Alberto Bianchi Francesco Macario
In loco de Pisoneis
con contributi di
Gabriele Medolago
Riccio Vangelisti
Comune di Pisogne
a r c h i m e d i a
Le immagini di Simone Magnolini sono di proprietà dell'Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia, che
ha rilasciato permesso di pubblicazione
L'Archivio di Stato di Brescia ha rilasciato il permesso per la pubblicazione delle mappe catastali e del documento a pag. 114
con provvedimento n. 25 del 15-12-2008
L'Archivio di Stato di Bergamo ha rilasciato il permesso per la pubblicazione della mappa catastale a pag. 17 con
provvedimento n. 97 del 12-12-2008
Il disegno a pag. 61 è elaborato a partire dalle piante di rilievo della Torre degli arch. Irene Fiorini e Paola Cristiani,
conservate nell'archivio dell'Ufficio Tecnico del Comune di Pisogne
La riproduzione digitale della mappa a pag. 17 è di MIDA Informatica, Bergamo
Le fotografie dall'elicottero sono di Lino Olmo
Le riproduzioni dei disegni dell'Archivio Comunale di Pisogne sono di Elena Richini
La fotografia a pag. 13 è di Gabriele Medolago
Le immagini d'epoca alle pagine 57 e 60 sono riproduzioni di quelle presenti presso il Municipio di Pisogne
L'immagine pubblicata a pag. 20 è la riproduzione di una cartolina originale proveniente da collezione privata
Le vettorizzazioni di tutte le cartografie catastali storiche sono di Monica Mensi
Le fotografie delle mappe catastali presso l'Archivio di Stato di Brescia sono di Carlo Piccinelli
Tutte le altre immagini fotografiche, i disegni e le elaborazioni grafiche sono degli autori
Ringraziamenti
Gabriele Archetti, che ha concesso il permesso per la pubblicazione della trascrizione del designamento del 1299, sulla quale
si basa gran parte di questo studio
Sergio Bellini di MIDA Informatica, per la riproduzione della mappa catastale di pag. 17
Andrea Breda, della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, per le notizie sugli scavi archeologici effettuati presso la
Pieve e la Piazza del Mercato
Renata Meazza, dell'Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia per le fotografie di Simone Magnolini
Lino Olmo, per la serie di fotografie dall'elicottero che corredano il testo
Elena Richini dell'Ufficio Tecnico del Comune di Pisogne, per il prezioso contributo logistico e le riproduzioni dei disegni
dell'Archivio Storico del Comune
don Ermanno Turla, per i diversi sopralluoghi presso S. Maria in Silvis e la vecchia canonica
il personale dell'Archivio di Stato di Brescia, per il supporto alle ricerche compiute in extremis
tutti i cittadini di Pisogne e frazioni che hanno collaborato, fornendo informazioni e consentendo la visita presso le proprie
abitazioni
 Comune di Pisogne
- Archimedia
Gianico, dicembre 2008
2
Presentazione
L
a Storia è il tracciato che segna le nostre radici, che ci dice da dove veniamo e come
sono stati forgiati i nostri pensieri: sapere da dove veniamo ci aiuta a comprendere dove
stiamo andando e a disporre di chiavi di lettura del presente per costruire il futuro.
E’ necessario conoscere la storia, soprattutto quella legata al proprio paese per avere radici,
affinché le fondamenta della nostra tradizione, dei nostri saperi, dei nomi delle nostre vie, ci
conducano alla ricerca profonda di noi stessi.
Per queste ragioni, quando gli autori del libro ci presentarono un’idea editoriale di ricerca
fondata sullo studio del Catasto Lombardo Veneto, pensammo ad un documento storico in
grado di offrire una ricostruzione del recente passato di Pisogne, della sua imponenza e del
suo ruolo in Vallecamonica e sul Sebino, nell’intento di regalare al nostro Paese un preziosa,
rilevante testimonianza del suo passato.
Nessuno, nemmeno gli autori, poteva ipotizzare, invece, il valore dei documenti emersi
dall’analisi storica abbinata ai dettami dell’archeologia dell’architettura che ha reso
possibile la ricostruzione di una mappa di Pisogne del XIII sec.: la mappa del borgo
circondato dal fossato, la villa verso sud, il castello, la rocca, il dongione, confermando ciò
che noi pisognesi da sempre sappiamo, ovvero che la nostra cittadina è da quasi mille anni
primario centro politico, economico e di interscambio culturale.
E’, questo, un libro che ci permette di leggere la nostra storia sui portali delle nostre case,
che ci consente di ripercorrere le strade del tempo guardando con nuovi occhi un affresco o
una colonna che conosciamo fin da bambini.
E’ un libro che, ci auguriamo, solleticherà la curiosità di ciascun pisognese immaginando gli
eventi, i fatti e le persone che hanno contribuito a rendere Pisogne ciò che oggi è,
riconoscendo negli attuali edifici prestigiose sedi storiche all’interno delle quali si sono
decise le sorti della nostra storia.
Questo libro è dedicato a quanti amano la nostra cittadina, a quanti ne apprezzano le
bellezze e l’attrattiva, ma è dedicato, soprattutto, a noi pisognesi, perché continuiamo ad
accrescere la consapevolezza di vivere in uno splendido paese in cui il tempo ha
incessantemente lasciato i propri segni nelle pietre, nei luoghi e nelle persone.
Pier Matteo Bertolini
Oscar Panigada
Assessore alla Cultura
Sindaco
3
prefazione
Ricostruire il passato, interpretare il presente
“… la città non dice il suo passato
lo contiene come le linee di una mano
scritto sugli spigoli delle vie, nelle
soglie delle finestre…”
Italo Calvino, le città invisibili.
a storia di un insediamento umano, piccolo o grande che sia, si può scrivere i
modi diversi. Lo si può “raccontare” attraverso la descrizione degli avvenimenti
che in quel luogo si sono svolti, oppure lo si può “disegnare” attraverso la ricostruzione simulata delle strutture fisiche storiche di cui abbiamo traccia.
L
Questa seconda modalità di approccio storiografico è la meno consueta, perché la
più complicata e rischiosa sulla formazione delle ipotesi interpretative, ma è proprio
quella praticata dagli autori del presente volume.
Non sono molti gli analoghi casi, non sempre riusciti, più spesso tentati e non conclusi di utilizzo di un documento storico di carattere descrittivo, per ricavare un’immagine attendibile, attraverso il disegno, di una realtà fisica altrimenti delineata solo a parole.
Quale significato può avere, pertanto, considerando la difficoltà, l’operazione condotta dai nostri autori su un documento di oltre sette secoli fa per restituire il contenuto materiale, cioè la realtà insediativa che in esso viene documentato?
Non si tratta, evidentemente, solo di una sfida intellettuale: misurarsi cioè con la
difficoltà di restituire sotto forma spaziale  topografica, tipologico-costruttiva, volumetrica  i dati descrittivi di un documento cartaceo del passato. Questo tipo di sfida
è ormai diventata un’esigenza metodologica e operativa da parte di alcune discipline
storiche di frontiera, come la “nuova archeologia” che hanno di fatto assunto come
proprio compito e finalità conoscitiva non la «semplice ricostruzione del passato, rimettendone insieme i vari momenti, come se i diversi frammenti, cioè i dati materiali, potessero agevolmente essere riuniti e offrire un quadro coerente appena estratti dal
terreno», o da un documento scritto aggiungiamo noi. «Il vero scopo  afferma Colin
Renfrew, che con Lewis Binford è tra gli esponenti di spicco della “new archeology”
raggiungibile con un lungo sforzo, è comprendere i significati e costruire le interpretazioni che si colleghino ai ritrovamenti e ai dati di partenza in modo conseguente, e delle quali si sia sempre in grado di fornire le giustificazioni».
Nel nostro caso nella ricostruzione dell’abitato antico di Pisogne in base ai dati contenuti nel documento del 1299, cosa può voler dire ”comprenderne i significati” restituendone ”le interpretazioni”? Vuol dire mettere in relazione l'attuale realtà topografica, abitativa, tipologico-costruttiva e persino proprietaria del nucleo storico di Pisogne
con la matrice che lo ha generato, vuol dire insomma dare significato al presente interpretandone il passato. Ma con una differenza sostanziale rispetto all’approccio storiografico tradizionale: ricorrendo cioè agli strumenti dell’analisi toponomastica, catastale,
urbanistica ed edilizia. Se ne vedono i risultati concreti negli elenchi in tabella delle uni-
5
tà edilizie al 1299 riconosciute in ubicazione, proprietà e consistenza; nelle planimetrie
dell’abitato ricostruito in topografia e toponomastica; nella restituzione assonometrica
del tessuto edilizio e della perimetrazione murata, delle emergenze nel costruito.
Quale può essere il significato di questi elaborati grafici?
Nelle parole di Binford: «le elaborazioni sulle testimonianze storico-documentarie
noi le applichiamo alla realtà contemporanea: esse contengono informazioni sul presente; il dato documentario e archeologico non è costruito da simboli, o parole o concetti, ma da oggetti materiali. La sola maniera per capire il significato  delle case, delle strade, dei materiali e delle forme che osserviamo oggi nel centro di Pisogne  è
giungere alla conoscenza, anche parziale, dell’origine di questi oggetti e di queste forme, di come si siano modificati nel tempo, acquistando la caratteristica che hanno oggi.
Quest’opera di comprensione si basa su un ampio bagaglio di cognizioni che legano tra
loro attività umane (aspetti dinamici: nel nostro caso le attività costruttive) alle conseguenze di quelle attività evidenziate negli oggetti materiali (aspetti statici: nel nostro
caso gli organismi edilizi)».
Se vogliamo indagare, per cercare di comprenderle, sulle relazioni esistenti tra gli
aspetti statici e quelli dinamici di cui parla Binford, e che Calvino intende come «relazioni tra la misura dello spazio costruito e gli avvenimenti del suo passato», dobbiamo
esser capaci, sempre secondo Binford, di «“osservare entrambi gli aspetti simultaneamente, cioè nel presente e nella storia».
Abbiamo quindi bisogno di luoghi, come Pisogne, in cui siano conservati e ancora
presenti oggetti del passato, ma insieme abbiamo bisogno di strumenti teorici, metodologici e operativi, come quelli di cui dispongono i nostri autori, che diano un significato alle preesistenze e alle permanenze.
L’identificazione di tali beni nel presente e del loro contesto nel passato dipende da
una serie di ricerche che solo studiosi competenti possono svolgere; la conservazione
di questi beni e quindi la trasmissione del loro significato è affidata alla consapevolezza
degli abitanti che di tali beni sono i proprietari, ed alla responsabilità di amministratori
che ne possano tutelare l’integrità e favorire lo studio.
Gian Piero Calza
Facoltà di Architettura
Politecnico di Milano
6
Introduzione
...contiene sette terre: Pisogni, Grignaghe, Fraijne, Sonvico,
Zinzese, Pontaso, Toline. Questo comune contiene grandissimo
territorio ...”. Le prime parole della descrizione di Pisogne
scritte da Giovanni da Lezze, nel 1610, all’interno della
relazione sul bresciano contenuta nel Catastico, colgono
immediatamente l’elemento peculiare del luogo. Alle sette
terre non corrispondono solo sette (o più) agglomerati
abitativi, più o meno estesi, con le relative dotazioni
territoriali che un insediamento umano richiede, ma anche
diversi organi di governo, ognuno con le proprie
consuetudini e caratteristiche. Il funzionamento della vita
pubblica, la ripartizione delle spese, l’utilizzo delle
risorse necessitavano di regole, e le attività
amministrative produssero nel corso dei secoli la
documentazione che ritroviamo negli archivi storici.
