MANUALE DI COLTIVAZIONE E PRIMA LAVORAZIONE DELLA GINESTRA PER USO TESSILE
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Questo volume è stato realizzato dall’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche nell’ambito del Progetto “LAMMA­Test Tecnologie per il Sistema Tessile” finanziato dalla Regione Toscana, Dipartimento Sviluppo Economico, Area Politiche Regionali dell’Innovazione e della Ricerca
Si ringraziano l’Unione Europea ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Responsabile Del Progetto:
Giampiero Maracchi Coordinamento:
Laura Bacci
Alfonso Crisci
Antonio Raschi
Gruppo Di Lavoro:
Laura Bacci
Silvia Baronti
Francesca Camilli
Alessandra Colombo
Alfonso Crisci
Mario Lanini
Marco Morabito
Antonio Raschi
Massimo Viti
Supervisione dell’Attività Progettuale
Simone Sorbi
Regione Toscana, Dipartimento Sviluppo Economico, Area Politiche Regionali dell’Innovazione e della Ricerca
Ideazione, Coordinamento e Realizzazione Dei Testi
Laura Bacci
Silvia Baronti
Luciana Angelini
Progetto Grafico e Impaginazione: Fabio Pisacane per la Fp Design
Realizzazione editoriale: Federighi Colorgrafiche srl
Si ringrazia per la collaborazione:
CNA Artigianato pratese CIA Confederazione Italiana Agricoltori di Prato 2
Grado° zero space www.gzespace.com
ISBN 88­901460­4­4
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“…Odorata ginestra,
contenta dei deserti. Anco ti vidi
de' tuoi steli abbellir l'erme contrade..”
La Ginestra (G.Leopardi)
Etimologia:
Spartium: il nome deriva dal greco sparton o spartion con il quale i Greci denominavano diverse piante a forma di giunco.
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Maggio 2006
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PREFAZIONE
L’industria tessile rappresenta una delle più lunghe e più complesse catene produttive nel settore manifatturiero. Partendo dai recenti cattivi risultati economici del tessile italiano, non è difficile delineare uno scenario futuro che metterà sempre più in difficoltà il sistema delle piccole e medie imprese tessili italiane. La concorrenza dei paesi emergenti diventa, infatti, sempre più accesa e lo sviluppo delle nuove tecnologie di comunicazione fa facilmente prevedere una loro penetrazione capillare nei nostri mercati. Nei prossimi anni lo scenario che si delinea sposta le produzioni di massa a basso valore aggiunto verso quei paesi dove il costo del lavoro è quasi trenta volte più basso rispetto a quello dell’Europa. Tale dato rende evidente la necessità di indirizzarsi verso produzioni ad alto valore aggiunto dove il marchio, la tracciabilità e l’innovazione costituiscano un’alternativa forte, sul lato della qualità, a tali prodotti a basso costo. D’altro canto gli scenari a quindici o venti anni evidenziano che nei paesi industrializzati sta aumentando la richiesta di materiali naturali, derivati dalle fibre vegetali, non pericolosi per la salute e riciclabili. Le fibre naturali possono, quindi, offrire all'industria nuove opportunità e nuove scelte. II loro carattere “innovativo” e la loro immagine positiva hanno risvegliato l'interesse di un gran numero d’aziende nei più svariati settori dell'economia. Anche la relativa possibilità di creare nuovi posti di lavoro nel settore primario non è da trascurare: oggigiorno, infatti, l'agricoltura deve affrontare problemi di sovrapproduzione dei prodotti agricoli a destinazione alimentare, con prezzi in discesa libera. La produzione di fibre naturali rinnovabili offre nuove opportunità senza dover correre dei rischi sconosciuti. In linea generale, infatti, è noto come coltivare le piante da fibra locali, poiché la loro produzione è stata abbandonata solo da qualche decennio. È per tale motivo che nell’ambito del progetto Lamma­test è iniziata la realizzazione di una serie di manuali sulla coltivazione e lavorazione delle piante da fibra che possono risultare utili prima di tutto per i coltivatori ma anche per gli enti pubblici e privati interessati ad investire nel settore. La scelta di percorrere la strada di ricostruzione o realizzazione ex­novo di una filiera tessile deve necessariamente essere accompagnata da altre valutazioni quali la possibilità di creare marchi “locali” che identifichino il capo di abbigliamento come proveniente da una filiera completamente svolta in un certo territorio e l’organizzazione e svolgimento di una diffusa attività di comunicazione perché nei consumatori la consapevolezza già sviluppata nel settore alimentare si estenda anche al settore tessile. IL RESPONSABILE DEL PROGETTO
(Prof. Giampiero Maracchi)
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INDICE
1. CENNI STORICI SULL’UTILIZZAZIONE DELLA GINESTRA................................................................................11
2. BIOLOGIA E MORFOLOGIA..........................................16
3. ESIGENZE PEDO­CLIMATICHE...................................21
4. COLTIVAZIONE.................................................................24
4.1. GERMOPLASMA DISPONIBILE......................................................................................24
4.2. MOLTIPLICAZIONE..................................................................................................24
4.3. TRATTAMENTO DEL SEME .......................................................................................24
4.4. IMPIANTO DEL GINESTRETO.......................................................................................25
4.4.1 Semina diretta in campo ...........................................25
4.4.2 Trapianto....................................................................26
4.5 CONCIMAZIONI......................................................................................................27
4.6. FABBISOGNI IRRIGUI...............................................................................................27
4.7. CONTROLLO DELLE INFESTANTI..................................................................................27
4.8. POTATURA D’ALLEVAMENTO.......................................................................................27
4.9. AVVERSITÀ..........................................................................................................27
4.10. DURATA.............................................................................................................28
5. RACCOLTA E TRASPORTO............................................29
5.1. RACCOLTA............................................................................................................29
5.2. RESA 30
5.3. NORMATIVA PAC..................................................................................................31
5.4. TRASPORTO.........................................................................................................31
6. PRIMA LAVORAZIONE ..................................................32
6.1. MACERAZIONE (ESTRAZIONE DELLA FIBRA)....................................................................32
6.1.1 Tecniche rustiche, non industriali..............................32
6.1.1.1 Macerazione a terra..............................................32
6.1.1.2 Macerazione ad acqua..........................................32
6.1.1.3 Macerazione in acque termali..............................33
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6.1.1.4 Macerazione ad acqua previa cottura...................33
6.1.2 Tecniche industriali....................................................38
6.1.2.1 Macerazione fisico­chimica.................................38
6.1.2.2 Macerazione microbiologica...............................39
6.2.STIGLIATURA E PETTINATURA......................................................................................41
6.3. RESA IN FIBRA......................................................................................................42
6.4. CARATTERISTICHE DELLA FIBRA ................................................................................43
6.5. CONSIDERAZIONI SUI PROCESSI DI PRIMA LAVORAZIONE....................................................46
7. PRODOTTI TESSILI REALIZZABILI CON FILATI DI GINESTRA................................................................................47
7.1. SOTTOPRODOTTI DELLA LAVORAZIONE .........................................................................48
8. ALTRI USI............................................................................49
BIBLIOGRAFIA......................................................................50
SITI CONSULTATI..................................................................52
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1. CENNI STORICI sull’utilizzazione della ginestra
La ginestra (Spartium junceum L.) è nota fin dall’antichità per il suo impiego come pianta da fibra. Era, infatti, già utilizzata da Fenici, Cartaginesi, Greci e Romani, per la produzione di stuoie, corde e manufatti vari. La stessa etimologia della parola greca “spartos”, che significa corda, sta a confermare la tradizionale utilizzazione della fibra per la realizzazione di tessuti grossolani.
