Gianfranco Favia Eustachio Nettis Allergie e reazioni avverse in Odontostomatologia Classificazione, diagnosi e protocolli di gestione del paziente In copertina: Vincent van Gogh, Marguerite Gachet nel giardino Gli Autori ringraziano la Dr.ssa Mariagrazia Lacaita, ricercatore confermato MED-28 dell’Università degli Studi di Bari, per aver selezionato i casi clinici di età infantile presentati nel testo e la Dr.ssa Dominique Toscano, laureata in Odontoiatria e perfezionanda in Chirurgia Laser dell’Università di Bari per la raccolta bibliografica, la Revisione sistematica del testo e il collegamento interdisciplinare. Un ringraziamento particolare viene espresso dagli Autori alla Dr.ssa Maria Cristina Colanardi e alla Dr.ssa D’erasmo Maddalena, Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università degli Studi di Bari, per la loro insostituibile collaborazione. Con il patrocinio di Università degli Studi di Bari Società Italiana di Patologia e Medicina Orale I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica e di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Md press s.a.s. - editoria medica Corso Lecce, 1 – 10145 Torino Tel. – 339/6979312- E-mail [email protected] P. IVA 07617950014 1a Edizione: Aprile 2009 I NDICE Presentazioni al volume VIII Il punto di vista dell’odontoiatra XIII Introduzione XV PARTE A: REAZIONI ALLERGICHE (RALL) 1 1 Reazioni allergiche (RALL) ad antibiotici, antinfiammatori, anestetici locali, mezzi di contrasto, anestetici generali Definizione ed eziopatogenesi Quadri clinici più comuni RALL immediate Orticaria/angioedema Shock anafilattico Asma RALL tardive Farmaci maggiormente responsabili di RALL Antibiotici Antinfiammatori non streroidei Anestetici locali Mezzi di contrasto Anestetici generali Diagnosi Anamnesi Esame obiettivo Prove allergiche cutanee Test di provocazione a farmaci Test in vitro Diagnosi differenziale Terapia 2 3 4 4 4 5 5 6 6 6 8 8 9 10 11 11 12 12 14 16 16 16 Letture consigliate 16 2 Reazioni allergiche (RALL) da contatto 18 19 19 19 19 20 21 21 Definizione Epidemiologia Classificazione e patogenesi Eziologia Metalli e leghe metalliche Metalli puri Leghe metalliche III INDICE Resine Gomme Aromatizzanti Antimicrobici Anestetici locali Dentifrici e colluttori Clinica Dermatite allergica da contatto Stomatite allergica da contatto Diagnosi e diagnosi differenziale Prevenzione Terapia 22 23 24 24 26 26 26 26 27 27 29 29 Letture consigliate 30 3 Allergia al lattice della gomma 32 Definizione Epidemiologia e gruppi a rischio di sensibilizzazione Fattori di rischio Patogenesi e clinica Diagnosi Test in vivo Test in vitro Prevenzione Gestione del paziente allergico al lattice Procedure in ambulatorio di odontostomatologia Procedure in sala operatoria Allestimento della sala operatoria Preparazione del paziente Programmazione dell’intervento Terapia 33 33 34 34 35 35 37 37 37 38 41 41 41 42 42 Letture consigliate 42 4 Reazioni allergiche (RALL): quadri clinici particolari 44 A – Patologie allergiche da alimenti Sindrome orale allergica (SOA) Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Patologia orodigestiva da Anisakis Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale IV 45 45 45 45 46 46 47 47 47 47 47 49 INDICE Terapia Letture consigliate 49 49 B – Lesioni lichenoidi (da farmaci, da materiali dentari) Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Letture consigliate 50 50 51 53 53 53 54 C – Glossite eritematosa migrante Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Letture consigliate 55 55 55 56 57 57 57 D – Sindrome della bocca bruciante o Burning Mouth Syndrome (DMS) Definizione Eziopatogenesi e clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Letture consigliate 58 58 58 59 60 60 E – Angioedema ereditario (AEE) Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Letture consigliate 60 60 60 61 61 62 62 5 Trattamento delle emergenze allergologiche in odontostomatologia 64 65 67 68 Trattamento iniziale dell’anafilassi Trattamento dell’asma acuto Trattamento dell’orticaria acuta Letture consigliate 68 6 Protocolli di diagnosi e di gestione del paziente allergico 70 76 76 76 76 77 78 Gestione del rischio Pazienti a basso indice di rischio Pazienti a medio indice di rischio Pazienti ad alto indice di rischio Protocolli di premedicazione Appendice – Protocolli da adottare in caso di RALL V INDICE PARTE B: REAZIONI AVVERSE 81 7 Reazioni avverse a farmaci (RAF) 82 83 84 88 88 88 88 89 91 91 91 91 92 92 93 93 93 93 93 93 93 94 94 94 95 95 96 96 96 96 Definizione ed eziopatogenesi Fattori di rischio Quadri clinici Eritema multiforme (EM) Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Ulcerazioni orali da farmaci Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Angina bullosa emorragica Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Reazioni avverse a ipoclorito di sodio Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Letture consigliate 96 8 Reazioni avverse a presidi da contatto 98 Dermatite irritativa da contatto Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia Stomatite irritativa da contatto Definizione Eziopatogenesi Clinica Diagnosi e diagnosi differenziale Terapia VI 99 99 99 100 100 100 100 100 100 101 102 103 Letture consigliate 103 9 Protocollo di gestione delle reazioni avverse 104 Glossario 106 Indice analitico 110 VII P RESENTAZIONI AL VOLUME Ritengo di notevole interesse ed estrema utilità la pubblicazione del volume “Le allergie e le reazioni avverse in Odontostomatologia”, nel quale, con il consueto rigore scientifico e singolare capacità esplicativa, il caro amico e stimato collega prof. Gianfranco Favia in collaborazione multidisciplinare con l’allergologo dr. Eustachio Nettis affronta tematiche di confine, così importanti per la formazione e l’aggiornamento degli odontoiatri e degli studiosi di medicina orale. L’esigenza da parte degli odontoiatri di avere un’adeguata conoscenza multidisciplinare su tale materia è dovuta essenzialmente a due importanti motivi: l’aumento dell’età media della popolazione, che comporta una sempre più crescente necessità di dover fornire trattamenti odontostomatologici a pazienti affetti da patologie sistemiche croniche e, quindi, obbligati all’assunzione cronica di farmaci (antipertensivi, antidiabetici, antidepressivi ecc.), e un utilizzo sempre maggiore di alcuni dei farmaci principalmente responsabili di reazioni avverse (antibiotici, antinfiammatori non steroidei, anestetici) nella pratica odontoiatrica. In tale scenario, l’odontostomatologo risulta coinvolto nella problematica delle reazioni avverse ai farmaci secondo un duplice ruolo: sia come figura medica deputata alla gestione e al trattamento di reazioni che si manifestano prevalentemente o esclusivamente nel cavo orale (come angioedema ereditario, eritema multiforme, lesioni lichenoidi, ulcere orali ricorrenti), sia come operatore sanitario responsabile della somministrazione di farmaci con potenziali effetti avversi. Altro argomento trattato nel libro è l’allergia al lattice, problema emergente che coinvolge la classe medica e gli operatori sanitari in generale e che risulta di rilevante interesse per l’odontoiatra sia come possibile malattia professionale sia come patologia che richiede l’assunzione di specifiche e opportune accortezze per il trattamento odontoiatrico di pazienti che ne sono affetti; infine, di interesse prettamente odontostomatologico sono le patologie irritative e allergiche dovute a materiali dentari (e.g. metalli, resine, dentifrici, collutori). È indubbio che in questa sua opera il prof. Favia confermi le sue doti di appassionato clinico e rigoroso studioso, riuscendo nell’ammirevole impresa di coniugare evidenza scientifica ed esperienza clinica. Per tale motivo, presento con onore e piacere questo volume con l’auspicio che possa essere strumento condiviso per la formazione degli studenti e l’aggiornamento di professionisti e ricercatori. Prof. Lorenzo Lo Muzio Presidente SIPMO (Società Italiana di Patologia e Medicina Orale) IX L’aggiornamento e l’indispensabile collaborazione con altri specialisti allergologi, immunologi, dermatologi e infettivologi rivestono un ruolo importante nella tutela della professionalità dell’odontoiatra. Chi svolge la propria attività lavorativa confrontandosi ogni giorno con i pazienti ha precise responsabilità non solo professionali, ma anche medico-legali e, pertanto, non deve mai sottovalutare i rischi e le insidie che la professione medica e di odontoiatra nascondono. L’uso di anestetici locali o di farmaci in soggetti con riferite o non riportate allergie o intolleranze a presidi farmacologici, ovvero l’uso di dispositivi medico-chirurgici in gomma in pazienti con celata allergia al lattice, o ancora il largo impiego di presidi odontoiatrici, alcuni dei quali responsabili di allergie o irritazioni da contatto, sono tutti fonte di rischio. Gli Autori hanno elaborato una serie di capitoli che fanno il punto sulle conoscenze attuali nell’ambito dell’epidemiologia, della patogenesi, della clinica, della terapia, delle allergie e delle reazioni avverse in ambito odontoiatrico, ponendo particolare attenzione alle attuali metodologie diagnostiche. Viene inoltre dedicato ampio spazio alle possibilità di prevenzione e ai protocolli di gestione dei pazienti affetti da tali problematiche. Lungi dall’essere un semplice concentrato di informazioni, questo libro, di agevole lettura e consultazione, rappresenta un sicuro e valido ausilio nella pratica quotidiana dell’odontoiatra che voglia organizzare razionalmente e trasferire al paziente le conoscenze offerte dal volume. Va fatto un doveroso riconoscimento agli Autori che hanno collaborato alla stesura del volume per la loro competenza, professionalità e per l’attenzione che hanno posto nel riportare le varie conoscenze, non soltanto sul piano teorico, ma soprattutto sul piano pratico, delineando sia le possibilità applicative sia i limiti che ancora oggi esistono in questo settore. Prof. Angelo Vacca Ordinario di Medicina Interna Primario U.O. di Allergologia, Università Policlinico-Bari XI IL PUNTO DI VISTA DELL ’ ODONTOIATRA Nella mia venticinquennale esperienza clinica ho potuto constatare come una delle più frequenti diagnosi, che vengono riferite dai pazienti durante l’anamnesi, sia quella di “allergia”. Quest’ultima è una diagnosi che, molto spesso, viene posta con superficialità, senza osservare un iter determinato e basato sulle evidenze e può innescare nel paziente un senso di angoscia e nell’odontoiatra di disorientamento. Spesso si tratta infatti di patologie fantasma, senza corrispondenti quadri clinici tipici evidenziabili all’esame obiettivo. Il continuo, costante e progressivo incremento dell’incidenza di tali fenomeni rende indispensabile un corretto inquadramento di queste patologie, onde poter pianificare con chiarezza e decisione le terapie odontostomatologiche. L’odontostomatologia può imbattersi in lesioni orali evidenti correlate all’allergie o alle reazioni avverse, o può essere coinvolto nella gestione multi-specialistica di complessi quadri clinici sistemici di allergie e di reazioni avverse, i quali vanno adeguatamente inseriti in appositi protocolli standardizzati di diagnosi e terapia dei pazienti. Prof. Gianfranco Favia XIII I NTRODUZIONE La patologia allergica in ambito odontoiatrico rappresenta un argomento di notevole importanza e frequente riscontro per il medico odontoiatra. Nel testo sono descritte sia le patologie allergiche che interessano gli odontoiatri sia quelle che interessano i pazienti. Data l’estrema complessità e vastità dell’argomento, si è voluto fornire al lettore uno specifico glossario, integrato con la seguente trattazione, al fine di precisare la terminologia del testo e guidarne dettagliatamente la lettura. Il testo è stato diviso in due parti. La Parte A tratta le reazioni allergiche e consta di 6 capitoli: il primo risulta una presentazione delle reazioni allergiche ai farmaci. Vengono quindi valutate le reazioni allergiche agli antibiotici, agli antinfiammatori non steroidei, mezzi di contrasto e agli anestetici locali e generali. Nella descrizione di questi argomenti si è cercato di privilegiare gli aspetti applicativi e pratici, dedicando ampio spazio alle modalità di diagnosi delle reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci e, soprattutto, alle modalità di scelta razionale di un farmaco alternativo a quello responsabile della reazione allergica. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle dermatiti e stomatiti allergiche causate dal contatto con i presidi odontoiatrici. Nel terzo capitolo viene dedicato ampio spazio al problema dell’allergia al lattice, ormai di rilevanza sociale; a un’impostazione generale, segue un’analisi particolareggiata delle manifestazioni cliniche, della diagnosi e della gestione del paziente allergico al lattice. In questi primi capitoli i temi trattati sono rinforzati e ampliati da dati derivanti dall’esperienza clinica e di ricerca degli Autori. Il quarto capitolo è dedicato alla descrizione concisa, ma altamente esplicativa, di alcune particolari forme morbose a patogenesi allergica che, per la loro importanza, devono essere riconosciute tempestivamente e gestite nella maniera più appropriata dallo specialista. Il quinto capitolo è dedicato alla trattazione delle emergenze allergologiche che possono verificarsi durante l’esecuzione di una pratica odontoiatrica. Sono riportate le differenti espressioni cliniche di una reazione anafilattica, i segni e i sintomi che permettono in tempi brevi di riconoscerla, i comportamenti da adottare e le terapie da attuare a seconda della gravità della reazione. Il sesto capitolo si propone di schematizzare varie appendici, di facile e rapida consultazione, al fine di segnalare in modo semplificativo l’iter da seguire nella gestione dei pazienti affetti dalle manifestazioni allergiche più comuni. La Parte B dell’opera tratta le reazioni avverse, le quali entrano in diagnosi differenziale con le reazioni allergiche da cui si distinguono per patogenesi, clinica, diagnosi e terapia. Consta di tre capitoli di cui il primo è dedicato alla trattazione delle reazioni avverse a farmaci, con particolare attenzione a peculiari quadri clinici, nelle quali insorgono manifestazioni orali che vanno distinte da quadri allergici. Il secondo capitolo è dedicato alla descrizione delle reazioni avverse da contatto a presidi odontoiatrici. Il terzo capitolo, infine, si propone di fornire un’adeguata schematizzazione dei protocolli di gestione delle reazioni avverse. Alla fine di ogni capitolo c’è una bibliografia aggiornata e una serie di letture consigliate che potranno consentire ulteriori approfondimenti degli argomenti trattati. XV Parte A Reazioni allergiche (RALL) 1 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI, MEZZI DI CONTRASTO, ANESTETICI GENERALI D EFINIZIONE ED EZIOPATOGENESI Le reazioni allergiche a farmaci sono manifestazioni cliniche di risposte anomale del sistema immunitario verso il farmaco, sostanza estranea ma normalmente innocua per l’organismo stesso. Dati OMS calcolano che negli USA il 3-5% di tutti i ricoveri ospedalieri nei reparti di allergologia è dovuto a reazioni ai farmaci; solo una minima quota (6-14%) di queste reazioni, però, è a patogenesi allergica, ovvero indotta da un meccanismo immunologico. Le reazioni allergiche ai farmaci sono reazioni immunologiche (o da ipersensibilità allergica), avvengono cioè per coinvolgimento diretto del sistema immunitario. Possono essere classificate secondo i quattro meccanismi eziopatologici di Gell e Coombs (TAB. 1.1). • Reazione IgE-mediata o di tipo I: dovuta alla produzione di anticorpi IgE che si legano su appositi recettori presenti sulla membrana cellulare di mastociti o basofili. Il legame dell’allergene con le IgE specifiche legate a queste cellule determina la loro degranulazione e il rilascio di mediatori responsabili del quadro clinico. • Reazione citolitica o citotossica o di tipo II: dovuta ad anticorpi IgG o IgM in grado di attivare il complemento. Questi si legano ad apteni presenti sulla superficie cellulare, causando citolisi da complemento. • Reazione da immunocomplessi o di tipo III: gli immunocomplessi sono formati da anticorpi, generalmente IgG, e antigeni che si depositano a livello della parete dei piccoli vasi, attivando il complemento responsabile dei danni tissutali. • Reazione cellulo-mediata o ritardata o di tipo IV: l’antigene penetrato attraverso l’epidermide viene inglobato dalle cellule di Langerhans, processato e presentato ai linfociti CD4+ che, attivati, liberano sostanze responsabili dei sintomi. Si distinguono due classi di reazioni: di tipo eczematoso (dermatite allergica da contatto) e di tipo tubercolinico (reazioni autoimmuni con coinvolgimento di più fattori come quelli citotossici o di complemento, per es. sindrome di StevensJohnson o necrolisi epidermica tossica). TABELLA 1.1 Correlazioni tra meccanismo d’azione e manifestazione clinica (Classificazione di Gell e Coombs) Classificazione secondo Gell e Coombs Meccanismo Clinica Reazione di tipo I IgE-mediata Anafilassi, asma, orticaria/angioedema Reazione di tipo II Citotossica/citolitica Anemia emolitica, trombocitopenia, agranulocitosi Reazione di tipo III Immunocomplessi Glomerulonefriti, vasculiti Reazione di tipo IV Cellulo-mediata Esantemi, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica 3 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI Solo alcuni farmaci, quali antisieri eterologhi, streptochinasi, insulina e altri estratti d’organo (per es. ACTH e calcitonina) sono antigeni completi in grado di indurre una risposta immune. La maggior parte dei farmaci è costituita da sostanze chimiche di basso peso molecolare che, comportandosi da apteni, si legano stabilmente a una molecola carrier (di solito proteine o glicoproteine plasmatiche e membrane cellulari) e stimolano una risposta immune specifica. Molte sostanze farmacologiche non sono, tuttavia, sufficientemente reattive per formare un complesso aptene-carrier stabile e, quindi, non sono in grado di scatenare una reazione allergica. In questi casi sono alcuni metaboliti attivi del farmaco a fungere da apteni, provocando in tal modo la reazione allergica. Questo è il caso della penicillina e dei sulfamidici. Q UADRI CLINICI PIÙ COMUNI Le reazioni da ipersensibilità allergica possono essere distinte in immediate e tardive in rapporto al tempo di comparsa dopo la somministrazione del farmaco. RALL immediate Le reazioni immediate, più frequenti e generalmente più gravi rispetto alle reazioni tardive, compaiono, di norma, entro pochi minuti dalla somministrazione e sono: l’orticaria/angioedema, lo shock anafilattico, l’asma e la rinite. Orticaria/angioedema L’orticaria/angioedema è tra le più frequenti reazioni allergiche ai farmaci con insorgenza acuta. In alcuni casi, può essere anche legata a un meccanismo pseudoallergico. L’orticaria è morfologicamente caratterizzata da un’eruzione rapida più o meno circoscritta, cutaneo-mucosa con lesioni eritemato-papulose rilevate, solitamente di colore pallido, circondate da cute normale o rosea e accompagnate da prurito più o meno intenso. Le lesioni sono fugaci, solitamente della durata di qualche ora e si risolvono con completa restitutio ad integrum. L’orticaria è un’affezione cutanea tra le più frequenti (FIG. 1.1). Si stima che il 20-30% degli individui abbia almeno un episodio di orticaria acuta nella loro vita. Da un punto di vista evolutivo, distinguiamo l’orticaria acuta, che perdura massimo 6 settimane, e l’orticaria cronica, che si manifesta per almeno 6 settimane. Le forme acute sono frequentemente secondarie all’assunzione di farmaci, all’ingestione di alimenti (latte, uova, noci, pesce) e a punture di insetti. L’orticaria cronica quasi sempre è idiopatica. Ri- FIGURA 1.1 Orticaria acuta dopo assunzione di Ketoprofene. Elementi eritemato-pomfoidi diffusi. 4 QUADRI CLINICI PIÙ COMUNI FIGURA 1.2 Angioedema acuto del labbro successivo all’assunzione di FANS (ketoprofene). FIGURA 1.3 Angioedema acuto del labbro successivo all’assunzione di amoxicillina. conosciamo, inoltre, le orticarie fisiche, le cui lesioni cliniche possono essere ripetutamente indotte da vari stimoli fisici, quali il caldo, il freddo, la pressione, la luce, l’acqua. L’angioedema (FIGG. 1.2, 1.3), frequentemente associato all’orticaria, è caratterizzato da lesioni edematose, scarsamente eritematose e non pruriginose, a carico di cute e mucose, accompagnate da senso di tensione e bruciore. Interessa prevalentemente il volto (edema labiale, tumefazione delle palpebre) e le estremità (mani e piedi). Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato digerente, la malattia provoca dolori addominali intensi con vomito e, in alcuni casi, diarrea, simili a quelli dell’“addome acuto”. Talvolta l’edema insorge a livello della glottide o della mucosa delle vie aeree superiori e può provocare difficoltà respiratoria di vario grado, fino a giungere all’asfissia, se non si interviene terapeuticamente. L’orticaria/angioedema può rappresentare la sindrome prodromica di uno shock anafilattico e, per questo motivo, va trattata tempestivamente. Shock anafilattico È la manifestazione più temibile di una reazione allergica a farmaci poiché potenzialmente letale, se non si interviene con rapidità e competenza. Il sistema cardiocircolatorio è il principale organo bersaglio della reazione anafilattica sistemica, con ipotensione secondaria alla caduta delle resistenze periferiche e ipovolemia, aritmie ventricolari fino all’arresto cardiaco. L’insieme di queste alterazioni può condurre allo shock. L’interessamento dell’apparato respiratorio può essere, inizialmente, limitato alle vie superiori e manifestarsi con sintomi quali raucedine, stridore, disfonia e sensazione di “nodo alla gola”, dovuti all’edema orofaringeo; l’interessamento cutaneo si esplicita nella comparsa di orticaria e angioedema. A carico dell’apparato gastrointestinale si possono riscontrare sintomi quali: nausea, vomito e dolori addominali crampiformi. Infine, come conseguenza della ridotta perfusione cerebrale e dell’effetto diretto di alcuni mediatori chimici, possono presentarsi sintomi neurologici quali: cefalea, vertigini, confusione mentale, perdita di coscienza e convulsioni. Asma Il sintomo tipico della malattia, il broncospasmo, consiste in una contrazione involontaria della muscolatura bronchiale che ostacola il passaggio dell’aria e rende difficoltosa la respirazione, con conseguente comparsa di dispnea di vario grado. Al momento della crisi i bronchi dell’asmatico sono ostruiti, è presente edema della mucosa bronchiale e abbondante secrezione di muco dalle ghiandole bronchiali. Il paziente avverte una sensazione sempre più intensa e angosciante di soffocamento e di “fame d’aria”. Il respiro diventa sibilante, ovvero si odono dei fischi. La tosse può pre- 5 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI TABELLA 1.2 Principali reazioni tardive da ipersensibilità allergica a farmaci Sindromi Manifestazione clinica Manifestazioni cutanee Dermatite allergica da contatto, eritema polimorfo, eritema fisso, esantemi diffusi, eritrodermia esfoliativa, necrosi epidermica tossica, eritema nodoso, reazione fotoallergica, sindrome di Stevens-Johnson, vasculiti da farmaci Emopatie Anemia, granulocitopenie, trombocitopenia Malattia da siero Febbre, artralgia, lesioni cutanee solitamente di tipo orticarioide Manifestazioni polmonari Alveoliti allergiche estrinseche, polmonite eosinofila Nefropatie Glomerulonefrite, tubulopatia, nefrite interstiziale, vasculiti renali Reazioni epatiche Colestasi, epatolisi Reazioni neurologiche Meningite asettica cedere, accompagnare o segnare la fine dell’attacco asmatico. Le crisi durano da pochi minuti a qualche ora; a volte si risolvono da sole ma, più spesso, per curare l’attacco, è necessario ricorrere ai farmaci broncodilatatori. RALL tardive Le reazioni tardive sono essenzialmente rappresentate da reazioni esantematiche, eruzioni orticarioidi, alterazioni ematologiche, manifestazioni renali, polmonari e neurologiche (TAB. 1.2). Risultano meno frequenti di quelle immediate. F ARMACI MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI RALL Antibiotici Rappresentano (FIG. 1.4) tutt’oggi i farmaci più frequentemente implicati nelle reazioni allergiche. Tutte le classi antibiotiche sono potenzialmente in grado di suscitare reazioni avverse. In termini di frequenza, gli antibiotici b-lattamici costituiscono gli agenti antimicrobici maggiormente coinvolti; seguono, in ordine, i sulfamidici, i fluorchinolonici, gli aminoglicosidi, i macrolidi, le tetracicline. b-lattamici. Le penicilline e le cefalosporine sono b-lattamine e rappresentano il 70% degli antibiotici venduti. La prevalenza delle reazioni da penicillina è quantificabile in misura dello 0,7-8% per ciclo terapeutico. La molecola più frequentemente coinvolta è l’amoxicillina, che da sola è responsabile di circa il 30% dei casi di reazioni allergiche ai b-lattamici. Il meccanismo patogenetico coinvolto è di tipo immunologico. Sono stati, tuttavia, descritti casi di reazioni pseudoallergiche. Come la maggior parte dei farmaci, questi antibiotici non sono in grado, da soli, di innescare una reazione immunologica in quanto dotati di basso peso molecolare. Pertanto, la reazione immunopatogena è innescata da un determinante antigenico, a sua volta originato dall’unione di una proteina plasmatica con l’anello b-lattamico. Il complesso prende il nome di BPO (penicilloide) e rappresenta il determinante antigenico maggiore in quanto la maggioranza (95%) delle IgE specifiche per la penicillina interagisce con tale antigene. Solo il 5% delle penicilline viene metabolizzato nei cosiddetti determinanti antigenici minori, tra i 6 FARMACI MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI RALL FIGURA 1.4 Farmaci antibiotici, antinfiammatori non steroidei e farmaci per narcosi. quali il penicilloato, penicillenato ecc. In realtà, le reazioni più severe appaiono connesse ai determinanti antigenici minori della penicillina. L’anello b-lattamico è presente anche nelle cefalosporine ed è responsabile dell’allergia crociata tra queste e le penicilline. Recentemente, si è rilevata l’importanza di altri determinanti antigenici, presenti nella molecola penicillinica, nell’evocare la reazione allergica. Questi altri determinanti sono rappresentati dal gruppo tiazolidinico e dalle catene laterali, responsabili della diversità morfologica, funzionale e allergenica delle varie b-lattamine. Pertanto, il problema della cross-reattività immunologica tra penicilline, penicilline semisintetiche e cefalosporine (dovuta essenzialmente al nucleo tetra-atomico b-lattamico) è stato ridimensionato, soprattutto per le cefalosporine di terza generazione. La cross-reattività tra penicilline e cefalosporine può essere quantificata nel 10% per le cefalosporine di prima generazione e nel 2% per le cefalosporine di terza generazione. L’unica cefalosporina che sembra reagire con significatività statistica è la cefalexina che cross-reagisce, nel 10% dei casi, con le aminopenicilline. Macrolidi. Sino agli anni ’80 i macrolidi venivano considerati farmaci sicuri e consigliati sempre in alternativa alle penicilline. Si è osservato, viceversa, che anche i macrolidi possono sensibilizzare provocando, essenzialmente, prurito e orticaria (claritromicina ed eritromicina), eccezionalmente anafilassi. Sebbene non sia stata dimostrata, eccetto in rare segnalazioni, una cross-reattività tra i vari antibiotici di questa famiglia, è preferibile, in caso di pregressa reazione ai macrolidi e considerando un imprescindibile rischio teorico, utilizzare antibiotici appartenenti a famiglie diverse. Chinolonici. Sono farmaci in genere ben tollerati. È stata, comunque, segnalata una cross-reattività tra i farmaci di questa famiglia. Per tale motivo, in caso di avvenuta reazione allergica con un qualsiasi chinolone, il paziente dovrà evitarli tutti. Sulfonamidi. È una categoria di farmaci che negli ultimi tempi, a causa dell’aumento delle infezioni da HIV e delle infezioni correlate, è stata usata in maniera più intensa. Questi antibiotici sono 7 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI responsabili di un elevato numero di reazioni allergiche. Le manifestazioni anafilattiche sono rare, molto più comuni risultano, invece, le reazioni cutanee, quali orticaria e angioedema. Le cross-reattività tra farmaci appartenenti a questa famiglia sono frequenti e, pertanto, non possono essere assunti da pazienti con riferita storia di allergia a uno di essi. È stato, inoltre, dimostrato che più del 20% dei soggetti con allergia alle b-lattamine può avere reazioni con il Bactrim®. Per tale motivo il Bactrim® non è indicato nei soggetti allergici agli antibiotici b-lattamici. Antinfiammatori non steroidei I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS, vedi FIG. 1.4) rappresentano la categoria di medicinali maggiormente prescritta al mondo. Il crescente numero di reazioni allergiche che si registra nei confronti di questa categoria di farmaci è sostanzialmente imputabile al loro diffuso e abituale consumo. Ciò è favorito dal fatto che alcuni di essi, per esempio l’acido acetilsalicilico (ASA), il paracetamolo e l’ibuprofene, sono ormai considerati farmaci per automedicazione, senza l’obbligo della ricetta medica. I sintomi clinici delle reazioni possono manifestarsi sia con episodi isolati sia con sintomi cronici che si riacutizzano all’assunzione di altri FANS. Per esempio, il 30% dei soggetti con orticaria cronica manifesta una riacutizzazione della sintomatologia a seguito dell’assunzione di un FANS che, se assunto dal paziente quando asintomatico, può essere perfettamente tollerato. L’ASA, inoltre, è in grado di suscitare attacchi broncocostrittivi in circa il 20% dei soggetti asmatici. Il quadro più completo e tipico dell’allergia da acido acetilsalicilico è l’ASA triad. È caratterizzata dalla progressione cronologica della patologia che inizia come rinite e si complica con poliposi nasale, asma e reazioni da ipersensibilità non allergica dopo assunzione di ASA. La maggior parte delle reazioni presenta, tuttavia, una patogenesi non immunologica. I FANS condividono, infatti, l’effetto farmacologico dell’inibizione della ciclossigenasi. Tale effetto è essenziale per la loro efficacia come antinfiammatori e analgesici, ma da questa azione scaturiscono alcune reazioni avverse. L’ipotesi più convincente è quella di uno squilibrio del metabolismo dell’acido arachidonico, provocato dall’inibizione delle ciclossigenasi, che devierebbe il metabolismo verso la lipossigenasi e, quindi, verso un accumulo di leucotrieni infiammatori. Anestetici locali Gli anestetici locali utilizzati nella pratica clinica sono dei composti azotati che possono essere suddivisi in due gruppi (TAB. 1.3), secondo le rispettive caratteristiche chimiche. Al primo gruppo appartengono gli esteri dell’acido benzoico e dell’acido paraminobenzoico, di uso limitato, almeno in forma iniettabile; al secondo i non esteri, tra cui le amidi dell’acido benzoico e altre sostanze di più recente e vasto impiego clinico. Gli anestetici locali bloccano la generazione dei potenziali d’azione e la conduzione dell’impulso nervoso dolorifico, agendo primariamente a livello della membrana cellulare ove intervengono riducendo o prevenendo l’aumento della permeabilità al sodio, che normalmente è prodotto dalla depolarizzazione della membrana. Nella pratica clinica l’uso degli anestetici locali ha registrato un costante e continuo incremento, soprattutto per l’introduzione delle moderne tecniche miniinvasive e per la crescente diffusione della pratica odontoiatrica, che ha visto migliorare le possibilità terapeutiche grazie all’utilizzo di questi farmaci. Le reazioni allergiche sono considerate di rara evenienza e rappresentano circa lo 0,6-1% di tutte le reazioni avverse agli anestetici locali (Cap. 7). Analogamente alle reazioni allergiche agli altri farmaci, anche le reazioni allergiche agli anestetici locali sono reazioni immunologiche (o da ipersensibilità allergica). Possono essere classificate, secondo i quattro meccanismi eziopatologici di Gell e Coombs, in reazioni di tipo I o IgE-mediate, reazioni di tipo II o citolitiche o citotossiche, reazioni di tipo III o mediate da immunocomplessi, reazioni di tipo IV o cellulo-mediate (vedi TAB. 1.1). Le preparazioni commerciali di anestetici locali contengono, oltre al principio attivo dotato di proprietà anestetiche, altre sostanze che, a loro volta, possono essere responsabili di reazioni allergiche 8 FARMACI MAGGIORMENTE RESPONSABILI DI RALL TABELLA 1.3 Classificazione chimica degli anestetici locali Esteri Non esteri Acido benzoico • Cocaina • Meprilcaina Acido aminobenzoico • Benzocaina • Butetamina • Butacaina • Cloroprocaina • Procaina • Tetracaina Acido metaminobenzoico • Metabutetamina • Isobucaina Amidi • Articaina • Dibucaina • Bupivacaina • Lidocaina • Mepivacaina • Prilocaina • Etidocaina • Ropivacaina • Fenacaina Eteri • Pramoxina Chetoni • Diclomina • Antistaminici • Clorfeniramina e in generale di reazioni avverse (Cap. 7) la cui presenza deve essere considerata nella diagnostica differenziale delle manifestazioni cliniche in corso di reazioni ad anestetici locali. I parabeni, oggi sostituiti, nella maggior parte delle formulazioni, dai solfiti come conservanti, sono stati ritenuti responsabili di occasionali reazioni allergiche locali di tipo ritardato e, in misura ancor minore, di reazioni IgE-mediate. Le reazioni da ipersensibilità allergica o allergiche, pur essendo rare, sono rilevanti da un punto di vista clinico sia per l’imprevedibilità, sia per i potenziali rischi di cui possono essere responsabili. Si deve sospettare una reazione verosimilmente allergica nei casi di orticaria, angioedema, broncospasmo ed edema della glottide, che possono verificarsi entro 2 ore dalla somministrazione dell’anestetico. Mezzi di contrasto L’uso dei mezzi di contrasto per via endovenosa consente l’opacizzazione dei vasi e dei tessuti durante l’esecuzione dell’esame radiologico, fornendo, in tal modo, più informazioni per valutare il problema clinico del paziente. I mezzi di contrasto radiologici, che possono essere, a seconda della struttura chimica, ionici o non ionici, sono considerati relativamente sicuri, anche se un significativo numero di pazienti va incontro a reazioni da ipersensibilità sia allergica che non allergica. Queste reazioni possono essere distinte in immediate e ritardate. Le reazioni anafilattiche immediate, entro 1 ora dalla somministrazione, variano da orticaria e angiodema a edema laringeo, ipotensione e collasso cardiocircolatorio. Le reazioni ritardate ai mezzi di contrasto iodato avvengono in un periodo compreso tra 1 ora e 1 settimana dopo la somministrazione e consistono, generalmente, in manifestazioni cutanee. Una precedente storia di reazioni ai mezzi di contrasto e l’atopia sono fattori predisponenti alle reazioni ai mezzi di contrasto iodato. In ragione di quanto detto sopra, tutti i pazienti che devono essere sottoposti a esami contrastografici devono essere interrogati in maniera approfondita, questo sia per escludere eventuali reazioni allergica pregresse ai mezzi di contrasto, sia per individuare pazienti che hanno storia di diatesi allergica (oculorinite, orticaria, allergie alimentari o pregresse reazioni a farmaci) e che, pertanto, possano essere maggiormente predisposti a reazioni. In tutti questi pazienti, l’uso deve essere limitato ai soli casi in cui esista una precisa indicazione clinica all’esame contrastografico, previo utilizzo di premedicazione. 