Classe 5^ - Tecnologie mecc. di proc e prod. - UdA n° 1 - La corrosione
LA CORROSIONE
Col termine CORROSIONE si indicano i fenomeni chimici ed elettrochimici indesiderati, che
causano, col passare del tempo, la degradazione o addirittura la distruzione di un materiale
metallico se tra il metallo stesso e l’ambiente circostante sussistono le condizioni necessarie al suo
degrado (es.: combinazioni spontanee con sostanze presenti nell’ambiente).
Per esempio:
•
•
•
Una lamiera d’acciaio ad alta temperatura si ossida
Una lastra di zinco immersa in una soluzione di acido
solforico si dissolve
Una lamiera d’acciaio all’aria si arrugginisce, cioè si
corrode
La corrosione, in pratica, aggredisce i metalli e le leghe
metalliche alterandone le proprietà fisiche, meccaniche e
tecnologiche. Essa altera perciò la qualità “pensata” in fase
di progettazione, causando l’inefficienza degli organi
meccanici e delle strutture.
LA CORROSIONE E’ UN PROCESSO LENTO ED INSIDIOSO.
E’ un processo lento in quanto determina i suoi effetti negativi dopo mesi e mesi; è insidioso
perché quando si mostrano i suoi effetti ormai è tardi ed i danni sono irreparabili.
I danni causati dalla corrosione sono immensi: si stima che, nei vari paesi, le spese sostenute per
fare fronte alle perdite o alla riparazione dei materiali sommino a migliaia di milioni di euro
all’anno.
E’ necessario che il tecnologo abbia una buona conoscenza dei materiali e dei processi che ne
possono causare la corrosione. Solo così, in fase di progettazione, si possono prevedere e prevenire
le cause del degrado, adottando accorgimenti che prolunghino la “vita” dei materiali, anche a costo
di un maggiore costo iniziale del prodotto.
Le probabilità di resistenza alla corrosione di un materiale sono essenziali agli effetti della
determinazione della qualità di un prodotto.
L’impiego di materiali speciali, inossidabili, si giustifica soltanto per applicazioni particolari.
Occorre utilizzare ugualmente i materiali che sono soggetti alla corrosione, prevedendo in fase di
progettazione gli accorgimenti che prevengono o attenuino i fenomeni di degrado, tenendo conto
della funzionalità del prodotto, le esigenze del committente, la “vita” del prodotto stesso ed il
prezzo di mercato.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA CORROSIONE
Si distinguono due gruppi:
1. FATTORI ESTERNI
•
•
•
pH dell’ambiente umido a contatto con le superfici dei metalli
Temperatura
Correnti elettriche esterne
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2. FATTORI INTERNI
•
•
•
•
•
Proprietà chimiche dei materiali metallici
Microstruttura
Tensioni interne
Deformazioni (sollecitazioni)
Stato superficiale del materiale (finitura)
Tra i fattori esterni, quello che maggiormente influisce sulla corrosione è il pH, che rappresenta
una scala di misura dell’acidità o della basicità di una soluzione.
L’uso della funzione pH permette di affermare che (a 25 °C) la soluzione è:
- Acida se il pH è < 7
- Neutra se il pH è = 7
- Basica se il pH è > 7.
E’ possibile visualizzare, attraverso un grafico,
l’andamento della velocità di corrosione dei materiali
metallici in funzione del pH dell’ambiente umido in cui si
trovano.
Per i metalli “nobili” come l’oro ed il platino l’azione
corrosiva non varia con il pH e risulta abbastanza bassa;
Per i metalli cosiddetti “anfoteri” (che si comportano da
base in presenza di acidi oppure da acidi in presenza di basi),
tipo alluminio, zinco, piombo, la corrosione aumenta in modo
significativo sia con l’acidità che con la basicità del singolo
elemento ed ha un minimo in corrispondenza di un certo
valore del pH;
Altri metalli come ferro, nichel e magnesio sono fortemente
corrosivi in ambiente acido (basso valore del pH); in ambiente
basico, al contrario, il loro strato protettivo superficiale si
rafforza rendendoli stabili e praticamente immuni dalla
corrosione.
Ad ogni incremento della temperatura, diminuisce generalmente la resistenza alla corrosione di
metalli e leghe posti in ambienti corrosivi, poiché le molecole, gli atomi o ioni incrementando la
loro energia cinetica possono reagire più facilmente.