“
Il lavoro potrebbe auspicabilmente
costituire un buon punto di
partenza in futuro per ricerche di
approfondimento sul periodo o nuovi
studi sui successivi, oltre che (la
speranza è sempre l’ultima a morire)
uno stimolo per la conoscenza, la tutela e
la valorizzazione di quel che ancora rimane
dell’edilizia storica.
a
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Cemmo
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Breno
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Cividate Camuno
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Darfo
Rogno
Lovere
PISOGNE
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Zone
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Marone
V
A causa di questa complessità e
dell’estensione del territorio, il tentativo di
produrre un volume contenente una
Storia di Pisogne sarebbe fatalmente
destinato al fallimento. Il proposito
di questa pubblicazione è meno
ambizioso: ci accontenteremo di
tentare di gettare un po’ di luce su
un periodo, quello
basso-medioevale, che vide
formarsi (o consolidarsi) gli abitati
dei luoghi, in aggregazioni e forme
che hanno costituito l’embrione di
quelli che oggi riconosciamo come centri
storici.
Edolo
Iseo
BRESCIA
7
10
A.E.S.S., fondo Simone Magnolini, n. 8710
capitolo 1
Documenti di carta e documenti di pietra
e strutture materiali edilizie di epoca medievale costituiscono il principale campo di indagine di questo
studio. La prospettiva da cui queste saranno viste, tuttavia, potrà apparire inconsueta: proveremo a leggere l'edilizia di questo
periodo attraverso una serie di notizie, disseminate dai primi secoli del secondo millennio ai giorni nostri, e attraverso le lenti
che un eterogeneo ventaglio di strumenti ci
fornisce.
nufatti. Cercheremo anche, e forse sarà
questo il tratto caratteristico del volume, di
inserire i singoli edifici in un quadro generale che comprenda l'intero abitato storico di
Pisogne, e crediamo che alcuni risultati potranno tornare utili per una migliore comprensione anche di temi non strettamente
legati alla storia e all'archeologia dell'edilizia.
Oltre ai tradizionali documenti che costituiscono il campo di applicazione degli
storici, ci serviremo di cartografie, fotografie storiche, aerofotografie, affreschi e dipinti per dedurre linee di indagine e trovare
suggerimenti per l'interpretazione dei ma-
L'analisi delle strutture edilizie riferibili
all'epoca medievale rimane naturalmente
necessario in questa impostazione, anche
se occorre precisare che occorrerà leggere
gli edifici, che rimangono i documenti primari della nostra indagine, con modalità nuove
L
L'esame degli edifici
Una casa sulla Piazza Mercato: il
portale attuale, tardo-seicentesco,
ha sostituito quello in mattoni (XIV
sec.). Per quest'ultimo non è possibile stabilire con certezza se a sua
volta fosse stato inserito in un muro
più antico, dal momento che non
ne è più visibile l'accostamento: a
destra per il nuovo intonaco, a
sinistra per la costruzione del nuovo
portale.
11
rispetto a quanto fatto finora negli studi vazione tradizionale, di cui pure bisogna tecondotti e disponibili per il territorio di Pi- nere conto, vanno messe in rapporto con
sogne.
l’immancabile depositarsi di nuove azioni sui
complessi edilizi, che a volte cancellano in
In primo luogo bisogna notare come, ol- parte quelle precedenti e altre vi si aggiuntre alle considerazioni sulle caratteristiche gono, oltre che all’azione degli agenti natufisiche e morfologiche dei manufatti (qui in- rali che provocano modificazioni al pari deltesi oltre che come edifici nel loro com- l’uso da parte dell’uomo. Accade così per
ples so anche come singoli elementi co- esempio, anche a Pisogne, che insospettastruttivi, quali porte, finestre, colonne, ca- bili palazzi settecenteschi nascondano al lopitelli, setti murari, ...), sia fondamentale ro interno parti significative delle abitazioni
pensare il costruito come il risultato di una di alcuni secoli precedenti a cui si sono soevoluzione legata all’uso, alle disponibilità vrapposti, e che un esame limitato ai carateconomi che, alle conoscenze tecnologi- teri stilistici non abbia saputo fornire eleche, al gusto di ogni periodo storico attra- menti utili alla ricostruzione della topograversato. Un esame secondo i metodi della fia del sito prima del nuovo assetto.
Sto ria dell’Archi tet tu ra o del la Sto ria
dell’Arte, ampiamente applicati in passato
Per la lettura dello spessore storico dei
anche per la Valle Camonica, non può por- manufatti edilizi si impiegano da tempo i
tare, in altre parole, ad alcun risultato inte- metodi propri dell’archeologia dell’architetressante se applicato all’edilizia diffusa, che tura, che consentono, attraverso varie fasi
di per sé può essere priva dei particolari va- operative e la redazione di determinati elalori che tali discipline si propongono di indi- borati, di ricostruire le vicende (costruzioviduare; né d’altra parte si può pensare di ne, rimaneggiamenti, demolizioni, ampliatornare ad applicare le categorie interpre- menti) di un edificio, a patto che le sue parti
tative basate sulle tipologie edilizie, come costitutive siano esaminabili1.
se ogni edificio storico fosse pensato e costruito da un’unica mano in un dato moNel nostro caso, e per la fase del lavoro
mento e da allora rimanesse cristallizzato di studio sugli abitati storici di Pisogne prenelle proprie sembianze.
sentata in questo volume, non arriveremo a
un tale livello di dettaglio. Non si troveranLe considerazioni derivate da un’osser- no quindi le formalizzazioni grafiche (dia-
1. Per una esaustiva e moderna
esposizione dei concetti alla base
dell'archeologia dell'architettura segnaliamo GALLINA - BREDA 2003,
pagg. 83 e segg.
Anche in edifici rurali si possono leggere informazioni utili a ricostruirne
l'evoluzione. In questo caso, a Fraine, la porta murata era in relazione
ad un ballatotio in legno, mentre
nella parte superiore le lastre di pietra sporgenti dalla muratura erano
poste poco sopra ad una tettoia di
protezione. L'apertura successiva
della porta a sinistra rese evidentemente inutili queste strutture, che
non furono conservate.
12
grammi e prospetti stratigrafici) delle osservazioni effettuate sul campo, essendosi
ritenuto più utile lavorare in questa sede
per istituire un collegamento sicuro fra le
strutture identificate sul territorio e le descrizioni contenute nei documenti scritti disponibili.
Il Designamento del 1299
vescovo di Brescia: in primo luogo quella di
dominio sugli uomini di Pisogne, assoggettati alla sua giustizia; di seguito l’elencazione
delle imposte dovute, il controllo sulle nomine delle autorità della comunità, la specificazione dei diritti sulle attività legate al
mercato. Dopo di che l’estensore del documento descrive gli obblighi degli uomini di
Pisogne e dei centri del territorio in merito
alle strutture fortificate detenute in loco dal
vescovo, importanti, complesse e, come
vedremo, di notevole impatto sulla organizzazione territoriale, e registra, casa per
casa ed appezzamento per appezzamento,
le persone che posseggono in affitto beni
dell’episcopato.
2. Anche se l'originale, che doveva
far parte del Registro 5 della Mensa
Vescovile è andato perduta, esistono
altre tre copie del documento: in
A.S.B., fondo Codice Diplomatico ,
b. 8 (Ms. O.VII.1, doc. 17) in copia
del 1299, già in B.C.Q.; in A.V.B.,
sezione Mensa, reg. n. 8 si trova
una copia cartacea della metà del
XIV sec.; in A.P.P. una copia settecentesca.
Fra questi spicca il Designamento dei beni
e dei diritti del vescovo di Brescia sul territorio di Pisogne, compilato nel giugno del
1299 ad opera di Cazoino da Capriolo, nell’ambito di un’operazione tesa a riaffermare
tali prerogative in tutti quei luoghi della Valle Camonica dove erano forti gli interessi
dell’episcopato2. Il documento è stato forSebbene il documento sia noto da temtunatamente pubblicato e commentato da po, è stato sempre letto ed interpretato
G. Archetti, e per quanto riguarda gli aspet- con il fine di illustrare le prerogative vescoti istituzionali, le modalità della rilevazione
e le caratteristiche diplomatiche rimandia- f
mo senz’altro a quell’opera3. Quello che
qui importa è, come accennato prima, dare
un riferimento nei luoghi di Pisogne alla imponente mole di informazioni contenute
nel designamento, nella convinzione non solo che questa operazione consenta di fornire un quadro ricostruttivo relativo ad importanti parti del territorio, ma che questa
materializzazione sia in grado di arricchire
anche la conoscenza degli aspetti trattati
tradizionalmente dagli storici.
3. ARCHETTI 1994.
4. BIANCHI - MACARIO - ZONCA
1999.
Un'immagine della copia del documento conservata presso l'Archivio
Vescovile di Brescia, sezione Mensa, registro n. 8.
Questa pubblicazione giunge ad alcuni
anni di distanza da un lavoro edito su Cividate Camuno4, che al pari di Pisogne fu in
epoca medioevale sede di una delle pievi
camune, presso la quale lo stesso Cazoino,
nello stesso periodo, aveva portato a termine un’operazione analoga a quella qui
condotta. In quel caso la maggior parte delle informazioni, oltre che il ribadimento di
diritti giurisdizionali, riguardava la registrazione del patrimonio fondiario dell’episcopato mediante l’annotazione dei singoli poderi, dell’affittuario, della superficie coltivata e del censo corrisposto. Nel nostro caso
si tratta di un atto simile, che riguarda una
grande parte dell’abitato di Pisogne del
tempo e, in misura minore, degli altri centri
presenti nel territorio.
Anche in questo caso vengono rimarcate in apertura le importanti prerogative del
13
vili su Pisogne in quel periodo. L’occhio dello storico spesso vede nella documentazione le informazioni utili a ricostruire un profilo istituzionale del soggetto, ma quando,
come in questo caso, la fonte tramanda notizie sulle strutture materiali, queste possono essere impiegate utilmente a supporto
dell’archeologia dell’architettura.
le caratteristiche proprie, e che queste siano ipotizzabili solo mediante l’analisi diretta, per quanto possibile, delle strutture esistenti. Di nuovo, quindi, va sottolineata la
necessità di verificare ogni informazione
contenuta nel testo, confrontandola con l'analisi dell'edilizia esistente e con tutte le altre fonti disponibili.
Il designamento è stato quindi da noi studiato in particolare per quanto riguarda le
descrizioni delle strutture di difesa a presidio del territorio (il castello, il dongione, la
rocca, le porte ...) e per le parti che descrivono le case di Pisogne. La precisione della
rilevazione ha qui consentito di ricostruire
con buona attendibilità innanzitutto l’estensione dell’abitato, ipotizzandone oltretutto
diversi stadi di sviluppo, e poi, soprattutto,
la topografia interna, con una rappresentazione della suddivisione nei singoli lotti assegnati agli affittuari.
Le altre fonti d'archivio
Detto che la base di questo studio è costituita principalmente dalla messa in mappa
delle notizie tratte dal designamento del
1299, notiamo che ogni altra fonte scritta,
riguardante l’edilizia storica o genericamente il territorio di Pisogne, è potenzialmente utile per aumentare la resa informativa delle elaborazioni svolte. Sono stati impiegati documenti isolati, anche molto antichi, e ci si è serviti inoltre di lavori precedenti effettuati sulle fonti note. La documentazione disponibile è di quantità rileDalla lettura del testo apparirà poi come vante e tale da consentire per il futuro di
la descrizione di ogni singola domus non sia svolgere lavori analoghi a questo per altri
sufficiente per determinarne con sicurezza periodi storici. Le fonti di tipo fiscale, ad
La prima pagina di un registro
dell'Estimo del comune di Pisogne
del 1689 (A.S.B., fondo Catasto
Antico) mostra l'immagine dello
stemma comunale. La torre appare
circondata da un recinto esterno,
ed è dotata di un braccio che regge
la spada e di una lancia/bilancia.
