
la diffusione del PSA. Per la fase primaverile si consigliano i fertilizzanti ad azione
battericida collaterale che possono essere
alternati alle chitine, abbinati alla strategia
nutritiva. Chi volesse ulteriori informazioni
può rivolgersi all’ufficio tecnico.
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