Il fatto che l’industria rurale del panno ginestrino si ritrovi anche adesso in varie regioni del Mediterraneo (Spagna meridionale, Albania, Grecia, e per l’Italia in Lucania e in Calabria) potrebbe far pensare che detta industria sia stata tramandata ininterrottamente sino dall’epoca greco­romana. Invece, dall’epoca greco­romana non si ritrovano più notizie fino al secolo XIII, durante il quale Piero De Crescenzi ricorda brevemente la ginestra nel suo trattato di agricoltura. Accenni, ma sempre succinti, si hanno da qualche scrittore nel XVI secolo, circa l’utilizzo della fibra di ginestra in Toscana per la creazione di tele grossolane e funi. Solo secoli più tardi, tuttavia, appaiono notizie più precise sull’utilizzazione della ginestra per uso tessile. È, infatti, a partire dal XIX secolo, che studiosi e industriali si concentrano, con sempre maggiore frequenza, sullo sfruttamento della ginestra. Il documento più importante è l’opuscolo di propaganda del Cavalier F. Globostchnig de Tomaschowitch, poiché costituisce per l’Italia il primo documento relativo ai tentativi fatti per industrializzare la produzione della fibra di ginestra (Trotter, 1936).
Fino al 1920 circa, i documenti che riportano tentativi di industrializzare la produzione di fibre di ginestra, riguardavano produzioni che rimanevano ancora a livello familiare. Tuttavia filati e tessuti di ginestra erano già comparsi nelle esposizioni. Per citarne alcune:
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•
Stoppa e fili di ginestra furono presentati all’Esposizione di Firenze del 1850 e del 1857;
Filati e tessuti di ginestra furono presentati come campionario nell’esposizione economico­agraria di Trieste del 1864;
Filati di ginestra furono presentati nella sezione italiana dell’Esposizione di Parigi del 1878;
Fibre, filaccia, stoppa, tele e corderia figurarono nella Fiera campionaria a Napoli del 1921 (Foto1).
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Foto1. Campionario di prodotti di ginestra alla “Fiera Campionaria” di Napoli nell’estate 1921.
(Tratto da “la Ginestra”, Trotter, 1941)
Il momento di maggiore attenzione per questa pianta come fonte di fibra si verificò in corrispondenza della seconda guerra mondiale, in conseguenza sia di una scarsa disponibilità interna di materia prima alternativa sia dall’instaurasi di un regime di autarchia conseguente all’introduzione di sanzioni economiche che impedivano, tra le molte cose, l’importazione di fibre quale la juta, fondamentale per la produzione di tele da imballo e sacchetti. E’ interessante, da un punto di vista storico, riportare la parte del discorso che Mussolini tenne all’Assemblea Nazionale delle Corporazioni in Campidoglio il 23 marzo del 1936, dove tracciava le linee della politica autarchica “…. La deficienza di talune materie prime tessili non è tuttavia preoccupante: è questo il campo dove la scienza, la tecnica e l’ingegno degli italiani possono più largamente operare e stanno, infatti, operando. La ginestra ad esempio, che cresce spontanea dovunque, era conosciuta da molti italiani soltanto perché Leopardi vi dedicò una delle più patetiche poesie: oggi è una fibra tessile che può essere industrialmente sfruttata…”.
La scelta della ginestra fu condizionata dalla sua elevata disponibilità a livello spontaneo (si stima che ci fossero circa 300.000 ettari di ginestra) e dalle caratteristiche della sua fibra che ben si adattavano a sostituire la juta. Secondo alcune stime dell'epoca, la produzione nazionale di ginestra si attestava intorno ai 7 milioni di quintali. Numerose furono le iniziative durante quegli anni, finalizzate a favorire lo sfruttamento dei ginestreti esistenti, attraverso anche tentativi di infittimento, e la realizzazione di nuovi impianti (De Mastro, 1999). In quel periodo, in tutta l’Italia, i ginestrifici erano 61, di cui 9 in Toscana distribuiti tra le province di Firenze, Arezzo e Siena (Tab.1). In provincia di 12
Firenze, per esempio, si ritrovano notizie su ginestrifici nel comune di Prato, Scandicci e Montelupo fiorentino. Dopo la guerra, con la ripresa dell'importazione di fibre vegetali di origine tropicale, più facili da lavorare, la ginestra come pianta tessile fu quasi del tutto abbandonata. La fibra di ginestra era conosciuta e utilizzata non solo in Italia ma anche in Dalmazia, Albania, Grecia, Spagna e Francia. In Albania fino agli anni ’40 vi era la consuetudine di estrarre le fibre dallo Spartium Junceum nei villaggi di Gorishti, Kudhesi, Poci, Cemoktin, Varanishti, Kurveleshi, Golemi, Kallarati, Radhima. Tale lavorazione è di antica data in Albania, e questo è testimoniato da una tradizione storica secondo cui i soldati del grande skipetaro Castriota Scanderbeg (1414­1467), nella guerra contro i Turchi portavano i fucili assicurati a bandoliere intessute con fibre di ginestra e non in cuoio. L'importanza della ginestra come pianta tessile in Italia è ormai limitata a piccole realtà locali, in particolare ad alcuni paesi della Basilicata (S. Paolo Albanese, S. Costantino Albanese) e Calabria (Vaccarizzo Albanese, Falconara Albanese) dove l'insediamento negli anni passati di molte famiglie provenienti dall'Albania meridionale, ha consentito l'introduzione ed il diffondersi dell'impiego della sua fibra per tessere, seppure in modo molto artigianale, tessuti di particolare bellezza (De Mastro, 1999) (Foto2,3).
Tab.1. Numero di ginestrifici esistenti nel 1941, distribuiti per regione. (Boggia, 1942)
REGIONI
Liguria
Emilia
Toscana
Marche
Umbria
Lazio
Abruzzo e Molise
Campania
Lucania
Calabria
Sardegna
TOTALE
GINESTRIFICI
Med
Piccolissimi Piccoli
Grandi Totale
i
1
1
3
3
7
2
9
3
8
4
4
8
3
1
2
6
3
3
1
11
4
2
3
15
34
1
4
1
1
1
10
7
4
15
1
61
2
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Foto 2. Lavorazione Ginestra in Calabria ( tratto da www.atlanteparchi.com)
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Foto 3. Lavorazione della ginestra a Riace (RC) (Foto S. Baronti)
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2. BIOLOGIA E MORFOLOGIA
Col nome di Ginestre, sono comunemente indicate quelle piante cespugliose che nei periodi primaverili colorano di giallo il paesaggio mediterraneo con i loro fiori spesso intensamente profumati. Sono tutte esponenti della Famiglia delle Leguminose nella quale rientrano anche quelle piante che producono legumi commestibili, come i Fagioli (nelle loro tantissime varietà), i Ceci, i Piselli e le Fave, dalle quali deriva l'altro nome di questa Famiglia, Fabacee. Queste piante vengono anche comunemente indicate come Papilionacee (dal latino papilionis = farfalla) perché il loro fiore presenta una struttura molto particolare che ricorda in qualche modo una farfalla ad ali spiegate. Le Ginestre però, pur appartenendo ad una stessa Famiglia, sono diverse tra loro, ed ognuna di esse rappresenta una specie ben distinguibile dalle altre. Risulta che in Italia vegetino 20 specie diverse di ginestra tra le quali, per citarne solo alcune delle più note e più interessanti, ci sono:
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•
Ginestra di Spagna o odorosa (Spartium junceum)
Ginestra scoparia o dei carbonai (Cytisus scoparium)
Sebbene esse siano morfologicamente simili e possano entrambe essere utilizzate per ottenere fibre tessili/tecniche, lo Spartium junceum è la varietà più resistente e fornisce le fibre di migliore qualità.
Portamento E’ una pianta arbustiva sempreverde, con un’altezza variabile tra 0,7 e 3 metri. La maggiore altezza corrisponde ad un portamento ad alberello di forma rotondeggiante. Nei settori centro­meridionali della sua area distributiva, come Lucania e Calabria e nelle isole, può assumere sviluppo gigantesco, arborescente (Foto 4).
