D OTTORATO DI R ICERCA IN
N EUROSCIENZE C LINICO -S PERIMENTALI
P SICHIATRIA
E
V ALUTAZIONE DEI F ENOMENI
N EURODEGENERATIVI C EREBRALI NELLA
M ALATTIA DI A LZHEIMER
ATTRAVERSO M ETODICHE C OMBINATE DI
R ISONANZA M AGNETICA N ON
C ONVENZIONALE
R ELATORE
D OTTORANDO
CHIAR.MO
PROF. FRANCO GIUBILEI
D O TT . G I U S E P P E B O M B OI
M AT R . N . 936783
A NNO A CCADEMICO 2011 - 2012
A Letizia
e alla mia famiglia
La vita non è quella che si è vissuta,
ma quella che si ricorda
e come la si ricorda per raccontarla.
Gabriel García Márquez
L'uomo di scienza non è nient'altro che un misero filosofo.
Albert Einstein
Il ricordo è poesia, e la poesia non è se non ricordo.
Giovanni Pascoli
… Come la cosmologia si chiede quale sia la struttura dell'universo, le neuroscienze cognitive si domandano
quale sia la struttura della mente.
Eric Kandel
Che cosa fanno i bambini tutto il giorno? Fabbricano ricordi.
Dino Risi
Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita.
Rita Levi Montalcini
“Alcuni esseri umani credono che l’ani ma viva dopo la morte del corpo;
altri credono, invece, che muoia con esso...
Altri ancora pensano che, in alcuni casi, l’anima muoia pri ma del corpo:
e questo chiamano demenza”.
Jay
Ringraziamenti
Questo studio rappresenta un ulteriore gradino di quella scala che ho iniziato a
salire nel 2001 quando, poco più che ventenne, ho deciso di occuparmi degli uomini
“senza memoria”, cioè dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer e da altre forme
di demenza.
E, dopo avergli dedicato la quasi totalità delle mie ricerche e tutte le mie tesi
universitarie, dedico loro anche questo lavoro come uomo e come medico. Già,
perché questo studio vorrebbe essere un altro piccolo “pezzo di luce” nelle tenebre
che avvolgono le circonvoluzioni cerebrali di chi è affetto da un processo
neurodegenerativo.
In questa ricerca ci sono momenti trascorsi a Roma dentro un vecchio
policlinico e momenti passati dentro uno stretto e più moderno ospedale, momenti
trascorsi ad ovest, dalla parte americana dell’oceano, momenti spesi ad est, dentro un
laboratorio ungherese e, infine, momenti passati in reparti ed ambulatori della
regione Lazio e nella mia casa. E nei miei sogni.
Questo studio è la sintesi della mia esperienza clinica e della mia ricerca
scientifica, tratti che hanno profondamente segnato la mia esistenza dai vent’anni al
“mezzo del cammin di nostra vita”: nell’arco di questo tempo spero di essere
“cresciuto”, di aver sempre prestato fede al Giuramento d’Ippocrate, di aver meritato
il recente titolo di Neurologo e di meritare adesso il titolo di Dottore di Ricerca in
Neuroscienze.
Questo lavoro è stato realizzato grazie a persone che soffrono e che non
smetterò mai di ringraziare.
Un grazie particolare va al Prof. Franco Giubilei perché mi ha accompagnato
nel corso di tutti questi anni.
Ringrazio sentitamente il Prof. Francesco Orzi soprattutto perché, due anni
circa or sono, mi consigliò di partecipare al Department to Department Programme
realizzato dalle European Federation of Neurological Societies. Mi sono così
ritrovato alla "corte" del Professor László Vécsei, nella Neurológiai Klinika
dell’Albert Szent-Györgyi Medical and Pharmaceutical Center Faculty of General
Medicine della University of Szeged, dove, grazie alla collaborazione con il Dr.
Zsigmond Tamás Kincses e con i ragazzi della Sezione di Neuroimmagini,
soprattutto quella della Dr. Nikoletta Szabó, ho appreso metodiche fondamentali per
analizzare immagini di Risonanza Magnetica.
Questa esperienza, sommata a quella maturata, durante un periodo del mio
percorso di specializzazione in Neurologia, presso i National Institutes of Health di
Bethesda, negli Stati Uniti d’America, nel gruppo del Dr. Henry McFarland, mi ha
permesso di conoscere varie interessanti metodiche di analisi di neuroimmagini
cerebrali.
Tutto questo ha portato alla realizzazione del protocollo base di questo
progetto, già premiato nel 2010 dal Prof. Cesare Fieschi con il Premio Aleth Barbot
Patrassi per le Neuroscienze.
Ringrazio, quindi, più di tutti la Dott.ssa Elisabetta Giugni, il Prof. Stefano
Bastianello, il Dott. Giacomo Luccichenti e il Dott. Stefano Galletti della Fondazione
Biomedica Europea, la Dott.ssa Francesca Romana Pezzella dell’Azienda
Ospedaliera San Camillo Forlanini, la Dott.ssa Rita Vadalà dell’IRCCS Fondazione
Santa Lucia e la Dott.ssa Orietta Picconi di Opera S.r.l. Genova per aver attivamente
collaborato con me alla realizzazione di questo lavoro.
Ringrazio anche i colleghi del “Centro Demenze” dell’Ospedale Sant’Andrea,
con cui ha trascorso costruttivi momenti di lavoro e sono molto riconoscente al Prof.
Cesare Fieschi che, nel 2001, mi ha accolto nel Dipartimento di Scienze
Neurologiche.
Sono poi immensamente grato alle strutture del San Raffaele Pisana di Roma,
dell’Istituto Santo Volto e dell'Unità Operativa di Geriatria e Medicina di
Montefiascone (AUSL Viterbo) presso cui ho lavorato nel corso di questi ultimi anni
e dell’Ars Medica di Santa Marinella e della Unità Operativa di Medicina Generale
di Tarquinia (AUSL Viterbo) presso cui lavoro attualmente poiché mi hanno
permesso di mantenermi economicamente durante questo percorso di Dottorato di
Ricerca senza borsa. E voglio ringraziare tutto il personale di tutte queste strutture.
Un grazie particolare va a tutti i miei grandi amici, soprattutto a Marco,
Stefano, Daniele, Beto, Francesco, Diego, Antonella e Alina perché mi sono sempre
rimasti vicini anche quando la distanza sembrava un problema e i capelli iniziavano a
cadere o a farsi bianchi.
Sono molto riconoscente alla mia famiglia che mi ha insegnato a non mollare
mai e a non perdere mai la speranza.
Infine, un immenso ringraziamento è per Letizia con cui ho condiviso tutte le
difficoltà e tutti i successi di questi anni perché mi ha supportato e sopportato con la
sua tenacia, la sua comprensione ed il suo amore.
INDICE
INTRODUZIONE ................................................................................... 1
VALUTAZIONE NEUROANATOMICA E
NEUROMETABOLICA DEI DISTURBI COGNITIVI..................... 3
I disturbi cognitivi.................................................................................................. 3
I marcatori anatomici e metabolici nelle neuroscienze cognitive ...................... 7
LA MALATTIA DI ALZHEIMER ....................................................... 9
Epidemiologia ....................................................................................................... 11
Ipotesi eziopatogenetiche ..................................................................................... 15
Problematiche diagnostiche e terapeutiche ....................................................... 21
LA RISONANZA MAGNETICA NON CONVENZIONALE ......... 25
Le tecniche di RM non convenzionale utilizzate in questo studio ................... 30
Analisi postprocessamento di immagini di RM in diffusione ........................... 30
Analisi postprocessamento di immagini di RM strutturale ............................... 49
Analisi postprocessamento di immagini di spettroscopia in RM ...................... 60
IL NOSTRO STUDIO .......................................................................... 66
Disegno dello studio ............................................................................................. 66
Popolazione ........................................................................................................... 67
Metodi ................................................................................................................... 69
Visita neurologica .............................................................................................. 70
Valutazione Neuropsicologica ........................................................................... 71
Risonanza Magnetica ......................................................................................... 72
Analisi statistica ................................................................................................. 79
Risultati ................................................................................................................. 81
Discussione............................................................................................................ 86
BIBLIOGRAFIA ................................................................................XCI
Introduzione
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni, in conseguenza dell'aumento dell'aspettativa di vita media,
particolarmente in Italia, si sta assistendo ad una crescita esponenziale di tutte le
patologie croniche e correlate all’età. Tra queste patologie, le demenze stanno
acquisendo, sempre di più, un ruolo di primo piano. La Malattia di Alzheimer (MA),
in particolare, rappresentando la causa più comune di demenza, è diventata un vero e
proprio problema di sanità pubblica con risvolti socio-economici dall’impatto
devastante.
Nonostante le recenti scoperte sui meccanismi fisiopatogenetici, la diagnosi
di MA resta un problema di notevole rilevanza pratica: attualmente, infatti, le
metodiche diagnostiche a disposizione non permettono di arrivare ad una diagnosi di
certezza, con conseguenti ed inevitabili problemi di scelta terapeutica per il
neurologo.
Il ruolo delle neuroimmagini è stato, fino ad oggi, principalmente rivolto ad
escludere altre patologie che, clinicamente, entrano nella diagnosi differenziale con
la MA.
Infatti, le tecniche di Risonanza Magnetica (RM) convenzionale non
permettono di distinguere, in base ai soli dati morfologici, le differenti malattie
neurodegenerative primitive, se non in rari casi, e non forniscono informazioni
quantitative sui processi degenerativi.
1
Introduzione
Lo scopo del presente studio è stato quello di individuare tecniche valide ed
efficaci per la quantificazione della degenerazione neuronale mediante metodiche
non convenzionali di RM e attraverso aggregati di valori derivati da queste stesse
metodiche
per
permettere
di
ottenere
indici
maggiormente
sensibili
nell’individuazione della degenerazione precoce con importanti risvolti terapeutici.
2
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
VALUTAZIONE NEUROANATOMICA
E NEUROMETABOLICA DEI
DISTURBI COGNITIVI
I disturbi cognitivi
“Se il cervello umano fosse così semplice da permetterci di sondarlo, allora
saremmo noi gli stupidi a non capirci nulla lo stesso.”
In questa frase dello scrittore e filosofo contemporaneo Jostein Gaarder1 viene
espressa con un paradosso la complessità della cognizione umana.
Il termine “cognizione” (dal greco  e dal latino cognoscere,
“conoscere”, “sapere”) è utilizzato in diverse accezioni da differenti discipline ed è,
generalmente, accettato con riferimento al pensiero ed al modo con cui si raggiunge
la consapevolezza. Nelle neuroscienze, il vocabolo viene usato per riferirsi alla
capacità, caratteristica degli organismi viventi avanzati e, in particolare dell’uomo, di
possedere processi mentali coinvolti nella conoscenza e nella comprensione. Tali
processi o funzioni cognitive includono il pensiero astratto, il sapere, il linguaggio, la
memoria, il giudizio e la capacità di risolvere i problemi.
3
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
"Come dalla materia inanimata si è pervenuti alla materia organica e da questa
alla formazione di quello stupendo congegno che è il cervello dell'Homo sapiens?"
Questa è la domanda posta da Rita Levi Montalcini in una sua opera recente e a
cui le neuroscienze stanno cercando da anni di dare risposte in senso
evoluzionistico2.
Eric Kandel considera la mente umana la sfida della biologia del terzo
millennio sostenendo che "come la cosmologia si chiede quale sia la struttura
dell'universo, le neuroscienze cognitive si domandano quale sia la struttura della
mente3."
Nel corso dei secoli, è stato dimostrato, sempre in maniera più evidente che i
fenomeni fisici che sono alla base dei processi cognitivi sono sostenuti da reti neurali
localizzate all’interno del sistema nervoso.
In molti casi, dal punto di vista anatomico, è stato possibile localizzare in
determinate aree cerebrali alcuni domini cognitivi responsabili di funzioni
neuropsicologiche.
Attualmente lo sviluppo della tecnologia ha radicalmente modificato il modo di
analizzare la mente umana.
Così, per poter indagare il cervello umano "si è passati dal tavolo anatomico
allo schermo del computer", con risvolti pratici sempre più importanti in ambito
scientifico e clinico.
4
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
In un articolo di fondamentale valore scientifico, pubblicato sulla rivista Brain,
nel 1998, Mesulam, ipotizza l’organizzazione delle reti neurali responsabili dei
processi cognitivi4 (Fig. 1).
Fig. 1. Rappresentazione generale di una larga scala di reti. Le linee senza punte di freccia rappresentano connessioni
reciproche. Le connessioni corticali allo striato non sono reciproche. Le linee tratteggiate illustrano le proiezioni talamiche. Le
aree A e B rappresentano due epicentri della rete A, B. Le aree 1AB, 2AB e 3AB rappresentano tre componenti crticali additive
della rete. AB, XA e BY rappresentano I nuclei subtalamici.
Immagine comparsa su Annals of Neurology (Mesulam, 1990).
Tuttavia, i sistemi cognitivi sono suscettibili di alterazione.
Con la dizione di “disturbo cognitivo” ci si riferisce a quella condizione
patologica in cui un individuo presenta disturbi o deficit in una delle funzioni
neuropsicologiche, come la memoria, il linguaggio o altre funzioni, tali da poter
essere osservati da altri individui o da poter essere messi in evidenza con test mirati.
I disturbi cognitivi possono essere congeniti cioè presenti alla nascita o
acquisiti: in questo ultimo caso, oggetto di questa tesi, il soggetto va incontro alla
perdita o all’alterazione di una funzione cognitiva che possedeva in precedenza.
5
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
Quando i disturbi cognitivi acquisiti interessano più funzioni e divengono tali
da interferire con le attività della vita quotidiana, si utilizza, per descriverli, il
termine "demenza".
Pertanto, con il termine demenza, si intende un disturbo mentale, acquisito,
caratterizzato dalla perdita di funzioni che il soggetto possedeva nel passato.
Temporanee alterazioni delle funzioni cognitive possono essere comunemente
individuate in alcuni stati dismetabolici o in alcune patologie psichiatriche come
l’ansia o la depressione.
In alcuni casi queste alterazioni possono essere così rilevanti da configurare un
quadro che viene definito di “pseudo-demenza”.
In altre patologie, invece, una volta instauratosi, il danno cognitivo diviene
irreversibile, configurando un quadro di demenza che, in determinati casi, tende a
progredire.
La presenza dei disturbi cognitivi nelle malattie neurologiche è molto elevata:
disturbi cognitivi possono, infatti, essere individuati in tutte le malattie che possono
colpire l’encefalo. Patologie neurologiche ritenute fino a poco tempo fa “fisiche”,
cioè responsabili di danno nelle funzioni motorie o sensitive, come la Sclerosi
Multipla (SM), la Sclerosi
Laterale Amiotrofica (SLA) e le patologie
cerebrovascolari, possono essere associate ad alterazioni cognitive.
Solo nelle demenze degenerative, tuttavia, si assiste ad un’alterazione di queste
funzioni in maniera primitiva e primaria. La valutazione del loro correlato
anatomico-strutturale e metabolico sarà l’oggetto principale di questa tesi.
6
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
I marcatori anatomici e metabolici nelle
neuroscienze cognitive
La descrizione del caso di Tan da parte di Pierre Paul Broca, nel 18615, può
essere considerata una delle prime dimostrazioni scientifiche del fatto che le funzioni
cognitive possiedano un correlato neuroanatomico.
È negli ultimi anni, tuttavia, che l’avvento delle neuroimmagini ha permesso la
visualizzazione in vivo del substrato anatomico che si ritiene responsabile dei
processi cognitivi.
Il supporto di strumenti diagnostici sempre più evoluti fornisce attualmente
informazioni sia funzionali che anatomiche sul sistema nervoso.
In particolare, l’invenzione della Risonanza Magnetica Nucleare6
7
e la sua
applicazione in vivo8 ha rappresentato una svolta nello studio delle malattie
neurologiche, soprattutto grazie alla possibilità di utilizzare quelle che vengono
definite metodiche non convenzionali, come il tensore di diffusione, il magnetization
transfer ratio, la spettroscopia in RM o l’acquisizione di sequenze strutturali
tridimensionali9.
Personalmente ho avuto l’opportunità di apprendere alcune di queste
metodiche di analisi post-processamento di immagini, durante la mia esperienza di
"Specializzazione in Neurologia all'estero" presso il National Institute of
7
Valutazione neuroanatomica e neurometabolica dei disturbi cognitivi
Neurological Disorders and Stroke (NINDS) dei National Institutes of Health (NIH)
di Bethesda, in Maryland, negli Stati Uniti d’America nel 2007. Durante quel periodo
ho preso parte ad un grande progetto, condotto dal Dr. McFarland e dalla Dr.
Bagnato, volto ad esplorare il ruolo che le alterazioni cerebrali macroscopiche e
microscopiche causate dalla SM hanno nella genesi dei disturbi cognitivi10.
Successivamente ho avuto occasione di apprendere altre metodiche durante la
mia esperienza di "Dottorato di Ricerca in Neuroscienze all'estero" presso la
University of Szeged in Ungheria nel 2010. Infatti, ho collaborato ad un progetto
volto ad indagare le alterazioni microstrutturali che avvengono nei pazienti affetti da
emicrania11.
L’applicazione
delle
metodiche
di
analisi
post-processamento
delle
neuroimmagini ai pazienti affetti da MA ed il successivo confronto con la
performance cognitiva degli stessi pazienti, obiettivo di questo studio, potrebbe
fornire importanti informazioni in ambito clinico e biologico e aprire nuove porte in
ambito diagnostico.
8
La Malattia di Alzheimer
LA MALATTIA DI ALZHEIMER
Nel 1906, a Tübingen, in Germania, il Dott. Alois Alzheimer (Fig. 2) di
Monaco descrisse il caso di Auguste D.12 (Fig.3). Si tratta
della prima descrizione scientifica di un caso di demenza
degenerativa.
Oggi la MA rappresenta la più comune forma di
demenza e una delle principali cause di morte e disabilità
Fig. 2. Alois Alzheimer.
della nostra era. Si tratta di un quadro drammatico, non
solo sotto il punto di vista personale dell’individuo affetto, ma anche sotto il punto di
vista socio-affettivo, perché interessa da vicino anche le
persone che vivono e conoscono la persona malata. Nel
corso della patologia si assiste, infatti, alla progressiva
perdita
dei
ricordi
e,
quindi,
dell’essenza
stessa
dell’identità, accompagnata da deficit del pensiero astratto,
delle capacità di giudizio critico, delle funzioni corticali
Fig. 3. Auguste D., il primo
caso descritto di "demenza
degenerativa".
superiori
(fasie,
modificazioni
prassie,
della
gnosie)
personalità,
e,
in
spesso,
da
assenza
di
compromissione dello stato di coscienza.
A causa dell'aumento dell'aspettativa di vita media, negli ultimi decenni si sta
assistendo ad una crescita esponenziale di tutte le patologie croniche età correlate,
9
La Malattia di Alzheimer
prime fra tutte le demenze. L'interesse scientifico rivolto a queste patologie ha
portato al rapido sviluppo di tecniche di biologia molecolare volte all'identificazione
dei processi patogenetici che le sottendono e alla realizzazione di nuove strategie
terapeutiche.
A fronte di questi progressi scientifici, la diagnosi di demenza presenta ancora
delle difficoltà. Le metodiche diagnostiche fino ad oggi a disposizione, infatti, non
permettono di arrivare ad una diagnosi di certezza, fatto che può generare problemi
di scelta terapeutica per il clinico.
La diagnosi è, infatti, principalmente basata sulla valutazione neuropsicologica
ed è tuttora fondamentale il ruolo del MiniMental State Examination (MMSE)
13
nella valutazione iniziale di un disturbo dementigeno.
Le difficoltà divengono ancora maggiori in campo di diagnostica differenziale:
nonostante, infatti, la MA sia la più comune forma di demenza degenerativa, è
piuttosto difficile distinguerla da altre forme di demenza degenerativa.
10
La Malattia di Alzheimer
Epidemiologia
Secondo vari studi effettuati in Occidente, l’età avanzata rappresenta il fattore
