Moto di un pendolo, soggetto a smorzamento. Scopo dell’esperienza: verificare le leggi del pendolo e la validità dell’approssimazione delle piccole oscillazioni. Un pendolo semplice è costituito da una massa puntiforme sospesa ad un filo ideale, ovvero inestensibile e di massa trascurabile, fissato all’altro estremo. Ciò equivale a dire che il punto materiale è vincolato a muoversi lungo una circonferenza posta sul piano verticale, il cui centro è il punto di sospensione O e il raggio la lunghezza l del filo. L’equazione del moto di un pendolo semplice, in mancanza di attrito e resistenza dell’aria, si ricava immediatamente dalla 2a legge di Newton considerando il punto materiale, di massa m, soggetto alla forza gravitazionale e alla tensione del filo. Con riferimento alla figura di sinistra e ovvio significato dei simboli − mg sin θ = maT = mα l ovvero d 2θ ⎛g⎞ = −⎜ ⎟ sin θ 2 dt ⎝l⎠ Si tratta di un’equazione differenziale non lineare che non si può risolvere mediante funzioni elementari. Tuttavia, se l’angolo di oscillazione è “piccolo” (*) essa può essere semplificata utilizzando l’approssimazione sin θ ≅ θ : d 2θ ⎛g⎞ = −⎜ ⎟ θ = −ω 02θ 2 dt ⎝l⎠ g . dove si è definita la frequenza ciclica ω 0 = l Questa è l’equazione di un moto armonico, la cui soluzione generale si può scrivere nella forma: θ (t ) = θ 0 sin (ω 0 t + φ ) dove θ0 rappresenta l’ampiezza (l’angolo massimo raggiunto nelle oscillazioni) e φ la fase iniziale. 2π l . Forse la proprietà Nel limite di piccole oscillazioni questo pendolo ha periodo T0 = = 2π ω0 g più importante delle piccole oscillazioni è che il periodo non dipende dall’ampiezza. O O θ θ l d T mg senθ m mg senθ mg cosθ mg Fig. 1. Schema del pendolo semplice (sx) e del pendolo “composto” (dx). mg cosθ mg Se si sospende un corpo rigido, vincolato a ruotare intorno ad un asse fisso passante per O (chiamato “pendolo composto”, per ragioni storiche), si deve considerare il momento delle forze rispetto al punto O. In assenza di attriti, questo è il momento della forza peso mg, che si può pensare applicata nel centro di massa, a distanza d dal punto di sospensione. Con la solita convenzione sui segni, l’equazione del moto si ricava dal teorema del momento angolare, detto anche 2a legge di Newton per il moto rotatorio. Il momento delle forze è τ = − mgd sin θ , pertanto: cioè − mgd sin θ = Iα mgd ⎛ md ⎞ α =− sin θ = −⎜ ⎟ g sin θ I ⎝ I ⎠ I , ritroviamo l’equazione del pendolo semplice e, Se definiamo una lunghezza effettiva l eff = md l I nel limite di piccole oscillazioni, il periodo vale T0 = 2π eff = 2π . g mdg Per grandi angoli di oscillazione la soluzione può essere calcolata numericamente. Si trova che il periodo dipende dall’ampiezza delle oscillazioni (θ0) e si può scrivere convenientemente nella forma T = T0 f (θ 0 ) , essendo T0 il periodo nel limite di piccole oscillazioni e f(θ0) una funzione che dipende solo dall’ampiezza e non dalle altre proprietà del pendo. T/T0 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,000 1,002 1,004 1,008 1,012 1,017 1,024 1,031 1,040 1,050 θ (°) 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 T/T0 1,050 1,061 1,073 1,087 1,102 1,119 1,138 1,158 1,180 1,205 1,232 1,262 1,295 1,332 1,373 1,40 1,35 1,30 1,25 T/T 0 θ (°) 0,1 0,5 1 2 3 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 1,20 1,15 1,10 1,05 1,00 0 20 40 θ (°) 60 80 100 120 Fig. 2. Tabella della funzione f(θ0)=T/T0 e grafico della stessa. Come si può vedere, il periodo è praticamente costante fino a 5°, mentre per un’ampiezza di 10° devia dello 0,2% rispetto a T0. In pratica, l’angolo si considera piccolo per θ<5° o, al più, θ<10°. L’isocronismo del pendolo è un’approssimazione, tanto migliore quanto più piccolo è l’angolo di oscillazione. Un pendolo reale è soggetto a smorzamento, dovuto a forze di