BIMESTRALE DELLA ORGANIZZAZIONE DEI PRODUTTORI APOFRUIT ITALIA Sped. in abbonamento postale - 70% - DCB Forlì Aut. Trib. FO n. 178 del 5/4/88 - Reg. Stampa n. 10/88 Redazione e Amm.: v.le Della Cooperazione, 400 - Pievesestina, Cesena (FC) Tel. 0547 414111 - Fax 0547 414166 Stampa: Ramberti Arti Grafiche, Rimini Tel. 0541 738111 Direttore: Mirco Zanotti - Direttore Responsabile: Maurizio Magni Editing e progetto grafico: PrimaPagina - Cesena Comitato di Redazione: Mirco Zanotti, Mario Tamanti, Gianluca Balzani, Flavio Mancini, Nicola Serio, Gianluca Casadio, Gianni Ceredi, Franco Girotti, Alfonso D’Aquila, Maurizio Magni, Carlotta Benini notizie sommario Anno XX n°2 - Marzo/Aprile Duemila12 Apofruit presenta le strategie per il prossiMo biennio Valorizzazione dei marchi solarelli e Almaverde bio. Mediterraneo Group per le sinergie con i partner. più crescita qualitativa per garantire reddito ai produttori Marchio QC e certificazione GLOBAL GAP: le nuove frontiere della produzione di qualità ..................................... 3-4 Progetto qualità kiwi ........................................ 5 PAGINE TECNICHE Il diradamento chimico delle mele ..................................... 6-9 DALL’EMILIA L’asparago: un prodotto strategico per Apofruit Italia ...................................... 10 DAL METAPONTO Fragole e albicocche: al via la campagna in Metaponto ...................................... 11 DAL LAZIO Batteriosi: diffusione della malattia nel Lazio. Strategie di intervento ...................................... 12 NELLA FOTO DA SINISTRA Ernesto Fornari Direttore Canova, Ilenio Bastoni Direttore Mediterraneo Group, Renzo Piraccini AD Gruppo Apofruit, Mirco Zanotti Presidente Apofruit Italia, Mario Tamanti Direttore Apofruit Italia, Paolo Pari Direttore Almaverde Bio G uardare al futuro oltre la crisi puntando su qualità e tipicità, sviluppando e consolidando le politiche di marca e stringendo nuove alleanze con realtà produttive del settore. Apofruit Italia ha presentato ai proprio soci, nel corso di un incontro che si è svolto a fine marzo scorso presso il Centro congressi di Cesena Fiera, le strategie di sviluppo che saranno messe in campo nel corso del prossimo biennio. Politiche di marca per cogliere le opportunità del mercato, il cui scopo finale, naturalmente, è quello di assicurare più valore aggiunto al prodotto e maggiori servizi per i soci produttori. Ciò sarà possibile mettendo a frutto le capacità propositive di un Gruppo che, negli ultimi quindici anni, ha registrato una cre- scita costante, frutto di acquisizioni e fusioni con altre cooperative. Oggi queste manovre strategiche hanno portato Apofruit a una produzione di 250.000 tonnellate di prodotti ortofrutticoli ritirati dai soci, contro le 130.000 del 2000. Il valore della produzione, in dieci anni, è passato da 88 a 246 milioni di euro (di cui 60 di biologico e 30 milioni di servizi commerciali ai partner), mentre il patrimonio netto della cooperativa ha raggiunto i 102 milioni di euro. Dati che pongono Apofruit ai vertici del comparto ortofrutticolo nazionale. Ora il Gruppo punta a una crescita più qualitativa che dimensionale. Si pensa a sviluppare varietà vegetali più qualificate, con calibri e qualità gustative migliori ma, soprattutto, a valorizzare ulteriormente la 2 politica di marca come strumento per dare identità alla frutta prodotta dai soci. Dopo la positiva esperienza di Almaverde Bio, che in 12 anni di investimenti è diventato il marchio leader del biologico in Italia, il medesimo obiettivo mette ora al centro la linea Solarelli, che caratterizza i prodotti di alta qualità dei soci di Apofruit. E così - come Almaverde Bio si presenta forte di 12 partner in rappresentanza di altrettanti settori merceologici e ha pianificato una strategia di sviluppo per promuovere il biologico fuori dai circuiti tradizionali della moderna distribuzione - ora anche il marchio Solarelli apre ad altri partner specialisti nei diversi prodotti del paniere ortofrutticolo italiano e punta allo stesso risultato di mercato. Il traguardo finale è quello di portare il fatturato dei prodotti a marca propria dall’attuale 21% al 30% entro la fine del prossimo biennio. Per realizzare questo progetto viene rilanciata la Moc Mediterraneo (società nata nel 1998 per gestire un progetto di aggregazione tra realtà del sud e del nord Italia) che oggi prende il nome di “Mediterraneo Group”, alla cui presidenza è confermato Pietro Ciardiello, direttore della cooperativa Sole di Parete (CE), partner storico del gruppo Apofruit, mentre la direzione viene affidata a Ilenio Bastoni. La nuova realtà - di cui fanno già parte la Coop Sole di Parete (CE), la Coltor di Avezzano (AQ) e la Codma di Fano (PU) - si candida come “filiale” prevista dalla normativa notizie dell’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) e si apre a nuovi partner che intendono perseguire progetti comuni di valorizzazione e commercializzazione dei migliori prodotti ortofrutticoli