9 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI TABELLA 1.4 Principali raccomandazioni nei pazienti a rischio di reazioni allergiche da mezzi di contrasto (MdC) Considerare la possibilità di effettuare una procedura diagnostica che non richieda l’utilizzo di un MdC Nel caso l’utilizzo del MdC si renda indispensabile • impiegare un protocollo di premedicazione • utilizzare un MdC non ionico a bassa osmolarità • eseguire l’esame contrastografico in presenza di un anestesista-rianimatore La prevenzione nei pazienti a rischio di reazioni indesiderate da mezzi di contrasto si basa su alcune fondamentali norme (TAB. 1.4). L’utilizzo di una premedicazione farmacologica, unitamente all’impiego di mezzi di contrasto non ionici, ha di fatto ridotto l’incidenza delle reazioni di tipo immediato, anche se ciò non sembra riferibile alle reazioni di tipo ritardato e a quelle più severe. Anestetici generali Molti farmaci o presidi impiegati in anestesia generale possono indurre reazioni da ipersensibilità allergica e non allergica. Tali reazioni presentano frequenze variabili in diversi Paesi e nelle diverse casistiche tra 1/1000 e 1/20000-1/30000 pazienti; nel 3-9% dei casi risultano mortali. Ne sono prevalentemente colpiti gli adulti tra 30 e 50 anni, per lo più di sesso femminile. La sintomatologia può essere varia e, a seconda della severità, le reazioni sono classificate in cinque gradi: • I grado (reazioni solo cutaneo-mucose): eritema, orticaria con o senza angioedema; • II grado: reazioni sistemiche moderate con manifestazioni cutaneo-mucose, ipotensione e tachicardia, tosse, dispnea; • III grado: reazioni sistemiche severe, pericolose per la vita, con collasso, tachicardia o bradicardia, aritmia cardiaca, broncospasmo severo; • IV grado: arresto respiratorio e/o circolatorio; • V grado: decesso. La frequenza con cui i diversi farmaci o presidi impiegati in anestesia generale determinano reazioni da ipersensibilità varia nelle diverse casistiche. I miorilassanti risultano responsabili di più della metà delle reazioni, seguiti da ipnotici, succedanei colloidali del plasma, benzodiazepine e oppiacei. Un ruolo di notevole importanza lo sta acquistando, nel determinismo di queste reazioni, il lattice, implicato in oltre il 10% di reazioni intraoperatorie. Le reazioni da curarici (suxametonio, vecuronio, pancuronio, alcuronio, atracurium) sono per lo più gravi, colpiscono prevalentemente il sesso femminile e sono conseguenti al meccanismo di ipersensibilità indotta dagli ioni ammonio quaternario, determinanti antigenici condivisi da tutti gli appartenenti a questa classe di farmaci. La frequenza e la gravità dell’anafilassi ai curarici trovano spiegazione nelle caratteristiche strutturali delle molecole (molecole bivalenti in grado di legare a ponte anticorpi IgE, anche quando la loro concentrazione è relativamente bassa) e nella facilità di contatto con gli ioni ammonio quaternario nell’ambiente (sensibilizzazione acquisita latente). Sostanze contenenti ioni ammonio quaternario sono, infatti, presenti in colliri, antisettici, detergenti per biancheria, conservanti alimentari e cosmetici. Da qui la possibilità di una reazione anche alla prima anestesia. Nell’ambito degli ipnotici, sono da ricordare le reazioni al tiopentale, poco frequenti se riferite al largo impiego. Sono oggetto tuttora di discussione i fattori favorenti le reazioni in anestesia generale. Tra questi vanno ricordati: • età: compresa tra 30 e 50 anni; • sesso femminile: in particolare per quanto riguarda gli eventi anafilattici da miorilassanti, tiopentone e lattice; 10 DIAGNOSI • altre reazioni da ipersensibilità a farmaci; • anestesie ripetute: il loro ruolo è controverso e, in ogni caso, da considerarsi nell’anafilassi vera, in particolare per tiopentale e lattice; • atopia. Tra i fattori aggravanti vanno segnalati soprattutto la concomitante presenza di asma bronchiale e l’uso di farmaci b-bloccanti. D IAGNOSI Alcune manifestazioni di ipersensibilità allergica a farmaci possono mettere a repentaglio la vita del paziente e, per esse, si rende assolutamente necessario il tempestivo riconoscimento e inquadramento diagnostico, per un corretto trattamento terapeutico. Il diverso periodo di latenza condiziona, poi, pesantemente, il sospetto diagnostico e la frequente polimedicazione impedisce, spesso, l’esatta identificazione del farmaco. Per la complessità dell’inquadramento diagnostico e della gestione di un paziente con pregressa storia di reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci, è opportuno che il paziente sia inviato presso una struttura ospedaliera di allergologia. L’iter diagnostico, nei casi di sospetta reazione allergica a farmaci, prevede un’accurata anamnesi, l’esame obiettivo, i test allergologici in vivo e in vitro (TAB. 1.5). Anamnesi L’anamnesi rappresenta il cardine fondamentale e indispensabile nella diagnosi di reazioni allergiche a farmaci e, pertanto, deve essere condotta nel modo più accurato e corretto possibile. Deve essere volta soprattutto ad accertare: • l’atopia personale e familiare; • la correlazione temporale tra l’assunzione del farmaco e la comparsa dei sintomi (immediata o tardiva), la loro durata e la remissione, spontanea o terapeutica; • le caratteristiche cliniche delle manifestazioni, con una descrizione quanto più possibile particolareggiata, soprattutto in caso di manifestazioni cutanee (tipo di manifestazione, sua estensione, coinvolgimento delle mucose, presenza di prurito o malessere generale e aspetto morfologico); • le modalità di assunzione del farmaco (orale, rettale, topica, parenterale o intralesionale), la posologia, la durata del trattamento, le precedenti assunzioni del farmaco o di farmaci della stessa famiglia o chimicamente correlati; • la mono- o pluri-assunzione di farmaci diversi; • le precedenti reazioni allergiche, ove presenti, e, in tal caso, la stazionarietà o il peggioramento dei sintomi; • le condizioni patologiche, acute o croniche, che hanno condotto all’assunzione del farmaco; • l’elenco dei farmaci tollerati. TABELLA 1.5 Iter diagnostico per reazioni allergiche a farmaci • • • • • Anamnesi Esame obiettivo Test cutanei (skin prick test, test intradermico, patch test) Test di provocazione orale con il farmaco sospetto o alternativo Dosaggio delle IgE specifiche per il farmaco (RAST) 11 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI Esame obiettivo L’esame obiettivo deve essere mirato a definire la natura e l’entità delle eventuali manifestazioni in atto, soprattutto nelle forme cutanee, valutando: l’aspetto morfologico delle lesioni, l’estensione, l’interessamento delle mucose e di altri organi o apparati, la localizzazione in aree cutanee fotoesposte, la presenza di altre condizioni morbose quali le virosi (in corso di numerose malattie infettive possono comparire rush cutanei su base infettiva che il paziente attribuisce ai farmaci assunti). Prove allergiche cutanee Nella pratica clinica la loro esecuzione va valutata caso per caso, a seconda delle caratteristiche cliniche e della rapidità di insorgenza della sintomatologia, non trascurando la modalità di assunzione del farmaco, l’emivita, la sua affinità per le proteine sieriche e l’intervallo di tempo intercorso fra la sua somministrazione e la comparsa delle manifestazioni. I test cutanei indicati nella diagnosi delle reazioni IgE-mediate da farmaci sono rappresentati dal prick test (FIG. 1.5), seguito, eventualmente, dal test intradermico (FIG. 1.6), utilizzando, in entrambi i casi, opportune diluizioni; vanno, inoltre, valutati tramite il confronto con il test con l’istamina. Per effettuare i test allergologici occorre adottare delle precauzioni, sia selezionando i pazienti da sottoporre alle prove allergologiche, sia predisponendo i presidi farmacologici e l’attrezzatura necessaria per trattare una reazione anafilattica. È importante che tali test siano eseguiti entro un anno dalla reazione allergica; è stato, infatti, osservato un aumento delle cuti-reazioni falsamente negative proporzionalmente all’intervallo di tempo intercorso tra manifestazione clinica ed esecuzione del test. I prick test e i test intradermici sono risultati sufficientemente attendibili per i seguenti farmaci: • penicillina e suoi metaboliti; • cefalosporine; • sulfametossazolo (SMX-polilisina); • ormoni (insulina, ACTH, calcitonina, corticosteroidi ecc.); • miorilassanti; • enzimi (chimopapaina, streptochinasi, lisozima ecc.); • sieri immuni eterologhi e tossoide tetanico; • vaccini; • alcuni anti-neoplastici (carboplatino, cis-platino, ciclofosfamide, 5-fluorouracile ecc.). FIGURA 1.5 Skin prick test (SPT) in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici. Modalità di esecuzione del test e lettura dei risultati dopo pochi minuti. 12 DIAGNOSI FIGURA 1.6 Test intradermico (ID) in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici. Modalità di esecuzione con opportune diluizioni e confronto mediante test con istamina e soluzione di controllo. La lettura dei risultati risulta immediata e tardiva. In caso di reazione ritardata, in cui sia coinvolto un meccanismo cellulo-mediato (di tipo IV), si eseguono i test epicutanei o patch test (FIG. 1.7) su cute sana, il test intradermico, l’open test, lo scratch patch test su cute opportunamente disepitelizzata, il foto patch test (quest’ultimo in caso di fotodermatiti) con lettura a 48 ore e anche oltre. La lettura dei test intradermici, quando questi sono effettuati nella diagnosi di reazioni allergiche non immediate, deve essere protratta a 48-96 ore dall’inizio del test stesso; generalmente i test intradermici si eseguono con b-lattamici, anticonvulsivanti ed eparina. È assolutamente da evitarsi la pratica del cosiddetto pomfo di prova, purtroppo ancora in auge in numerosi reparti, soprattutto chirurgici. Nonostante la valenza medico-legale che le viene attribuita, tale metodica, peraltro molto pericolosa per il paziente, è del tutto priva di significato diagnostico e predittivo. FIGURA 1.7 Patch test (PT) o test epicutaneo in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antibiotici di tipo ritardato. Applicazione dell’allergene su cute integra, posizionato su cellette di supporto e mantenuto in sede mediante cerotti anallergici. Lettura effettuata a partire da 48-72 ore. 13 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI TABELLA 1.6 Test cutaneo e Incremental Challenge test con anestetici locali Tempo Diluizione Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti Dopo 20-30 minuti 1:100 1:1 1:100 1:100 1:10 1:1 1:1 1:1 Test “prick” “prick” 0,02 ml id 0,1 ml sc 0,1 ml sc 0,1 ml sc 0,5 ml sc 1 ml sc id: intradermo; sc: sottocute. In caso di allergia ad anestetici locali, il protocollo seguito prevede, in primo luogo, l’esecuzione del prick test e, successivamente, l’intradermoreazione. Il test cutaneo è, tuttavia, gravato da un elevato tasso di reazioni falsamente positive. Un modesto ma insoddisfacente valore predittivo, invece, lo avrebbero solo le risposte cutanee a elevate diluizioni. Ne deriva l’esigenza di completare il test con il challenge test che deve sempre seguire il test cutaneo (TAB. 1.6). Esso prevede la somministrazione per via sottocutanea di anestetico; le dosi, a intervalli di 20-30 minuti, devono garantire il raggiungimento della dose complessiva, compresa tra 0,6 e 3 ml. In caso di pregresse reazioni allergiche ritardate, le dosi devono essere somministrate ogni 24-48 ore. Il paziente, al termine del test, dovrà rimanere in osservazione per circa 2 ore. Nella pratica clinica, per l’esecuzione del test, usualmente si utilizza un anestetico diverso da quello sospettato di aver provocato reazione avversa o, in assenza di identificazione, un amide (generalmente mepivacaina o, in secondo luogo, lidocaina) privo di vasopressori e conservanti. Secondo alcuni Autori, la mepivacaina e la lidocaina hanno un rischio inferiore, rispetto ad altri anestetici, di provocare reazioni. In alcuni casi, per mettere in evidenza un’allergia ai conservanti contenuti nella fiala dell’anestetico, si esegue il test di provocazione orale con conservanti. Il challenge test è a oggi considerato l’unico test sicuro e attendibile per l’identificazione di un anestetico locale “sicuro” in pazienti con riferita storia di reazioni allergiche ad anestetici locali. Garantisce una buona sensibilità e specificità diagnostica e, quindi, una maggiore sicurezza all’odontoiatra che lo deve somministrare. È, tuttavia, fondamentale che per la sua esecuzione ci sia una giusta indicazione, un consenso informato e che sia garantita la presenza di personale qualificato. Tutto ciò garantisce la corretta esecuzione del test e insigna questo di elevato potere predittivo, corroborato dal fatto che, negli studi di follow-up, non sono state segnalate reazioni a seguito dell’utilizzo dell’anestetico precedentemente testato. Altri test di provocazione mucosale non possono essere, sino a oggi, alternativi al challenge, in quanto non standardizzati, pericolosi e privi di potere predittivo. Test di provocazione a farmaci Il test di provocazione con il farmaco sospetto (FIG. 1.8), potenzialmente pericoloso per il paziente, è giustificato solo in caso di reale necessità. Va eseguito con estrema cautela e dopo aver valutato attentamente le condizioni generali del paziente. Il test dovrebbe essere eseguito solo nel caso in cui l’anamnesi non sia dirimente e nei casi in cui si verifichino tre condizioni concomitanti: • il paziente è in terapia pluri-farmacologica; • la terapia non può essere sospesa; • per uno o più farmaci non esistono principi alternativi; • uno o più farmaci sono indispensabili o insostituibili. 14 DIAGNOSI FIGURA 1.8 Test di provocazione a farmaci eseguito in paziente con sospetta reazione allergica a farmaci antinfiammatori non steroidei. Il test consiste nella somministrazione di dosi crescenti del farmaco, a intervalli variabili da 60 minuti a 7 giorni l’una dall’altra, fino al raggiungimento della posologia terapeutica, al fine di riprodurre il quadro sintomatologico riportato dal paziente. Deve essere praticato in ambiente specializzato, con attrezzature e competenze specialistiche per far fronte a eventuali situazioni di emergenza. Al fine di individuare un farmaco da poter somministrare a un paziente con pregressa reazione da ipersensibilità a farmaci, si esegue il test di provocazione con farmaco alternativo, in cui il farmaco da testare è strutturalmente differente dal farmaco sospettato e con medesime indicazioni. Il tipo di farmaco da testare deve essere scelto in base alla sua tollerabilità e in base all’azione desiderata. Sono stati condotti diversi studi circa i test con farmaci alternativi in pazienti con storia di reazioni da ipersensibilità allergica cutanea, con antinfiammatori non steroidei e con antibiotici. In particolare, in caso di reazioni allergiche a FANS, soprattutto ad aspirina o, comunque, a inibitori non selettivi delle ciclossigenasi 1 e 2, i farmaci maggiormente tollerati sono stati nimesulide, paracetamolo, morniflumato, meloxicam, benzidamina, rofecoxib, etoricoxib e parecoxib (questi ultimi tre sono inibitori altamente selettivi della ciclossigenasi 2). Nel caso di reazioni da ipersensibilità allergica ad antibiotici, essenzialmente b-lattamici e cefalosporine, sono stati testati e, complessivamente, ben tollerati macrolidi, in particolare la rokitamicina, chinolonici soprattutto la levofloxacina, e tetracicline, in particolar modo la doxiciclina. Tutti gli studi hanno confermato come il test di provocazione con il farmaco alternativo rappresenti il mezzo più sicuro per l’identificazione di un farmaco strutturalmente differente da quello che ha provocato la reazione, nei soggetti con storia di reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci. Il test di provocazione con il farmaco alternativo è, inoltre, dotato di elevato potere predittivo in quanto studi di follow-up hanno dimostrato che la quasi totalità dei pazienti sottoposti a tale test hanno assunto successivamente il farmaco testato senza la comparsa di reazioni allergiche. Per alcuni farmaci quali aspirina, alcuni antibiotici, anti-tumorali, insulina ed eparina, è possibile instaurare uno stato di desensibilizzazione temporaneo, ma solo quando vi sia la necessità assoluta di utilizzare un farmaco specifico e insostituibile, già responsabile della reazione allergica, per il quale non esistono molecole terapeutiche alternative. Il trattamento desensibilizzante deve essere effettuato in ambiente idoneo (per il rischio di reazioni allergiche anche gravi) e consiste nel somministrare gradualmente dosi crescenti del farmaco, per un periodo di tempo variabile da ore (metodica rush) a giorni. Dopo la desensibilizzazione il farmaco può essere somministrato a dosi piene ma lo stato di desensibilizzazione è temporaneo e dura fino a quando il paziente assume il farmaco; in caso di sospensione può ritornare uno stato di sensibilizzazione, per cui un successivo ciclo di terapia richiede una nuova desensibilizzazione. 15 CAPITOLO 1 REAZIONI ALLERGICHE AD ANTIBIOTICI, ANTINFIAMMATORI, ANESTETICI LOCALI Test in vitro Nella procedura diagnostica per identificare una reazione allergica da farmaci sono stati messi a punto dosaggi radioimmunologici o immunoenzimatici (per es. RAST) per la determinazione delle IgE specifiche, generalmente presenti in soggetti allergici. Sino a oggi, il RAST risulta valido solo per alcuni farmaci (insulina, penicillina G, penicillina V, amoxicillina, ampicillina, cefoclor e miorilassanti). Questi test possono essere considerati affidabili per farmaci che costituiscono un antigene completo (per es. insulina) e, in tali casi, possono essere preferiti ai test cutanei. Nel caso di farmaci che non costituiscono un antigene completo, la validità di questi test è limitata, in quanto non sono disponibili test per tutti i possibili determinanti antigenici del farmaco. Infine, considerando che le IgE sieriche specifiche per un farmaco tendono spesso a ridursi a distanza di tempo dall’episodio reattivo, anche questi test, in tale circostanza, possono risultare falsamente negativi. Altri test, quali il test di trasformazione linfocitaria e il test di attivazione linfocitaria, trovano impiego, attualmente, soprattutto nel campo della ricerca. Il dosaggio sierico della triptasi (proteasi liberata dai mastociti) può essere utile in caso di reazioni immediate da farmaci, considerando che, in tali casi, i livelli sierici del predetto enzima possono risultare alterati in un intervallo di tempo che va da 1 a 24 ore dalla reazione. D IAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi differenziale delle reazioni allergiche ai farmaci si pone con la totalità dei quadri patologici rappresentati dalle reazioni avverse agli stessi (Cap. 7). T ERAPIA La terapia delle reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci consiste prima di tutto nell’immediata sospensione del farmaco stesso e nella somministrazione di antistaminici e corticosteroidi sistemici o topici, a posologia variabile a seconda del quadro clinico. In corso di shock anafilattico, naturalmente, è necessario mettere prontamente in atto tutti i presidi farmacologici opportuni, innanzitutto la somministrazione di adrenalina (Cap. 5). Il paziente deve essere, quindi, inviato dall’allergologo che imposterà un appropriato iter diagnostico e provvederà, se necessario, ad eseguire test con farmaci alternativi. Una volta individuati, questi potranno essere somministrati o prescritti senza l’ausilio di una premedicazione. Quest’ultima va eseguita preventivamente con lo scopo di ridurre, ma non annullare, l’incidenza delle reazioni da ipersensibilità (o la gravità delle stesse) alla somministrazione di mezzi di contrasto in pazienti atopici e, come recentemente documentato, in pazienti che devono essere sottoposti a interventi in anestesia generale, i quali, indipendentemente dalla presenza di uno stato atopico, riferiscano pregresse reazioni a farmaci. La premedicazione viene eseguita secondo il seguente schema: • Prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento; • Ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento; • Clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento. Letture consigliate Bader JD, Bonito AJ, Shugars DA. A systematic review of cardiovascular effects of epinephrine on hyprtensive dental patients. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2001;93:647653. Baluga JC. Allergy to local anesthetics in dentistry. Myth or reality? Rev Alerg Mex. 2003 SepOct;50(5):176-81. 16 LETTURE CONSIGLIATE Berges-Gimeno MP, Martín-Lázaro J. Allergic reactions to nonsteroidal anti-inflammatory drugs: is newer better? Curr Allergy Asthma Rep. 2007 Apr;7(1):35-40. Boren E, Teuber SS, Naguwa SM, Gershwin ME. A critical review of local anesthetic sensitivity. Clin Rev Allergy Immunol. 2007 Feb;32(1):119-28. 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Curr Opin Allergy Clin Immunol. 2007 Aug;7(4):297-8. 17 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO D EFINIZIONE La patologia allergica da contatto è rappresentata da un’affezione cutanea e/o mucosa causata dal contatto diretto con agenti esterni (apteni), nei confronti dei quali si realizza una risposta immunitaria. Quando è interessato il distretto cutaneo si parla di dermatite allergica da contatto, quando è interessata la mucosa orale si parla di stomatite allergica da contatto. E PIDEMIOLOGIA Le reazioni da contatto possono essere di tipo allergico (20% delle reazioni) è, più frequentemente, di tipo irritativo (80%) (Cap. 8). L’utilizzo di materiali e sostanze ad azione allergizzante in campo odontoiatrico ha favorito l’insorgenza di dermatiti professionali di tipo allergico e irritativo, che interessano il 40% degli odontoiatri e il 43% degli odontotecnici. C LASSIFICAZIONE E PATOGENESI Si esprime clinicamente con due forme: • dermatite allergica da contatto: colpisce soprattutto il personale odontoiatrico; • stomatite allergica da contatto: interessa il paziente odontoiatrico ed è legata all’impiego di materiali dentari. L’incidenza della stomatite allergica da contatto è sottostimata, sia perché è difficoltoso testare tutte le sostanze responsabili della sensibilizzazione, sia perché i sintomi obiettivi sono frequentemente assenti, inducendo errate diagnosi. Entrambe le manifestazioni, da un punto di vista patogenetico, sono espressione di reazioni cellulo-mediate di tipo IV (secondo la classificazione di Gell e Coombs). E ZIOLOGIA Gli allergeni causa di dermatiti e stomatiti allergiche da contatto si trovano nelle sostanze e nei prodotti che vengono utilizzati in campo odontostomatologico (Tab. 2.1). Gli allergeni responsabili dei due quadri clinici sono gli stessi ma con una diversa incidenza, a seconda che interessino il personale odontoiatrico o il paziente odontoiatrico: metalli e leghe metalliche, gomme, resine, aromatizzanti, antimicrobici, anestetici locali, dentifrici e colluttori. 19 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO TABELLA 2.1 Prodotti utilizzati in ambito odontoiatrico spesso causa di allergie da contatto • Metalli e leghe metalliche • Gomme (lattice e additivi) • Resine (componenti, trasportatori, attivatori e inibitori) • Aromatizzanti • Anestetici locali (esteri e amidi) • Antimicrobici (antisettici, disinfettanti, conservanti, antibiotici topici) • Dentifrici • Colluttori Metalli e leghe metalliche I metalli sono costituenti fondamentali di materiali odontoiatrici di tipo restaurativo, ortognatodontico e protesico (protesi fisse e rimovibili, parziali e totali, riabilitazioni in metallo-ceramica o costituzione di perni-moncone), in qualità di materiali puri o facenti parte della costituzione di numerose leghe. Chimicamente le caratteristiche di questi materiali sono strettamente legate alla capacità di ionizzazione passiva in un mezzo, con conseguente liberazione di cationi, possibile grazie alla presenza della soluzione elettrolitica salivare che risulta essere ottima conduttrice chimica (TAB. 2.2). Le corrosioni elettrochimiche nel cavo orale possono essere dovute a: • differenze nella composizione dei materiali metallici (differenza di potenziale creatosi tra una lega d’oro e un’amalgama dentaria); • differenze nella composizione dell’elettrolita (differente concentrazione di ossigeno nella soluzione in zone diverse del restauro metallico); • differenze di sollecitazione dei materiali metallici (cella galvanica formatasi tra zone del metallo che subiscono una lavorazione plastica a freddo e zone che non la subiscono). TABELLA 2.2 Alcuni esempi di leghe e materiali odontoiatrici del commercio Lega nobile Carrara PdF (Elephant) Au-Pt-Ag Academy Gold (Ivoclar) Harmony PF (Ivoclar Vivadent) Maxigold (Ivoclar Vivadent) Pontor MFP (Weber Dental) Lega vile Fili dritti, rotondi, rettangolari, intrecciati (SIA) Fe-Cr-C NI-TI termici (SIA) Ni-Ti-Co NI-TI superelastici (SIA) Ni-Ti-Co TRILOY (DENTAURUM) Cr-Co-Mo Pisces Plus (Ivoclar Vivadent) Cr-Co Perossido di benzoile Prime & Bond NT (DENTSPLY) Precision-dual one base (DENTALICA) Precision-one QBOND CGT (DENTALICA) Clearfil majestyflow-estheticposterior (ISASAN) Precision-dual one base (DENTALICA) Precision-one QBOND CGT (DENTALICA) Clearfil majestyflow-estheticposterior (ISASAN) Precision-dual one base (DENTALICA) Precision-one QBOND CGT (DENTALICA) Clearfil majestyflow-estheticposterior (ISASAN) Canforochinone BIS-GMA (Resine metacriliche) 20 Prime & Bond NT (DENTSPLY) EZIOLOGIA Metalli puri A causa dei fenomeni sovracitati, delle caratteristiche chimiche e dell’interazione con l’ambiente circostante, sono raramente coinvolti in processi di corrosione elettrochimica. Mostrano, inoltre, uno scarso utilizzo nella pratica odontoiatrica. • Oro: è impiegato allo stato puro per le ricostruzioni dirette di tipo restaurativo. È un metallo nobile e non subisce fenomeni di alterazione. Oggi risulta meno utilizzato, dati gli alti costi e le proprietà non estetiche del materiale. I casi di allergia sono poco frequenti. • Platino: è impiegato sotto forma di lamine per la costruzione di cappette sulle quali effettuare costruzione e cottura di corone a giacca. Sono rari i casi di allergia al platino. • Mercurio: entra nella composizione delle amalgame dentarie usate per ricostruzioni dirette e nei cementi dentari. Sono riportate riacutizzazioni di dermatiti in soggetti allergici al mercurio, dovute all’assorbimento in circolo del metallo presente nelle amalgame dentarie oppure, in coincidenza con l’esecuzione di un’otturazione, per il rilascio di vapori mercuriali dall’amalgama. Quest’ultima è responsabile di pigmentazioni della mucosa in sede di contatto. Il mercurio provoca, negli individui già sensibilizzati, stomatiti allergiche da contatto o dermatiti allergiche delle mani, in relazione all’esposizione diretta al metallo. La prevalenza dell’allergia da contatto al mercurio nel personale odontoiatrico presenta dati discordanti. Spesso, sono osservabili casi di patologia da intossicazione sistemica per inalazione del metallo. Leghe metalliche Sono i materiali maggiormente coinvolti in processi elettrogalvanici, considerando la concomitante associazione di componenti aventi differente potenziale di ossidoriduzione. Le leghe metalliche, secondo la classificazione ADA Wataha 2002, si differenziano in: • leghe altamente nobili: con una percentuale in peso di Au >40; • leghe nobili: con una percentuale in peso di metalli nobili >25; • leghe con predominanza di metalli vili: con una percentuale in peso di metalli nobili <25. Argento, Rame, Stagno e Zinco. Sono metalli costituenti l’amalgama dentaria, la quale si ottiene miscelando il mercurio (liquido a temperatura ambiente) con una lega in polvere, detta lega per amalgama. Si differenziano in leghe convenzionali a basso contenuto di rame e leghe ad alto contenuto. Nonostante l’elevata esposizione al rame, l’allergia a tale metallo è molto rara. Rara è anche la sensibilizzazione allo stagno mentre l’argento non è responsabile di allergie da contatto. Il nitrato di argento, usato come antisettico, può provocare dermatite allergica da contatto. Nel fenomeno della corrosione chimica, mostra maggiore tendenza all’ossidazione lo stagno, seguito dal rame. Leghe ortodontiche. Le leghe di acciaio (ferro-cromo-carbonio) costituiscono i bracket in metallo, i fili ortodontici e le bande; una cella galvanica, formatasi tra le suddette specie, condurrà a una più spiccata tendenza all’ossidazione del ferro, seguito dal cromo. Le leghe nichel-titanio-cobalto costituiscono i fili ortodontici superelastici con memorie di forme utilizzati durante la prima fase di terapia di allineamento e livellamento e nell’ultima fase di completamento terapeutico; è il nichel a presentare il potenziale di ossidoriduzione più basso, seguito dal cobalto. Il metallo maggiormente incriminato quale responsabile di fenomeni allergici è, infatti, il nichel che nel cavo orale, una volta rilasciato come ione libero, forma composti salini (nichel solfato) solubili in acqua e ad alta attività sensibilizzante. Sebbene la sensibilizzazione a nichel, cobalto e cromo nella popolazione generale sia alta, in particolar modo nel sesso femminile, è stato dimostrato che questi metalli, liberandosi dalle protesi dentarie, possono essere, tuttavia, infrequentemente responsabili di un’allergia da contatto a livello della mucosa adiacente la protesi. Inoltre, per assorbimento sistemico dell’aptene, possono essere causa di aggravamento di eczemi allergici da contatto già pre-esistenti sulla cute e di eruzioni papulose delle pieghe dei gomiti e delle ginocchia, nei soggetti già sensibilizzati. 