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Foto 4. Portamento arbustivo (www.valtaro.it )
Fusto
Il fusto delle piante allo stato spontaneo è legnoso, cilindrico, molto ramificato, per lo più contorto, di colore marrone chiaro con presenza di fenditure longitudinali di colorazione più scura. Le ramificazioni nel primo anno di formazione sono dette "vermene" e rappresentano la fonte principale per l’estrazione della fibra. Sono giunchiformi, di colore verde intenso, comprimibili ma tenaci, di sezione rotondeggiante, ascendenti con inserzione sparsa sul fusto. Le ramificazioni più vecchie non sono adatte all’estrazione della fibra poiché con il passare degli anni modificano il proprio colore, passando dal verde intenso al giallo marrone del fusto, e la propria struttura in conseguenza alla lignificazione dei fasci. Le foglie Caduche, semplici, distanziate tra loro e rade; glabre, di un verde più intenso sulla pagina superiore, dotate di tricomi nella pagina inferiore. La forma va da obovato­oblunga a lineare con il margine intero. Possono essere sessili o con breve peduncolo (3­5 x 20­
25 mm).(Foto 5)
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Foto 5. Foglie semplici, oblunghe (http://www.flora.garganoverde.com/spartium_junceum/spartium_junceum.htm)
I fiori Ermafroditi, riuniti in racemi, grandi, posti all'estremità delle vermene, con corolla giallo­
dorata munita di vessillo più lungo degli altri petali.Corolla di 2­2,5 cm; 5 petali con il vessillo grande (Foto 6), i due laterali liberi e i due basali a formare la carena, anch'essi liberi ma aderenti. 10 stami di cui 9 saldati tra loro e 1 libero (stami diadelfi). Ovario supero con un solo stigma. 18
Foto 6. Fiore di ginestra odorosa (http://www.funghiitaliani.it)
Attività vegetativa
L’inizio del germogliamento è in marzo. L’accrescimento è intenso tra aprile e giugno. Nelle aree più fredde la ripresa vegetativa è posticipata di circa un mese.
Epoca di fioritura Maggio­luglio
Impollinazione
Entomofila
Il frutto Il frutto è un legume appiattito, allungato, deiscente, nero o marrone scuro a maturità, leggermente falciforme, lungo 50­80 mm e largo 6­7 mm (Foto 7). All’inizio è leggermente pubescente e poi diviene glabro. Ogni legume contiene dai 10 ai 18 semi ovoidali, lucidi e compressi il cui peso medio è compreso tra i 12,7 e 13,2 mg. Il colore dei semi è marrone­rossiccio. Il seme può conservarsi per diversi anni, in locali adatti. L’involucro è duro. 19
Foto 7. Frutto di ginestra odorosa (http://www.funghiitaliani.it/)
Apparato radicale
Apparato radicale molto sviluppato, di tipo fittonante. 20
3. ESIGENZE PEDO­CLIMATICHE
Distribuzione geografica
La ginestra, presente allo stato spontaneo in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Francia meridionale all’Asia minore, è diffusa anche sulla costa atlantica del Marocco, Portogallo e nelle Isole Canarie (Foto 8). La ginestra è pianta caratteristica della zona temperato­calda, ad inverno mite ed umido; fa parte, quindi, delle formazioni della macchia mediterranea, ma anche di quelle nemorali ed in particolare dell’associazione con la quercia come elemento del sottobosco (Trotter, 1941)
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Foto 8. Distribuzione geografica (www.ildis.org )
Nei paesi più meridionali e più caldi, la ginestra di Spagna si può spingere fino ad altitudini elevate, come in Calabria e Sicilia (Foto 9). L’optimum è in genere dal Lauretum sino agli orizzonti più bassi del Castanetum (fino ai 1000 m), però può arrivare sino ai 1300­1400 m di altitudine dell'Appennino e sino ai 2000 m dell'Etna. Può resistere a temperature estreme anche di ­30 /­40°C.
Sopporta forti venti, ma la crescita si riduce e la pianta diventa più compatta. Cresce bene in zone litoranee e tollera il vento salmastro.
Ginestreti spontanei, molto estesi e relativamente folti, sono particolarmente diffusi nell'Appennino centro­meridionale, soprattutto nelle province di Perugia, Temi, Campobasso, Avellino, Catanzaro e Messina. Dopo aver colonizzato e migliorato terreni nudi o degradati, lascia il posto a specie più esigenti che, da sole, non riuscirebbero a instaurarvisi (in questo analoga ai cisti). 22
Foto 9. Spartium junceum sui monti di Palermo (foto M.Cardinale)
Terreno
Si adatta a terreni poveri o sterili purché esenti da ristagni idrici e soleggiati. Predilige terreni profondi a reazione neutra o calcarei. La ginestra odorosa nelle regioni collinari e sub­montane si riscontra su terreni di tipo molto diverso, provenienti da rocce eruttive, acide e basiche, arenarie e silicee, calcari, scisti cristallini, ma tutti appartenenti alla categoria dei terreni detritici o pietrosi, che si originano per disgregazione fisica. Tali terreni, che risultano spesso inadatti a colture agrarie e su cui la ginestra trova il suo optimum ambientale, rappresentano un tipo pedologico abbastanza esteso nella nostra penisola (in alcune regioni sub­alpine sono quelli provenienti da porfidi, in Toscana quelli granitici). La ginestra, quindi, consente di trarre profitto da questi terreni, sui quali la maggior parte delle colture agrarie non vegeterebbe. Lo Spartium junceum, oltrechè su terreni pietrosi, può vegetare anche su terreni argillosi, purché non siano dominati dall’umidità e da acque stagnanti. Predilige un’esposizione sud­est. 23
4. COLTIVAZIONE
Il fatto che la coltivazione della ginestra possa essere realizzata con limitato apporto di input chimici la rende facilmente inseribile in sistemi di produzione biologica.
4.1. Germoplasma disponibile
Nessuna cultivar esistente.
4.2. Moltiplicazione
La moltiplicazione vegetativa non è praticabile e quindi conviene ricorrere alla propagazione per seme. I tagli di ringiovanimento o quelli di utilizzazione, annuali o biennali, sono di ostacolo alla fioritura e soprattutto alla fruttificazione. Pertanto, se si vogliono ottenere fiori e semi, occorre lasciare inutilizzato, per alcuni anni (5­6), un numero adeguato di piante (Trotter, 1941).
4.3. Trattamento del seme La produzione di piantine da seme in vivaio o l’uso diretto di seme per la semina in campo richiede l'impiego di seme maturo caratterizzato da un colore marrone scuro (Foto 9). Non è consigliabile raccogliere i baccelli troppo tardi: il periodo ottimale è luglio­
settembre. I baccelli lasciati a lungo sulla pianta danno semi di colore più scuro, nerastro, e tegumenti più duri e perciò di più difficile germinazione. I semi possono conservarsi in sacchetti per alcuni anni.
Foto 9. Seme maturo (www.semencesdupuy.com)
Una germinazione rapida può aversi in 5­6 giorni ma può protrarsi sino a 3 mesi; in media, nella stagione favorevole, è di 10­15 giorni. Per favorire un’elevata percentuale di 24
germinabilità (circa il 90%) in un tempo piuttosto ridotto, è consigliabile uno dei seguenti trattamenti (Trotter, 1941):
Fisici:
•
•
•
•
Chimici:
•
•
Con acqua calda a100°C per 2­3 minuti In acqua a 60­65°C per 30 minuti
In acqua a 40°C per 1 ora
In acqua fredda per 40 ore
Immersione per 24 ore in una soluzione di NaHCO3 (bicarbonato di sodio) al 2%
15­30 minuti in H2SO4 (acido solforico concentrato) con successivo lavaggio abbondante.
