IL REGISTRO DELLE AUTOPSIE
E LE STORIE CLINICHE
CONSERVATE NEL MUSEO PATOLOGICO
DELL’UNIVERSITA’ DI FIRENZE:
L’ATTUALITA’ DI UNA DOCUMENTAZIONE
ANATOMO-CLINICA DEL PASSATO
Gabriella Nesi, Raffaella Santi, Francesca Castiglione,
Gian Luigi Taddei
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia
Università degli Studi di Firenze
Il Museo Patologico, allocato
presso il Dipartimento di
Patologia Umana e Oncologia
dell’Università di Firenze,
accanto ad una consistente
collezione di preparati
anatomici conservati in
formalina, accoglie più di un
centinaio di opere in cera che
riproducono i quadri patologici
noti e ritenuti più significativi,
per rarità o per gravità,
dell’Ottocento, periodo storico
nel quale la collezione vede la
sua nascita e il suo
sostanziale ampliamento.
Una veduta d’insieme del Museo
Patologico dell’Università di Firenze
Tali opere, uno straordinario esempio
di connubio fra arte e scienza, sono
state eseguite da grandi maestri
modellatori attivi presso il celeberrimo
laboratorio della Specola, quali Luigi
Calamai (1796-1851) e il suo allievo
Egisto Tortori (1829–1893).
Il volto di un uomo raffigurato prima e dopo un intervento di blefaroplastica,
per una lesione ulcerativa corneo-congiuntivale associata ad ectropion delle
palpebre dell’occhio sinistro, maestro ceraiolo Luigi Calamai
Un quadro di Neurofibromatosi di tipo I, allora denominato
Mollusco con Morbo Follicolare di Rayer, del quale nel Museo
si conservano la storia clinica (a sinistra un particolare del
Catalogo museale originale), le lesioni cutanee conservate in
formalina (a destra in basso), la riproduzione in cera del
maestro ceraiolo Giuseppe Ricci (a destra in alto).
Cuore ipertrofico con effetti di endocardite sulle valvole cardiache,
conservato in formalina (a sinistra); cuore di neonata con un solo
ventricolo, maestro ceraiolo Egisto Tortori (a destra)
Il cosiddetto Lebbroso, riproduzione in cera a grandezza naturale
dell’intero corpo di un uomo affetto da una grave forma di scabbia
norvegese, maestro ceraiolo Luigi Calamai
L’istituzione del Museo
Patologico nel 1824 si deve
massimamente a Pietro Betti.
Medico afferente all’Accademia
Medico-Fisica fiorentina, egli è
considerato a ragione la mente
ispiratrice del Museo ed è
anche colui che più di ogni altro
si dedicherà al successivo
ampliamento e alla cura dello
stesso. E’ sua inoltre la
proposta di istituire una
Cattedra di Anatomia
Patologica a Firenze, come
infatti avviene nel 1840, per la
prima volta in Italia.
Pietro Betti e un volume dei
verbali delle riunioni
dell’Accademia MedicoFisica Fiorentina
L’Ospedale di S.M. Nuova
Nel 1838 il Museo Patologico viene annesso a quello
analogo che già esisteva nell’Imperiale e Reale
Arcispedale di Santa Maria Nuova. Il Museo acquista
così un ruolo dominante nel panorama medico toscano
grazie ad una sovrana deliberazione del 1839 che ne
definisce specificamente i compiti.
Nell’Ordinamento delle Autopsie nell’Arcispedale, che di tale
deliberazione fa parte, viene infatti disposto che ogni autopsia
debba essere presieduta dal Direttore del Museo Patologico, al
quale è necessario consegnare le parti del corpo ammalate,
asportate con l'operazione chirurgica. Nello stesso anno, fu
allestito un Registro delle Autopsie. Da allora la registrazione
delle autopsie non è mai stata interrotta e se ne conservano
tutti i volumi, unitamente a quelli contenenti 1469 Storie cliniche
concernenti i casi autoptici dal 1839 al 1881.
Il Registro delle Autopsie
Particolare di una delle pagine del
Registro delle Autopsie
Questa documentazione,
probabilmente la parte
meno conosciuta del
tesoro museale, è tuttavia
preziosa non solo perché
testimonia malattie del
passato, ma anche perché
in essa leggiamo come le
correlazioni anatomocliniche, utilizzate al fine di
condurre i rilievi autoptici
all’epicrisi e dunque allo
stabilire la causa mortis,
abbiano costituito le basi
della moderna medicina.
Si ringrazia l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze per la generosa disponobilità con la quale contribuisce al
mantenimento di questa antica struttura museale
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135 - G.Nesi, R.Santi, et al.