attrito e resistenza del mezzo. Nel caso di resistenze puramente viscose, l’equazione del moto diviene Iα = − mgd sin θ − kω dove k è una costante opportuna. Definendo ω0 come sopra e 2b = k / I si può scrivere dθ d 2θ = −ω 02 sin θ − 2b 2 dt dt Una caso molto interessante è quello di piccole oscillazioni con smorzamento debole (b<ω0); la soluzione ha allora la forma θ (t ) = θ 0 sin (Ωt + φ ) e − bt 2π dove Ω = ω 02 − b 2 . Il valore T = è detto “pseudoperiodo” in quanto la funzione non è Ω veramente periodica ma smorzata. Analisi dei dati. A. Misure con magnete lontano. Idealmente, si vorrebbe studiare il moto di un pendolo non smorzato, confrontando il periodo di oscillazione misurato con quello calcolato. Purtroppo il pendolo utilizzato ha uno smorzamento non trascurabile, anche se siamo sempre nelle condizioni di “piccolo smorzamento” nel senso tecnico spiegato sopra. Anche il confronto con il periodo calcolato non è semplice, non essendo noto il momento d’inerzia del disco, dell’asta, e neppure la massa della sfera di gomma. E’ però possibile studiare la variazione del periodo di oscillazione in funzione dell’altezza, dato che lo smorzamento è così piccolo che la singola oscillazione si può trattare come “non smorzata” ( Ω ≅ ω 0 ). Lo scopo di questa parte dell’esperienza è misurare il periodo in funzione dell’ampiezza e confrontarlo con la curva teorica riportata in tabella e nel grafico. L’esperienza si divide in una parte preliminare ed una misura lunga. La prima operazione consiste nella calibrazione dell’apparato di misura. Questa si può effettuare come segue: si misura il valore costante V1 (in Volt) con il pendolo in quiete e quindi si ruota il pendolo di 360°, misurando il valore costante nella nuova posizione (V2), sempre a pendolo fermo. La differenza fra i due valori corrisponde ad un angolo di 2π radianti e quindi la costante di calibrazione angolo-voltaggio sarà α = 2π V1 − V2 . Nei primi due turni non si è eseguita questa calibrazione, quindi bisognerà ricavarla dalle altre misure, necessariamente più approssimativa. Anche chi l’ha fatta però deve prestare attenzione perché a quanto la differenza V1-V2 può variare anche parecchio ripetendo la procedura più volte. La seconda operazione consiste nella misura delle oscillazioni in tre brevi intervalli (∆t <20s), ad ampiezze di circa 90°, 45° e 5-10°, valori impostati “ad occhio”. Per l’intervallo di misura si scelga un valore da 0,02 a 0,05s. I dati di queste tre misure sono interpolati con la funzione A sin (Bt + C ) * exp(− Dt ) + E I valori registrati sono ampiezza (A), frequenza ciclica (B), coefficiente di attenuazione (D) e costante additiva (E). La costante E rappresenta lo “zero” (dovrebbe avere lo stesso valore nelle tre interpolazioni) e sarà utilizzata nell’analisi delle misure lunghe. E’ importante confrontare questo valore con quello misurato a pendolo fermo nella prima operazione (diciamo V1). Se i valori sono uguali, entro l’errore, la costante di calibrazione α dovrebbe essere corretta, altrimenti non è utilizzabile. “A” (da prendere in valore assoluto) rappresenta l’ampiezza iniziale (t=0) delle oscillazioni nei tre casi, misurata in Volt. Per trasformarla in radianti basta moltiplicare per la costante di calibrazione α se questa è stata calcolata (ed il suo valore è coerente), altrimenti si può utilizzare il valore misurato a 90° come calibrazione: α = π 2 A (in radianti) o α = 90 A in gradi. B rappresenta la frequenza ciclica (Ω) e D il coefficiente di smorzamento (b). Verificare che D<<B. Ciò significa che Ω ≅ ω 0 e quindi lo pseudoperiodo è praticamente uguale al periodo che si misurerebbe senza attenuazione. Per ognuna delle tre misure riportare il periodo ( 2π B ) e l’ampiezza centrale ( A * exp( − D ⋅ ∆T / 2) ) dove ∆T è il tempo di misura (tipicamente 18s). Infine si esegue una misura lunga (almeno 3 minuti, meglio 5), a partire da circa 90° in modo da coprire un intervallo di ampiezze da grandi a piccoli angoli. Analisi della misura lunga. Innanzitutto bisogna importare i dati in formato EXCEL. Ciò si ottiene selezionando “Dati” dalla barra degli strumenti e seguendo la traccia che si può facilmente intuire. L’unica difficoltà può essere costituita dal formato dei numeri: nei dati si usa la virgola per separare le cifre decimali, come dovrebbe essere il caso nelle versioni italiane di EXCEL. Chi usa il punto può istruire EXCEL usando le opzioni “avanzate”. La prima operazione da fare è la sottrazione dello zero, in modo che le oscillazioni risultino centrate intorno al valore zero. Un grafico x-t può essere utile per mostrare che tutto è a posto. La seconda operazione è quella di estrarre periodo e ampiezza delle oscillazioni. Non si chiede di calcolarli tutti: basta selezionare una oscillazione completa ogni 20s circa. I dati qui sotto fanno parte di una serie misurata: la prima colonna fornisce il tempo in secondi, la seconda è la lettura grezza dell’ampiezza, la terza è la stessa dopo la sottrazione del fondo (non calibrata). Come si vede, siamo in prossimità di un’intersezione con l’asse dei tempi: il pendolo passa per la verticale (zero) in un istante compreso fra t=0,12s e t=0,16s. Per trovare l’istante preciso in cui θ=0 basta interpolare linearmente fra questi due istanti, come nella tabella qui sotto. L’istante T1=0,1228s è stato calcolato digitando la funzione scritta in fianco nella casella colorata D17: 15 16 17 18 19 A 0,75 0,80 0,85 0,90 0,95 B 6,0917 7,6381 8,6233 8,8089 8,1434 C -0,9139 -0,5320 -0,1008 0,3396 0,7468 D 0,861 = A17 + C17 * ( A18 − A16) /(C18 − C16) Osserviamo che, nel caso selezionato, l’intersezione avviene “in su” (l’ampiezza C è crescente); si cerca la successiva intersezione “in su”. Ciò avviene fra le caselle 40 e 41; si riporta la formula precedente (con copia-incolla) nella casella D40: la formula è automaticamente trasformata come nel riquadro ed il nuovo istante di intersezione (T2=2,036s) è calcolato. 38 1,90 5,1191 -1,0618 39 1,95 6,8266 -0,7205 40 2,00 8,1124 -0,3148 41 2,05 8,7091 0,1206 42 2,10 8,4612 0,5437 2,036 = A40 + C 40 * ( A41 − A39) /(C 41 − C 39) La differenza fra i due istanti è lo pseudoperiodo T=(T2-T1)=1,175s. Il tempo medio corrispondente all’oscillazione è (T1+T2)/2. L’ampiezza dell’oscillazione, pe il periodo in questione, si ottiene come media fra i valori del massimo e del minimo (in valore assoluto) compresi fra gli "zeri" T1 e T2 appena calcolati. Essi si ricavano mediante interpolazione con una parabola. Con le convenzioni di prima, il valore del massimo, casella D23, è stato ottenuto con la formula scritta a fianco, valida nel caso di intervalli di tempo costanti. 21 22 23 24 25 A 1,05 1,10 1,15 1,20 1,25 B 5,0563 3,1421 1,1836 -0,7782 -2,7362 C D 1,3396 1,4967 1,5559 1,5564 1,5170 1,3802 = C 23 − (C 24 − C 22)^ 2 /(C 22 + C 24 − 2 * C 23) / 8 Copiando e incollando la formula, in corrispondenza del minimo, si ottiene il valore -1,5435. L’ampiezza media dell’oscillazione è data dalla semisomma dei valori assoluti dei due estremi: (1,5564 + 1,5435) / 2 = 1,550 . Ci si sposta in avanti di circa 20 secondi e si ripetono le operazioni, con opportuni “copia-incolla”, ottenendo anche qui pseudoperiodo (T), tempo medio (<t>) e ampiezza (θ)., e così via, ad intervalli di circa 20 secondi fino alla fine (si può scegliere un intervallo minore, ma non maggiore). Si dispongano i dati così ricavati in una tabella. In questa tabella si inseriscono anche i valori ricavati nelle tre misure brevi (in questo caso abbiamo solo periodo e ampiezza). Accanto alle ampiezze “grezze” si calcolano anche le ampiezze “normalizzate”, cioè moltiplicate per il coefficiente α. Un grafico ampiezza-“tempo medio”, in scala semilogaritmica, mette in evidenza l’attenuazione in funzione del tempo. Se l’attenuazione fosse esponenziale i punti starebbero su una retta; si osserva una deviazione da questo andamento per le ampiezze maggiori. Nella figura qui sotto, i dati misurati con il magnete vicino (punti blu) mostrano uno smorzamento maggiore ed hanno un andamento più "rettilineo" (cioè esponenziale), rispetto ai dati misurati col magnete lontano. 