FINANZA PERSONALE
FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO
MA QUANTO
MI COSTANO?
Malgrado il boom dei fondi e la loro grande diffusione tra il pubblico,
ben pochi sono al corrente di tutti i costi che gravano su questo tipo di
investimento. Esaminiamoli insieme
Gianluigi De Marchi
Attenzione ai costi occulti
DIRIGENTE
“Ho sottoscritto un fondo che non costa
nulla: non ho pagato commissioni”.
“Il mio fondo invece costa caro, perché
ho pagato il 3% di commissioni”.
Il bello è che in realtà è proprio il primo
immaginario protagonista del colloquio
che ha pagato caro il suo investimento (vedi box “Due calcoli sulle commissioni”).
Può sembrare strano, ma spesso è così: la
conversazione tra i due sottoscrittori è indicativa di una mentalità molto diffusa tra
i risparmiatori, che giudicano l’onerosità
di un fondo comune d’investimento basandosi solo su un elemento (le commissioni pagate all’atto della sottoscrizione)
trascurando tutto il resto; un “resto” che,
in certi casi, è d’importo ben superiore a
quello delle commissioni iniziali e che
può pesantemente pregiudicare le future
performance dell’investimento.
Il fatto è che, malgrado il boom dei fondi
e la loro grande diffusione tra il pubblico,
ben pochi leggono il prospetto e coloro che
non hanno chiesto nulla a chi ha proposto
l’operazione, gli altri sanno solo quanto
hanno pagato a titolo di commissione di
sottoscrizione; l’informazione sulle commissioni di gestione, sulle commissioni di
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Gianluigi De Marchi, laureato in economia e
commercio, dopo anni di esperienza nel
marketing e in borsa come commissionario, si
è dedicato alla consulenza nei settori della finanza e del marketing. Collabora con i maggiori quotidiani e periodici economici ed è autore di numerosi libri di carattere finanziario
performance e su tutti gli altri costi che
gravano sull’investimento è scarsa o nulla.
E così, a volte, il risparmiatore è attirato
da offerte che sembrano eccezionalmente convenienti, mentre invece sono simili alle altre o addirittura peggiori, o comunque meno confacenti alle proprie effettive necessità, agli obiettivi dell’investimento e alla durata programmata.
Esaminiamo innanzitutto quali sono
esattamente i vari oneri diretti e indiretti, palesi e occulti che gravano sui fondi
(e quindi sui partecipanti) e cerchiamo di
valutarne l’impatto sul risultato finale
dell’investimento.
I costi dei fondi: un
“listino prezzi” molto lungo
Chi crede che l’onere da affrontare investendo in fondi sia limitato alla commissione di sottoscrizione deve subito ricredersi: non è vero. Basta leggersi un prospetto di un qualsiasi fondo italiano per
individuare, nei vari articoli del regolamento, i vari costi che gravano sul fondo.
Si tratta di:
- commissione di sottoscrizione
- commissione di rimborso
- commissione di gestione
- commissione di performance
- commissione di trasferimento
- commissione di negoziazione
- commissione di deposito e amministrazione
- altri costi e spese
Esaminiamone analiticamente la natura
e l’entità.
La commissione di sottoscrizione
È applicata sull’importo versato nel fondo ed è calcolata in percentuale. La commissione riduce immediatamente il valore
dell’investimento netto, poiché una parte
è sottratta dalla società di gestione (che la
accredita alla rete di vendita a compenso
della sua attività di promozione).
Facciamo subito un esempio: un risparmiatore sottoscrive un fondo azionario
versando € 3.500; il regolamento prevede una commissione del 3%. L’investimento effettivo netto sarà pari a:
3.500 - (3.500 * 0,03) = 3.395
L’entità della commissione di sottoscrizione varia molto in funzione di alcuni
elementi, che possiamo indicare in:
- importo della sottoscrizione. In generale,
esse sono pari al 2-4% per importi inferiori a € 25.000 e decrescono man mano che il versamento aumenta, fino a
raggiungere un minimo dello 0,50% per
scaglioni intorno ai € 250.000;
- modalità della sottoscrizione. La commissione per investimenti “in unica soluzione”, effettuata cioè versando una
cifra in genere superiore a € 2.500, senza alcun programma di versamento successivo, è mediamente più bassa di quella per i cosiddetti Pac (piani d’accumulo del capitale), quelli cioè che prevedono un importo iniziale molto basso (€
500 o addirittura, per certe società, € 50)
e versamenti periodici successivi (in genere con scadenza mensile). In questo
caso, la commissione iniziale tocca il 1525% del primo importo, ed è pari all’12% sui versamenti successivi.