21 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO Palladio, Titanio, Indio. Il palladio, utilizzato come lega per protesi dentali, può essere responsabile di allergia da contatto. Considerata la concomitante allergia da contatto al nichel in numerosi soggetti allergici al palladio, si ritiene che ci possa essere cross-reattività tra i due apteni. Secondo alcuni Autori, inoltre, il palladio può essere uno degli apteni responsabili della “sindrome della bocca bruciante”, specialmente nei soggetti che presentano ipersensibilità al nichel, anche se il suo ruolo è stato in passato trascurato. È un metallo nobile e presenta un alto potenziale redox. Il titanio e l’indio, metalli di recente impiego, sembrano essere scarsamente sensibilizzanti. L’indio è la specie chimica maggiormente tendente all’ossidazione rispetto al titanio. Cromo, Cobalto, Nichel, Molibdeno, Alluminio, Ferro. Sono leghe utilizzate per la costruzione di protesi parziali rimovibili. Il cromo fornisce passività e ha una buona resistenza alla corrosione; il cobalto garantisce la durezza e la rigidità della lega e il nichel ne incrementa la duttilità. L’alluminio risulta essere il più facilmente ossidabile, seguito dal ferro, molibdeno, nichel, cobalto e cromo. Resine Le resine acriliche sono costituite dalla polimerizzazione di un monomero acrilico (metilmetacrilato o MMA), composto acrilico ad alta azione sensibilizzante. Il MMA, che si presenta allo stato liquido associato a inibitori della polimerizzazione, viene aggiunto a una polvere in cui si trovano il prepolimero, un catalizzatore o iniziatore (appartenente alla specie chimica dei perossidi, tra cui il più utilizzato, in virtù della buona stabilità, risulta essere il perossido di benzoile, che catalizza una reazione di perossidazione radicalica) e un acceleratore (amina terziaria aromatica che, talvolta, conduce a una reazione massiva, rapida, incontrollabile e incompatibile con le esigenze di tipo pratico del materiale). Si ottiene un impasto che polimerizza dopo essere stato lavorato dal personale addetto. La reazione di polimerizzazione può essere ottenuta con l’uso del calore, di sostanze chimiche o della luce (visibile o UV). Le resine acriliche, dopo la polimerizzazione, vengono usate soprattutto per costruire protesi totali o parziali, elementi provvisori o restauri dentari diretti o indiretti. L’allergia da contatto con questi composti è dovuta soprattutto al MMA che si libera durante la fase di pre-polimerizzazione operata dall’odontoiatra o dal tecnico. Questi ultimi, che lavorano direttamente a contatto con il monomero acrilico, risultano più facilmente sensibilizzati rispetto ai pazienti portatori di protesi in resine acriliche (FIG. 2.1). La resina polimerizzata della protesi, infatti, non libera il monomero acrilico in quanto è praticamente inerte. È utile, tuttavia, FIGURA 2.1 Reazione allergica da contatto: lesioni marcatamente eritematose a livello della mucosa del fornice vestibolare, del labbro superiore e della mucosa geniena, in seguito all’utilizzo di resina morbida finalizzata al ribasamento delle flange protesiche. Paziente positivo al patch test per l’Hydro-cast. 22 EZIOLOGIA porre in diagnosi differenziale tali forme a patogenesi allergica con le manifestazioni cliniche di stomatite subprotesica che spesso colpiscono il paziente. Quest’ultima si localizza a diretto contatto con l’infradosso del manufatto, è dovuta al trauma meccanico di sfregamento delle mucose in caso di protesi incongrue e l’inadeguata igiene orale del paziente può peggiorare il quadro clinico con sovrainfezione da Candida albicans. La dermatite allergica da contatto da acrilati colpisce, in genere, i polpastrelli delle mani di odontoiatri e odontotecnici ma, in alcuni casi, può interessare il volto. Ciò avviene per trasporto delle resine con le mani contaminate o per contatto aerotrasmesso con gli acrilati volatili. Anche gli attivatori e gli inibitori utilizzati per la reazione di polimerizzazione delle resine acriliche possono rivestire un ruolo tra gli agenti sensibilizzanti. Tra gli attivatori, si possono menzionare il benzoile perossido (catalizzatore), il canforochinone, la N,N-dimetil-p-toluidina (DMT, iniziatore) e la 4-tolil-dietanolamina; tra gli inibitori, l’idrochinone e il metil-idrochinone. I materiali compositi utilizzati per restauri dentari sono più raramente allergizzanti, in particolare attraverso due loro componenti: il polimero bisfenolglicidilmetacrilato (BIS-GMA) e il trietilenglicoledimetacrilato (TREGMA). Possono contenere come impurità una sostanza potenzialmente allergizzante ottenuta dalla combinazione tra bisfenolo A ed epicloridina (DGEBA-ER). Gli adesivi smalto-dentinali, seppur raramente, sono causa di allergia da contatto, soprattutto con due sostanze sensibilizzanti che li contengono: il BIS-GMA e il 2-HEMA (2-idrossietilmetacrilato), forma idrosolubile di una resina metacrilica. Esiste, infine, la possibilità (estremamente rara) di allergia da contatto ai trasportatori di resine quali l’N-etil-4-toluene sulfonamide e agli assorbenti di luce UV per materiale dentario (come il 2-idrossi-4metossi-benzofenone). Gomme La gomma esercita il suo potere allergizzante tramite il lattice e gli additivi in essa contenuti. Guanti odontoiatrici, mascherine, aspirasaliva, dighe dentali, gommini per lucidatura e rifinitura di restauri estetici di tipo diretto e indiretto, elastici per apparecchi ortognatodontici, retainer in gomma vulcanica risultano essere dispositivi utilizzati comunemente durante la pratica clinica odontoiatrica e presentano la gomma come materiale costituente fondamentale. Il lattice della gomma è responsabile di reazioni allergiche IgE-mediate di tipo I, anche severe, che riguardano sia gli operatori sanitari che i pazienti (Cap. 3). Gli additivi utilizzati nel processo di fabbricazione della gomma sono, spesso, causa di allergia da contatto di tipo IV negli utilizzatori di guanti in lattice (FIG. 2.2). La mucosa orale è raramente FIGURA 2.2 Dermatite allergica da contatto, in fase acuta, associata all’utilizzo di guanti in lattice. Lesioni eritemato-vescicolari e desquamative con sintomatologia pruriginosa correlata. Paziente positivo al patch test per i tiurami (additivi della gomma). 23 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO sede di stomatite allergica causata dagli allergeni liberati, a livello del cavo orale, dall’azione della saliva; è possibile, inoltre, che questi allergeni vengano assorbiti in circolo causando l’aggravamento o la cronicizzazione di eczemi allergici da contatto pre-esistenti sulla cute. L’allergia da contatto è da attribuire, soprattutto, agli acceleranti del processo di vulcanizzazione della gomma, quali tiurami e mercaptobenzotiazolo. Altri additivi meno spesso in causa sono antiossidanti, antiozonanti (gruppo della parafenilendiamina, fenoli e chinoline) e vulcanizzanti (benzoile perossido e 4,4-ditiodimorfolina); il metil-p-toluene sulfonato lo si ritrova nel materiale in gomma utilizzato per impronte. Aromatizzanti L’eugenolo (C10H12O2) è un composto aromatico idrossilato, un guaiacolo con catena modificata. Si tratta di un liquido oleoso, di colore quasi trasparente o giallo chiaro, che viene estratto da alcuni olii essenziali (specialmente dall’olio di chiodo di garofano e dalla cannella) e si estrae dai fiori con potassa caustica. Ha un odore piacevole, speziato e viene comunemente aggiunto alla composizione di prodotti dell’industria cosmetica. Quando viene utilizzato in preparazioni odontoiatriche (materiali da impronta e cementi all’ossido di zinco per il posizionamento di protesi fisse parziali e totali, provvisorie e definitive, impacchi parodontali, cementi endodontici e colluttori) può causare stomatiti, cheiliti e dermatiti allergiche da contatto. Vi sono poi altri componenti (dotati di attività sensibilizzante) da citare. Il mentolo è un alcol chirale e a temperatura ambiente si presenta come un solido bianco dall’odore caratteristico. Viene estratto dall’olio essenziale della menta piperita di cui è il principio attivo maggiore, è usato per confezionare preparati a utilizzo alimentare (gomme da masticare, gelati, spezie e bibite alla menta), estetico (profumi, creme idratanti e solari, lozioni rinfrescanti) e medicamentoso (materiali da impronta, paste abrasive, dentifrici e colluttori). L’eucaliptolo è una sostanza contenuta nell’olio di eucalipto, si presenta come liquido incolore, di odore simile alla canfora, è dotato di proprietà antisettiche, balsamiche e di una modesta azione anestetica locale. L’isoeugenolo è un etere aromatico di origine naturale e dalla spiccata azione antisettica, contenuto in cosmetici e colluttori medicati, di cui ben nota risulta la capacità allergizzante locale (dermatiti e stomatiti allergiche da contatto) e sistemica (crisi asmatiche in prevalenza). L’aldeide cinnamica e l’alcol cinnamico direttamente estratti dalle piante cinnamomum zeylanicum e cinnamomum aromaticum nees in qualità di olii essenziali, presentano un aroma secco e pungente che ricorda quello dei chiodi di garofano con una nota pepata. Hanno proprietà astringenti, digestive, aromatizzanti, stimolanti; sono finalizzati a utilizzo alimentare, estetico (cosmetici e creme emollienti) e medicamentoso (in qualità di aromatizzanti di preparati medicinali, sciroppi per la tosse, colluttori e paste dentifricie). Sono teratogeni e responsabili di reazioni allergiche. Il balsamo del Perù viene prodotto dall’estratto della corteccia della pianta di myroxylon balsamum linn e successivamente purificato in un resinoide, dal vago profumo di vaniglia. È contenuto in alimenti (dolci, cioccolata, canditi, gelati, gomme da masticare, aperitivi analcolici, bevande a base di cola, tè, agrumi), cosmetici (rossetti, matite per labbra, creme, saponi, shampoo, lozioni, profumi, deodoranti, repellenti, prodotti solari e abbronzanti) e medicamenti (sciroppi e pastiglie per la tosse, supposte, colluttori, dentifrici, paste abrasive odontoiatriche, cementi chirurgici). Può determinare dermatiti e stomatiti allergiche da contatto, orticaria, fotosensibilità e comedogenesi a livello cutaneo. Antimicrobici È nota l’attività sensibilizzante della formaldeide e della glutaraldeide presenti in soluzioni disinfettanti impiegate per la sterilizzazione di strumentario odontoiatrico non autoclavabile (FIG. 2.3). La formaldeide viene commercializzata in soluzione acquosa, come liquido incolore di odore pun- 24 EZIOLOGIA FIGURA 2.3 Dermatite allergica da contatto con eczema in fase subacuta in seguito all’utilizzo di detergenti antisettici di tipo aldeidico. Lesioni eritematose rosso-rosee, a contorni sfumati e accenno a desquamazione a piccole lamelle, associate a sintomatologia pruriginosa. Tipica localizzazione a livello del dorso e dei palmi delle mani. Paziente positivo al patch test per formaldeide. gente; può essere indicata anche come formalina, formolo, E 240, metanale, ossimetilene, aldeide formica. La formalina è formaldeide al 37% in acqua, è utilizzata come conservante nei farmaci a uso parenterale (vaccini e vitamine) e persino come principio attivo in qualità di disinfettante in preparati per il trattamento di affezioni settiche della cavità orale, faringea (Formitrol®, oggi ritirato dal commercio) e delle vie urinarie (esametilentetramina). Viene, inoltre, utilizzata come fissatore e conservante nella realizzazione di preparati istologici. Si trova nell’alcol denaturato, è, inoltre, presente in prodotti topici con azione fungicida, battericida e cheratolitica. È presente in preparati cosmetici quali shampoo, dentifricio, latte e olio da bagno, deodoranti, mascara, maschere per la pulizia della pelle, prodotti per le unghie; in campo alimentare ha funzione di conservante. Contenuta in molti inchiostri idroresistenti, in vernici e collanti, nell’industria tessile è usata come apprettante, impermeabilizzante, antipiega; nell’industria delle conciature è, inoltre, impiegata per la produzione di cere e lucidanti per pellame. La glutaraldeide è un liquido incolore leggermente giallino, di odore pungente moderato in parte per la presenza di essenza di limone. Molti casi di dermatite allergica da contatto professionale da gluteraldeide sono stati riportati tra gli odontoiatri (FIG. 2.3). Altri antisettici e disinfettanti possono essere responsabili di processi di sensibilizzazione (TAB. 2.3). I parabeni (conservanti ad azione batteriostatica e micostatica), presenti nei farmaci per uso topico e nei dentifrici, possono causare allergie da contatto e quadri di cheilite angolare. In passato, antibiotici topici come la tirotricina e la tirocidina sviluppavano stomatiti allergiche da contatto. TABELLA 2.3 Antisettici e disinfettanti utilizzati in ambito odontoiatrico spesso causa di allergie da contatto • • • • Glutaraldeide Benzalconio cloruro Formalina Etanolo • Derivati dei fenoli (diclorofene o G4, esaclorofene o G11, paraclorometaxilenolo, clorocresolo) • Mercuriali (mertiolato o timerosal, mercurocromo o merbromina) • Clorexidina 25 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO TABELLA 2.4 Principali sostanze ad attività allergizzante contenute nei dentifrici e colluttori • Antisettici e preservanti (mercuriali, formaldeide, diclorofene, parabeni) • Miglioranti (aldeide cinnamica, eugenolo) • Coloranti anilinici o azo-derivati • Detergenti (alchil-solfati) • Composti dell’ammonio quaternario • Sostanze antiplacca e anticarie (floruri) Anestetici locali La benzocaina e la tetracaina sono due anestetici locali, spesso ritrovati in componenti odontoiatrici, che possono sensibilizzare l’odontostomatologo attraverso la manipolazione e il contatto dei prodotti che li contengono (garze, pomate, soluzioni). Appartengono al “gruppo para”, sostanze immunologicamente correlate che hanno una struttura chimica simile e che cross-reagiscono tra di loro. Al gruppo “para” fanno riferimento, oltre a benzocaina e tetracaina, altri anestetici locali quali la procaina e la piperocaina, coloranti per capelli, sulfamidici, diuretici benzotiazidici e ipoglicemizzanti orali. L’allergia da contatto provocata da questi anestetici colpisce preferenzialmente i polpastrelli (che si presentano ipercheratosici e fissurati) delle prime tre dita delle mani dei dentisti. Gli altri anestetici locali sono meno frequentemente causa di sensibilizzazione da contatto; dermatiti allergiche da contatto alla lidocaina sono state occasionalmente riportate in letteratura con possibili reazioni crociate alla mepicavacaina e alla dibucaina. Dentifrici e colluttori Contengono numerose sostanze a potere sensibilizzante (TAB. 2.4): antisettici e preservanti, miglioranti, coloranti anilinici o azo-derivati, detergenti, composti dell’ammonio quaternario, sostanze antiplacca e anticarie. Le reazioni più comuni a questi prodotti sono senso di dolore o bruciore del cavo orale, afte della mucosa orale, cheiliti e dermatiti da contatto allergiche periorali, sostenute soprattutto dall’aldeide cinnamica e dall’azulene. C LINICA Dermatite allergica da contatto La dermatite allergica da contatto professionale, che riguarda il personale odontoiatrico, colpisce quasi sempre le mani, in particolar modo i palmi, il dorso, le dita o l’intera mano. Possono essere interessati le unghie, anche da sole, e gli avambracci. Il viso è colpito in caso di allergeni aereotrasmessi (per es. vapori di mercurio). È caratterizzata da eritema, edema e vescicolazione in fase di acuzie oppure da ipercheratosi e fissurazioni localizzate soprattutto ai polpastrelli. Il processo può assumere caratteristiche vescico-bollose quando si diffonde a tutta la mano. Spesso è presente prurito con fenomeni di ipoestesia. Il metilmetacrilato, che è in grado determinare un eczema allergico professionale, penetra facilmente i guanti di gomma e può causare talvolta, oltre alla sensibilizzazione, anche una neuropatia, localizzata solitamente alle dita, con tipiche manifestazioni parestesiche che possono durare anche mesi. Va ricordato, inoltre, che le particelle di cromo, rilasciate dalle leghe metalliche, possono determinare, oltre a una dermatite allergica da contatto, anche la comparsa di lesioni ulcerative di piccole dimensioni che tendono a cronicizzare e che possono interessare non solo le articolazioni delle dita ma anche il volto e il collo. 26 DIAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE Stomatite allergica da contatto La mucosa orale si sensibilizza in minor misura rispetto alla cute, in virtù dell’abbondante vascolarizzazione che allontana rapidamente l’allergene, dell’azione della saliva che modifica la struttura chimica e diluisce l’allergene in concentrazioni non sensibilizzanti, della struttura della mucosa orale in cui è minore la disponibilità di proteine che si coniugano all’aptene e della breve durata di contatto della mucosa con le sostanze sensibilizzanti. La sintomatologia della stomatite allergica è, in genere, sovrapponibile a quella della stomatite da contatto irritante. Il quadro clinico è caratterizzato da una sintomatologia soggettiva in cui prevale la sensazione di bruciore accompagnata da dolore, senso di torpore, disgeusia, ageusia e, in alcuni casi, xerostomia. I segni obiettivi possono essere assenti o dar luogo a tre varianti cliniche delle stomatiti allergiche: • le mucose del cavo orale interessate si presentano moderatamente iperemiche nelle forme lievi e caratterizzate da un marcato eritema ed edema nelle forme più gravi e avanzate. L’edema rende la mucosa liscia, lucida e vi è, spesso, un limite netto fra la mucosa eritematosa coperta dalla protesi e quella sana adiacente; • nei soggetti sensibilizzati ad alcune sostanze (per es. il mercurio dell’amalgama), oltre alla stomatite in sede di contatto, si sviluppa o si riacutizza una dermatite allergica da contatto del volto o di altre regioni, dovuta all’assorbimento per via transmucosa dell’aptene. In linea generale, se un soggetto presenta un’allergia cutanea a un dato aptene (per es. il nichel) che continua ad avere contatto con la pelle difficilmente andrà incontro a manifestazioni a carico della mucosa orale, mentre un soggetto con stomatite allergica da contatto, se persiste il contatto a livello orale con l’aptene responsabile, più facilmente potrà andare incontro a manifestazioni cutanee; • le mucose sono interessate da erosioni e ulcerazioni ricoperte da detriti di tessuto necrotico sovrapponibili ad afte. Sono colpiti i soggetti allergici a colluttori, dentifrici, monomeri acrilici e metalli di protesi mobili o fisse. Il contatto di un aptene con la mucosa potrà elicitare o no una stomatite allergica; in questo caso la manifestazione mucosa si svilupperà a distanza di tempo variabile, da settimane ad anni, dall’inizio del contatto. D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi della dermatite allergica da contatto e della stomatite allergica da contatto si basa su due criteri: quello clinico-anamnestico e quello allergologico. L’anamnesi deve tener conto della cronologia degli eventi, delle sedi, dell’evoluzione delle lesioni e delle modalità dell’eventuale diffusione. Si cercherà, inoltre, di identificare le sostanze in causa. In ambito professionale andranno indagati i prodotti manipolati, i mezzi di protezione, i mezzi di detersione e disinfezione. Nei soggetti con stomatite da contatto si valuteranno i prodotti a contatto con la mucosa orale (protesi, colluttori, dentifrici ecc.). La clinica, insieme all’anamnesi, fornisce il sospetto di un’allergia da contatto che deve essere confermato attraverso il patch test o test epicutaneo. Sarà cura del dermato-allergologo scegliere gli allergeni da testare. Nella TABELLA 2.5 sono riportati gli apteni più rappresentativi da testare nel personale odontoiatrico con sospetta dermatite allergica da contatto professionale o in soggetti con sospetta stomatite allergica da contatto. I suddetti apteni fanno parte della cosiddetta “serie integrativa odontoiatrica”. Il patch test può essere effettuato anche con il materiale portato dall’odontoiatra o dal paziente che si pensa possa essere causa di allergia da contatto. Gli apteni vengono posti, generalmente, a contatto con il dorso della cute del paziente, mediante un apparato testante che consta di un cerotto e di un supporto che verranno rimossi dopo 48 ore; le letture vengono eseguite dopo 24-48 ore dalla rimozione e anche oltre. La positività del test a uno o più apteni identificherà l’avvenuta sensibilizzazione da 27 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO TABELLA 2.5 Principali sostanze da testare in soggetti con sospetta patologia allergica da contatto in ambito odontoiatrico Apteri Potassio dicromato Nichel solfato Colofonia Formaldeide Cobalto cloruro Timerosal Benzoilperossido Mercurio Tiosolfato di oro e sodio Palladio cloruro Alluminio cloruro esaedrato Argento nitrato Titanio-oxide Mentolo Olio cinnamico Balsamo del Perù Eugenolo Clorexidina digluconato Trietilenglicole dimetacrilato Etilenglicole dimetacrilato N.N-dimetilaminoetilmetacrilato 1,6-esandioldiacrilato Tetraidrofurfuril-2-metacrilato Metilmetacrilato BIS-GMA Uretano dimetacrilato 2-idrossi-4-metossi-benzofenone N-etil-4-toluenesulfonamide Tetraetilenglicoledimetacrilato Mercaptobenzotiazolo mix 2-Idrossietil metacrilato Tiurami mix Mercurio ammonio cloruro Esaclorofene Benzocaina Lidocaina Procaina Concentrazione (%) 0,5 5 20 1 1 0,1 1 0,5 0,5 2 1 1 10 2 1 25 2 0,5 2 2 0,2 0,1 2 2 2 2 10 0,1 2 2 2 1 1 1 5 5 2,5 contatto a quelle sostanze. Considerato che, da un punto di vista morfologico, dermatiti e stomatiti da contatto irritanti sono sovrapponibili a quelle allergiche, si comprende come il patch test sia elemento fondamentale per distinguere le forme da irritazione da quelle da allergia. Un patch test positivo con una storia clinica suggestiva depone per una forma allergica; un patch test negativo indirizza verso una forma irritativa. La diagnosi differenziale delle reazioni allergiche da contatto si pone con le reazioni avverse da contatto (Cap. 8), da cui esse vanno differenziate al fine di impostare un’adeguata terapia. 28 TERAPIA P REVENZIONE Un’attenta valutazione nella preparazione dei vari materiali utilizzati in ambito odontoiatrico dovrebbe prevedere anche un’analisi della loro capacità allergenica, la quale può arrecare danno sia al paziente sia agli odontostomatologi e ai loro collaboratori. La prevenzione delle dermatiti allergiche da contatto negli operatori del settore dentale si basa sull’allontanamento della noxa allergogena e sulla riduzione dei fattori irritanti che favoriscono possibili ulteriori sensibilizzazioni. I soggetti predisposti allo sviluppo di una sensibilizzazione allergica dovrebbero fare uso di detergenti e saponi idonei (Cap. 8); inoltre, quando possibile, dovrebbero evitare l’uso di guanti in lattice e preferire i guanti in nitrile o in polietilene. L’uso di guanti di gomma, o in polivinilcloruro, in soggetti con allergie alle resine acriliche non rappresenta un provvedimento preventivo idoneo in quanto il monomero acrilico è in grado di penetrare attraverso i guanti stessi. Piuttosto che impiegare guanti più spessi, poco pratici in quanto interferiscono sui movimenti, sembra preferibile, in questi casi, effettuare un ricambio continuo dei guanti durante la manipolazione delle resine. La prevenzione delle stomatiti allergiche da contatto prevede l’allontanamento dell’agente causale. In caso di sensibilità al cobalto possono essere scelti acciai senza questo elemento per la costruzione di una protesi; in caso di allergia al nichel si può usare vitallium senza nichel; qualora vi sia sensibilità al cobalto, al nichel e/o al cromo si può utilizzare il titanio. È consigliabile, prima dell’applicazione di una protesi, effettuare un esame allergologico tramite un patch test, con gli apteni della “serie odontoiatrica”, per evidenziare un’eventuale allergia da contatto. T ERAPIA La terapia della dermatite allergica da contatto professionale può essere topica o generale. Il trattamento locale prevede, per lo stadio acuto essudante, gli impacchi astringenti (argento nitrato 1-2%, permanganato di potassio 0,25%, acido borico 3%, infuso di camomilla) ripetuti 2-4 volte al giorno e in un secondo tempo le paste assorbenti. Nelle fasi in cui prevalgono l’infiltrazione e la desquamazione si ricorre all’uso di paste semigrasse incorporandovi farmaci risolventi quali l’ittiolo e il tumenolo a basse concentrazioni (1-2%). In caso di ipercheratosi giovano cheratolitici a base di vaselina e acido salicilico al 3-10%. Oltre a questi validi galenici vanno prese in considerazione le preparazioni cortisoniche che forniscono ottimi risultati nelle forme acute, episodiche e nelle forme croniche. L’uso prolungato di queste, in particolare di prodotti ad alta attività terapeutica, può però provocare gravi effetti secondari. I cortisonici per uso topico vanno impiegati per 5-7 giorni a cui fa seguito l’uso di creme idratanti applicate per un’altra settimana. Si procede, pertanto, con preparazioni topiche steroidee e non steroidee alternate. La terapia generale ricorre all’uso di antistaminici di sintesi di ultima generazione che, oltre a un’azione antiflogistica, esercitano una costante e spiccata azione sulla sintomatologia pruriginosa. Un trattamento di breve durata con cortisonici a dosi modicamente elevate è opportuno nelle forme diffuse, specie ove non sia realizzabile l’eliminazione dell’aptene. La terapia primaria della stomatite allergica da contatto consiste nella rimozione della sostanza allergizzante e nella sostituzione con sostanze chimicamente non a essa correlate, segue poi un protocollo prestabilito. La terapia locale è rappresentata dalla disinfezione del sito mediante full mouth disinfection (FMD). Quest’ultima è un complesso di procedure mediche e strumentali non chirurgiche, finalizzate alla decontaminazione di tutti i tessuti duri e molli del cavo orale nell’ambito delle 24 ore. Nel trattamento FMD del tessuto dento-parodontale si distinguono: • procedure strumentali: ablazione tartaro sopragengivale con ultrasuoni; scaling manuale (detartrasi sottogengivale); root planing (levigatura radicolare e rimozione del cemento necrotico); rimozione dei focolai flogistici attivi, dentali, protesici, traumatici; 29 CAPITOLO 2 REAZIONI ALLERGICHE (RALL) DA CONTATTO • procedure farmacologiche: applicazione topica di farmaci (antimicotici e antibiotici, quali il gel di metronidazolo che, applicato nel solco gengivale, modifica la propria fluidità per trasformarsi in un gel colloidale stabile per 24-36 ore); minociclina con effetto >21 ore contro gli anaerobi obbligati; doxicillina con effetto antimicrobico prolungato per 4 mesi; tetraciclina batteriostatica, disponibile in gel, soluzione o fibre; collutori medicati, antibatterici (clorexidina, benzidamina); antinfiammatori (nimesulide). Il trattamento FMD dei tessuti molli si attua mediante: • procedure strumentali: peculiare attenzione è da porre nei confronti dell’igiene linguale da attuare con appositi strumenti (spazzolini a setole medie e ansa nettalingua di metallo), con movimenti singoli ripetuti postero-anteriori dalla radice all’apice linguale; per il raggiungimento di sedi difficili è opportuno realizzare tray personalizzati per ogni singolo paziente, in resina dura di 12 mm di spessore che consentano l’alloggiamento del farmaco (antibiotico, antimicotico, cortisonico, antinfiammatorio) e la sua permanenza sulle mucose per tempi terapeuticamente validi; • procedure farmacologiche: applicazione topica di farmaci (antibiotici e antimicotici); applicazione di colluttori medicati, antibatterici (clx, benzidamina, soluzione iodata); applicazione di antinfiammatori (nimesulide). Risulta essere utile la terapia antiflogistica locale mediante collutorio (Erreflog coll®) a base di nimesulide 0,1%: 1 sq per 2/die. In caso di lesioni erosive della mucosa orale agenti idratanti alleviano la sintomatologia e ripristinano l’integrità della mucosa. Il gel Aminogam® a base di acido jaluronico e aminoacidi ha dimostrato, secondo la nostra esperienza clinica, una sorprendente accelerazione del processo di guarigione delle forme ulcerative-produttive, in relazione alle proprietà modulatrici della flogosi e idratanti dovute alla struttura chimica dei suddetti principi attivi. Nelle forme acute, episodiche e croniche può esser indicato l’utilizzo di corticosteroidi topici quali: • clobetasolo dipropionato: gel/unguento 0,05%, da applicare sulla lesione 2 volte al giorno; • flucinonide: gel 0,05%/pomata 0,025%, da applicare sulla lesione 2 volte al giorno. Vengono associati ad antimicotici topici quali: • amfotericina B: sospensione orale 100 mg/ml, 1 sciacquo ogni 6 ore per 14-21 giorni; • nistatina: sospensione orale 100.000 IU/ml, 1 sciacquo da 6 ml ogni 6 ore per 14-21 giorni. La terapia generale si esplicita parimenti a quella sovracitata per la dermatite allergica da contatto. Letture consigliate Akhavan A, Alghaithi K, Rabach M, Mirchandani N, Cohen SR. Allergic contact stomatitis. Dermatitis. 2006 Jun;17(2):88-90. Gates T. Atopic dermatitis: diagnosis, treatment, and aeromedical implications. Aviat Space Environ Med. 2007 Jan;78(1):29-37. Grange A, Roth B, Tortel MC, Guillaume JC. Chromium-induced vasculitis-like purpuric allergic contact dermatitis. Ann Dermatol Venereol. 2005 Dec;132(12 Pt 1):993-5. Hamann CP, DePaola LG, Rodgers PA. Occupation-related allergies in dentistry. J Am Dent Assoc. 2005 Apr;136(4):500-10. Nettis E, Assennato G, Ferrannini A, Tursi A. Type I allergy to natural rubber latex and type IV allergy to rubber chemicals in health care workers with glove-related skin symptoms. Clin Exp Allergy. 2002;32(3):441-7. Nettis E, Colanardi MC, Soccio AL, Ferrannini A, Tursi A. Occupational irritant and allergic contact dermatitis among healthcare workers. Contact Dermatitis. 2002;46(2):101-7. Nettis E, Marcandrea M, Colanardi MC, Paradiso MT, Ferrannini A, Tursi A. Results of standard series patch testing in patients with occupational allergic contact dermatitis. Allergig 2003 Dec;58(12):1304-7. 30 LETTURE CONSIGLIATE Rycroft RJG, Mennè T, Frosch PJ (eds). Textbook of contact dermatitis, 2nd ed. Springer-Verlag, Berlin 1995. Sertoli A. Dermatologia allergologica professionale ed ambientale. Il Pensiero Scientifico Ed, Roma, 1991. Torgerson RR, Davis MD, Bruce AJ, Farmer SA, Rogers RS 3rd. Contact allergy in oral disease. J Am Acad Dermatol. 2007 Aug;57(2):315-21. Epub 2007 May 25. 31 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA D EFINIZIONE L’allergia al lattice è una reazione a patogenesi IgE-mediata o di tipo I, talora con quadri clinici estremamente gravi, che si manifesta in pazienti sensibilizzati all’esposizione a proteine contenute nel lattice (un liquido lattiginoso che scorre nel tronco di un albero chiamato Hevea Brasiliensis). In alcuni casi l’allergia, di tipo cellulo-mediato o di tipo IV, può essere causata non dalle proteine del lattice ma dagli additivi utilizzati nella fabbricazione dei manufatti. La sensibilizzazione al lattice, con conseguenti manifestazioni cliniche che, talvolta, possono essere anche molto gravi e rischiose per la vita, negli ultimi anni ha mostrato un notevole e rapido incremento della sua prevalenza e incidenza. Ciò è relazionabile al rapido e progressivo sviluppo di sempre nuovi manufatti contenenti lattice, immessi sul mercato per gli usi più svariati (dall’abbigliamento agli articoli di uso domestico, fino agli oggetti di impiego sanitario). Tutto ciò ha portato, come conseguenza fortemente negativa, all’incremento della patologia da lattice, sia respiratoria che cutanea, che si configura come una vera e propria patologia “ambientale”, ulteriormente complicata dalla cross-reattività, che si dimostra sempre più frequente, con numerosi alimenti, soprattutto vari tipi di frutta. E PIDEMIOLOGIA E GRUPPI A RISCHIO DI SENSIBILIZZAZIONE Le prime descrizioni di reazioni IgE-mediate al lattice risalgono al 1927. Si trattò di un caso di orticaria e angioedema del cavo orale da protesi dentale, contenente un substrato in lattice, e di un caso di asma occupazionale. Sino ad oggi sono stati identificati nel lattice più di 200 polipeptidi, dei quali circa 50 sono stati caratterizzati come allergeni. La prevalenza della sensibilizzazione al lattice nella popolazione generale, se si escludono gli atopici, è inferiore all’1%. Tra il 1992 e il 1998 la Food and Drug Administration (FDA) ha ricevuto oltre 1000 segnalazioni di reazioni allergiche al lattice, di cui 15 mortali. In Francia il lattice è responsabile del 19% delle reazioni allergiche intra-operatorie. Gli studi epidemiologici si sono soprattutto concentrati sulla stima della prevalenza dell’ipersensibilità allergica al lattice in gruppi di soggetti considerati a rischio per l’esposizione, lavorativa e non, al lattice. Sulla base dei dati della letteratura si possono, quindi, identificare i seguenti gruppi a rischio: • personale sanitario: la prevalenza è riportata tra il 2,8 e il 12,1%; • addetti all’industria della gomma: la prevalenza varia da 1,5 a 11%; • soggetti che abbiano subito ripetuti interventi chirurgici: per esempio bambini affetti da spina bifida o da anomalie urogenitali. La prevalenza della sensibilizzazione al lattice tra i bambini con spina bifida varia tra il 18 e il 72%; • parrucchieri, casalinghe, cuochi: costituiscono un gruppo a rischio per il frequente uso di guanti in lattice. 