Per quanto riguarda i fattori interni, c’è da dire che una buona finitura dello stato superficiale del
materiale migliora la resistenza alla corrosione.
MORFOLOGIA DELLA CORROSIONE
Dal punto di vista della forma, la corrosione può essere:
•
•
•
•
•
Uniforme
Puntiforme (vaiolatura)
In fessura
Intercristallina
Per cavitazione
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1. La CORROSIONE UNIFORME manifesta un attacco
regolare in tutta la superficie esposta dell’oggetto. La
superficie di contorno si conserva parallela a quella
iniziale.
2. La VAIOLATURA (o PITTING) si manifesta con
effervescenze e formazione di piccole cavità o crateri sulla
superficie esterna. Un esempio è la corrosione atmosferica.
3. La CORROSIONE IN FESSURA vede il concentrarsi del
fenomeno in corrispondenza di interstizi (di larghezza
inferiore a 0,1 mm) tra superfici di materiali diversi a
contatto.
4.
La CORROSIONE INTERCRISTALLINA si manifesta
lungo il contorno dei grani cristallini, ed il suo effetto e
particolarmente debilitante.
5. La CORROSIONE PER CAVITAZIONE è un fenomeno
simile all’usura meccanica, e si determina per effetto di
brusche variazioni di pressione (cioè “cavitazione”) nel
liquido (o nel vapore) in cui è immerso l’oggetto (pale di
pompe e di turbine).
TIPI DI CORROSIONE
Rispetto all’ambiente esterno, la corrosione si distingue:
•
•
•
In ambiente umido, quando l’oggetto si trova a contatto di una soluzione
In ambiente secco, quando l’oggetto non viene a contatto con una soluzione ma solo con
l’atmosfera priva di umidità
Coatta, quando la corrosione avviene sotto sforzo, per fatica, sotto l’azione di campi elettrici
circostanti.
CORROSIONE IN AMBIENTE UMIDO
Può essere:
•
•
Chimica
Elettrochimica
La CORROSIONE CHIMICA avviene quando la superficie del metallo è ricoperta da un velo
liquido (condensa).
La CORROSIONE ELETTROCHIMICA si ha quando due metalli diversi sono collegati tra loro
con continuità elettrica in presenza di un elettrolita (liquido conduttore che funziona da veicolo per
gli ioni). I due metalli manifestano differenze di potenziale, cioè uno dei due si comporta da anodo
rispetto all’altro e si corrode.
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1) CORROSIONE CHIMICA
Gli agenti che determinano questo tipo di corrosione sono:
•
•
L’acqua, presente nel velo liquido
I gas atmosferici disciolti nel velo liquido (per esempio: anidride carbonica, anidride solforosa,
presenti nelle atmosfere industriali e urbane, che rendono acida l’umidità che si condensa).
Nella corrosione chimica rientra in pratica la corrosione atmosferica, cioè l’azione ossidante sui
metalli dell’aria e degli altri gas contenenti ossigeno che provocano, in generale, la trasformazione
dei metalli in ossidi.
Quando l’ossigeno è posto a contatto con due metalli, preferenzialmente ossida il metallo “meno
nobile”, cioè quello che richiede una minore energia di formazione di ossido.
Considerato l’idrogeno (ossidato sotto forma di acqua), è stato possibile costituire la seguente
serie di ossidi metallici disposti secondo l’ordine crescente di energia libera di formazione:
Mg O
Al2 O3
Zn O
Si ossida più facilmente
Fe O
H2 O
Ni O
Pb O
Cu2 O
Cu O
Si ossida meno facilmente
Secondo la serie suddetta, l’acqua (che è l’ossido dell’idrogeno) è capace di ossidare i metalli
che si trovano in posizione superiore ad essa (a sinistra, come Mg, Al, Zn, Fe), che sono meno
nobili ed hanno una energia libera di formazione inferiore.
Viceversa i metalli i cui ossidi hanno
un’energia di formazione superiore (come il rame
o il piombo), rispetto all’acqua, non sono in alcun
modo distrutti dal contatto con essa.
