Il ruolo del presbitero in relazione alla sala della comunità. Come in questa esperienza culturale si ritrovi un originale compimento del ministero. Valorizzazione della cultura, dello spettacolo, dei new media nella formazione e nella quotidianità dei presbiteri ad opera delle riflessioni dell’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI sindrome da burnout «Non esiste un solo modello di ministero presbiterale nella tradizione cattolica. Nella chiesa italiana di oggi, ad esempio, ci sono tanti modi di interpretare il ministero. Per indole o per incarico, i vari presbiteri della chiesa italiana vivono in modo diverso il proprio compito: chi insiste sull’aspetto liturgico, chi su quello caritativo, chi entra in dialogo con i mass-media, chi valorizza la realtà ordinaria della parrocchia, chi è particolarmente attento alle relazione personali e all’accompagnamento, chi si occupa dell’insegnamento della religione o di teologia, chi si dedica all’ambito della promozione umana…». don Alessio Magoga su “Settimana” (pag.12 n.28-29/2010) «Il pastore di solito è solo con le pecore. I pescatori invece lavoravano insieme: almeno due o quattro. Questa metafora ci dice che gli apostoli non sono chiamati ad essere eroi individuali ma persone che collaborano. Il ministero è in rete». “Messaggero e araldo della Parola”: Se «Il sacerdote dev’essere capace di leggere, interpretare e discernere la realtà in cui è immerso», è innegabile che pure attraverso le attività della SdC il presbitero acquisisce quella vicinanza alla vita umana di cui l’arte e lo spettacolo nelle sue svariate forme si rendono traduttori fedeli e che creano quello spazio-tempo “propedeutico al Tempio” di cui abbiamo trattato nelle prime tappe formative. ““Operatore della spiritualità di comunione”: Se «La parrocchia che egli presiede si offre come luogo di incontro, di accoglienza e di superamento delle barriere culturali o razziali e religiose, cercando sempre l’unità con il vincolo dell’amore», il presbitero avrà bisogno dell’attitudine che il cinema, il teatro, la musica, ecc… hanno di abbattere ogni steccato e di fondarsi su valori positivi capaci di aggregare anche quando la spiritualità di ciascuno imbocca strade differenti. “Promotore dello sviluppo umano”: «ogni sacerdote dev’essere “esperto di umanità”, di solidarietà con l’uomo, centro della creazione che dev’essere salvato e redento; solidarietà che non equivale a condividere le sue ideologie spesso farneticanti e nemmeno i suoi comportamenti non evangelici, significa cercare l’uomo, cercare la sua persona. Deve portare il messaggio di salvezza al cuore di questo mondo complesso in cui vive». Cosa significa cercare l’uomo? Ogni sera quando le luci nella SdC si spengono e gli occhi del pubblico si aprono come d’incanto, il palcoscenico e lo schermo tentano di rispondere a questa domanda. Collaboratori del presbitero diventano allora anche oggetti “profani” come uno schermo e un palcoscenico? “Evangelizzatore con nuove espressioni e nuovi metodi”: «Il sacerdote dev’essere convinto che molti chiedono un nuovo stile di parrocchia molto più missionaria e dinamica. Con la collaborazione dei laici deve uscire a cercare coloro che non vengono, coloro che non hanno mai creduto o che sono venuti qualche volta ma si sono allontanati». Anche se in questo caso viene fin troppo facile pensare alla SdC per la sua capacità di stare sulla “soglia” della parrocchia e di non escludere nessuno, questa dimensione ricorda ai presbiteri non tanto, o quantomeno non solo, di dover tenere conto della SdC come strumento della loro missione pastorale, ma soprattutto come il loro futuro sia dentro i luoghi di confine ma con un profumo cristiano inconfondibile.