RADICCHIO ROSSO DI CHIOGGIA Cichorium intybus Linneus Famiglia: Asteraceae Descrizione Quando si parla di Cicoria generalmente si intende quella selvatica. Nel corso dei secoli sono state selezionate a partire da C. intibus silvestre la Cicoria verde e la Cicoria rossa indicata anche con il nome di Radicchio: dal latino radicula, diminutivo di radix-icis, radice. Nel genere Cichorium entrano 7 specie di perenni e biennali, diffuse in Europa e Asia temperata oltre che in Etiopia, le quali però vengono sempre coltivate come annuali. Radicchi e Cicorie sono parenti stretti delle varie indivia riccia e scarola, poiché anche queste derivano dalla cicoria selvatica pur appartenendo ad una specie ben distinta: Cichorium indivia. Cichorium intybus è una perenne ramosa, con fusti fioriferi robusti di alta statura (150 cm) e un rizoma robusto e fittonante. In autunno spunta una rosetta basale di foglie che dura tutto l’inverno per seccarsi con la fioritura. Le foglie sono arrotondato-lanceolate con margine variamente inciso. Le foglie del fusto sono invece disposte a spirale, gradatamente più piccole, sessili e amplessicaluli. La superficie fogliare estremamente tomentosa nella pianta selvatica, diviene glabra nelle forme coltivate. Nell’estate successiva all’accrescimento della pianta, all’ascella superiore delle foglie compaiono i fiori raggruppati in capolini con corolla prolungata a formare una lunga ligula: somigliano ad una margherita azzurra. Talvolta possono essere anche rosa o bianchi. La loro particolarità è che si chiudono con il forte sole pomeriggio per riaprirsi a quello più dolce della mattina, a meno che non si trovino protetti dall’ombra di qualche albero. Il frutto è un achenio che nella parte superiore presenta una coroncina di piccole squame. La cicoria selvatica da sempre consumata sia cotta che cruda, venne lentamente ingentilita e ora troviamo sul mercato innumerevoli sue varietà. In particolare alcune sono in grado di formare il cespo. In questo secondo caso ricade il Radicchio Rosso di Treviso dal quale derivano tutte le altre varietà di radicchio coltivate nel Veneto (Morganti, Nardo, 2004). “Attualmente, le produzioni venete tutelate dall'Indicazione geografica protetta comprendono il Radicchio rosso di Treviso, il Radicchio variegato di Castelfranco, il Radicchio rosso di Chioggia, il Radicchio rosso di Verona mentre sono classificate come Prodotti agro-alimentari tradizionali ai sensi dei D.lg. n. 173 del 30 aprile 1998 e n. 350 dell'8 settembre 1999 il Radicchio bianco Fior di Maserà, il Radicchio bianco o variegato di Lusia, e il Radicchio variegato bianco di Bassano, oltre alla Catalogna gigante di Chioggia”. (da: Biodiversità nel Veneto; “Il Radicchio rosso di Verona - Aspetti tecnici ed economici di produzione e conservazione, Veneto Agricoltura 2002). I principali gruppi sono: Radicchio rosso di Chioggia: venne selezionato nel ventennio 1930-1950 a partire dal Variegato di Castelfranco. Presenta un arrossamento più marcato. Risulta la varietà di radicchio più coltivata e consumata in Italia, nonostante il disciplinare I.G.P. preveda la sua coltivazione esclusivamente nei comuni di Chioggia, Cona e Cavarzere (VE). Radicchio variegato di Castelfranco: probabilmente originato dall'ibridazione tra il Rosso di Treviso e Cichorium indivia ovvero la scarola a foglie di lattuga. Infatti la sua lamina somiglia a questa insalata: è larga, rotondeggiante, con margine sfrangiato, dalle striature giallo, verde, rosso e bianco. In autunno, compaiono delle macchie rosso-viola. Nel complesso, la colorazione di questa pianta assume tonalità armonicamente sfumate, che le hanno valso il soprannome di "insalata orchidea". Si tratta di un ibrido interspecifico studiato alla fine dell’800. La pratica dell’imbianchimento è obbligatoria seppure diversa rispetto a quella tradizionale. Grazie a questa forzatura si determina un accrescimento delle foglie centrali, che rimangono aperte, senza formare un grumolo. Bisogna prestare molta cura nella manipolazione dell’ortaggio poiché le foglie risultano particolarmente fragili. Il cespo può raggiungere i 15 centimetri di diametro mentre la radice ha uno sviluppo ridotto. È considerato il radicchio migliore per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche. Le aree di produzione si sovrappongono con una espansione del Variegato nella zona di Mira (VE). Il Radicchio Rosso di Treviso ha due varianti: il A cura di Patrizia Pedron “Radicchio rosso di Treviso precoce” ed il “Radicchio rosso di Treviso tardivo” che ha lo stesso marchio IGP del “Variegato di Castelfranco Veneto”. Radicchio rosso di Verona: è stato selezionato verso la fine del 1950 dal Radicchio rosso di Treviso. È coltivato in molti comuni della provincia scaligera e in alcune zone limitrofe del Vicentino e del Padovano. Radicchio variegato di Maserà (“Fior di Maserà” a Padova) e il Radicchio