33 CAPITOLO 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA I pazienti allergici al lattice che, quando non riconosciuti come tali, vengono a contatto con manufatti in lattice in ambito lavorativo, in corso di interventi chirurgici o in corso di procedure diagnostiche e terapeutiche (visite odontoiatriche o visite ginecologiche) possono sviluppare gravi reazioni sistemiche. F ATTORI DI RISCHIO Il fattore di rischio principale per la sensibilizzazione al lattice è il frequente e prolungato contatto in ambito lavorativo ed extralavorativo. Oltre questo, ve ne sono altri che devono essere considerati: • appartenenza al sesso femminile; • interventi chirurgici: indipendentemente dalla patologia di base, rappresentano un fattore di rischio per il contatto diretto tra lattice e mucose (attraverso i guanti o altri strumenti utilizzati in sala operatoria); • contatto del lattice con cute lesa: tutte le forme morbose sono accomunate dalla presenza di piccole soluzioni di continuo sulla cute, la quale, priva del film lipidico protettivo, favorisce la penetrazione delle proteine idrosolubili del lattice; • atopia: lo stato atopico, che predispone alla sensibilizzazione ai comuni aeroallergeni, e la presenza di un’allergia respiratoria IgE-mediata, asma bronchiale e oculorinite allergica, rappresentano un fattore predisponente; • sensibilizzazione/allergia a determinati cibi: banana, castagna, avocado e kiwi in particolare, per la presenza nella struttura di questi alimenti di determinanti antigenici che si ritrovano nella struttura del lattice stesso (cross-reattività). P ATOGENESI E CLINICA L’esposizione ai manufatti in lattice provoca diversi tipi di reazione, sia di natura allergica che irritativa. Le reazioni di tipo irritativo si manifestano soprattutto con il quadro clinico della dermatite da contatto irritante che compare, solitamente, in seguito al contatto con guanti in lattice. Le reazioni di natura allergica sono, nella maggior parte dei casi, riconducibili a due diversi meccanismi patogenetici descritti di seguito. • Da ipersensibilità allergica, di tipo I, immediata o IgE-mediata: comprendono i temibili quadri morbosi dell’allergia al lattice ossia orticaria da contatto, orticaria generalizzata, angioedema, congiuntivite, rinite, asma e shock anafilattico. Sono le più frequenti e si verificano, essenzialmente, in pazienti sensibilizzati alle proteine del lattice. Le manifestazioni delle reazioni di tipo I dipendono, essenzialmente, dalla modalità di esposizione al lattice. La manifestazione più comune di reazione IgE-mediata da guanti è l’orticaria da contatto (OC). L’OC da proteine del lattice inizia 10-30 minuti dopo l’esposizione ai guanti, può essere tardiva se l’assorbimento degli allergeni è più lento o insorgere più rapidamente se si indossano guanti su mani umide. Clinicamente è caratterizzata da elementi cutanei rilevati, solitamente di colore pallido, circondati da cute normale o rosea e accompagnati da prurito più o meno intenso. Tipicamente le lesioni, simili a quelle provocate da una puntura di insetto, compaiono nella sede di contatto con i guanti, sono fugaci e si risolvono con completa restitutio ad integrum. Con il continuo uso dei guanti i sintomi tendono a manifestarsi sempre più precocemente. L’orticaria aumenta per intensità ed estensione sino a forme generalizzate, associate o meno ad angioedema del tessuto sottocutaneo. L’OC da guanti in lattice va, quindi, distinta dalle frequenti lesioni eczematose e eritemato-vescicolari fisse, che durano molto tempo, caratteristiche di una dermatite da contatto irritante e che si possono verificare per un contatto continuo con i guanti in lattice (Cap. 8). Il contatto dei guanti dell’odontostomatologo con le labbra o la mucosa orale di un soggetto allergico al lattice causa, quindi, tumefazione temporanea nella zona di contatto. In un paziente, un’orticaria da contatto da lattice che si manifesta durante la somministrazione di un anestetico locale può essere scambiata per una reazione causata dall’anestetico stesso. In un bambino, una storia 34 DIAGNOSI di tumefazione delle labbra mentre gonfia un palloncino in gomma spesso sottintende un’allergia al lattice. Anche l’apposizione di dighe dentali può provocare la comparsa di OC. Se le proteine del lattice sono aerosolizzate (per esempio presenti nella polvere dei guanti di lattice che si disperde nell’ambiente dopo averne aperta una confezione) possono essere inalate e possono essere responsabili di orticaria generalizzata, di angioedema, di manifestazioni respiratorie e oculari. I sintomi oculari consistono in prurito e iperemia congiuntivale. La rinite si presenta con prurito nasale, starnutazione, ostruzione e rinorrea acquosa. La manifestazione respiratoria IgEmediata più frequente negli operatori sanitari che inalano allergeni del lattice è l’asma. L’asma, inoltre, può essere l’unica manifestazione di reazione allergica al lattice o essere uno dei sintomi in corso di shock anafilattico, l’espressione più grave e drammatica della ipersensibilità allergica al lattice. L’anafilassi può essere provocata dall’esposizione al lattice per via cutanea, mucosale, inalatoria o, soprattutto, per via parenterale. Il rischio è essenzialmente legato alla rapidità e alla quantità di allergeni che entrano nell’organismo. L’anafilassi intra-operatoria da lattice è dovuta al suo contatto durante l’intervento chirurgico con mucose o sangue. Le cause più comuni sono: guanti, cateteri e tubi endotracheali. L’individuazione dell’elemento responsabile dell’anafilassi intra-operatoria è spesso difficile, sia perché vi sono altre cause che possono esserne responsabili (antimicrobici, anestetici generali e miorilassanti), sia perché il quadro clinico può essere modificato da farmaci utilizzati in corso di anestesia. In letteratura sono riportati alcuni casi di reazioni anafilattiche causate dal lattice presente in contenitori di preparazioni farmaceutiche, come, per esempio, nei tappini multi-perforabili di flaconi e fialoidi. In questo caso, il lattice può essere trasportato passivamente attraverso gli aghi delle siringhe. Le proteine idrosolubili possono anche contaminare direttamente il farmaco contenuto nei flaconi. Questo problema sembra destinato a scomparire in quanto l’industria farmaceutica è sempre più orientata all’utilizzo di materiale sintetico privo di lattice. • Da ipersensibilità allergica di tipo IV, ritardata o cellulo-mediata: molto frequenti, generalmente causate dal contatto con guanti, scarpe, abbigliamento sportivo o strumentazioni mediche. Si presentano sotto forma di dermatite allergica da contatto e sono causate soprattutto dagli additivi impiegati nella lavorazione della gomma o, molto di rado, dalle proteine del lattice. Compaiono dopo circa 48 ore dall’esposizione all’antigene, a seguito dell’attivazione di numerose cellule infiammatorie richiamate in sede. D IAGNOSI L’individuazione di soggetti allergici al lattice e di gruppi ad alto rischio rappresenta il cardine per lo sviluppo di tutte le procedure atte a prevenire e minimizzare le reazioni allergiche al lattice. Essa si basa su una raccolta attenta e particolareggiata dei dati anamnestici e sulla valutazione immunologica. L’anamnesi deve evidenziare alcuni aspetti fondamentali della patologia da lattice: le modalità di esposizione ad articoli di gomma naturale, il tipo di manifestazione clinica, la sequenza dei sintomi e l’associazione con l’esposizione al lattice. Si deve indagare anche su precedenti interventi chirurgici, con eventuali loro complicanze, e sulla presenza di una storia familiare e/o personale (rinite, congiuntivite, asma) di atopia. L’anamnesi, per quanto suggestiva, è solo indicativa di una possibile allergia al lattice in quanto i sintomi possono essere atipici o sfumati, quasi impercettibili, oppure mascherati dalla presenza di una concomitante dermatite irritativa come nelle forme provocate da guanti. La diagnosi si basa quindi su esami in vivo ed esami in vitro. Test in vivo Skin prick test (SPT, FIG. 3.1). Sono attualmente disponibili in commercio preparazioni standardizzate (Stallergenes, Alk-Abellò, Lofarma), sebbene il prick test possa anche essere eseguito con estratti estemporanei da guanti di lattice. Vi è la possibilità di falsi positivi e di falsi negativi e sono state, 35 CAPITOLO 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA FIGURA 3.1 Skin Prick Test positivo in paziente con allergia al lattice della gomma. È preferibile eseguire tali test in ambiente ospedaliero attrezzato e sotto stretto monitoraggio. inoltre, segnalate reazioni sistemiche durante l’esecuzione dei test. Gli skin prick test e i test di provocazione devono essere effettuati con estrema cautela, da personale esperto e in ambiente ospedaliero attrezzato. In caso di storia di reazioni gravi è consigliabile cominciare l’iter diagnostico con il dosaggio sierico delle IgE specifiche e, quindi, procedere con cautela all’esecuzione di test in vivo, se necessario. Test di provocazione (FIG. 3.2). L’unico test utile per dimostrare la responsabilità del lattice nelle reazioni di ipersensibilità allergica è il test di provocazione. Il test d’uso con guanto di lattice è utilizzato per dimostrare, solitamente, le forme di allergia cutanea. Il test di provocazione nasale specifico e bronchiale specifico si effettua di solito per la dimostrazione delle forme allergiche respiratorie. Patch test. Esso viene, invece, eseguito dopo una diagnosi di eczema al fine di formulare una diagnosi differenziale fra una dermatite allergica (reazione di tipo IV) e una irritativa. FIGURA 3.2 Test di provocazione con guanto o test d’uso nel medesimo paziente. Si effettua invitando lo stesso a indossare un guanto (test) in lattice e un guanto (controllo) in vinile. Il test può esser limitato a un unico dito. La lettura viene eseguita entro pochi minuti dopo la rimozione del guanto che viene tenuto indossato solitamente dai 30 ai 120 minuti. 36 GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE Test in vitro Dosaggio delle IgE specifiche. Tale dosaggio è effettuato, solitamente, con la metodica RAST. Viene eseguito un semplice prelievo su siero per evidenziare, in circolo, la presenza di eventuali anticorpi IgE specifici per il lattice. I test in vitro (ELISA, RAST) sono meno sensibili degli SPT. P REVENZIONE I soggetti con documentata allergia al lattice devono: • evitare l’impiego lavorativo ed extralavorativo di guanti in lattice; • evitare il contatto e l’esposizione a manufatti in lattice quali: mezzi anticoncezionali (condom, diaframma), oggetti per l’infanzia (giocattoli, palloncini, succhiotti), equipaggiamenti sportivi (pinne, maschere sub, accessori per la vela, palle e palloni sportivi), arredi e manufatti di uso domestico (tende per la doccia, borsa dell’acqua calda, adesivi, francobolli, gomma per cancellare); • eliminare dagli ambienti piante di Ficus benjamina; • assumere con cautela gli alimenti con documentata cross-reattività con il lattice: kiwi, banana, castagna ecc. • munirsi di una targhetta metallica da portare al collo in cui sia scritto: soggetto con allergia al lattice; • portare con sé una confezione di adrenalina autoiniettabile da utilizzare all’occorrenza. G ESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE Poiché l’allergia al lattice può causare esiti anche fatali ed essendo questo materiale estremamente diffuso in ambienti ospedalieri e ambulatoriali (TAB. 3.1), è necessario porre particolare attenzione all’assistenza dei soggetti allergici al lattice. Va, inoltre, considerato che la reazione allergica può essere provocata anche dall’esposizione a sostanze (aeroallergeni) disperse nell’ambiente e che, quindi, anche una piccola disattenzione può provocare una grave manifestazione anafilattica. TABELLA 3.1 Esempi di dispositivi medici contenenti lattice • • • • • • • • • • • • • • • Apparecchi ortodontici in gomma Bende adesive Bende elastiche Borse dell’acqua calda Borse delle urine Cannule per uso endovenoso Catetere fogarty per disostruzione biliare Catetere fogarty per embolectomia arteriosa Catetere prostatico Catetere venoso centrale Cateteri per clisteri di bario Cateteri urinari Cateteri vescicali Cerotti Cerotto Albuplast • • • • • • • • • • • • • • Circuito anestesia Componenti in gomma delle siringhe Condom Contenitori per liquidi infetti Copricapo e cuffie Diaframmi Dighe dentali Drenaggio aspirazione e sovrapubico Elastici per apparecchi dentali Emodializzatori Guanti Introduttore femorale Lacci emostatici Maschera aerosolterapia/ossigenoterapia • Maschere anestesiologiche • Palloni (per es. tipo Ambu) • • • • • • • • • • • • • • • Raccordi per deflussori Rete elastica Sacche raccogliurina Sensori Sfigmomanometri Sonde Sondino naso-gastrico Succhiotti in gomma Tappi di flaconi per farmaci Tettarelle in gomma Tubi da flebo Tubi endobronchiali Tubi endotracheali Unità respiratorie Valvole 37 CAPITOLO 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA TABELLA 3.2 Quesiti per identificare un paziente con sospetta allergia al lattice 1. Il paziente ha avuto prurito buccale, difficoltà respiratorie, angioedema in seguito all’ingestione di particolari alimenti quali banana, kiwi, avocado, castagna? 2. Il paziente è esposto a prodotti in lattice nel suo ambiente lavorativo e ha mai manifestato angioedema, orticaria, difficoltà respiratorie, tosse, rinocongiuntivite durante l’attività lavorativa? 3. Il paziente ha mai manifestato prurito, orticaria, angioedema, difficoltà respiratorie o rinocongiuntivite mentre indossa guanti in lattice? 4. Il paziente ha mai manifestato i sintomi su citati in seguito al contatto con guanti in lattice in corso di visite ginecologiche, prelievi di sangue e altre manovre diagnostiche? 5. Il paziente ha mai manifestato gonfiore labiale, tosse, difficoltà respiratorie, rinocongiuntivite gonfiando un palloncino o in corso di visite odontoiatriche? 6. Il paziente ha mai manifestato orticaria, angioedema, prurito in seguito al contatto con profilattici o diaframmi o dopo una visita rettale? 7. Il paziente è stato mai sottoposto a interventi chirurgici e ha avuto complicanze che hanno richiesto l’intervento dell’unità di rianimazione? 8. Il paziente è affetto da spina bifida o da problemi del tratto urinario che abbiano richiesto interventi chirurgici o cateterizzazione? Il paziente che giunge in una U.O. odontostomatologica o in un ambulatorio specialistico può essere a conoscenza della sua condizione di allergico al lattice. Talvolta, tuttavia, ciò non accade e la procedura medico-chirurgica a cui il paziente viene sottoposto può rappresentare la prima occasione del manifestarsi di una reazione anafilattica. In ogni struttura sanitaria il riconoscimento di un paziente che non sa di essere allergico al lattice rappresenta un presupposto fondamentale, al fine di assicurare prestazioni sanitarie sicure. Pertanto, deve essere effettuata un’attenta e scrupolosa anamnesi che preveda la somministrazione di apposito questionario (TAB. 3.2) in tutti i pazienti sottoposti a visita medica con indicazione a intervento chirurgico, o ad altra procedura diagnostica o terapeutica che richieda l’uso di dispositivi in lattice. Se dalle risposte al questionario risulterà una sospetta allergia al lattice, il paziente sarà indirizzato, per un approfondimento diagnostico, presso lo specialista allergologo. Particolare attenzione deve essere posta ai pazienti appartenenti a gruppi ad alto rischio di sviluppare un’allergia al lattice, quali i bambini affetti da spina bifida, malformazioni urogenitali, ano imperforato, fistola tracheo-esofagea, atresia esofagea e sindrome di VATER. Questi soggetti saranno indirizzati verso le stesse procedure che vengono adottate per i pazienti con allergia al lattice, anche in assenza di documentata allergia, al fine di evitare l’istaurarsi di una precoce sensibilizzazione. Procedure in ambulatorio di odontostomatologia È necessario sottolineare che i pazienti portatori di un’allergia al lattice e i pazienti con sospetta allergia al lattice, per i quali non è possibile effettuare un’appropriata diagnostica allergologica, devono essere trattati in condizioni latex safe (FIG. 3.3). Per poter rendere possibile tutto questo si renderà necessario prendere alcuni importanti accorgimenti, come descritto di seguito. 38 GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE FIGURA 3.3 Simbologia latex free, dispositivi medici latex free e carrello latex free in dotazione presso la Sala Operatoria di Anestesia Generale della Clinica Odontostomatologica del Policlinico di Bari. 39 CAPITOLO 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA TABELLA 3.3 Esempi di farmaci che contengono lattice nella confezione • Carboplatino Pharmacia ev fl • Cisplatino Pharmacia fl ev • Emagel fl • Fragmin 2500 e 5000 U.I. fl sir • Fraxiparina sir • Vincristina ev • L’odontostomatologo e i suoi assistenti devono indossare guanti non in lattice, sebbene l’uso dei guanti in materiale alternativo comporti alcuni sacrifici in termini di protezione, performance (presa, flessibilità e indossabilità) e costi. Tra i guanti alternativi, sia per visita medica sia chirurgici, possiamo annoverare guanti in vinile, guanti in neoprene, guanti in elastirene, guanti in nitrile e guanti in tactylon. I guanti alternativi possono essere privi anche degli additivi della gomma, responsabili in alcuni casi di dermatiti allergiche da contatto. • Il personale deve detergersi le mani in maniera accurata prima di accedere all’ambulatorio. • Nell’ambulatorio deve essere introdotto solo materiale latex free e devono essere eliminati tutti i dispositivi che potrebbero contenere lattice. Nel caso in cui vi sia materiale insostituibile (per es. poltrone), questo deve essere ricoperto con teli di cotone o con pellicole in plastica tipo domopack. • Nel caso di bracciali per la determinazione della pressione arteriosa, qualora non fosse possibile averne a disposizione uno latex free, si può interporre, tra il braccio del paziente e il manicotto, un telo di cotone. La stessa precauzione deve essere seguita nell’impiego dei lacci emostatici, se, ovviamente, non latex free. • Al di fuori dell’ambulatorio deve essere posto un carrello contenente camici monouso, i quali saranno indossati da tutto il personale prima di entrare nella stanza. In alternativa, si possono utilizzare camici puliti non contaminati da particelle di lattice. • I farmaci iniettabili devono essere aspirati, con una siringa latex free, da fiale in vetro o da flaconi che non contengano lattice, nemmeno come costituente del tappo. In tal caso il tappo (costituito da lattice) non va perforato ma eliminato completamente. Si tenga presente, inoltre, che esistono farmaci che contengono lattice nella confezione (TAB. 3.3). • Nell’ambulatorio deve essere sempre garantita la presenza di un carrello con materiale latex free adeguato alla tipologia di prestazione da erogare, al fine di evitare l’esposizione al lattice nei soggetti allergici (TAB. 3.4). Il materiale deve essere chiuso in un involucro di plastica per evitare contaminazioni per via aerea. TABELLA 3.4 Esempio di lista di materiale latex free, presente in carrello, disponibile in ambulatorio odontoiatrico • • • • • • • • • • • • 40 Aghi a farfalla Aghi cannula Aghi intramuscolo Ambu Silicone Bulbo su contagocce Cerotti Cerotti tnt Contenitori per amalgama Dighe di gomma Dischetti lucidanti Elastici delle maschere facciali Elastici per ortodonzia • • • • • • • • • • • Fiale di anestetico locale senza gommino Guanti chirurgici latex free Laccio emostatico latex free Maschere per ossigenoterapia Materiale per impronta Pistola spray aria e acqua Sfigmomanometro Siringhe Siringhe per anestetico (stantuffo) Tubi endotracheali Tubo del sistema di aspirazione GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO AL LATTICE • È necessario assicurarsi che i dispositivi medici per la somministrazione dell’ossigeno (maschera, tubi e palloncino), siringhe e tutto il materiale per eseguire le flebo in dotazione della stanza siano latex free. • A seconda del tipo di prestazione da effettuare, si valuti l’opportunità che nella stanza vi sia anche uno specifico carrello latex free dell’anestesia-rianimazione. Per quanto riguarda l’allestimento di un ambiente operatorio, la preparazione del paziente all’intervento odontoiatrico e la programmazione dell’intervento, si veda il paragrafo successivo. Procedure in sala operatoria Allestimento della sala operatoria Il responsabile del quartiere operatorio in cui si allestisce la sala operatoria deve assicurare il percorso latex safe all’interno del quartiere operatorio stesso, l’allestimento della sala operatoria e la segnalazione, con apposito cartello, dell’intervento in regime latex safe in corso. All’uopo si dovranno eseguire le procedure di seguito indicate. • L’allestimento della sala operatoria, della stanza di preparazione e di risveglio deve essere condotto da personale che non utilizzi guanti in lattice e che sia stato scrupolosamente istruito sulle modalità di allestimento. Va, inoltre, eseguito trasportando all’esterno tutto il materiale e le apparecchiature, quando ciò sia possibile, e riammettendo solo il materiale essenziale, dopo aver verificato che sia privo di lattice. Il materiale in lattice non sostituibile (per es. materassi) deve essere ricoperto da pellicola trasparente tipo domopack o da teli di cotone. Nella preparazione del paziente all’intervento chirurgico vanno evitati dispositivi in lattice (per es. uso di enteroclismi con parti in lattice). • All’interno della sala deve essere posto un carrello con tutto il materiale latex free necessario per l’intervento. Tale carrello deve essere allestito in un locale separato dalle sale operatorie al fine di evitare qualsiasi contaminazione con particelle aerodisperse. Il materiale contenuto nel carrello deve essere scelto e preparato appositamente per quel paziente e per quel tipo di intervento. Tutti i dispositivi, elencati in una check-list, sono scelti preventivamente dal chirurgo operatore che si avvale dell’ausilio del caposala. La check-list dovrà essere intestata con il nome del paziente, datata e firmata dall’operatore che l’ha stilata. • Per gli interventi d’urgenza deve essere disponibile un carrello con materiali latex free standard; è necessario che nella sala vi sia anche lo specifico carrello latex free dell’anestesia-rianimazione. • Nella sala operatoria è sempre opportuno affiggere l’elenco del materiale che assolutamente non deve essere utilizzato (per es. guanti in lattice). Le gravi reazioni allergiche intra-operatorie sono legate, soprattutto, al contatto dei guanti in lattice con le mucose di un paziente allergico. • Tutto il personale coinvolto nella gestione del paziente deve essere adeguatamente informato che il paziente è allergico; è, inoltre, tassativamente vietato l’ingresso nella sala al personale non direttamente coinvolto. • Il personale deve, prima di entrare nella sala, indossare camici monouso e adoperare mascherine prive di elastici e copriscarpe, nel caso in cui gli zoccoli contengano lattice. Preparazione del paziente • È opportuno eseguire sia la preparazione che il risveglio in sala operatoria e solo quando il paziente è autosufficiente va posto a letto, senza l’aiuto del passamalati, se non latex free. • Sebbene vi siano pareri discordanti, in caso di intervento chirurgico si preferisce trattare profilatticamente il paziente allergico al lattice utilizzando antistaminici e cortisonici come indicato di seguito: 41 CAPITOLO 3 ALLERGIA AL LATTICE DELLA GOMMA – prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento; – ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima del’intervento; – clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento. Programmazione dell’intervento • È importante programmare l’intervento chirurgico affinché non vi siano livelli elevati di allergeni del lattice aerodispersi nell’ambiente operatorio. • Gli interventi di elezione dovrebbero, pertanto, essere programmati di lunedì mattina dopo aver provveduto alla preparazione della sala il venerdì, senza aver utilizzato la sala stessa nel fine settimana. Se ciò non fosse realizzabile bisognerebbe effettuare la preparazione della sala con un adeguato ricambio d’aria nelle 6 ore precedenti l’intervento. • Se tutto ciò non fosse possibile, si dovrebbe programmare l’intervento come primo della seduta operatoria del giorno, dopo aver accuratamente spolverato, con la tecnica a umido, tutte le superfici della sala, con lo scopo di eliminare le particelle di lattice depositatesi durante la notte. T ERAPIA L’immunoterapia allergene specifica per via sublinguale (vaccino) è efficace e ben tollerata nei soggetti allergici al lattice. La terapia di un’eventuale reazione allergica dipende dal tipo di manifestazione. Le reazioni eczematose di tipo IV vanno trattate solitamente con topici cortisonici e antistaminici somministrati per os. Per l’ampio spettro di manifestazioni cliniche delle reazioni di tipo I, la terapia varia a seconda del quadro clinico. È, generalmente, effettuata per via sistemica e si avvale di antistaminici e steroidi, fino a un trattamento intensivo nello shock anafilattico. Nel corso del trattamento dello shock anafilattico, nel paziente allergico al lattice, vanno allontanati tutti i dispositivi contenenti gomma e va utilizzato esclusivamente materiale latex free. In questi soggetti è indispensabile l’impiego di adrenalina quale farmaco di elezione, vista la sua efficacia terapeutica nelle reazioni allergiche IgE-mediate (Cap. 5). Letture consigliate Blanco Guerra C. Latex-fruit syndrome. Allergol Immunopathol (Madr). 2002 May-Jun;30(3):156-63. Chin SM, Ferguson JW, Bajurnows T. Latex allergy in dentistry. Review and report of case presenting as a serious reaction to latex dental dam. Aust Dent J. 2004 Sep;49(3):146-8. García JA. Type I latex allergy: a follow-up study. J Investig Allergol Clin Immunol. 2007;17(3):1647. Gandy-Marqueste C, Jouhat C, Cestelain M, Brunet P, Berland Y, Grob JJO, Richard MA. Contact allergies in haemodialysis patients: a prospective study of 75 patients. Allergy. 2009 Feb; 64(2):222-228. Hain MA, Longman LP, Field EA, Harrison JE. Natural rubber latex allergy: implications for the orthodontist. J Orthod. 2007 Mar;34(1):6-11. Hamann CP, Rodgers PA, Sullivan K. Management of dental patients with allergies to natural rubber latex. Gen Dent. 2002 Nov-Dec;50(6):526-36. Huber MA, Terezhalmy GT. Adverse reactions to latex products: preventive and therapeutic strategies. J Contemp Dent Pract. 2006 Feb 15;7(1):97-106. Moscato G. Linee guida per la prevenzione delle reazioni allergiche a latice nei pazienti e negli operatori sanitari. G Ital Med Lav Erg. 2001;23:4,442-447. Nettis E, Colanardi MC, Ferrannini A. L’allergia al lattice della gomma. Edit Copyright Editore, Bari. 2002. 42 LETTURE CONSIGLIATE Nettis E, Battista A, Colanardi MC, Rana F, Villone G, Vacca A. Linee Guida per la prevenzione delle reazioni allergiche nelle strutture sanitarie della regione Puglia. Deliberazione n. 45/2007 del 21 marzo 2007 del Direttore Generale Agenzia Sanitaria Regione Puglia (AReS). Nettis E, Colanardi MC, Ferrannini A, Tursi A. Reported latex allergy in dental patients. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2002;93(2):144-48. Nettis E, Colanardi MC, Soccio AL, Marcandrea M, Pinto L, Ferrannini A, Tursi A, Vacca A. Double blind, placebo controlled study of sublingual immunotherapy in patients with latex-induced urticaria: a 12-month study. Br J Dermatol. 2007;156:674-681. 43 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI Fondamentale nella pratica odontoiatrica è il riconoscimento precoce di quadri clinici a patogenesi allergica, al fine di impostare un adeguato protocollo diagnostico e terapeutico per il paziente. A – P ATOLOGIE S INDROME ALLERGICHE DA ALIMENTI ORALE ALLERGICA (SOA) Definizione Complesso di sintomi indotti dall’esposizione della mucosa orale e orofaringea ad allergeni di tipo alimentare. I sintomi della stessa sono caratterizzati da una severità ingravescente. Eziopatogenesi La sindrome orale allergica può manifestarsi nel 20-40% dei pazienti pollinosici (FIGG. 4.1, 4.2). Il meccanismo patogenetico è di tipo IgE-mediato. Un soggetto allergico ai pollini produce IgE specifiche capaci di legarsi ai mastociti localizzati a livello della mucosa orale. Gli allergeni alimentari di origine vegetale, che cross-reagiscono con i pollini, si legano alle IgE specifiche adese alle mastcellule causando degranulazione con liberazione di mediatori chimici e conseguente esplicitazione sintomatologica. Le reazioni crociate tra alimenti e inalanti, filogeneticamente lontani, sono giustificate dalla presenza di panallergeni, molecole ubiquitarie di tipo proteico pressoché immutate nel corso dell’evoluzione e dalla sequenza altamente conservata. FIGURA 4.1 SOA a insorgenza acuta in paziente pollinosico con skin prick test positivi per banana e carota. Si noti il quadro clinico simile all’angioedema ma caratterizzato da lesioni più superficiali: lesioni bollose, di piccolo diametro a livello della mucosa labiale inferiore e di diametro maggiore a livello labiale superiore, con maggiore componente vascolare ed esiti di devescicolazione della lesione. 