italiani. Hanno fino ad ora aderito al progetto O.P. Terra di Bari (uva da tavola), Opo Veneto di Treviso (radicchio), F.lli Di Stasi di Potenza (broccoli e verdure a foglia), Sicilsapori di Catania (arance e limoni) e Coop Faro di Ragusa (ortaggi di serra). “Vogliamo fare di Solarelli la linea che caratterizza non solo l’eccellenza qualitativa delle produzioni del nostro gruppo – dichiara Ilenio Bastoni, neo direttore di Mediterraneo Group – ma anche lo strumento per dare un’identità alla nostra frutta. Infatti intendiamo dare una forte caratterizzazione territoriale alle nostre produzioni. Vogliamo sposare qualità e tipicità. Non venderemo indistintamente fragole, ma Candonga della Basilicata, Albion della Sila, Fragole di Romagna e, da quest’anno, inseriremo anche la fragola Sabrina della Campania”. “Intendiamo sostenere i nostri soci an- cora di più di quello che non abbiamo fatto in questi anni – aggiunge Mario Tamanti, direttore di Apofruit Italia – in questo processo di trasformazione verso l’innovazione e la qualità. Intendiamo puntare più sulla qualità che sulle quantità prodotte. In questo modo pensiamo di avere maggiori possibilità di tutelare il reddito dei nostri produttori”. “Siamo convinti che la crisi passerà e vogliamo essere pronti a cogliere le opportunità che si presenteranno - conclude Renzo Piraccini, amministratore delegato del Gruppo - Siamo orgogliosi della natura di impresa cooperativa di primo grado che caratterizza Apofruit, un’identità che ci permette di essere vicini ai nostri soci produttori, e vogliamo mantenerla, ma intendiamo anche sfruttare le sinergie che solo la condivisione con altre imprese può consentire. L’obiettivo, che non è solo commerciale ma strategico, è di portare il fatturato dei prodotti a marchio a 70 milioni di euro entro il 2013”. 3 Marchio QC e certificazione GlobAl GAp: le nuove frontiere della produzione di qualità oggi la totalità della produzione di Apofruit è costituita da prodotto a Qualità Controllata. la nuova frontiera è rappresentata dalla certificazione Global Gap, che contiene parametri relativi anche alla conduzione aziendale I l marchio QC - Qualità Controllata garantisce le produzioni agroalimentari ottenute attraverso metodologie di produzione integrata che rispettano l’ambiente e la salute dell’uomo, attraverso basse quantità di residui, un uso limitato di antiparassitari, concimi e acqua, limitando l’impiego di prodotti chimici. È un marchio introdotto alla fine degli anni ‘80 dalla Regione Emilia-Romagna, il cui utilizzo è concesso a quelle imprese di produzione, di trasformazione, di commercializzazione che si impegnano a rispettare gli appositi disciplinari di produzione integrata. “La nostra cooperativa ha fatto la sua prima esperienza con la produzione integrata con le fragole, con una produzione di 3 mila quintali, per testare la lotta biologica contro insetti come afidi e ragno rosso - dichiara Piero Turroni di Apofruit Italia - Questo discorso poi si estese gradualmente ad altre colture. Con il passare degli anni queste misure, che già alla loro introduzione sono risultate altamente innovative, hanno permesso di valorizzare un prodotto di qualità a garanzia della salvaguardia ambientale, della salute dei consumatori e degli operatori agricoli. Per questo ben presto tutti i nostri soci hanno adottato questo sistema, tanto che oggi abbiamo raggiunto l’ormai totalità delle aziende che producono a lotta integrata”. “Praticamente oggi non esiste più il prodotto convenzionale - sottolinea il presidente di Apofruit Italia, Mirco Zanotti - tutta la nostra frutta è prodotta seguendo le linee guida della produzione integrata. Si tratta infatti di un sistema produttivo ottimale per una moderna frutticoltura, che garantisce il rispetto delle normative vigenti e future, e che permette, lo sottolineiamo, di accedere ai contributi OCM senza sforzi particolari. In futuro potrà permettere di accedere anche ai contributi previsti dalla PAC”. Questo sistema produttivo è stato adottato dalla Grande Distribuzione italiana ed europea come requisito standard per il proprio approvvigionamento di prodotti. Con il passare del tempo, poi, da parte della clientela sono state introdotte delle richieste specifiche che in alcuni casi superavano gli standard della produzione integrata, andando 4 a coprire degli aspetti relativi alla conduzione dell’azienda stessa, come la sicurezza, la residualità degli antiparassitari, le tecniche di irrigazione, le modalità di raccolta e i trattamenti post raccolta. In funzione di questi cambiamenti, quindi, l’evoluzione dell’azienda agricola oggi è rappresentata non solo dall’adozione di linee di difesa, ma anche di linee guida che seguono tutta la filiera del prodotto, dalla raccolta alla spedizione. Queste linee guida sono racchiuse nella certificazione Global Gap, un protocollo che definisce le buone pratiche agricole (“Good Agricultural Practice”) relative agli elementi essenziali per lo sviluppo delle migliori tecniche