- tipo del fondo. In molti casi la commissione per sottoscrivere fondi obbligazionari è inferiore a quella prevista per i
fondi azionari (la differenza può essere
di uno/due punti percentuali). Per i fondi “di liquidità” in genere è prevista una
commissione forfetaria pari a € 100, indipendentemente dall’importo versato.
Molti risparmiatori interpretano la commissione di sottoscrizione come un “pedaggio” o come un “diritto d’ingresso”, un
po’ come al momento in cui si entra in autostrada o si fa domanda a un tennis club.
In realtà si tratta di una commissione che
compensa il servizio professionale del
consulente che propone l’investimento e
che spesso, prima di chiudere un’operazione, effettua numerosi incontri con il
sottoscrittore potenziale per delinearne il
profilo, capirne le motivazioni, individuarne la propensione al rischio e così via:
un po’ come fa il medico quando effettua
la prima visita a un paziente, che deve farsi un quadro il più possibile preciso della
persona di cui deve curarsi.
Questa commissione rappresenta il mezzo ordinario e tradizionale per compensare il lavoro dei collocatori. Ma chi non
la paga non s’illuda che il suo promotore
o il suo impiegato bancario lavori gratis;
La commissione di rimborso
È applicata sugli importi prelevati dal
fondo ed è calcolata in percentuale.
La commissione riduce il valore del disinvestimento, poiché una parte è sottratta dalla società di gestione che la trattiene a fronte dei costi anticipati alla rete di vendita come accennato in seguito.
Ad esempio, un risparmiatore che disinveste un fondo azionario prelevando
20.000 euro, con l’applicazione di una
commissione di uscita pari al 2,5%, incasserà una cifra netta pari a:
20.000 - (20.000 * 0,025) = 19.500
La commissione di uscita si applica a
molti fondi che non prevedono commissioni di entrata (e già qui si svela una parte del mistero dei fondi “che non costano
niente”).
Non si paga nulla al casello d’entrata, si
paga al casello d’uscita...
Come accennato, la commissione è incamerata dalla società di gestione, perché
copre i costi connessi agli anticipi provvigionali erogati alla rete di vendita per
compensarla della sua attività: in questo
caso il cliente non paga un’apposita commissione, ma poiché il collocatore va comunque rimunerato per la sua attività, la
società di gestione si accolla l’onere di un
compenso (in genere oscillante tra un
minimo dello 0,50% e un massimo dell’1,50% della sottoscrizione).
E così si svela un altro mistero dei fondi venduti “gratis”: è vero che il cliente
non paga un’apposita commissione, ma
il collocatore incassa comunque una
provvigione.
L’entità della commissione di sottoscrizione non varia in funzione degli importi rimborsati (€ 10.000 pagano come € 100.000), ma solo in funzione del
tempo trascorso dalla sottoscrizione. In
genere, i rimborsi effettuati entro il primo anno dalla stipula del contratto sono soggetti a una trattenuta del 3%,
quelli entro il secondo anno del 2%,
quelli entro il terzo anno dell’1%.
Tranne poche eccezioni, dopo il terzo anno non sono più applicate commissioni.
È evidente che, con tale sistema, le società
mettono in atto una specie di “fidelizzazione obbligata” dei clienti, costretti a
mantenere le quote per almeno tre anni
per non sottostare all’onere in uscita.
La commissione di gestione
È applicata sul patrimonio gestito dal
fondo ed è calcolata in percentuale con
prelievo giornaliero.
La commissione riduce il valore del patrimonio netto del fondo (e quindi, proquota, del capitale disponibile per ogni
singolo partecipante), poiché una parte è
sottratta dalla società di gestione che la
trattiene a fronte dei propri costi.
Facciamo un calcolo esemplificativo di
un fondo con 10 miliardi di patrimonio
che prevede una commissione di gestione pari all’1,5% annuo; il valore giornaliero netto è pari a:
10.000.000.000 - (10.000.000.000 *
0,015 : 365) = 9.999.590.000
I 410.000 euro giornalieri vanno a compensare la complessa attività della società di gestione.