14
esempio, conservate per il XVII e XVIII secolo, che qui utilizzeremo solo per alcune
particolari verifiche su parti limitate dell'abitato di Pisogne, presentano ingentissime
moli di dati che potrebbero permettere di
ricostruire, oltre alla topografia, l’organizzazione di tutto il territorio del comune e
un quadro economico e sociale delle comunità che vi risiedevano in quell'epoca.
Le fonti iconografiche
È noto da tempo come presso la Pieve
di Pisogne, nell’androne della vecchia canonica, sia presente un frammento di affresco
che ritrae una chiesa, un centro abitato dotato di mura ed un’ulteriore impo nente
struttura fortificata posta in posizione elevata. Finora, da parte di chi ne ha pubblicato notizie e considerazioni, la descrizione
delle caratteristiche della raffigurazione si
concludeva solitamente con la dichiarazione di impossibilità di identificare questi soggetti, lasciando a livello di mera ipotesi la
possibilità che il luogo ritratto potesse essere proprio Pisogne5. L’operazione condotta
sul documento e sul campo, oltre che il
confronto con una raffigurazione più recente che sicuramente ha come soggetto Pisogne, ha consentito di sciogliere definitivamente ogni dubbio.
5. Cfr. ad esempio BERTOLINI PANAZZA 1994, pag. 373
La Pala di S. Clemente, in origine
presso la chiesa omonima, oggi nella Chiesa di S. Maria in Silvis, databile alla fine del XVII secolo, contiene
una precisa raffigurazione di Pisogne.
Sotto: l'affresco nell'androne della
vecchia canonica, presso la Pieve.
Nella pagina seguente: Girolamo
Barilli, Disegno della Strada Postale
che incomincia al Porto di Pisogne
[...] e arriva fino ad Erbanno, f. 1
(particolare), [1797-1801], in
A.C.P., sezione separata Disegni.
Immagini dell’abitato e del territorio di
Pisogne sono conservate anche nelle cartografie, reperibili principalmente nell’archivio comunale, e la cui produzione si fa frequente a partire dai primi anni dell’Ottocento. Sebbene si tratti di fonti già tarde rispetto al periodo considerato, le informazioni che possono fornire possono essere
preziose, rappresentando spesso oggetti di
impianto antico, come strade, piazze, canalizzazioni, aree agricole, oltre che naturalmente, a diversi gradi di dettaglio, gli edifici.
Fra le fonti anche cartografiche spiccano
senz’altro i catasti storici, che costituiscono
un vero e proprio sistema informativo territoriale, il più antico disponibile, e alla cui
illustrazione è dedicato il prossimo
capitolo.
15
16
capitolo 2
Un piano di lavoro: la cartografia catastale
ottocentesca
egli ultimi anni, grazie anche all’evoluzione delle tecnologie informatiche, è stato possibile impiegare in maniera intensiva nell’ambito degli
studi territoriali storici la documentazione
prodotta per l’istituzione dei più antichi catasti. Si tratta di inventari di case e terreni
presenti all’interno dei confini di un comune che vennero compilati in occasione di riforme dei sistemi di imposizione fiscale.
L’abbondante mole di informazioni prodotte, sia descrittive che grafiche, costituisce
oggi uno strumento molto potente per l’interpretazione dei fenomeni in atto sul terreno. Tutte le elaborazioni che si troveranno nei capitoli seguenti poggiano su una base cartografica elaborata a partire da quella
originale del Catasto Lombardo-Veneto1,
su cui di volta in volta, avendone sempre
presente le caratteristiche e i limiti, si possono sviluppare i temi trattati.
Il catasto, istituito in Italia negli stati milanese e piemontese a partire dai primi anni
del XVIII secolo, oltre a costituire per l’epoca una importante innovazione rispetto
alle consuetudini in materia di ripartizione
del carico fiscale sui patrimoni immobiliari,
impiegò per la prima volta una rappresentazione grafica, planimetrica, degli oggetti del
proprio interesse (come detto: gli edifici e
gli appezzamenti di terreno), inserendoli in
elementi di riferimento territoriale utili a
definirli (i confini comunali, le strade, i corsi
e gli specchi d’acqua). La mappa censuaria
che si afferma da questo momento in poi
consente di superare la necessità di localizzare il bene con l’indicazione dei confinanti,
come avveniva in precedenza, tant’è vero
che da allora, gradualmente, anche la registrazione del nome della località, o toponi-
Riproduzione digitale: MIDA Informatica Bergamo
N
Il Catasto
1. Il lavoro completo su questa fonte
è stato pubblicato su CD-ROM, disponibile presso il Comune di Pisogne, nella banca dati Pisogne e il
suo territorio. Sistema informativo
sul Catasto Lombardo-Veneto.
Archimedia 2008.
Un esempio delle prime mappe catastali dello stato milanese, relativa
al comune di Pagazzano, compreso
nei territori a sud del Fosso Bergamasco che erano parte dello Stato
di Milano (Bergamo, Archivio di Stato).
17
mo, dove si situa l’edificio o l’appezzamento
di terra andrà a scomparire, sostituita dalla
identificazione sulla cartografia.
• l’unità fondamentale della rilevazione è
la particella
• la mappa, anche se in più fogli, contiene
Per la Valle Camonica è necessario attendere l’arrivo dei francesi perché venga
impostata la realizzazione di un analogo
strumento. Il Catasto Napoleonico venne
avviato nel 1807 per le nuove province entrate a far parte della Repubblica Cisalpina
(Bergamo, Brescia e la Valtellina), e successivamente esteso al Veneto. Nonostante le
difficoltà operative e l’incompiutezza dell’operazione, dovuta alla caduta della domina zio ne francese, questo catasto sancì
alcuni dei concetti fondamentali per la
catastazione:
2. Le vicende che portarono all'istituzione del Catasto Lombardo-Veneto sono narrate dettagliatamente
in LOCATELLI 2003.
Mappa napoleonica relativa all'abitato di Pisogne (rielaborata sulla base
prodotta dall'Archivio digitale dell'
Archivio di Stato di Milano, serie
Mappe originali del catasto Lombardo-Veneto).
solo il territorio di un comune
• la mappa rappresenta tutto ciò che è
compreso all’interno dei confini del comune e che concorre a delineare le caratteristiche dei fondi, ovvero strade,
corsi d’acqua, laghi, crinali, valli, opere
di arginatura, fino ai luoghi pubblici o di
culto, per quanto non interessati da alcuna imposizione fiscale
• vengono utilizzate le nuove misure, basate sul sistema metrico decimale, come la pertica censuaria, pari a 1.000
mq, eliminando i molteplici sistemi tradizionali in atto, variabili da zona a zona,
con lo scopo di rendere più facilmente
confrontabili le diverse realtà geografiche ai fini della perequazione fiscale
A fianco della mappa catastale, un registro, detto Sommarione, raccoglieva le informazioni di dettaglio sulle singole particelle, come il numero di mappa (che consentiva di ritrovare il bene sulla cartografia),
il nome del possessore, la denominazione
della località, l’uso cui veniva destinato, la
misura della superficie
Il Catasto Lombardo Veneto
Dopo la Restaurazione e il ritorno dell’amministrazione austriaca su Lombardia e
Veneto, venne pro dotto uno strumento
unico, sia per i territori dell’ex stato milanese, sia per le province ex venete. Il nuovo
regime entrò in vigore ufficialmente nel
1853, dopo lunghe fasi operative2.
I documenti finali sono costituiti, per
ogni comune, dalla mappa, suddivisa in fogli
della dimensione di circa 69x55 cm, che accostati consentono di ricostruire tutto il
territorio in scala 1:2000, dal registro, in cui
sono annotate per ogni bene le informazioni relative alla classificazione, alla superficie,
all’eventuale numero di gelsi o ulivi presenti
e alla rendita catastale, ovvero alla stima
sulla base della quale si calcolerà l’imposta,
e dalla Rubrica dei Possessori, che elenca per
esteso (nel registro è riportata una sigla) i
18
nomi delle persone o degli enti che nandea, che di lì a poco eviterà finalmente la
utilizzano l’edificio o l’appezzamento.
salita verso Zone per chi sarà diretto a Brescia via terra (nella mappa del 1843 la strada
Fra la documentazione prodotta nelle "da Toline ad Iseo" è già disegnata fino al convarie fasi del lavoro di rilevamento e classa- fine con Marone), mentre veniva ampliato
mento si possono poi trovare altri docu- verso il lago il sistema di piazze e darsene,
menti, fondamentali per l’utilizzo che ab- conservate le tre piccole isole artificiali debiamo fatto del catasto, soprattutto in rela- stinate alla pesca, e la fabbrica della nuova
zione all’interpretazione della documenta- chiesa parrocchiale veniva completata con
zione più antica descritta nel capitolo pre- la costruzione della canonica con relativa
ce den te. In par ti co la re, è possibile strada d’accesso dal culmine della piazza.
ricostruire una carta di buona attendibilità Come si vede, leggere velocemente le tracon la mappatura della toponomastica, che sformazioni potendo confrontare due cari periti registravano sul campo grazie alle in- tografie piut tosto omogenee è relativadicazione di persone del luogo da cui veni- mente semplice. Ma dovendo andare molvano accompagnati. La mappa della topo- to indietro nel tempo, e non disponendo
nomastica consente di risolvere problemi più del supporto della cartografia, si dodi localizzazione di strutture indicate nei vranno affrontare diversi problemi di interdocumenti più antichi, dove sempre ci si ri- pretazione.
ferisce ai beni immobili specificandone la
po si zio ne in base al nome del luogo e,
spesso, alla definizione dei confinanti.
3. I documenti relativi a questo catasto si trovano presso A.S.B., la
cartografia nel fondo Mappe catastali del Regno Lombardo-Veneto
e del Regno d'Italia, n. 2625 (Pisogne) e n. 2757 (Toline), i registri bel
fondo Catasto Austriaco, nn.
1556-1557 (Pisogne) e nn.
2015-2116 (Toline). Presso A.S.M.
inoltre si trova tutto il materiale preparatorio in fondo Catasto, nn.
9758-9760 (Pisogne) e n. 9761
(Toline). Lo stesso conserva anche le
mappe originali (attualmente non
consultabili) nel fondo Mappe 1850,
n. 102 (Pisogne) e n. 105 (Toline).
L'abitato di Pisogne al 1843, nella
mappa del Catasto Lombardo-Veneto dell'Archivio di Stato di Brescia
Nella pagina seguente: Pisogne visto da una delle tre isolette da pesca
(Isole ad uso di pesca delle avole, secondo il Catasto Napoleonico) all'inizio del XIX secolo (cartolina da
collezione privata).