applicabili ad aziende agricole, coltivazioni e prodotti della terra. In conclusione, quindi, la produzione di Apofruit Italia oggi si differenzia in due tipi di prodotto: quello biologico, che segue le sue specifiche linee guida, e il prodotto convenzionale, che è tutto a produzione integrata. All’interno di questo, una parte di aziende sono anche certificate secondo le linee guida Global Gap, le quali - si ricorda - possono essere applicate anche alle aziende bio. “Oggi numerosi clienti ci chiedono prodotto proveniente da aziende certificate Global Gap o comunque con gli stessi standard produttivi – notizie precisa il presidente di Apofruit Italia Mirco Zanotti - La produzione intergrata è diventata ormai un pre-requisito, dal 2014 diventerà obbligatoria per tutte le aziende. Noi la consideriamo come lo standard di base, per differenziare poi quella produzione che segue anche le linee guida previste dalla certificazione Global Gap. Considerare il prodotto di produzione integrata come la base di tutta la nostra produzione comporta anche una semplificazione dell’attività vera e propria, in quanto non ci sono più differenze fra i soci. Questo tuttavia non vuol dire che non verranno più effettuati dei controlli: proseguiremo infatti con l’impostazione già adottata per continuare a garantire il rispetto di regole e disciplinari”. Per tenere aggiornati tutti i soci su quelle che sono linee tecniche di di- fesa adottate dalla cooperativa viene fatta, da parte di Apofruit Italia, una costante attività di formazione e informazione; le linee tecniche e i consigli operativi sono tutti racchiusi in una pubblicazione che viene aggiornata di anno in anno e spedita ai soci. “Ora il nostro obiettivo – conclude Piero Turroni – è quello di portare un numero crescente di aziende di medio/grandi dimensioni, che hanno un rinnovamento produttivo importante, che tengono sotto controllo tutte le strutture produttive dell’azienda, alla certificazione Global Gap. Un protocollo che, adottato opportunamente, è in grado di soddisfare i requisiti richiesti da un crescente numero di clienti che sono rappresentati dalla Grande Distribuzione italiana ed europea”. 5 progetto qualità kiwi primi riscontri dopo un anno di applicazione a cura di Piero Turroni ll’inizio del 2011, con l’aggravarsi della batteriosi dell’actinidia (PSA) abbiamo fatto alcune riflessioni che ci hanno portato a concludere che non ci sono, per il momento, mezzi o sistemi che possano permetterci di curare o prevenire in modo certo questa malattia. Pensiamo quindi che avere una pianta che non venga spinta con concimazioni eccessive, la cui produzione non venga quantitativamente esasperata e, in generale, che sia gestita preservando soprattutto il suo equilibrio naturale, possa predisporre la pianta stessa a una maggiore resistenza alla batteriosi e quindi consentirle di essere meno suscettibile all’ingresso e sviluppo di questo batterio. Riteniamo che i frutti prodotti da una pianta in queste condizioni possano avere una qualità gustativa superiore rispetto ad altri e avere quindi le caratteristiche giuste per essere collocati in una fascia di mercato che richiede particolari caratteristiche gustative. Premesso ciò, abbiamo quindi individuato nel contenuto della sostanza secca - dalla quale si originano gli zuccheri, che sono a loro volta quasi interamente responsabili del buon sapore del frutto - il parametro da misurare per differenziare la qualità del kiwi. Abbiamo venduto ad oggi circa i 2/3 A della produzione raccolta nel novembre 2011 e possiamo per ora affermare che la risposta del mercato è stata sufficientemente positiva. Queste conferme ci inducono a proseguire sulla stessa linea strategica adottata lo scorso anno, con l’introduzione di quello che abbiamo chiamato il “Progetto qualità kiwi”, apportando magari alcune modifiche che potrebbero ulteriormente qualificare il nostro prodotto e avviarci quindi verso la campagna 2012 rinfrancati dai positivi risultati conseguiti fino ad oggi, con l’auspicio che questi si confermino o, ancor meglio, che possano migliorare. Durante i mesi invernali abbiamo organizzato specifici incontri con i nostri soci in cui abbiamo illustrato le ricerche nostre e di altri, trovando una notevole assonanza di risultati e che ci inducono a pensare che la strada intrapresa sia quella giusta. Un’ultima cosa va sottolineata parlando di indicazioni produttive e nutrizionali da fornire ai soci in merito al Progetto qualità kiwi: Apofruit ritira il prodotto da zone molto diverse (Veneto, Romagna e Lazio) e in condizioni agronomiche spesso differenti anche all’interno della stessa regione, pertanto non è possibile emanare delle indicazioni di nutrizione identiche per tutte le aziende agricole. Invitiamo quindi tutti i soci interessati a prendere contatti con il proprio ufficio tecnico di riferimento, per studiare insieme un opportuno piano di nutrizione, che favorisca l’accumulo di maggiore quantità di sostanza secca e nel contempo predisponga la pianta a una migliore resistenza alla batteriosi. I dettagli del progetto sono stati illustrati nel corso di tre assemblee di cui sono stati informati i soci produttori che si sono svolte a metà aprile. Il progetto prevede che gli interessati si impegnino con un atto formale a seguire le indicazioni della cooperativa. Si ricorda quindi che tale impegno deve essere siglato entro il mese di maggio prendendo contatti con l’ufficio tecnico della cooperativa. 