Con riferimento alla figura a lato, se l’ossido
di un metallo ad energia di formazione elevata
(nobile) è posto a contatto con un metallo meno
nobile (il cui ossido richiede un’energia di
formazione minore), si verifica il passaggio
dell’ossigeno dal primo metallo (ossidante) che si
riduce al secondo metallo (ossidato) che diventa
ossifo.
- La Passivazione
La passivazione è un fenomeno di natura chimica che può impedire o comunque rallentare la
corrosione dei materiali metallici, che altrimenti avverrebbe.
La PASSIVAZIONE consiste in una ossidazione superficiale che si arresta dopo che si è
costituito un sottile strato di ossido aderente al metallo e che impedisce una ulteriore ossidazione. Il
sottile strato superficiale, costituito da sostanze presenti nell’ambiente aggressivo o ossigeno
assorbito sulla superficie del metallo, aderendo perfettamente alla parte della superficie del pezzo a
contatto con l’ambiente aggressivo (es.: aria, acqua …), diviene protettivo del metallo sottostante.
Il fenomeno riguarda numerosi metalli come alluminio, nichel, rame.
Molti metalli e leghe, sotto l’azione dell’ossigeno dell’aria, subiscono un’ossidazione
superficiale con profondità e velocità diverse a seconda della natura di altri gas presenti e della
temperatura.
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Perché possa avvenire il fenomeno della passivazione, il
sottile strato protettivo deve ostacolare la diffusione
dell’agente ossidante (generalmente ossigeno), per cui deve
essere compatto, cioè deve essere denso e poco poroso. Se
lo strato superficiale ossidato viene asportato
meccanicamente ed il pezzo non viene posto nuovamente a
contatto dell’aria, non può passivarsi e può corrodersi.
La figura a lato illustra il meccanismo di passivazione
dell’acciaio inossidabile. Questo si ricopre di uno strato di
“film” passivo costituito da ossido di cromo, che a sua
volta è parte integrante della lega stessa.
Il “film” superficiale è spesso molto sensibile ai
contaminanti che lo circondano (es.: sporco, polveri, liquidi
…) al punto tale da pregiudicare la sua omogeneità e
resistenza e farne quindi decadere le proprietà tecnologiche
e anticorrosive. Per questi motivi si attua una “passivazione indotta” mediante l’utilizzo di
appropriati prodotti chimici.
SOLO IL PLATINO E L’ORO NON SUBISCONO OSSIDAZIONE
2) CORROSIONE ELETTROCHIMICA
Il processo di corrosione si innesca perché uno ione del metallo lascia il reticolo cristallino e
passa in soluzione nell’ambiente esterno (liquido, solido o gassoso), mentre nel metallo rimangono
cariche elettriche in eccesso rispetto alla posizione di equilibrio.
Il fenomeno prende il nome di pila galvanica.
Per meglio comprendere le
modalità
del
processo
corrosivo, è bene riportare la
scala
dei
potenziali
elettrochimici
standard,
tramite la quale è possibile
individuare
la
tendenza
naturale di un elemento
chimico
ad
ossidarsi
(cessione
di
elettroni,
comportamento
anodico,
corrosione) oppure a ridursi
(acquisto
di
elettroni,
comportamento catodico, no
corrosione), assumendo come
riferimento l’idrogeno (d.d.dp
= 0 [V]).
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-
PILA GALVANICA
Si considerino due metalli diversi, per esempio rame
e zinco, immersi in una soluzione elettrolitica costituita
da acido solforico diluito in acqua.
Con riferimento alla tabella che fornisce la serie dei
potenziali elettrochimici dei metalli, posto uguale a
zero il potenziale dell’idrogeno, i metalli nobili, cioè
quelli la cui corrosione è difficile, hanno un potenziale
positivo rispetto all’idrogeno, mentre i metalli reattivi,
meno nobili, che hanno la tendenza a mandare in
soluzione gli ioni, hanno un potenziale negativo e si
corrodono.
Esempio: Lo zinco, metallo più elettronegativo, invia
ioni positivi nella soluzione ed elettroni,
attraverso un filo di collegamento, al rame.
Si forma così una pila costituita da un anodo
(zinco) e da un catodo (rame). La corrosione
riguarda il metallo dal quale sono partiti gli elettroni: l’anodo di zinco. Il catodo resta
inalterato.