45 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI FIGURA 4.2 SOA a insorgenza acuta in paziente pollinosico con skin prick test positivi per melone. Glossite con lesioni multiple eritematose a livello del dorso e del ventre linguale, con sintomatologia disfagica, algica e urente. Clinica È caratterizzata da sintomi che interessano prevalentemente il cavo orale e insorgono da pochi minuti a un’ora dal contatto con l’alimento cui il soggetto è sensibile. Generalmente i sintomi orali si manifestano entro pochi minuti dal contatto con l’alimento, mentre quelli che interessano altri organi possono manifestarsi dopo 30-60 minuti. Lo spettro dei sintomi è variabile e si distinguono classicamente quattro stadi in base alla gravità: • stadio 1: compaiono sintomi da contatto della mucosa orale quali prurito orofaringeo, edema delle labbra, papule/vescicole e lesioni eritematose multifocali del cavo orale; • stadio 2: compaiono difficoltà alla deglutizione, vomito, gastralgia e diarrea; • stadio 3: compaiono sintomi generalizzati quali l’orticaria; • stadio 4: compaiono sintomi estremamente gravi quali edema della glottide sino allo shock anafilattico. La sindrome orale allergica è di frequente riscontro tra i pazienti affetti da allergie a pollini; il motivo risiede nell’esistenza di una cross-reazione allergica tra pollini e alimenti vegetali quali frutta e verdure crude. Le IgE polline-specifiche, seguendo un andamento stagionale, fanno sì che durante la stagione pollinica la sindrome orale allergica sia più frequente. L’esempio più emblematico di reattività crociata, poiché più importante da un punto di vista clinico, è quello mela-betulla. Essa è dovuta all’elevata omologia tra Bet v 1 (allergene maggiore della betulla) e Mal d 1 (allergene maggiore della mela), entrambi appartenenti alla famiglia delle pathogen-related-protein, proteine che vengono espresse dalla pianta quando viene attaccata da agenti infettivi. Altre cross-reattività tra allergeni inalatori e alimentari sono: • nocciolo: mela, pesca, ciliegia, carota, limone; • parietaria: gelso, ciliegia, basilico, melone; • betulla: mela, pesca, pera, prugna, albicocca, noce, banana, nocciola, finocchio, carota, sedano; • graminacee: anguria, pomodoro, melone, frumento, arancia, kiwi; • compositae: melone, mela, anguria, sedano, pistacchio, camomilla, nocciole. Diagnosi e diagnosi differenziale Un valido aiuto è fornito da un’indagine anamnestica accurata che può dare utili indicazioni sull’alimento ingerito, sulle caratteristiche sintomatologiche e sull’intervallo di tempo intercorso tra l’inge- 46 A – PATOLOGIE ALLERGICHE DA ALIMENTI stione e la comparsa delle manifestazioni. Per confermare i dati anamnestici si ricorre a test diagnostici specifici: in vivo (skin prick test) e in vitro (dosaggio delle IgE specifiche sieriche o RAST). Se il sospetto diagnostico viene confermato dai test si elimina dalla dieta l’alimento in questione. Terapia La terapia farmacologia generale è utile in fase acuta, successivamente a full mouth disinfection, mediante la somministrazione di cortisonici. È stato descritto in letteratura l’utilizzo, a scopo preventivo, di disodiocromoglicato per os. La terapia preventiva mediante antistaminici non è tutt’oggi consolidata da validi supporti nella letteratura scientifica a causa della limitatezza del campione utilizzato e dell’impiego di farmaci di vecchia generazione. Tuttavia, la totale e completa astinenza dall’alimento scatenante conduce alla scomparsa delle manifestazioni cliniche e si dimostra la più efficace e adeguata scelta terapeutica e preventiva. P ATOLOGIA ORODIGESTIVA ALLERGICA DA A NISAKIS Definizione Patologia allergica causata soprattutto dall’ingestione di nematodi (Anisakis simplex, Anisakis physeteris o Pseudoterranova) appartenenti alla famiglia Anisakidae, presenti solitamente in qualità di parassiti nell’intestino di pesci, di cefalopodi e di mammiferi marini. Eziopatogenesi Secondo le stime epidemiologiche più dell’85% delle aringhe, l’80% delle triglie e il 70% dei merluzzi sono infestati dal parassita (FIG. 4.3) . L’uomo risulta un ospite accidentale del nematode. La trasmissione dell’infezione avviene per via alimentare, tramite l’ingestione di pesce infestato crudo, non completamente cotto o in salamoia. Il parassita è particolarmente resistente agli acidi (aceto e limone) ma estremamente sensibile alla cottura e al congelamento che lo disattivano rapidamente ma talvolta non completamente. Successivamente all’ingestione, generalmente, essendo sensibile all’acido cloridrico gastrico, il parassita muore, in genere, nell’apparato digerente umano senza poter completare il ciclo vitale. Le larve possono, tuttavia, impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale dello stomaco fino al largo intestino. Per difendersi dai succhi gastrici attaccano le mucose con notevole capacità perforante. L’eziologia molecolare sembra essere correlata a polipeptidi antigenici di peso molecolare compreso fra 30 e 50 kd, non ancora completamente isolati e caratterizzati, localizzati sull’involucro esterno del nematode (FIGG. 4.4, 4.5). Questi ultimi sarebbero in grado di determinare un incremento di IgE specifiche, con conseguente degranulazione mastocitaria e comparsa di reazioni IgE-mediate come orticaria, angioedema, crisi asmatiche e anafilassi. Nell’area mediterranea è stata stimata una prevalenza di sensibilizzazione all’Anisakis simplex pari al 5% sul totale della popolazione generale. Clinica Variabilmente possono comparire (FIG. 4.6): • sindrome orticarioide acuta, con lesioni fugaci (pomfi) pruriginose insorgenti entro 4-6 ore dal contatto con l’allergene scatenante; • tumefazioni angioedematose del cavo orale e della glottide, a livello delle mucose palpebrali, con imminente pericolo di vita; 47 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI FIGURA 4.3 Aspetto macroscopico di carne fresca di Nasello che mostra l’aspetto e le dimensioni dell’Anisakis, che può raggiungere alcuni mm di lunghezza. FIGURA 4.4 Sezione istologica trasversale di Anisakis che mostra la complessità strutturale dell’involucro esterno che contiene numerosissimi siti fortemente allergizzanti. FIGURA 4.5 Il microscopio con focale laser evidenzia maggiormente l’estrema irregolarità dell’involucro esterno che assume aspetti simil-villosi (freccia). 48 A – PATOLOGIE ALLERGICHE DA ALIMENTI FIGURA 4.6 Glossite atrofica da carenza di ferro, con lesioni multiple, eritematose, ulcerative e vescicole di 1-2 millimetri di diametro, a insorgenza acuta, in paziente con skin prick test positivi per estratti commerciali di Anisakis simplex. Sintomatologia disfagica, algica e urente. • sintomi respiratori asmatici con dispnea, prevalentemente espiratoria, dovuta a broncocostrizione; • shock anafilattico, per interessamento dei basofili circolanti, con alterazione del sistema cadiocircolatorio, cutaneo e respiratorio, compromissione delle funzioni vitali e imminente pericolo di vita del soggetto. La sintomatologia allergica può, tuttavia, limitarsi a una sensibilizzazione locale con conseguenti disturbi gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea, a volte sanguinolenta, e algia addominale diffusa associata a febbre. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi si basa su una corretta indagine anamnestica nei confronti del paziente, indagando le abitudini alimentari e considerando la possibilità di una patologia professionale negli addetti al reperimento e alla lavorazione ittica. I test cutanei in vivo (skin prick test con estratti commerciali di Anisakis simplex) e quelli in vitro (dosaggio sierico delle IgE specifiche per Anisakis o RAST) forniscono un valido supporto diagnostico. Indagini strumentali endoscopiche ed ecografiche identificano alterazioni macroscopiche e lesioni del tratto digestivo. Terapia La terapia è essenzialmente preventiva di elezione (evitare l’ingestione di pesce parassitato crudo o poco cotto) e sintomatica nelle forme acute. La cottura prolungata e il congelamento del pesce per almeno 24 ore spesso sono sufficienti a inattivare gli allergeni del parassita. Letture consigliate Asakura K, Honma T, Yamazaki N, Ishikawa T. Relationships between oral allergy syndrome and sensitization to pollen antigen, especially to mugwort. Arerugi. 2006 Oct;55(10):1321-6. Cooper PJ. Interactions between helminth parasites and allergy. Curr Opin Allergy Clin Immunol. 2009 Feb; 9(1):29-37. Daschner A, Pascual CY. Anisakis simplex: sensitization and clinical allergy. Curr Opin Allergy Clin Immunol. 2005 Jun;5(3):281-5. Doroszewska G, Winiarski P, Bartuzi Z. Oral allergy syndrome—problem. Otolaryngol Pol. 2006;60(6):917-22. Fernández Rivas M. Cross-reactivity between fruit and vegetables. Allergol Immunopathol (Madr). 2003 May-Jun;31(3):141-6. 49 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI Fontana M, Spertini F, Bart PA, Leimgruber A. Oral allergy syndrome and food allergy. Rev Med Suisse. 2005 Apr 13;1(15):1010,1013-7. Foti C, Fanelli M, Mastrandrea V, Buquicchio R, Cassano N, Conserva A, Nettis E. Risk factors for sensitization to Anisakis simplex: a multivariate statistical evaluation. Int J of Immunopathology and Pharmacology. Int J Immunopathol Pharmacol. 2006 Oct-Dec;19(4):847-51. Foti C, Nettis E, Cassano N, Di Mundo I, Vena GA. Acute allergic reactions to Anisakis simplex after ingestion of anchovies. Acta Derm Venereol. 2002;82(2):121-3. Kleine-Tebbe J, Vogel L, Crowell DN, Haustein UF, Vieths S. Severe oral allergy syndrome and anaphylactic reactions caused by a Bet v 1- related PR-10 protein in soybean, SAM22. J Allergy Clin Immunol. 2002 Nov;110(5):797-804. Mari A, Ballmer-Weber BK, Vieths S. The oral allergy syndrome: improved diagnostic and treatment methods. Curr Opin Allergy Clin Immunol. 2005 Jun;5(3):267-73. Ortolani C. Sintomi di allergia alimentare. In: Carlo Zanussi C. Trattato italiano di Allergologia. Pavia: Selecta Medica Editore 2002. WHO/IUIS, http://www.allergen.org/. Yagami T. Allergies to cross-reactive plant proteins. Latex-fruit syndrome is comparable with pollenfood allergy syndrome. Int Arch Allergy Immunol. 2002 Aug;128(4):271-9. Yamaguchi J, Inomata N, Hirokado M, Shimakura K, Shiomi K, Ikezawa Z. [A case of occupational contact urticaria and oral allergy syndrome due to seafood. Arerugi. 2007 Jan;56(1):49-53. ( DA B – L ESIONI LICHENOIDI FARMACI , DA MATERIALI DENTARI ) D EFINIZIONE Le lesioni lichenoidi sono alterazioni a patogenesi disergica-allergica, clinicamente e istologicamente simili al lichen planus orale (FIG. 4.7). Sono tipicamente localizzate a livello dei margini laterali della lingua, della mucosa geniena e della gengiva aderente, spesso non bilaterali e asimmetriche, e guariscono conseguentemente alla rimozione della noxa patogena scatenante (farmaci, materiali dentari). I tatuaggi da amalgama risultano, invece, lesioni asintomatiche, incapaci di causare patologia allergica o lesioni lichenoidi. Derivano da un impianto accidentale di amalgama nella mucosa orale durante una procedura dentale, con conseguente area circoscritta scura e pigmentata. Sono costituiti da piccoli frammenti di amalgama o granuli di diverse dimensioni. I frammenti più grandi sono incapsulati da fibre collagene e possono permanere immodificati per molti anni. Di contro, le particelle di più piccole dimensioni, intorno ai 35 mm, sono fagocitate dai macrofagi e, a seguito della digestione intracellulare, vengono rilasciati mercurio e piccole particelle contenenti argento. I tatuaggi possono essere associati a lesioni lichenoidi da materiali dentari. FIGURA 4.7 Paziente con documentata diagnosi istologica di lichen planus orale. Si noti la presenza di lesioni biancastre di aspetto reticolare in relazione a protesi parziale fissa in oro-ceramica. Occorre valutare con peculiare attenzione tali casi, al fine di una corretta diagnosi differenziale tra lesioni lichenoidi e lichen planus orale. 50 B – LESIONI LICHENOIDI (DA FARMACI, DA MATERIALI DENTARI) E ZIOPATOGENESI Le lesioni lichenoidi epidemiologicamente si rilevano nel 2% della popolazione adulta. Sono molteplici i fattori causali, capaci di predisporre o scatenare la comparsa di una lesione lichenoide a livello orale. Fattori e cofattori genetici, agenti infettivi, molecole farmacologicamente attive, agenti chimici, fattori stressogeni, fisici e psichici, traumi, alimenti, tossici locali, reazioni elettrogalvaniche, malattie sistemiche come diabete, ipertensione, reazioni autoimmuni, malattie epatiche croniche e neoplasie maligne possono essere capaci di causare le lesioni. Interessante risulta, tuttavia, l’ipotesi eziopatologica allergica dimostrata tramite test allergologici in vivo e in vitro, che dimostrano una iperattività dei linfociti T (CD4+) che si accumulano nella lamina propria subepiteliale con un infiltrato a banda (vedi FIG. 4.13). Oggi si distinguono le lesioni lichenoidi, in base a eziologia e patogenesi, in due gruppi: • da farmaci: poco comuni e legate all’assunzione di farmaci ipoglicemizzanti orali, ACE-inibitori, FANS, sali d’oro e penicillamina. Questi farmaci possono indurre, a livello della mucosa orale, la comparsa di lesioni eritematose, atrofico-erosive o ulcerate e dolenti, associate a strie bianche, di aspetto reticolare e simmetrico, difficilmente distinguibili dalle lesioni del lichen planus orale. Le lesioni compaiono a distanza di tempo variabile, da pochi giorni a molti anni, dall’inizio della terapia e recedono con la sospensione del farmaco responsabile. La diagnosi di eruzioni lichenoidi da farmaci si fonda sulle caratteristiche istopatologiche delle lesioni, valutate in associazione all’anamnesi farmacologica del paziente e/o all’evoluzione delle lesioni in relazione alla reintroduzione o sospensione del farmaco incriminato; • da contatto: causate da una stomatite allergica da contatto (materiali dentari). Complesse sono le ipotesi patogenetiche riguardo la capacità di materiali utilizzati per restauri dentari diretti di scatenare lesioni lichenoidi orali. Le amalgame dentarie (FIGG. 4.8, 4.9) possono agire attraverso un meccanismo di allergia da contatto cellulo-mediato (tipo IV); inoltre, biodegradandosi attraverso processi di dissoluzione, evaporazione e corrosione, possono determinare reazioni locali a livello orale con conseguente alterazione di antigeni dei cheratinociti basali. Questi ultimi diventano target del danno autoimmune cellulomediato che si esplicita nella manifestazione clinica delle lesioni lichenoidi orali. Nel caso di materiali compositi (FIGG. 4.10-4.12), il meccanismo patogenetico sembra esser correlato a episodi di allergia da contatto cellulo-mediato (tipo IV) alla formaldeide presente nel riempitivo o all’interazione tra il mercurio dell’amalgama e la formaldeide del composito. Un ulteriore meccanismo è rappresentato dall’azione della placca batterica aderente alle superfici di amalgama e composito; quest’ultima, inducendo reazioni chimiche e fenomeni di dissolu- FIGURA 4.8 Lesioni lichenoidi stabili, di tipo misto (bianche ed eritematose) del margine posteriore linguale, del trigono retromolare e della mucosa geniena, in vicinanza di restauri in amalgama, a margini debordanti, in paziente con patch test positivo per un componente dell’amalgama. 51 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI FIGURA 4.9 Lesioni lichenoidi monolaterali, in prossimità di otturazioni in amalgama. La paziente, dopo la rimozione di otturazioni in amalgama, ha sviluppato un lichen planus orale tipico, con lesioni bilaterali simmetriche. Tale caso fa comprendere la difficoltà della diagnosi differenziale delle due entità nel caso di esordio monolaterale. FIGURA 4.10 Lesioni lichenoidi, bianche e eritematose, localizzate a livello della mucosa geniena, in vicinanza di protesi parziale fissa in lega aurea a basso titolo e associata a fenomeni di polimetallismo, in paziente con patch test positivi per la serie integrativa odontoiatrica. La colorazione di Lugol evidenzia la reale estensione delle lesioni. FIGURA 4.11 A sinistra: lesione lichenoide biancastra, a placca, associata a capsula in oro-resina e a gancio metallico di protesi parziale rimovibile. A destra: controllo, successivo a terapia topica corticosteroidea, in paziente con patch test positivi per la serie integrativa odontoiatrica e che rifiuta la sostituzione dei materiali protesici. 52 B – LESIONI LICHENOIDI (DA FARMACI, DA MATERIALI DENTARI) FIGURA 4.12 Lesioni lichenoidi biancastre, a placca, associate a protesi fissa in oro-ceramica, in presenza di polimetallismo del cavo orale, in paziente con patch test positivi per alcuni apteni della serie integrativa odontoiatrica. zione e corrosione del materiale, può essere responsabile di una risposta infiammatoria aspecifica locale. Le lesioni lichenoidi potrebbero, inoltre, configurarsi quale manifestazione di patologia da contatto irritativa o, più spesso, allergica, data la positività dei pazienti ai patch test specifici. C LINICA Clinicamente la patologia lichenoide da contatto, non bilaterale e asimmetrica, si presenta con lesioni ipercheratosiche bianche reticolari o a placca asintomatiche e/o con lesioni eritematose, erosive e frequentemente associate a sintomatologia urente lieve, sia spontanea che provocata da alimento. Tali lesioni, istologicamente indistinguibili dal lichen planus orale (LPO), presentano, analogamente a esso, due fondamentali aspetti diagnostici rappresentati dalla degenerazione progressiva e liquefattiva delle cellule dello strato basale e dal tipico infiltrato linfocitario a banda (T linfociti). D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi delle lesioni lichenoidi risulta da un’indagine anamnestica accurata, dall’esame clinicoobiettivo del paziente che mira all’identificazione degli agenti scatenanti la patologia e dalla valutazione istopatologica. L’esecuzione del patch test risulta di valido ausilio. L’esame istologico (FIG. 4.13), da solo non dirimente, identifica la presenza di ipercheratosi, ipergranulosi, spongiosi, degenerazione liquefattiva dello strato basale (con la caratteristica presenza dei corpi eosinofili di Civatte), perdita della continuità basale con degenerazione delle papille epiteliali “a dente di sega” e infiltrato flogistico linfocitario “a banda”; c’è una evidente componente eosinofila nell’infiltrato subepiteliale. Le lesioni si differenziano dal lichen planus orale per la risoluzione della patologia conseguentemente all’allontanamento dell’agente causale e per essere spesso monolaterali. T ERAPIA La terapia delle lesioni lichenoidi è primariamente finalizzata alla rimozione degli agenti eziologici scatenanti. Non ci sono, tuttavia, a oggi, lavori della letteratura scientifica internazionale che provino i risultati a lungo termine della rimozione dei restauri dentali incriminati. La percentuale di completa guarigione varia dal 37,5 al 100%, con follow-up a 3, 6 e 12 mesi. La combinazione tra patch test positivo e forte associazione clinica e topografica tra lesioni e restauri odontoiatrici, specie in amalgama, è un eccellente fattore predittivo positivo di remissione 53 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI FIGURA 4.13 Aspetto istologico delle lesioni lichenodi: ipercheratosi, ipergranulosi, spongiosi, degenerazione liquefattiva dello strato basale, perdita della continuità basale con degenerazione delle papille epiteliali “a dente di sega” e infiltrato flogistico linfocitario “a banda”. I corpi eosinofili di Civatte, rappresentativi della degenerazione delle citocheratine dello strato basale, risultano particolarmente caratteristici delle lesioni. della patologia, conseguentemente alla rimozione dei restauri. Tuttavia, esiste evidenza di lesioni lichenoidi correlate con restauri in materiali compositi, associate a completa remissione clinica della patologia di conseguenza a rimozione degli stessi. Risulta, pertanto, inutile e sconveniente intervenire nella sostituzione di restauri in amalgama in tali pazienti, la cui predisposizione a reazioni di ipersensibilità allergica potrebbe ricondurre alla presentazione del medesimo quadro clinico, in tal caso associato a materiali compositi. La liberazione di vapori mercuriali rende, inoltre, la rimozione delle amalgame un processo lesivo, da un punto di vista biologico, per il paziente e per l’odontoiatra. In conclusione, valutando il rapporto costi biologico-economici/benefici, la sostituzione dei restauri non sembra essere particolarmente conveniente in qualità di scelta terapeutica. Sono descritti in letteratura diversi casi di risoluzione spontanea della patologia. In rari casi, tali lesioni possono divenire precancerose. In fase acuta può esser utile una full mouth disinfection, una terapia antiflogistica e una terapia antalgica locale. 54 C – GLOSSITE ERITEMATOSA MIGRANTE L’applicazione di corticosteroidi topici, mediante medicazioni occlusive, determina la remissione delle lesioni. In casi più gravi l’utilizzo di corticosteroidi sistemici è terapeutico. Sono state descritte terapie alternative a base di retinoidi, LASER con effetto biostimolante, con risultati incostanti. Letture consigliate Al-Hashimi I, Schifter M, Lockhart PB, Wray D, Brennan M, Migliorati CA, Axéll T, Bruce AJ, Carpenter W, Eisenberg E, Epstein JB, Holmstrup P, Jontell M, Lozada-Nur F, Nair R, Silverman B, Thongprasom K, Thornhill M, Warnakulasuriya S, van der Waal I. Oral lichen planus and oral lichenoid lesions: diagnostic and therapeutic considerations. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2007 Mar;103 Suppl:S25.e1-12. Epub 2007 Jan 29. DeRossi SS, Ciarrocca KN. Lichen planus, lichenoid drug reactions, and lichenoid mucositis. Dent Clin North Am. 2005 Jan;49(1):77-89, viii. Dunsche A, Frank MP, Lüttges J, Açil Y, Brasch J, Christophers E, Springer IN. Lichenoid reactions of murine mucosa associated with amalgam. Br J Dermatol. 2003 Apr;148(4):741-8. Ismail SB, Kumar SK, Zain RB. Oral lichen planus and lichenoid reactions: etiopathogenesis, diagnosis, management and malignant transformation. J Oral Sci. 2007 Jun;49(2):89-106. Magnin P, Stuck M, Meier E, Kägi M, Lussi A, Braathen L, Buser D. Amalgam-associated lichenoid lesions of the oral mucosa: filling replacement therapy. Schweiz Monatsschr Zahnmed. 2003;113(2):143-50. Ostman PO, Anneroth G, Skoglund A. Amalgam-associated oral lichenoid reactions. Clinical and histologic changes after removal of amalgam fillings. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 1996 Apr;81(4):459-65. Pang BK, Freeman S. Oral lichenoid lesions caused by allergy to mercury in amalgam fillings. Contact Dermatitis. 1995 Dec;33(6):423-7. Staines KS, Wray D. Amalgam-tattoo-associated oral lichenoid lesion. Contact Dermatitis. 2007; 56: 240–241. Svedman C, Dunér K, Kehler M, Möller H, Gruvberger B, Bruze M. Lichenoid reactions to gold from dental restorations and exposure to gold through intracoronary implant of a gold-plated stent. Clin Res Cardiol. 2006 Dec;95(12):689-91. Epub 2006 Oct 30. Thornhill MH, Sankar V, Xu XJ, Barrett AW, High AS, Odell EW, Speight PM, Farthing PM. The role of histopathological characteristics in distinguishing amalgam-associated oral lichenoid reactions and oral lichen planus. J Oral Pathol Med. 2006 Apr;35(4):233-40. C – G LOSSITE ERITEMATOSA MIGRANTE D EFINIZIONE Patologia infiammatoria cronica disimmunitaria, prevalentemente localizzata a livello del dorso e dei margini linguali, poco comune sulla superficie ventrale e in altri siti del cavo orale. E ZIOPATOGENESI La prevalenza nella popolazione generale è stimata tra lo 0,28% e il 2,4%; epidemiologicamente risulta essere più frequente in soggetti giovani, non è, tuttavia, una condizione rara dopo la quarta decade di vita. Alcuni Autori ritengono che la patologia sia più frequente nei soggetti di sesso femminile, altri che non ci sia una particolare predilezione. Condizioni psicologico-fisiche stressanti presentano un ruolo eziologico nei pazienti con glossite migrante. Si ipotizza, altresì, una reazione irritativa da contatto verso sostanze contenute in cibi e bevande, che potrebbero riesacerbare la sintomatologia e che agirebbero attraverso stimoli chimici (alcol, acidi) o fisici (calore), capaci di scatenare una risposta abnorme. Disturbi ormonali, utilizzo di contraccettivi orali, condizioni sistemiche come disordini gastrointestinali associati ad anemia, sindrome di Reiter e sindrome di Down si associano alla patologia. 55 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI La glossite migrante è significativamente più frequente in pazienti psoriasici (14%) rispetto alla popolazione generale (6%). Alcuni Autori identificano l’importanza della familiarità ed ereditarietà nella manifestazione della patologia; quest’ultima sembra, infatti, essere correlata a una maggiore espressione di antigeni HLA-B15, DR5 e DRW6, suggestivi di un’implicazione immunologica nell’eziopatogenesi della malattia. Tale patologia è molto frequente nei pazienti con diatesi allergica (atopici, pollinosici). Esiste la presenza di un’associazione positiva tra glossite migrante benigna, asma e rinite allergica. In tal caso, la patologia sarebbe espressione di un meccanismo di ipersensibilità allergica di tipo I o IV. C LINICA Clinicamente le lesioni della glossite migrante possono essere distinte secondo la seguente classificazione: • tipo I: lesioni limitate unicamente al dorso della lingua con fasi attive e di remissione (forma migrante); • tipo II: – a: lesioni ricorrenti nella stessa sede (forme fisse, non migranti), – b: macchie bianche giallastre ricorrenti nella stessa sede senza aree rosse; • tipo III: come quelle tipo I ma con lesioni estese ad altre aree della mucosa orale (stomatite a carta geografica); • tipo IV: come quelle di tipo III senza lesioni alla lingua (lingua a carta geografica ectopica). La patologia si manifesta con aree multifocali, eritematose, circondate da un orletto biancastro e rilevato (FIG. 4.14). La superficie centrale corrisponde alle zone di atrofia papillare. I bordi sono, invece, composti da papille filiformi rigenerate e neutrofili frammisti a cheratina. È caratterizzata da remissioni prive di esiti cicatriziali e riesacerbazioni, localizzate in siti immediatamente adiacenti alla pregressa area colpita e atte a identificare il tipico pattern migratorio. Solitamente asintomatica, talvolta la glossite migrante determina nel paziente sensazione di bruciore, algia localizzata o fastidio, riesacerbati dall’assunzione di alimenti speziati, acidi (succo di limone, olio, pomodoro) o da bevande alcoliche. Ciò ha condotto Marks et al. a ipotizzare un’eziopatogenesi flogistica, associata a uno stato di aspecifica atopia, capace di scatenare la patologia. Il paziente può riferire sintomi di alterazione del gusto (disgeusia) e ipersalivazione. Istopatologicamente (FIG. 4.15) si apprezza la riduzione in numero e dimensioni delle papille filiformi. A livello dei margini delle lesioni sono presenti segni di ipercheratosi e acantosi. La perdita dello strato di cheratina è caratteristico delle aree centrali della lesione. Nell’epitelio sono presenti neutrofili e linfociti. È presente un infiltrato infiammatorio composto, a livello della lamina propria e nel connettivo sottostante, da plasmacellule, linfociti e neutrofili. FIGURA 4.14 Glossite eritematosa migrante cronica con tipiche lesioni figurate circondate da orletto biancastro a margini rilevati in paziente privo di sintomatologia e con familiarità per atopia. 56 C – GLOSSITE ERITEMATOSA MIGRANTE FIGURA 4.15 Aspetto istologico della glossite migrante: ipotrofia delle papille filiformi, ipercheratosi e acantosi epiteliale, abbondante infiltrato infiammatorio di neutrofili, con i cosiddetti microascessi intraepiteliali di Munroe, linfociti e plasmacellule, maggiormente presenti nel chorion. D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi clinica è semplice, risulta sufficiente valutare il caratteristico aspetto delle lesioni. L’esame bioptico è consigliato solo raramente. T ERAPIA Le lesioni sono solitamente autolimitantesi. Si necessita unicamente di full mouth disinfection. Nel caso di documentata eziologia allergica la rimozione dell’antigene scatenante si mostra risolutivo. L’evoluzione risulta essere completamente benigna. Nei casi più gravi è utile rimuovere tutti i fattori scatenanti sovracitati (alimentari e traumatici), utilizzare colluttori medicati antiflogistici e, in rari casi, ricorrere a corticosteroidi topici. Si sconsiglia l’applicazione di clorexidina, data l’assenza di noxae patogene di tipo microbico e la capacità della stessa di riesacerbare la sintomatologia disgeusica e orale. Letture consigliate Adams SP. Dermacase. Georgraphic tongue. Can Fam Physician. 2002 Apr;48:697, 702. Espelid M, Bang G, Johannessen AC, Leira JI, Christensen O. Geographic stomatitis: report of 6 cases. J Oral Pathol Med. 1991 Oct;20(9):425-8. Gonsalves WC, Chi AC, Neville BW. Common oral lesions: Part I. Superficial mucosal lesions. Am Fam Physician. 2007 Feb 15;75(4):501-7. 57 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI Morris LF, Phillips CM, Binnie WH, Sander HM, Silverman AK, Menter MA. Oral lesions in patients with psoriasis: a controlled study. Cutis. 1992 May;49(5):339-44. Noonan V, Gallagher G, Kabani S. Geographic stomatitis. J Mass Dent Soc. 2007 Winter;55(4):49. Younai FS, Phelan JA. Oral mucositis with features of psoriasis: report of a case and review of the literature. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 1997 Jul;84(1):61-7. D – S INDROME DELLA BOCCA BRUCIANTE O B URNING M OUTH S YNDROME (BMS) D EFINIZIONE La sindrome della bocca bruciante (BMS, FIG. 4.16), conosciuta anche come glossodinia, consiste in una sensazione di bruciore limitata alla lingua (glossopirosi), o estesa ad altre regioni della cavità orale (stomatopirosi), in assenza di lesioni muco-membranose e di alterazioni cliniche compatibili con la sintomatologia riferita. E ZIOPATOGENESI E CLINICA È una patologia di difficile inquadramento in quanto non è ancora stata riconosciuta una chiara eziologia e mancano schemi di trattamento riconosciuti ed efficaci. Negli ultimi anni si rileva una sempre crescente attenzione nei confronti di questa patologia, sino a considerarla un vero problema sociale con un numero sempre maggiore di pazienti colpiti. Studi FIGURA 4.16 Aspetto clinico del dorso linguale in paziente con riferita BMS: assenza di alterazioni macroscopiche interessanti la mucosa specializzata della lingua e completa integrità anatomica. Si osserva una lieve area iperemica a livello dell’apice linguale, con papilliti multiple; si osserva, inoltre, una serie di fissurazioni sul dorso della lingua. 58 D – SINDROME DELLA BOCCA BRUCIANTE O BURNING MOUTH SYNDROME (BMS) riportano una prevalenza del 5,1-15% nella pratica odontoiatrica generale condotta sulla popolazione europea, con una predilezione per il sesso femminile. Per facilitare l’inquadramento clinico della BMS, Lamey e Lewis nel 1989 proposero una classificazione in cui definirono tre differenti forme cliniche in base a una differente variazione della sintomatologia durante la giornata: • tipo 1: i pazienti non presentano la sintomatologia al risveglio ma durante la mattinata si ha la comparsa del bruciore che tende ad acuirsi e ad aggravarsi fino a sera; • tipo 2: i pazienti riferiscono la presenza della sintomatologia durante tutto l’arco della giornata; • tipo 3: i pazienti riferiscono una sintomatologia intermittente con giornate di remissione e giornate di esacerbazione del bruciore. La forma più frequente risulta essere il tipo 2, molto spesso associata a uno stato ansioso e/o depressivo molto accentuato. La forma di tipo 1 sembra essere associata a fattori di natura non psicologica (per esempio deficit nutrizionali) mentre quella di tipo 3 è stata associata a particolari condizioni di allergia, in particolare allergie da contatto: vari alimenti e molecole farmacologicamente attive sono stati riconosciuti come responsabili dell’insorgenza della sintomatologia urente al cavo orale. Tra questi hanno maggior rilievo l’aldeide cinnamica (3-fenil propenale), che fornisce ai cibi l’aroma di cannella, il mentolo (alcol chirale), che risulta essere il più importante principio attivo della menta, il peppermint e i parabens. Questi ultimi, utilizzati nei cibi per impedire lo sviluppo dei batteri e prolungare la conservazione dei prodotti, sono riconosciuti capaci di scatenare sintomatologia allergica cutanea, mucosa e sistemica in diversi pazienti. Anche farmaci quali enalapril, captopril, lisinopril, eprosartan e clonazepam vengono segnalati come responsabili di bruciore orale. L’eziologia sembra essere correlata all’espressione di peculiari aplotipi HLA, i quali documentano la relazione tra fattori genetici predisponenti e reazioni allergiche. Sono in particolar modo l’HLA DQA1 05 e l’HLA DQB1 02 a codificare per specifiche proteine strutturali delle cellule T e sarebbero capaci di scatenare risposte atopiche verso i suddetti antigeni, con conseguente sintomatologia associata di glossodinia, glossopirosi e stomatopirosi. Il sintomo generalmente riferito è il bruciore che può essere più o meno intenso e distribuito diversamente nell’arco della giornata. Inoltre, sovente, è riportata dai pazienti una sensazione puntoria, pruriginosa, di dolore, di tensione o calore. Ad accompagnare il quadro di bruciore sono, spesso, riferiti un senso di gonfiore, che interessa il cavo orale, una sensazione di xerostomia (40-50% dei pazienti), ipogeusia e disgeusia (riferendo un sapore metallico nel 30% dei casi). Le sedi maggiormente colpite sono il dorso linguale (soprattutto i 2/3 anteriori), il margine linguale e le labbra nella loro componente mucosa. Possono essere, comunque, interessati il palato, la mucosa geniena e, più raramente, il pavimento del cavo orale e l’orofaringe. Una volta che la sindrome fa il suo esordio, i sintomi perdurano per lunghi periodi (anche anni). D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE A oggi non vi è un iter clinico-diagnostico-terapeutico scientificamente accettato per lo studio e il trattamento della BMS. La maggior parte degli studi che affrontano tale patologia si basa su esperienze personali. I pazienti vengono sottoposti a un’accurata indagine anamnestica e, quindi, a patch test utili per rilevare un’allergia da contatto, anche se, in realtà, la diagnosi della BMS è fondamentalmente di esclusione. È doveroso sempre escludere una candidosi, in special modo in caso di riferita sintomatologia ipogeusica e disgeusica (utile eseguire un tampone e uno striscio citologico orale). È, inoltre, opportuno valutare l’assetto marziale del paziente (sideremia, transferrina, ferritina, vitamina B12 e folati) per eliminare ulteriori fattori sistemici che causano bruciore, quali modificazioni dell’equilibrio ormonale, diabete, carenze vitaminiche, di oligoelementi o deficit nutrizionali di altra natura. Dagli studi epidemiologici realizzati si evince la notevole frequenza, in tali pazienti, di disturbi dell’umore (ansia, depressione), della personalità, ipocondria, cancerofobia, nevrosi e life events negativi. 