6 PAGINE TECNICHE notizie il diradamento chimico delle Mele Un’operazione colturale fondamentale per avere un prodotto di qualità di Gianni Ceredi a oltre un decennio gli operatori agricoli della nostra cooperativa stanno orientando con maggiore decisione le loro scelte produttive verso prodotti autunno-invernali che ad oggi rappresentano circa il 50% della frutta commercializzata da Apofruit. In tale contesto i frutteti di mele denominate di qualità (Pink Lady, Rosy Glow, Fuji e Modì) con i loro complessivi 300 ettari di impianti specializzati, costituiscono una voce di grande importanza sia come fonte di reddito per gli agricoltori che come opportunità commerciale per la nostra azienda. A supporto di questo rinnovato indirizzo produttivo, il settore tecnico ha saputo mettere a punto sistemi e pratiche colturali adeguate: dall’impiantistica alla nutrizione idrica e minerale, dalla difesa fitosanitaria alla gestione delle potature. In tale ambito la complessa pratica del diradamento chimico dei frutti ha richiesto una pluriennale attività di sperimentazione finalizzata alla conoscenza e messa a punto delle variabili in grado di condizionare l’esito di questa operazione colturale. La pratica del diradamento dei frutti nasce dal fatto, banale ma che è giusto rammentare, che le potenzialità produttive di molte specie frutticole, intese come generosità nella fioritura e capacità di allegagione, sono assolutamente imponenti. Se queste D fossero assecondate senza alcun intervento si avrebbero due risultati certi: produzioni da record, in termini quantitativi, di frutta da destinare all’industria e depauperamento delle capacità produttive degli impianti, che entrerebbero in alternanza. Nella tabella 1, a titolo di esempio, viene sintetizzato quanto detto, riportando per alcune varietà di mele i dati raccolti negli anni di sperimentazione, con riferimento alle potenzialità produttive della tesi “testimone” ovvero non diradata. La capacità produttiva di un meleto deve essere pertanto necessariamente gestita e orientata in maniera tale da individuare un giusto bilanciamento tra quantità e qualità, laddove con qualità si intendono pezzatura e colorazione dei frutti, accompagnata da un adeguato equilibrio vegeto-produttivo del frutteto. E’ noto come questi parametri qualitativi siano condizionabili anche attraverso altre pratiche colturali come potature e concimazioni, tuttavia la correlazione tra questi e la massa di frutti sostenuti da una pianta è netta e inequivocabile. L’impiego dei fitoregolatori Decaduto da tempo l’impiego del carbaryl, le sostanze attive attualmente impiegabili per il diradamento chimico delle mele appartengono al gruppo dei fitoregolatori, auxine e citochinine. Queste molecole agiscono sui processi di distensione e moltiplicazione cellulare, pertanto la loro attività è influenzata dalla condizione vegetativa e produttiva delle piante, dal loro stato nutrizionale e dalle condizioni climatiche in cui si opera. Le piante di melo, come noto, possiedono un’intrinseca capacità nel PAGINE TECNICHE regolare le proprie potenzialità produttive. Questa si esprime con una spontanea cascola di frutticini durante il mese di maggio e giugno e trova le proprie cause fisiologiche nel fatto che le piante, attraverso la fotosintesi, producono elaborati che vengono attratti dai frutti e dai germogli. Si crea di conseguenza una naturale competizione tra lo sviluppo vegetativo della pianta e quello riproduttivo dei frutti tra i quali si determina una gerarchia nella crescita, con alcuni di essi che acquisiscono maggiore forza e altri che si indeboliscono e sono destinati alla cascola. Le sostanze ad azione fitoregolatrice si inseriscono in questo processo di competizione, accentuandone la portata. Le esperienze maturate attraverso l’attività sperimentale hanno interessato le varietà del gruppo Pink LadyRosy Glow, Fuji e Modì e sono state costantemente condotte con due formulazioni commercialmente note come Amid Thin® e Exilis® rispettivamente a base di NAD al 8.4% (amide dell’acido alfa-naftalenacetico) e 6BA (6-benziadenina al 2.0%). Ovviamente sono disponibili altri prodotti in commercio, ma per esigenze sperimentali, legate alla necessità di confrontare i dati nei diversi anni, ci si è attenuti all’impiego dei citati prodotti. Le variabili che possono condizionare l’efficacia diradante dei fitoregolatori e che sono state oggetto di osservazione sono: epoca di impiego, dose di applicazione, strategia di interven- to, aggiunta di oli minerali a diversi dosaggi con