-
TIPI DI CORROSIONE ELETTROCHIMICA
•
Corrosione elettrochimica dei metalli
Si abbiano due pezzi metallici, per esempio uno
di zinco ed uno di ferro, a contatto entrambi con un
liquido elettrolitico. Poiché i due metalli hanno
potenziali elettrici differenti (lo zinco è più
elettronegativo, cioè meno nobile del ferro), si
produrrà una corrente di elettroni, esterna alla
soluzione, dallo zinco verso il ferro. Lo zinco,
perdendo elettroni, diviene anodo (elettrodo
positivo), mentre il ferro diventa catodo. L’anodo
di zinco invia ioni in soluzione e si corrode.
Se invece i due pezzi metallici fossero
rispettivamente di rame e di ferro, essendo il
ferro più elettronegativo, si avrebbe un
passaggio di elettroni dal ferro al rame, sempre
esternamente al velo liquido. Il ferro diventa
anodo, invia ioni in soluzione e si corrode,
mentre il catodo rame rimane inalterato.
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•
Corrosione elettrochimica delle leghe ferrose
Se in una matrice costituita da
una soluzione solida di un
metallo non nobile (più reattivo)
sono presenti cristalli di metalli
più nobili, la presenza di un
elettrolita (per esempio l’umidità)
porta
alla
formazione
di
micropile che causano delle
correnti il cui risultato sono
corrosioni localizzate.
Consideriamo per esempio un
acciaio, costituito da cristalli di
ferrite e da cristalli di cementite.
Le due strutture assumono
potenziali diversi se sono esposti
all’umidità: la cementite si
comporta da catodo e la ferrite da anodo, corrodendosi.
Quando la lega ferrosa è bagnata da una soluzione elettrolitica, elettroni della ferrite si
trasferiscono verso la cementite. La ferrite assume quindi la funzione di anodo. Gli ioni della ferrite
vanno verso la goccia liquida. La ferrite si corrode.
•
Corrosione per aerazione differenziale
Si ha quando l’ossigeno, dell’atmosfera o no, ricopre la superficie di un pezzo metallico mentre
le zone vicine sono impermeabili (perché costituite da sabbia, argilla, tessuti ecc.) ma conduttrici
perché impregnati di elettroliti.
Succede in:
-
strutture metalliche parzialmente immerse in un elettrolita
serbatoi non completamente pieni d’acqua
tubazioni immerse in terreni di diversa costituzione chimica
pali metallici interrati, infissi in un terreno al di sopra del
quale vi sia acqua.
In questi casi, nella zona di separazione delle tre fasi (metallo, aria, soluzione), si determina una
concentrazione di ossigeno maggiore rispetto a quella presente sotto il pelo libero. Per questo si crea
localmente una pila tra la parte metallica a contatto con la zona più ricca di ossigeno (che si
comporta da catodo) e la parte metallica a contatto della zona più povera di ossigeno (che funge da
anodo e si corrode).
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Questo tipo di corrosione avviene anche nelle cricche o fessure superficiali dei materiali
metallici che si sono formate in seguito a lavorazioni meccaniche od a trattamenti termici.
Consideriamo per esempio un pezzo metallico sulla cui superficie è una cricca ricoperta da una
goccia di soluzione elettrolitica. La concentrazione di ossigeno è maggiore nella parte di goccia che
ricopre la cricca, rispetto alla parte di goccia che ricopre il fondo della fessura. La zona superiore
della cricca assume quindi un potenziale meno elettronegativo e funge da catono, mentre il fondo
della cricca è più elettronegativo e funge da anodo, corrodendosi.
Gli elettroni si trasferiscono da un grano all’altro della struttura e gli ioni del ferro vanno in
soluzione, cosicché la cricca diviene sempre più profonda.
Corrosione nelle acque
La corrosione di strutture in immersione in acqua si differenza dalla corrosione atmosferica per
la diversa presenza di ossigeno. Infatti in acqua la corrosione è praticamente nulla in assenza di
ossigeno, se non concorrono altri elementi. Il processo di corrosione in acqua è assai complesso
poiché dipende da molti fattori relativi all'ambiente, ovvero dalla composizione dell'acqua, dalla sua
temperatura ed eventuale velocità di flusso. La composizione può essere delle più varie, secondo la
provenienza, i trattamenti ed i materiali inquinanti. La presenza dell'ossigeno nell'acqua favorisce
entro certi limiti la formazione di uno strato di ossidazione passivante i cui componenti, peraltro,
possono venir disciolti nell'acqua e far proseguire la corrosione senza presenza evidente di ruggine.
