Fibromi nemici dell’utero Non si conosce esattamente la causa che li provoca, ma si possono curare con successo in molti modi. I fibromi sono lesioni tumorali benigne dovute all’esagerato sviluppo di cellule muscolari lisce. Tali formazioni possono avere una duplice componente: muscolare e fibrosa. Se predomina la componente fibrosa si chiamano fibromi, se prevale quella muscolare miomi e se non c’è differenza fibromiomi. *Generalmente i fibromi si formano nell’utero, ma possono interessare anche l’ovaio, la vagina e la vulva. Solo raramente si trasformano in tumori maligni (0,1% dei casi) e, in genere, questo accade quando le dimensioni aumentano velocemente. In ogni caso, per quanto benigni, possono compromettere la qualità di vita della donna (emorragie, dolori e infertilità), per questo è importante conoscerli meglio. Una questione di ormoni? Non si conosce con certezza l’origine del fibroma, anche se sono sicuramente implicati gli ormoni estrogeni che stimolano la moltiplicazione delle cellule del fibroma stesso. *Non a caso, durante la gravidanza, quando il livello d’estrogeni è elevato, un eventuale fibroma cresce, mentre dopo la menopausa, quando viene meno proprio la produzione dei questi ormoni, la formazione può addirittura ridursi fino a scomparire del tutto. Piccole formazioni rotondeggianti In genere, i fibromi hanno una forma rotondeggiante e spesso sono peduncolati, vale a dire collegati alla superficie uterina con una sorta di cordoncino, da cui si diparte, poi, la vera e propria formazione. Le dimensioni vanno da pochi millimetri a decine di centimetri di diametro. Possono essere singoli o multipli. *Secondo i dati della Società Lombarda di Ostetricia e Ginecologia, i fibromi uterini interessano il 5% della popolazione femminile, raggiungendo il 20% nelle donne fra i 40 e i 50 anni. Dove compaiono Il 97% dei fibromi si forma nel corpo dell’utero, mentre il restante 3% nel collo dell’utero (cervice). *La sede in cui compaiono è importante perché determina la possibilità di compromettere per es. la fertilità (un fibroma che blocca lo sbocco delle tube di Falloppio nell’utero interferisce con la fecondazione, impedendo una gravidanza) e perché, proprio in base alla sede di sviluppo è indicato un diverso tipo di trattamento. Sono di tre tipi Possiamo, quindi, distinguere i fibromi in tre categorie secondo la loro localizzazione: 1.sottosierosi, quando tendono a crescersi prevalentemente verso l’esterno dell’utero, sotto il peritoneo che lo riveste. Costituiscono il 20% dei fibromi. 2.sottomucosi, quando sporgono prevalentemente verso l’interno della cavità dell’utero. Raggiungono il 10% dei fibromi. 3.intramurali, quando si sviluppano esclusivamente nello spessore della parete muscolare uterina, comportando modificazioni di forma e di volume dell’utero. Accade nel 70% dei fibromi. Quali disturbi? Nel 50% dei casi i fibromi non causano alcun problema e, quindi, possono non possono essere curati perché non si ha segno della loro presenza. Nell’altro 50% dei casi, però, provocano diversi sintomi. Sanguinamento Nel 30% dei casi i fibromi provocano un flusso mestruale abbondante e prolungato (menometroraggia) e spesso la donna può arrivare all’anemia. Questo è particolarmente evidente nei voluminosi fibromi sottomucosi, che contribuiscono ad aumentare il volume dell’utero e lo spessore dell’endometrio. Dolore Quelli più grossi, soprattutto intramurali e sottosierisi, possono provocare dolore comprimendo gli organi vicini. Inoltre possono determinare altri disturbi: se un fibroma preme sulla vescica aumenta la frequenza della minzione (pollachiuria) mentre, se preme sull’ultimo tratto intestinale (il retto) provoca una difficoltà alla defecazione. Problemi di fertilità Poiché l’utero è la sede dello sviluppo del feto, chiaramente un fibroma può mettere a rischio sia il concepimento, sia la gravidanza stessa. *Se il fibroma si trova all’imbocco delle tube di Falloppio impedisce, di fatto, allo spermatozoo di raggiungere la cellula uovo e di fecondarla. * Se il fibroma è, invece, localizzato nella cavità uterina può stimolare le contrazioni muscolari uterine favorendo, quindi, un aborto spontaneo, o meno