funzione bagnante-adesivante. NAD (AMID THIN®) e 6 benziladenina (Exilis®): consigli per l’uso Gli impieghi di 6BA e di NAD sono confinati in epoche specifiche che non possono essere confuse. L’amide (NAD) infatti, essendo un auxina e quindi uno stimolatore della moltiplicazione cellulare, viene applicata in una fase molto precoce della crescita del frutticino, che segue la fioritura e l’allegagione. Orientativamente nelle nostre zone di pianura si interviene quando il diametro prevalente dei frutti posti su legno di due anni è di 4-5 mm. Il prodotto esprime il migliore equilibrio nella propria potenzialità diradante, con temperature tra i 15 e i 20 C° e in condizioni che ne consentano un regolare assorbimento da parte della pianta, ovvero elevata umidità relativa e moderata insolazione. L’efficacia diradante di NAD può essere potenziata, modulando su alcuni elementi come la dose di impiego (fino a 1.2 kg per ettaro, rispettando ovviamente le prescrizioni in etichetta) o addizionando olio minerale da 1.5 a 5 kg per ettaro. Esprimendo la potenzialità diradante, come riduzione percentuale sia di mazzetti fiorali allegati che di frutticini per mazzetto, l’amide non raggiunge valori particolarmente elevati, attestandosi su un 10% di contrazione sia dei mazzetti allegati che del numero di frutti per mazzetto. Non si tratta dunque di uno 7 strumento a cui affidare esclusivamente il diradamento chimico, tuttavia essa si presta ottimamente a integrare l’impiego di altri prodotti. Nella pianificazione di una strategia l’impiego dell’amide rappresenta un ottimo punto di partenza in grado di “preparare” la pianta all’azione successiva della 6-benziladenina, creando un effetto sinergico con essa e migliorando l’uniformità della distribuzione dei frutti sulla pianta. Il suggerimento che emerge dalle esperienze sperimentali è dunque quello di non trascurare sulle varietà del gruppo Pink Lady – Rosy Glow e Modì l’impiego di amide, mentre per ragioni legate allo sviluppo di frutti pigmei tale fitoregolatore deve essere rigorosamente omesso sulla varietà Fuji. La 6-benziladenina (Exilis®) appartiene al gruppo delle citochinine, cioè a quei fitoregolatori che stimolano la crescita delle cellule. La sua fase di impiego si colloca quindi in un periodo successivo all’amide, esattamente quando i frutticini iniziano a crescere. L’efficacia diradante conseguita con 6-BA dipende dalla varietà su cui si lavora e da alcune variabili applicative come il diametro dei frutti su cui si interviene, la dose di impiego, l’aggiunta di olio minerale, l’inserimento o meno in strategia dell’amide. Entrando nel dettaglio: Pink lady - Rosy glow Su queste varietà 6-BA impiegata da sola, senza essere preceduta dal trattamento con amide, riduce mediamente il numero di mazzetti fiorali 8 PAGINE TECNICHE DIRADAMENTO MECCANICO DEI FIORI una potenziale alternativa allegati di circa il 10% e dei frutti per mazzetto di un 15-20%. Se, tuttavia, essa viene utilizzata in successione ad amide, l’efficacia diradante sale per entrambi i parametri considerati al 30%. La strategia amide/6-benziladenina in sequenza si conferma dunque come la più adeguata; su questa impostazione si può spingere verso una maggiore o minore capacità diradante dei trattamenti, modulando su alcune variabili applicative. In particolare, dal punto di vista sperimentale, si è evidenziata una variazione dell’efficacia diradante nel senso di quanto esemplificato in tabella 2. Nell’ambito delle valutazioni sperimentali è stata presa in considerazione anche l’opzione che prevedeva il notizie doppio intervento con 6-BA rispettivamente a 8 e 12 mm di diametro dei frutticini e alla dose di 3.5 litri/ettaro di Exilis® per ciascun intervento. L’esito di questa strategia è ancora soddisfacente, tuttavia, non intervenendo precocemente con amide in post-fioritura, la presenza di mazzetti fiorali allegati può risultare eccessiva. Modì Le esperienze su questa varietà sono progredite negli ultimi tre anni su impianti non ancora in fase di maturità produttiva, pertanto i risultati ottenuti mantengono un certo margine di incertezza. Le strategie applicate, i formulati commerciali, le dosi di impiego e di momenti di intervento ricalcano esattamente quanto visto e detto per le varietà del gruppo Pink Lady – Rosy Glow. Anche su questa varietà l’applicazione di amide (Amid Thin) seguita da 6-BA (Exilis®), rispettivamente a 4-5 e 10-12 mm di diametro dei frutticini, sembra rappresentare la strategia migliore, tuttavia l’efficacia diradante non pare raggiungere sempre valori ottimali, lasciando ancora troppi frutti sulle piante. Sulle variabili applicative prese in considerazione si rimanda anche per Modì alla tabella 2, mentre la media dei risultati delle prove effettuate viene riepilogata in estrema sintesi in tabella 3. Fuji L’impiego di amide (Amid Thin) su questa varietà, come già ricordato, non è praticabile, in quanto determina la produzione di frutti “pigmei” che, pur non cascolando, arrestano la loro