Pisogne nelle mappe e nei documenti
del Catasto Lombardo-Veneto
L’attuale comune di Pisogne, pur conservando alla soglia storica del Lombardo-Veneto la stessa estensione amministrativa, venne suddiviso, esclusivamente ai fini
della fiscalità, nei comuni censuari di Pisogne
e di Toline. Il primo comprendeva le aree a
nord del torrente Trobiolo, con gli abitati di
Gratacasolo, Fraine, Sonvico, Grignaghe,
Siniga, Pontasio e Pisogne, oltre ai diversi
nuclei minori, rappresentati sui 39 fogli della mappa. Al comune di Toline (25 fogli) fanno invece riferimento Govine, Terzana e
Sedergnò. Per ognuno dei centri abitati, come succede quasi sempre nella cartografia
di questo catasto, ci si preoccupò di redigere disegni più dettagliati, in scala 1:1000. Si
tratta di documenti di per sé di sicuro interesse, costituendo, se si eccettua quella del
Catasto Napoleonico, la più antica rappresentazione completa dell’intero territorio3.
Da un primo confronto fra la mappa napoleonica, rielaborata qui a fianco, e quella
di epoca austriaca, anche se limitato alle immediate vicinanze dell’abitato di Pisogne, si
coglie immediatamente il senso dell’evoluzione nell’uso del territorio. Nell’arco temporale che le separa, circa 30 anni, venne
costruita la nuova strada a lago, detta Ferdi19
22
Composizione dei fogli della mappa
censuaria del comune di Pisogne,
con la localizzazione degli allegati
(vedi alle pagine successive) (A.S.B.,
fondo Mappe catastali del Regno
Lombardo-Veneto e del Regno d'Italia, n. 2625).
23
Castrino
Baibo
Stalla Lunga
Sonvico
Renzò
Siniga
Prevelata
24
Grignaghe
Gratacasolo
Fraine
Palot
I principali centri abitati del territorio
del comune censuario di Pisogne,
disegnati in originale negli allegati,
ovvero disegni particolareggiati in
scala 1:1000.
25
Pontasio
26
Composizione dei fogli della mappa
censuaria del comune di Toline,
con la localizzazione degli allegati
(vedi alle pagine successive) (A.S.B.,
fondo Mappe catastali del Regno
Lombardo-Veneto e del Regno d'Italia, n. 2757).
27
A fianco della cartografia catastale si verifica, con maggiore frequenza proprio a
partire dalla fine del XVIII secolo, un utilizzo sempre più intenso delle nuove pratiche
di rappresentazione planimetrica del territorio. L'utilizzo quindi di strumentazioni e
pratiche basate su fondamenti scientifici iniziano a sotituirsi ai tradizionali modi di rappresentazione in uso al tempo, che privilegiavano l'aspetto descrittivo e pittorico.
Questi documenti si fanno via via più numerosi anche negli archivi comunali, e in
quello di Pisogne si sono trovati documenti
interessanti che possono costituire una
utile integrazione alla cartografia catastale. A seconda delle finalità per cui
vennero realizzati, possiamo trova re no ti zie su stra de, cor si
d'acqua, come nel caso delle
bo ni fi che este se al l'a rea a
nord del lago intraprese alla
metà dell'Ottocento, acquedotti, nuovi sistemi di illuminazione, lavori di sistemazione dei porti e degli argini, e
così via.
Toline
In ognuno di questi documenti si celano
potenzialmente informazioni su aspetti del
territorio che possono essere anche molto
più antichi: abbiamo trovato ad esempio riferimenti a nomi di località e strade, rappresentazioni di corsi di canali e rogge che
un tempo forse erano serviti non solo all'irrigazione dei campi ma a completare il sistema difensivo dell'abitato, raffigurazioni
planimetriche di edifici che, se pure a scala
non certo di dettaglio, consentono di leggere le localizzazioni delle porte di accesso al
borgo, notizie su fenomeni naturali (frane,
esondazioni) ricavabili dalla toponomastica
o dalla rappresentazione della morfologia
del territorio.
Al di là dello specifico interesse per il periodo a cui sono riferibili questi disegni, che
esula dall'argomento del nostro studio, la
cartografia storica conserva
spesso, in altre parole, una
traccia dei fenomeni che qui
tentiamo di ricostruire.
28
Sedergnò
Govine
Rocchetta
I centri abitati del territorio del comune censuario di Toline, disegnati
in originale negli allegati, in scala
1:1000.
Nella pagina seguente: il centro abitato di Pisogne nella planimetria di
progetto per la nuova illuminazione
pubblica dell'ingegnere Diego Damioli, 1857 (A.C.P., sezione separata Disegni).
29
Terzana
30
capitolo 3
In Pisoneis
invio dell’amministratore dell’episcopato bresciano a Pisogne si inserisce in un disegno più ampio,
concepito sul finire del XIII secolo dal vescovo Berardo Maggi con l’intento di riaffermare le proprie prerogative e di compilare un inventario dei propri beni, con relativi canoni degli affitti, in diversi luoghi della
diocesi. In particolare, per la Valle Camonica, questa azione è con ogni probabilità da
mettere in relazione alla necessità di riorganizzare il potere del vescovo alcuni anni
dopo la rivolta capeggiata da alcune influenti famiglie, Federici e Celeri su tutti, fra il
1287 e il 1291.
L’
zione. Un primo esame dei termini utilizzati
per identificare queste strutture può già
contribuire a definire quale fosse l’organizzazione del sistema difensivo posto a presidio di Pisogne: vengono citati una rocca, un
castello, ovviamento dotato di mura peri-
1. Sull'aspetto simbolico delle torri
interne ai castelli cfr. SETTIA 2000.
La Torre del Vescovo, sulla piazza
principale di Pisogne.
In effetti Cazoino giunge a Pisogne, come recitano le lettere di presentazione,
“pro inquirendis, recuperandis, designandis et
confirmandis” i beni e i diritti della curia bresciana. Il recupero di questi è quindi fra le
prime preoccupazioni del vescovo, evidentemente in seguito ad avvenimenti che ne
avevano messo in discussione la titolarità.
Come vedremo meglio in seguito, l’azione
non è meramente formale, essendo accompagnata da una importante opera di
rafforzamento e adeguamento delle strutture fortificate presenti in Pisogne e nel
territorio. Si può già anticipare che dal documento appare chiaro come la Torre sulla
piazza del mercato fosse a quella data in costruzione, a fronte dello stato di rovina in
cui erano ridotti gli edifici più rappresentativi del potere vescovile (il palazzo e il palazzetto) e, a quanto pare, numerose case
entro il borgo. La costruzione della torre
assume qui, oltre alla funzione prettamente
militare (si tratta di un edificio certamente
non destinato ad abitazione, a differenza
delle case-torri presenti sulla piazza), anche un preciso e forte significato simbolico1.
È importante notare come, fra le prescrizioni che venivano ribadite, una parte
significativa riguardava le opere di fortifica31
metrali, un dongione, ovvero un ridotto fortificato posto all’interno del castello, e lo
stesso documento viene scritto in una casa-torre di proprietà del vescovo, posta sulla piazza del mercato. Il diritto di costruire
edifici da battaglia è riservato, e nessuna
persona può farlo senza una specifica autorizzazione. Viene ricordato anzi l’episodio,
accaduto evidentemente da non molto,
della demolizione, su intervento del gastaldo vescovile Borghesio, di un edificio fortificato, probabilmente una casa-torre, la cui
edificazione era stata tentata da un certo
Martino Robe nella villa di Pisogne.
Nel la lettura che ci accingiamo a
intraprendere questi elementi rivestiranno
un ruolo importante, costituendo spesso i
punti meglio identificabili e sui quali quindi
impostare la ri co stru zio ne to po gra fica
dell’abitato. Oltre alla parte introduttiva,
che presentiamo tradotta in coda a questo
capitolo, uti le appunto per le notizie
generali, dovremo più avanti addentrarci
nelle registrazioni di ogni singolo edificio,
con relativi possessori e coerenze.
realizzata per la difesa e che sfrutta per
questa sua funzione anche la conformazioLa Rocca
ne del terreno dove sorge, abitata in genere
esclusivamente da militari.
La prima delle strutture fortificate nominata nel designamento è la Rocca. Con
Nel caso di Pisogne, la rocca è stata traquesto termine si intende una costruzione dizionalmente identificata con la località og-
A fianco: il complesso della Rocchetta nella situazione attuale. Certamente sono sopravvissute alcune
delle strutture antiche, ma oggi non
sono riconoscibili a causa delle
intonacature.
Sotto: il sito della rocca visto dalla
strada attuale per Pontasio.
32
gi chiamata Rocchetta, che si trova a breve
distanza dall’abitato di Govine, in posizione
elevata. Il toponimo è presente, come si è
visto nel precedente capitolo, fra quelli registrati nei documenti del Catasto Lombardo-Veneto.
Pur non facendo cenno alle caratteristiche degli edifici, il designamento riporta diverse informazioni che consentono di localizzare il sito con precisione: si arrivava alla
rocca attraverso la strada del Dosso, che
serviva come accesso ai carri per i rifornimenti, e che pertanto doveva essere mantenuta costantemente in efficienza dagli uomini di Pisogne, così come altre due strade,
che collegavano la rocca direttamente alla
zona della Pieve, probabilmente per un accesso veloce a piedi, e a Pontasio, attraverso cui era assicurato il collegamento per chi
proveniva dai centri a monte. Vi si doveva
mantenere un presidio stabile di sei guardie, con cavalli ed altri animali, e per l’approvvigionamento idrico era in funzione
una cisterna, alimentata da un canale derivato dalla rupe a monte (il Corno). Era poi
compito affidato agli uomini di Toline e di
Sedergnò munire la fortificazione con particolari graticci intrecciati (grates et vuminas),
che dovevano presumibilmente essere posti in corrispondenza delle aperture, così
come gli stessi uomini dovevano fare per
parte della cinta muraria che cingeva Pisogne, come vedremo. Questa notizia attesta
forse la presenza di merlature presso la
rocca, e gli spazi fra un merlo e l’altro dovevano essere dotati di questi elementari sistemi di chiusura, o almeno averli a disposizione in caso di pericolo.
Un’ultima importante notizia si trova più
avanti, quando nella registrazione puntuale
dei beni in Govine viene ricordato che il vescovo è proprietario di un appezzamento di
bosco con castagni, comprendente alcuni
insediamenti e l’edificio della rocca, che
confina ad est con proprietà del Comune, a
nord con la valle del Trobiolo, a sud con
quella di Govine e con molti altri appezzamenti. Questa proprietà, che le coerenze
suggeriscono di notevole estensione, viene
chiamata Rocha et Gazium, e la denominazio ne ci aiu ta a de fi ni rne me glio al cu ni
caratteri.
Ricostruzione della toponomastica
dell'area della Rocchetta sulla base
dei dati del Catasto Lombardo-Veneto.
33
Per gazzo (gasso, gaggio) si intende una
porzione di bosco, forse in origine recintato, il cui uso era riservato al signore locale;
l'origine del termine viene fatta risalire generalmente all’epoca longobarda. Il toponimo in effetti è particolarmente diffuso nelle
aree settentrionali italiane, ed anche in Valle
Camonica è verificato praticamente in ogni
comune. Anche a Pisogne è del tutto probabile che almeno una parte delle aree boschive fosse stata in antico sottoposta a simili vincoli, ed evidentemente, grazie alla
posizione favorevole, il vescovo aveva pensato di edificarvi la propria rocca, che al
1299 pare perfettamente efficiente.
L’esame degli edifici oggi esistenti nel sito non ha invece consentito di definire meglio le caratteristiche dell’insediamento, a
causa degli intonaci che ricoprono totalmente le murature e degli interventi di ristrutturazione operati negli ultimi anni. L’identificazione del corpo sporgente dalla
cortina di case con una torre a guardia dell’accesso, poi evidentemente ridotta in altezza, è quindi assolutamente ipotetico.
disegno nella pagina precedente: alla metà
dell’Ottocento è ancora possibile individuare il gazzo, la cui memoria sopravvive
nelle località Gasso e Gasso Alto, oltre che
identificare la strada del Dosso, sempre
grazie al toponimo conservato2.