variegato di Lusia (RO). Entrambi discendenti dal Variegato di Castelfranco, presentano difficoltà alla produzione: ciò comporta la riduzione degli areali di coltivazione e quindi la scomparsa di queste due selezioni, nel prossimo futuro. Ecologia La forma spontanea si trova nei luoghi erbosi dal mare e fino alla regione montana, specialmente nei prati e nei campi. Nella nostra Regione il radicchio è stato selezionato in base al clima e al substrato delle varie zone di coltivazione. Il Radicchio Variegato di Castelfranco necessita di terreni mediamente sciolti, profondi e senza ristagni idrici; estati non eccessivamente calde, precipitazioni abbastanza regolari, autunni soleggiati e asciutti. La semina viene effettuata in semenzaio e successivamente si procede al trapiantato in campo. La coltivazione si effettua da marzo a dicembre. L'area all’interno della quale si possono coltivare il Radicchio di Treviso e il Variegato di Castelfranco IGP, si estende nella parte sud-ovest della provincia di Treviso fino nei territori di Padova e Venezia. Nel trevigiano la presenza del fiume Sile è elemento chiave del processo di imbianchimento del radicchio tardivo che viene immerso nelle sue acque di falda. Aspetti interessanti ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ Cichorium intybus è nota per essere da sempre un surrogato del caffè: le radici delle giovani piante arrostite conferiscono alla bevanda un leggero sapore di caramello mentre i rizomi di piante con più di due anni lo rendono decisamente più amaro. Questo impiego venne introdotto a scopo terapeutico dal medico padovano Prospero Alpini nel 1600 circa e recuperato più tardi quando Napoleone impose il blocco continentale alla canna da zucchero e caffè. Radici e foglie contengono "cicorina" ed altri principi amari che la rendono molto pregevole ed importante come tonico, digestivo, lassativo e depurativo poiché stimolante le funzioni dell’intestino e del fegato con conseguente effetto depurativo che si riflette anche sull’aspetto della pelle. In uso esterno il loro succo ha potere emolliente e rinfrescante. È anche ricca di nitrato di potassio il quale notoriamente favorisce l’attività renale con conseguente liberazione del sangue da tutte le impurità in esso contenute. In particolare il radicchio rosso è depurativo, diuretico e lassativo. Ottimo regolatore intestinale e delle funzioni epatiche, specie a seguito cottura. È costituito per il 94% di acqua; riferendoci a 100 g di prodotto esso contiene: Proteine (1,4 g); Glucidi (1,06 g); Calcio (36 mg); Fosforo (30 mg); Ferro (0,3 mg); e vitamine A e C. ¾ Sembra che nutrirsi prolungatamente di questa insalata amarognola sorprendentemente serva a rassodare il seno, tonificandone la muscolatura. ¾ Per il caratteristico sapore gradevolmente amarognolo e per la delicatezza del gusto si presenta ottimamente a infinite preparazione gastronomiche e come decorazione su tutti i piatti. Curiosità Si ritiene che Dosson, paese poco lontano da Treviso, sia il luogo d'origine del radicchio. Di storie sulla sua genesi se ne raccontano moltissime. Una di queste narra come alcuni uccelli portarono, quasi un dono divino, i semi della cicoria sul campanile del paese. I frati si accorsero per puro caso di questa pianta che fece poi la fortuna e la salute di molti. Le leggende popolari, dicono invece che l’autunno ebbe compassione del colorito spento dell’inverno e volle regalargli qualcosa che lo animasse. L’unica pianta che poteva resistere al freddo pungente era proprio il radicchio. In realtà sembra che abbia maggior attendibilità la storia di un agricoltore che portò a casa d’inverno dei radicchi selvatici e li dimenticò in un angolo. Passò un povero a chiedere la carità ed egli gli permise di portar con se quei radicchi. Tolte le foglie esterne, che si presentavano appassite, probabilmente ci sarebbe stato ancora del buono. Ed infatti tra le mani, quel povero, si trovò il “fiore d’inverno” ovvero un bel radicchio appetitoso, color rosso granata. In particolare per il Radicchio Variegato di Castelfranco si narra che molti anni fa una nobile trevigiana, partecipando alla prima di una rappresentazione al Teatro della Scala di Milano, abbia voluto arricchire il suo vestito con il cuore di un radicchio di Castelfranco. Quella sera tutti le fecero i complimenti per lo splendido fiore esotico che adornava il suo abito! Il radicchio rosso come lo conosciamo deve la sua importanza Giuseppe Benzi, che si trasferì nel 1876 a Treviso dalla Lombardia, per fare l’insegnante. In seguito divenne responsabile dell'Associazione Agraria Trevigiana, e nel dicembre del 1900, inaugurò la prima mostra dedicata alla "rossa cicoria". Foto: ricavate dai siti indicati Per Approfondimenti: http://www2.regione.veneto.it http://www.doveandare.tv www.biodiversitàveneto.it www.agricoltura.provincia.venezia.it www.vicenzanews.it A cura di Patrizia Pedron