4.4.Impianto del ginestreto
Un aspetto fondamentale nella realizzazione di un ginestreto destinato alla produzione di fibra o di cellulosa da carta è rappresentato dalla modalità d'impianto. 4.4.1 Semina diretta in campo A causa della difficoltà di germinazione, la scelta di una semina diretta in campo non risulta consigliabile. Nel caso, però, si ricorra ad una semina diretta è molto importante preparare in modo accurato il terreno per ottenere un letto di semina non troppo grossolano e, nel caso si possa temere la formazione di crosta superficiale, non troppo fine. La semina si fa in autunno (settembre) o anche in primavera (da marzo a metà aprile). Nel Mezzogiorno può essere fatta da fine gennaio ai primi di marzo. Il seme, preventivamente trattato per migliorarne la germinabilità, viene distribuito nella misura di 3­4 kg/ha in modo continuo su file distanti 1­1,3 m alla profondità di 1­2 cm. Per la semina a buche, con buche distanti 50x50 cm (6­10 semi per buca) è sufficiente 1,8 kg/ha di seme.
Durante il primo anno, si diradano le piantine, lasciando le più vigorose alla distanza l’una dall’altra di circa 80 cm. L’accrescimento delle piantine da seme è molto lento. 25
L’accrescimento dell’apparato radicale richiede 2­3 anni, prima che le piante siano atte al taglio.
4.4.2 Trapianto
Nella primavera successiva alla semina le piantine sono trapiantabili in piena terra. Tuttavia, come riportato da De Mastro (1999), recenti esperienze hanno confermato la maggiore convenienza a realizzare un ginestreto utilizzando piante di due anni, allevate in vivaio, per il più rapido ed uniforme accrescimento, che consente una prima raccolta nel secondo anno d'impianto. Poiché l’apparato radicale della ginestra tende a raggiungere notevoli profondità, prima del trapianto è necessario lavorare in profondità il terreno in modo tale da favorire l’accrescimento delle radici.
L'epoca ottimale per il trapianto è l'autunno (metà ottobre) in modo da favorire un buon attecchimento dell'apparato radicale prima della ripresa vegetativa nella primavera successiva. La densità d’impianto consigliata è di 10.000­12.000 piante per ettaro con sesti d'impianto di 100 x 100 cm o di 120 x 70 cm. E’ possibile anche realizzare un impianto di prato­ginestra, con una densità di 40.000 piante per ettaro (sesto d’impianto 50 x 50 cm) per un più intensivo sfruttamento (De Mastro, 1999).
Per il trapianto è necessaria la preparazione di buche dove collocare le piantine con il pane di terra. Nel caso in cui si usino piantine di due anni le buche devono avere una larghezza di circa 20 cm ed una profondità di circa 35 cm. L’operazione di trapianto è sicuramente più dispendiosa rispetto ad una semina, soprattutto nel caso di piantine già sviluppate, tuttavia questa scelta si traduce in un’entrata in produzione del ginestreto anticipata che può ripagare i maggiori costi sostenuti al momento dell’impianto. Una soluzione più economica rispetto alla preparazione di buche è quella di realizzare dei solchi profondi 35 cm, di disporre le piantine a distanza regolare e di provvedere ad una successiva rincalzatura.
I risultati di alcuni studi svolti utilizzando piantine micropropagate hanno evidenziato come queste abbiano una maggiore attitudine a differenziare ramificazioni con un conseguente vantaggio ai fini della produzione di vermene da destinare all’estrazione della fibra.
26
4.5
Concimazioni
Le informazioni relative ai fabbisogni in elementi nutritivi della ginestra sono scarse. Tuttavia dai pochi studi fatti sembra essere una specie che risponde bene alla concimazione minerale in termini di accrescimento e produzione di vermene. Pertanto sono consigliabili dosi di 80­120 kg ha­1 di azoto, 100­120 kg ha­1 di fosforo e 60­80 kg ha­1 di potassio nei terreni carenti, da distribuire come concimazione di base al primo anno d'impianto Negli anni successivi, pur essendo una leguminosa, e quindi in grado di fissare l’azoto atmosferico, per favorire una più precoce ripresa vegetativa a primavera e un prolungamento del periodo di accrescimento delle vermene, è consigliabile la distribuzione di circa 60 kg ha­1 di azoto a fine inverno. Contemporaneamente si provvederà anche ad una concimazione a base di fosforo, ed eventualmente di potassio, ad integrazione delle quote asportate.
4.6.Fabbisogni irrigui
La ginestra è una specie tollerante alla siccità, tuttavia sa sfruttare una buona disponibilità idrica nel terreno. Nel caso di periodi particolarmente siccitosi che possono danneggiare la coltura è necessario intervenire con delle irrigazioni di soccorso.
4.7. Controllo delle infestanti
Per il controllo delle infestanti è sufficiente ricorrere a sarchiature periodiche.
Nel caso di ginestreti già affermati, è possibile contenere le infestanti sfalciando e trinciando le malerbe. Queste rimanendo sul terreno danno luogo ad un’azione pacciamante riducendo l’evaporazione e ritardando la nascita di nuove infestanti.
4.8.Potatura d’allevamento
A fine inverno, nel primo anno d’impianto nel caso di una coltura trapiantata, e nel secondo anno per la coltura seminata, deve essere realizzato un taglio della pianta a circa 30 cm dal suolo in modo tale da favorire, nella primavera successiva, l’emissione di vermene più lunghe e meno ramificate. 4.9.Avversità
Diversi sono i parassiti animali e fungini che possono attaccare la ginestra causando danni anche rilevanti alla produzione. Tra i parassiti fungini più dannosi può essere 27
ricordato l’oidio (Erysiphe martii). Gli attacchi di questo parassita possono interessare le piantine in fase di germinazione e la vegetazione di nuova formazione dopo la raccolta. Gli attacchi in fase di germinazione devono essere prontamente controllati per non compromettere il buon esito della coltura.
Tra i parassiti animali possono essere ricordati: l'acaro Eriophyes spartii Can., che determina deformazioni dei giovani rami con fenomeni di fasciazione ed imbianchimento dell'apice, le cocciniglie (Icerya purchasi Mask) con risvolti negativi sulla qualità della fibra e il dittero Cecidomyídae che, nella fase di ripresa vegetativa, induce un blocco dell’accrescimento delle vermene con fenomeni di ipertrofia degli apici e le cui larve vivono all'interno dei rami determinando un deprezzamento qualitativo (De Mastro, 1999). Attacchi di afidi (Aphís laburni L.) possono verificarsi durante la fioritura. Tra il gruppo degli Schizomiceti (parassiti vegetali), da tenere presente è lo Pseudomonas tumefaciens. Questo batterio è ubiquitario, vive ovunque nel terreno e determina tumori radicali sulle radici; non è escluso che anche la ginestra possa esserne infettata. Del gruppo delle Fanerogame ha particolare interesse la cuscuta e importanza secondaria il vischio. La specie di cuscuta sicuramente riscontrata sulla ginestra è la C. epithymum, ma non è escluso che qualche altra specie, in particolare la C. europea viva sullo Spartium. La difesa dei ginestreti artificiali da questo parassita non è difficile, specie se provengono da seme, poiché il seme di ginestra è più grande rispetto a quello di cuscuta 4.10.
Durata
La durata di un impianto di ginestra può essere stimata intorno ai 20­25 anni, sebbene la tendenza ad un maggiore sfruttamento dello stesso può ridurre la convenienza economica a mantenere il ginestreto così a lungo (De Mastro, 1999).
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5. RACCOLTA E TRASPORTO
5.1. Raccolta
I rami utilizzati per l’estrazione della fibra sono le vermene. Per vermena si intendono i rami giunchiformi dell’anno o di un anno, privi o quasi di ramificazioni secondarie (Foto 10), molto teneri, emessi da ceppaia o da un ramo di due anni e più. La vermena è tanto migliore quanto maggiore è la sua lunghezza (possono arrivare fino a 1,20­1,50 metri, ma normalmente la lunghezza non supera i 50­70 cm.), perché più lunghi risultano i fasci fibrosi, e quanto maggiore è la sua grossezza, perché i fasci fibrosi risultano più ricchi. In altre parole, maggiori sono la lunghezza e la grossezza delle vermene, più abbondante e pregevole è la fibra in essa contenuta e la filaccia che da essa si può ricavare. La vermena è più o meno lunga, più o meno grossa e più o meno tenera, secondo l’età della pianta, lo stato vegetativo, la sanità e l’epoca di taglio.