Il castello
Come già accennato, Pisogne risulta a
quest’epoca dotata di una cinta muraria, e a
questa ci si riferisce nel documento quando
si utilizza l’espressione murum castellaris. In
questo caso il termine castello si riferisce
quindi ad un villaggio recintato a scopo difensivo, come divenne frequente a partire
dal IX secolo in Europa, a seguito di nuove
ondate di invasioni di popoli da oriente.
Nelle campagne il castello si sostituisce alla
curtis, una sorta di azienda agricola su cui
era basata l'organizzazione delle terre, con
lo scopo di difendere i beni, gli uomini e i
prodotti del signore. Non gli si attribuisce
invece generalmente la funzione di controllo di un territorio più ampio.
A.E.S.S., fondo Simone Magnolini, n. 8711
È fondamentale notare come a Pisogne
Le conferme più interessanti vengono il designamento, in ogni riferimento alla parinvece dalla costruzione della mappa topo- te nord dell'abitato, sopra la piazza, parli di
nomastica per quest’area, presentata nel borgo, mentre per la parte sud, quella verso
2. Oggi, nel caso del Dosso, più che
il toponimo è scomparsa la località,
a causa dell'attività delle cave presenti in quell'area.
Una veduta di Pisogne in una fotografia di Simone Magnolini (A.E.S.S.,
fondo Simone Magnolini, n. 8711).
34
Toline, il termine usato sia villa. Nella ricostruzione che verrà presentata nel prossimo capitolo si vedrà come questa distinzione consenta di capire meglio lo sviluppo
dell'abitato, che si impostò partendo dalla
piazza, verso nord lungo la strada per la valle Camonica con le caratteristiche tipiche
dei borghi medievali, mentre a sud doveva
essere costituito in un primo momento da
un'edificazione più rada. I termini borgo e
villa fanno riferimento ad abitati nati spontaneamente e privi inizialmente di strutture
complessive di difesa. Si potrà in questo
modo precisare come la fortificazione del-
l’abitato presenti almeno una fase più antica
e di perimetro ridotto rispetto a quella documentata alla fine del Duecento, mentre
l'assetto registrato nel documento del 1299
è il frutto di una espansione che doveva
aver racchiuso a quell'epoca anche la villa.
Probabilmente le mura non erano state
in grado di proteggere l'abitato, se la condizione degli edifici simbolo del potere del
vescovo (il palazzo e il palazzetto), che nel
1299 vengono definiti ruinati, è da mettere
in relazione con gli eventi bellici di alcuni
anni precedenti. Ciò nonostante, o forse
La localizzazione delle strutture di
fortificazione e delle parti dell'abitato nel documento del 1299.
35
proprio per questo, le norme che interessavano la gestione della cinta erano piuttosto precise: gli abitanti dovevano prestare
attenzione a che la muraglia rimanesse in
buono stato, ed eventualmente effettuare
le riparazioni del caso, dotare le porte di
accesso di ponti levatoi con catene, fornire
la guardia, intervenire in caso di aggressione costruendo apposite torrette di legno, i
battifredi, da disporre lungo le mura. Nei
pressi della torre dovevano fare e manutenere (facere et retinere) la scala d’accesso,
un piccolo edificio, lo stathiolum, forse con
funzioni commerciali, e un pontile verso il
lago. Sembra evidente che questa fosse una
3. Cfr. SETTIA 2000, pagg.
299-300.
4. Così ARCHETTI 1994, pag. 339.
5. Si veda a fine capitolo la traduzione della prima parte del documento.
La porta attualmente conosciuta come dei Monti venne realizzata contestualmente all'ampliamento delle
mura, il cui circuito era attivo al tempo del designamento del 1299.
prescrizione per nuove opere da realizzare
(facere) una volta costruita la torre, mentre
nel caso della cinta muraria si trattava di rifacimenti (reficere) in caso di crollo o degrado. È evidente poi che il castello, con la presenza delle mura, aveva bisogno di porte
grazie a cui regolare l’accesso, e il cenno relativo ai ponti con catene è riferibile a queste strutture. Più avanti ne troveremo citate tre. Inoltre siamo portati a supporre che,
se c’era bisogno dei ponti per accedere al
borgo attraverso le porte, anche la parte
più recente della cinta muraria del castello
fosse circondata da un fossato, come è sicuro per quella più antica, dal momento che
alcuni terreni risultano confinare con il fossato vecchio.
Il dongione
Il terzo elemento caratteristico della
fortificazione di Pisogne, che è anche quello per il quale è più difficile determinare
una collocazione certa, è il dongione (dignone nel testo). È una ulteriore struttura di
difesa, contenuta all’interno del castello, e
anzi spesso posta lungo la cinta di quest’ultimo in un punto particolarmente importante o che richieda un maggiore presidio.
La consueta presenza all’interno del dongione della torre più importante dell’intero
complesso fortificato, il torrione o mastio,
ha spesso portato ad identificare quest'ultimo come dongione, ma più recentemente
è stato convincentemente proposto che
con questo termine si intendesse l’insieme
delle strutture formanti il ridotto difensivo3. In teoria quindi sarebbero anche possibili casi di dongione privi del mastio.
La difficoltà di identificare con sicurezza
il luogo dove doveva sorgere questa struttura deriva dall’ambiguità del testo del documento. In passato, traducendo e commentando il designamento, è stata ipotizzata la presenza di due dongioni, uno superiore e uno inferiore4. In realtà sembra probabile che il documento richiami il dongione solo come punto di riferimento lungo la
cinta muraria, e che la sua presenza ne sancisse una sorta di suddivisione ideale, tanto
che gli uomini di Pisogne erano tenuti a curare le mura dal dongione in giù, e quelli di
Toline e dintorni dal dongione in su5. Nonostante questo sia l'unico riferimento alla
36
struttura nell'intero documento, questa lettura sembra indicarne la costruzione in relazione alla fase di ampliamento a sud dell'abitato, e suggerire di ricercarne la possibile
posizione lungo il tracciato delle mura.
Le attività produttive
Oltre al controllo sul mercato di Pisogne, il vescovo di Brescia vantava diritti su
ogni attività legata all’uso dell’acqua, e ne
raccoglieva i relativi fitti. In particolare, nella prima parte del documento, sono citate
le valli del Trobiolo e di Govine, su cui troveremo le attività legate alla macinatura dei
cereali e alla lavorazione del ferro, ed ogni
proprietario di edificio che ne avesse utilizzato l’acqua come forza motrice era tenuto
a pagare un canone (due soldi imperiali per
ogni macina da frumento, uno per ogni macina da miglio), oltre ad una sorta di tassa
per chiunque volesse avviare un’attività di
molitura, valutata in 5 soldi imperiali.
Nella tabella 1 è riassunta la presenza
presso le diverse terre degli edifici citati nella ricognizione, con i relativi canoni che dovevano essere corrisposti per l’utilizzo dell’acqua. Probabilmente mulini e fucine presenti nei territori di Pisogne e Govine sono
da far rientrare nella prescrizione di carattere generale, che ricorda come “tutti i
condotti e tutte le acque della Valle di Govine
e di tutto il pievato di Pisogne” appartengano
al vescovo e siano gestiti per sua concessione. In effetti si ha notizia dell’esistenza in Pisogne di almeno tre mulini: quello della Pieve, quello di Menico, e quello di Summavalle,
mentre fra i confini di terreni a Govine
compare già a questa soglia storica un Fornellus (anche se non è del tutto certo che si
tratti effettivamente di un piccolo forno per
la fusione del minerale). Fra gli edifici presenti nella tabella è probabilmente possibile
identificare il mulino registrato a Govine,
che nella descrizione risulta compreso fra la
strada e la valle. La posizione e le parti visi-
Tab. 1: le attività produttive nel 1299
attività
località
fitto pro aqueducto
possessore al 1299
possessore al 1310
Valle di Govine
6 lire imperiali in
moneta nuova
-
tenuto da Zampogno
forno
Valle di Fraine
2 soldi imperiali
eredi di Deleido Tramalini, eredi di Sucio Alberii,
eredi Della Torre, Maffeo Petteni, d. Arico
Foresti
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
Giovanni Parisi
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
Rainaldo di Alberto Della Torre
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
eredi di Deleido Tramalini
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
Alberto Della Torre
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
Pasino Potera
fucina
Valle di Fraine
12 imperiali
Ottebono Sagimbeni
mulino
Valle di Fraine
12 imperiali
eredi di Oberto Baffe
tenuto da Pecino, figlio di Lafrana Baffe
mulino
Valle di Fraine
12 imperiali
eredi di Alberto da Castione
tenuto da Pietro, figlio di Oberto Baffe
mulino
Valle di Fraine
12 imperiali
Ambrogio Alberii e Albertino Tramalini
tenuto da Bettino Tramalini
Govine
mulino
Fraine
tenuta da Stefano e Maffeo Petteni
Pontasio
forno
Valle di Rizzolo
2 soldi imperiali
Maffeo Petteni e compartecipi
mulino
Valle di Rizzolo
5 imperiali
Maffeo Petteni e Marcono Grilli
tenuto da Maffeo Petteni in toto
mulino
Valle Ruinata
12 imperiali
eredi Petteni di Grignaghe
tenuto da Bontempo, Bosetto e Giacomino
Valle di
Sedergnò
12 imperiali
Bonaventura di Boccaccio di Sedergnò
Toline
12 imperiali
Pasetto di Toline e compartecipi
Sedergnò
mulino
Toline
mulino
37
bili di un edificio presente nella parte alta
dell'abitato, recentemente ristrutturato,
sono compatibili con le notizie tratte dal
designamento.
I diritti sul Trobiolo si manifestavano poi
nella possibilità di derivarne l’acqua, a partire dal mulino della Pieve, e condurla verso la
braida vescovile, che sulla base della ricostruzione sarà localizzabile a nord del borgo. Come a Cividate Camuno, anche a Piso gne il si ste ma eco no mi co del la cu ria
comprendeva aree destinate alla coltivazione di cereali, ma in questo caso l’attenzione
riservata nelle note di Cazoino è minore.
Così se a Cividate troviamo la registrazione
di ogni singolo appezzamento compreso
nella braida, cosa che ha consentito di ricostruirne idealmente la parcellizzazione, a
Pisogne si farà sempre un riferimento generico a quest’area, senza specificarne ulteriormente le suddivisioni. Questo fatto rende difficile delimitare con precisione la braida e valutarne l’estensione. È tuttavia significativo notare come, ancora nell’Ottocento, una delle strade verso il Piano venisse
chiamata Strada del Vescovo, come appare
d a d i v e r s e c a r t o g r a f i e c o n s er v a t e
nell’archivio comunale di Pisogne.
A.E.S.S., fondo Simone Magnolini, n. 8712
Sopra: l'edificio che probabilmente
ospitava il mulino di Govine nel
1299. Le strutture lasciate a vista
dopo l'intervento di ristrutturazione, pur se conservate solo parzialmente, potrebbero essere compatibili con una datazione a quel periodo.
A fianco:
Una veduta di Pisogne dalla strada
per Fraine, con la zona dove si trovava la braida dell'episcopato
(A.E.S.S., fondo Simone Magnolini,
n. 8712).
A pag. 44: rilievo dei canali di scolo
nella zona a nord dell'abitato di Pisogne, particolare, perito Carlo Celeri (A.C.P., sezione separata Disegni).