59 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI T ERAPIA Successivamente alla rassicurazione del paziente circa l’assoluta benignità della patologia, nonostante, attualmente, non esistano terapie specifiche, la maggior parte dei pazienti trae beneficio dall’assunzione di benzodiazepine, da aumentare progressivamente ogni 4-7 giorni. La somministrazione di capsaicina a livello sistemico, con azione sulla sostanza P ed effetto anestetico selettivo periferico, benché abbia fornito buoni risultati terapeutici, determina effetti collaterali gastrointestinali che ne limitano tutt’oggi l’utilizzo; acido a-lipoico con somministrazione 200-400 mg/die per 2-3 mesi, dà buoni risultati in alcuni casi. La terapia cognitivo-comportamentale e l’assunzione di antidepressivi è stata descritta in letteratura ma è da effettuarsi in collaborazione con lo psichiatra. In letteratura viene riportato un 3% di remissione spontanea della patologia. Risulta controindicato l’utilizzo di colluttori a base di clorexidina, la quale tende a incrementare la sintomatologia disgeusica e ageusica senza risolvere il quadro clinico. Letture consigliate Patton LL, Siegel MA, Benoliel R, De Laat A. Management of BMS: systemic review and management recommendations. Oral Surg Oral Med Oral Pathos Oral Radiol Endod. 2007 Mar;103 Suppl: S39.e1-13. Sardella A. An up-date view on BMS. Minerva Stomatol. 2007;56:327-40. Sardella A, Lodi G, Demarosi F, Bez C, Cassano S, Carrassi A. BMS: a retrospective study investigatine spontaneous remission and response to treatments. Oral Dis. 2006 Mar;12(2):152-5. Savage NW, Boras VV, Barker K. Burning mouth syndrome: Clinical presentation, diagnosis and treatment. Australasian Journal of Dermatology. 2006;47:77-83. Serra MM, Llorca CS, Donat FJS. Pharmacological treatment of burning mouth syndrome: a review and update. Med Oral Patol Oral Cir Bucal. 2007;12:E299-304. E – A NGIOEDEMA EREDITARIO (AEE) D EFINIZIONE Episodi ricorrenti di angioedema a carico di cute e mucose causati dalla carente attività di una proteina, il C1 inibitore, che interviene nella regolazione del complemento e di altri sistemi coinvolti nei processi infiammatori (chinine, fibrinolisi, coagulazione). E ZIOPATOGENESI L’angioedema o edema angioneurotico o edema di Quincke, spesso associato all’orticaria, consiste in una localizzazione dell’edema più profondo rispetto a quello dell’orticaria. Le tipiche alterazioni istologiche, quali edema e vasodilatazione, si localizzano, infatti, a livello dermo-ipodermico e non solo dermico, come, invece, accade nell’orticaria. Stress e microtraumi evocati in corso di interventi odontoiatrici possono essere responsabili della comparsa di angioedemi non pruriginosi, in pazienti affetti dall’angioedema erediario. L’angioedema ereditario, che si riscontra in meno dell’1% dei pazienti con angioedema, è causato da una mutazione nel gene per il C1 inibitore che è situato sul cromosoma 11. Le varie forme di mutazioni possono comportare la mancata trascrizione del gene (variante fenotipica nota come angioedema ereditario di tipo 1), ovvero la sintesi di una proteina strutturalmente alterata e, pertanto, non funzionante (angioedema ereditario di tipo 2). La malattia viene ereditata come carattere autosomico dominante. Il C1 inibitore interviene nella regolazione del complemento e di altri siste- 60 E – ANGIOEDEMA EREDITARIO (AEE) mi coinvolti nei processi infiammatori (chinine, fibrinolisi, coagulazione). La sua carenza provoca il rilascio di sostanze vasoattive con conseguente aumento della permeabilità dei vasi capillari e formazione di edemi. Nonostante la condizione di deficit, l’organismo è in grado di mantenere un certo equilibrio tra questi sistemi, per cui, in assenza di fattori scatenanti, non si ha estrinsecazione della patologia. L’alterazione dell’equilibrio, indotto, per esempio, da un banale trauma, provoca la liberazione di sostanze vasoattive, in primo luogo la bradichinina, responsabili della formazione di angioedema. Un ruolo importante è svolto anche dal complemento, in particolare dal fattore C2, dotato anch’esso di azione vasopermeabilizzante e vasodilatante. La gravità del quadro clinico non correla con l’entità del deficit di C1-INH, né è stata dimostrata una correlazione tra variabilità dell’espressione della malattia, o severità della stessa, e presenza di una specifica mutazione genetica. L’angioedema ereditario può associarsi a malattie autoimmuni quali lupus eritematoso sistemico, tiroidite, sclerodermia, sindrome di Sjögren, rettocolite ulcerosa e artrite reumatoide. A volte, il deficit di C1-INH può essere acquisito e, sebbene sia simile, clinicamente, alla forma ereditaria, insorge in età avanzata e si associa a malattie linfoproliferative monoclonali della linea B (linfoma a cellule B, leucemia cronica linfocitaria e mieloma multiplo) e lupus eritematoso sistemico. C LINICA L’AEE è una affezione caratterizzata da episodi ricorrenti di angioedemi localizzati e circoscritti a livello della sottomucosa e del sottocutaneo. Le lesioni sono, generalmente, solitarie, dolorose, mal delimitate e di colore uguale a quello della cute; si manifestano all’improvviso, anche se, spesso, i pazienti possono percepire il sopraggiungere dell’attacco, avvertendo un senso di tensione o un formicolio. A seconda della localizzazione, le lesioni possono avere consistenza molle-elastica, a livello del volto e genitali, oppure teso-elastica, a livello della regione palmo-plantare e cosce. Caratteristica è l’assenza di prurito, mentre, in dipendenza dalla localizzazione, possono associarsi emicrania, artralgie, difficoltà respiratoria, addominoalgie, vomito e diarrea. Tutti i distretti cutanei o mucosi possono essere interessati ed è di particolare gravità l’impegno della mucosa della glottide; in tal caso, infatti, è ostacolata la pervietà delle vie aeree, causando asfissia. I sintomi della malattia dipendono dal distretto corporeo colpito di volta in volta durante l’attacco acuto. Nel caso in cui vengano interessate le mucose dell’apparato digerente, la malattia provoca dolori addominali intensi con vomito, che mimano il quadro di un addome acuto e, talvolta, diarrea che durano 24-48 ore. Se l’edema insorge a livello della glottide o della mucosa delle vie aeree superiori, può provocare difficoltà alla respirazione. L’età di esordio è molto variabile, in genere i primi sintomi compaiono entro la seconda decade di vita e la gravità della malattia è molto variabile da individuo a individuo e, anche nello stesso individuo, può modificarsi notevolmente durante la vita. D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi di AEE, generalmente, non pone particolari difficoltà, ma nella maggior parte dei casi, è formulata in ritardo a causa della sua rarità e della aspecificità dei sintomi, che simulano spesso un angioedema allergico, un’appendicite o una colica. Nell’iter diagnostico un ruolo fondamentale riveste l’anamnesi, che deve valutare: • la storia familiare, per individuare la presenza di casi analoghi, anche se una piccola percentuale di casi è riconducibile a una mutazione ex-novo, risultando silente l’anamnesi familiare; • le manifestazioni cliniche; • la frequenza degli attacchi; • gli eventuali fattori scatenanti. 61 CAPITOLO 4 REAZIONI ALLERGICHE (RALL): QUADRI CLINICI PARTICOLARI La diagnosi di certezza dell’angioedema da deficit di C1-INH prevede la valutazione quantitativa e funzionale del C1-INH. Il deficit del C1-INH può essere sia funzionale sia quantitativo (tipo I), oppure con dosaggio quantitativo normale o aumentato o appena ridotto e riduzione funzionale (tipo II). A supporto del sospetto diagnostico, si deve valutare anche la complementemia, in quanto i livelli di C1 e C3 sono normali, mentre quelli di C4 e C2 risultano diminuiti. L’AEE deve essere posto in diagnosi differenziale con la forma acquisita di deficit del C1-INH e con l’angioedema idiopatico, in cui non si individuano fatori scatenanti e caratteristica è la risposta alla somministrazione di adrenalina, cortisonici o antistaminici. T ERAPIA Gli attacchi acuti gravi vengono trattati con l’infusione endovenosa del concentrato plasmatico umano di C1 inibitore. Gli attacchi acuti di lieve entità possono regredire più rapidamente con la somministrazione di acido tranexamico. Esiste anche una terapia profilattica degli attacchi di angioedema, basata sull’utilizzo di androgenoderivati attenuati, come il danazolo (200-600 mg/die) e lo stanozololo (0,5-2 mg/die), capaci di stimolare la sintesi di C1-INH. Queste terapie possono essere utilizzate come farmaco di scelta per i lunghi e i brevi periodi di profilassi (avulsioni dentarie). Risultano efficaci quando assunti continuativamente. Le forme dovute ad autoanticorpi beneficiano maggiormente di una terapia corticosteroidea. Attualmente sono in fase di studio clinico farmaci in grado di inibire il meccanismo patologico per vie differenti: il C1-INH ricombinante, un antagonista della callicreina e un antagonista recettoriale della bradichinina (Icatibant), che ha ottenuto recentemente l’autorizzazione alla commercializzazione. Queste nuove molecole potrebbero, in futuro, modificare il trattamento dell’angioedema ereditario, rendendo più agevole il management del paziente. Letture consigliate Agostini A, Cicardi M. Hereditary and acquired C1-inhibitor deficiency: biological and clinical characteristics in 235 patients. Medicine (Baltimore). 1992;71:206-215. Cicardi M, Zingale LC, Pappalardo E, Folcioni A, Agostoni A. Autoantibodies and lymphoproliferative diseases in acquired C1-inhibitor deficiencies. Medicine (Baltimore). 2003 Jul;82(4):274-81. Cicardi M, Zingale LC. The deficiency of C1 inhibitor and its treatment. Immunobiology. 2007;212(45):325-31. Epub 2007, May 21. Cugno M, Zanichelli A, Fotene F, Caccia S, Cicardi M. C1-inhibitor deficiency and angioedema = molecular mechanism and clinical progress. Trends Mol Med. 2009 Jan 20. García Cobas CY, González Diaz SN, Arias Cruz A, Weinman AM, Zárate Hernández Mdel C. Atypical presentation of hereditary angioedema. A report of a case and literature review. Rev Alerg Mex. 2006 Sep-Oct:53(5):189-93. Guarino MD, Perricone C, Guarino S, Gambardella S, D’Apice MR, Fontana L, Novelli G, Perricone R. Denaturing HPLC in laboratory diagnosis of hereditary angioedema. J Allergy Clin Immunol. 2007 Oct;120(4):962-5. Epub 2007, Jul 19. Lock RJ, Gompels MM. C1-inhibitor deficiencies (hereditary angioedema): where are we with therapies? Curr Allergy Asthma Rep. 2007 Jul;7(4):264-9. Nettis E, Colanardi MC, Loria MP, Vacca A. Acquired C1-inhibitor deficiency in a patient with systemic lupus erythematosus: a case report and review of the literature. 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Immunol Allergy Clin North Am. 2006 Nov;26(4):691-708. 63 5 TRATTAMENTO DELLE EMERGENZE ALLERGOLOGICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA T RATTAMENTO INIZIALE DELL ’ ANAFILASSI (F IG . 5.1) L’elemento patogenetico delle reazioni anafilattiche è la massiva liberazione di mediatori che determinano rapide e complesse modificazioni dell’apparato cardiovascolare e respiratorio. Questo determina un rapido e importante passaggio di liquidi circolanti dallo spazio vascolare a quello extravascolare con conseguente ipotensione e shock. La reazione anafilattica è caratterizzata, oltre che dalla rapidità dell’insorgenza e dell’evoluzione, dall’imprevedibilità del decorso clinico. Infatti, sebbene i bersagli principali dell’anafilassi sistemica siano gli apparati cardiovascolare, respiratorio e cutaneo, questi possono essere coinvolti singolarmente o in varie combinazioni. Presupposto per la corretta terapia dell’anafilassi è la rapida valutazione dell’intensità e della modalità di insorgenza e progressione dei sintomi. Una misura terapeutica preliminare fondamentale da attuare in un paziente con reazione anafilattica (CAP. 6, TAB. A.1) è il reperimento di un accesso venoso utilizzando un catetere di calibro pari a 18 G, in previsione del fatto che l’eventuale collasso venoso periferico possa rendere difficile l’accesso. Il paziente va, inoltre, posto con gli arti inferiori sollevati in posizione Trendelemburg. Per trattare adeguatamente lo shock anafilattico è necessario contrastare l’aumentata vasopermeabilizzazione, mantenere un’adeguata pressione di riempimento del ventricolo sinistro, sostenere la funzione inotropa del cuore e assicurare adeguati livelli ematici di pO2. Quando è possibile identificare la causa scatenante, questa va immediatamente rimossa. Nel caso di iniezione dell’allergene (per es. iniezione di un farmaco), si deve limitare al massimo la diffusione dell’allergene. • Adrenalina: è il farmaco di prima scelta nelle reazioni anafilattiche. È in grado di inibire il rilascio dei mediatori dai mastociti e dai basofili e antagonizza gli effetti dei mediatori dell’anafilassi a livello degli organi bersaglio. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’effetto terapeutico dell’adrenalina è immediato e provoca la regressione della sintomatologia in pochi minuti. Il paziente deve, tuttavia, essere continuamente monitorato e deve essere somministrata terapia di supporto. La via di somministrazione da preferire è quella sottocutanea (sc) o, meglio, intramuscolare nell’adulto e quella intramuscolare nel bambino; la sede che assicura un assorbimento più rapido per via sc è la superficie esterna del braccio. Attraverso la via intramuscolare l’effetto dell’adrenalina è più rapido rispetto alla via sottocutanea. La terapia con adrenalina va iniziata tempestivamente con un’iniezione di 0,3-0,5 ml di adrenalina 1:1000 monitorando la pressione arteriosa. L’obiettivo della terapia con adrenalina è, infatti, quello di riportare la pressione sistolica a valori adeguati (80-100 mmHg). Se entro 10 minuti dall’iniezione le condizioni cliniche appaiono stazionarie, o peggiorano, la dose di adrenalina (0,3-0,5 ml di una soluzione 1:1000) può essere ripetuta. In caso di ulteriore mancata risposta entro 10 minuti, si deve somministrare nuovamente il farmaco per via im oppure per infusione ev con una dose, nell’adulto, di 2 mg/minuto. L’introduzione per via venosa deve essere molto lenta per evitare aritmie cardiache. È consigliabile schermare la soluzione con carta argentata per evitare l’ossidazione dell’adrenalina alla luce. Nei bambini è preferibile la via intramuscolare profonda: 0,1 65 CAPITOLO 5 TRATTAMENTO DELLE EMERGENZE ALLERGOLOGICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA FIGURA 5.1 Soluzione glucosata, riempitivi ematici, proteine plasmatiche e molecole farmacologicamente attive (bicarbonato di sodio, atropina, aminofillina, corticosteroidi, antistaminici e broncodilatatori) utilizzati nel trattamento ambulatoriale e ospedaliero delle emergenzeurgenze in ambito odontoiatrico. ml/10 kg di peso corporeo fino a un massimo di 0,3 ml (soluzione di adrenalina 1:1000). La dose può essere ripetuta due volte ed eventualmente raddoppiata, in caso di mancata risposta clinica, dopo 5-10 minuti; in alternativa, in caso di mancata risposta clinica, può essere somministrata per ev (in 10 ml di soluzione fisiologica). L’adrenalina viene iniettata per via sublinguale nel terzo posteriore della lingua, se non c’è accesso venoso per eseguire la somministrazione endovenosa. L’adrenalina va tenuta al buio (eventualmente avvolta nella carta stagnola) e può essere conservata a temperatura ambiente (non necessariamente in frigorifero); scade dopo sei mesi. Si rammenta la presenza in commercio dell’adrenalina in soluzione iniettabile intramuscolare per auto-somministrazione: l’autoiniettore da 330 mcg (Fastjekt® adrenalina) eroga una singola dose di adrenalina di 0,33 mg (pari a circa 0,33 ml di una soluzione di adrenalina 1:1000) mentre l’autoiniettore da 165 mcg (Fastjekt® junior adrenalina) eroga una singola dose di adrenalina di 0,165 mg (pari a circa 0,185 ml di una soluzione di adrenalina 1:1000). Il Fastjekt® junior adrenalina è, pertanto, sottodosato per i bambini di 20-30 kg. L’autosomministrazione di adrenalina va fatta nella superficie laterale della coscia (anche attraverso gli indumenti) con l’ago che deve restare nell’arto per almeno 10 secondi. • Ossigeno: una delle cause di decesso nell’anafilassi sistemica è l’ostruzione acuta e severa delle vie aeree superiori e dei bronchi. Pertanto, dopo la somministrazione di adrenalina, che ha effetto favorevole anche sul broncospasmo e sull’edema delle vie aeree superiori, è fondamentale assi- 66 TRATTAMENTO DELL’ASMA ACUTO curare un adeguato apporto di ossigeno. Lo si deve erogare con maschera al 40-100% (2-5 l/min), in modo da mantenere la pO2>60 mmHg. • Riempitivi ematici: al fine di ripristinare un’adeguata pressione arteriosa è necessaria, oltre all’adrenalina, la somministrazione rapida di liquidi per ev allo scopo di ricostituire il volume plasmatico circolante (NaCl soluzione isotonica: per ev fino a 1000 ml ogni 20-30 minuti; nei bambini 20-30 ml/kg/ora). L’impiego di soluzioni saline isotoniche o di soluzioni colloidali è parte primaria della terapia da attuare in corso di anafilassi, insieme all’uso di adrenalina e alla somministrazione di O2. • Altri farmaci: l’impiego di farmaci secondari quali antistaminici, cortisonici e aminofillina ha un’efficacia limitata nel trattamento acuto delle reazioni anafilattiche. Il loro utilizzo potrebbe, tuttavia, ridurre o prevenire l’insorgenza di reazioni anafilattiche bifasiche o protratte. – Antistaminici: come anti-H1. Si può raccomandare la clorfenamina 10 mg (Trimeton®) da ripetere ogni 6-8 ore (im o preferibilmente ev 0,30-0,35 mg/kg, circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso; nei bambini si preferisce, per le iniezioni per ev, diluire il farmaco nella siringa con 5-10 ml di NaCl 0,9%: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg dai 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni). Per evitare l’insorgenza di effetti collaterali, la somministrazione per ev degli anti-H1 va eseguita lentamente, in un tempo pari a 3-5 minuti. Come anti-H2 si può utilizzare la cimetidina 300 mg (Ulcedin®), per ev o per os, ogni 6-8 ore o la ranitidina 100 mg (Ranitidina®) per ev nell’adulto e 1,5 mg/kg nei bambini. – Corticosteroidi: esplicano la maggior parte dei loro effetti farmacologici dopo almeno 1-4 ore e sono, pertanto, utili nel prevenire l’anafilassi bifasica e protratta e nell’inibire le reazioni ritardate a livello cutaneo e bronchiale. Vanno somministrati per ev [metilprednisolone emisuccinato 100-1000 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei bambini 1-2 mg/kg, oppure idrocortisone emisuccinato 500-1000 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5-10 mg/kg]. – Aminofillina: se persiste il broncospasmo può essere utile la somministrazione di aminofillina [Aminomal® fiale 240 mg per ev: dose di carico di poco più di 5 mg/kg in 20-30 minuti (pari a una fiala e mezza in un paziente del peso di 70 kg) seguita da una dose di mantenimento con 0,3-0,9 mg/kg/ora (corrispondente a poco più di 60 mg/ora in un soggetto del peso di 70 kg); nei bambini: dose di carico di 5 mg/kg fino a 12 anni e di 250-500 mg dai 12-18 anni in 20-30 minuti, seguita da una dose di mantenimento con 1 mg/kg/ora fino a 12 anni e di 0,5 mg/kg/ora dai 12-18 anni]. È fondamentale richiedere il trasferimento urgente del paziente presso una struttura ospedaliera, nonostante l’attuazione di tutte le procedure sopra indicate (FIGG. 5.2, 5.3). T RATTAMENTO DELL ’ ASMA ACUTO I principi del trattamento delle crisi di asma sono orientati essenzialmente al conseguimento di una rapida risoluzione dell’ostruzione delle vie aeree (CAP. 6, TAB. A.2). Il miglior trattamento consiste, quindi, nella somministrazione ripetuta di b2-agonisti a rapida insorgenza di azione per via inalatoria [4-6 spruzzi di salbutamolo (Ventolin®) fino a 10 ogni 15-20 minuti nella prima ora, 100 µg per spruzzo, sia in adulti che in bambini]. Nelle forme di particolare intensità è utile l’impiego di corticosteroidi per via generale: metilprednisolone emisuccinato 40-80 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei bambini 1-2 mg/kg oppure idrocortisone emisuccinato 200-400 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5 mg/kg. È fondamentale riconoscere tempestivamente i segni che richiedono il trasferimento urgente del paziente presso una struttura ospedaliera. Va rilevato, in particolare, che è assolutamente necessario trasferire il paziente quando, dopo un’ora circa dall’inizio del trattamento, la risposta clinica sia scarsa, quando nell’anamnesi sia presente una storia di pregressi ricoveri in ospedale per crisi asmatiche e quando l’esame obiettivo evidenzi sintomi gravi (sonnolenza, confusione mentale). 67 CAPITOLO 5 TRATTAMENTO DELLE EMERGENZE ALLERGOLOGICHE IN ODONTOSTOMATOLOGIA FIGURA 5.2 Attrezzatura di Anestesia-Rianimazione, per il monitoraggio del paziente, presso la Sala Operatoria di Anestesia Generale della Clinica Odontoiatrica del Policlinico di Bari. FIGURA 5.3 Alimentatori di ossigeno e protossido di azoto. T RATTAMENTO DELL ’ ORTICARIA ACUTA Gli antistaminici anti-H1 sono i farmaci di prima scelta nel trattamento dell’orticaria acuta (CAP. 6, TAB. A.3). Si può utilizzare la clorfenamina 10 mg (Trimeton®) im o preferibilmente per ev 0,30-0,35 mg/kg, circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso; nei bambini si preferisce per le iniezioni per ev diluire il farmaco nella siringa con 5-10 ml di NaCl 0,9%: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg dai 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni. La somministrazione per ev va eseguita lentamente in un tempo pari a 3-5 minuti. Nei casi lievi si può utilizzare l’antistaminico per via orale: per esempio la desloratadina (Aerius® cp), o la levocetirizina (Xyzal® cp) o l’ebastina (Kestine Lio® cp), 1-2 cp al dì per almeno 5-7 giorni. Gli steroidi possono essere utili nella fase acuta, quando si associa l’angioedema. Si possono somministrare: metilprednisolone emisuccinato 40-500 mg per ev (Solu-Medrol®) e nei bambini 1-2 mg/kg, oppure idrocortisone emisuccinato 200-500 mg per ev (Flebocortid®) e nei bambini 5 mg/kg, oppure ancora betametasone sodio fosfato 4-8 mg im/ev (Bentelan®). Se l’orticaria è inserita in un contesto di anafilassi si utilizzeranno l’adrenalina e i presidi terapeutici indicati nell’anafilassi. Letture consigliate AAAI Board of Directors (1994). Position statement. The use of epinephrine in the treatment of anaphylaxis. J Allergy Clin Immunol. 94:666-668. Bochner BS, Lichtenstein LM. Anaphylaxis. N Engl J Med. 1991;324:1785-1790. Chiu CY, Lin TY, Hsia SH, Lai SH, Wong KS. Systemic anaphylaxis following local lidocaine administration during a dental procedure. Pediatr Emerg Care. 2004 Mar;20(3):178-80. Coulthard P, Bridgman CM, Larkin A, Worthington HV. Appropriateness of a Resuscitation Council (UK) advanced life support course for primary care dentists. Br Dent J. 2000 May 13;188(9):507-12. 68 LETTURE CONSIGLIATE Huber MA, Terezhalmy GT. Adverse reactions to latex products: preventive and therapeutic strategies. J Contemp Dent Pract. 2006 Feb 15;7(1):97-106. Lorenzi P, Fabbri LP, Filoni M, Marsili M, Boncineli S. Reazioni di tipo anafilattico-anafilattoide ai farmaci di interesse odontoiatrico. Giornale di Anestesia Stomatologia. 24; 109-117, 1995. Sale SR, Greenberger PA, Patterson R. Idiopathic anaphylactoid reactions. JAMA 1981;246:2336-2339. Worobec AS, Metcalfe DD. (1996) Systemic anaphylaxis. In: Lichtenstein LM, Fauci AS: Current Therapy in Allergy, Immunology, and Rheumatology, 5th edition, Mosby-Year Book, St Louis, pp. 170-175. 69 6 PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO I più comuni tests allergologici in vivo sono rappresentati nella TABELLA 6.1. TABELLA 6.1 Tests allergologici in vivo più comuni Skin prick test (SPT) A cosa serve Il test è utilizzato per la diagnostica delle allergie IgE-mediate. Si basa sulla degranulazione dei mastociti cutanei, con adese le IgE specifiche, a seguito del contatto con lo specifico allergene. Sino a oggi sono disponibili estratti standardizzati per allergeni alimentari, inalanti, lattice e veleno di imenotteri; mancano, invece, estratti commerciali per farmaci. È un’indagine solitamente più sensibile rispetto al RAST. Come si esegue Consiste nell’applicare una goccia dell’estratto allergenico sulla superficie volare dell’avambraccio e nel pungere poi, attraverso la goccia, gli strati superficiali della cute con una lancetta sterile dotata di punta da 1 mm. Interpretazione dei risultati Il test è considerato positivo quando il diametro del pomfo è maggiore di 3 mm rispetto al controllo negativo. La lettura va eseguita dopo 15-30 minuti dall’applicazione dell’estratto. Agli SPT non può essere attribuito un valore assoluto, il loro significato clinico deve essere sempre attentamente e criticamente valutato. Infatti, un test cutaneo positivo per un dato allergene non implica necessariamente che questo rappresenti il fattore eziologico delle manifestazioni cliniche. Reazioni indesiderate È possibile la comparsa di reazioni locali o, seppure molto raramente, sistemiche (orticaria generalizzata, asma, shock anafilattico) in corso di prick test. È sempre necessaria la presenza di un medico pronto a intervenire e la disponibilità di farmaci e strumenti di emergenza per il trattamento delle reazioni. Test intradermico A cosa serve Il test serve per la dimostrazione delle IgE specifiche nei confronti dello specifico allergene inoculato. Come si esegue Si basa sulla iniezione di piccole quantità di estratto allergenico (0,02-0,03 ml) utilizzando siringhe del tipo tubercolinico, munite di ago sottile che viene orientato in direzione quasi parallela alla superficie cutanea. Interpretazione dei risultati Il test prevede una valutazione planimetrica o semiquantitativa mediante il confronto con il pomfo elicitato dall’istamina, in ogni caso 15-30 minuti dopo la somministrazione dell’estratto. In alcuni casi la lettura è a 48-72 ore. Come nel caso degli SPT non sempre l’intensità della reazione clinica cutanea, che dipende da molte variabili individuali, è correlata al grado di sensibilizzazione e, tanto meno, alla gravità della sindrome clinica. Si possono avere, quindi, allergopatie severe con una modesta positività delle reazioni cutanee specifiche e, al contrario, sindromi clinicamente modeste con intensa positività dei test cutanei. 71 CAPITOLO 6 PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO TABELLA 6.1 Test allergologici in vivo più comuni (segue) Reazioni indesiderate In confronto all’SPT, il test intradermico presenta una maggiore sensibilità. Tuttavia, di contro, risulta essere meno specifico e maggiormente pericoloso per possibili reazioni generali e severe. Patch test o test epicutaneo A cosa serve Rappresenta la prova diagnostica elettiva nella dermatite allergica da contatto, riproducendone la modalità di sensibilizzazione. Come si esegue Consiste nell’applicazione, sul dorso del paziente, di un cerotto contenente supporti su cui è adagiato materiale aptenico (sostanze da testare). In base alla storia clinica possono essere utilizzate serie precostituite standard, “per es. serie Sidapa” , serie aggiuntive, “per es. serie odontoiatrica”, o anche materiale aptenico preparato estemporaneamente. Interpretazione dei risultati L’apparato testante viene rimosso dopo 48 ore dalla sua applicazione. La prima lettura viene eseguita 30-60 minuti dopo la rimozione dei patch. Una seconda lettura si effettua a 72 ore (un giorno dopo la rimozione dei cerotti) o a 96 ore (due giorni dopo la rimozione dei cerotti). Si può, infine, effettuare un’ultima lettura una settimana dopo l’applicazione del patch. Il motivo principale per cui si effettuano le letture a distanza di tempo variabile è che esiste una percentuale importante di reazioni positive tardive che, al momento del distacco dei cerotti, 48 ore dopo l’applicazione, si presentano come reazioni negative o dubbie. Inoltre, confrontare i risultati di una lettura tardiva con quelli della prima lettura può essere di aiuto per differenziare una forma irritativa (evidente a 48 ore e in fase di regressione entro 1-2 giorni) da una forma allergica (evidente dopo 48-72 ore e anche oltre con fase di regressione di lunga durata). Tutte le positività devono essere valutate criticamente e di ciascuna bisogna stabilire la correlazione con le manifestazioni cliniche in atto. Reazioni indesiderate In corso di patch test si possono verificare reazioni anche di notevole entità. Tra queste, quelle più severe sono le reazioni da assorbimento sistemico dell’aptene con riacutizzazione della dermatite esistente o pre-esistente. Si possono, inoltre, manifestare reazioni a carico di altri organi caratterizzate da asma bronchiale e angioedema; sono reazioni IgE-mediate che compaiono dopo l’applicazione del test epicutaneo in pazienti già sensibilizzati. Test di provocazione orale/Incremental Challenge Test A cosa serve Il test di provocazione e l’incremental challenge test con il farmaco sospetto serve per individuare un farmaco responsabile di una reazione. Il test di provocazione orale e l’incremental challenge test con il farmaco alternativo è utilizzato per identificare farmaci alternativi in caso di pregresse reazioni a farmaci quali: antibiotici, antinfiammatori non steroidei e anestetici locali. In questo caso, il farmaco da testare deve essere strutturalmente differente da quello responsabile della reazione, non deve cross-reagire con questo e deve essere scelto in modo attento in base sia alla storia del paziente sia alla bassa incidenza di reazioni allergiche nella popolazione generale. Come si esegue Consiste nella somministrazione a dosi crescenti di un farmaco, sfruttando la via orale o quella cutanea, fino al raggiungimento della dose terapeutica. 72 TEST ALLERGOLOGICI TABELLA 6.1 Tests allergologici in vivo più comuni (segue) Interpretazione dei risultati Il test di provocazione orale è eseguito in singolo cieco e ha una durata di alcune ore durante le quali il paziente, assumendo le dosi del farmaco, è tenuto in stretta osservazione per la comparsa di eventuali reazioni cutanee (orticaria, angioedema), respiratorie (asma, rinite) o sistemiche sino allo shock anafilattico. L’osservazione del paziente, dopo ciascun test, deve protrarsi per almeno 24-48 ore per escludere eventuali reazioni ritardate. Nell’incremental challenge test il farmaco viene somministrato solitamente per via sottocutanea a concentrazioni e dosaggi sempre maggiori. Reazioni indesiderate I test con farmaci devono essere praticati con molta attenzione in soggetti ad alto rischio (per esempio in pazienti in cui il farmaco abbia prodotto uno shock anafilattico) e devono essere eseguiti esclusivamente in ambiente ospedaliero, da personale specializzato in presenza di tutti i dispositivi rianimatori. I più comuni tests allergologici in vitro sono rappresentati nella TABELLA 6.2. TABELLA 6.2 Tests allergologici in vitro più comuni RAST A cosa serve È utilizzato per la dimostrazione e il dosaggio di IgE specifiche sieriche verso un determinato allergene. Rappresenta un’indagine solitamente meno sensibile rispetto allo skin prick test. Come si esegue Si esegue mediante prelievo venoso. Differenti reagenti (radioimmunologici, immunoenzimatici, fluorimetrici) sono stati proposti per la ricerca delle IgE specifiche verso uno o più allergeni. Sono disponibili test per il dosaggio di IgE specifiche per allergeni alimentari, inalanti, lattice, veleno di imenotteri e alcuni farmaci. Interpretazione dei risultati Possono verificarsi false negatività (per es. in casi non recenti di allergia alla penicillina) o, più spesso, false positività per fenomeni di “binding aspecifico”. In altri casi, inoltre, possono verificarsi positività senza significato eziologico nei confronti della manifestazione in atto. Come per altri test di laboratorio, il dosaggio delle IgE specifiche deve essere sempre valutato criticamente, a confronto con i dati anamnestici e clinici e soltanto quando vi sia concordanza con la clinica assume un chiaro significato in senso diagnostico-eziologico. PRIST A cosa serve Il test è utilizzato per il dosaggio delle IgE totali sieriche. Come si esegue Si esegue mediante prelievo venoso, con successiva determinazione delle IgE totali mediante metodiche radioimmunologiche o immunoenzimatiche. Interpretazione dei risultati Le IgE totali risultano, generalmente, elevate nelle sindromi allergiche. Sebbene i valori massimi di IgE si riscontrino nelle allergopatie, è altrettanto vero che il riscontro di valori normali di IgE sieriche totali non esclude la diagnosi di allergopatia. Vi sono, infatti, molti casi di pazienti allergici con valori normali di IgE totali. Le IgE totali sono, inoltre, aumentate in varie condizioni patologiche non allergiche (connettiviti, parassitosi intestinali, plasmocitoma-IgE) e anche in alcune condizioni fisiologiche o parafisiologiche (per es. nei fumatori). Pertanto, non è assolutamente possibile formulare una diagnosi di reazione allergica sulla base della sola determinazione delle IgE totali. 