di rischio più importante per il possibile sviluppo di demenza: tra i 60 ed i 64 anni
l’1% degli individui viene colpito dalla malattia, mentre dopo i 95 anni ne viene
colpito oltre il 35%.
È stato evidenziato, da stime nordeuropee, che il tasso di prevalenza tende a
raddoppiare ogni 5 anni di età, a partire dai 60 fino ad arrivare ai 95 anni14.
Questo è un dato allarmante soprattutto se si considera che il numero delle
persone anziane nella popolazione è in continua crescita: nel 1995, nel mondo, gli
ultra sessantacinquenni erano 371 milioni di persone, cioè il 6% della popolazione
mondiale. Molti di loro vivono oggi il dramma della demenza che colpisce 18
milioni di individui nel mondo, quasi tutti anziani, la metà dei quali vive in Nord
America ed in Europa.
In Italia la situazione è ancora più preoccupante: nel 1995, nel nostro paese, gli
ultrasessantacinquenni erano 9.5 milioni, cioè il 16% della popolazione. Secondo
stime dell’Istat nel 2025 un italiano su quattro avrà più di 65 anni di età ed uno su
nove più di 75 anni. Complessivamente, oltre il 41% della popolazione avrà più di 55
anni di età.
Il nostro paese, comunque, come altri paesi sviluppati, ha già calcolato le
proiezioni per valutare l’aumento di incidenza delle demenze. Se si parte dall’assunto
11
La Malattia di Alzheimer
che i tassi di incidenza età-specifici non cambieranno nei prossimi anni, nel nostro
paese si prevedono 213.000 nuovi casi di demenza ogni anno a partire dal 2020
contro i 150.000 rilevati
Fig. 4. In Italia si prevedono 213.000 nuovi casi di demenza ogni anno a partire
dal 2020 contro i 150.000 rilevati nel 2000.
Fig. 3. Proiezioni dei casi di demenza nei
prossimi 20 anni
nel 2000 (Fig. 4).
L’ILSA
(Italian
Longitudinal Study On
300000
200000
Aging), un altro grande
studio
prevalenza
italiano
100000
di
0
2000
2020
sesso-
specifica, ha evidenziato che la demenza interessa il 5.3% degli uomini ed il 7.2%
delle donne sopra i 65 anni di età15 16.
Al momento attuale quasi un milione di famiglie italiane sono toccate dal
problema della demenza ed in sostanza abbandonate, dimenticate nella loro penosa
situazione di bisogno17. I dati emersi dallo studio Censis sottolineano il carattere
familiare delle demenze. Questo in un duplice senso: da una parte è risultato totale il
coinvolgimento dei familiari nella cura, nell’assistenza, nel sostegno psicologico e
nella tutela del proprio congiunto e dall’altra parte è risultata grave la carenza dei
servizi sanitari e socio-assistenziali di supporto ai bisogni di assistenza, con implicita
e totale delega alla famiglia che si trova a doversi occupare da sola dei suoi cari
affetti dalla malattia. Ecco perché le demenze sono delle vere e proprie “malattie
familiari”.
12
La Malattia di Alzheimer
Nel 1998, negli USA, i costi delle demenze sono stati superiori a quelli del
cancro, cioè i più elevati in campo sanitario, soprattutto se si calcola che, nello stesso
anno, la malattia colpiva 4 milioni di anziani.
I costi per singolo paziente sono elevatissimi, cioè oltre 25.000 dollari l’anno
soprattutto se confrontati con quelli di altre patologie: per il cancro e la schizofrenia
vengono spesi 15.000 dollari l’anno per paziente.
In Italia non è facilmente stimabile il peso economico della malattia, da un lato
perché mancano registri sanitari, che sono invece utilizzati da anni in paesi come gli
USA, il Canada (Quebec) e la Svezia, dall’altro perché è molto difficile valutare
l’entità dei costi diretti e soprattutto indiretti.
Appare, in effetti, arduo calcolare quanto costi la cura e l’assistenza dei malati
non tanto a livello sanitario, ma soprattutto a livello
sociale, considerata l’impossibilità di valutare la perdita
economica arrecata al sistema statale da un individuo,
spesso un parente che sottrae ore lavorative alla sua
attività per prendersi cura dell’ammalato.
Questa persona, spesso il coniuge o un parente,
definita caregiver (Fig. 5) che si occupa direttamente
Fig. 5. Colui che si occupa del
paziente
con
demenza
è,
generalmente, il coniuge o un
parente.
del paziente colpito da demenza, è sottoposto a due tipi di carico assistenziale: un
carico oggettivo ed uno soggettivo. Il carico oggettivo nasce da problemi pratici
legati alle modificazioni del comportamento e delle abitudini di vita dell’individuo
affetto da demenza. Il carico soggettivo è legato, invece, alla sfera emotiva ed alla
sofferenza prodotta in un individuo, costretto ad assistere, inerte, al lento ed
13
La Malattia di Alzheimer
inesorabile declino di una persona cara. Il carico soggettivo del caregiver è solo
parzialmente correlato alla gravità del deficit cognitivo e funzionale del paziente:
molto più importanti sembrano essere la qualità della relazione esistente fra paziente
ed assistente, il supporto sociale disponibile ed il modo di porsi davanti al
decadimento di qualcuno che si ama18.
14
La Malattia di Alzheimer
Ipotesi eziopatogenetiche
Le ricerche nel campo della genetica e della biologia molecolare hanno
prodotto alcune interessanti scoperte nel campo della MA19, anche se i meccanismi
patogenetici della malattia restano poco chiari. I principali aspetti clinici di questa
Fig. 6.
A sinistra
immagine di
corteccia
cerebrale
normale.
A destra
atrofia
corticale.
malattia neurodegenerativa sono, in genere, la perdita della memoria ed il successivo
declino cognitivo, che rappresentano l’espressione di un’importante e progressiva
rarefazione neuronale di varie aree cerebrali, che si esprime macroscopicamente con
l’atrofia cerebrale 20 (Fig. 6).
Studi neuropatologici post mortem21 permettono di individuare i glomeruli
neurofibrillari e le placche senili, ovvero le alterazioni microscopiche descritte per
primo da Alois Alzheimer 22 23.
I glomeruli neurofibrillari (Fig. 7) sono alterazioni citoscheletriche derivanti
dall’accumulo di proteina τ, iperfosforilata in maniera abnorme e aggregata in classi
di neuroni suscettibili. Nelle cellule nervose sane, la proteina τ stabilizza le
15
La Malattia di Alzheimer
componenti microtubulari del citoscheletro che sono coinvolte nel trasporto di
molecole da un compartimento cellulare e l’altro. La destabilizzazione micro
tubulare e l’ostacolo al trasporto assonale, secondari alla
formazione di proteina τ iperfosforilata, causa un inappropriato
metabolismo proteico, un malfunzionamento sinaptico e un
danno alla trasmissione dei segnali legata al trasporto
retrogrado dei fattori neurotrofici.
La perdita di queste funzioni potrebbe significativamente
Fig.7. Glomeruli
neuro fibrillare:
colorazione
argentica
contribuire alla morte neuronale. Il prodotto iniziale della fosforilazione patologica è
una proteina τ solubile non-argirofila.
L’altro aspetto microscopico neuropatologico della malattia, la placca senile
(Fig. 8) è, invece, causato principalmente dall’accumulo della proteina β amiloide
(Aβ), un peptide derivato dal più grande Precursore della Proteina β Amiloide (APP)
cioè da una glicoproteina transmembrana espressa in maniera ubiquitaria 24.
L’ipotesi della “cascata dell’amiloide”25, la più accreditata ipotesi patogenetica
formulata negli ultimi venti anni, prevede che il peptide Aβ sia una proteina
spazzatura che autoaggrega spontaneamente in fibrille
amiloidee neurotossiche in grado di instaurare il processo
dementigeno. La più lunga forma della proteina Aβ (Aβ
1-42) è la più strettamente correlata al processo
Fig. 8. Placca senile
patogenetico
perché
è
stato
dimostrato
che
sia
sovraespressa in soggetti con una mutazione genetica familiare e che, in vitro, tenda
più facilmente ad autoaggregare rispetto alle forme più corte, come la Aβ 1-4026 27.
16
La Malattia di Alzheimer
Nonostante questa ipotesi sia molto accreditata, rimane piuttosto incompleta:
non spiega, infatti, in alcun modo, che relazione vi sia tra il processo
amiloidogenetico extracellulare ed il deposito di glomeruli neurofibrillari all’interno
dei neuroni, né quale siano i ruoli fisiologici dell’APP e dei suoi derivati
28
. In
particolare, l’ipotesi dell’autoaggregazione delle due componenti microscopiche
della patologia lascia senza risposta alcuna importanti domande sulla biologia della
MA. Non è noto, infatti, perché una proteina ubiquitaria, come la Aβ, dovrebbe
aggregare solo nella neocortex o perchè altre specie di mammiferi non sviluppino
una patologia legata alla Aβ durante l’invecchiamento
29
. L’ipotesi non spiega,
inoltre, perché l’età senile ed il sesso femminile rappresentino i maggiori fattori di
rischio.
Gli elementi chimici potrebbero essere la risposta chiave per molte di queste
domande
30 31 32
. Recentemente, infatti, studi neurochimici avrebbero individuato un
ruolo dei metalli nelle malattie neurodegenerative come la MA
33 34
. È noto, infatti,
che i metalli rivestono un ruolo catalitico nello smaltimento di radicali liberi
35
.
Evidenze sempre più consistenti dimostrano oggi che l’alterazione dell’omeostasi
dell’attività redox catalizzata dai biometalli e il conseguente incremento dello stress
ossidativo contribuiscano alla patogenesi della MA 36 37
È stato, infatti, osservato che i metalli possano interagire direttamente con il
peptide Aβ
38
. Il legame dei metalli ad Aβ modula alcune proprietà fisiochimiche di
Aβ, ritenute fondamentali nei processi patogenetici indotti dal peptide
39
: studiando
le proprietà chimiche dei metalli, Bush ha formulato un modello di MA in grado di
17
La Malattia di Alzheimer
fornire spiegazioni a molti dei quesiti generati dall’ipotesi della cascata
dell’amiloide40.
Secondo Bush et al., lo ione zinco rivestirebbe un ruolo chiave
nell’aggregazione dell’ Aβ in presenza di condizioni acide interstiziali
41
. Anche il
rame ed il ferro prenderebbero parte ai processi neuropatologici.
A dimostrazione del loro ruolo, tutti questi metalli sono stati trovati a
concentrazioni elevate nelle regioni neocorticali più suscettibili all’insulto primario
della MA. In queste regioni, infatti, questi elementi svolgerebbero un ruolo
fisiologico. Il rame e lo zinco, ad esempio, vengono rilasciati durante i processi di
neurotrasmissione. Lo zinco, in particolare, depositato durante la neurotrasmissione,
è in grado di indurre l’accumulo della β-amiloide in modelli murini geneticamente
modificati per sviluppare la MA
42
. Poco è noto sul ruolo del rame extracellulare
nell’encefalo, ma studi in vitro evidenziano che la deporalizzazione delle cellule
nervose cerebrali causa liberazione di rame a concentrazioni micromolari
43
. Inoltre,
molti lavori indicano un ruolo cruciale del rame e del ferro nell’aggregazione della
Aβ 44. Proprio l’interazione del rame e del ferro con l’Aβ, sarebbe responsabile della
tossicità del peptide in studi effettuati su colture cellulari. Infatti, la Aβ catalizza la
produzione di perossido di idrogeno tramite riduzione di rame e ferro in un processo
in cui
si utilizza ossigeno e come substrati agenti biologici riduttivi come il
colesterolo, la vitamina C e le catecolamine.
In accordo con queste evidenze, Bush et al. hanno ipotizzato che la Aβ e la
APP vengano alterate nelle loro funzioni biochimiche principali: la partecipazione
all’omeostasi metallo ionica ed il controllo dei processi ossidativi metallo-mediati 45.
18
La Malattia di Alzheimer
L’APP possiede, infatti, siti di legame per il rame e lo zinco nel suo ectodominio Nterminale, con i quali modula l’adesività delle proteine ed il trasferimento del rame
46
. L’eccezionale affinità dell’Aβ per il rame e la selettività dei siti di legame per il
rame e lo zinco giustificano il suo fisiologico ruolo nel metabolismo degli ioni
metallici. L’Aβ e la APP prenderebbero, quindi, anche parte ai normali processi di
omeostasi dei metalli 47.
Un incremento inevitabile di rame e ferro, età correlato, a livello cerebrale,
ipermetallerebbe il peptide Aβ, causando il processo catalitico di genesi del
perossido di idrogeno, responsabile della tossicità per autoossidazione dell’ Aβ.
In questo senso, la più elevata incidenza della patologia nel sesso femminile,
potrebbe essere giustificata dal fatto che in questo sesso è costitutivamente più
elevata l’attività del trasportatore sinaptico dello zinco.
Recentemente, nel corso delle nostre indagini, anche noi abbiamo dimostrato
come la concentrazione anche a livello periferico (nel siero e nel plasma) dei metalli
pesanti correli con alcune caratteristiche cliniche della MA
48
e con le alterazioni
neuropsicologiche49. Ciò potrebbe costituire l’evidenza che la MA sia un processo
amiloidogenetico del sistema nervoso centrale (SNC) con ripercussioni sistemiche.
Sulla base di queste recenti evidenze si stanno indirizzando le nuove strategie
terapeutiche con obiettivi patogenetici e non solo sintomatici. Infatti, attualmente gli
unici farmaci disponibili sul mercato per la MA sono rappresentati da prodotti come
la memantina e gli inibitori delle colinesterasi, in grado di migliorare in alcuni casi i
sintomi della MA per tempi breve, ma non in grado di influenzare l’inesorabile
decorso naturale della malattia.
19
La Malattia di Alzheimer
I nuovi farmaci, in corso di studio clinico, che vengono progettati sulla base
dell’ipotesi metallo biologica della MA, includono composti, generalmente chelanti,
che interdicono il legame della Aβ agli ioni metallici, riducendo, in tal modo,
l’aggregazione amiloidea.
Tuttavia, l’ipotesi della cascata della β-amiloide non è universalmente
riconosciuta e, quindi, neanche la sua spiegazione metallo biologica. Un importante
problema, inoltre, è dovuto al fatto che non è possibile formulare una diagnosi di
certezza di MA, con gravi conseguenze sul piano terapeutico.
20
La Malattia di Alzheimer
Problematiche diagnostiche e terapeutiche
Attualmente sono in fase di revisione50 gli attuali criteri diagnostici redatti per
la diagnosi di MA, cioè i National Institute of Neurological and Comunicative
Disorders and Stroke-Alzheimer’s Disease and Related Disorders Association
(NINCDS-ADRDA) Work Group criteria51 e quelli proposti nel Diagnostic and
Statistical Manual of Mental Disorders, 4th edition (DSM-IV)52 in considerazione dei
loro notevoli limiti dovuti non solo alla mutevolezza della presentazione clinica della
malattia, ma soprattutto all’incerto inquadramento patogenetico della patologia.
Anche in conseguenza di ciò, e non solo per motivi meramente tecnici, le metodiche
diagnostiche, fino ad oggi a disposizione, non permettono di arrivare ad una diagnosi
di certezza, fatto che può generare problemi di scelta terapeutica per il clinico.
La diagnosi è, infatti, principalmente basata sulla valutazione neuropsicologica
ed è tuttora fondamentale il ruolo del MMSE, strumento utilizzato da quasi quaranta
anni.
Le difficoltà divengono ancora maggiori in campo di diagnostica differenziale
non solo con le altre forme di demenza degenerativa, come la demenza frontotemporale (DFT) o la demenza a corpi di Lewy (DCL)53, ma anche con varie forme
di demenza secondaria, soprattutto la demenza vascolare.
21
La Malattia di Alzheimer
La condivisione dei fattori di rischio, i quadri di neuroimmagini e altre
problematiche cliniche e fisiopatologiche rendono, infatti, la MA difficilmente
distinguibile dalla demenza vascolare54.
Un altro problema che contribuisce a creare difficoltà diagnostiche è la
presenza di quadri clinici non classificabili né come normali né come patologici: si
tratta dei soggetti con un danno cognitivo isolato o Mild Cognitive Impairment
(MCI). Il concetto di MCI è divenuto, dunque, cruciale in questo campo di patologie.
I primi criteri diagnostici per il MCI formulati da Petersen55 descrivevano la presenza
di un disturbo di memoria isolato in assenza di compromissione delle attività
funzionali. Successivamente, il MCI è stato classificato in quattro sottotipi sulla base
dei deficit cognitivi presenti: amnestic-MCI/not amnestic-MCI e single/multiple
domain56. Questa classificazione non è puramente aneddotica, ma è importante ai fini
di una diagnosi precoce di una condizione dementigena. Infatti, il MCI è spesso il
primo stadio clinico verso la trasformazione in demenza conclamata con un tasso di
conversione annuo del 12%57. Studi più recenti, inoltre, suggeriscono che la
conversione vari sia in base alla gravità che al tipo di deficit cognitivo. Il disturbo
della memoria episodica, quindi l'amnestic MCI, sembra rappresentare una
condizione di maggiore probabilità di progressione a MA. Di contro i restanti
sottotipi clinici che enfatizzano la presenza di deficit in domini cognitivi diversi dalla
memoria, come ad esempio linguaggio, funzioni esecutive ed abilità visuo-spaziali,
hanno una maggiore probabilità di progredire verso forme di demenza diverse dalla
MA, come ad esempio la DFT e la DCL.
22
La Malattia di Alzheimer
Un grosso contributo in senso diagnostico è stato l’individuazione di marker
liquorali specifici che possono essere usati per distinguere diversi tipi di demenza.
Si basa sulla ricerca delle due proteine alterate nella MA: la beta amiloide e la
proteina .
Sfortunatamente la metodica invasiva di prelievo e la non assoluta specificità
dell’esame, lo rendono piuttosto scomodo da utilizzare soprattutto in una
popolazione prevalentemente anziana.
Come già detto, però, il miglioramento delle metodiche diagnostiche sarebbe,
senza dubbio, un ausilio importante per lo sviluppo di nuove terapie per la MA.
Attualmente, infatti, sono proprio le incertezze patogenetiche e le difficoltà
diagnostiche a limitare la ricerca di nuovi farmaci. Le ripercussioni sono enormi: si
ribadisce che, ad oggi, gli inibitori delle colinesterasi e la memantina, farmaci
esclusivamente sintomatici, rappresentano ancora l’unica arma contro questa forma
di demenza.
La RM non convenzionale si pone attualmente come la metodica
d’avanguardia per l’attuazione del miglioramento diagnostico.
Studi effettuati negli ultimi anni, tramite RM non convenzionale, hanno
permesso lo studio dei disturbi cognitivi in pazienti affetti da patologie neurologiche
diverse dalla malattia di Alzheimer9.
Recentissimi studi di correlazione tra dati morfologico-strutturali cerebrali di
RM e dati di analisi delle connessioni con trattografia58 hanno dimostrato che le due
metodiche combinate possono contribuire al miglioramento della diagnosi.
23
La Malattia di Alzheimer
Infatti, le tecniche di trattografia sono state recentemente utilizzate con
ottimi risultati per differenziare la AD dal MCI
59
, mentre le metodiche di
misurazione dello spessore corticale regionale per differenziare la AD da altre
forme di demenza
60
. Non sono invece state utilizzate tecniche non convenzionali
combinate di analisi morfologico-strutturale, spettroscopica e di dati ottenuti da
metodiche di diffusione.
24
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
LA RISONANZA MAGNETICA NON
CONVENZIONALE
Il ruolo della diagnostica per immagini nello studio delle demenze è sempre
più determinante sia grazie alla sua sempre maggiore rilevanza in ambito di
diagnostica differenziale sia grazie allo sviluppo di tecniche non convenzionali di
RM, quali studi morfometrici, di spettroscopia, di perfusione e di RM funzionale, in
grado di quantificare la connettività cerebrale e l’evoluzione della malattia.
Nello studio delle demenze, infatti, le tecniche di neuroimmagini, oltre al loro
noto ruolo nella diagnosi differenziale, si pongono i seguenti obbiettivi:
1. diagnosi precoce o preclinica;
2. quantificazione della progressione di malattia e dell’efficacia terapeutica.
Come noto, la diagnosi differenziale tra demenza primitiva e secondaria, può
essere raggiunta mediante le tecniche convenzionali. Queste tecniche di
neuroimaging non permettono tuttavia di distinguere, in base ai soli dati morfologici,
le differenti malattie neurodegenerative primitive a causa della scarsa specificità.
Gli obbiettivi indicati ai suddetti punti, inoltre, non sono stati ancora raggiunti
per insufficiente sensibilità delle tecniche diagnostiche. Infatti, la diagnostica per
immagini ha fornito risultati incoraggianti, ma ancora insufficienti per ciò che
concerne la diagnosi preclinica. La quantificazione della progressione della malattia
25
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
e dell’efficacia terapeutica rappresenta poi un obbiettivo ambizioso e anch’esso ben
lontano dall’essere raggiunto.
Le principali tecniche di neuroimmagini attualmente utilizzate per lo studio del
paziente con demenza sono:

la tomografia computerizzata, che fornisce una stima dell’entità dell’atrofia
cerebrale e l’eventuale presenza di una patologia vascolare, tumorale o
idrocefalica. L’utilizzo del mezzo di contrasto non è necessario, salvo il
riscontro di altre patologie che lo richiedano, e in questo ultimo caso, a meno
di una controindicazione specifica, risulta indicato l’esame di RM;

la RM, con tecniche convenzionali o con tecniche non convenzionali,
mediante la quale sono possibili, oltre alla valutazione dell’atrofia cerebrale e
la presenza di altre patologie, anche la quantificazione di alcuni indicatori
microstrutturale metabolici e funzionali dell’attività cerebrale. La RM è
attualmente considerata l’esame di riferimento per lo studio del sistema
nervoso.
Ciascuna tecnica di diagnostica per immagini permette di valutare, con sensibilità
e specificità differenti, gli aspetti morfologici, microstrutturali, metabolici e
funzionali del SNC.
26
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
La RM rappresenta il sistema di neuroimaging gold standard per lo studio del
SNC e delle demenze. Le tecniche di RM trovano la loro indicazione a seconda del
particolare aspetto patologico che si vuole studiare.
È possibile distinguere le tecniche di RM in convenzionali, per lo studio
morfologico dell’encefalo, e non convenzionali, che richiedono elaborazioni
successive e comunemente non effettuate nella routine clinica. Tra le tecniche non
convenzionali si annoverano:

la tecnica di diffusione, basata sull’abbattimento, nelle sequenze eco planari,
del segnale provocato dalla migrazione delle molecole di acqua, che
spostandosi da un punto ad un altro dello spazio, portano in esse la
magnetizzazione e la fase acquisite. La diffusione è rallentata dalle strutture
anatomiche microscopiche normali ed è alterata in molti processi patologici,
in particolare in occasione di alterazioni infiammatorie, di insorgenza di
edema citotossico e vasogenico, o di variazioni della cellularità o
dell’ampiezza dell’interstizio del parenchima encefalico;

la tecnica dell’imaging del tensore di diffusione: l’anatomia microscopica
del SNC comporta una prevalenza della diffusione lungo la direzione di
decorso dei fasci di fibre nervose. Con la tecnica dell’imaging del tensore
della diffusione è possibile rappresentare l’anisotropia della diffusione delle
molecole di acqua, dalla quale è possibile desumere il decorso delle fibre
nervose. Il decorso delle fibre nervose può essere stimato con tecniche locali
deterministiche o con più sofisticate tecniche probabilistiche che permettono
27
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
di stimare la probabilità della connessione tra due aree cerebrali anche a
partire dalla sostanza grigia;

la perfusione con RM, basata sulla stima dell’apporto ematico nel
parenchima encefalico mediante la misurazione del segnale durante il
passaggio di un bolo di mezzo di contrasto o di sangue con particolare
magnetizzazione;

la spettroscopia in RM (MRS. acronimo inglese per Magnetic Resonance
Spectroscopy) che permette di documentare i livelli di alcuni metaboliti
presenti nel SNC. Essa si fonda sulla minima differenza nella frequenza di
precessione dei protoni dei metaboliti (chemical shift), dovuta alla reciproca
influenza dei gruppi chimici in essi presenti;

la RM funzionale che permette di documentare l’attivazione corticale a
seguito di uno stimolo o di un esercizio codificato. La tecnica maggiormente
utilizzata consiste nel monitorare i cambiamenti nel livello di ossigenazione
del sangue, assumendo che durante l’attività neuronale vi sia un aumentato
apporto
di
ossigeno
ossiemoglobina,
che
ed
una
presenta
conseguente
proprietà
maggiore
amagnetiche,
presenza
rispetto
di
alla
desossiemoglobina dalle proprietà paramagnetiche;

la valutazione degli spessori, dei volumi e delle superfici cerebrali tramite
analisi post-processamento di immagini di RM strutturale, utilizzando
programmi
informatici
(http://surfer.nmr.mgh.harvard.edu/)61 62 63.
28
quali
FreeSurfer
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
I vantaggi delle tecniche non convenzionali di RM nello studio della AD
possono essere:

valutare i segni precoci della degenerazione neuronale osservando le
alterazioni precoci, biochimiche e microstrutturali, mediante analisi
metaboliche e del tensore;

verificare le variazioni della connettività delle aree corticali;

quantificare la degenerazione corticale e sottocorticale mediante tecniche
combinate di imaging postprocessing;