38
Il designamento: traduzione
La traduzione della ricognizione dei diritti feudali episcopali su Pisogne che si trova nelle pagine seguenti si basa sulla trascrizione di G. Archetti della copia conservata
presso l'Archivio di Stato di Brescia, già nel
fondo Odorici della Biblioteca Queriniana.
È stata tradotta la prima parte del documento, che non solamente elenca le prerogative episcopali e l’enorme quantità di beni, possessioni, fitti, diritti, decime, onori e
spettanze del vescovo nella plebanìa di Pisogne, ma ci mostra come praticamente
tutta la vita del comprensorio e non solo
fosse sottoposta al volere e quasi all’arbitrio suo e dei suoi incaricati. Riguardo agli
obblighi degli abitanti troviamo ad esempio
formule come “giurano e devono giurare”,
che sottolineano come la sottomissione alla
volontà del vescovo non potesse essere
messa in discussione, ed un elenco di sanzioni per chi avesse osato trasgredirne gli
ordini che giungono, a sua discrezione, fino
all’accecamento ed alla morte.
La traduzio ne, benché fedele, non è
esattamente letterale. Si è cercato di conservare lo stile e lo spirito del testo, pur
semplificando alcuni passi. Si sono chiariti
qui a fianco oppure in nota i termini non più
in uso o non facilmente comprensibili e segnalati i punti che risultano poco chiari e i
termini di incerta interpretazione, forse
perché di uso locale.
La seconda parte, che presenta l'inventa rio ve ro e pro prio dei be ni sta bi li
dell'episcopato, come accennato in precedenza, è stata trascritta e tradotta in forma
schematica nel capitolo successivo, dal momento che è in base a questi dati che è stato
possibile per la prima volta formulare ipotesi ricostruttive sul tessuto edilizio dell'abitato di Pisogne alla fine del XIII secolo ed
identificarne più dettagliatamente alcune
parti significative.
Dal vo lu me su Be ra do Mag gi di G.
Archetti, su concessione dell'Autore, è invece stata tratta la trascrizione che viene
presentata in Appendice.
Tab. 2: i termini utilizzati nel documento
Albergaria
Nasce in epoca carolingia, quando le popolazioni dovevano assicurare l'ospitalità che
spettava al re e ai suoi messi. Da questi il diritto si trasferì ai signori feudali e al loro
seguito, per poi trasformarsi in una imposta in denaro dovuta dalla comunità al
signore.
Banno
In origine, in età alto medievale, era il potere del sovrano di emanare ordini e
prescrizioni obbligatorie per i sudditi, di giudicare e di punire: in altre parole è il potere
nella sua accezione più concreta. Il diritto passò poi ai signori che avevano assunto il
compito di amministrare la giustizia su un territorio a partire dal IX secolo. Nacquero
in seguito (XI secolo) le banalità, diritti per lo più in natura su alcune attività di
pubblica utilità, come mulini, torchi, macellerie, forni, al cui uso erano vincolati tutti i
sottoposti al signore di banno. Spesso era riservata anche la vendita di particolari
prodotti agricoli e manifatturieri. Nonostante nel tardo Medioevo questo potere
venisse gradualmente riassorbito dagli stati regionali, il termine rimase a indicare il
potere pubblico di comandare, gli ordini e i divieti, il decreto che li emanava, e la
stessa sanzione. Da qui l'uso più tardo di identificare il banno (nell'italiano volgare
bando) con la proscrizione o l'esilio, cui normalmente andavano incontro coloro che si
sottraevano all'esecuzione di una condanna ponendosi per ciò fuori legge (banditi).
Battifredo
Torretta stabile in legno, da disporre lungo le mura a scopo di avvistamento e di
rafforzamento della cinta.
Bregno
Indica un rudere, o comunque un edificio in cattive condizioni di conservazione. Per
estensione può anche indicare un edificio rurale, di qualità costruttiva, appunto, scarsa.
Camerario
(camerlengo)
La camera, nel linguaggio amministrativo, era l'appartamento privato del sovrano, e il
termine per estensione indicò tutto ciò che riguardava il servizio della sua persona. A
partire dal XIII secolo, tuttavia, il termine venne usato per indicare anche la camera dei
conti, ovvero l'organismo preposto al controllo dei conti di tutte le amministrazioni,
centrali e periferiche, facenti capo allo stato o alla signoria, e controllato dal camerario.
Casa-torre
È un edificio residenziale costruito con materiali e tecniche proprie dell'edilizia
fortificata. Anche se sono documentati altrove esempi più complessi e articolati, a
Pisogne le case-torri documentate si trovano sulla piazza del mercato e sono semplici
costruzioni a pianta quadrata o leggermente rettangolare, di altezza certamente
inferiore alla Torre del Vescovo, ma con ambienti interni più ampi e più adatti alla
residenza. Una di queste case-torri assumerà, a partire almeno dalla metà del
Quattrocento, il nome di Torrazzo.
Castellare
Nel documento ha il significato di castello, ovvero di villaggio cinto da mura stabili. Il
termine deriva dal castrum di epoca romana, che identificava invece l'accampamento
militare dotato di fortificazioni temporanee.
Corritura
Si tratta di un diritto a richiedere un pagamento per il passaggio di merci attraverso un
dato territorio.
Distretto
Qui ha un significato diverso rispetto al termine in uso oggi. In origine indica un diritto,
di costringere e di punire (e per questo è un termine che viene usato spesso insieme a
banno) da parte del signore su un particolare territorio. Proprio questa connotazione
territoriale farà sì che al significato originale si affianchi quello che identifica un'area
geografica.
Dongione
È una fortificazione interna ad un'altra più estesa. Il caso tipico è quello di certi ridotti
difensivi, corrispondenti spesso al punto più importante di un insediamento, e che per
questo vedono la presenza dell'edificio più munito dell'intera fortificazione, come il
torrione o mastio. Il termine dongione viene anzi confuso con quest'ultimo, ma più
correttamente dovrebbe indicare tutto il ridotto.
Famulo
È un componente della corte, in questo caso di quella vescovile di Brescia.
Fodro
Come l'albergaria, nasce come diritto dei pubblici ufficiali e del sovrano in viaggio di
esigere dalle popolazioni foraggio e biada per i cavalli. Anche in questo caso il diritto si
trasferì a conti, vescovi, abati, ecc., prima di essere monetizzato.
Guadia
Il termine è di origine germanica (wadia).Nel diritto longobardo il debitore doveva
prestare la guadia (la garanzia) in forma orale ad un fideiussore (non al creditore) in
presenza di testimoni, impegnando propri beni
Ministeriale
(nunzio)
Indica un agente del signore, incaricato di un ministerium. Nel caso di Pisogne
rappresenta il vescovo in loco, ne amministra i beni, ne tutela i diritti, riscuote le
imposte e rende giustizia in suo nome.
Molatico
È il diritto del signore sulla macinatura dei cereali, che comporta il pagamento di un
tributo per tutti coloro che in un dato territorio sono dediti a tale attività.
Pescazione
Il diritto di pesca.
Stabiolo
Piccolo edificio, spesso in legno.
Venatico
Il diritto di caccia.
Venazione
Il diritto di estrazione dei minerali.
39
Traduzione (a cura di Gabriele Medolago)
Nel nome di Cristo amen. Copia delle imbreviature e scritture dell’episcopato di Brescia
nella terra e territorio di Pisogne fatta per mano di Benvenuto Rescazi nell’anno corrente
1299, indizione XII.
Questa è la designazione di tutti i beni, possessioni, fitti, diritti, decime, onori e spettanze
fatta al tempo del venerabile padre signor Berardo per grazia di Dio vescovo di Brescia,
marchese, duca e conte nell’anno ed indizione predetta.
In Pisogne
Il giorno di giovedì 19 giugno1 nella casatorre del signor vescovo e dell’episcopato sita
nella terra di Pisogne sulla piazza, presenti il signor prete Giacomo arciprete della pieve di
Pisogne, Dota figlio di Bulpatto da Iseo e Corino de Cora famulo del signor vescovo. Il signor Cazoino Margotti da Capriolo, chierico camerlengo del venerabile Berardo Maggi,
per grazia di Dio vescovo bresciano, marchese, duca e conte, presentò le infrascritte lettere ad Alberto della Torre di Fraine console del detto Comune e degli uomini del pievato2
di Pisogne delle quali è questo il contenuto: Berardo, per grazia di Dio vescovo bresciano,
marchese, duca e conte, ai consoli, officiali e Comune e singole persone del monte e piano di Pisogne e pievato, salute nel Signore Gesù Cristo. Nell’inviare di persona a voi il
saggio uomo Cazoino da Capriolo, nostro camerario, per indagare, recuperare, designare
e confermare i beni, possessioni, fitti, diritti, onori, giurisdizioni, decime, venazioni, pescazioni, venatici, molatici, corritura, usanze ed altre pertinenze dell’episcopato di Brescia nel
luogo, terra e territorio e pertinenze di Pisogne e pievato, vi ordiniamo, in vigore del tenore
delle presenti lettere, sotto pena e bando, da ordinarsi secondo la nostra volontà, che
dobbiate osservare gli ordini del nostro camerario per le cose predette in tutte e nelle singole cose, proprio come nostri ordini e che i precetti che a voi darà e farà per le predette
cose vogliamo che sin da ora abbiano piena fermezza. Data da Brescia 16 giugno 1299 indizione XII.
Dopo che erano state presentate queste lettere e lette ad Alberto Paci console della detta
terra e pievato a nome di detto comune, lo stesso signor Cazoino, camerlengo del signor
vescovo, comandò al detto Alberto Paci, console della detta terra e pievato di Pisogne,
che sotto pena e banno di 100 soldi imperiali e 1 imperiale debba scegliere fra i buoni uomini della terra e pievato di Pisogne sino a un totale di 12 uomini del detto paese fra coloro
che sappiano meglio la verità, che debbano con specifico giuramento indicargli tutti i beni, possessioni, fitti, diritti, decime, onori, giurisdizioni e spettanze che il signor vescovo e
la Chiesa bresciana hanno nella terra e territorio e pievato di Pisogne secondo quanto è
contenuto in pieno nelle suddette lettere a lui presentate.
Il giorno di sabato 20 del predetto mese di giugno, nella casatorre del signor vescovo e
dell’episcopato bresciano, alla presenza del signor don Giacomo da Zone arciprete della
pieve di Pisogne, prete Giorgio presbitero della chiesa di San Cipriano in Artogne, fra Filippo Marzoline, Viviano fu Pietro Maggi di Conchi di Val Renovata, Moreschino fu signor
Raimondo da Gratacasolo, Giovannino fu signor Giacomo Ronzoni di Iseo e Giovanni Besotti di Iseo, testimoni richiesti, Alberto della Torre e Martino de Monti consoli del Comune
1 In realtà nel 1299 il 19 giugno cadde di venerdì.
2 Ovvero plebanìa.
40
e degli uomini del pievato di Pisogne, volendo adempire agli ordini a loro fatti dal detto Cazoino, a nome del detto Comune scelsero e designarono gli infrascritti uomini di Pisogne
e del suo pievato per indicare al predetto signor Cazoino nel suddetto modo e nome i beni,
spettanze, onori, giurisdizioni e possessioni, fitti e diritti che il signor vescovo e la Chiesa
bresciana hanno nel paese, territorio e pertinenze di Pisogne e pievato, cioè Savuldeo di
Oprando Mazza, Rosso di Guala, entrambi di Pontasio, Caspa di Carlo, Salvo di Pietro di
Nuvoline, entrambi di Grignaghe, Ambrogio di Alberio, Bonacurso Mataie, Guiscardo fu
Albertazio di Fraine, Federico di Artusio di Zenzese, Garatto e Marochetto entrambi di Toline, Rava di Sedergnò, Giovanni di Isnardo, Roba e Beno di Leco di Pisogne, i quali tutti
predetti giurarono sui Santi Vangeli di Dio, toccando materialmente le Scritture, di indicare e manifestare tutte ed intere le ragioni, le consuetudini, i diritti e le possessioni della curia di Pisogne, del monte e del piano, che spettano al signor vescovo ed alla Chiesa di
Brescia, tanto secondo quanto detto dai loro antenati e vecchi quanto per quanto videro
ed udirono, rimossi odio, amore, timore, compenso e preghiere, speciale danno ed utilità,
tanto separatamente che in comune, e se qualcosa è nascosto o detenuto di quanto spetta
al diritto del signor vescovo e dell’episcopato e della chiesa di Brescia.