crescita in una fase molto precoce di questa. Il fenomeno dei frutti “pigmei” ricorre su Fuji anche con l’impiego della forma acida dell’amide, che parimenti non può essere impiegata, così come si evidenzia con lo stesso uso di 6-BA se applicata ad un diametro dei frutticini superiore ai 13 mm. Fissati questi paletti, possiamo comunque ottimamente lavorare con 6-benziladenina a diversi dosaggi, momenti e soluzioni di intervento e addizionando o meno oli minerali. I risultati ottenuti attraverso l’esecuzione di un unico intervento di Exilis® sono riportati in tabella 4. Anche in questa condizione l’effetto “dose” è trascurabile passando da 8 a 12 litri/ ettaro, mentre si apprezza un incremento dell’effetto diradante sia lavorando su frutti più piccoli (12>10>8 mm), che aumentando la dose di olio minerale impiegata (da 1.5 a 5.0 kg/ ettaro). Le esperienze sperimentali ci inducono a prediligere la soluzione strategica che prevede il doppio intervento con 6-BA, sia per esprimere una maggiore potenzialità diradante, che per ottenere una migliore uniformità di distribuzione dei frutti. Tale opzione si sviluppa attraverso un primo intervento a 8 mm di diametro dei frutticini con 8 litri/ettaro di formulato Exilis®, seguito da un secondo intervento a 12 mm e con 4 litri/ettaro del medesimo formulato. I risultati medi ottenuti con tale strategia sono esemplificati in tabella 5. Un aspetto strettamente correlato all’efficacia del diradamanto chimi- PAGINE TECNICHE co è rappresentato dalle condizioni termiche in cui si opera. E’ evidente che questa variabile non è in alcun modo condizionabile, tuttavia è molto importante che venga tenuta in debito conto se non altro per interpretare certi risultati inattesi o eventualmente per agire su quelle variabili applicative di cui si è parlato precedentemente (dosi, momenti di intervento, aggiunta di olii minerali ecc..) in senso rafforzativo dell’efficienza diradante. Per esemplificare quanto detto è sufficiente confrontare le prove condotte 9 su Fuji nel biennio 2010-2011, dove tutte le tesi confrontate hanno accusato un crollo dell’efficacia diradante imputabile sostanzialmente alle temperature sensibilmente più contenute registrate nel periodo post fiorale durante il 2011. Tabella 1 – Potenzialità produttive di piante non diradate Varietà % media di mazzetti fiorali allegati n. medio di frutti Frutti per pianta per mazzetto fiorale Produzione per pianta Peso medio per frutto Pink lady 94.6 1.70 265 40.8 kg 154.0 Fuji 94.5 1.98 336 42.9 kg 131.2 Tabella 2 – Influenza della modulazione di alcune variabili applicative nel diradamanto di Pink lady, Rosy glow e Modì Variabili Intervallo di valori Effetto Dose di impiego di exilis® 5>7 l/ettaro Trascurabile Diametro dei frutticini 10>12 mm Tendenziale riduzione dell’efficacia diradante Dose di impiego di olio minerale 1.5>5.0 kg/ha Tendenziale incremento dell’efficacia diradante Tabella 3 – Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Modì impiegando NAD + 6BA Potenzialità produttive Tesi/strategia Mazzetti allegati (%) Frutti/mazzetto Frutti pianta Testimone 84.0 1.45 144 Intervento con NAD + 6BA 63.7 (-24.2 ) 1.24 (-14.5) 105 (-30.8) Tabella 4 - Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Fuji adottando 6BA in un’unica soluzione Potenzialità produttive Tesi/strategia Mazzetti allegati (%) Frutti/mazzetto Frutti pianta Testimone 94.5 1.98 336 Unico intervento con 6BA 79.9 (-15.4 ) 1.58 (-19.9) 222 (-33.8) Tabella 5 - Valori dell’efficacia diradante ottenuti su varietà Fuji adottando 6BA in doppia soluzione Potenzialità produttive Tesi/strategia Mazzetti allegati (%) Frutti/mazzetto Frutti pianta Testimone 94.5 1.98 336 Doppio intervento con 6BA 69.2 (-26.7 ) 1.41 (-28.8) 161 (-52.1) 10 DALL’EMILIA notizie L’asparago: un prodotto strategico per ApofrUiT iTAliA di Franco Girotti a sempre considerato un prodotto orticolo di pregio, l’asparago annovera tra le sue peculiarità un ciclo vegetativo e un periodo di commercializzazione alquanto brevi. Negli ultimi anni la produzione europea si è concentrata prevalentemente in Germania (asparago bianco), mentre in Italia la coltura - che agli inizi del ‘900 era concentrata particolarmente in Emilia Romagna e Veneto - oggi è diffusa su quasi tutto il territorio nazionale. Apofruit attualmente ritira e commercializza circa 7.000 quintali di prodotto e gli asparagi dei soci vengono interamente convogliati presso lo stabilimento di Altedo, provenienti dalle diverse zone di ritiro dislocate sul territorio nazionale: oltre che dal bolognese e dai comuni ferraresi di Comacchio, Mesola, Codigoro, il prodotto arriva in Emilia anche dai soci del Metaponto, del viterbese e da qualche anno in quantità sempre più consistenti anche dalla Puglia (provincia di Foggia). Il prodotto viene consegnato dai soci produttori in mazzi oppure alla rinfusa, in questo caso prima di essere posto nei vari tipi di imballaggio subisce la lavorazione a macchina per selezionare le diverse classi di calibro. Viene