Foto 10. Vermene di Ginestra di due anni (Foto S.Baronti)
La dimensione delle vermene dipende anche da fattori fisici e ambientali legati alla latitudine, all’altitudine e alla giacitura del terreno. Migliori sono le vermene provenienti da piante sane, non molto vecchie o che abbiano subito uno svecchiamento con tagli di potatura, che provengano da razionali coltivazioni, che abbiano maggiormente beneficiato dell’irradiazione solare e che provengano da tagli eseguiti appena dopo la 29
maturazione dei baccelli. Per ottenere, quindi, la fibra di buona qualità, la raccolta deve essere fatta da fine luglio all’inizio di settembre. Nel passato la raccolta era manuale, ma uno sfruttamento attuale di questa specie deve necessariamente prevedere una raccolta meccanica. E’ quindi necessario realizzare impianti con notevole uniformità di sviluppo delle piante, adottando una razionale potatura di formazione che favorisca la differenziazione di numerose vermene e nello stesso tempo faciliti l'intervento meccanico. La maggior parte delle informazioni relative al taglio si riferisce alla lavorazione in ambito familiare. Il taglio può essere fatto, secondo l'età ed il modo in cui è stata coltivata la pianta, tanto sui rami alti quanto in prossimità del suolo: la ginestra rigetta sempre vigorosamente. La potatura vicino al suolo favorisce la produzione di vermene più lunghe e meno ramificate, di calibro più grosso, il che è assai vantaggioso per ricavarne facilmente della buona e lunga filaccia. Qualora si tratti di utilizzare delle piante derivate da coltura da seme, il taglio delle vermene non potrà aver luogo prima del secondo anno dalla semina, meglio se dopo il quarto o quinto anno. La raccolta dei rami di ginestra, se eseguita con cura, non compromette affatto né l'esistenza della pianta né la stabilità del suolo, ed è quindi una utilizzazione poco sfruttatrice. La raccolta può essere annuale. In passato ogni cinque anni veniva fatto un anno di sospensione.
5.2.Resa La resa media in vermene verdi dipende dalle modalità d'impianto. Un ginestreto ottenuto con semina diretta, realizzato a Pisa, ha fornito dal 2° al 5° anno mediamente 24 t/ha/anno di vermene fresche, corrispondenti a 9,7 t/ha/anno di vermene secche. Per questa modalità d’impianto De Mastro (1999) riporta produzioni oscillanti intorno alle 30­35 t ha­1 di vermene fresche a partire dal quarto­quinto anno. Nel caso di un impianto di ginestra ottenuto da trapianto, realizzato a Pisa su terreno fresco e profondo, con una densità di 20.000 piante/ha si è avuta una resa di 19 t/ha/anno di vermene fresche (circa 8 t/ha/anno di vermene secche) come media dei primi dieci anni e con raccolta annuale. Per questa modalità d’impianto, De Mastro (1999) riporta produzioni di 7­9 t/ha di vermene fresche nel primo anno fino a 40 t/ha dal terzo anno d’impianto in poi.
Per un prato­ginestreto a taglio annuale, Trotter (1941) riporta una produzione di vermene fresche di 6 t/ha. I mezzi tecnici attualmente disponibili fanno prevedere la possibilità di aumentare la resa di tale tipo d’impianto. Tuttavia, anche se l’aumento di resa non fosse tale da raggiungere la produzione di un ginestreto tradizionale, questa modalità 30
d’impianto potrebbe essere interessante perché sarebbero più facilmente meccanizzabili tutte le operazioni colturali. Sia nel caso di una raccolta manuale sia di una raccolta meccanica, il prodotto sarà costituito non solo da vermene dell’anno, adatte per l’estrazione della fibra di interesse tessile, ma anche da ramificazioni lignificate dell’anno precedente (circa 45%) che devono essere separate dalle prime e destinate, ad esempio, alla produzione di pasta di cellulosa.
5.3.Normativa PAC
Uno dei nuovi elementi base della riforma della politica agricola comune e' il "disaccoppiamento": se prima i contributi dell'Unione Europea venivano erogati in base al tipo di coltura praticata, con l'entrata in vigore della riforma, l'impresa agricola percepirà un unico importo di riferimento e non singoli premi per tipologia di prodotto coltivato. Il pagamento unico per azienda sarà ottenuto dalla media degli importi percepiti dall'agricoltore in un dato periodo di riferimento. Obiettivo è promuovere un'agricoltura più competitiva e maggiormente orientata al mercato. L'agricoltore viene quindi liberato dal vincolo di dover coltivare le produzioni a più elevato premio. Con questa riforma, qualunque coltivatore che intenda sostituire la sua coltivazione con colture da fibra, e quindi anche la ginestra, non avrà modifiche nell’importo dei contributi percepiti.
5.4.Trasporto
Le vermene dovranno essere trasportate in luoghi con abbondanza di acqua per il lavoro di macerazione.
Si può ritenere che 70 kg di vermene affastellate occupino circa un metro cubo, fino a 90 kg se accatastate. Per una produzione di 5 q di fibra al giorno, occorrono circa 30.000 m 3 di magazzino. La ginestra disseccata può a volte spezzarsi, cosicché le varie operazioni di carico, scarico, pesatura, ecc., possono portare ad una perdita del 5%, aumentabile se la ginestra è accatastata.
31
6. PRIMA LAVORAZIONE 6.1. Macerazione (estrazione della fibra)
La produzione di tiglio di ginestra per scopo tessile impiega le fibre floematiche delle vermene. Un passaggio fondamentale in questa produzione è la macerazione che porta alla liberazione delle fibre corticali dagli altri tessuti a seguito della degradazione delle sostanze pectiche, costituenti principali della lamella mediana della parete cellulare. Le pectine sono polisaccaridi complessi composti principalmente da catene di galatturonato, parzialmente metilate.
Nel corso degli anni sono stati adottate diverse strategie di macerazione.
6.1.1 Tecniche rustiche, non industriali
Il processo di macerazione può essere realizzato a partire da vermene fresche oppure essiccate al sole per circa 8­12 giorni in strati di 10­12 cm di spessore. Nel tempo sono stati sviluppati diversi metodi di macerazione, la maggior parte dei quali è stata abbandonata anche dalle poche aziende familiari ancora attive. Tra questi si possono ricordare:
6.1.1.1 Macerazione a terra
Tale metodo era diffuso prevalentemente nella regione della Linguadoca in Francia (1940). Esso consisteva nel sottoporre i fascetti di vermene disseccate ad una preliminare battitura seguita da un'immersione in acqua per quattro ore e successiva disposizione in fosse scavate nel terreno per un periodo di circa 8­9 giorni, durante il quale erano inumidite frequentemente. • Vantaggi:
semplicità, si può attuare anche in luoghi dove l’acqua scarseggia
•
Svantaggi: macerazione difficilmente perfetta ed uniforme e durata eccessivamente lunga
6.1.1.2 Macerazione ad acqua
Era praticata in Toscana. Le vermene disseccate erano immerse o in acqua fredda per una durata di 7­9 giorni o in acqua con una temperatura media di 29°C per circa 40­50 ore (Foto 12).
• Vantaggi:
semplicità
32
•
Svantaggi: si può usare solo in luoghi dove ci sono abbondanti disponibilità di acqua Foto12. Macerazione in acqua ((Foto L. Cavalieri)
6.1.1.3 Macerazione in acque termali
Sommergere i fascetti nell’acqua calda corrente o a riposo.
