Tamara De Lempicka Tamara Rosalia Gurwik-Górska (Varsavia, 16 maggio 1898 – Cuernavaca, 18 marzo 1980), fu una pittrice polacca appartenente al movimento artistico dell'Art Déco. Avevo un principio: non copiare mai. Crea uno stile nuovo, colori chiari, luminosi; scopri l'eleganza nascosta nei tuoi modelli. La vita Tamara De Lempicka Giovinezza La madre, Malvina Decler, era polacca di origine francese, mentre il padre, Boris Gurwik-Gorski, era un ricco ebreo russo che scomparve presto, quando Tamara aveva circa cinque anni, e non si sa se in seguito al divorzio (come dichiarava l’artista) o, secondo alcune ipotesi, per un suicidio. Tamara assimila la forte identità polacca della famiglia materna e il culto della nobiltà, viene allevata dalla nonna Clementine, la quale convince la piccola di essere straordinaria. A 9 anni Tamara parte con lei e la madre verso l’Italia e Montecarlo: visitano Firenze, Venezia e Roma. La formazione scolastica di Tamara si colloca tra Losanna, a Villa Claire, e l’esclusivo collegio a Rydzyna, in Polonia, nel castello barocco. Nel 1910 si reca a San Pietroburgo, ove l'anno seguente incontra ad una festa in maschera Tadeusz Lempicki, nobile avvocato polacco e cinque anni dopo la giovane ottiene l'autorizzazione dello zio per sposarlo. Maturità, successo ed eccessi Verso la fine della prima guerra mondiale Tadeusz, che sembra facesse parte della polizia segreta zarista, è arrestato dalla Ceka e Tamara si rivolge al console svedese, con il quale attraversa la Finlandia e poi va a Copenaghen. Intanto, Tadeusz viene rimesso in libertà ma il suo rapporto con Tamara cambia: egli diventa taciturno e depresso, probabilmente anche a causa delle ristrettezze economiche in cui versa la famiglia. Proprio per questo motivo Tamara s'iscrive alla scuola di architettura a Nizza, vista la ferma intenzione di Tadeusz di non lavorare. Nel 1921 la donna inizia una storia con una vicina di casa, Ira Perrot, che le offre un viaggio in Italia, dove Tamara studia Botticelli e Antonello da Messina. Fa abitualmente uso di cocaina, lavora febbrilmente e ha un ritmo di vita che pregiudica la convivenza familiare. Espone per la prima volta, al Salon d’Automne, e presenta un ritratto, probabilmente Portrait d’une jeune femme en robe bleue, in cui è raffigurata Ira Perrot. Nel catalogo Tamara è indicata con un nome maschile: Lempitzki. Poco tempo dopo conosce la scrittrice americana Natalie Barney, che tiene riunioni nella sua casa ogni venerdì sera. Tra i frequentatori del salotto ci sono grandi artisti dell'epoca: Joyce, Cocteau, Thornton Wilder, Poiret, Isadora Duncan, Colette, Gide. Nel 1924, in un locale, avviene l’incontro con Marinetti, durante il quale decidono insieme di andare a incendiare il Louvre, intenzione miseramente naufragata al commissariato, dove vanno a recuperare l’automobile della Lempicka rimossa perché parcheggiata in sosta vietata. Tamara davanti al ritratto di Tadeusz, rimasto incompleto Tadeusz non tollera più le sue relazioni, l’uso di cocaina, le notti passate tra locali e bordelli, i rientri al mattino, le ore di sonno indotte dalla valeriana, e poi le lunghe sedute di lavoro. Mentre la sua vita personale e familiare entra in crisi, quella professionale e artistica compie un balzo in avanti: Tamara espone al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne di Parigi, inaugura la personale a Milano, nella galleria Bottega di Poesia: trenta dipinti e diciotto disegni. Nel 1926 torna in Italia e va a Gardone da D'Annunzio[1] , l'anno successivo espone al Salon des Indépendants, all’Exposition Internationale des Beaux-Arts di Bordeaux con Sur le balcon, per