poi lavato e confezionato per essere inviato prevalentemente alla GDO nazionale ma anche estera. D Mentre nelle zone del centro-sud Italia le varietà utilizzate sono quasi esclusivamente di costituzione californiana, in Emilia Romagna coltiviamo in prevalenza ibridi di costituzione italiana, che rappresentano il frutto del miglioramento genetico e della sperimentazione varietale portati avanti da oltre un trentennio dall’istituto sperimentale per l’orticoltura di Montanaro Lombardo (Lodi). Ercole, Franco, Eros, e da quest’anno Giove, sono ibridi ottenuti partendo da materiale genetico proveniente dalle coltivazioni di asparago Argentuil di Altedo. Dal punto di vista agronomico, le coltivazioni dei nostri soci sono per la quasi totalità in “pieno campo”, è però doveroso segnalare l’iniziativa dell’az. Aquilani di Montalto di Castro (Viterbo) che da due anni coltiva l’asparago in coltura protetta, utilizzando piccoli tunnel plastici, su circa un ettaro di terreno, ottenendo un marcato anticipo di alcune settimane sull’epoca tradizionale di raccolta, consentendogli di spuntare prezzi certamente più elevati. Nonostante si stia attraversando un momento di crisi dei consumi, l’asparago mantiene a livello nazionale le sue posizioni per quel che concerne le superfici coltivate, mentre dal punto di vista commerciale rimane un prodotto certamente interessante per la cooperativa, e riteniamo anche per l’azienda agricola, a patto che sia pronta a cogliere le nuove proposte che si presentano sotto l’aspetto innovativo. LA pAroLA Ai proDuttori AZ. AGRICOLA AQUILANI ARMANDO Armando Aquilani è titolare di una grande azienda agricola a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo: dei 180 ettari di terreno, 7 sono destinati alla produzione di asparagi. Da due anni Aquilani ha introdotto la coltura protetta, utilizzando piccoli tunnel plastici su mezzo ettaro di terreno. “L’asparago prodotto sotto tunnel anticipa di circa 20 giorni quello prodotto a campo aperto e in questo modo ci permette di spuntare un prezzo maggiore – spiega – Ho notato, poi, che beneficiano della copertura anche le file che restano scoperte fra un tunnel e l’altro. Sebbene con questi metodi riusciamo ad ottenere un migliore collocamento del prodotto sul mercato, quest’anno la campagna è partita comunque con prezzi bassi, infatti a metà aprile si spuntano prezzi al di sotto dei 5 euro al kg. Speriamo in una ripresa”. DAL METAPONTO Fragole e albicocche: al via la campagna in MeTAponTo L a campagna di fragole del Metaponto quest’anno è a rilento a causa delle condizioni climatiche anomale, con un inverno che si è protratto a lungo portando con sé temperature sotto la media stagionale. Al 10 aprile sono stati ritirati 3.600 quintali di prodotto, la raccolta è stata inferiore del 30-35% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Il freddo primaverile non giova alla coltura della fragola - spiega Antonio Rubolino, responsabile d’area di Apofruit Italia - Nelle prime ore del mattino a metà aprile avevamo ancora temperature di poco sopra lo zero: con queste condizioni è difficile che la campana si sviluppi come dovrebbe. Tuttavia i campi promettono di dare un prodotto di buona qualità”. La chiusura della campagna delle fragole si prevede intorno all’8-10 giugno. “Ora bisogna vedere se, da qui fino alla fine del raccolto, riusciremo a recuperare i quantitativi in difetto – continua Rubolino - Un altro fattore incoraggiante, che ci fa ben sperare in una ripresa della campagna, è il fatto che non ci siano tante fragole sul mercato. Speriamo che i prezzi che stiamo spuntando in questo momento siano in grado di compensare una campagna caratterizzata da una resa produttiva inferiore rispetto agli altri anni”. Per quanto riguarda le varietà di fragole coltivate in Metaponto, la Candonga di Basilicata continua ad essere il prodotto principe della campagna. Le sue eccellenti caratteristiche organolettiche, da salvaguardare con la corretta gestione nutrizionale, le permettono di essere commercializzata per l’80% con il marchio Solarelli. C’è più ottimismo fra i soci Apofruit di Scanzano per quanto riguarda la campagna delle albicocche, che in quest’area vengono raccolte dai primi di maggio fino a metà giugno. Nel Metapontino si punta infatti sulla produzione di varietà precoci, che anticipano la campagna del prodotto di Romagna. “Stiamo cercando di anticipare il più possibile l’inizio della raccolta, anche facendo ricorso alle serre – spiega Giuseppe Sicuro, responsabile tecnico di Apofruit Italia – Nonostante le temperature sotto la media stagionale, l’annata si preannuncia normale dal punto di vista produttivo. 