L’entità della commissione di gestione varia in funzione di almeno due elementi:
- la natura dei fondi. La commissione di
gestione è maggiore per quelli azionari
o flessibili (che hanno un tipo di gestione molto complessa, che deve prendere
in considerazione numerosi fattori, studiare moltissime variabili, analizzare i
bilanci delle società quotate, ecc.), minore per i fondi obbligazionari.
- la struttura delle commissioni a carico
dei sottoscrittori. A parità di natura, se
un fondo prevede commissioni di sottoscrizione la sua commissione di gestione è più bassa di quella di un fondo “no load” (senza commissioni d’en-
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DIRIGENTE
come si vedrà, nei
casi in cui non si applichi la commissione di sottoscrizione
esistono altre commissioni a carico del
risparmiatore e a
beneficio del collocatore.
Nel mondo finanziario nessuno (giustamente) lavora
gratis; chi veramente offre gratuitamente i propri servizi opera in altri settori, tanto che Don
Bosco, il Cottolengo
o Madre Teresa di
Calcutta non hanno
mai collocato quote
di fondi...
FINANZA PERSONALE
trata, con eventuali commissioni di
rimborso). Ed ecco qui svelato ancora
un mistero dei fondi “che non costano
niente”: non si paga nulla al casello autostradale, ma ogni chilometro una
pompa automatica succhia un po’ di
benzina dal serbatoio di tutte le auto in
transito...
La commissione di performance
È applicata sulla rivalutazione del valore
delle quote, qualora essa risulti superiore a un parametro di riferimento ed è calcolata in percentuale.
Le modalità di calcolo sono molto diverse da società a società; si può trattare di:
- percentuale della differenza tra il rendimento del fondo e quello dell’indice di
riferimento (ad esempio, se l’indice fa
segnare +16% e il fondo +19%, il regolamento può prevedere l’applicazione del 20% di commissione sui 3
punti percentuali di “supercrescita”
della quota);
- maggiorazione della commissione di
gestione (ad esempio, se l’indice fa segnare +16% e il fondo +19%, il regolamento può prevedere l’applicazione
di una commissione di gestione dell’1,65% anziché dell’1,5% “normale”).
In certi casi è previsto che la maggiorazione cresca man mano che aumenta la “supercrescita” della quota;
- maggiorazione della commissione di gestione per ogni punto percentuale di rendimento, indipendentemente dal superamento di un parametro di riferimento. In pratica, più il fondo rende, più il
fondo costa.
Potrebbe anche sembrare giusto, ma il
fatto è che nessun fondo prevede che, nel
caso in cui il gestore sia poco abile (e basta scorrere l’elenco delle performance
per scoprirne parecchi...), la commissione di performance sia restituita ai partecipanti, magari accompagnata anche da
una cortese lettera di scuse.
DIRIGENTE
La commissione di trasferimento
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È applicata sugli importi passati da un
fondo a un altro (all’interno di una “famiglia” gestita dalla stessa società) ed è
calcolata in percentuale.
Il trasferimento (noto anche col termine inglese switch) è soggetto a una com-
missione che va a beneficio della società
di gestione per la copertura dei costi
connessi alla modifica dell’investimento. Alcune società concedono uno o più
trasferimenti gratuiti nel corso dell’anno; altre applicano commissioni dello
0,2-0,3% sugli importi trasferiti da un
fondo all’altro.
La commissione riduce il valore dell’investimento netto, poiché una parte è sottratta dalla società di gestione.
Ad esempio, nel caso di switch di un investimento di € 10.000 da un fondo azionario internazionale a un fondo italiano,
con una commissione del 3 per mille, nel
nuovo fondo saranno versati:
10.000 - (10.000 * 0,003) = 9.970
La commissione di negoziazione
È applicata su tutte le operazioni di compravendita passate in borsa dal fondo ed
è calcolata in percentuale.
Quando un fondo acquista un milione di
Btp decennali paga la commissione alla
banca o alla Sim che negozia i titoli;
quando vende 50.000 azioni Ibm paga le
commissioni all’intermediario estero che
esegue l’operazione.
Le “tariffe” variano notevolmente a seconda di vari elementi:
- la natura dei titoli. I titoli a reddito fisso sono soggetti a commissioni inferiori rispetto a quelli azionari;
- la borsa di negoziazione. I titoli italiani
hanno un costo inferiore a quello dei
titoli esteri, per i quali occorre pagare
a volte due/tre intermediari, oltre alle
commissioni valutarie;
- l’intermediario utilizzato. I fondi che
fanno parte di un gruppo, all’interno
del quale è presente una banca o una
Sim, pagano commissioni inferiori
agli altri, in quanto beneficiano di condizioni “di favore”;
- il volume delle negoziazioni. I fondi
grossi, che muovono ingenti capitali,
pagano meno degli altri in quanto hanno “sconti sul volume”.