Poiché generalmente gli strati di acqua più vicini alla superficie a contatto con l’aria sono più ricchi
di ossigeno di quelli inferiori, si creano differenti gradi di passivazione e quindi celle di corrosione
fra le varie zone. Solidi, dissolti nell'acqua, sali, ecc. possono aumentare la conducibilità dell'acqua.
La tabella seguente fornisce una possibile classificazione delle acque in funzione della durezza:
Durezza (gradi francesi = grammi di CaCO3 in 100 litri)
<6
6 ÷ 12
12 ÷ 18
18
-
Denominazione acque
Acque dolci
Acque moderatamente dure
Acque dure
Acque molto dure
Corrosione nelle acque dolci
Acque dolci sono le acque piovane, le acque di superficie (fiumi, laghi …), le acque sotterranee.
Un elemento che influisce sul potere corrosivo dell’acqua è la percentuale di sali in essa disciolti.
La percentuale di bicarbonati e di carbonati di calcio e magnesio individua la durezza dell’acqua.
Altri sali presenti nell’acqua sono i cloruri, i nitrati, i solfati ecc.
Quando i sali sono presenti in scarsa percentuale (come nell’acqua piovana), si parla di scarsa
durezza dell’acqua. In tali condizioni non si ha la formazione di un velo protettivo e la probabilità
che l’oggetto si corroda è elevato. Se i sali presenti nell’acqua sono in concentrazione superiore ed
aumenta quindi la durezza dell’acqua, i materiali metallici si ricoprono di uno strato incrostante
protettivo (precipitazione di carbonato di calcio) e le acque sono meno corrosive.
Lo strato protettivo incrostante sulla superficie da proteggere deve essere uniforme. In presenza
di una pur piccola mancanza o interruzione dello strato, si innesca il processo corrosivo.
La velocità dell’acqua, se elevata, può rimuovere i rivestimenti protettivi od anche gli strati
passivanti formatisi. Se l’acqua trascina particelle solide dure, può avere un maggior effetto
abrasivo. La velocità può anche portare una maggior presenza di ossigeno, tale da fornire passività,
ma nello stesso tempo, favorisce la soluzione e l’esportazione continua dei composti di ossidazione;
infatti si riscontra frequentemente, in presenza di velocità anche solo di 4 o 5 m/sec, una corrosione
superiore a quella verificata in condizioni statiche.
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Se l’acqua è in grado di sciogliere
l’incrostazione calcarea, si dice che è “aggressiva”.
L’acciaio al carbonio in questa acqua si corroderà
in maniera attiva alla velocità corrispondente
all’apporto di ossigeno.
Nella figura a lato è rappresentata la corrosione
di tubi di acciaio al carbonio di un acquedotto.
Anche negli acciai inossidabili vi è possibilità
di insorgenza di corrosione localizzata (tipo
“pitting”) in caso di presenza di cloruru, ossigeno e
temperatura.
In genere, le ghise sono maggiormente resistenti
alla corrosione rispetto agli acciai al carbonio. Ciò
grazie alla presenza di grafite che ha una “nobiltà”
maggiore del ferro.
Il rame (figura a lato) resiste molto bene in
acqua potabile, ma può subire corrosione
localizzata per pitting in presenza di SO4 ed in
condizioni stagnanti. Resti carboniosi sulla
superficie della tubazione dovuti a residui di
lavorazione o decomposizione delle paste di
saldatura, provocano forature.
-
Corrosione nelle acque di mare
L'acqua di mare, per la presenza di cloruro di sodio, è più corrosiva. L’elevata conducibilità
elettrica esalta i fenomeni corrosivi di tipo galvanico.
L’acqua di mare, pur avendo un elevato contenuto di carbonati, non ha tendenza incrostante.
Col termine “fouling” si intende l’insieme di organismi anche microscopici, di natura animale o
vegetale, che si sviluppano nella parte immersa delle strutture. Esso può creare condizioni
anaerobiche e favorire batteri o condizioni di aerazione differenziale, con conseguente distruzione o
degrado dei rivestimenti protettivi.