valutare l’effetto di trattamenti farmacologici sui parametri di RM, con
correlazione della risposta clinica e quantificazione di questi effetti.
29
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Le tecniche di RM non convenzionale utilizzate
in questo studio
Analisi postprocessamento di immagini di RM in diffusione
La diffusione è un parametro utilizzato in risonanza magnetica per
produrre immagini basate sui movimenti microscopici delle molecole di acqua.
Le immagini pesate in diffusione (o DWI, acronimo inglese per diffusion weighted
imaging) evidenziano le variazioni della mobilità dei protoni dell'acqua in un tessuto
biologico.
L’imaging di diffusione con Risonanza Magnetica (RM) rappresenta l’unica
modalità di studio in cui il contrasto dipende dal movimento di diffusione delle
molecole. Esistono due modalità di diffusione: isotropica e anisotropica. La
diffusione isotropica è quella non dipendente dalla direzione nello spazio, quindi
casuale, mentre la diffusione anisotropica è tipica dei tessuti biologici perché la
presenza di cellule impedisce il movimento casuale delle molecole costringendole
lungo direzioni particolari. La diffusione anisotropica, dipendendo anche dalla
presenza delle guaine mieliniche, fornisce informazioni circa l’orientamento, le
dimensioni e la geometria delle strutture encefaliche. In generale, già in condizioni
normali la componente cellulare del SNC “costringe” il movimento delle molecole
d’acqua determinando in tal modo una riduzione del coefficiente di diffusione
apparente (Apparent Diffusion Coefficient o ADC). Di contro le varie patologie del
30
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
SNC che modificano l’integrità tissutale, rimuovendo alcune di queste “barriere”
cellulari, sono responsabili di un’alterazione dei valori di ADC, che incrementano,
ma soprattutto della diffusione anisotropica che è sicuramente più sensibile alla
microstruttura tissutale.
La diffusione è la migrazione di molecole o piccole particelle dovuta al moto
causato dall'energia termica. Normalmente ci si riferisce alla diffusione di un soluto
in un solvente (ad es. acqua in zucchero) in presenza di un gradiente di
concentrazione del soluto.
Per descrivere il fenomeno della diffusione vengono utilizzate generalmente
le leggi di Fick. Secondo la prima legge di Fick, il flusso del soluto in una particolare
direzione è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione attraverso una
costante di proporzionalità D, detta coefficiente di diffusione. D dipende dalla
temperatura, dalla viscosità del mezzo e dal peso molecolare della molecola
diffondente. Dalla prima legge di Fick consegue che quando il soluto è
uniformemente distribuito (gradiente di concentrazione = 0) il flusso netto è nullo.
Questo accade anche in caso di solvente puro: le molecole del solvente sono
distribuite uniformemente e appaiono macroscopicamente in stasi. Ciò non vuol dire
che le singole molecole siano immobili ma semplicemente che, in media, la somma
vettoriale dei loro spostamenti è uguale a zero. In altre parole la diffusione è un
fenomeno che avviene anche in assenza di gradienti di concentrazione. Per
visualizzare questo processo di “auto diffusione”, possiamo pensare ad un volume
d’acqua pure al quale aggiungiamo in un punto specifico una piccola quantità di
31
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
acqua marcata con trizio,un isotopo radioattivo dell’idrogeno. Col passare del tempo
la radioattività non sarà più concentrata nel punto di inoculo ma si sarà distribuita
nell’intero volume. In pratica, le molecole di acqua triziata si saranno mosse
all’interno del fluido senza alcuno spostamento macroscopico del fluido stesso.
Questo è esattamente quello che accade all’acqua nei tessuti biologici.
Per studiare questo fenomeno di diffusione, in assenza di gradienti di
concentrazione, le leggi di Fick non sono applicabili e quindi conviene ricavare il
valore di D con un approccio di tipo probabilistico. La distribuzione statistica degli
spostamenti delle molecole, per effetto della diffusione, in un intervallo di tempo t,
ha un profilo gaussiano con media uguale a zero e varianza data dalla seguente
relazione (equazione di Einstein):
(1a)<r²> = 2Dt
in una dimensione
(1b)<r²> = 6Dt
in tre dimensioni
Ovvero:
(2a) |r| = <r²> ½= (2Dt)½
in una dimensione
(2b) |r| = <r²>½= (6Dt)½
in tre dimensioni
dove |r| è la deviazione standard della distanza percorsa dalle molecole. Questa
relazione permette di dire che per molecole libere di diffondere, la distanza percorsa
è una funzione lineare della radice quadrata del tempo di diffusione e che la costante
32
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
di proporzionalità che mette in relazione queste due grandezze è una funzione di D.
Ne consegue che, se siamo in grado di conoscere r per un determinato tempo
di diffusione, possiamo calcolare D. Questa è la relazione fondamentale che permette
di misurare il coefficiente di diffusione dell’acqua nei tessuti biologici.
Nel 1954, Carr e Purcell notarono per la prima volta che il segnale RM poteva
essere influenzato dalla diffusione delle molecole64. Questa scoperta è in qualche
modo sorprendente perché i metodi per misurare la diffusione si basano sull’utilizzo
di gradienti di campo magnetico (G), prodotti dalle bobine che non erano presenti
nei magneti usati da Carr e Purcell. Di fatto, Carr e Purcell avevano un magnete così
inomogeneo da avere un gradiente di campo magnetico costante di circa 1 Gauss/cm.
Se il loro magnete fosse stato di migliore qualità, forse questi pionieri della RM non
avrebbero avuto gli elementi necessari per giungere a questa scoperta. Per
comprendere come sia possibile misurare la diffusione attraverso l’uso di gradienti di
campo magnetico occorre valutare la modificazione di fase degli spin in presenza di
gradienti. La frequenza di precessione degli spin è direttamente proporzionale
all’intensità del campo, per cui, se il campo magnetico è uniforme, tutti gli spin
avranno la stessa frequenza di precessione. Applicando un gradiente di campo
magnetico in una certa direzione d si ottiene una variazione nello spazio del campo
che produce una diversa frequenza di precessione degli spin in diverse posizioni x (d)
lungo la direzione di applicazione del gradiente. La fase Φ accumulata dagli spin in
seguito all’applicazione di un gradiente di intensità costante G e di durata δ è una
funzione della posizione x ed è data dalla relazione:
33
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
(3) x) = γ G δ x assumendo Φ(x = 0)=0
dove γ è la costante giromagnetica del protone.
Se applichiamo due gradienti di uguale intensità e durata ma di segno opposto
separati da un intervallo di tempo ∆, la fase accumulata dagli spin originariamente in
posizione x al momento dell’applicazione del primo gradiente e, spostati dalla
posizione x, al momento dell’applicazione del secondo gradiente sarà:
(4) Φ = γ G δ ( xi – xf )
Vediamo quindi che la fase dipenderà dallo spostamento (xi – xf) degli spin
nell’intervallo di tempo ∆. Per spin statici l’applicazione dei due gradienti non ha
alcun effetto, infatti se xi = xf dalla (4) risulta che Φ =0. Se gli spin si sono spostati
dalla medesima distanza in modo coerente, come avviene quando abbiamo un flusso
ordinato, vi è una identica variazione di fase per tutti gli spin con mantenimento della
coerenza di fase e nessuna perdita di segnale. Su questa variazione di fase in
presenza di movimento coerente si basa una delle tecniche di angiografia in RM.
Infine, se lo spostamento avviene in maniera casuale e disordinata, come nel caso del
moto associato alla diffusione, le variazioni di fase sono diverse per i vari spin, vi è
perdita di coerenza di fase e conseguente diminuzione del segnale. È importante
sottolineare che la perdita di segnale è tanto maggiore quanto maggiore è lo
spostamento nell’intervallo di tempo ∆ e poiché la (2) ci dice che lo spostamento in
un dato intervallo di tempo dipende da D, possiamo concludere che la perdita di
34
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
segnale sarà influenzata dal valore di D e solamente dal valore di D. In particolare si
può dimostrare che la perdita di segnale è una funzione esponenziale di D:
(5) S(b)=S(b=0)e-bD
Dove S(b) è il segnale in presenza dei gradienti sensibilizzati alla diffusione, S (b=0) è il
segnale in assenza di gradienti sensibilizzati alla diffusione e b è un fattore che
dipende dallo schema di applicazione dei gradienti usato in una particolare sequenza.
Nella figura 9 (a) è mostrato lo schema originariamente proposto da Stejskal e
Tanner65 per una sequenza spin-echo in cui due gradienti identici sono applicati ai
lati dell’impulso a 180°.
Figura 9 (a): Schema originariamente proposto da Stejskal e Tanner per
sensibilizzare alla diffusione il segnale di una sequenza spin-echo. Due
gradienti di elevata intensità sono applicati ai lati dell’impulso a 180°.
Figura 9 (a): Figura 9 (b): Utilizzando una sequenza STEAM (STimulated
Echo Acquisition Mode) è possibile intercettare il tempo di diffusione
mantenendo un TE ragionevolmente breve.
35
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
In questo caso b risulta essere:
(6) b = γ² G² δ² (Δ - δ/3)
La dipendenza del fattore b dal quadrato dell’intensità del gradiente fa capire che il
poter disporre di un apparecchio RM che sia in grado di fornire gradienti di elevata
intensità sia un requisito fondamentale per acquisire immagini pesate in diffusione.
Fino a non molto tempo fa la massima intensità di gradienti in apparecchi per uso
clinico era di 1 Gauss/cm. Magneti con gradienti così deboli, non riuscivano a fornire
immagini con un soddisfacente livello di sensibilizzazione alla diffusione anche se
erano dotati di una sequenza per l’acquisizione di immagini pesate in diffusione.
Dalla (6) vediamo che, se si dispone di gradienti di debole intensità, si può tentare di
aumentare b incrementando sia la durata del gradiente δ sia la durata dell’intervallo
Δ. Il problema è che ogni incremento di δ o Δ comporta un allungamento del TE, e
quindi il fattore limitante diventa il rilassamento T2. E' facilmente prevedibile che, se
siamo costretti a lavorare con TE di 150-200 ms al fine di ottenere un adeguato peso
in diffusione, le immagini prodotte saranno di scarsa qualità. In pratica, per ovviare a
questo inconveniente, tutti i centri che hanno attuato la diffusion imaging con
magneti con gradienti deboli hanno utilizzato una sequenza STEAM (STtimulated
Echo Aquisisition Mode) che è schematizzata nella figura 9 (b). La sequenza
STEAM differisce da una sequenza spin-echo (SE) per il fatto che l’impulso a 180° è
costituito da 2 impulsi a 90°. Questo comporta che nel periodo fra il secondo e terzo
impulso, metà della magnetizzazione è immagazzinata come magnetizzazione
longitudinale che quindi decade con una costante di tempo T1. Poiché nei tessuti T1
36
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
è molto più lungo di T2, è possibile ottenere Δ molto più lunghi senza eccessivo
decadimento del segnale. Il prezzo che si paga è che solo la metà della
magnetizzazione è utilizzabile per produrre l’eco, e quindi il rapporto segnale/rumore
è esattamente metà di quello che avremmo con una sequenza spin-echo con uguale
TE.
Abbiamo visto precedentemente che, per molecole libere di diffondere, il
coefficiente D è indipendente dal tempo di diffusione Δ ma dipende solamente dalla
temperatura e dal peso molecolare. Il coefficiente di diffusione dell’acqua “libera” a
37°C è = 3,2* 10 ³ mm²/sec, ed il suo valore, è inoltre “isotropico”, cioè
indipendente dalla direzione in cui si effettua la misura. Considerando molecole
d’acqua in tessuti biologici occorre valutare altri fattori che possono modificarne la
diffusione. Uno di questi è la presenza di macromolecole che tendono a legare
debolmente una certa percentuale dell’acqua tissutale riducendone la mobilità. Dalla
conseguente diminuzione di D si potrebbe in teoria stimare la concentrazione di
macromolecole nel tessuto ed avere informazioni sulle loro dimensioni. Un altro
fattore rilevante è la presenza di barriere biologiche (membrane cellulari,
mitocondriali, guaine mieliniche ecc.) che limitano la possibilità di libera diffusione.
Studiando lo spostamento delle molecole per distanze sia molto brevi che più lunghe
delle dimensioni cellulari, si possono ottenere informazioni sulla mobilità dell’acqua
intracellulare e sulla permeabilità delle membrane. Questo si può ottenere con la RM
acquisendo dati con differenti intervalli di diffusione Δ. Infatti, per Δ di breve durata
(inferiori a 1-2 ms), poche molecole si saranno spostate abbastanza da venire in
contatto con la membrana limitante della cellula ed il valore di D sarà quello proprio
37
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
dei compartimenti intra ed extracellulare nella assunzione di libera diffusione. Al
contrario, per tempi di diffusione lunghi, la maggior parte delle molecole avrà dovuto
attraversare la membrana cellulare e il valore di D ci apparirà ridotto (diffusione
“ristretta”) in funzione della permeabilità di membrana. E da notare inoltre che la
distanza associata alla transizione fra regime di libera diffusione a quello di
diffusione “ristretta” ci fornisce informazioni sulle dimensioni cellulari. La
valutazione del grado di “restrizione” alla libera diffusione esercitato dalle
membrane delle cellule in vivo è però di difficile realizzazione usando comuni
apparecchi di RM, perché per le misurazioni di D con tempi di diffusione molto corti
occorrono gradienti molto elevati come osservabile nell'eq. (6). Un altro effetto
dovuto alla presenza di membrane è che il valore di D per particolari strutture, quali
le fibre nervose e muscolari, risulta “anisotropico”, cioè dipendente dalla direzione in