In linea di massima, comunque, le commissioni pagate dai fondi sono largamente inferiori a quelle che pagherebbe
un comune operatore privato. Ma, nonostante tutto, il costo a carico del fondo (e
quindi, indirettamente, dei risparmiatori) può essere consistente, in funzione
della cosiddetta “movimentazione del
portafoglio”, cioè del totale delle compravendite effettuate. Ad esempio, un
fondo con 10 miliardi di patrimonio, che
in un anno effettui compravendite per 50
milioni, pagando mediamente una commissione dell’1 per mille, pagherebbe
oneri (a carico dei risparmiatori) pari a:
50.000.000 * 0,001 = 50.000
Ciò significa che, alla fine dell’anno, il patrimonio sarà decurtato di quella cifra rispetto a un fondo che sia rimasto “fer-
DUE CALCOLI
SULLE COMMISSIONI
C
onviene pagare la commissione di sottoscrizione o è meglio pagare la commissione di rimborso? È la domanda che si pongono molti risparmiatori, soprattutto coloro che stanno scegliendo un fondo (e sono sempre più numerosi)
che offre al singolo la possibilità di optare per una delle due soluzioni.
Come quasi sempre nel mondo finanziario non esiste una soluzione univoca, tanto che la risposta giusta alla domanda è: “Dipende”.
Dipende anzitutto dall’orizzonte temporale dell’investimento: se è di breve periodo, conviene la commissione d’ingresso che (specie per importi elevati) è decisamente più bassa della commissione di uscita. Ad esempio, per € 200.000 la
commissione d’entrata potrebbe essere dello 0,5%; quella di uscita entro un anno, come accennato, è del 3%: meglio non farsi abbacinare dall’illusione di un
fondo “no load”.
Dipende, come accennato, dall’importo versato: per importi piccoli è meglio differire nel tempo la commissione, evitando le aliquote elevate previste per la
commissione d’ingresso al di sotto dei € 25.000. Dipende dalle modalità di disinvestimento: se si prevede che esso si diluisca nel tempo, perché il capitale investito è destinato, ad esempio, ad alimentare una rendita finanziaria a beneficio del sottoscrittore, meglio la commissione di uscita che garantisce, in genere dopo tre anni, di non pagare più nulla sugli importi incassati.
La commissione di amministrazione
È applicata sul controvalore dei titoli
posseduti dal fondo ed è calcolata in percentuale.
La commissione può essere applicata
con diverse modalità:
- percentuale fissa sul valore netto del
fondo;
- percentuale decrescente in funzione
del valore netto del fondo;
- compenso minimo fisso abbinato a
percentuale decrescente.
La commissione riduce il valore del patrimonio netto del fondo (e quindi, pro
quota, del capitale disponibile per ogni
singolo partecipante), poiché una parte
è sottratta dalla società di gestione che
la accredita alla banca incaricata del
servizio (la banca depositaria indicata
sul prospetto).
Facciamo l’esempio di un fondo con 10
miliardi di patrimonio che prevede una
commissione di amministrazione pari
all’1 per mille annuo; l’onere sarà pari a:
10.000.000.000 * 0,001 = 10.000.000
Questo costo compensa la banca per le
varie incombenze che la legge e il regolamento prevedono a suo carico, quali
il servizio di amministrazione dei tito-
li, l’emissione quotidiana del certificato cumulativo rappresentante le quote
in essere, l’emissione e la consegna dei
certificati ai sottoscrittori che desiderano ritirare le quote, il controllo della
regolarità delle operazioni effettuate
dal fondo, ecc.
Come per le commissioni di negoziazione, i fondi pagano commissioni ben inferiori a quelle normalmente pagate dai
risparmiatori che operano in proprio, a
motivo dei diversi volumi amministrati.
Altri costi e spese
Segnaliamo in questa categoria oneri di
varia natura e di varia entità che gravano sui fondi:
- spese di pubblicazione degli avvisi sui
quotidiani, per adempiere agli obblighi di trasparenza e informativa dei
partecipanti;
- costi della stampa dei documenti (contratti allegati, con esclusione di quelli
a carattere pubblicitario);
- spese di revisione e di certificazione
dei rendiconti;
- spese legali e giudiziarie sostenute
nell’interesse esclusivo del fondo.