La durata oscilla tra le 40­50 ore fino a pochi giorni (3­4) con una temperatura di 29°C (può arrivare anche 32­35°C)
• Vantaggi:
velocità
•
Svantaggi: si può usare solo in luoghi dove ci sono abbondanti disponibilità di acque termali.
6.1.1.4 Macerazione ad acqua previa cottura
Usata prevalentemente in Basilicata e Calabria, utilizzando vermene fresche ripiegate a mazzetti da immettere in acqua bollente per circa mezz'ora o almeno fino a quando le 33
vermene non perdono la colorazione verde e presentano la corteccia sfaldata (Foto 13). I fascetti devono essere rivoltati più volte durante la bollitura. Una bollitura prolungata determina inconvenienti. Le vermene sono poi trasferite in corsi d'acqua dove un'immersione per un periodo variabile da 4 a 10 giorni, a seconda della temperatura dell'acqua, consente di completare il processo di macerazione. (Foto 14) La macerazione è tanto più breve quanto meglio è stata fatta la bollitura ed è completa quando il distacco della fibra dalla corteccia avviene con facilità. Protratta a lungo può però deteriorare la fibra. Foto 13. Fascetti di ginestra posti a bollire (Foto S. Baronti)
34
Foto 14. Macerazione in acqua corrente dopo la bollitura (Foto S.Baronti)
Quando la macerazione è completata le vermene si presentano viscide, con la corteccia che si stacca facilmente; a questo punto si tolgono i manipoli dall’acqua, si sciolgono e si procede alla scortecciatura delle vermene (Foto 14). L’imbiancamento delle fibre si ottiene con ulteriori bagnature ed esposizioni al sole.
Dalla scortecciatura si ottengono ginestruli solitamente usati come combustibile, e corteccia in massima parte disintegrata. 35
Foto 14. Scortecciatura con ginestruli e fibre (Foto S.Baronti)
Arrivati a questo punto la corteccia è pronta per essere stigliata e ottenere così la filaccia grezza o di stigliatura (Foto15). Successivamente la filaccia grezza ben asciugata può essere ulteriormente lavorata (scotolatura) per liberarla dalle impurità, omogeneizzarla e ammorbidirla.
36
Foto15. Fibra di ginestra lasciata ad asciugare sui ginestruli (Foto S.Baronti)
Dalla scotolatura si ottiene una fibra di bell’aspetto, più o meno morbida e più o meno pura. Seguono poi le fasi di cardatura e filatura (Foto 16).
37
Foto16. Cardatura e filatura con tecniche manuali (Foto S.Baronti)
6.1.2 Tecniche industriali
Negli anni ’40, in conseguenza al grande interesse rivolto alla ginestra come pianta da fibra, furono realizzati degli impianti industriali di macerazione e stigliatura, tra i quali si può ricordare la Società Anonima Jutificio di Terni. I procedimenti allora impiegati, potrebbero essere riproposti oggi previo, naturalmente, un opportuno adeguamento tecnologico.
Il metodo allora individuato come quello più adatto ad un processo di tipo industriale, fu quello fisico­chimico. I liscivi esausti derivanti dall’applicazione di questo metodo, tuttavia, costituivano, e costituirebbero ancora oggi, un forte problema di carattere ambientale, per la loro tossicità e per il loro odore nauseante.
Un altro metodo di macerazione industriale, messo a punto negli anni ’40, e che più facilmente potrebbe essere attualizzato, è la macerazione microbiologica. 6.1.2.1 Macerazione fisico­chimica
Per la fase di cottura, con una soluzione di soda caustica dal 4% al 7,5% del peso della ginestra posta nel macero (Carbonato di calcio e carbonato di soda nella proporzione del 4­5% del primo e 1­1,5% del secondo), si ricorreva ad una linea di vasche collegate in serie con un sistema di dosaggio della soluzione alcalina, un generatore di calore, per 38
portare la soluzione a temperatura di ebollizione, e un sistema di scarico della soluzione esausta dei residui densi della cottura. Le fasi di carico e scarico delle vasche erano realizzate meccanicamente utilizzando gabbie forate cariche di vermene. Per 20 kg di vermene secche erano necessari 100 litri di acqua. La bollitura a fuoco diretto durava da 20 minuti fino ad 1 ora ed era effettuata in recipienti riempiti con ¾ d’acqua con il 2% in peso di soda caustica e con l’aggiunta del 0,30% (30g/hl) di comune colla da falegnami. Dopo la cottura, i fasci di ginestra erano accuratamente lavati e manipolati in recipienti al fine di separare la corteccia dal legno. Successivamente si passava alla stigliatura.
Per la produzione della cellulosa si impiegava il metodo al bisolfito; in questo processo i vegetali di partenza erano trattati nello stadio di cottura con un liscivio (bisolfito di calcio o di magnesio ed anidride solforosa), che trasforma la lignina in acidi lignin­solfonici solubili.
La riattualizzazione di tali processi nell’ottica di un incremento dell’utilizzo della ginestra come fonte rinnovabile ed eco­compatibile per la produzione di fibra e cellulosa rende assolutamente necessario l’adeguamento e la modernizzazione dei vecchi procedimenti di macerazione chimica delle vermene, in quanto i processi tradizionali, se applicati su vasta scala, comporterebbero inaccettabili impatti ambientali. Per l’applicazione della macerazione chimica è assolutamente necessario poter garantire il recupero delle acque di processo e dei reattivi inorganici a ciclo chiuso. Inoltre tale procedura, normalmente utilizzata per l’ottenimento della cellulosa, è poco selettiva nei confronti di sostanze che possono compromettere la qualità delle fibre per la produzione di filato a scopo tessile. Essa potrebbe essere nuovamente impiegata prefissando adeguatamente tutta una serie di condizioni, quali la temperatura, il tempo di pulping, la concentrazione dei reattivi basici, la pressione di ossigeno, l'impiego di catalizzatori che consentano di controllare la quantità di radicali liberi presenti nel corso del processo. 6.1.2.2 Macerazione microbiologica
Sebbene il metodo di macerazione chimica con la soda sia sempre stato il più diffuso per il trattamento delle vermene di ginestra, ad oggi il processo migliore per la produzione di filato a scopo tessile sembra essere la macerazione microbiologica. Per la fibra di ginestra la macerazione microbiologica può essere attuata mediante macerazione in vasca (water retting) che ancora oggi è il processo più adeguato al nostro clima e quello che offre un prodotto qualitativamente superiore. Il successo di questa tecnica è legato principalmente ai batteri degradatori che influenzano sia l’andamento del 39
processo sia la qualità del prodotto finale. Nella tecnica tradizionale di macerazione in acqua, il processo è effettuato nei maceri, vasche colme di acqua stagnante dove sono immersi gli steli. Durante la prima fase del processo, i composti solubili presenti negli steli (zuccheri, sostanze azotate ecc.) passano in soluzione, permettendo lo sviluppo di una comunità batterica. La penetrazione dell’acqua all’interno degli steli causa il distacco della corteccia, consentendo l’ingresso dei batteri macerativi che demoliscono le sostanze pectiche cementanti le fibre. Il processo macerativo è inizialmente portato avanti da batteri aerobi; allorché l’aerazione del macero si fa più scarsa, divengono predominanti i batteri anaerobi. I principali agenti degradatori aerobi sono stati attribuiti al genere Bacillus (spp. subtilis, cereus, ecc.) mentre gli agenti degradatori anaerobi al genere Clostridium (spp. acetobutylicum, felsineum). La macerazione microbica con aggiunta all’acqua del macero di batteri selezionati e in generale il controllo delle condizioni del processo macerativo produce una fibra più uniforme e di migliore qualità che è quella che oggi l’industria tessile richiede. I batteri svolgono un ruolo chiave nella biodegradazione del materiale peptico e le proprietà dei microrganismi degradatori influenzano sia l’andamento del processo che la qualità del prodotto finale. L’utilizzo di ceppi opportunamente selezionati, come inoculi nelle vasche, rappresenta, anche per la ginestra come per altre specie da fibra tessile, una valida strategia per migliorare la tecnica tradizionale di macerazione in acqua, rendendola indipendente dai batteri residenti presenti naturalmente sugli steli. Fasi di macerazione:
I rametti di ginestra vanno innanzi tutto seccati e dopo schiacciati con un rullo a doppia scanalatura per rompere la cuticola dura che riveste la ginestra al fine di permettere al microrganismo di penetrare all’interno. 