73 CAPITOLO 6 PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO Anamnesi di reazioni da ipersensibilità allergica ad antibiotici o FANS Il paziente ha già assunto dopo la reazione da ipersensibilità allergica un farmaco alternativo a quello riportato nell’anamnesi, senza comparsa di alcuna reazione avversa Il paziente non ha assunto farmaci successivamente alla reazione da ipersensibilità allergica o non è possibile identificare i farmaci assunti e tollerati dopo l’evento avverso riportato in anamnesi Consigliare l’assunzione del farmaco già assunto e tollerato Inviare il paziente dall’allergologo Test per la dimostrazione dell’allergia al farmaco e, se positivi, test di provocazione orale con farmaci chimicamente distinti da quelli resposabili della reazione allergica Test di provocazione orale negativo Test di provocazione orale positivo Consigliare l’assunzione, in caso di necessità, dei farmaci testati Riconsiderare un ulteriore farmaco alternativo FIGURA 6.1 Algoritmo diagnostico dei pazienti con allergia a farmaci (antibiotici e FANS). 74 TEST ALLERGOLOGICI Anamnesi di reazioni da ipersensibilità allergica ad anestetico locale Il paziente è già stato sottoposto ad anestesia locale successivamente all’evento allergico, senza comparsa di alcuna reazione Il paziente non è stato successivamente sottoposto ad anestesia locale o non è possibile identificare l’anestetico utilizzato dopo l’evento allergico riportato nell’anamnesi Utilizzare quest’ultimo come anestetico locale Inviare il paziente dall’allergologo Sottoporre il paziente a incremental challenge test con anestestico locale alternativo Incremental challenge test negativo Incremental challenge test positivo Somministrare, in caso di necessità, l’anestetico tollerato senza l’utilizzo di un premedicazione Riconsiderare un ulteriore anestetico alternativo FIGURA 6.2 Algoritmo diagnostico di pazienti con pregressa reazione da ipersensibilità allergica ad anestetico locale. 75 CAPITOLO 6 PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO G ESTIONE DEL RISCHIO Prima di intraprendere una procedura odontoiatrica in un paziente affetto da patologia allergica è bene stabilirne il grado di rischio. Possiamo distinguere: pazienti a basso indice, pazienti a medio e pazienti ad alto indice di rischio. Pazienti a basso indice di rischio Rientrano i soggetti affetti da: • rinite, congiuntivite, oculorinite allergica; • dermatite e/o stomatite allergica da contatto; • allergia a farmaci di grado lieve (escluse le reazioni a mezzi di contrasto); • allergie ad alimenti; • pregressi orticaria/angioedema acuti o ricorrenti; • sindrome orale allergica; • lesioni lichenoidi da amalgama; • glossite migrante. Procedure da attuare: • richiedere inquadramento specialistico allergologico; • non eseguire premedicazione; • avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza; • operare in ambiente ambulatoriale o ospedaliero. Pazienti a medio indice di rischio Rientrano i soggetti affetti da: • allergia a farmaci di grado moderato/severo; • pregresse reazioni ai mezzi di contrasto; • orticaria/angioedema cronici o in atto; • angioedema ereditario; • pregressi episodi di anafilassi; • allergia al lattice della gomma. Procedure da attuare: • richiedere inquadramento specialistico allergologico; • eseguire premedicazione (non nei pazienti con angioedema ereditario, facoltativo nei pazienti allergici al lattice); • eseguire profilassi specifica solo per pazienti con angioedema ereditario e allergia al lattice; • avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza; • operare in ambiente ambulatoriale od ospedaliero. Pazienti ad alto indice di rischio Rientrano i soggetti affetti da: • patologie allergiche in fase acuta associate a gravi patologie metaboliche e/o cardiopolmonari. Procedure da attuare: • richiedere inquadramento specialistico allergologico; 76 PROTOCOLLI DI PREMEDICAZIONE • • • • eseguire premedicazione; avere disponibili il saturimetro, il frequenzimetro e le cannule endovenose; avere disponibili le attrezzature e i farmaci utili per fronteggiare le situazioni di emergenza; operare in ambiente ospedaliero. P ROTOCOLLI DI PREMEDICAZIONE Premedicazione in caso di intervento eseguito in elezione: • prednisone (Deltacortene®) 50 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima dell’intervento; • ranitidina (Ranidil®) 300 mg/os 13 ore, 7 ore e 1 ora prima del’intervento; • clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im 1 ora prima dell’intervento. Premedicazione in caso di intervento eseguito in urgenza: • idrocortisone (Flebocortid®) 200 mg/ev, immediatamente prima dell’intervento; • clorfenamina maleato (Trimeton®) 10 mg/im, immediatamente prima dell’intervento. 77 CAPITOLO 6 PROTOCOLLI DI DIAGNOSI E DI GESTIONE DEL PAZIENTE ALLERGICO APPENDICE P ROTOCOLLI DA ADOTTARE IN CASO DI REAZIONI ALLERGICHE (RALL) TABELLA A.1 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di anafilassi Farmaco da somministrare Adrenalina Adrenalina fiale da 1 ml, im/ev, soluzione 1:1000 (1 mg in 1 ml) Soluzioni cristalloidi NaCl isotonica o glucosata fl, ev 500 ml Antistaminici Clorfenamina fiale, im/ev 10 mg (Trimeton®) Dose e frequenza di somministrazione Impiego sottocutaneo o, preferibilmente, intramuscolare: somministrare immediatamente 0,3-0,5 ml, da ripetere in caso di effetto insoddisfacente dopo 5-10 min. Se l´impiego intramuscolare è inefficace si passa a un impiego endovenoso: diluire 1 ml di una soluzione 1:1000 in 500 ml di NaCl e somministrare nell´adulto alla velocità di 0,25-2,5 ml/minuto. Nei bambini si impiega la via intramuscolare: 0,1 ml/10 kg di peso corporeo fino a un massimo di 0,3 ml. La dose può essere ripetuta due volte ed eventualmente raddoppiata in caso di mancata risposta clinica dopo 5-10 minuti. Impiego endovenoso: fino a 1000 ml ogni 20-30 minuti. Nei bambini la velocità di infusione deve essere pari a 20-30 ml/kg/ora. Ranitidina fiale, ev 100 mg (Ranitidina®) Impiego intramuscolare o, preferibilmente, endovenoso: 0,30-0,35 mg/kg (equivalente a circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso) da somministrare per ev in 3-5 minuti. Nei bambini, per le iniezioni per ev, diluire il farmaco nella siringa con 5-10 ml di NaCl 0,9% e somministrare in 3-5 minuti con la seguente posologia: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg da 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni. Impiego endovenoso: 100 mg. Nei bambini: 1,5 mg/kg. Corticosteroidi Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-10002000 mg (Solu-Medrol®) Impiego endovenoso: 100-1000 mg. Nei bambini: 1-2 mg/kg. Aminofillina Aminofillina fiale, im/ev 240 mg (Aminomal®) In caso di broncospasmo persistente. Impiego endovenoso: dose di carico di poco più di 5 mg/kg in 20-30 minuti (pari a una fiala e mezza in un paziente del peso di kg 70), seguita da una dose di mantenimento con 0,3-0,9 mg/kg/ora (corrispondente a poco più di 60 mg/ora in un soggetto del peso di 70 kg). Nei bambini: dose di carico per ev di 5 mg/kg fino a 12 anni e di 250-500 mg dai 12-18 anni in 20-30 minuti, seguita da una dose di mantenimento con 1 mg/kg/ora fino a 12 anni o di 0,5 mg/kg/ora dai 12-18 anni. È fondamentale stabilire immediatamente un accesso venoso con catetere È fondamentale tenere il paziente in posizione supina con gli arti inferiori sollevati e somministrare ossigeno È fondamentale il trasferimento del paziente presso un presidio ospedaliero 78 APPENDICE – PROTOCOLLI DA ADOTTARE IN CASO DI REAZIONI ALLERGICHE (RALL) TABELLA A.2 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di accesso acuto asmatico Farmaco da somministrare Dose e frequenza di somministrazione b22-agonisti Salbutamolo aerosol dosato (100 µg per spruzzo) (Ventolin®) 4-6 spruzzi (fino a 10) di salbutamolo ogni 15-20 minuti nella prima ora, in adulti o bambini. Corticosteroidi Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-1000-2000 mg (Solu-Medrol®) Impiego endovenoso: 40-80 mg. Nei bambini: 1-2 mg/kg. TABELLA A.3 Riassunto dei farmaci da somministrare in caso di orticaria acuta Farmaco da somministrare Antistaminici Clorfenamina fiale, im/ev 10 mg (Trimeton®) Dose e frequenza di somministrazione Impiego intramuscolare o, preferibilmente, endovenoso: 0,30-0,35 mg/kg (equivalente a circa due fiale in un soggetto di 70 kg di peso) da somministrare per ev in 3-5 minuti. Nei bambini, per le iniezioni ev, diluire il farmaco nella siringa con 5-10 ml di NaCl 0,9% e somministrare con la seguente posologia: 2,5-5 mg dai 2-5 anni, 5-10 mg da 6-12 anni, 10-20 mg dai 12-18 anni. Oppure nei casi lievi Ebastina cp sublinguali, 10 mg (Kestine® lio) Corticosteroidi Metilprednisolone fiale, ev 40-125-500-10002000 mg (Solu-Medrol®) Oppure Betametasone fiale, im/ev 1-4 mg (Bentelan®) 1-2 cp da sciogliere sotto la lingua. Proseguire per almeno 5-7 giorni l´assunzione di un antistaminico per via orale Impiego endovenoso: 40-500 mg. Nei bambini: 1-2 mg/kg. Impiego endovenoso o intramuscolare: 4-8 mg. 79 Parte B Reazioni avverse Lo scopo dell’opera è quello di approfondire le reazioni allergiche, di cui, sinora, si è realizzata ampia trattazione. Le reazioni allergiche, tuttavia, fanno parte di una serie di reazioni che, più globalmente, vengono definite reazioni avverse. Le reazioni avverse non allergiche devono, pertanto, entrare in diagnosi differenziale con quelle allergiche, in quanto non sono caratterizzate dalla medesima eziopatogenesi e, dunque, spesso necessitanti di differente terapia. 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI (RAF) D EFINIZIONE ED EZIOPATOGENESI Si definisce reazione avversa a farmaci (RAF) qualsiasi reazione non voluta e legata all’assunzione di un farmaco a scopo terapeutico, profilattico e\o diagnostico. Reazione non dovuta alle proprietà del farmaco stesso, né a situazioni patologiche e\o fisiologiche né a interferenze con altri farmaci. Si comprende, dunque, dalla pregressa definizione, quanto le RAF comprendano reazioni a patogenesi non immune (sovradosaggio, effetti collaterali, effetti secondari, interazioni farmacologiche, reazioni da intolleranza, reazioni pseudo-allergiche, idiosincrasia) e immune (reazioni allergiche vere e proprie), di cui si è precedentemente discusso. In uno studio retrospettivo, condotto presso la Cattedra di Allergologia e Immunologia Clinica del Policlinico di Bari, è stata presa in considerazione una casistica di 2287 pazienti con RAF, osservati negli ultimi 10 anni. I farmaci ritenuti sicuramente responsabili di tali reazioni sono stati identificati in 1973 soggetti. I medicinali maggiormente coinvolti nel determinismo dell’affezione (TABB. 7.1-7.3) sono stati gli antinfiammatori non steroidei e gli antibiotici (soprattutto i b-lattamici, 34,2% dei casi). In odontoiatria, gli studi epidemiologici riportano un’incidenza di reazioni avverse agli anestetici locali pari al 2,5-10%. L’andamento epidemiologico delle reazioni a farmaci ha mostrato, negli ultimi anni, la tendenza a un costante incremento, soprattutto nelle donne durante la terza decade di vita. Le reazioni avverse a farmaci possono essere classificate in due tipi (A e B). A. Reazioni di tipo A (Augmented): sono legate all’azione farmacologica della sostanza utilizzata, sono molto frequenti (80% dei casi) e si verificano in soggetti predisposti. Si tratta di reazioni prevedibili e dose-dipendenti. Sono essenzialmente dovute a: • sovradosaggio: reazioni direttamente correlate alla quantità del farmaco assunta (eccessiva rispetto al comune dosaggio) o dovute a un suo accumulo per anomalia escretoria o metabolica nel paziente; • effetti collaterali: per esempio la sonnolenza da antistaminici; • effetti secondari: possono, talora, simulare la comparsa di una nuova patologia sovrapposta (per es. enterocolopatia per alterazione della normale flora batterica in corso di terapia antibiotica protratta); • interazioni farmacologiche: determinano un aumento o una diminuzione degli effetti di uno dei farmaci o di entrambi (per es. l’uso contemporaneo di due o più farmaci con attività anticolinergica, come un antipsicotico e un antidepressivo triciclico, produce comunemente effetti anticolinergici esagerati, compresa la xerostomia e l’annebbiamento della vista). Tutte le reazioni sopracitate si possono manifestare anche alla prima somministrazione del farmaco. B. Reazioni di tipo B (Bizarre): sono meno frequenti (20% dei casi), non correlate all’azione del farmaco ma alla risposta individuale di soggetti predisposti. Sono reazioni imprevedibili e, spesso, dose-indipendenti. Sono di due tipi: extra-immunologiche e immunologiche: • reazioni extraimmunologiche: comprendono le reazioni da intolleranza, le reazioni da idiosincrasia [dovute ad alterazioni della costituzione genetica, per esempio: anemia emolitica da primachina in soggetti con deficit di G6PD (deficit enzimatico)] e le reazioni pseudoallergiche 83 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI TABELLA 7.1 Farmaci antinfiammatori non steroidei e analgesici responsabili di 1100 casi di RAF su 2287 pazienti analizzati Pazienti Farmaco Salicilati • Acido acetilsalicilico • Lisina acetilsalicilato Pirazolonici • Noramidopirina • Feprazone • Propifenazone • Aminofenazone Arilpropionici • Naprossene • Ibuprofene • Ketoprofene • Flurbiprofene • Acido Tiaprofenico • Indoprofene • Suprofene Sulfonanilidi • Nimesulide Fenetidinici • Paracetamolo Pazienti No. % 412 407 5 331 128 115 85 3 141 43 43 40 9 3 2 1 60 60 51 51 37,45 37 0,45 30,1 11,64 10,45 7,73 0,28 12,82 3,91 3,91 3,63 0,82 0,28 0,18 0,09 5,45 5,45 4,64 4,64 Farmaco Arilacetici • Diclofenac • Ketorolac Oxicam • Piroxicam • Tenoxicam • Meloxicam Fenamati • Acido Mefenamico • Acido Niflumico • Morniflumato Indolici • Indometacina • Tolmetin Altri • Bromelina • Benzidamina • Glafenina • Galattosaminoglucano • Diacerina • Seaprose s • Serrapeptasi No. % 37 33 4 32 25 5 2 7 3 2 2 4 3 1 25 8 4 4 3 2 2 2 3,37 3,1 0,36 2,9 2,27 0,45 0,18 0,64 0,28 0,18 0,18 0,36 0,28 0,08 2,27 0,73 0,36 0,36 0,28 0,18 0,18 0,18 (PAR) o da ipersensibilità non immune. Queste ultime sono reazioni che clinicamente mimano i segni e i sintomi delle reazioni allergiche ma si verificano attraverso un meccanismo nonimmunologico. Viene ipotizzata una liberazione diretta, non immunologica, di istamina e altri mediatori dai mastociti e basofili, elicitata da anafilatossine C3a e C5a (prodotte in corso di attivazione del complemento), da neuropeptidi (per es. sostanza P), da endorfine e da alterazioni osmotiche (mezzi di contrasto radiografici); • reazioni immunologiche: comprendono le reazioni allergiche o da ipersensibilità allergica di cui si è precedentemente discusso (Cap. 1). F ATTORI DI RISCHIO I fattori che aumentano il rischio di insorgenza di una RAF sono di tre tipi: correlati al paziente, al farmaco e a terapie e malattie concomitanti. Tra i fattori paziente-correlati bisogna considerare: • età: in genere tutte le reazioni avverse a farmaci sono maggiormente frequenti nei soggetti tra i 20 e i 40 anni, mentre sono piuttosto rare nei bambini e negli anziani, per la ridotta reattività immunologica degli stessi; • sesso: risulta maggiormente colpito il sesso femminile; ciò, però, potrebbe essere in parte legato al fatto che le donne assumono più farmaci, anche autoprescritti, e consultano più frequentemente i medici rispetto al sesso maschile; • anamnesi familiare: per ipersensibilità allergica a farmaci. 84 FATTORI DI RISCHIO TABELLA 7.2 Antibiotici responsabili di 674 casi di RAF su 2287 pazienti analizzati Farmaco Penicilline No. % Farmaco No. % 296 43,88 • Rokitamicina 6 0,89 • Amoxicillina 111 16,46 • Claritromicina 4 0,59 • Ampicillina 65 9,64 • Josamicina 3 0,45 • Bacampicillina 43 6,37 • Spiramicina 3 0,45 • Penicillina G 37 5,48 • Roxitromicina 3 0,45 • Piperacillina 20 2,96 • Azitromicina 3 0,45 • Diaminocillina 11 1,63 Chinolonici 27 4,02 7 1,04 • Ofloxacina 9 1,34 • Cinoxacina 6 0,89 • Ciprofloxacina 5 0,74 • Cloxacillina • Dicloxacillina 2 0,3 97 14,38 • Norfloxacina 3 0,45 Cefatrizina 11 1,63 • Pefloxacina 2 0,3 Cefaclor Cefalosporine I Generazione 10 1,48 • Ac. pipemidico 1 0,15 Cefalessina 9 1,34 • Ac. ossolinico 1 0,15 Cefazolina 7 1,04 Lincosamidi 15 2,22 Cefadroxil 2 0,3 • Lincomicina 14 2,07 Cefuroxime 4 0,59 Tetracicline Cefonicid 1 0,15 II Generazione • Clindamicina III Generazione 1 0,15 11 1,64 • Tetraciclina 6 0,89 • Minociclina 3 0,45 Cefotaxime 17 2,51 • Clortetraciclina 2 0,3 Ceftriaxone 16 2,37 Rifamicine 9 1,34 Ceftazidime 13 1,92 • Rifampicina 7 1,04 Cefixima 3 0,45 • Rifaximina 2 0,3 Ceforidime 2 0,3 Carbapenemi 5 0,74 Cefoperazone 1 0,15 • Imipenem 5 0,74 Cefepime 1 0,15 Aminoglicosidi 5 0,74 Sulfamidi, Trimetoprim e analoghi 82 12,17 • Streptomicina 4 0,59 • Sulfametossazolo-Trimetoprim 74 10,98 • Netilmicina 1 0,15 • Sulfadiazina 7 1,04 Monobattami 2 0,3 • Brodimoprim 1 0,15 • Aztreonam 2 0,3 Combinazioni 66 9,79 Altri 8 1,2 • Amoxicillina-Ac. Clavulanico 59 8,75 • Tiamfenicolo 2 0,3 • Ampicillina-Sulbactam 6 0,89 • Tinidazolo 2 0,3 • Cefoperazone-Sulbactam 1 0,15 • Fosfomicina 1 0,15 Macrolidi 51 7,58 • Nitrofurantoina 1 0,15 • Eritromicina 20 2,96 • Metronidazolo 1 0,15 • Miocamicina 9 1,34 • Clofoctolum 1 0,15 85 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI TABELLA 7.3 Altri farmaci (non antimicrobici, non FANS) responsabili di 199 casi di RAF su 2287 pazienti analizzati Pazienti Farmaco No. Pazienti % Farmaco Anestetici locali 37 18,7 Vaccini, sieri immuni, immunoglobuline (Ig) • Mepivacaina 24 12,1 • Lidocaina 13 6,6 Gastrointestinali 36 18,1 • Ioscina-Metilbromide 12 • Butilscopolamina No. % 10 5 • Ig antitetano 4 2 • Vaccino antinfluenzale 2 1 • Altri 4 2 6 Mezzi di contrasto iodati 9 4,5 9 4,6 Neuropsichiatrici 9 4,5 • Altri 15 7,5 • Ganglosidi 2 1 Cardiovascolari 21 10,6 • Altri 7 3,5 5 2,5 Anestetici generali 5 2,5 • Nifedipina • Captopril 3 1,5 • Tiopentale 3 1,5 • Altri 13 6,6 • Succinilcolina 1 0,5 Vitamine, minerali, elettroliti 21 10,6 • Atracurio 1 0,5 • B1-B6-B12 6 3,1 Diuretici 4 2 • B6 4 2 • Acetazolamide 1 0,5 • A-E 2 1 • Furosemide 1 0,5 • Altri 9 4,5 • Mannitolo 1 0,5 19 9,5 • Idroclortiazide-amiloride 1 2 Altri Broncopolmonari • Bromexina 4 12 0,5 6 • Altri 15 7,5 • Allopurinolo 5 2,5 Ormoni 16 8 • Tiocolchicoside 3 1,5 • Calcitonina 5 2,5 • Metilergometrina 3 1,5 • Etilestradiolo 3 1,5 • Iodoformio 1 0,5 • Altri 8 4 Lo stato atopico (propensione a produrre IgE specifiche nei confronti di comuni allergeni) non sembra, a oggi, un fattore di rischio per l’allergia a farmaci, eccetto che per le reazioni avverse ai mezzi di contrasto iodati, sebbene sia stato ipotizzato che l’atopia possa predisporre il soggetto a determinate manifestazioni cliniche di allergia ai farmaci. I fattori di rischio farmaco-correlati sono rappresentati da: • struttura del farmaco: sostanze ad alto peso molecolare costituiscono antigeni completi e sono, quindi, in grado di indurre più facilmente una sensibilizzazione rispetto a quelle a basso peso molecolare; • via di somministrazione del farmaco: in particolar modo sono ritenute maggiormente sensibilizzanti la somministrazione topica e quella intramuscolare; naturalmente, una volta che si è instaurato uno stato di sensibilizzazione, la successiva somministrazione della sostanza è in grado di determinare, anche in piccole dosi e indipendentemente dalla modalità di somministrazione, la comparsa della reazione di ipersensibilità allergica; • frequenza, durata e dose di somministrazione: in linea generale quanto maggiori sono i dosaggi e più lungo il periodo di somministrazione, tanto più grande è la probabilità di sensibilizzazione; esistono eccezioni come la penicillina, che, per periodi lunghi di somministrazione ad alti dosaggi, può causare l’insorgenza di anemia emolitica, mentre, per brevi e intermittenti periodi di somministrazione a basse dosi, può determinare l’insorgenza di reazioni IgE-mediate (per es. orticaria, angioedema). 86 FATTORI DI RISCHIO Può accadere che il paziente possa sensibilizzarsi a un farmaco (soprattutto antibiotici) in seguito a somministrazioni occulte dello stesso oppure in seguito a somministrazione di farmaci crossreattivi (per es. penicilline-cefalosporine). Terapie e malattie concomitanti possono rappresentare un fattore di rischio per l’insorgenza di una RAF per esempio: • la mononucleosi infettiva e la leucemia linfatica cronica aumentano il rischio di rash maculopapulare dopo l’assunzione di amoxicillina e ampicillina; • un’infezione da HIV aumenta il rischio di ipersensibilità allergica nei confronti di trimetoprimsulfametossazolo (Bactrim®); • il concomitante uso di b-bloccanti incrementa il rischio di reazioni avverse a FANS, penicillina e a mezzi di contrasto iodati. Nel caso di anestetici locali, le reazioni avverse possono essere (TAB. 7.4): • di tipo tossico: dovute a iperdosaggio, errori di somministrazione (per esempio endovenosa), rapido o eccessivo riassorbimento o, talora, metabolizzazione lenta o alterato assorbimento del farmaco, cui consegue iperattivazione del sistema nervoso centrale con agitazione, ansia, convulsioni, tremori e, a più alte dosi, depressione e coma; • di tipo psico-somatico: è coinvolto il sistema nervoso autonomo, con sindrome da iperventilazione e parestesie oppure, più frequentemente, con vertigini, pallore, ipotensione, sudore freddo, bradicardia e sincope; • idiosincrasiche: da deficienze enzimatiche, dose-indipendenti, con convulsioni, blocco respiratorio e metemoglobinemia; • da ipersensibilità o allergiche: con orticaria, angioedema, asma bronchiale e shock (Cap. 1); • pseudollergiche: con espressioni cliniche sovrapponibili alle reazioni allergiche ma con meccanismi patogenetici non immunologici e prevalentemente dose-dipendenti. Spesso tali reazioni sono associate alla presenza di sostanze aggiunte al principio attivo del farmaco nella preparazione commerciale. I vasocostrittori (adrenalina) sono frequentemente associati all’anestetico locale allo scopo di prolungare la durata dell’anestesia regionale e di rendere ischemica la zona da operare, in modo da ritardare l’assorbimento dell’anestetico e aumentare la concentrazione nel sito desiderato. TABELLA 7.4 Classificazione delle reazioni avverse da anestetici locali Reazioni non correlate all’anestetico locale • Risposte psicomotorie: – Iperventilazione – Sincope vaso-vagale • Da stimolazione simpatica: – Endogena – Da somministrazione di adrenergico Reazioni di tipo tossico • Effetti sul sistema nervoso centrale: agitazione, ansia, convulsioni, tremori e, a più alte dosi, depressione e coma • Effetti sull’apparato cardiovascolare: tachicardia, bradicardia, collasso cardiocircolatorio • Effetti locali: necrosi ossea-mucosa Reazioni imprevedibili • Tipo idiosincrasico (dose-indipendenti): convulsioni, blocco respiratorio, metemoglobinemia • Tipo allergico (dose-indipendenti): orticaria, angioedema, asma bronchiale e shock • Tipo pseudoallergico (solitamente dose-dipendenti): reazioni da iperattivazione mastocitaria e complemento 87 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI Tuttavia, una parte del vasocostrittore può essere assorbito e può indurre eventi avversi, anche clinicamente rilevanti, essenzialmente di tipo cardiovascolare in pazienti particolarmente suscettibili (per es. per concomitanti patologie cardiache). Nei soggetti sani le stesse reazioni si possono verificare in caso di un’esagerata risposta individuale o un elevato e rapido passaggio in circolo, come succede nel caso di puntura accidentale di un vaso. È stato, tuttavia, dimostrato che l’infiltrazione locale dei 18 mcg di adrenalina, presenti in una tubo-fiala di mepivacaina da 1,8 ml con adrenalina 1:100.000, aumenta la concentrazione plasmatica di questa catecolamina in entità analoga a quella conseguente alla liberazione di catecolamine endogene, causata dal solo stress dell’anestesia locale o dal solo intervento odontoiatrico. In ogni caso, i sintomi evocati dalla somministrazione del vasocostrittore si riassumono in tremori, ansietà, tachicardia e crisi ipertensive. Gli additivi quali i parabeni e i solfiti sono, rispettivamente, utilizzati come batteriostatici e antiossidanti nelle preparazioni in cui è presente adrenalina. I metabisolfiti possono causare reazioni prevalentemente pseudoallergiche clinicamente evidenti come rinite, congiuntivite, asma, orticaria, edema della glottide, sino all’anafilassi. Va, peraltro, sottolineato come tali reazioni siano generalmente dose-dipendenti e, quindi, scatenate da assunzioni di consistenti quantità di additivi quali quelli presenti nei cibi. La modesta concentrazione di metabisolfito presente nelle tubo-fiale degli anestetici locali (0,5-2 mg/ml) risulta, generalmente, ben tollerata. Q UADRI CLINICI Eritema multiforme (EM) Definizione Vasculite leucocitoclastica con necrosi ischemica dei tessuti da reazione di ipersensibilità acuta muco-cutanea non allergica, con linfociti CD8+ e cellule con azione citotossica che inducono l’apoptosi dei cheratinociti. Eziopatogenesi L’EM si riscontra con una maggiore prevalenza nei soggetti giovani adulti, in particolare tra la seconda e quarta decade di vita. Circa il 20% dei casi si manifesta nei bambini. Risulta più colpito il sesso maschile rispetto a quello femminile. Esistono fattori genetici predisponenti, i pazienti maggiormente colpiti presentano infatti gli epitopi HLA B15, 35, A33, DR53, DQB1 0301 come antigeni di istocompatibilità. L’EM è dovuto alla somministrazione di farmaci quali: antibiotici (aminopenicilline, sulfamidici, cefalosporine), barbiturici, antinfluenzali, FANS, anticonvulsivanti, inibitori delle proteasi. L’EM è scatenato anche da altre noxae patogene: • agenti infettivi: soprattutto Herpes simplex virus, Adenovirus, Coxachievirus, Echovirus, HAV, HBV, HCV e Mycoplasma pneumoniae; • condizioni immunologiche: pazienti con trapianto di midollo, sarcoidosi, lupus sistemico eritematoso, poliartrite nodosa, morbo di Bowen; • sostanze chimiche: non dimostrato il ruolo di benzoati, nitrobenzene, profumi. L’intimo meccanismo patogenetico dell’EM prevede che intervengano fattori cellulari e umorali, con una reazione immuno-mediata T-cellulare scatenata dalla precipitazione di un agente successivamente espresso dal cheratinocita basale o soprabasale dell’epidermide, capace di provocare un attacco immunologico verso lo stesso cheratinocita legato all’antigene not-self. La reazione scatenata da antigeni virali determina produzione di INF-g con apoptosi del cheratinocita basale, mentre la reazione conseguente al contatto con la molecola farmacologicamente attiva scatena produzione di TNF-a e necrosi cellulare e tissutale. 88 QUADRI CLINICI FIGURA 7.1 Aspetto istologico dell’eritema multiforme: ulcerazione e degenerazione spongiosica epiteliale associata ad abbondante infiltrato infiammatorio a ridosso della membrana basale che invade l’epitelio. Anatomopatologicamente (FIG. 7.1) le lesioni sono caratterizzate da infiltrato infiammatorio lichenoide aspecifico a ridosso della membrana basale, edematoso e spongiosico, linfociti e monociti a livello dell’epitelio ed in profondità nel chorion. Si rilevano depositi granulari di IgM, C3 e fibrina in sede perivascolare, segno evidente di compromissione della micro- e macro-circolazione. Clinica Nelle forme lievi si osservano solo ulcerazioni orali; nelle forme più gravi si osservano anche ulcerazioni cutanee, delle mucose orali e genitali (FIGG. 7.2-7.4). Queste varietà rappresentano la sindrome di Stevens-Johnson e la sindrome di Lyell che possono avere una prognosi grave e un’evoluzione mortale. L’EM può essere ricorrente e manifestarsi ad ogni esposizione dell’organismo all’agente scatenante; la gravità del quadro clinico peggiora progressivamente ad ogni episodio successivo. Le lesioni orali si presentano con: • erosioni, bolle, ulcerazioni che progrediscono e si diffondono nel cavo orale; • edema labiale con formazione di bolle e croste; • lesioni della mucosa non cheratinizzata, soprattutto nella parte anteriore del cavo orale. Possono essere interessate anche cute (lesioni simmetriche “a bersaglio”) e mucose oculari (lacrimazione, fotofobia), genitali (dolore, bruciore), le zone faringo-esofagee (disfagia, bruciore) e renali (insufficienza renale). 89 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI FIGURA 7.2 Eritema multiforme: lesioni ulcerose progressive, a insorgenza acuta, localizzate a livello della similcute del labbro inferiore, superiore, della mucosa specializzata del dorso linguale, della mucosa geniena bilaterale e del palato duro e molle, post assunzione di aminopenicilline. FIGURA 7.3 Eritema multiforme: manifestazioni generalizzate, a insorgenza acuta, a livello della mucosa genitale (ulcera dolente del glande) e a livello cutaneo, con tipico aspetto delle lesioni a coccarda e a bersaglio, dopo assunzione di FANS. 90 QUADRI CLINICI FIGURA 7.4 Eritema multiforme: coinvolgimento degli arti inferiori e superiori nel medesimo paziente. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi anamnestica e clinica deve essere confermata da test di laboratorio e dalla biopsia della mucosa orale con immunofluorescenza. È importante identificare l’agente scatenante. La diagnosi differenziale deve essere posta con stomatiti virali, pemfigo, pemfigoide bolloso, malattia lineare da IgA, epidermolisi bollosa acquisita. Terapia La terapia causale si basa sulla completa rimozione dell’agente scatenante. Nelle forme lievi la risoluzione, in genere spontanea, risulta essere un processo lento (2-3 settimane). Nelle forme più gravi, si utilizzano corticosteroidi topici o sistemici (prednisone 0,5-1 mg/kg/die); in quest’ultimo caso, la dose va diminuita gradualmente dopo la remissione clinica della patologia, nonostante persistano discordanze riguardo l’utilizzo di tali farmaci. È, inoltre, descritto in letteratura l’utilizzo di ciclosporina o ciclofosfamide 1-2 mg/kg/die. Nei casi particolarmente resistenti, si consiglia una terapia a base di ossigeno iperbarico, granulocyte colony stimulating factor e plasmaferesi. Nei casi di episodi ricorrenti di EM, devono essere identificati i fattori scatenanti e, possibilmente, rimossi. Se l’EM è causato da Herpes simplex si somministra aciclovir orale 1 gr/die per 5 giorni e 400 mg per 4/die per intervallati cicli settimanali per una durata anche di 6 mesi per prevenire le recidive. In alternativa, è utile la somministrazione di valaciclovir 500 mg per 2/die. Ulcerazioni orali da farmaci Definizione Le ulcere da farmaci (FIG. 7.5) sono lesioni a carico del cavo orale causate dalla somministrazione di alcuni medicamenti e si manifestano, da un punto di vista clinico, con dolore all’ingestione di alimenti e sensazione di bocca che brucia, associati a dolenzia dei linfonodi satelliti. Rappresenta una patologia scatenata dall’assunzione di molti farmaci di uso frequente quali: antibiotici, immunosoppressori, chemioterapici antineoplastici, antinfiammatori non steroidei (FANS), antinfiammatori e antireumatici (penicillamine), bifosfonati (acido alendronico), vasodilatatori (nitrati) e antipertensivi (calcio antagonisti), per un meccanismo vasculitico lisergico. 91 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI FIGURA 7.5 A) presenza di lesioni ulcerative a livello della mucosa geniena, labiale e del palato duro e molle, a insorgenza acuta in paziente in terapia con antiflogistici (FANS). FIGURA 7.5 B) ulcere aftoidi multiple del labbro in paziente in terapia con antinfluenzali (Zerinol®). Eziopatogenesi La patogenesi di tali lesioni è su base non immunologica: esiste evidenza scientifica della capacità di inibitori della ciclossigenasi di tipo 1, e, recentemente, anche di tipo 2, di determinare la comparsa di ulcerazioni dolenti, solitamente non sanguinanti, successivamente all’assunzione di tali farmaci per un periodo variabile da 4 a 6 mesi. Il probabile meccanismo risiede nell’alterazione del metabolismo dell’acido arachidonico indotto da tali farmaci, con accumulo di leucotrieni capaci di scatenare reazioni flogistiche simil-allergiche, atopiche e ulcerative. L’acido acetilsalicilico si è, inoltre, dimostrato capace di alterare i messaggi molecolari delle cellule epiteliali. Ciò avviene tramite l’interazione con il p38 mytogen activating protein-kinasi e causando, quindi, iperattivazione della risposta proflogistica con secrezione di TNF-a, IL-1, IL-6 e IL-8, upregulation apoptotica e inibizione della progressione del ciclo cellulare con arresto delle fasi G0/G1 e G2/M. Clinica Le lesioni orali consistono in ulcerazioni aftoidi (singole o multiple) a insorgenza rapida, ricoperte da una pseudomembrana biancastra e circondate da un alone eritematoso. Può essere interessata qualsiasi sede del cavo orale e, talvolta, si possono localizzare anche a livello cutaneo e delle mucose genitali. 