Il forte potere depassivamente dei cloruri impedisce l’utilizzo di alcuni acciai inossidabili in
ambiente marino.
A lato è illustrato il caso della corrosione
per cavitazione di un’elica marina.
In presenza di moto relativo ad alta velocità
tra ambiente e materiale (palette di una
girante) o di bassa pressione (parte alta di
apparecchiature) o in presenza di vibrazioni, la
tensione può scendere al di sotto della tensione
di vapore del fluido e dar luogo a bolle gassose
che, collassando, generano onde d'urto che
possono causare fenomeni di fatica e
deformazioni permanenti del materiale. Le
superficiali diventano spugnose a causa dei
profondi crateri che si vengono a formare.
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CORROSIONE IN AMBIENTE SECCO
E’ una corrosione di natura chimica e si ha quando un materiale metallico è posto, in assenza di
umidità, in una atmosfera gassosa diversa da quella normale (cloro, ossigeno secco …) oppure
normale ma ad elevata temperatura.
Si può avere:
•
•
•
Corrosione dovuta a fumi presenti nell’aria
Corrosione a caldo
Corrosione del vapor d’acqua in pressione
1) CORROSIONE DOVUTA A FUMI PRESENTI NELL’ARIA
La corrosione, in assenza di umidità, avviene in presenza di una reazione chimica diretta con gas
come ossigeno, anidride carbonica e solforosa, componenti del cloro contenuti nell’aria.
Altri gas che possono accelerare i processi di corrosione sono:
•
•
Composti dello zolfo, ossido di carbonio, ossido di azoto
(sostanze che, nelle zone industriali, sono immesse
nell’atmosfera dai camini degli impianti, dagli scarichi
degli autoveicoli);
Cloruri, che, nelle zone marine, sono trasportate dal vento
ricco di salsedine.
L’azione corrosiva può avvenire con modalità diverse:
•
•
Il gas si diffonde negli spazi del reticolo cristallino
Il gas reagisce col metallo formando prodotti gassosi che
prolungano il processo corrosivo sempre più in profondità.
La figura a lato illustra la corrosione delle barre metalliche (ferri) in
una trave in cemento armato di una struttura esposta nel periodo
invernale al cloruro presente nell’ambiente in seguito alla
disintegrazione del copriferro in calcestruzzo a causa dei cicli di gelodisgelo.
I cloruri accelerano i processi di corrosione atmosferica perché
producono sali “igroscopici”, cioè capaci di mantenere a lungo bagnata
la superficie, facilitando l’aggressione anche dei sistemi superficiali
protettivi anticorrosivi.
Nelle atmosfere marine e negli ambienti
ricchi di cloruri, neanche gli acciai inossidabili
sono utilizzabili, in quanto risulta attaccato
chimicamente anche lo strato passivato
superficiale composto da ossidi id cromo, con
conseguente progressiva corrosione degli strati
sottostanti.
Nella figura a lato è illustrata la relazione tra
la deposizione dei cloruri e la distanza dal
mare.
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2) CORROSIONE A CALDO – OSSIDAZIONE A CALDO
Più grave della corrosione dovuta ai fumi dispersi nell’aria, è la corrosione dei materiali metallici
che “lavorano” in presenza di fumi “caldi”. Il fenomeno è detto “corrosione a caldo” e, quando è
l’ossigeno che causa l’azione corrosiva, lo stesso fenomeno è denominato ossidazione a caldo”.
Temperature massime di esercizio di alcuni acciai in ambienti contenenti fumi caldi ossidanti,
sono:
Acciaio al Carbonio
Acciaio al Cromo (12 %)
Acciaio al Cromo-Nichel 18-8
T = 565 °C
T = 700 °C
T = 790 °C
L’ossidazione superficiale progredisce dalla superficie all’interno dei pezzi in tre modi:
•
•
•
Lo strato superficiale, screpolandosi,
lascia delle fessure attraverso le quali
l’ossigeno entra e si combina col metallo
sottostante;
Per diffusione degli atomi di ossigeno,
che attraversano lo strato superficiale
ossidato;
Per diffusione degli atomi del metallo,
che attraversano lo strato superficiale
ossidato e si combinano con l’ossigeno
atmosferico.