cui esso viene misurato. Ad esempio, il coefficiente di diffusione dell’acqua misurato
nella sostanza bianca in direzione parallela alle fibre è 1.2 * 10 ³ mm²/sec; 3 volte
più alto di quello che si rileva con misurazioni effettuate in direzione perpendicolare
alle fibre. Si è ipotizzato che la guaina mielinica fosse primariamente responsabile di
questo fenomeno, ma altre ipotesi potrebbero essere valide alla luce di recenti dati
dimostranti un discreto grado di anisotropia anche in fibre amieliniche66.
In conclusione, la diffusione dell’acqua nei tessuti è influenzata non solo
dalla temperatura ma anche da altri fattori quali:
— permeabilità delle membrane;
— compartimentalizzazione dell’acqua (extracellulare - intracellulare);
— dimensioni cellulari;
38
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
— caratteristiche ultrastrutturali (ricchezza di organelli e altre strutture dotate di
membrane);
— grado di anisotropia in strutture quali fibre nervose, muscolari e tessuto
connettivale ricco di macromolecole orientate;
— orientamento spaziale delle strutture anisotropiche;
—composizione
fisico-chimica
del
tessuto
(quantità
e
dimensione
delle
macromolecole)67.
E’ evidente che tutti questi fattori hanno una notevole rilevanza biologica e
possono fornire preziose informazioni sulla fisiopatologia del tessuto: la RM è
l’unica tecnica oggi disponibile per ottenerle in vivo ed in maniera non invasiva. Può
essere utile aggiungere una nota sulla terminologia in uso: la possibilità che l’acqua
nei tessuti abbia una diffusione “ristretta” e quindi un coefficiente di diffusione
“apparentemente” inferiore a quello che ci si potrebbe aspettare in un mezzo privo di
membrane, ha reso di uso comune il termine ADC.
Sia per semplicità, sia perché questa terminologia non è condivisa da tutti,
anche in riferimento a misurazioni fatte in tessuti biologici, continueremo ad usare il
termine coefficiente di diffusione (D).
Gli effetti del fenomeno della diffusione degli spin sul segnale RM sono noti
da molto tempo68, tuttavia l’applicazione di queste conoscenze al campo delle
immagini è piuttosto recente. La realizzazione delle prime immagini di RM
sensibilizzate alla diffusione sono state realizzate attorno alla metà degli anni
Ottanta69 70.
39
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
L’approccio alla “diffusion imaging” può essere affrontato con tre differenti
livelli di complessità:
1- immagini pesate in diffusione;
2- mappe del coefficiente di diffusione;
3- tensore di diffusione (diffusion tensor magnetic resonance imaging, DT-MRI)71.
Immagini pesate in diffusione
L’acquisizione di immagini pesate in diffusione è il punto di partenza per
ottenere sia le mappe del coefficiente di diffusione sia le mappe gli elementi del
tensore di diffusione; le differenze riguardano il modo in cui i dati vengono
processati. Abbiamo visto che utilizzando opportuni gradienti di campo magnetico,
una normale sequenza (spin-echo, gradient-echo, STEAM ecc.) può essere
modificata in modo da ottenere immagini in cui il contrasto risulta influenzato dallo
spostamento delle molecole dovuto alla diffusione nella direzione del gradiente
applicato.
Mappe del coefficiente di diffusione
Acquisendo un insieme di immagini (almeno 2) con diverso grado di
sensibilizzazione alla diffusione, è possibile, sfruttando l’equazione (5), elaborare
un’immagine calcolata in cui in ogni voxel si ottiene il valore medio di D nella
direzione di applicazione del gradiente senza più alcun influsso da parte dei tempi di
rilassamento T1 e T2. A queste immagini calcolate diamo il nome di mappe del
coefficiente di diffusione. Il contrasto delle mappe del coefficiente di diffusione
40
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
fornisce un’informazione diretta del valore di D. Il calcolo di mappe del coefficiente
di diffusione richiede una elaborazione dell’immagine al computer ed è quindi un
poco più complicato da eseguire rispetto alla semplice acquisizione di immagini
pesate in diffusione. Inoltre, per calcolare la mappa di D sono necessarie almeno 2
immagini pesate in diffusione, per cui la durata dell’esame di RM è maggiore. Il
vantaggio è che la rimozione dell’influsso di T1, T2 e densità protonica facilita
l’interpretazione di eventuali reperti patologici in cui questi parametri sono alterati.
Quando questo avviene è infatti impossibile attribuire univocamente ad una
variazione di D il cambiamento di segnale nelle immagini pesate in diffusione.
Tensore di diffusione
Le mappe del coefficiente di diffusione, pur rappresentando un importante
passo avanti rispetto alle immagini pesate in diffusione, soffrono comunque di un
importante limite, dovuto al fatto che i valori di D ottenuti dipendono
dall’orientamento dei gradienti rispetto alla struttura studiata; in pratica dalla
posizione del soggetto all’interno del magnete. Questo difetto viene eliminato
dall’uso di mappe ottenute con il tensore di diffusione. L’uso di un tensore è un
modo matematicamente corretto per descrivere la diffusione in strutture non
isotropiche di cui non si conosca a priori l’orientamento nello spazio. Il tensore di
diffusione consiste di tre elementi diagonali (Dxx, Dyy e Dzz), e di tre elementi nondiagonali (Dxy, Dxz e Dyz). Dxx, Dyy e Dzz sono dimensionalmente dei coefficienti
di diffusione per cui possono essere solo positivi, mentre Dxy, Dxz e Dyz ci
informano sul grado di correlazione dei coefficienti di diffusione nei tre assi. Poiché
41
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
la correlazione può essere positiva o negativa, Dxy, Dxz e Dyz possono assumere sia
valori positivi che negativi. Per calcolare il tensore di diffusione sono necessarie
almeno sei immagini pesate in diffusione acquisite con gradienti orientati in direzioni
diverse più un’immagine acquisita senza sensibilizzazione alla diffusione. Tramite
l’uso del tensore di diffusione siamo in grado di costruire, per ogni voxel, un sistema
di coordinate “locali” determinato solamente dalle caratteristiche di diffusività
dell’acqua nel tessuto e che risulta indipendente dall’orientamento del soggetto
all’interno del magnete. Questo sistema di coordinate è rappresentato da tre direzioni
mutualmente perpendicolari (auto-vettori) a cui sono associati tre valori di diffusività
(autovalori) che indichiamo, in ordine di grandezza decrescente, come 1, 2, 3
(Fig. 10). Questi tre valori rappresentano i semiassi di un ellissoide la cui superficie è
data dall’insieme delle distanze di diffusione ad uguale probabilità per quel
particolare tempo di diffusione Δ . Da tali elementi si ricava l’indice di anisotropia
(“Lattice index”).
Fig. 10. Principali parametri utilizzati in diffusione.
42
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Le regioni in cui la diffusione è isotropica (l =2 = 3) appaiono scure in
queste immagini, mentre regioni in cui la diffusione è anisotropica, cioè diversa in
differenti direzioni, appaiono chiare. Le strutture anisotropiche appaiono tanto più
chiare quanto maggiore è il loro grado di anisotropia. Tipicamente la sostanza bianca
è più anisotropica del liquor o della sostanza grigia. E’ importante notare, tuttavia,
che vi è un alto grado di variabilità nell’anisotropia della sostanza bianca.
L’anisotropia è alta in regioni, dove le fibre sono arrangiate in fasci paralleli, come
nel corpo calloso, mentre l’anisotropia è molto più bassa in regioni dove le fibre sono
orientate in modo incoerente all’interno del voxel, come nelle zone sottocorticali o
nel centro semiovale. Questa dipendenza dell’anisotropia dalla “architettura” della
sostanza bianca è una scoperta relativamente recente
72
, che è stata possibile in
seguito all’uso del tensore di diffusione nello studio della sostanza bianca. Un’altra
utile quantità scalare derivata dagli autovalori è la traccia del tensore di diffusione
che si può ottenere sommando i tre autovalori (traccia = 1 + 2 +  3). Nel cervello
normale, la traccia ha valori molto omogenei in tutto il parenchima cerebrale. La
traccia è utile per identificare piccole variazioni della diffusività del parenchima che
passerebbero inosservate nelle mappe del coefficiente di diffusione. E’ utile
sottolineare che sia indici di anisotropia calcolati a partire dagli autovalori del
tensore di diffusione sia la traccia sono indipendenti dall’orientamento dei gradienti
rispetto alla struttura studiata e quindi sono indicativi di proprietà intrinseche del
tessuto indipendenti dalla posizione del soggetto all’interno del magnete. La traccia
del tensore e gli indici di anisotropia sono grandezze scalari che contengono
essenzialmente informazioni derivate dagli autovalori del tensore. Altre informazioni
43
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
importanti sono però contenute negli autovettori del tensore. In conclusione abbiamo
visto come uno studio in diffusione ci può fornire informazioni sulla struttura ed
architettura del sistema nervoso che non potremmo ottenere con nessuna altra tecnica
in modo non invasivo. Nei pazienti con MA c’è un considerevole danno
microscopico a carico della sostanza bianca non riconosciuto dalle sequenze RM
convenzionali, ma dimostrato dalla RM con il calcolo del Tensore di Diffusione e in
particolare dallo studio della Anisotropia Frazionaria (FA), indice di integrità delle
fibre assonali. Nei pazienti con AD, le fibre di sostanza bianca che connettono le aree
associative presentano valori ridotti di FA e aumentati di diffusione dovuti
verosimilmente alla degenerazione walleriana degli assoni conseguente all’atrofia
della corteccia associativa.
Dalla teoria alla pratica: analisi delle immagini tramite FSL
Per l'analisi di immagine di RM in diffusione ci si può avvalere dell'aiuto delle
invenzioni del Functional Magnetic Resonance Imaging of the Brain (FMRIB) di
Oxford e, in particolare del FMRIB Software Library (FSL).
FSL consiste in una serie di programmi che contengono strumenti per l'analisi
delle immagini e programmi di statistica per l'analisi dei dati provenienti da
immagini di risonanza magnetica funzionale, strutturale e di risonanza magnetica a
tensore di diffusione (fig. 11).
Il programma FSL è disponibile sia come file binario pre-compilato che
come codice sorgente disponibile sia per Mac OS X che per i PC (Linux, Windows
Vista e XP). Viene concesso gratuitamente per l'utilizzo non commerciale.
44
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Dopo aver convertito in formato nii.gz i dati acquisiti nel formato standard
.dicom, deve essere effettuata l'estrazione cerebrale e la rimozione del cranio tramite
l'applicazione Bet. I dati di diffusione vengono, quindi, corretti per la presenza di
"correnti parassite" e di artefatti di movimento per effettuare una registrazione
lineare ad un'immagine di riferimento pesata non in diffusione per 12 gradi libertà 73.
Le direzioni dei gradienti di diffusione vengono riorientate secondo i risultati
delle correzioni delle "correnti parassite" 74.
I tensori di diffusione per ogni voxel sono adattati secondo un algoritmo
incluso nel "Toolbox di diffusione del FMRIB (FDT)" di FSL (v. 4.0,
www.fmrib.ox.ac.uk/fsl75).
Fig. 11. FSL è un insieme di applicazioni per l'analisi di
neuroimmagini di RM strutturale, funzionale e in diffusione.
A questo punto è possibile correlare i dati, per esempio di FA e di diffusività
media (MD) con i test neuropsicologi utilizzando vari metodi, di cui uno dei più
affidabili è il metodo Tract-Based Spatial Statistics o TBSS76. Questo metodo riduce
la comparsa di possibili errori dovuti al disallineamento delle immagini.
45
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
E', infatti, obbiettivo dei neuroscienziati utilizzare immagini di diffusione
tramite metodiche di analisi statistica per voxel. Tale metodo permette di localizzare
modificazioni cerebrali correlate a processi di sviluppo o di degenerazione.
Tuttavia, un’analisi ottimale è invariabilmente compromessa dall’uso degli
algoritmi standard di registratura.
Fino a pochi anni fa, non era stata data alcuna soluzione soddisfacente al
problema di come allineare le immagini di diffusione di diversi soggetti in maniera
tale da permettere un’analisi statistica per singoli voxel.
Oggi il metodo TBSS cerca di risolvere questo problema tramite un’attenta
registratura non lineare e la proiezione in una rappresentazione di tratti che non varia
con l’allineamento (mean FA skeleton). In questa maniera TBSS ha migliorato la
sensibilità, l’oggettività e l’interpretabilità dell’analisi di RM in diffusione di più
soggetti.
I dati di FA di tutti i soggetti devono essere allineati in uno spazio comune
derivato da immagini di FA di 58 soggetti sani, utilizzando un applicazione di
registratura non lineare del FMRIB nota come FNIRT 77 (Fig. 12).
46
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Fig. 12. La registratura e la sommazione di molteplici esposizioni
della stessa scena migliorano il rapporto segnale/rumore,
consentendo così di vedere oggetti o condizioni invisibili oppure
quasi inapparenti.
Questa applicazione utilizza una rappresentazione b-spline della registrazione
del campo di ripiegatura o warp-field
78
. I cervelli umani normali, infatti, variano
molto in dimensione e forma e le loro immagini di risonanza devono
necessariamente subire un processo di normalizzazione spaziale, cioè di
deformazione, in modo che un'area anatomica presentata dalla scansione del cervello
del soggetto corrisponda alla localizzazione corrispondente nella scansione di un
altro soggetto. Nell'elaborazione informatica delle immagini neurologiche,
la normalizzazione spaziale è un passo dell'elaborazione digitale delle immagini, più
47
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
specificamente un metodo di registratura delle immagini. Esistono due passi inerenti
al processo di normalizzazione spaziale:

la stima del warp-field

l'applicazione del warp-field con ricampionamento
La stima del warp-field (o campo di ripiegatura) può essere eseguita in una
modalità di RM e può essere applicata ad un'altra modalità di imaging se le due
immagini sono state coregistrate.
La
normalizzazione
spaziale
utilizza
tipicamente
un
modello
di
trasformazione non rigida tridimensionale, o "campo di ripiegatura" per la procedura
di "warping" nell'analisi delle immagini di una scansione cerebrale rispetto a un
template di riferimento. Il warp-field può essere parametrizzato da funzioni
base come il coseno e i polinomi. Esiste un certo numero di programmi che
implementa sia la stima che l'applicazione di un campo "warp".
E' stata, quindi, realizzata un'immagine con media FA e limitata ad un valore
di FA pari a 0.2, che deriva da un"'immagine modello medio" di FA che rappresenta i
centri di tutti i tratti comuni al nostro campione.
I dati di FA di ogni soggetto sono stati allineati e poi proiettati su questo
modello e i risultati ottenuti sono stati introdotti in un modello statistico multivoxel
dei vari soggetti. L'inferenza statistica basata su un modello standard lineare è stata
eseguita utilizzando un'analisi basata su permutazioni (5000 permutazioni)
secondo un modello già presente in FSL.
48
79
,
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
L'analisi statistica è stata effettuata secondo una soglia predefinita (t = 2.3) e
corretta per comparazioni multiple (spaziali) all'interno di un insieme di
permutazioni comprese tra un'ipotesi nulla e un valore massimo per ogni
permutazione (P < 0.05).
Analisi postprocessamento di immagini di RM strutturale
Le immagini di RM strutturale forniscono dettagli particolareggiati
dell’anatomia cerebrale. La RM strutturale è diventata ormai un sussidio importante
per la gestione clinica dei pazienti neurologici e viene sempre più utilizzata
nell’ambito degli studi clinici per valutare la risposta terapeutica.
Per esempio, la RM strutturale è attualmente utilizzata come misura di
endpoint secondario nei trial clinici che vedono coinvolti pazienti affetti da SM,
perché permette di quantificare in maniera rapida e riproducibile le lesioni tipiche
della malattia80.
Inoltre, anche nel campo dell’invecchiamento, la RM strutturale sta divenendo
uno strumento sempre più importante per caratterizzare le modificazioni corticali
associate all’invecchiamento fisiologico, come ben sottolineato da Raz81.
Nel campo delle demenze, solo da pochi anni, le ricerche cliniche hanno
iniziato a considerare il ruolo di alcuni parametri di RM strutturale, ma sono state
prese primariamente in considerazione solo valutazioni generali dell’atrofia globale
cerebrale82 83 84 e le misure manuali dell’ippocampo85 86.
Inoltre, l’applicazione della RM strutturale alla ricerca e agli studi clinici è
stata limitata dal fatto che non era possibile ricavare informazioni da specifiche
49
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
regioni di interesse (RI) anatomico. Quando poi, sono stati sviluppati metodi di
quantificazione automatica di determinate RI, solo raramente queste metodiche sono
state utilizzate negli studi clinici87. Ciò è derivato dal fatto di non sapere quali RI
andare a considerare e dalla difficile collocazione anatomica delle RI che variavano
di dimensioni e collocazioni a seconda dell’operatore.
Così, per anni, alcuni di questi metodi si sono focalizzati su una singola RI,
come l’ippocampo88
89
, il giro del cingolo90 o alcune RI sottocorticali91, poiché non
esisteva il modo di valutare, per esempio, tutte le aree della corteccia cerebrale, dato
che sarebbe stato fondamentale nella valutazione di una patologia diffusa come la
MA.
Lo sviluppo di procedure semiautomatiche per la quantificazione delle RI
corticali è stato ancora più complesso a causa della sostanziale variabilità
interindividuale degli spetti topografici della corteccia92 93.
Gli sforzi iniziali per misurare RI corticali tramite RM richiedevano un totale
coinvolgimento dell’operatore94 95.
Metodiche più recenti e più automatiche hanno impiegato una varietà di
approcci ai sistemi di indagine dei dati corticali, inclusi gli approcci basati su
modelli, in cui si stabilisce una corrispondenza tra un atlante di riferimento e le
neuroimmagini di un soggetto in esame96
97
o approcci basati sull’estrazione dei
solchi corticali98 o ancora su tecniche basate sui grafici che rappresentano i solchi
come vertici di un grafico99 100. Solo dieci anni fa, però, si è giunti ad una svolta.
50
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Nel 1999 un gruppo di lavoro guidato da Fishl, Sereno e Dale ha realizzato dei
sofisticati studi algoritmici probabilistici, recentemente pubblicati 101, che sono stati
applicati a due diversi sistemi di definizione delle RI corticali65 102.
Da
questi
studi
algoritmici
è
nato
FreeSurfer103
((http://surfer.nmr.mgh.harvard.edu/), un programma sviluppato presso i laboratori
dell’Athinoula A. Martinos Center per Biomedical Imaging del Massachusett
General Hospital, con il supporto dei CorTechs Labs, Inc, La Jolla, CA. e la
collaborazione con il Mental Illness and Neuroscience Discovery (MIND) Institute,
parte del National Alliance for Medical Image Computing (NA-MIC) fondato dai
National Institutes of Health attraverso il NIH Roadmap for Medical Research e con
il National Center for Research Resources del NINDS.
In accordo con gli studi di Fischl et al.104, Dale et al.74, e Fischl e Dale105, la
ricostruzione tridimensionale della superficie corticale viene effettuata sulla base
delle immagini pesate in T1 magnetization-prepared rapid gradient echo
(MPRAGE) di RM.
Il programma, infatti, permette di misurare lo spessore corticale dalle immagini
di RM, usando una ricostruzione automatica della superficie tramite procedure di
allineamento e trasformazione ad alta risoluzione.
Il processo consiste nella segmentazione della sostanza bianca cerebrale, nella
delimitazione del confine tra sostanza bianca e grigia e nella correzione semiautomatica dei difetti topologici risultanti dall'analisi del software. Questi risultati
consentono di analizzare la superficie delle aree di sostanza bianca, grigia e la
superficie piale con precisione submillimetrica.
51
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
La metodica utilizza informazioni di intensità e continuità derivanti dal
processo di deformazione della superficie con interpolazione delle aree di superficie
in cui l'immagine è ambigua.
Lo spessore corticale viene analizzato mediante una griglia con 1 mm di spazio
tra i due emisferi. Lo spessore corticale è, infatti, definito come la più breve distanza
tra i modelli di superficie piale, di sostanza bianca e di grigia76 con possibilità di
stimare anche differenze submillimetriche.
Le
misure
di
spessore
corticale
vengono
mappate
sull'immagine
tridimensionale ottenuta dalla ricostruzione dell'encefalo di ogni soggetto: in questo
modo è possibile visualizzare i dati inerenti l'intera superficie corticale.
Tutte le immagini vengono comparate con una superficie di riferimento usando
una tecnica di averaging ad alta risoluzione basata sulla superficie. Le RI ricavate da
un modello standardizzato di encefalo vengono mappate sulle immagini relative al
soggetto di interesse usando una procedura morfologica ad alta dimensione sferica
per individuare le regioni omologhe in diversi soggetti.
Infine, il volume e lo spessore medio corticale della sostanza grigia è
analizzato in ciascuna RI. Lo spessore corticale è, quindi, approssimato nell'ordine di
1 mm di grandezza per ridurre l'effetto derivante da variazioni locali.
Ciò permette di avere informazioni sullo spessore corticale che fino a poco
tempo fa era possibile ottenere solo all’esame autoptico. Oltre ai dati di spessore, il
programma fornisce informazioni di volume e superficie delle stesse RI.
FreeSurfer è un programma di mappatura cerebrale e di misurazione in vivo
dello spessore corticale che include dei tool per la ricostruzione di modelli
52
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
topologicamente corretti e geometricamente accurati della superficie grigia, bianca e
piale a partire dai dati di RM strutturale per misurare lo spessore corticale e le aree di
superficie anche nelle circonvoluzioni. Il programma include la possibilità di valutare
automaticamente 34 regioni corticali e le regioni non corticali.
Anche FreeSurfer utilizza FSL.
L’attivazione funzionale si ottiene usando sia FreeSurfer Functional Analysis
Stream (FS-FAST) sia applicazioni di FSL che permettono di creare ricostruzioni
cerebrali per insuflazione, sfericizzazione o appiattimento della superficie.
FreeSurfer utilizza anche il toolkit di MNI MINC, VXL, Tcl/Tk/Tix/BLT e Qt,
già inclusi nel pacchetto.
Differenti programmi di elaborazione immagini, come Caret e 3D Slicer,
possono, poi, importare dati ottenuti con FreeSurfer.
I tool di FreeSurfer permettono di trattare due tipi di dati:

di volume (volumi dei voxel);

di superficie (poligoni che compongono una superficie).
Usando FreeSurfer è possibile:

eseguire ricostruzioni delle superfici;

generare segmentazioni delle strutture sottocorticali;

correggere errori riscontrati durante la generazione dei dati di volume e
superficie.
53
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
FreeSurfer può essere installato gratuitamente da Internet su sistemi operativi
MacOS o Linux.
Il supporto tecnico viene fornito in rete da un equipe di tecnici alla comunità di
fruitori tramite la FreeSurfer mailing list.
In questa sezione, si cercherà di fornire brevemente, delle informazioni sul
programma.
Il comando chiave dei processi è noto come recon-all che, nel suo primo
processo, autorecon1, trasforma le immagini di RM encefalo di un singolo soggetto
dal formato grezzo (generalmente .hdr .dicom) in immagini dal formato facilmente
utilizzabile (.mgz) per l’analisi morfometrica e funzionale con il pacchetto FsFast.
Nel caso si possiedano multiple acquisizioni di un singolo soggetto, FreeSurfer
è in grado di creare un’immagine media in cui la rappresentazione sarà
necessariamente più accurata.
In questo processo, la prima scansione viene considerata dal programma come
modello su cui le immagini successive vengono registrate. Viene applicato anche un
filtro di correzione degli artefatti da
movimento.
Alla fine si otterrà un’immagine di
Fig. 13. La rimozione del cranio, uno dei primi processi
attuati da FreeSurfer.
media delle varie scansioni in formato
.mgz. Il volume dell’immagine viene conformato automaticamente al volume
standard di 2563 in cui ogni voxel rappresenta un’area pari ad 1 mm3.
54
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Recon-all utilizza un tool di
FreeSurfer
detto
mri_motion_correct.fsl, che lavora
in maniera molto simile a FLIRT,
un programma del toolset di FSL.
Le fasi di processamento del
volume consistono nella correzione
Fig. 14. La finestra con i comandi di modiofica e visualizzazione
di Tkmedit e Tksurfer.
degli artefatti di movimento, nella
correzione
dell’intensità
dell’immagine
e
nella
normalizzazione,
cioè
la
trasformazione in uno spazio Talairach.
Per correggere l’intensità il volume T1
subisce una modificazione che elimina il cranio
(Fig. 13) ed i rumori di fondo, generando il
brainmask volume, privo della teca cranica e
conformato ad un’immagine di riferimento.
Tkmedit
and
Tksurfer
(Fig.
14)
costituiscono i comandi di visualizzazione
Fig. 15 Segmentazioni cerebrali attuate con
FreeSurfer.
grafica e di modifica dei dati e sono inclusi nel
pacchetto di FreeSurfer. È già in fase di
realizzazione un nuovo sistema di comandi di visualizzazione grafica, Scuba, che
rimpiazzerà Tkmedit e Tksurfer, una volta completato.
Generato il brainmask, si procede con l’autorecon2, la seconda fase, che
include l’imponente lavoro di segmentazione delle superfici cerebrali (Fig. 15).
55
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Purtroppo il processo di ricostruzione non è infallibile: è, quindi, necessario
controllare sempre il processo di segmentazione ad ogni fase ed eventualmente
correggerlo manualmente. Il processo di segmentazione può fallire per molte ragioni,
ma principalmente per bassa qualità di scansione o differente anatomia
interindividuale.
La correzione viene effettuata utilizzando i tool di modifica di Tkmedit.
In particolare Tkmedit è in grado di creare un’interfaccia per visualizzare e
modificare i voxels presenti nelle singole slices bidimensionali delle scansioni di
risonanza. Oltre alla segmentazione, il programma è in grado anche di parcellare i
volumi corticali e sottocorticali (Fig. 16) in RI standard, sviluppate dal Center for
Morphometric Analysis.
Nel pacchetto sono inclusi molti sistemi
che permettono di valutare, come già detto, lo
spessore corticale e consentono anche altri tipi
di analisi, inclusa la retinotopia.
L’ultimo
processo,
autorecon3,
sostanzialmente
essenziale
ai
quantificazione
dell’analisi
fini
e
è
della
per
la
Fig. 16. Parcellazioni cerebrali attuate con
FreeSurfer.
visualizzazione tridimensionale completa del lavoro con Tksurfer.
Per la misurazione dello spessore corticale regionale il programma suddivide
l’encefalo in 34 regioni corticali, attribuibili a 5 lobi cerebrali, che ricordano le aree
di K. Brodmann del 1909 106.
56
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Le aree cerebrali sono state recentemente descritte da Desikan et al.57 e
vengono elencate di seguito:
a) Lobo frontale
1 - Circonvoluzione frontale superiore
2 – Porzione anteriore della circonvoluzione frontale media
3 – Porzione posteriore della circonvoluzione frontale media
4 – Porzione triangolare della circonvoluzione frontale inferiore
5 - Porzione opercolare della circonvoluzione frontale inferiore
6 – Porzione orbitale della circonvoluzione frontale inferiore
7 - Porzione mediale della corteccia orbitofrontale
8 - Porzione laterale della corteccia orbitofrontale
9 - Polo frontale.
10 - Giro precentrale o prerolandico
11 - Lobulo paracentrale
b) Lobo temporale
Lobo temporale mediale
12 - Corteccia entorinale
13 - Circonvoluzione paraippocampica
14 - Polo temporale
15 - Giro fusiforme
Lobo temporale laterale
16 - Giro temporale superiore
17 - Giro temporale medio
57
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
18 - Giro temporale inferiore
19 - Corteccia temporale trasversa
20 - Porzione posteriore del solco temporale superiore
c) Lobo parietale
21 - Giro postcentrale o postrolandico
22 - Giro sopramarginale
23 - Corteccia parietale superiore
24 - Corteccia parietale inferiore
25 - Precuneo
d) Lobo occipitale
26 - Circonvoluzione linguale
27 - Corteccia pericalcarina
28 - Cuneo
29 - Corteccia occipitale laterale
e) Corteccia del Cingolo
Porzione antero-rostrale
Porzione antero-caudale
Porzione posteriore
Istmo
Corpo calloso
58
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Per una rappresentazione grafica delle mappe, si può osservare la figura 17.
Fig. 17. Rappresentazioni corticali piale (a sinistra) e “gonfiata” (a destra) delle RI in un emisfero. Le immagini nella riga in alto
illustrano la proiezione laterale dell’emisfero, mentre quelle nella riga in basso quella mediale. L’asterisco bianco sulla superficie
piale di sinistra indica la corteccia inclusa all’interno della scissura rolandica non visibile. Gli asterischi gialli sulla superficie
“gonfiata” di destra indicano la stessa corteccia, visibile dopo il rigonfiamento.
59
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
Analisi postprocessamento di immagini di spettroscopia in RM
La MRS è una tecnica analitica strumentale che permette di ottenere
dettagliate informazioni sulla struttura molecolare dei composti in esame. Viene
utilizzata per effettuare studi in vivo sull’uomo sin dagli anni Ottanta107
108
, ma solo
recentemente, grazie al progresso tecnologico avvenuto nella costruzione di magneti
superconduttivi (ad elevata intensità di campo ed elevata omogeneità su ampi
volumi), al progresso elettronico e al progresso informatico (implementazione delle
tecniche di trasformata di Fourier e di ricostruzione bidimensionale), ha acquisito
un'enorme valenza scientifica e diagnostica.
In sintesi, il principio su cui si basa la MRS è il seguente: quando nel corpo
immerso nel campo magnetico B sono presenti delle molecole, i nuclei di queste, a
causa del parziale schermaggio della nuvola elettronica che circonda le molecole
stesse, non "vedono" il campo magnetico esterno B ma un campo effettivo
B'=B(1-s)
dove s è una costante che tiene conto dell'effetto di schermo della nuvola
elettronica; da questo segue allora che, a seconda del tipo di molecola a cui
appartengono, gli spin nucleari avranno frequenze di precessione diverse, e
precisamente frequenze
f'=1/(2) g B(1-s)
dove g è il rapporto giromagnetico del nucleo in questione.
Dallo spettro del segnale acquisito possono allora essere estratte informazioni
riguardanti l'identità e la quantità delle diverse molecole presenti nel campione
60
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
analizzando le posizioni e le ampiezze dei picchi presenti. Gli spostamenti di
frequenza (chemical shift) sono tanto maggiori, e quindi danno luogo a picchi ben
definiti, quanto più è maggiore B; da qui la necessità di avere campi magnetici
elevati (≥1,5 Tesla).
E’ utile, inoltre, sottolineare che per ottenere uno spettro di buona qualità è
essenziale che l'uniformità spaziale del campo magnetico B sia elevata (dell'ordine di
0,1 ppm), per evitare che disuniformità del campo "mascherino" eventuali chemical
shift.
Il nucleo di fondamentale importanza nell'imaging RM, ma anche molto
importante nella spettroscopia, è quello dell'idrogeno ed è quindi della spettroscopia
basata su tale nucleo (1H-MRS) che ci occuperemo principalmente nel seguito.
La 1H-MRS deve la sua diffusione anche al fatto che per il suo utilizzo non
sono necessarie bobine dedicate e catene RF aggiuntive rispetto a quelle usate per il
“normale” imaging RM, non gravando quindi con spese aggiuntive sul costo
dell’hardware del sistema RM. Oltre alla spettroscopia single-voxel (SV-MRS:
Single Voxel MRS) che consente di ottenere uno spettro da un volume di interesse
specifico, molto diffusa è anche la tecnica dell'imaging spettroscopico, che attraverso
l'introduzione di una opportuna codifica di fase, permette la suddivisione della
regione da esaminare in più "voxel" (8x8, 16x16, 32x32, ecc...) e l'elaborazione
contemporanea di uno spettro da ogni voxel, consentendo così di ottenere
informazioni sulla distribuzione spaziale dei metaboliti, anche se a scapito di una
minor qualità degli spettri e di tempi di acquisizione maggiori.
61
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
In entrambe le tecniche sopra descritte, l'acquisizione spettroscopica viene in
genere preceduta da una sessione di imaging che consente la localizzazione del voxel
di interesse, e poi eseguita tramite opportune sequenze quali (per l'1H-MRS) la
STEAM (STimulated Echo Acquisition Mode) o la
PRESS (Point RESolved
Spectroscopy).
Nella spettroscopia protonica, buona parte delle applicazioni cliniche
riguardano le patologie del cervello umano. Le principali ragioni sono da ricercarsi
nel fatto che:

nella maggior parte degli organi i lipidi non sono così nettamente
separati dal tessuto di interesse come nel cervello e, pertanto, la
soppressione del segnale dei lipidi, molto intenso, può diventare un
problema;

gli organi interni sono interessati dai movimenti cardiaci e respiratori
che possono portare ad artefatti e a spettri di scarsa qualità;

il cervello è meno facilmente accessibile per le biopsie che la maggior
parte degli altri organi109.
Spettro dell'idrogeno
I principali metaboliti visualizzabili nello spettro dell’idrogeno acquisito a
livello cerebrale sono:

N-Acetyilaspartato (NAA), un composto localizzato all’interno dei
neuroni e per questo motivo utilizzato come marker neuronale, utile per
62
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
indagare sul numero e sulla funzionalità dei neuroni contenuti
all’interno del voxel di interesse selezionato;

Creatina (Cr), che comprende sia creatina che fosfocreatina e che
fornisce informazioni sul metabolismo energetico del tessuto;

Colina
(Cho),
comprendente
principalmente
fosfocolina
e
glicerofosforilcolina, e legata ai processi di costruzione e di
degradazione delle membrane cellulari;

myo-Inositolo (myo-Ins), utilizzato comunemente come marker della
glia.
In spettri patologici possono comparire anche le risonanze del Lattato (Lac),
indice di una alterata glicolisi anaerobia, e quello degli acidi grassi, legato alla
degradazione delle membrane cellulari. Numerosi studi hanno mostrato come la 1HMRS sia di estrema utilità nello studio di svariate patologie (tumori, sclerosi
multipla, demenze etc.)110.
In particolare, nello studio dei tumori, la MRS trova un suo importante spazio
come supporto alla diagnosi
(finding tipici : riduzione del NAA e notevole
incremento della Cho) e nella distinzione tra tessuto normale, recidiva e necrosi.
In ambito neurologico generale, la MRS mostra lo stato metabolico dei tessuti
e i cambiamenti del metabolismo negli stati patologici e permette il monitoraggio
della terapia e la ricerca di nuove vie metaboliche in vivo e nella ricerca biochimica.
I parametri comunemente utilizzati in MRS (Fig. 18) sono:

lo spettro, cioè la rappresentazione del segnale RM in funzione della
"frequenza di risonanza";
63
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale

i picchi ovvero la rappresentazione grafica del segnale emesso dai vari
metaboliti;

l'unità di misura in Parti per Milione (PPM) per poter confrontare
spettri a c. magnetico diverso;

la posizione, cioè la struttura chimica;

l'intensità (area) cioè la concentrazione.
Fig. 18. Parametri utilizzati in MRS (vedi testo).
Le caratteristiche di acquisizione di risonanza prevedono sequenze a TE
breve (10-30 msec), TE breve (130-140 msec) e TE lungo (150-276 msec).
Successivamente
è
prevista
un'analisi
64
qualitativa
volta
al
semplice
La Risonanza Magnetica Non Convenzionale
riconoscimento visivo dei picchi e quantitativa o ratio, volta ad indagare i
rapporti tra i vari metaboliti in esame.
65
IL NOSTRO STUDIO
Disegno dello studio
Questo studio è nato nel 2010 dalla collaborazione tra la Facoltà di Medicina e
Psicologia della “Sapienza” Università di Roma – Azienda Ospedaliera
Sant’Andrea, la Fondazione Biomedica Europea, l'Azienda Ospedaliera San Camillo
- Forlanini e la Fondazione Santa Lucia. Per la realizzazione dello studio è stata
fondamentale la supervisione dei colleghi del Neuroimaging Section della
University of Szeged.
Lo studio è stato suddiviso in varie fasi. Al momento dell’arruolamento,
durante una visita neurologica, i pazienti sono stati sottoposti ad esame neurologico
comprensivo di MMSE, successivamente sono stati sottoposti ad una valutazione
neuropsicologica e, poi, ad un esame di RM dell’encefalo sia con sequenze
convenzionali, senza somministrazione di contrasto, che con sequenze non
convenzionali. Successivamente le sequenze di RM sono state analizzate con
metodiche di postprocessamento e si è proceduto all’analisi statistica dei dati.
Per questo studio tutte le neuroimmagini sono state analizzate presso la
Fondazione Biomedica Europea di Roma. Tutti i partecipanti hanno firmato un
consenso informato prima dell'inizio dello studio. Ad ogni soggetto è stato assegnato
un numero progressivo identificativo in conformità con la legge sulla privacy.
66
Popolazione
Abbiamo arruolato in serie continua 19 soggetti (9 maschi e 10 femmine, con
età media di 74 ± 8 anni e con range tra i 52 ed i 86 anni) affetti da probabile MA.
Per una visione globale delle caratteristiche del campione, si può osservare la
tab. 1.
I soggetti hanno fornito consenso informato alla partecipazione allo studio.
Criteri di inclusione

Pazienti affetti da probabile MA, secondo i criteri NINDS-ADRDA

Età compresa tra 50 e i 90 anni
Criteri di esclusione

Presenza di gravi deficit neurosensoriali

Scolarità inferiore a 3 anni

Presenza di gravi patologie internistiche

Scarsa compliance che non garantisca la completa adesione alle
richieste del protocollo per tutta la durata dello studio

Storia di abuso di sostanze

Presenza di fattori che controindichino l'esecuzione di un esame di RM
67

Presenza
di
quadri
neuroradiologici
di
importante
sofferenza
cerebrovascolare o di pregresse lesioni ischemiche/emorragiche

Mancato consenso informato alla partecipazione allo studio
Pazienti (n=19)
Età (anni)
74±8
Sesso (maschi/femmine)
9/10
Livello di istruzione (anni)
Punteggio al MMSE
Mesi di malattia
9.5±5.6
20±6
43.1±7.7
Tab. 1. Caratteristiche demografiche e cliniche della nostra coorte.
I dati sono espressi in media±deviazione standard, tranne che nei casi diversamente indicati
68
Metodi
Le seguenti procedure sono state effettuate durante lo studio:

visita neurologica

valutazione neuropsicologica

esame di RM dell’encefalo con metodiche non convenzionali

analisi post-processamento di immagini

analisi statistica
69
Visita neurologica
Per il reclutamento in serie continua, tutti i pazienti giunti all’osservazione,
dopo una vista neurologica, comprensiva di anamnesi ed esame obbiettivo
neurologico, sono stati registrati progressivamente e valutati secondo i criteri di
inclusione ed esclusione.
I soggetti che hanno presentato i requisiti per l’arruolamento allo studio e
hanno fornito il loro consenso informato sono stati sottoposti all’esame
neuropsicologico e di RM encefalo.
I loro i dati clinici sono stati raccolti su una cartella clinica informatizzata.
70
Valutazione Neuropsicologica
La valutazione ha incluso test neuropsicologici molto dettagliati e
standardizzati nella popolazione italiana.
Oltre ad una valutazione cognitiva globale tramite il MMSE e più approfondita
per mezzo del Milan Overoll Dementia Assessment (MODA)111, sono state indagate
in maniera specifica diverse aree cognitive quali l'attenzione selettiva (test delle
matrici attentive o Visual Search and Attention Test o VSAT112) e l'attenzione
continua (trail making test o TMT113 A e B), la memoria a breve e a lungo termine
uditivo-verbale (test di Lista di Rey o RAVLT114 nelle modalità immediata e differita
e test della memoria di prosa115), la memoria immediata (Test Digit Span Avanti ed
Indietro116), le abilità logico-deduttive (Test delle matrici di Raven117), il linguaggio
(Test di fluenza fonemica e semantica118) e le capacità prassiche (test di aprassia
costruttiva 59).
I punteggi ottenuti sono stati normalizzati per età e scolarità.
71
Risonanza Magnetica
Acquisizione ed archivio delle immagini di RM
L’esame di RM è stato eseguito tramite un’apparecchiatura con intensità di
campo magnetico di 1.5 Tesla.
I parametri di scansione sono stati i seguenti:
 FOV: 250 mm
 Matrice di acquisizione: 256 x 256
 Spessore di strato : 3 mm
 Distanza tra le immagini: 0
 Modalità di acquisizione interlacciata
 Numero di sezioni: 44-48
Al fine di velocizzare l’acquisizione, si è utilizzato un FOV rettangolare con
una lunghezza dell’asse della codifica di fase = ¾ FOV
Per ridurre il tempo di acquisizione, la lunghezza del treno di echi (fast turbo
factor) è stata ottimizzata.
I tomogrammi sul piano assiale sono stati posizionati paralleli alla linea
passante dal margine superiore della commessura anteriore e dal margine inferiore
della commessura posteriore (linea CA-CP, o bicommissurale). Il volume di
acquisizione si è esteso oltre la corteccia a coprire tutto l’encefalo. Le sezioni sono
state acquisite perpendicolarmente al piano sagittale definito come il piano passante
72
lungo il seno sagittale superiore, la falce cerebrale, le strutture della linea mediana
lungo la sutura fronto-nasale (nasion).
Sono state effettuate le seguenti acquisizioni:
0. Localizer
1. Assiale T1 pesata
2. Assiale DP-T2-T2 (tripla echo)
3. Assiale DWI - DTI
4. Assiale 3D Magnetization prepared Fast Low Angle Shot (MP-RAGE)
5. Magnetic resonance spectroscopy
6. Acquisizione con tecnica Chemical Shift Imaging (CSI) SE con TE=30ms con
soppressione del segnale dell’acqua in corrispondenza degli ippocampi e dei centri
semiovali.
Prima dell'inizio dello studio è stato effettuato un test di prova (dummy run)
con un volontario sano.
La copia elettronica degli esami di RM è stata archiviata presso la Fondazione
Biomedica Europea di Roma.
I dati informatici delle immagini di RM, in formato DICOM, sono stati
trasferiti presso una work-station presente presso la stessa Fondazione.
L'intero lavoro di post-processamento delle neuroimmagini, descritto nei
prossimi paragrafi, è stato svolto presso la Fondazione Biomedica Europea, in
collaborazione con il Neuroimaging Section della Neurológiai Klinika dell’Albert
Szent-Györgyi Medical and Pharmaceutical Center Faculty of General Medicine
della University of Szeged per quanto concerne le analisi delle immagini in
73
diffusione. E' stata utilizzata la stessa work-station precedentemente menzionata con
un sistema operativo Linux Ubuntu (http://www.ubuntu.com/) per l'intero processo
analitico.
Analisi qualitativa delle immagini di RM
L’analisi delle immagini è stata effettuata indipendentemente da operatori
esperti, all’oscuro sia della storia clinica che dei risultati delle analisi quantitative. I
risultati sono stati registrati su appositi moduli. Si sono valutate le seguenti
caratteristiche:

il “rumore” del segnale delle immagini su una scala a tre punti;

gli artefatti da movimento su una scala a tre punti;

altri artefatti, che sono stati descritti e quantificati su una scala a tre punti;