il quale riceve un diploma d’onore, e al Salon d’Automne. A questo periodo appartengono articoli e copertine di riviste di moda e costume, tra cui Vanity Fair e Die Dame, rivista berlinese. Nel 1928 Diviene l’amante del barone Kuffner, sostituendo la ballerina Nana de Herrera. Il barone è un proprietario terriero, ebreo, di nobiltà austro-ungarica. Contemporaneamente Tadeusz si innamora di Irene Spiess, in Polonia. Tamara implora il marito di tornare a casa, ma alla fine divorziano. Il 1932 è l’anno con la maggiore presenza alle mostre, e con il maggior riscontro della stampa. Ma è molto difficile dal punto di vista personale. Espone a ben cinque collettive e in marzo Tadeusz sposa Irene Spiess a Lodz: Tamara entra in una forte crisi depressiva. Nel febbraio 1934 viene celebrato il matrimonio con il barone Kuffner nella casa di Zurigo, e vanno in viaggio di nozze in Egitto. Il matrimonio è per Tamara una sicura sistemazione sociale ed economica, della quale non ha peraltro bisogno in questo momento, perché guadagna più di quanto riesce a spendere, nonostante l’alto tenore di vita. Tra i due esistono accordi precisi, secondo i quali ognuno ha la massima libertà sessuale. La depressione di Tamara intanto peggiora. A New York, il 2 maggio 1939 inaugura alle Paul Reinhardt Galleries la personale. Una brochure pubblica una lista di dodici opere recenti, con una biografia di James St. L. O’Toole. Autoritratto per la copertina di Die Dame, 1929 La stampa accoglie scettica il suo lavoro, si parla di virtuosismo, ma non riscuote successo. Il New York Lights dell’8 gennaio 1940 racconta che in un’epoca in cui i newyorkesi hanno la mania delle mani pulite e delle unghie corte arriva Tamara a fare una rivoluzione: è ossessionata dalle mani e trova che siano un elemento che da sole riempiono una tela. “Tutti se le guardano - dice - specialmente nei locali notturni”. Il 7 aprile 1941, alla Julian Levy Gallery, inaugura la sua personale: Tamara de Lempicka / Baroness de Kuffner: inserisce per la prima volta anche il titolo nobiliare. Organizza una festa per l’inaugurazione che richiama talmente tante persone che la fila arriva fino in strada, ma gli unici artisti che la visitano sono Salvador Dalí e Pavel Tchelitchew, negli anni successivi la pittura di Tamara si avvicinerà molte volte allo stile surrealista. Dal 1953 inizia una serie di dipinti con texture più o meno geometriche riconducibili all'astrattismo, e contemporaneamente continua a realizzare ritratti. Nel maggio 1961 inaugura a Parigi una personale: i dipinti sono divisi in tre periodi: “néo-cubisme[2] , abstrait[3], figuratif[4]”, nonostante la creatività dell'artista la mostra non ha molto successo. Il maggiordomo le annuncia la morte del marito, avvenuta in nave durante una traversata: è stato sepolto in mare. Nel 1964 si reca a Venezia con la nipote Victoria per la Biennale: è l’anno del trionfo della Pop Art. Gli ultimi anni L'ultima parte della sua vita è segnata da mostre, viaggi, ma anche dall'aggravarsi delle sue condizioni fisiche. Nel 1975 A Cuernavaca, Messico, conosce Victor Contreras, il quale comincia ad assisterla assiduamente e a prendersi cura di lei durante il peggioramento della malattia: insufficienza cardiaca cronica, bronchite cronica, arteriosclerosi. Contreras va con lei a messa ogni domenica e le assicura quella presenza di cui Tamara, che ha paura della solitudine, ha bisogno. Comunque, cambierà il testamento almeno sette volte; in uno di questi Contreras è nominato unico erede. Tamara si spegne nella notte del 18 marzo 1980, stroncata da difficoltà respiratorie: avrebbe dovuto dormire con la maschera