frequentemente, un parto pretermine. Come si scoprono Per scoprire la presenza di un fibroma la visita ginecologica è sufficiente solo se la lesione tumorale raggiunge i 5-6 cm e se la donna è abbastanza magra. *In alternativa occorre ricorrere ad alcuni esami strumentali: Æl’ecografia addominale e transvaginale: si utilizzano sonde ad ultrasuoni, appoggiate sull’addome o inserite in vagina, che permettono uno studio accurato della struttura dell’apparato genitale interno (utero ed ovaie); Æla sonoisterografia: ecografia pelvica transvaginale associata all’introduzione, con un sottile catetere per via vaginale, di 20 cc di soluzione fisiologica all’interno dell’utero. Il fluido raggiunge la cavità uterina, ne separa le pareti permettendone un’accurata valutazione; Æl’isteroscopia diagnostica: esame invasivo che, attraverso un tubo sottile con fibre ottiche, inserito nell’utero attraverso la vagina, permette di vedere e registrare su un monitor l’interno della cavità uterina. Le soluzioni possibili Se i fibromi causano disturbi, generalmente, è meglio toglierli, ma è anche possibile tenerli controllati con una cura a base di farmaci. *Se la donna è giovane e i fibromi sono pochi, tuttavia, si procede all’asportazione degli stessi, altrimenti si rimuove completamente l’utero (isterectomia). *Inoltre, per l’asportazione dei fibromi esistono diverse tecniche, la scelta dipende dalla localizzazione, dalle dimensioni e dal numero delle formazioni tumorali. *Nel 10-30% dei casi la comparsa di nuovi fibromi dopo l’intervento (recidive) è legata alla presenza di fibromi troppo piccoli (nell’ordine dei millimetri) non evidenziabili né all’ecografia né al tatto. I farmaci Per agire contro i fibromi si può ricorrere a farmaci: Æ progestinici, che riducono lo spessore dell’endometrio e limitano il sanguinamento uterino, Æ analoghi del Gn-Rh, che bloccano, di fatto, le mestruazioni creando, nella donna, una situazione ormonale paragonabile a quella della menopausa. Questi farmaci riescono a ridurre di volume il fibroma (fino al 30%) e sono utilizzati in vista di un intervento o nell’attesa della menopausa, Vanno presi al massimo per 3-6 mesi. L’isteroscopia Questo intervento è indicato per l’asportazione di fibromi sottomucosi di 4-5 cm. L’operazione è controindicata se c’è un’infiammazione pelvica in atto. Come si svolge L’intervento è svolto in regime di day-hospital, in anestesia locale o generale, inserendo attraverso la vagina, nell’utero, l’isteroscopio (esattamente come per l’isteroscopia diagnostica) e, con esso, strumenti miniaturizzati per asportare il fibroma. Dura circa 15-30 minuti. *Eventualmente occorre preparare l’utero con l’assunzione degli analoghi del Gn-Rh. La convalescenza Con questo intervento non rimangono cicatrici, né esterne né interne, e sono sufficienti 1-2 giorni di degenza accompagnati da una convalescenza breve e da una rapida ripresa delle normali attività. E’ anche vero, però, che spesso occorre intervenire una seconda volta per asportare eventuali residui del fibroma. La laparoscopia La laparoscopia è consigliata per l’asportazione di fibromi sottosierosi del diametro di 5 cm (massimo 8 cm) e che non siano di numero superiore a 2-3. L’intervento non è sempre indicato nelle donne già sottoposte a precedenti interventi chirurgici addominali. Come si svolge L’intervento si svolge, in anestesia generale, introducendo nell’addome, attraverso 3 piccole incisioni, il laparoscopio, un tubo dotato di fibre ottiche che permette di vedere la cavità addominale, e gli strumenti chirurgici miniaturizzati, manovrabili dall’esterno, per asportare la lesione. Dura circa un paio d’ore. La convalescenza La laparoscopia è meno traumatica e le cicatrici chirurgiche sono ridotte. Pertanto comporta minor dolore post-operatorio, minor tempo di guarigione (con buoni risultati anche estetici), con minor degenza (1-2 giorni) rispetto alla laparotomia (vedi oltre). E’ anche vero che questo intervento non permette di “vedere” e quindi di eliminare i fibromi più piccoli, aprendo la strada a recidive. La laparotomia Si ricorre alla laparotomia in presenza di tanti e voluminosi fibromi, in particolare se sono intramurali. Come si