la qualità dell’immagine su una scala a cinque punti
Queste altre caratteristiche delle immagini sono state valutate separatamente per
ogni esame di RM:
 la visibilità di lesioni iperintense in T2 su una scala a tre punti;
 la stima visiva del quadro radiologico dell’atrofia per entità e per sedi.
Analisi post-processamento delle immagini in diffusione di RM
Dopo aver convertito in formato nii.gz i dati acquisiti nel formato standard
.dicom, è stata effettuata l'estrazione cerebrale e la rimozione del cranio tramite
l'applicazione Bet. I dati di diffusione sono stati corretti per la presenza di "correnti
74
parassite" e di artefatti di movimento per effettuare una registrazione lineare ad
un'immagine di riferimento pesata non in diffusione per 12 gradi libertà72.
Le direzioni dei gradienti di diffusione sono state riorientate secondo i risultati
delle correzioni delle "correnti parassite"73.
I tensori di diffusione per ogni voxel sono stati adattati secondo un algoritmo
incluso nel "Toolbox di diffusione del FMRIB (FDT)" di FSL.
La FA e la MD sono state calcolate per tutto l'encefalo e correlate con i test
neuropsicologi (fig.19). Abbiamo utilizzato il metodo Tract-Based Spatial Statistics
o TBSS74 in maniera tale da ridurre la comparsa di possibili errori dovuti al
disallineamento delle immagini.
Fig. 19. Immagini ottenute grazie all'uso del metodo TBSS e visualizzate tramite FSL view.
In questa fase è stata fondamentale la supervisione da parte del Neuroimaging
Section della University of Szeged.
75
I dati di FA di tutti i soggetti sono stati allineati in uno spazio comune
derivato da immagini di FA di 58 soggetti sani, utilizzando un applicazione di
registratura non lineare del FMRIB nota come FNIRT 69. Questa applicazione, come
sopra illustrato, utilizza una rappresentazione b-spline della registrazione del campo
di ripiegatura o warp-field 119 (comando tbss_1_preproc *nii.gz).
E' stata, quindi, realizzata un'immagine con media FA e limitata ad un valore
di FA pari a 0.2, che deriva da un"'immagine modello medio" di FA che rappresenta i
centri di tutti i tratti comuni al nostro campione (comando tbss_2_reg -T, poi
comando tbss_3_postreg -S e, infine, comando tbss_4_prestats 0.2, con controllo
visivo di ogni operazione tramite fslview).
I dati di FA di ogni soggetto sono stati allineati e poi proiettati su questo
modello e i risultati ottenuti sono stati introdotti in un modello statistico multivoxel
dei vari soggetti (applicazione Glm).
L'inferenza statistica basata su un modello standard lineare è stata eseguita
utilizzando un'analisi basata su permutazioni (5000 permutazioni), secondo un
modello già presente in FSL (comando randomise -i).
L'analisi statistica è stata effettuata secondo una soglia predefinita (t = 2.3) e
corretta per comparazioni multiple (spaziali) all'interno di un insieme di
permutazioni comprese tra un'ipotesi nulla e un valore massimo per ogni
permutazione (P < 0.05).
76
Analisi post-processamento delle immagini strutturali di RM
La ricostruzione tridimensionale della superficie corticale è stata effettuata
sulla base delle immagini MPRAGE usando il software FreeSurfer.
La procedura, già descritta nel precedente capitolo, è consistita nella
segmentazione della sostanza bianca cerebrale, nella delimitazione del confine tra
sostanza bianca e grigia e nella correzione semi-automatica dei difetti topologici
risultanti dall'analisi del software (Fig. 18). Questo risultato è stato poi utilizzato
come punto di partenza per analizzare la superficie delle
aree di sostanza bianca, grigia e la superficie piale con
precisione sub millimetrica. Sono state ottenute anche le
parcellazioni delle varie RI (Fig. 19).
Per ogni soggetto, lo spessore corticale è stato
Fig. 20. Segmentazione cerebrale
attuata su un soggetto del nostro
studio
analizzato con una griglia con 1 mm di spazio tra i due
emisferi.
Le misure di spessore corticale sono state mappate sull'immagine
tridimensionale ottenuta dalla ricostruzione dell'encefalo di ogni soggetto (Fig. 20).
Tutte
le
immagini
sono state comparate con
una superficie di riferimento
usando
una
tecnica
di
averaging ad alta risoluzione
basata sulla superficie. Le
Fig. 21. Parcellazione cerebrale attuata su un soggetto del nostro studio
77
RI ricavate da un cervello standard sono state mappate sulle immagini relative ad
ogni partecipante, usando una procedura morfologica ad alta dimensione sferica per
trovare le regioni omologhe nei vari soggetti.
Infine, il volume
e lo spessore medio
corticale della sostanza
grigia
sono
stati
analizzati in ciascuna
Fig. 22. Visualizzazione delle aree corticali cerebrali di un soggetto del nostro studio
RI.
Lo
corticale
spessore
è
stato,
quindi, arrotondato nell'ordine di 1 mm di grandezza per ridurre l'effetto derivante da
variazioni locali.
Si sono, così, ottenute informazioni di volume, superficie e spessore corticale
regionale dalla nostra coorte di pazienti.
Analisi post-processamento delle immagini in spettroscopia di RM
L'indagine di RM in spettroscopia è stata condotta per i lobi temporali, parietali
e frontali. I metaboliti presi in considerazione sono stati l'N-acetilaspartato (NAA), la
colina (Cho) e la creatina (Cr).
78
Fig. 23. Analisi di immagini in Spettroscopia.
Analisi statistica
I dati di DTI, come precedentemente descritto, avevano già parzialmente subito
il processo di analisi statistica nel corso della loro analisi grazie al metodo TBSS.
I dati clinici, neuropsicologici e di analisi post-processamento delle
neuroimmagini sono stati sottoposti ad analisi statistica utilizzando SPSS 15.0 per
Windows, versione 15.0.1 (SPSS Inc. 2006).
E' stato utilizzato il modello di regressione lineare per stimare i coefficienti dei
diversi parametri considerati nella determinazione del valore dei test cognitivi (se il
coefficiente è positivo la relazione è diretta, se invece è negativo la relazione è
inversa).
E' stata, quindi, effettuata un'analisi di correlazione calcolando i coefficienti di
correlazione di Spearman (rho). In questo studio sono stati calcolati i valori di rho
per valutare la correlazione esistente tra:
79
 le dimensioni di ogni scala neuropsicologica;
 le caratteristiche demografiche dei pazienti;
 i parametri ottenuti dalle indagini di RM non convenzionale.
Per ciascuna correlazione è stata valutata la significatività statistica per
p<0.05.
Quando il valore di rho è compreso tra 0 e +1,00 significa che una variabile
aumenta con l’aumentare dell’altra; quando rho è compreso tra 0 e –1,00 significa
che una variabile aumenta col diminuire dell’altra: se rho = +/-1,00 significa che una
variabile spiega completamente l’altra. Se rho = 0.00-0.40 la correlazione tra le
variabili è scarsa; se rho = 0.40-0.60 è discreta; se rho = 0.60-0.80 è buona; se rho =
0.80-1.00 è forte.
80
Risultati
Non abbiamo ottenuto alcuna correlazione statisticamente significativa tra i
valori di MD e i punteggi di tutti i test neuropsicologici.
Dall’analisi statistica è emersa, invece, una correlazione selettiva tra i valori di
FA misurati nel corpo calloso e i punteggi ottenuti ai test MMSE, TMT-B, fluenza
fonemica e RAVLT (in modalità differita) ed una correlazione tra i valori di FA delle
regioni fronto-parieto-temporali destre ed il RAVLT (in modalità differita). Come
già spiegato precedentemente, è stato direttamente possibile visualizzare i risultati
statistici con l'interfaccia grafica fslview come osservabile nelle figure 24 (a, b, c, d).
Abbiamo ottenuto questi risultati per il MMSE (Fig. 24 a).
Fig. 24 (a). Correlazione tra punteggio del MMSE e dati di FA. La Tract-Based Spatial
Statistic (TBSS) indica una riduzione dei valori di anisotropia frazionaria (FA) nel segmento
postero-parietale di sinistra del corpo calloso nei pazienti affetti da MA. I valori medi di FA
sono rappresentati in colore rosso.
81
Abbiamo ottenuto questi risultati per il TMT-B (Fig. 24 b).
Fig. 24 (b). Correlazione tramite TBSS tra punteggio del TMT-B e dati di FA. La TractBased Spatial Statistic (TBSS) indica una riduzione dei valori di anisotropia frazionaria (FA)
nel segmento postero-parietale di destra del corpo calloso nei pazienti affetti da MA. I valori
medi di FA sono rappresentati in colore rosso.
Sono emersi questi risultati per il test della fluenza fonemica (Fig. 24 c).
Fig. 24 (c). Correlazione tramite TBSS tra punteggio del test della fluenza fonemica e dati di
FA. La Tract-Based Spatial Statistic (TBSS) indica una riduzione dei valori di anisotropia
frazionaria (FA) in tutte le porzioni del corpo calloso nei pazienti affetti da MA. I valori medi
di FA sono rappresentati in colore rosso.
82
E, quindi, abbiamo osservato questi risultati per il RAVLT.
Fig. 24 (e). Correlazione tramite TBSS tra punteggio del RAVLT (in modalità differita) e dati
di FA. La Tract-Based Spatial Statistic (TBSS) indica una riduzione dei valori di anisotropia
frazionaria (FA) nel segmento antero-frontale bilaterale, postero-frontale destro del corpo
calloso nei pazienti affetti da MA. I valori medi di FA sono rappresentati in colore rosso.
Terminata l'analisi dei dati di diffusione, abbiamo effettuato un'analisi dei dati
ottenuti tramite la valutazione degli spessori e dei volumi regionali cerebrali
utilizzando FreeSurfer ed i punteggi ottenuti dai soggetti affetti da MA ai test
neuropsicologici.
Per effettuare tale correlazione abbiamo utilizzato il coefficiente di
correlazione di Spearman.
Abbiamo osservato varie correlazioni significative tra il RAVLT (in modalità
immediata e differita) ed il test delle matrici progressive di Raven e lo spessore di
varie aree corticali sinistre.
83
Tuttavia, il dato più rilevante è stato la diretta correlazione tra il punteggio ottenuto
al MMSE e lo spessore della corteccia entorinale destra, lo spessore dell'area
fusiforme e lo spessore del polo temporale infero-superiore (P>0.01) come visibile in
figura 25.
Fig. 25.Il MMSE appariva direttamente correlato con lo spessore della corteccia entorinale
destra, con l'area fusiforme e con il polo temporale infero-superiore (P>0.01).Il codice di
colori per il valori di P è espresso da una scala logaritmica da 1 a 5. I colori più caldi
rappresentano le regioni in cui la severità del disturbo cognitivo correlava maggiormente
con la riduzione di spessore corticale.
Sempre utilizzando il coefficiente di correlazione di Spearman abbiamo
ottenuto delle correlazioni tra il rapporto NAA/Cr e il rapporto Cho/Cr valutati nei
lobi temporali, parietali e frontali e i punteggi ottenuti ai test neuropsicologici dai
soggetti affetti da MA.
84
E' emerso, in particolare, che esiste un'elevata e significativa correlazione tra
alcuni test neuropsicologici e il rapporto NAA/Cr della sostanza bianca frontale
destra e della sostanza grigia frontale sinistra. Inoltre, la stessa analisi ha dimostrato
una correlazione significativa tra i test neuropsicologici e il rapporto Cho/Cr della
sostanza grigia mesiale occipitale (Tab. 2).
Tab. 2. L'analisi di correlazione tramite i coefficienti di correlazione di Spearman (Rho) del rapporto NAA/Cr ha mostrato che
esiste un'elevata e significativa correlazione tra alcuni test neuropsicologici e la sostanza bianca frontale destra e la sostanza
grigia frontale sinistra. Inoltre, la stessa analisi ha dimostrato una correlazione significativa tra i test neuropsicologici e il
rapporto Cho/Cr della sostanza grigia mesiale occipitale.
Il risultato più importante è stato, infine, ottenuto utilizzando l'analisi
multimodale d'immagine: abbiamo, infatti, osservato, in questa maniera, una
relazione combinata tra valore di FA del corpo calloso, il suo volume ed il punteggio
del MMSE.
85
Discussione
Nel nostro studio abbiamo osservato interessanti evidenze.
Innanzitutto, le microstrutture della sostanza bianca valutate con il metodo
TBSS appaiono significativamente alterate nei paziente affetti da MA.
In particolare, il dato più rilevante appare la degenerazione delle fibre del
corpo calloso nella patogenesi dei disturbi cognitivi dei soggetti affetti da MA, come
dimostrato dalla relazione tra i test neuropsicologici alterati e i ridotti valori di FA
del corpo calloso dei paziente affetti da MA. Questo dato viene integrato anche
dall'evidenza anatomica di riduzione di volume globale del corpo calloso valutata
tramite FreeSurfer.
Tale "danno" appare intimamente correlato soprattutto ai disturbi mnesici,
verbali e attentivi presenti nella MA.
Il corpo calloso rappresenta la più ampia via di connessione di fibre di sostanza
bianca nel nostro cervello e la conoscenza dei suoi cambiamenti correlati all'età e alle
patologie è uno degli aspetti chiave per comprendere il suo ruolo nei processi
cognitivi.
A partire dal 2005120 sono stati effettuati molti studi trattografia volti ad
analizzare il ruolo del corpo calloso nei processi cognitivi.
Nel 2010, proprio utilizzando tecniche trattografiche, un gruppo di ricercatori
canadesi ha realizzato un "atlante probabilistico" in cui sono virtualmente ricostruiti
86
ben definiti segmenti del corpo calloso sulla base della loro area corticale di
connessione121.
Su queste basi, il corpo calloso viene ormai comunemente distinto in sette
distinti segmenti sulla base delle aree corticali bersaglio: orbito-frontale (OF), anterofrontale (AF), supero-frontale (SF), supero-parietale (SP), postero-parietale (PP),
temporale (Temp) ed occipitale (Occ).
Fig. 26. Segmentazione del corpo calloso tramite trattografia. Corpus callosum parcellation
by tractography. Il corpo calloso viene convenzionalmente diviso in sette segmenti separati:
orbito-frontale (OF), antero- frontale (AF), supero-frontale (SF), supero-parietale (SP),
postero-parietale (PP), temporale (Temp) e occipitale (Occ).
La segmentazione del corpo calloso in sette porzioni, invece della classica
divisione anatomo-patologica in quattro porzioni (rostro, genio, corpo e splenio)
permette una più dettagliata localizzazione delle alterazioni dovute ai processi
patologici.
87
Sulla base di queste recenti evidenze, noi abbiamo evidenziato una
correlazione tra le prestazioni attentive e cognitive globali e la degenerazione del
segmento postero-parietale del corpo calloso e una correlazione tra la degenerazione
globale di questa struttura e le funzioni fonemiche.
Da un punto di vista fisiopatologico questi risultati confermano che differenti
pattern di alterazione della sostanza bianca del corpo calloso siano associati alla
MA122. Ciò supporta l’ipotesi che le “disconnessioni cerebrali” svolgano un ruolo
fondamentale nella patogenesi della MA, contribuendo ai disturbi cognitivi
soprattutto mnesici ed attentivi nella fase iniziale-moderata della MA (ricordiamo, a
tal proposito, che il nostro campione aveva un punteggio medio di MMSE di circa
20).
Al dato ultrastrutturale ottenuto con i dati di RM in diffusione occorre
aggiungere la correlazione anatomica tra il volume del corpo calloso ed il punteggio
del MMSE.
Tuttavia dal nostro studio sono emersi anche altri interessanti dati anatomici,
analizzando la relazione tra la gravità dei disturbi cognitivi ed il volume e lo spessore
corticale di alcune strutture cerebrali primariamente interessate dal processo
neurodegenerativo della MA.
Il dato più rilevante è la correlazione tra il test MMSE e lo spessore della
corteccia entorinale, del giro fusiforme e del polo temporale. Il dato dimostra, infatti,
da un lato, l'importanza del ruolo del MMSE come test di screening globale dei
88
disturbi cognitivi, considerata la sua importante correlazione con l'atrofia delle
strutture primariamente interessate dalla MA e, dall'altro lato, il valore diagnostico
della valutazione dello spessore corticale nella MA, proprio in considerazione della
sua correlazione con il punteggio del MMSE.
Oltre a questi risultati relativi al MMSE, lo studio ha mostrato che le funzioni
cognitive che più correlano con il processo atrofico appaiono essere la memoria e le
abilità logico-deduttive.
Al danno anatomico delle strutture corticali temporo-mesiali, occorre
aggiungere l'evidenza di danno di natura metabolica individuato dai nostri studi
spettroscopici.
Il rapporto NAA/Cr nella sostanza bianca frontale destra correla con i test
indicanti i disturbi di memoria e linguaggio e anche con il MMSE, indice di declino
cognitivo globale.
Lo stesso rapporto nella corteccia frontale sinistra è apparso correlato con i
disturbi della memoria di prosa e con il declino cognitivo globale, mentre il rapporto
Cho/Cr nella sostanza occipitale mesiale destra correlava con i disturbi attentivi.
Come noto, nella MA è presente proprio una diminuzione caratteristica e consistente
di NAA parieto-occipitale123 e proprio il rapporto NAA/Cr ratio nella corteccia del
lobo occipitale sinistro ha una sensibilita del 78% e una specificita del 69% nel
predire lo sviluppo di demenza in soggetti affetti da MCI124.
Occorre aggiungere che le misurazioni ottenuti dall’elaborazione dei dati di
RM appaiono in linea con quanto evidenziato anche dagli studi neuropatologici nella
diagnosi differenziale tra soggetti sani e soggetti affetti da MA125 126 e contribuiscono
89
in maniera sostanziale al miglioramento della diagnosi, rispetto all’uso dei soli test
neuropsicologici.
Prima di giungere alle conclusioni occorre sottolineare il fatto che questo
studio presenta alcuni limiti ovvero la ridotta dimensione del campione di
popolazione in esame, l’assenza di un campione di controllo e, ovviamente, l’assenza
di una conferma neuropatologica della diagnosi.
Dobbiamo tuttavia sottolineare che si tratta di risultati preliminari ottenuti su
un piccolo gruppo di pazienti.
Ulteriori studi saranno necessari per confermare i nostri dati.
Possiamo, pertanto, concludere che, analizzando insieme dati di diffusione con
i dati strutturali, il nostro studio ha permesso di evidenziare una correlazione in vivo
tra parametri anatomici e ultrastrutturali e parametri cognitivi.
La combinazione di metodiche differenti di risonanza magnetica non
convenzionale che valutino la morfometria, la spettroscopia la MD e la FA fornisce
un nuovo utile approccio per la valutazione anatomica, metabolica ed ultrastrutturale
dei processi neurodegenerativi alla base della MA.
90
Bibliografia
BIBLIOGRAFIA
1
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CIV
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la malattia di alzheimer - Padis