Lo strato superficiale ossidato ha di solito una massa volumica maggiore di quella del metallo da
cui si è formato per cui, quando lo spessore è consistente, si stacca in forma di scaglie.
La formazione di ossido di ferro è dovuta alla permanenza eccessiva di un acciaio a temperatura
elevata in ambiente ossidante. Durante il raffreddamento all’aria si forma un rivestimento costituito
da tre ossidi, secondo il seguente processo:
1. Il ferro inizialmente si ossida
a Fe O (quanto più elevata è
la
temperatura,
tanto
maggiore è l’ossido nella
scaglia);
2. Subito dopo l’Fe O si ossida
a Fe2 O3 (ruggine rossa);
3. Se non vi è ossigeno a
sufficienza, Fe2 O3 reagisce
con l’Fe O formando Fe3 O4
(ruggine nera), che è friabile
e non in grado di proteggere
l’acciaio sottostante dalla
corrosione.
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3) CORROSIONE DEL VAPOR D’ACQUA IN PRESSIONE
Il vapor d’acqua in pressione ha potere
corrosivo nei riguardi di gran parte delle leghe
metalliche quando si trova ad una temperatura
superiore a 500 °C.
E’
l’ossigeno
proveniente
dalla
decomposizione dell’acqua, che provoca la
corrosione; esso forma sulle superfici
metalliche una pellicola di ossido, che in
seguito si stacca (in presenza di azioni
meccaniche),
consentendo
all’attacco
corrosivo di proseguire in profondità.
Nel caso di leghe ferrose debolmente
legate con cromo, molibdeno e vanadio, il
prodotto della corrosione è un ossido che
protegge il materiale sottostante in quanto difficilmente si verifica il distacco della pellicola
formatasi.
Altre sostanze che, ad elevate temperature, attaccano i materiali metallici, sono:
•
L’idrogeno
La corrosione da idrogeno è anche detta
“danneggiamento da idrogeno” ed è una corrosione
localizzata.
L’idrogeno atomico, ad elevate temperature e pressioni,
si diffonde nell’acciaio, reagendo con la cementite e
formando metano. Si ha una decarburazione dell’acciaio
stesso.
Poiché il metano non può uscire dalla struttura, è causa
di pressione localizzata nell’interno del materiale con
formazione di microfessure.
•
L’idrogeno solforoso
La corrosione dovuta all’idrogeno solforoso avviene per temperature comprese tra 550 e 750 °C,
durante la lavorazione di acciai allo stato grezzo che contengono composti dello zolfo.
Il prodotto della corrosione si presenta sotto forma di scaglie di solfuro di ferro, combinato con
carbonio ed altri elementi, e costituisce una pellicola facilmente asportabile.
•
L’azoto
L’attacco da azoto avviene in ambienti in cui la temperatura è superiore ai 430 °C. Esso provoca
nel materiale metallico una nitrurazione, cioè un indurimento superficiale dovuto all’assorbimento
dell’azoto.
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CORROSIONE COATTA
E’ un tipo di corrosione “imposta per forza”, cioè “costretta ad avvenire” a causa di azioni
esterne quali sforzi, campi elettrici ecc.
Si può avere:
•
•
•
Corrosione sottosforzo
Corrosione per correnti vaganti
Corrosione intergranulare
1) CORROSIONE SOTTOSFORZO (TENSIOCORROSIONE)
Tale corrosione è provocata dall’azione
combinata di tensioni, applicate o residue
(dovute per esempio all’incrudimento subito dal
materiale in seguito a lavorazioni plastiche a
freddo od a trattamenti termici), e di un mezzo
corrosivo.
E’ un tipo di corrosione localizzata, che si
manifesta inizialmente mediante la comparsa di
screpolature e di cricche, perpendicolari alle
sollecitazioni di trazione, che si propagano
generalmente attraverso i grani cristallini
(corrosione transgranulare).
Lo sforzo di trazione applicato determina una concentrazione delle tensioni presso la punta della
cricca che, a causa della contemporanea azione corrosiva, si estende in larghezza ed in profondità.
La punta della cricca si comporta da anodo, mentre i prodotti della corrosione, aderenti alle pareti
interne della cricca, si comportano da catodo.