I quali predetti uomini tutti concordemente dicono e manifestano in presenza dei detti testimoni che il vescovo bresciano è signore universale di tutti gli onori della Curia di Pisogne, cioè di tutto il pievato di Pisogne, in monte ed in piano, in terra ed acque, e tutti gli uomini del pievato giurano e devono giurare fedeltà al signor vescovo bresciano ed alla
Chiesa bresciana in quanto uomini di distretto, guadia e fodro, ma dicono che danno per il
comune di tutto il pievato il giorno di San Martino 100 soldi imperiali di fitto quale fodro e
danno similmente per comune 28 soldi imperiali annualmente al signor vescovo per un’albergaria che era solito fare il comune al signor vescovo; parimenti per i beni comuni di
Lunga oltre Oglio 40 soldi in denari imperiali di moneta bresciana ovvero equipollente, come contenuto in un atto di investitura fatto dal notaio Roberto fu Pietro de Canonica giovedì 8 del mese di dicembre 1205, indizione 8ª. Parimenti per la casa del Comune presso il
lago 15 soldi imperiali annualmente per fitti.
Parimenti dicono e manifestano che il signor vescovo ha tale giurisdizione che ciascuno,
tanto del pievato di Pisogne quanto di fuori pievato di ogni luogo sia, avrà offeso con parole, ovvero con fatti qualcuno in tutto il pievato e curia di Pisogne e quelli di Pisogne e pievato anche se fuori della pievato avranno offeso, danno e devono dare la garanzia al signor vescovo, ovvero ai suoi nunzi e giurano su questo di stare ed attendere agli ordini del
signor vescovo e dei suoi nunzi ed il signor vescovo li punisce secondo l’offesa a volontà
sua negli averi e nelle persone ed in particolare facendo impiccare gli uomini e cavare gli
occhi ad altri ed altri fustigandoli ed altri ponendoli alla berlina ed incarcerandoli ed affliggendoli con altre pene; ed erano soliti esserci appositi uomini che esercitavano l’officio
delle pene a titolo del feudo che avevano in conseguenza di ciò dall’episcopato, cioè per
un molino di Sommavalle, che era solito tenere Anzetto fu Girardo de Sommavalle e gli
eredi di Rampollo de Menico di Pisogne, e di ciascun contratto che si faccia in tutta la Curia e pievato di Pisogne da qualche uomo sia del pievato sia di altrove di ovunque sia, il signor vescovo, ovvero i suoi nunzi, rende poi ragione e riceve poi i dazi e i frutti, e se qualcuno avrà evitato su questo di venire ed attenersi ai suoi ordini fa si che sia bandito e fa
prendere possesso dei suoi beni che trova in tutto il pievato e curia di Pisogne e soddisfa
quindi coloro che si lamentano del debito del quale consta e dà loro il possesso dei beni
immobili degli uomini di questo pievato e fa ragione di tutti i contratti agli uomini di questo
41
pievato e curia e riceve quindi dazi et ricavi ovunque siano fatti i contratti ed esige i banni
che impone se promettono3 di adattarsi al banno. Parimenti dicono e manifestano che il signor vescovo ha e deve avere in tutto il pievato e curia di Pisogne la decima integrale di
tutti i seminati e frutti di alberi e vino e nascenti e fieno e pesci e vene ovvero devono essere da lui detenute.
Parimenti dicono e manifestano che nella curia di Pisogne il signor vescovo ha tale giurisdizione e si osserva e si deve osservare tale consuetudine nell’eleggere il podestà del
Comune di Pisogne e di tutto il pievato e curia di Pisogne, cioè che senza il suo consenso,
parola e volontà non deve essere eletto né è eletto né ricevuto podestà nel paese di Pisogne e suo pievato e curia, e gli elettori che sono scelti per il comune prima vanno dal vescovo e fanno il nome di colui sul quale concordano, prima di renderlo pubblico ad alcuno
e se piace al signor vescovo che prendano colui sul quale concordano, dà loro potere di
eleggerlo e gli stessi elettori in seguito lo eleggono e poi vengono i nunzi del Comune e lo
ricevono dalla mano del signor vescovo ed il signor vescovo lo investe della podestaria sino ad un certo termine e gli dà l’autorità di fare la podestaria, riservandosi sempre il dominio del suo regime e non solo si fa ragione, né deve essere fatta in quella terra se non dal
signor vescovo o dai suoi nunzi eccettuato delle raxis4 che vengono poste per custodire le
terre e boschi e biade.
Parimenti dicono e manifestano che il signor vescovo ha e riceve la corritura del sale il
giorno di sabato da tutti coloro che vendono sale al minuto nel paese di Pisogne, cioè una
mano colma di arcivalle5, o sacco ovvero altro vaso nel quale si venda e dà e deve dare i
pesi e misure e davanti a lui si danno e sono tenuti peso e misura e sono posti i sorveglianti
alle fornerie, alle taverne nel paese di Pisogne ed a buscazzare6 e ad armi vietate.
Sul fatto della rocca dicono e manifestano che gli uomini di Pisogne del monte e del piano
sono soliti e devono custodire a loro spese la rocca secondo la volontà e ad ordine del signor vescovo e dei suoi nunzi, in tempo di pace ed in tempo di guerra, vero però che in
tempo di pace sono soliti custodirla con sei guardie soltanto e sono soliti e devono conservare e sistemare la via del Dosso che porta alla rocca, tanto che i birocci carichi possano
essere condotti alla rocca e vi è e deve esserci un’altra via per la quale si va dalle aie alla
pieve che va di sotto il chioso del signor Branca ed è e dev’esserci un’altra via per la quale
vengono quelli di Pontasio e del monte alla rocca; e similmente devono condurre e tenere
per i canali l’acqua sufficiente dal Corno o Sasso dove nasce ovvero da dove esce sino alla cisterna della rocca, sempre sufficiente all’uso degli uomini e cavalli e bestie esistenti
nella rocca stessa e mantenere la cisterna curata e pavimentata affinché sia adatta a tenere l’acqua; e devono fare e manutenere uno stabiolo e le scale della torre ed il pontile che
sono presso la torre fuori e manutenere e rifare il muro del castello dal dongione in giù se il
muro fosse crollato ovvero se minacciasse rovina, o se avesse bisogno di riparazione, e se
fosse il caso in tempo di guerra devono munire il castellario e muro dal dongione in giù con
battifredi ed altre fortificazioni secondo l’ordine del signor vescovo e dei suoi nunzi e deve
esservi una scala levatoria con catene e devono avere e mantenere una casa per il comune nel castellare inferiormente al dongione nella quale deve stare il portinario che pone il
signor vescovo secondo la sua volontà il qual portinario vada ad istruire le guardie ogni
3
4
5
6
Nel testo si trova però permettono.
Termine non del tutto chiaro, che indica probabilmente qualche struttura fissa realizzata con ramoscelli di salice o altri elementi vegetali.
Un tipo di recipiente usato per il sale.
Far legna.
42
giorno ed ha per suo servizio una delle guardie ed è esentato da ogni onere del comune e
riceve dal comune ogni anno 4 soldi imperiali quando esercita l’officio e quando non lo
esercita anche in quel caso è esente degli oneri del comune, ma non gli sono dati 4 soldi;
quelli di Sedergnò e di Toline per le loro sorti devono fare e portare e dare vimini e grate
sufficienti alla munizione della torre e rocca dal dongione in su su ordine del signor vescovo e suoi nunzi e tutte queste cose che si sono dette della rocca e per la difesa della rocca
devono fare a proprie spese e se non le facessero su ordine del vescovo e dei suoi nunzi
sarebbero quindi banditi dal vescovo ovvero dai suoi nunzi secondo la sua volontà. Parimenti dicono e manifestano che nessun uomo di questa terra né di altra terra deve né può
alzare una torre o casa da battaglia o fortezza nel paese di Pisogne né in tutto il pievato e
curia di Pisogne contro la volontà ed interdetto del signor vescovo e dei suoi nunzi e che
una casa di Martino Roba fu distrutta e gettato a terra dallo stesso Martino su ordine del signor vescovo tutto ciò che aveva alzato nella villa contro l’interdetto del signor Borgesio
allora nunzio del signor vescovo.
Parimenti dicono e manifestano che il signor vescovo è solito avere da ciascuna macina
da frumento due imperiali e di ciascuna macina da miglio un imperiale in tutto il pievato di
Pisogne e del banno dell’ordinamento delle macine deve avere il signor vescovo una terza
parte ed è solito avere metà dell’entratura delle macine che iniziano a macinare, la qual
entratura è di 5 soldi imperiali. Parimenti dicono e manifestano che l’acqua del Trobiolo è
del signor vescovo ed è da lui tenuta e deve avere e ricevere il signor vescovo quell’acqua
del Trobiolo inferiormente al molino della pieve per mezzo di una bocca di macina per condurla alla sua breda e più se ci fosse acqua in tanta quantità che potesse prenderla senza
danno dei forni, molini e simili, tutta l’acqua della Valle di Govine è del signor vescovo ed è
da lui tenuta da quel luogo ove nasce sino nel lago e ciascuno che ha di quell’acqua deve
averla dal vescovo.
Parimenti dicono e dichiarano che l’onore delle pesche e cacce di tutto il pievato e curia di
Pisogne è del signor vescovo e deve avere il signor vescovo della caccia dell’orso braguto
con la testa e le zampe e budella e la spalla destra in ogni caso ed in ogni luogo in cui venga catturato e per un giorno devono gli uomini di Pisogne e del pievato andare alla caccia
a volontà del signor vescovo e dei suoi nunzi.
Parimenti dicono e dichiarano che se qualcuno avesse deposto querela contro qualcuno e
di qualche cosa illecita che in primo luogo dia guadia di ragione della curia e se soccombe
colui che avrà fatto causa il vescovo lo punisce a suo arbitrio.
Parimenti dicono che delle legne di pino e delle legne da fuoco, di ciocchi, dei pali di carretti ovvero carretto comune, il signor vescovo ed il suo nunzio hanno potere di ricevere
per sè e la propria famiglia a sua utilità per sua necessità ed uso sufficiente in questo paese sia che siano affittate od ingazzate ovvero no.
Parimenti dicono che oltre a queste cose sopraddette il signor vescovo ha altri diritti nel
detto paese e pievato e fitti, prati e possessioni.