Coltura macerante. In una vasca di precoltura con acqua a 37°C, aggiungere patate in fette e Clostridium felsineum (dopo 2­3 gg si ottiene una poltiglia che rappresenta la coltura utilizzabile);

Macerazione. Unire i rametti, mantenendo sempre la temperatura a 37°C per 3­5 gg;

Dopo la macerazione, lavare i rametti;

Spremitura;

Asciugatura;

Stigliatura (asportazione della fibra) (Foto 15). 40
DOSI: 100kg di vermene
precoltura: 10 l di acqua a 38­40°C, 50g di Clostridium felsineum, 2kg di patate non sbucciate, mantenere a 37°C
10 litri di precoltura per 4m3 di acqua
Temperatura: 37°C
Tempo: 4­5gg
La procedura sopra descritta è quella che veniva applicata negli anni ’40, tuttavia la macerazione microbiologica utilizzata in prove recenti per l’estrazione di fibra da vermene di ginestra non si discosta molto da tale protocollo.
Foto 15. Dopo la stigliatura manuale, le fibre di ginestra si presentano come una nuvoletta di tanti fili, più o meno aggrovigliati, con un colore che spazia dal giallo pallido al verde scuro (Foto L.G. Angelini)
6.2.
Stigliatura e pettinatura
Le operazioni successive alla macerazione, svolte con metodi abbastanza artigianali a livello di piccoli impianti familiari, erano (De Mastro, 1999):

Sfibratura manuale dei tessuti corticali dal legno sottostante;
41

Battitura in acqua corrente dei fascetti di corteccia per favorire il distacco della cuticola e dell'epidermide fino a quando la fibra non acquisiva un colore perfettamente bianco;

Lavaggio ed essiccazione al sole;

Spatolatura manuale per allontanare le parti più grossolane (stoppa) da quelle più fini (manna);
Cardatura con pettini rudimentali per ottenere una fibra idonea a tessuti di una certa finezza.
Le esperienze del passato relative alle fasi di stigliatura industrializzata ripercorrono all’incirca le stesse tappe del processo artigianale, con l'unico vantaggio di aver potuto operare su maggiori quantitativi grazie ad un processo di meccanizzazione in linea con i tempi. La fase successiva alla stigliatura è la pettinatura. Nella fase di pettinatura il prodotto passa attraverso una serie di pettini che provvedono alla pulitura totale da eventuali residui legnosi, oltre che ad affinare ed omogeneizzare la fibra stessa. Il prodotto che esce dalla pettinatura viene stoccato nell’attesa di essere consegnato al filatore che a sua volta lo darà al tessitore per poi arrivare al confezionatore (stilista) e al consumatore finale.
Alcuni studi sono in corso per valutare le possibilità di meccanizzazione attuale di queste operazioni a partire da macchine stigliatrici e pettinatrici utilizzate per la lavorazione del lino e della canapa. E’ in corso di valutazione anche la possibilità di effettuare la separazione fisica del tiglio dalle vermene a secco (stigliatura a secco), cioè prima di effettuare la macerazione. La stigliatura a secco permetterebbe infatti di ridurre molto il volume di materiale da destinare alla macerazione con conseguente riduzione della dimensione dell’impianto di macerazione stesso. La sola stigliatura a secco non è ipotizzabile poiché la qualità della fibra sarebbe scadente (le fibre sono ancora cementate dalle sostanze pectiche). 
6.3.Resa in fibra
Nel passaggio da fresche a secche le vermene perdono il 50% del loro peso. La resa in filaccia delle vermene secche va da 7­12% con una media del 9%. Pertanto da un quintale di vermene fresche si ottengono da 3,5 a 6 kg di filaccia, con una media di 4,5 kg pari cioè al 4,5%.
42
6.4.Caratteristiche della fibra Dove si trovano le fibre di ginestra
Esaminando al microscopio una sezione di porzione di ginestra si vede che nella corteccia, sotto l’epidermide, si sviluppa il tessuto parenchimatico corticale. In questo tessuto si trovano numerosi fasci di fibre corticali. Queste fibre assieme alle fibre pericicliche costituiscono le fibre liberiane. Caratteristiche della fibra
Nella ginestra le fibre che costituiscono i fasci sono legate insieme da sostanze pectiche. Questo spiega le complesse esigenze della macerazione e la sua durata. Le fibre ricavate dalla ginestra, come rilevato in una recente ricerca dal Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema dell’Università di Pisa, presentano un contenuto di cellulosa non inferiore al 70%.
Il diametro delle fibre varia tra 50­80 µm. La lunghezza della fibra è in media 8 mm (i valori oscillano tra 5­16 mm) (Tab.2).
43
Tab.2 Lunghezza di alcune fibre. (AAVV, 1943)
FIBRE
Media
LUNGHE
Ramiè
MEDIE
Gelso
Lino
Canapa
Cotone
Ginestra
CORTE
Juta
Lupino
Malvone
CORTISSIME
Alfa
Sparto
LUNGHEZZA (mm)
Estremi
120
(60­220)
55
26
20
20
8
(32­72)
(20­40)
(15­50)
(10­50)
(5­16)
3
2,4
2,6
(1­5)
(2­3)
(2,2­3,4)
2
2
(0,5­3,5)
(0,5­3,5)
La superficie delle fibre è liscia e solo talvolta presenta delle striature longitudinali. Nel complesso la fibra assomiglia a quella del lino pur essendo assai più ruvida in relazione al notevole ispessimento delle pareti. La fibra è molto resistente all’acqua e non si altera anche dopo un lungo periodo di immersione. Resiste benissimo all’acqua marina perciò era impiegata per reti, cordami, etc. Molto resistente alla luce, com’è risultato da prove di irraggiamento con raggi ultravioletti. La fibra è facilmente colorabile, ha un forte potere di imbibizione e un basso peso specifico (si calcola che il peso specifico sia 7/10 di quello del lino). Le caratteristiche tecnologiche della fibra di ginestra sono riportate in tab.3. Per un uso tessile della fibra è importante sottolineare una ripresa di umidità variabile da 7,5 a 12,6%, buone caratteristiche di assorbenza e buone doti di resistenza agli alcali. Inoltre sopporta bene il candeggio a base di ipoclorito e si mercerizza bene acquisendo maggiore lucentezza (De Mastro, 1999). Può essere utilizzata nel settore della lana, juta, lino e fibre di cocco.
Il grado di filabilità, inoltre, è buono. La fibra è elastica e parecchio resistente alla trazione. 44
Tab.3. Caratteristiche della fibra di ginestra (modificato da www.kenaf­fiber.com)
μm
mm
Sollecitaz. massima
MPa
50­80
5­10
400­800
Diametro
Lunghezza
%
Modulo elastico
GPa
2,5­4,5
15­30
lignina
Residuo cellulosico
kg q­1
Resist. alla trazione
kg
9,5 a secco­
10,5 umido
Deform.
kg m­3
Sollecitaz. specifica
MPa*m³ kg­1
1250
0,32­0,64
75­85/5­6
25­30
Indice di trazione
Nm g­1
Indice di lacerazione
Nm­2kg­1
Grado di filabilità
Valore di tenacità
g den­1
Ang. 0°
45­50
4­5
buono
4,7
< 10
Densità
Cellulosa/
Microf.