svolge Questa tecnica prevede l’apertura della parete addominale con un’incisione della pelle trasversalmente o longitudinalmente in base alle dimensioni dei fibromi. Si individuano le formazioni e si asportano. Quindi, si ricostruisce l’utero e poi si sutura la parete addominale. L’intervento eseguito in anestesia generale dura mediamente un paio d’ore, ma varia in base al numero e alle dimensioni dei fibromi. La convalescenza Il ricovero ospedaliero dura circa 4-5 giorni e già dopo 3-4 settimane si riprendono le normali attività quotidiane. Possibili rischi postoperatori sono infezioni ed emorragie, comunque rari, così come i traumi alla vescica. Più frequente è la comparsa di dolori pelvici dovuti alla formazione d’aderenze. L’embolizzazione arteriosa L’embolizzazione dei fibromi è un’alternativa all’isterectomia per quelle donne che vogliono conservare l’utero, sia perché, essendo ancora giovani, non vogliono precludersi la possibilità di una gravidanza, sia perché non vogliono perdere quella che considerano parte della loro identità di donna. E’ indicata anche in caso di recidive e quando la donna presenta fattori di rischio per le altre tecniche chirurgiche. *Non è indicata nei fibromi peduncolati e in quelli particolarmente voluminosi (15 cm). Si tratta, comunque, di un intervento praticato in pochi centri specialistici e non ancora d’utilizzo routinario (spesso non è mutuabile e il costo medio si aggira sui 5000-6000 Euro) Come si svolge L’intervento prevede l’inserimento di un microcatetere nella vena femorale fino ad arrivare all’arteria uterina. Quindi si iniettano microparticelle che occludono il vaso che nutre il fibroma. in pratica si interrompe il flusso di sangue che nutre il fibroma. L’intervento, eseguito in anestesia, locale dura 30-60 minuti. Il postoperatorio Dopo l’intervento può comparire un certo dolore pelvico: in caso di fibromi di 6-8 cm il dolore compare subito e persiste 12-18 ore, in caso di fibromi di 10-12 cm, può manifestarsi dopo 4-5 giorni. La degenza ospedaliera dura un paio di giorni. *In genere, l’efficacia sull’emorragia uterina è immediata, mentre la riduzione volumetrica del fibroma si evidenzia dopo 4-6 mesi. Secondo alcuni studi questo intervento non compromette una futura gravidanza. A volte serve l’isterectomia Se la donna ha concluso il proprio periodo di vita riproduttivo, presenta sintomi particolarmente seri, e i fibromi sono in grande quantità, voluminosi e recidivanti (si sono sviluppati anche in seguito a una precedente asportazione), si può ricorrere all’asportazione dell’utero, a patto, però, che la donna stessa non tenga fortemente al mantenimento dello stesso. Quando si formano altrove Per quanto siano rari, vale la pena fare un accenno a quei fibromi che interessano altri organi dell’apparato genitale femminile. *I fibromi della vulva e della vagina sono generalmente asintomatici, possono provocare dolore se raggiungono i 5-6 cm, perciò vanno asportati chirurgicamente. Si tratta, comunque, di lesioni benigne. *I fibromi all’ovaio, invece, sono estremamente rari. IN PRATICA Non esistono metodi di prevenzione Non è possibile agire preventivamente per evitare la comparsa di fibromi. Però, visto anche il ruolo che possono giocare nella fertilità, è fondamentale sottoporsi a controlli ginecologici periodici (almeno annuali). da ricordare Con controlli periodici dal ginecologo si può individuare facilmente la presenza di fibromi DIZIONARIO Endometrio: tessuto mucoso che riveste internamente la cavità dell’utero Estrogeni: ormoni sessuali femminili prodotti dall’ovaio Ovaio: ghiandola genitale femminile che produce le cellule uovo e gli ormoni sessuali femminili Peritoneo: membrana sierosa che riveste le pareti interne dell’addome e avvolge quasi tutti gli organi addominali Tuba di Falloppio: canale che collega le ovaie all’utero, è la sede in cui avviene la fecondazione Vulva: insieme degli organi genitali femminili esterni Articolo redatto dal Dr. Claudio Paganotti, specialista in Ostetricia e Ginecologia,, Dirigente Medico dell’Istituto Clinico S. Anna di Brescia - publicato in collaborazione con Valeria Ghitti su Viversani & belli, numero 51 del 17 dicembre 2004.