11 Le varietà si stanno comportando come gli altri anni, c’è una buona allegagione e gli impianti non sembrano avere subito danni”. Qualche preoccupazione è sorta a seguito delle abbondanti piogge che si sono verificate a metà aprile. “Per quanto riguarda le cultivar – conclude Sicuro - si sta puntando a un ampliamento del calendario di raccolta e su varietà quali Flopria, Kioto, Margottina che, grazie alle loro caratteristiche produttive, potrebbero sostituire le vecchie e garantire un reddito migliore agli agricoltori. Infine si continua a puntare sul gruppo delle francesi, con ottime qualità organolettiche, anche se hanno una produzione alternante negli anni”. LA pAroLA Ai proDuttori AZ. AGRICOLA NUCERA GIUSEPPE “Quest’anno la campagna sembrava in anticipo, poi è arrivata un’ondata di freddo inusuale per queste zone, che ha creato molto ritardo”, dichiara Giuseppe Nucera, titolare di un’azienda di 4 ha a Scanzano, dove produce esclusivamente fragole. “Abbiamo anche avuto problemi di umidità, che hanno impedito una normale impollinazione nei fiori con una conseguente deformità dei frutti. Non è una buona annata, questa, abbiamo ad oggi raccolto appena 200 grammi di prodotto per pianta. Ora però le piante in maturazione sono di bell’aspetto e promettono una buona produzione, questo mi rincuora e mi fa sperare in una ripresa verso fine campagna”. AZ. AGRICOLA SURIANO GIUSEPPE Giuseppe Suriano ha un’azienda di 18 ha divisa fra Rotondella, Policoro e Scanzano, dove produce albicocche per 14 ha. “Ho in produzione alcune varietà precoci (Ninfa per lo più e Tyrinthos) a campo aperto e sotto serra, e una varietà più tardiva che è Orange Rubis. Oltre a queste alcune varietà che saranno produttive fra qualche anno, impiantate nel terreno di Scanzano”. Dichiara a metà aprile: “Ad oggi siamo a buon punto con la produzione, se tutto va bene prevediamo di iniziare la campagna di raccolta i primi di maggio, per concluderla entro metà giugno. Sono ottimista sui risultati di quella che si prospetta come una buona annata”. 12 DAL LAZIO notizie Batteriosi: diffusione della malattia nel lazio. sTrATeGie D’inTerVenTo di Fabio Marocchi urante la primavera abbiamo assistito alla manifestazione dei sintomi del PSA su kiwi Hayward, in modo più ridotto come intensità nelle singole aziende, ma in maniera più diffusa sul territorio, con un maggior numero di agricoltori che lamentavano la presenza della malattia rispetto al 2011. Gli essudati quest’anno sono particolarmente presenti sul legno di 2-3 anni e quasi nulla è stata la presenza sui rami di un anno, grazie anche all’andamento climatico molto asciutto della primavera e dell’autunno scorso. La maggior parte dei i sintomi sono senza dubbio da attribuire a infezioni di 2-3 anni fa (attacchi su foglie e fiori) e molto probabilmente a una gestione poco accurata nella prevenzione. A conferma di tutto ciò, oggi si nota che le aziende che hanno applicato determinate tecniche agronomiche, come un apporto dei nutrienti giusto ed equilibrato tra loro, un limitato uso di fitoregolatori e una corretta difesa aerea, presentano un limitato, se non nullo, attacco di PSA. Pertanto possiamo confermare che le politiche di difesa intraprese, e le indicazione che alcuni nutrienti sono strategici per la corretta preparazione della pianta a eventuali attacchi, sono risultate corrette e devono essere diffuse presso gli agricoltori. D PSA DEL SUSINO nella foto qui sopra essudati “freschi”, in basso a destra “PSA: su foglia” Da sottolineare che il “Progetto qualità kiwi”, oltre a migliorare il livello qualitativo del kiwi, è stato il sistema pratico per opporre e diffondere una concreta barriera alla diffusione di questo temibile batterio. La media statistica delle aziende che hanno seguito con attenzione le indicazioni agronomiche (in particolare la preparazione di un ramo più lignificato con la gestione dei nutrienti e dell’irrigazione) confermano che le linee tecniche indicate hanno dato dei benefici nel contenimento e nella riduzione dei sintomi di PSA. Per il quarto anno consecutivo confermiamo inoltre che alcune tipologie di terreni (pH elevato e alta disponibilità di calcio, vedi articoli precedenti) predispongono la pianta a una minor sensibilità della malattia con sintomatologie sempre molto contenute. In queste tipologie di suoli abbiamo ancora soci con il kiwi Zespri Gold con una bassa presenza di infezioni. Oltre al discorso nutritivo, ricordiamo che il ciclo biologico della malattia nello stesso momento termina e inizia con gli essudati, fase detta di evasione. In condizioni favorevoli come piogge e temperature sotto i 15-16° C si possono avere nuove infezioni sui nuovi germogli (foglie, fiori, apici, germogli) che si possono evolvere con spot fogliari, disseccamenti dei germogli e anche caduta di fiori. Da queste infezioni il batterio potrebbe migrare all’interno del legno e dare poi origine ai classici essudati sul legno nell’anno successivo. Grazie all’esperienza di questi 4 anni possiamo dire che contenere le infezioni primaverili è strategico per limitare nel tempo la diffusione del PSA. Per la fase primaverile si consigliano i fertilizzanti ad azione battericida collaterale che possono essere alternati alle chitine, abbinati alla strategia nutritiva. Chi volesse ulteriori informazioni può rivolgersi all’ufficio tecnico.