dell’ossigeno, ma la trovano senza: anche quest'ultimo atto dimostra il suo anticonformismo e la sua testardaggine. Opere fondamentali Portrait du Prince Eristoff, 1925 Le modèle, 1925 Portrait de la Duchesse de La Kizette en rose, 1926 Salle, 1925 La Belle Rafaela, 1927 Kizette au balcon, 1927 Le Reve, 1927 Maternité, 1928 Portrait de Nana de Herrera, L'esclave, 1927-1928 La Musicienne, 1929 Le turban vert, 1929 1928 La Dormeuse, 1931Portrait de Mrs Alan Bott, Portrait de Madame M., 1930 Femme à la colombe, 1931 1932 1930 Adam et Ève, 1932 Portrait du Comte Vettor Portrait de Suzy Solidor, Marcello, 1933 1933 La Chemise rose, 1933 Analisi d'opere Jeune fille en vert Jeune fille en vert, 1930 Olio su compensato, 61,5 x 45,5 cm Parigi, Centre Pompidou, Musée National d’Art Moderne / Centre de Création Industrielle L’immagine della donna raffigurata, come in molti dei ritratti della De Lempicka, è molto precisa e pulita, le pieghe del vestito aderiscono completamente alla figura come se fosse bagnato. Tramite l’effetto creato dalla pittrice, le donne raffigurate “prendono vita” e diventano simili a bambole, le cui forme sono perfettamente delineate: i seni sferici, i fianchi e l’ombelico sono messi in evidenza dalla stoffa, come fosse una seconda pelle. In contrasto con il verde del vestito appaiono le mani ricoperte da guanti bianchi e il cappello a tesa larga, che con un delicato gesto della donna, ne protegge lo sguardo. I capelli sembrano muoversi sotto l’effetto del vento, ma nello stesso tempo sono composti ed ordinati, a simboleggiare la raffinatezza che Tamara vuole infondere nella donna raffigurata. L’immagine femminile racchiude una seduzione velata e un artificiale erotismo, una parte umana e una meccanica, la prima che si abbandona ai sentimenti e l’altra che li contiene. La critica di quel periodo scrive: Seni, formati come da un blocco di metallo, il corpo di bronzo con un ombelico delizioso, braccia come acciaio fuso e riccioli che ricordano trucioli di ottone. […] Il motivo dell’uomo artificiale, del manichino, significava un lamento della solitudine, dello svuotamento e della materializzazione dell’uomo[5]. In questo dipinto Tamara vuole contrapporre all’uomo-manichino tipico di De Chirico, una sorta di donna-artificiale che possa rappresentare l’emancipazione femminile e l’inserimento di questa nella società che non aveva nulla da invidiare al sesso opposto. Portrait D'Ira P. Portrait D'Ira P., 1930 Olio su tavola, 99 x 65 cm Collezione privata Questo quadro, è di particolare raffinatezza ed eleganza, evidenzia perfettamente le scelte compositive e cromatiche dell’artista. La figura della modella è posta in diagonale e sembra proprio emergere dalle pieghe bianche del vestito. Anche in questo caso la stoffa aderisce perfettamente al corpo rivelandone i particolari quasi la donna fosse nuda. Le fasce di tessuto fasciano l’intera figura e più che coprirla la mostrano: e il vestito le fa assumere la forma di una grande calla bianca rovesciata. Le pieghe sono continuamente sovrapposte l’una con l’altra, i nodi di tessuto, la ricchezza dei panneggi e le stole accostate, creano un effetto di plasticità e grande raffinatezza. Il cromatismo è accentuato dal colore bianco e dai pochi toni che lo contornano: il grigio dell’ombreggiatura, il rosso della stola e delle labbra, il rossoarancio delle unghie laccate e il verde degli steli. L’immagine creata dall’artista è stata di grande impatto al punto che sei anni dopo verrà riproposta incorniciata dagli stessi fiori in una foto di Man Ray pubblicata su Harpers Bazaar nella quale la modella indossa un vestito bianco come quello della Perrot.