La cricca si estende con una velocità di 0,5 ÷ 1 mm/h, diminuendo la sezione resistente
dell’oggetto fino a causarne la rottura.
Quando l’oggetto metallico è sottoposto ad una serie di sollecitazioni cicliche, la corrosione che
avviene in presenza di un agente chimico è detta “per fatica”.
Per effetto degli allungamenti e degli accorciamenti elastici del materiale, la pellicola passivata
si rompe, consentendo all’agente corrosivo di venire a contatto con il materiale. Si formano una
serie di cricche localizzate, transgranulari, perpendicolari alla direzione degli sforzi.
Parti di strutture (per esempio funi metalliche o alberi di pompe), sottoposte a vibrazioni in
ambienti anche debolmente corrosivi, si rompono dopo un numero modesto di cicli.
2) CORROSIONE PER CORRENTI VAGANTI
Si ha quando delle correnti fuoriescono da un punto di
una struttura metallica verso un ambiente liquido od
umido (per esempio il terreno).
A questo tipo di corrosione non spontanea sono
interessati le strutture metalliche, i cavi, le condotte ed i
serbatoi.
Le correnti vaganti sono disperse, nei terreni umidi,
dalle reti elettriche a corrente continua provenienti da
impianti di trazione elettrica (tranvie, ferrovie a C.C.), dalla messa a terra di macchinari.
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La zona di ingresso della corrente continua nel metallo assume un comportamento catodico,
mentre le zone di uscita assumono un comportamento anodico e pertanto sono quelle che si
corrodono.
Immaginando una vettura tranviaria
che procede sulla rotaia, la corrente
elettrica perviene al mezzo di trasporto
tramite il cavo aereo (catodo) e,
attraverso le ruote, viene scaricata sulla
rotaia. Da questa, la corrente dovrebbe
ritornare al generatore ma, poiché la
rotaia non è ben isolata dal terreno, il
flusso elettrico in parte si disperde nel
terreno
(elettrolita)
raggiungendo
eventuali condotti interrati. La corrente
percorre le condutture metalliche
parallelamente e ne esce in prossimità
del generatore, ove il circuito si chiude.
Si ha:
•
•
Nei punti maggiormente lontani dal generatore la rotaia si comporta da anodo e la condotta
da catodo. Quindi è la rotaia che si corrode, mentre la condotta rimane protetta.
Nella zona prossima al generatore la rotaia si comporta da catodo e la condotta da anodo. In
questo caso si corrode la condotta.
Un caso importante riguarda le strutture in cemento armato i cui “ferri” possono subire
corrosioni per correnti vaganti disperse, che penetrano attraverso le porosità del cemento (qualora
sono presenti umidità ed ossigeno tra il ferro ed il cemento). Per questo è importante compattare le
pigiate tramite vibrazioni.
3) CORROSIONE INTERGRANULARE
E’ un tipo di corrosione, rilevabile solo
al microscopio, caratterizzata da una
dissoluzione localizzata dei soli bordi dei
grani, senza che ne siano interessati
internamente i grani stessi.
I prodotti della corrosione non
appaiono sulla superficie del materiale,
per cui non vi è alcun segno premonitore.
Al fenomeno, che interessa alcune
leghe del nichel e specialmente gli acciai inossidabili, possono attribuirsi numerose cause:
•
•
•
•
•
Una maggiore tensione dei bordi dei grani rispetto alla matrice dei grani stessi
(microtensione);
L’addensamento delle impurezze nei bordi;
La precipitazione dei carburi di cromo durante i trattamenti termici;
La presenza nel reticolo di vacanze e dislocazioni, che causano distorsioni;
La diversa orientazione cristallografica.
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Tutte queste eterogeneità sono in grado di creare microplile locali capaci, in ambienti adatti, di
alimentare il processo di corrosione. I contorni dei grani fungono da anodo.
La corrosione intergranulare è normale e frequente se il materiale è stato “sensibilizzato”.
La “sensibilizzazione” consiste nella permanenza ad alta temperatura (450 ÷ 850 °C per gli
acciai inossidabili austenitici, oltre 950 °C per gli acciai inossidabili ferritici), anche per pochi
minuti, del materiale, che è quindi aggredito dagli agenti corrosivi (acido solforico, acido nitrico,
acqua di mare, petrolio ecc.).
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