CONSIGLI
PER GLI ACQUISTI…
Ricordiamo qualche utile suggerimento,
per non farsi abbacinare da specchietti
per le allodole più o meno accecanti.
Valutare il costo effettivo è necessario per
Dipende, in un confronto tra fondi diversi, dalla struttura complessiva dei costi: un
fondo sottoscritto per € 300.000 con il 2% di commissioni d’ingresso (un’enormità,
per quella cifra) e l’1% di commissione di gestione può essere, nel lungo periodo,
più conveniente di uno con commissioni d’ingresso zero e commissioni di gestione
del 2% (anche senza calcolare commissioni di rimborso).
Infatti, nel caso di investimento di durata decennale, risulta che nel primo caso
si pagheranno commissioni complessive per:
300.000 * 0,02 = 6.000
(commissione di sottoscrizione)
300.000 * (0,01 * 10) = 30.000 (commissione di gestione sul capitale versato;
ovviamente in realtà anno per anno la commissione è calcolata sul netto)
TOTALE = 6.000 + 30.000 = 36.000
Nel secondo caso, invece, le commissioni saranno solo quelle di gestione, quindi:
300.000 * (0,02 * 10) = 60.000
Ecco quindi svelato il mistero finale relativo alla conversazione tra i due sottoscrittori con la quale abbiamo iniziato l’analisi: chi è tutto fiero di non aver pagato nulla in realtà ha pagato molto di più di chi è preoccupato di aver pagato
tanto, solo che non se ne rende conto. Il sottoscrittore, invece, deve rendersene
conto e deve imparare a farsi bene i conti in tasca, per evitare che altri lo facciano (male) per lui.
evitare di fare operazioni non convenienti o non adeguate alle proprie essenze.
Per far questo è indispensabile leggersi il
prospetto informativo e il regolamento
(non è certo divertente, ma è utilissimo
per evitare sorprese quando, ahimè troppo tardi, si scoprono certe cose).
Illudersi di sottoscrivere un fondo a costo zero è come pensare di comprare una
casa gratis senza pagare il mediatore che
cura l’affare; meglio quindi armarsi di
pazienza per vedere quali siano i costi totali che si affrontano; e se non si è certi
dei calcoli, bisogna porre domande precise al consulente (promotore finanziario o impiegato di banca) che è tenuto a
fornire risposte chiare ed esaurienti anche in forma scritta.
Valutare il costo non significa, in assoluto, scegliere il fondo “meno caro”, ma
il fondo “più conveniente”.
Qui si entra nel campo degli obiettivi d’investimento e del “profilo di rischio” del risparmiatore: è chiaro che un fondo di liquidità che fa pagare € 100 forfetari al momento della sottoscrizione e 0,50% annuo
di commissione di gestione costa meno di
un azionario Pacifico che fa pagare il 4%
di commissioni di sottoscrizione e il 2% di
commissioni di gestione.
Ma se l’obiettivo è differenziare il patrimonio e puntare a una crescita rapida e
consistente del capitale, il secondo fondo è più adatto del primo.
Valutare il costo, infine, significa anche
rapportarlo al rendimento atteso non solo in termini di performance (i risultati
del passato non sono una garanzia per il
futuro…), ma anche in termini di servizio ottenibile.
Una buona assistenza del promotore finanziario o dello sportellista bancario,
una chiara comunicazione periodica,
un’ampia informazione da parte della società di gestione o della Sim di distribuzione possono valere più di un punto percentuale di commissione.
Ricordiamoci che la sottoscrizione di un
fondo non è comparabile all’acquisto di
1.000 azioni Generali, perché il contratto di sottoscrizione è sì un contratto finanziario, ma anche un contratto di servizio e di assistenza nel tempo.
La valutazione della convenienza di un
fondo va fatta nel corso degli anni, non
certo dopo qualche settimana; e in quest’ottica alcuni dei costi considerati si
stemperano riducendosi a entità modeste, forse inferiori al loro valore.
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DIRIGENTE
mo”. Bisogna vedere se il gioco vale la
candela e se il gestore è così bravo da vendere sempre titoli che scendono, comprando titoli che salgono.
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MA QUANTO MI COSTANO?