La resistenza dei filati di ginestra è molto buona se confrontata con la canapa e con il lino (Tab.4). Infatti, la resistenza dei filati di ginestra è minore del 5% di quelli di canapa mentre è superiore del 26% di quelli di lino. Può essere utilizzata per la produzione di tessuti misti in varie proporzioni con cotone ed altre fibre naturali. Tab.4. Resistenza dei filati di ginestra (Kg) (Boggia, 1942)
SPECIE
CARICO DI ROTTURA
A SECCO kg
A UMIDO Kg
CANAPA
10
18
GINESTRA
9,5
10,5
LINO
7
9
Le caratteristiche della fibra di ginestra sono ritenute idonee anche per la produzione di pasta di cellulosa.
45
6.5.Considerazioni sui processi di prima lavorazione
La minore competitività tessile della fibra di ginestra ha determinato una stasi nell’evoluzione tecnologica delle linee di lavorazione della fibra, al contrario di quanto avvenuto nei processi industriali di estrazione di fibra di specie tessili più pregiate. E’evidente, tuttavia, che alla luce dei mezzi attualmente a disposizione non dovrebbe essere difficile recuperare il divario tecnologico accumulato negli anni dal processo industriale di lavorazione della fibra di ginestra a condizione che si prospettino nuovi interessi, soprattutto nell'utilizzazione industriale delle fibre vegetali o nella ricerca di fibre naturali “alternative” per il settore dell’abbigliamento. Il know­how del tradizionale sfruttamento della ginestra insieme a pre­verifiche di fattibilità condotte recentemente dal Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema dell’Università di Pisa confermano ed evidenziano la possibilità tecnologica di utilizzare le fibre e gli altri prodotti derivabili da questa coltura tipicamente mediterranea. Ma affinché tale sfruttamento sia accompagnato da reale sostenibilità economica è necessario superare l'attuale contesto semi­artigianale di raccolta ed estrazione e definire processi industriali che consentano sia l'utilizzo delle fibre sia la valorizzazione dei sotto e co­prodotti. Nell'ottica dell’ottimizzazione della qualità della fibra, si rende necessario correlare le proprietà meccaniche e fisiche alla morfologia e struttura molecolare delle fibre, al fine di ottimizzare le condizioni del processo di macerazione in funzione del settore di applicazione. Sperimentazioni mirate a definire un protocollo di macerazione sono in corso nell’ambito del progetto “Lamma­test”, in collaborazione con il Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema dell’Università di Pisa, con l’obiettivo di rendere bio­compatibili e più efficaci i processi di estrazione. Attenzione deve inoltre essere posta all’ottimizzazione ed al recupero delle acque reflue del processo di macerazione della ginestra, contenenti sostanze organiche separate dall’idrolisi enzimatica e un’alta carica microbica. Aspetto importantissimo, data la relativa bassa resa del processo, è la valorizzazione di tutti i sottoprodotti e co­prodotti.
46
7. PRODOTTI TESSILI REALIZZABILI CON FILATI DI GINESTRA
La Ginestra essendo stata utilizzata negli anni dell’autarchia come sostitutivo della juta è sempre stata impiegata per la creazione di sacchi, tappeti, borse, cinture, cappelli, tendaggi e cordame. Poiché attualmente la juta è utilizzata anche nella realizzazione di abiti e pantaloni, si potrebbe ipotizzare un utilizzo analogo anche per la ginestra. (Foto16)
Foto 16. Prodotti realizzati in ginestra (Riace RC)
Oltre che trovare impiego nell’industria tessile e cartaria, le fibre estratte dalle vermene possono essere utilizzate nel settore edile per le loro proprietà di isolamento acustico e termico che le rendono adatte anche alla realizzazione di pannelli isolanti. L'elevata area superficiale e la polarità delle fibre di ginestra le rendono idonee alla produzione di filtri. Tali filtri hanno la capacità di assorbire ioni di metalli pesanti, oli e sostanze volatili e possono trovare impiego nel trattamento delle acque potabili e degli scarichi industriali nonché nella purificazione di ambienti. Le fibre possono infine essere utilizzate in materiali compositi a matrice polimerica. In questa applicazione le fibre di ginestra possono costituire un’alternativa ecologica alle fibre di vetro per rinforzare alcuni materiali plastici. Sul tema dell'utilizzo delle fibre di ginestra come rinforzo in materiali termoplastici, alcune ricerche sono state svolte dal Centro Ricerche Fiat e, nel 1999, 47
sono state oggetto del progetto di ricerca “Ecocomp”, che ha coinvolto diverse case automobilistiche europee, diverse industrie elettroniche e aerospaziali e, per l’Italia, la Facoltà di Scienza dei Materiali di Terni. I risultati della sperimentazione sono stati incoraggianti ed hanno permesso di effettuare delle preventive verifiche tecnologiche. Sullo stesso tema è attualmente in corso un nuovo progetto, finanziato dal Ministero della Ricerca Scientifica e Tecnologica coordinato dal Dipartimento di Chimica dell’Università della Calabria.
7.1. Sottoprodotti della lavorazione I sottoprodotti della lavorazione della ginestra variano con i procedimenti impiegati per separare la fibra tessile nelle vermene. Dai sottoprodotti derivanti dall’estrazione della fibra si può ottenere pasta di cellulosa per l’industria cartaria, nonché proteine e zuccheri per mangimi animali ed alcuni principi attivi.
Pasta di cellulosa
La resa in pasta di cellulosa, ottenuta con un processo di disidratazione drastica a base di solfito di sodio al 16% e sodio idrossido al 4% a 170°C per 2,5­4 ore, è stata stimata intorno al 60%, a partire da vermene allo stato secco e al 74% utilizzando le porzioni legnose del fusto; riducendo i tempi di disidratazione si incrementa la resa a discapito della qualità (De Mastro, 1999). Esperienze passate, risalenti agli anni ’40 condotte dall'istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e dallo stabilimento Cellulosa Calabra sembrano confermare le buone caratteristiche qualitative e meccaniche della fibra ricavata sia dalle vermene sia dalle porzioni legnose del fusto. In particolare, gli indici di trazione (45 e 50 N m g­1) e lacerazione (4­5 N m2 kg­1) permettono di asserire che la ginestra presenta caratteristiche meccaniche, per la produzione di pasta di cellulosa, molto simili a quelle del legno di pioppo. Sempre negli anni ’40, al contrario, risultati non buoni di resistenza e di qualità sono stati ottenuti dall’Ente Nazionale per la Cellulosa e per la Carta.
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8. ALTRI USI

Utilizzo nel rimboschimento
La Ginestra odorosa, per le sue caratteristiche di portamento ed ecologiche, è utilizzata nei rimboschimenti di zone degradate o nude.

Utilizzo agrario
Il suo stelo era utilizzato in campagna per assicurare a tutori la vite e le piante di pomodoro.

Consolidamento pendii franosi
Dato l'apparato radicale molto sviluppato, la ginestra trova impiego nel consolidare dune, pendii e scarpate; utilizzata molto nelle scarpate autostradali e ferroviarie.

Pianta ornamentale
Trova impiego nei giardini per vari motivi: migliora il terreno in qualità di Leguminosa contribuendo ad arricchirlo di azoto; ha fiori abbondati, belli e profumati; non ha dimensioni elevate e quindi va bene anche in spazi ristretti. I fiori sono molto ricercati dalle api poiché contengono un ottimo nettare.

Erboristeria
La Ginestra odorosa ha un alcaloide velenoso, la citisina. Per questo è importante non confonderla con la Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) che contiene altri alcaloidi, fra i quali la sparteina, che è utilizzata come sedativo per le palpitazioni cardiache. La Ginestra dei carbonai trova, quindi, impiego in fitoterapia (anche se non è iscritta nella Farmacopea Ufficiale) al contrario della Ginestra odorosa. L’olio è sfruttato nell’industria profumiera. 49
BIBLIOGRAFIA
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