0,5 0 0 50 100 150 200 ln(θ ) -0,5 -1 -1,5 -2 -2,5 <t> (s) Fig. Logaritmo dell’ampiezza in funzione del tempo. Sono inclusi i dati con magnete lontano (punti cilamino) e vicino (blu). Un grafico pseudoperiodo-ampiezza (in gradi) mette in evidenza la variazione del periodo di oscillazione con l’ampiezza. Esso sarà confrontato con la curva teorica fornita sopra. Per questo confronto è essenziale che la normalizzazione α sia corretta (normalizzazione “orizzontale”) e che la curva teorica sia aggiustata ai valori sperimentali (normalizzazione verticale), ovvero si devono moltiplicare i valori in tabella (f(θ)) per il periodo del nostro pendolo misurato a piccoli angoli: T=T0* f(θ). Per questo proposito bisogna che i valori misurati raggiungano il limite “asintotico” T0 (cioè se l’ampiezza minima scende sotto i 5° o almeno sotto i 10°). Nell’esempio qui riportato (un caso reale) purtroppo non si scende sotto i 20°. Se l’angolo minimo della misura non scende sotto i 10°, ad es. se è 20°, possiamo stimare il periodo per piccoli angoli come T0 = T (20°) / f (20°) . In tal modo la curva teorica T0 ⋅ f (θ ) passa per il punto misurato a 20°. 1,70 1,60 T (s) 1,50 1,40 1,30 1,20 1,10 0 20 40 60 θ (°) 80 100 120 140 Anche la normalizzazione orizzontale (coefficiente α) è stata un po’ ritoccata per avere un accordo così buono, cosa praticamente inevitabile se si usa la normalizzazione a 90° fatta “ad occhio”. Non dovrebbe essere necessario se la normalizzazione è stata fatta ruotando il pendolo di 360°, ma non è detto, perché in alcuni strumenti sono stati evidenziati problemi di "consistenza" dei dati. Analogamente non dovrebbe esserci bisogno di aggiustare la normalizzazione verticale (T0) se l’angolo minimo misurato scende sotto i 10°. B. Misure con magnete vicino. Si ripetono esattamente le operazioni del caso precedente, salvo eventualmente le misure brevi che erano state lasciate facoltative in questo caso. Se queste sono state eseguite, si controlli se è ancora valida la relazione D << B. Se lo smorzamento è abbastanza grande la curva ampiezza-tempo dovrebbe essere esponenziale con buona approssimazione (lo smorzamento esponenziale indotto dal magnete copre gli altri effetti) e quindi il grafico in scala semilogaritmica avrà un andamento rettilineo. Se non sono state fatte le misure brevi è possibile (facoltativo) fare un fit esponenziale dei dati per ricavare il coefficiente di attenuazione medio da confrontare con il valore Ω=2π/T0 (T0 pseudoperiodo a piccoli angoli) per vedere se è molto minore o confrontabile con esso. La relazione comprende per le misure con magnete lontano: • i valori dei parametri ottenuti dai fit delle 3 misure brevi e verifica che D << B • valori del periodo e ampiezza "centrale" relativi alle 3 misure • valore della costante di calibrazione α ricavata dall'inversione del pendolo o, in mancanza di questa, dalla misura a "90°" • tabella di "tempo medio", pseudoperiodo, ampiezza presi ogni 20 s (al massimo). • grafico ampiezza - "tempo medio" in scala semilogaritmica • grafico pseudoperiodo - ampiezza, insieme alla curva teorica opportunamente normalizzata. Se le normalizzazioni sono corrette dovrebbero sovrapporsi. Stessa cosa con il magnete vicino, salvo eventualmente le misure brevi, che erano facoltatitive.