92 QUADRI CLINICI Il paziente avverte una spiacevole sensazione di bocca urente, dolore all’ingestione di alimenti e dolenzia dei linfonodi satelliti. Le lesioni compaiono durante o dopo il trattamento farmacologico e non sono solitamente dose-correlate. Le ulcerazioni aftoidi regrediscono dopo 7-15 giorni dalla sospensione del farmaco; il paziente presenta difficoltà di alimentazione e deve eseguire dieta idonea, priva di acidi e di irritanti. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi è anamnestica, clinica, istologica e si completa con test allergologici specifici. Le ulcerazioni orali da farmaci devono essere differenziate dalle lesioni presenti in corso di eritema multiforme, lichen erosivo, ulcere aftosiche, pemfigoide, pemfigo, malattia da depositi di IgA, epidermolisi bollosa acquisita, lupus eritematoso. Terapia La terapia consiste nell’utilizzo di corticosteroidi topici e full mouth disinfection. La somministrazione dei complessi vitaminici A e B può favorire una rapida risoluzione delle ulcere. Dieta idonea. Angina bullosa emorragica Definizione Patologia acuta caratterizzata dall’insorgenza repentina, sulla mucosa orale, di bolle sottobasali contenenti sangue scuro coagulato. Eziopatogenesi Nonostante i traumi locali ripetuti sembrino predisporre alla patologia, è l’uso continuato di corticosteroidi topici o di aerosol-terapia e l’uso di farmaci immunosoppressori che contribuisce all’insorgenza della patologia. Clinica Clinicamente le lesioni orali si presentano come bolle sottobasali emorragiche singole o multiple, di colorito marrone scuro-brunastro, localizzate sul palato molle (FIG. 7.6), sulla lingua e sulle guance (FIG. 7.7). La rottura delle bolle provoca la fuoriuscita di sangue coagulato marrone scuro e la successiva evoluzione ulcerosa. Le lesioni hanno, solitamente, una risoluzione spontanea in circa 3-8 giorni. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi risulta essere clinica, anamnestica e istologica (bolle subepiteliali). L’immunofluorescenza diretta negativa è utile nella diagnosi differenziale con le altre patologie vescicolo-bollose. È, pertanto, fondamentale escludere, durante il processo diagnostico, ulteriori malattie quali il pemfigoide, pemfigo, malattia da depositi lineari di IgA, epidermolisi bollosa, amiloidosi, discrasie del sangue, melanomi e nevi, angiomi e angiomatosi, eritroplachie. 93 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI FIGURA 7.6 Angina bullosa emorragica localizzata a livello del palato molle, a insorgenza acuta, in paziente in terapia con farmaci immunosoppressori. FIGURA 7.7 Angina bullosa del margine linguale sinistro e della mucosa geniena, a insorgenza acuta, in pazienti con traumatismo della mucosa orale e in terapia con corticosteroidi topici con puff inalatori per bronchite cronica. Terapia La condotta terapeutica mira, in senso preventivo, a evitare traumi sulla mucosa orale e i farmaci menzionati. La patologia è, solitamente, autolimitante; risulta essere utile la full mouth disinfection e, nei casi più severi, si raccomanda l’uso di corticosteroidi sistemici per os. Reazioni avverse a ipoclorito di sodio Definizione L’ipoclorito di sodio è il sale di sodio dell’acido ipocloroso. Puro risulta un sale pentaidrato particolarmente instabile. Viene utilizzato durante la terapia endodontica in ambito odontoiatrico, in soluzione acquosa, con concentrazioni comprese tra lo 0,5 e il 5,25%, a temperatura ambiente o scaldato sino a 50 °C. Risulta essere battericida, sporicida, fungicida e virocida. 94 QUADRI CLINICI Eziopatogenesi L’utilizzo dell’ipoclorito di sodio durante la terapia endodontica, in qualità di irrigante canalare, è legato alla sua capacità di determinare dissoluzione dello smear layer prodotto durante la strumentazione dell’elemento dentario e del tessuto pulpare vitale o necrotico ivi presente, disinfezione microbica del sistema canalare, lubrificazione della strumentazione e sbiancamento del dente. Il suo effetto è chimicamente legato al rilascio immediato di ioni cloro attivi, con azione ossidativa, dato il suo pH basico (11-12). Il meccanismo eziopatogenetico scatenante le reazioni avverse risulta essere, nella maggioranza dei casi, di tipo tossico e non allergico, data l’evidente negatività dei pazienti agli skin prick test (SPT) specifici per l’NaOCl. Clinica Le manifestazioni cliniche si esplicitano con emolisi, ematomi, ecchimosi, emorragia, edema, trisma, ipo- e/o iperestesia, ulcerazioni cutanee e mucose conseguenti a necrosi dei tessuti e successive a inoculazione endocanalare di ipoclorito di sodio (FIG. 7.8). Si associa sintomatologia algica e urente severa del paziente. Si è presentato all’attenzione della Clinica Odontoiatrica del Policlinico di Bari, ed è stato descritto in letteratura, un caso di paziente con tumefazione localizzata a livello dell’emivolto destro, ecchimosi diffuse a livello della regione periorbitraria destra, guancia, labbro superiore, collo e mucosa orale, associati a dolore acuto, sviluppatisi rapidamente conseguentemente a lavaggio radicolare con ipoclorito di sodio, finito oltre apice. FIGURA 7.8 Reazione avversa a ipoclorito di sodio, a esordio acuto, conseguentemente all’utilizzo del suddetto quale irrigante canalare durante terapia endodontica dell’11. Presenza di lesioni extraorali con ematoma diffuso della regione perilabiale, mandibolare e periorbitaria e intraorali eritematose, emorragiche e necrotiche, a livello della mucosa labiale superiore e geniena. (Cortesia dr. Vito Crincoli.) 95 CAPITOLO 7 REAZIONI AVVERSE A FARMACI Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi risulta essere clinica, basata sulla correlazione causa-effetto tra la patologia e la noxa patogena scatenante. La diagnosi differenziale si pone con le reazioni allergiche all’ipoclorito di sodio, escluse tramite test cutanei specifici. Terapia La prevenzione di tali reazioni, che risulta fondamentale, avviene tramite un’inoculazione a pressione moderata dell’irrigante e aspirazione dello stesso a termine del lavaggio. Nel caso di episodi acuti, le reazioni avverse devono essere trattate con abbondanti lavaggi a mezzo di soluzione fisiologica (con lo scopo di diluire e allontanare la noxa scatenante), adeguata analgesia (che può arrivare all’utilizzo di anestetico locale per il blocco della conduzione nervosa), terapia antibiotica profilattica (per prevenire le sovrainfezioni associate al danno), terapia corticosteroidea e antistaminica (prednisone 25 mg/die e cetirizina dicloridrato 10 mg/die) in casi selezionati. La rimozione completa dell’agente scatenante e la sua sostituzione, durante le pratiche endodontiche, con perossido di idrogeno, clorexidina gluconato o acqua ossigenata attivata chimicamente sono risolutive nel caso di pazienti con documentata reazione avversa pregressa all’ipoclorito di sodio. D IAGNOSI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE La diagnosi delle RAF è anamnestica, clinica e istologica. La diagnosi differenziale delle reazioni avverse a farmaci si pone con le manifestazioni a eziopatogenesi allergica, identificate dagli specifici test allergologici in vivo e in vitro (Cap. 1). T ERAPIA La terapia delle reazioni avverse a farmaci risulta strettamente dipendente dall’eziopatogenesi correlata. Si basa sulla totale astinenza dal farmaco scatenante e la sostituzione dello stesso con farmaci alternativi. Letture consigliate Al-Johani KA, Fedele S, Porter SR. Erythema multiforme and related disorders. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod. 2007;103:642-54. Ayangco L, Sheridan PJ, Rogers RS. Erythema multiforme secondary to herpes simplex infection: a case report. J Periodontol. 2001 Jul;72(7):953-7. Borysenko AV, Makhnova-Chumak EA, Zelyns’ka NA. The use of sorption therapy in the combined treatment of exudative erythema multiforme. Lik Sprava. 1999 Apr-May;(3):124-6. Calvo M, Tornero P, De Barrio M, Mínguez G, Infante S, Herrero T, Baeza ML. Erytema multiform due to hyaluronic acid (go-on). J Investig Allergol Clin Immunol. 2007;17(2):127-8. Corson MA, Sloan P. Angina bullosa haemorrhagica: an unusual complication following crown preparation. Br Dent J. 1996 Jan 6;180(1):24-5. Crane AB. Praticable Root Canal Tecnique, ed 1. Philadelphia: Lea & Febiger, 1920:69. Crincoli V, Scivetti M, Di Bisceglie MB, Pilolli GP, Favia G. Unusual case of adverse reaction in use of NaOCl during endodontic treatment: A case report. Quintessence Int. 2008; 39:180.e70-73. Gernhardt CR, Eppendorf K, Kozlowski A, Brandt m. Toxicityof concentrated sodium Hypochlorite used as an endodontic irrigant. Int Endod J. 2004;37:277-280. Gibson J. Oropharyngeal blood blisters are known as angina bullosa haemorrhagica. BMJ. 1997 May 31;314(7094):1625. 96 LETTURE CONSIGLIATE Giuliani M, Favia GF, Lajolo C, Miani CM. Angina bullosa haemorrhagica: presentation of eight new cases and a review of the literature. Oral Dis. 2002 Jan;8(1):54-8. Hulsmann M, Hahn W. Complication during root canal irrigation: Literature review and case report. Int Endod J. 2000;33:186-193. Lamoreux MR, Sterbach MR, Hsu WT. Erythema multiforme. Am Fam Physician. 2006;74:1883-8. Mourtada I, Le Tourneur M, Chevrant-Breton J, Le Gall F. Human orf and erythema multiforme. Ann Dermatol Venereol. 2000 Apr;127(4):397-9. Nettis E, Colanardi MC, Di Paola R, Ferrannini A, Tursi A. Tolerance test in patients zith multiple drug allergy syndrome. Immunopharmacol Immunotoxicol. 2001 Nov;23(4):585-95. Nettis E, Marcandrea M, Di Maggio G, Ferrannini A, Tursi A. Retrospective analysis of drug-induced urticaria and angioedema: a survey of 2287 patients. Immunopharmacol Immunotoxicol. 2001 Nov;23(4):585-95. Poskitt L. Angina bullosa haemorrhagica: associated steroid inhaler use. N Z Med J. 1991 Dec 11;104(925):522. Trabelsi S, El Aïdli S, Kastalli S, Klouz A, Sraïri S, Lakhal M, Loueslati MH, Daghfous R, Belkahia C. Bullous erythema multiform induced by trihexyphenidyl. Therapie. 2006 Nov-Dec;61(6):537-9. Yip HK. Angina bullosa haemorrhagica: a case report and a concise review. Gen Dent. 2004 MarApr;52(2):162-4; quiz 165. Yusin JS, Crawford WW, Klaustermeyer WB. Facial edema, oral ulcers, and a cutaneous eruption following a dental procedure utilizing diflunisal and mepivacaine. Ann Allergy Asthma Immunol. 1999 Nov;83(5):353-5. Comment in: Ann Allergy Asthma Immunol. 1999 Nov;83(5):339-40. 97 8 REAZIONI AVVERSE A PRESIDI DA CONTATTO D ERMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO Definizione La dermatite irritativa da contatto (FIG. 8.1) è una reazione infiammatoria cutanea non immunologica ad agenti esterni che agiscono producendo un danno cellulare diretto. Danno che rimane circoscritto alla zona cutanea dove è avvenuto il contatto. Eziopatogenesi Interessa prevalentemente gli odontoiatri, gli odontotecnici e gli assistenti di poltrona ed è dovuta, soprattutto, al frequente lavaggio delle mani durante la giornata, specialmente quando vengono impiegati detergenti e saponi ad elevata attività irritante. Altri agenti chimici presenti in ambiente lavorativo rappresentano ulteriori importanti cause. I più rappresentativi sono i disinfettanti: glutaraldeide, clorexidina gluconata, benzalconio cloruro, alcol e perossido di idrogeno. Anche i guanti di gomma e di vinile possono essere causa di irritazione da contatto. Il meccanismo patogenetico non è riferibile a meccanismi allergici. FIGURA 8.1 Dermatite irritativa da contatto (DIC) di tipo professionale da detergenti cutanei. Cute eritematosa, secca e desquamante. Presenza di sintomatologia algica-urente. 99 CAPITOLO 8 REAZIONI AVVERSE A PRESIDI DA CONTATTO Clinica Le sedi colpite sono le mani e, talvolta, gli avambracci. La cute interessata si presenta secca, pruriginosa e possono essere presenti fissurazioni di varia entità. Nelle fasi acute prevale l’eritema, la vescicolazione e l’essudazione. Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi è anamnestica e clinica. La diagnosi differenziale si pone con quadri simili a eziologia allergica. Terapia La prevenzione è di primaria importanza per le dermatiti da contatto professionali di tipo irritante e prevede, laddove possibile, l’identificazione e l’eliminazione degli irritanti presenti in ambiente di lavoro o la sostituzione con sostanze meno irritanti. È, inoltre, previsto l’uso di guanti protettivi a scarso potere irritante. Si preferiscono disinfettanti con minore capacità irritante come i composti dell’ammonio e iodo-povidone, l’ipoclorito di sodio e la clorexidina a basse concentrazioni (non superiori all’1%). La prevenzione primaria e secondaria hanno come scopo, essenzialmente, il mantenimento dell’integrità del film idrolipidico acido di superficie e dello strato corneo della cute. Si consiglia l’utilizzo di detergenti cutanei a scarso potere aggressivo e quanto più possibile lenitivi (liquidi a base di alchileteresolfati o esteri sulfosuccinati), oppure l’ordinario sapone da bucato (o di Marsiglia). Preparati emollienti, inoltre, dovrebbero essere impiegati giornalmente al fine di ridurre la secchezza cutanea. Anche se circa l’utilità delle creme barriera, “guanti invisibili”, vi sono pareri discordanti, la maggior parte degli Autori è sostanzialmente favorevole al loro uso regolare. La terapia prevede impacchi freddi di soluzioni debolmente antisettiche e topici corticosteroidei nelle fasi acute. Nelle forme secche sono utili le creme o gli unguenti emollienti. Nelle forme ipercheratosiche si impiegano cheratolitici a base di vaselina e acido salicilico al 3-10%. S TOMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO Definizione La stomatite irritativa da contatto rappresenta una particolare e fastidiosa localizzazione del processo flogistico nel cavo orale, da attribuire al contatto irritante con alcuni materiali. La mucosa orale è più resistente agli irritanti primari rispetto alla cute, tuttavia, si possono osservare quadri clinici differenti a seconda soprattutto del tipo di sostanze responsabili della stomatite da contatto. Eziopatogenesi La stomatite irritativa da contatto può essere legata all’azione di stimoli chimici (nitrato d’argento, fenolo). Arsenico e pasta iodoformica (FIGG. 8.2, 8.3), nel passato utilizzati durante la terapia endodontica quali agenti necrotizzanti, si sono dimostrati capaci di causare stomatiti irritative da contatto, scatenate anche da presidi di disinfezione del cavo orale utilizzati per via topica (clorexidina gel) o contenuti in dentifrici e colluttori [colluttori iodati e contenenti clorexidina (FIGG. 8.4, 8.5)] e dal perossido di carbamide (FIG. 8.6). Quest’ultimo viene utilizzato nello sbiancamento dei denti vitali, attivando e sostenendo i processi di ossidoriduzione che degradano i pigmenti presenti nello smalto interprismatico. Possono essere causa di stomatiti irritative da contatto anche i prodotti di cosme- 100 STOMATITE IRRITATIVA DA CONTATTO FIGURA 8.2 Stomatite irritativa da contatto ulceronecrotizzante. Osteonecrosi da utilizzo di pasta arsenicale come devitalizzante endodontico. si [cera microcristallina contenuta negli stick-lip idratanti (FIG. 8.7)] e detergenti usati per le protesi dentarie che, pertanto, vanno deterse con cura prima di essere utilizzate. Clinica La sintomatologia soggettiva consiste in sensazione di bruciore, intorpidimento, dolore e disgeusia. Le forme clinico-morfologiche più comuni sono le seguenti: la stomatite eritemato-edematosa in cui la sintomatologia obiettiva è caratterizzata da eritema della mucosa, solitamente di lieve entità, con o senza edema. La mucosa si presenta liscia e lucida e le papille della lingua possono scomparire. Con una netta linea di demarcazione tra parte sana e malata si evidenzia il fenomeno irritativo: è circoscritto e chiaramente indica che solo quella parte di mucosa lesa è entrata in contatto con la sostan- FIGURA 8.3 Stomatite irritativa da contatto grave, ulcero-necrotizzante, successiva all’utilizzo della pasta iodoformica, quale agente necrotizzante, durante la terapia endodontica. Si evidenzia estesa necrosi della mucosa vestibolo-labiale superiore, associata a grave sintomatologia algica. 101 CAPITOLO 8 REAZIONI AVVERSE A PRESIDI DA CONTATTO FIGURA 8.4 Stomatite irritativa da contatto successiva all’utilizzo di colluttori iodati per il completamento dell’igiene orale. Necrosi della mucosa gengivale aderente, del vestibolo e della mucosa labiale superiore. za irritante. La stomatite eritemato-vescicolo-bollosa, dovuta all’azione di sostanze irritanti forti e caratterizzata dalla presenza di vescicole o bolle ma, più spesso, da abrasioni conseguenti alla rottura delle stesse. La stomatite ulcerativo-necrotica, provocata da irritanti primari forti che agiscono ad alta concentrazione o per un lungo periodo di tempo in cui si osservano lesioni di tipo ulcerativo e aree di necrosi anche estese (FIG. 8.3). Diagnosi e diagnosi differenziale La diagnosi è anamnestica e clinica. La diagnosi differenziale si pone con quadri simili a eziologia allergica. FIGURA 8.5 Stomatite irritativa da contatto in fase cronica, successiva all’utilizzo di colluttori a base di clorexidina. 102 LETTURE CONSIGLIATE FIGURA 8.6 Stomatite irritativa da contatto ulcero-necrotizzante di media entità, insorta in seguito all’applicazione topica di gel, rispettivamente, a base di clorexidina e perossido di carbamide. Necrosi della mucosa gengivale libera e aderente. FIGURA 8.7 Stomatite irritativa da contatto lieve, e cheilite in fase cronica, localizzata a livello della commissura buccale e del vermilion, in seguito all’utilizzo di lip-sticks idratanti. FIGURA 8.8 Glossite irritativa da contatto ulcerativa superficiale secondaria all’applicazione sulla lingua di compresse per la disinfezione del cavo orofaringeo (Dequadin). Terapia L’allontanamento o la riduzione delle sostanze irritanti rappresenta, laddove possibile, una efficace misura preventiva. La terapia prevede esecuzione di full mouth disinfection (FMD, Cap. 2) indipendentemente dalla noxa irritante, al fine di prevenire il peggioramento delle condizioni cliniche del paziente come conseguenza di sovrainfezione microbica e mantenere l’omeostasi del cavo orale; si consiglia l’utilizzo di corticosteroidi topici e antimicotici, nelle fasi acute della patologia, e di agenti idratanti, nelle forme desquamative. Letture consigliate Angelini G, Vena GA. Dermatologia professionale ed ambientale. Vol. 1, 2, 3 ISED, Brescia, 1997, 1999. Lachapelle JM, Frimat P, Tennstedtd, et al. Dermatologie professionelle et de l’environment. Masson, Paris 1992. 103 9 PROTOCOLLO DI GESTIONE DELLE REAZIONI AVVERSE • Anamnesi dettagliata del paziente (familiare, fisiologica, patologica remota e prossima). • Esame clinico obiettivo. • Diagnosi differenziale. Test di laboratorio, test allergologici, valutazione assetto genico (deficit enzimatici ereditari), esame bioptico (specialmente per alcuni quadri morbosi quali EM, ulcerazioni orali da farmaci, lesioni bollose e lesioni lichenoidi croniche refrattarie alle terapie). • Esclusione di patologia allergica e/o patologia extraimmunologica (vedi glossario). • Diagnosi di reazione avversa e identificazione della noxa patogena. • Rimozione della noxa patogena. • Terapia medica specifica dell’evento patologico. 105 GLOSSARIO Agente sensibilizzante: molecola capace di indurre una sensibilizzazione. Allergene o Agente allergizzante: sostanza estranea al nostro organismo in grado di indurre, nel paziente sensibilizzato ad essa, una reazione allergica specifica, IgE-mediata, responsabile dei sintomi clinici. Anafilassi o Reazione anafilattica: manifestazione clinica IgE-mediata molto grave, in cui è in pericolo la vita. Antigene: sostanza estranea al nostro organismo in grado di indurre, nel paziente sensibilizzato ad essa, una reazione allergica specifica, anche non IgE-mediata, responsabile dei sintomi clinici. Aptene: antigene incompleto, generalmente farmaci a basso peso molecolare o loro metaboliti, che per poter indurre una reazione allergica specifica deve coniugarsi a un “carrier” (proteina o membrana cellulare). Una volta avvenuta la sensibilizzazione, l’aptene da solo è in grado di scatenare la reazione. Atopia: predisposizione genetica a produrre una maggior quantità di IgE verso sostanze estranee, normalmente innocue, con tendenza a sviluppare manifestazioni cliniche allergiche, quali asma e rinite. Capacità allergenica: capacità della molecola di scatenare una reazione allergica. Desensibilizzazione: perdita della capacità di un agente esterno di determinare una modificazione del sistema immunitario, con conseguente reazione dello stesso. Effetti collaterali: effetti indesiderati di un qualsiasi farmaco, legati alle proprietà farmacologiche del farmaco stesso (per es. sonnolenza da antistaminici, gastrite da FANS). Effetti secondari: effetti indiretti correlati all’azione principale di un farmaco (per es. alterazione della flora intestinale in corso di terapia antibiotica). Epitopo o Determinante antigenico: struttura molecolare che interagisce direttamente con la singola molecola anticorpale. Interazioni farmacologiche: la somministrazione contemporanea di due o più farmaci può aumentare o ridurre la concentrazione ematica dei farmaci stessi, potenziandone o riducendone gli effetti farmacologici. Reagine: anticorpi IgE in grado di legarsi ai recettori presenti sulla superficie cellulare. 107 GLOSSARIO Reazione allergica, immunologica, da ipersensibilità allergica o allergia: risposta anomala dell’organismo umano verso sostanze estranee ad esso; normalmente innocue, queste sostanze sono in grado di scatenare, nei pazienti divenuti sensibili ad esse, una reazione allergica specifica. Può manifestarsi con diversi meccanismi (Gell e Coombs): • reazione IgE-mediata o di tipo I: dovuta alla produzione di anticorpi IgE i quali si legano su appositi recettori presenti sulla membrana cellulare di mastociti o basofili. Il legame dell’allergene con le IgE specifiche legate a queste cellule determina la loro degranulazione e il rilascio di mediatori responsabili del quadro clinico; • reazione citolitica o citotossica o di tipo II: dovuta ad altri anticorpi, come IgG o IgM, in grado di attivare il complemento. Questi si legano ad apteni presenti sulla superficie cellulare, causando citolisi da complemento; • reazione da immunocomplessi o di tipo III: gli immunocomplessi sono formati da anticorpi, generalmente IgG e antigeni, che si depositano a livello della parete dei piccoli vasi, attivando il complemento responsabile dei danni tissutali; • reazione cellulo-mediata o ritardata o di tipo IV: l’antigene penetrato attraverso l’epidermide viene inglobato dalle cellule di Langherans, processato e presentato ai Linfociti CD4+ i quali, una volta attivati, liberano sostanze responsabili dei sintomi. Reazione avversa: qualsiasi reazione indesiderata scatenata da una sostanza esterna introdotta attraverso l’alimentazione o attraverso l’assunzione di farmaci. Reazione avversa agli alimenti: qualsiasi reazione indesiderata scatenata dall’ingestione di uno o più alimenti. Possono essere di natura allergica, pseudoallergica, tossica o da intolleranza. Reazione avversa ai farmaci: manifestazione clinica di una reazione non voluta, legata all’assunzione di un farmaco a scopo terapeutico, profilattico e\o diagnostico. Non è dovuta alle proprietà del farmaco stesso, né a situazioni patologiche e\o fisiologiche, né a interferenze con altri farmaci. Le cause sono molteplici: sovradosaggio, effetti collaterali e secondari, interazioni farmacologiche, reazioni da intolleranza, idiosincrasia, cause pseudoallergiche e allergiche. Il testo mirerà ad approfondire prevalentemente queste ultime. Reazione crociata o cross-reazione o sensibilità crociata: reazione da parte del sistema immunitario dell’organismo, sensibilizzatosi in seguito al contatto con un determinato antigene, verso un secondo antigene diverso dal primo ma con struttura chimica correlata. Reazione da contatto: reazione cutanea o mucosa dovuta al contatto con agenti esterni causanti una lesione. Solitamente è circoscritta alla zona in cui è avvenuto il contatto: • reazione irritativa o irritante o da irritazione: reazione infiammatoria, a patogenesi non immunologica, dovuta ad agenti che esplicano un danno cellulare diretto; • reazione allergica: reazione dovuta al contatto con agenti esterni (apteni) nei confronti dei quali si realizza una risposta immunitaria. Reazione extraimmunologica o non immunologica: reazione associata a patogenesi non riconducibile ai 4 meccanismi di Gell e Coombs: • reazione da idiosincrasia: alterata risposta a un farmaco somministrato, dovuta a deficit enzimatici su base genetica (per es. anemia emolitica con antimalarici da deficit di G6PDH); • reazione da intolleranza: possiamo distinguerne due tipi: – intolleranza da farmaci: è la conseguenza di un abbassamento della soglia alla normale azione farmacologia del prodotto, con effetto quantitativamente aumentato ma qualitativamente normale. Si manifesta come un aumento in efficacia del farmaco (per es. il cinconismo a basse dosi di chinino); – intolleranza da alimenti: è una reazione dovuta a un difetto enzimatico, congenito o acquisito (come nel caso dell’intolleranza al lattosio), o a ipersensibilità non allergica; 108 GLOSSARIO • reazione pseudo-allergica o da ipersensibilità non allergica: reazione clinicamente del tutto simile a quella allergica ma su base non immunologica (attività istamino-liberatrice sui mastociti, attivazione del complemento, sbilanciamento del sistema ciclossigenasi\lipossigenasi). Reazione tossica: reazione da sovradosaggio, se riferita a farmaci, o da avvelenamento, se riferita a alimenti, dovuta alla presenza naturale di sostanze tossiche negli alimenti (ne è un esempio la reazione tossica, e a volte mortale, dovuta all’ingestione di funghi non commestibili). Può essere, inoltre, prodotta da batteri o funghi che hanno contaminato gli alimenti stessi. Sensibilizzazione: interazione tra sistema immunitario dell’organismo e antigene esterno capace di modificare il sistema immune e di determinare, o non determinare, una manifestazione clinicamente evidente della stessa. Sovradosaggio: reazione avversa a un farmaco. È correlato alla dose del farmaco stesso, che risulta essere maggiore rispetto a quella prevista per aumentato dosaggio o per accumulo dovuto a patologie a carico degli organi (fegato e reni) deputati alla metabolizzazione o escrezione. Reazione a carico di organi più suscettibili come cuore e SNC. Tolleranza immunologica: capacità di peculiari molecole di non indurre una risposta immunitaria. Si tratta di una situazione instaurata dall’organismo verso i propri antigeni (che assumono denominazione “self”) e verso antigeni estranei, i quali interagiscono con l’organismo stesso durante il processo di maturazione del sistema immune. 109 INDICE ANALITICO Alimenti, patologie allergiche da, 45 Anafilassi, trattamento iniziale dell’, 65 Analgesici responsabili di RAF, 84 Anestetici – generali, reazioni allergiche (RALL) agli, 2 – locali, reazioni allergiche (RALL) ad, 2 Angioedema ereditario (AAE), 60 – clinica, 61 – definizione, 60 – diagnosi, 61 –– differenziale, 61 – eziopatogenesi, 60 – terapia, 62 Anisakis, patologia orodigestiva allergica da, 47 – clinica, 47 – definizione, 47 – diagnosi, 49 –– differenziale, 49 – eziopatogenesi, 47 – terapia, 49 Anisakis physeteris, 47 Anisakis simplex, 47 Antibiotici – reazioni allergiche (RALL) ad, 2 – responsabili di RAF, 85 Antinfiammatori, reazioni allergiche (RALL) ad, 2 Asma acuto, trattamento dell’, 67 Bourning Mouth Syndrome (BMS), vedi Sindome della bocca bruciante, 58 Candida albicans, 23 Dermatite irritativa da contatto, 99 – clinica, 100 – definizione, 99 – diagnosi, 100 –– differenziale, 100 – eziopatogenesi, 99 – terapia, 100 Farmaci, reazioni avverse a (RAF), 82-96 – anestetici locali, 87 –– classificazione delle reazioni avverse da, 87 – antinfiammatori non steroidei, 84 – definizione, 83 – diagnosi, 96 –– differenziale, 96 – eziopatogenesi, 83 – fattori di rischio, 84 – quadri clinici, 88 –– angina bullosa emorragica, 93 ––– clinica, 93 ––– definizione, 93 ––– diagnosi, 93 –––– differenziale, 93 ––– eziopatogenesi, 93 ––– terapia, 94 –– eritema multiforme (EM), 88 ––– clinica, 89 ––– definizione, 88 ––– diagnosi, 91 –––– differenziale, 91 ––– eziopatogenesi, 88 ––– terapia, 91 –– reazioni avverse a ipoclorito di sodio, 94 ––– clinica, 95 ––– definizione, 94 ––– diagnosi, 96 –––– differenziale, 96 ––– eziopatogenesi, 95 ––– terapia, 96 –– ulcerazioni orali da farmaci, 91 ––– clinica, 92 ––– definizione, 91 ––– diagnosi, 93 –––– differenziale, 93 ––– eziopatogenesi, 92 111 INDICE ANALITICO ––– terapia, 93 – terapia, 96 – vasocostrittori, 87 Gell e Coombs, classificazione di, 3 Glossite eritematosa migrante, 55 – clinica, 56 – definizione, 55 – diagnosi, 57 –– differenziale, 57 – eziopatogenesi, 55 – terapia, 57 Lattice della gomma, reazioni al, 32-42 – clinica, 34 – definizione, 33 – diagnosi, 35 –– test in vitro, 37 –– test in vivo, 35 ––– patch test, 36 ––– skin prick test, 35 ––– test di provocazione, 36 – epidemiologia, 33 – fattori di rischio, 34 – gestione del paziente allergico al, 37 –– procedure ––– in ambulatorio di odontostomatologia, 38 ––– in sala operatoria, 41 –––– allestimento della sala operatoria, 41 –––– preparazione del paziente, 41 –––– programmazione dell’intervento, 42 – gruppi a rischio di sensibilizzazione, 33 – patogenesi, 34 – prevenzione, 37 – terapia, 42 Lesioni lichenoidi da materiali dentari, 50 – clinica, 53 – definizione, 50 – diagnosi, 53 –– differenziale, 53 – eziopatogenesi, 51 – terapia, 53 Mezzi di contrasto, reazioni allergiche (RALL) ai, 2 Odontostomatologia, trattamento delle emergenze allergologiche in, 64-68 Orticaria acuta, trattamento dell’, 68 Presidi da contatto, reazioni avverse a, 98-103 112 Protocolli – da adottare in caso di RALL, 78-79 – di diagnosi e di gestione del paziente allergico, 70-77 –– gestione del rischio, 76 ––– pazienti a basso indice di rischio, 76 ––– pazienti a medio indice di rischio, 76 ––– pazienti ad alto indice di rischio, 76 – di premedicazione, 77 Pseudoterranova, 47 RALL immediate, 4 – angioedema, 4 – asma, 5 – orticaria, 4 – shock anafilattico, 5 RALL tardive, 6 – principali reazioni da ipersensibilità allergica a farmaci, 6 RALL, farmaci responsabili di, 6 – anestetici generali, 10 –– benzodiazepine, 10 –– curarici, 10 –– ipnotici, 10 –– miorilassanti, 10 –– oppiacei, 10 –– succedanei colloidali del plasma, 10 – anestetici locali, 8 – antibiotici, 6 –– b-lattamici, 6 –– chinolonici, 7 –– macrolidi, 7 –– sulfonamidi, 7 – antinfiammatori non steroidei, 8 – diagnosi, 11 –– anamnesi, 11 –– esame obiettivo, 12 –– prove allergiche cutanee, 12 ––– pomfo di prova, 13 –– test di provocazione, 14 –– test in vitro, 16 – diagnosi differenziale, 16 – mezzi di contrasto, 9 – terapia, 16 RALL: quadri clinici particolari, 44-62 Reazioni allergiche (RALL), 2-16 – definizione, 3 – eziopatogenesi, 3 –– classificazione di Gell e Coombs, 3 – quadri clinici piu comuni, 4 Reazioni allergiche (RALL) da contatto, 18-30 – classificazione e patogenesi, 19 –– dermatite allergica da contatto, 19 INDICE ANALITICO –– stomatite allergica da contatto, 19 – clinica, 26 –– dermatite allergica da contatto, 26 –– stomatite allergica da contatto, 27 – definizione, 19 – diagnosi, 27 –– differenziale, 27 – epidemiologia, 19 – eziologia, 19 –– anestetici locali, 26 –– antimicrobici, 24-25 –– aromatizzanti, 24 –– colluttori, 26 –– dentifrici, 26 –– gomme, 23-24 –– leghe metalliche, 20, 21-22 –– metalli, 20, 21 –– resine, 22-23 – prevenzione, 29 – terapia, 29 –– procedure ––– farmacologiche, 30 ––– strumentali, 29, 30 Reazioni avverse, protocollo delle, 104-105 Sindrome della bocca bruciante, 58 – clinica, 58 – definizione, 58 – diagnosi, 59 –– differenziale, 59 – eziopatogenesi, 58 – terapia, 60 Sindrome orale allergica (SOA), 45 – clinica, 46 – definizione, 45 – diagnosi, 46 –– differenziale, 46 – eziopatogenesi, 45 – terapia, 47 Stomatite irritativa da contatto, 100 – clinica, 101 – definizione, 100 – diagnosi, 102 –– differenziale, 102 – eziopatogenesi, 100 – terapia, 103 Test allergologici – in vitro, 73 – in vivo, 71-73 113 Questa pubblicazione è stata resa possibile grazie a un contributo educazionale di Errekappa Euroterapici SpA Finito di stampare nel mese di Aprile 2009 A4 Servizi Grafici