43
44
capitolo 4
Dalla ricognizione alla ricostruzione
a parte del designamento che consente di avanzare le ipotesi ricostruttive sul volto di Pisogne alla fine
del XIII secolo si apre con la precisazione
che seguono “i fitti e i possedimenti del vescovo e dell’episcopato di Brescia nella terra e
nel territorio di Pisogne, in monte e in piano,
indicati e dichiarati dai suddetti 14 saggi eletti a questo scopo e quindi vincolati con speciale sacramento dal suddetto signore Cazoino
da Capriolo, camerlengo del signore vescovo,
ed inoltre in Lovere e Volpino”.
L
gono da Pisogne (3), da Fraine (3), da Pontasio (2), da Grignaghe (2), da Toline (2), e
da Zenzese e Sedergnò (1), a rappresentare tutto il territorio, si direbbe con una distribuzione in qualche modo proporzionale
alla consistenza demografica delle relative
terre (vedi tabella 3 alla pagina successiva).
FOTO LINO OLMO
Dopo l’elencazione di alcuni fitti che il
vescovo doveva riscuotere a Lovere e a
Volpino, ha inizio l’inventario dei beni presenti nel territorio, che vengono elencati in
gruppi a seconda della loro ubicazione. DoI beni stabili
ve la consistenza del patrimonio è più rilevante, come a Pisogne, i raggruppamenti
I 14 saggi eletti per l’occasione proven- identificano le contrade presenti nell’abita-
45
Tab. 3: i 14 saggi del designamento
Savuldeo di Oprando Mazza
Sedergnò sono inseriti all'interno di una gestione per sorti, quindi con una divisione in
lotti di un appezzamento di grandi dimensioni e successiva assegnazione ai vicini mediante estrazione, per i quali tuttavia non si
trovano nel designamento altre informazioni1. Nella tabella sono poi stati indicati genericamente con il termine terre quegli appezzamenti per i quali non si trova specificata la destinazione d'uso ("una pecia terre"), con campi i seminativi ("una pecia terre
campive"), con ronchi i terreni sui pendii in
cui è presente l'ulivo.
Pontasio
Rosso di Guala
Caspa di Carlo
Grignaghe
Salvo di Pietro Nuvolini
Ambrogio di Alberio
Bonaccorso Mataie
Fraine
Guiscardo fu Albertazio
Federico di Artusio
Zenzese
Garatto
Toline
Marocchetto
Rava
Sedergnò
Giovanni Isnardi
Roba
Pisogne
Beno Lechi
to o nelle immediate vicinanze, mentre per
i centri minori si indicano edifici e appezzamenti di terra senza ulteriori specificazioni
geografiche.
A parte Pisogne, le località interessate
dall’inventario sono Renzò (Renzo), Pradalba (Prethalba), Govine (Gogeno), Rovina
(Ruina), Lunga oltre Oglio (Lungis ultra Oleum), Fraine (Fraginis), Pontasio, Sedergnò
(Sethergno), Toline (Tolinis). Nella tabella 4
si trova un riassunto dei dati presenti nel
documento suddivisi per località. Vi sono
riportati (indicati con l'asterisco) anche gli
edifici che utilizzavano l'acqua di torrenti e
canali, sui quali, come abbiamo visto nel capitolo precedente, l'episcopato poteva vantare i diritti sull'utilizzo della forza motrice.
In alcuni casi non è possibile conoscere il
nu me ro esat to de gli ap pez za men ti: ad
esempio a Lungis si parla genericamente di
prati, mentre i terreni vescovili di Toline e
1. Se non alcune note posteriori, ma
difficilmente leggibili, che riguardano
le sorti di Toline (Cfr. la trascrizione
in Appendice).
Tab. 4: i beni censiti nel territorio di Pisogne
Pisogne
edifici
bregni
36
31
9
terre
campi
prati
ronchi
19
15
1
3
2
1
Renzò
Govine - Predalba
orti
2
4
1
>1
Lungis
Fraine
10*
Pontasio
3*
Sedergnò
1*
>1
Toline
1*
>1
46
1
1
1
Rovina
boschi
2
La rilevazione procede registrando dapprima il nome di chi utilizza il bene, poi il fitto che deve versare, in soldi imperiali o in
mezzani se di minore entità, in alcuni casi il
nome dell’affittuario che perecedentemente all’attuale gestiva lo stesso bene, la localizzazione in base all’indicazione di quattro
confinanti secondo le direzioni cardinali (a
volte tuttavia ne viene omesso uno): vengono usati i consuenti termini di mane (mattina) per l’Est, meridie per il Sud, sero per
l’Ovest e monte per il Nord. Nella maggior
parte dei casi, grazie a note manoscritte
successive che si ritrovano nel documento,
apposte con ogni probabilità dall'amministratore della curia locale, è possibile ricavare notizie circa variazioni intervenute nei
primi anni del Trecento, come il subentro di
nuovi possessori, a volte con i riferimenti ai
relativi atti notarili e investiture, con rispettivo aggiornamento dei canoni. Non viene
mai indicata invece la superficie degli edifici
e dei terreni.
Ecco un esempio tratto dal documento trade che lo costituiscono, e consente di
e tradotto in cui viene censita una domus avanzare alcune ipotesi utili allo sviluppo
posta direttamente sul margine meridiona- del lavoro.
le della piazza del mercato:
Possiamo subito cogliere alcuni aspetti
“Gli eredi di Glisente da Lovere [pagano] 4 importanti dalla lettura della mappa, preimperiali per una casa, ovvero un portico di sentata nella pagi na seguente: è ancora
casa, nella contrada Sotto il Mercato; confi- grande l'impatto sul territorio della costrunano ad est la casa-torre del vescovo signore zione della nuova chiesa parrocchiale, iniche fu affittata a Stefano Mazzucchi, ad ovest ziata alla fine del XVIII secolo, ad est della
Besotto de Lacho, a nord il mercato; il quale Piazza del Mercato, e una vasta area è ricoportico ovvero casa era affittato a Manuele nosciuta ora con il nome di Fabbrica; il fronSartori e poi al signore Borghesio da Iseo.”
te a lago è ormai organizzato con diversi attracchi e darsene e anche la toponomastica
Il lavoro si è concentrato particolarmen- rispecchia la specializzazione delle aree lete su 95 fra case, orti, campi e altri terreni, gate alle diverse attività (Porto Maggiore,
posti all’interno del castello di Pisogne o di Piazza Legname, Dogana, Corso alla Nave
poco esterni, nel luogo in cui risulta del tut- Corriera), mentre più a sud ci interesserà
to evidente come l’episcopato detenesse il notare la Piazza Nuova, attuale Piazza Mernucleo più cospicuo del proprio patrimonio canti (nel XVII secolo era la Contrada di Ciimmobiliare nel territorio. Nella tabella 5, mavilla) oltre ad alcuni nomi che derivano
più avanti nel capitolo, presentiamo la tra- certamente da attività artigianali legate alla
duzione delle informazioni relative a questi coltivazione della vite (Torcolo; non abbiabeni stabili, organizzata in tale forma per mo tuttavia notizie precise sul tipo di torconsentirne una lettura più immediata. Per chio effettivamente funzionante in questa
questi beni è stato possibile determinare contrada) e al pane (Forni).
con buona attendibilità una identificazione
topografica all'interno del quadro generale.
Dalla lettura e dall’elaborazione delle inAd ogni bene individuato è stato poi attri- formazioni del designamento si può analobuito un numero progressivo, che fa riferi- gamente ottenere una mappa delle contrade
mento alla rappresentazione topografica che consente di ricostruire i nomi che gli
contenuta nella mappa ricostruttiva che abitanti davano alle parti dell’abitato di Piprecede la tabella.
sogne sul finire del XIII secolo.
Un esemplare di torchio a leva e vite almeno settecentesco presente
in Franciacorta. Sul telaio si legge
"Trasportato e ristaurato anno
1801".
La toponomastica
Il lavoro di identificazione sul terreno ha
sfruttato dapprima l’informazione relativa
al nome della contrada, e subito dopo l’esame delle coerenze, attraverso cui è stato
possibile, con pochi casi rimasti ambigui, incastrare come in un mosaico le informazioni. La mappa catastale austriaca ha costituito la base cartografica su cui è stato condotto tutto il lavoro di controllo e verifica
degli accostamenti dei singoli lotti identificati nel designamento.
Dalla mappa catastale ottocentesca è
possibile ottenere immediatamente alcuni
elementi informativi mediante l'evidenziazione dei luoghi di uguale denominazione:
la mappa dei toponimi così ottenuta costituisce un elemento di conoscenza dell’abitato
di Pisogne, dei nomi tradizionali delle con47
48
Ricostruzione della toponomastica
del designamento del 1299 per l'abitato di Pisogne.
Nella pagina accanto: mappa dei toponimi elaborata sulla base dei dati
del Catasto Lombardo-Veneto
(1853).
49
Nel disegno, che anticipa i risultati della
ricostruzione, alcuni punti significativi determinano i nomi dei luoghi. A nord l’Ospedale, esterno al borgo, dà per esempio in
nome alla porta di accesso al castello. La
Porta dell’Ospedale è localizzabile poco oltre il limite attuale degli edifici storici prospicienti l’odierna via S. Marco ed era posta
sulla strada verso la Valle Camonica, anche
se oggi non ne rimane traccia. Il mercato è il
punto centrale dell’abitato, quello su cui
gravitano gli edifici principali, e la contrada
racchiusa a nord dalle mura assume direttamente questo nome, a volte con la variante
Sopra il Mercato. Questa contrada corrisponde al borgo di Pisogne, che, come abbiamo visto, si era sviluppato lungo il primo
tratto della strada che dalla piazza si dirigeva verso nord.
A sud, verso la villa, troviamo ancora la
denominazione Mercato (a meridie parte)
per le case che delimitano la piazza, fra cui
quella nota con il nome di Torrazzo (termine
che però nel documento del 1299 non è
utilizzato) e subito dopo la Contrada del
Pozzo, con una distinzione fra sopra e sotto
la via. Il nome deriva con ogni probabilità
proprio da un pozzo, che esiste ancora anche se inglobato in uno dei numerosi edifici
che formano il complesso della villa Damioli-Galli, ricavato direttamente nello spessore di un muro riferibile alla cinta più antica
Sopra: il pozzo a fianco della Porta
Vecchia, ora all'interno di un edificio
parte del complesso di villa Damioli-Galli.
A fianco:
L'Ospedale di Pisogne. La parte in
primo piano conserva la muratura
originale, anche se poco leggibile a
causa dell'intonaco di cemento. Il
corpo più alto sulla strada è stato sopralzato negli ultimi decenni (non
compare nelle immagini storiche
degli anni '20 del Novecento), ma
anche in questo caso la parte inferiore potrebbe essere originale. La
parte centrale è invece evidentemente ricostruita in epoca recente.
L'edificio, un ospizio per viandanti, è
documentato nel 1299 e terreni
dell'istituzione che lo gestiva compaiono fra i confinanti di alcuni beni
vescovili inventariati nel designamento.
50
oggi riconoscibile. In effetti il pozzo era stato costruito proprio a fianco della porta
meridionale di questa cinta, ma forse già alla fine del Duecento, essendo stato ampliato il castello verso sud, il vecchio tratto di
muro immediatamente ad est della porta
era stato riutilizzato per edificarvi un edificio residenziale. Della porta rimangono
lungo via Torrazzo le due spalle (quella verso il lago forse modificata in epoca recente
nella parte superiore) con la classica costruzione in conci squadrati e lavorazione a bisello sugli spigoli. Non sappiamo con precisione quando sia stato distrutto l’arco, ma è
del tutto probabile che all’epoca del designamento la porta fosse ancora in efficienza,
in previsione di un utilizzo come ulteriore
sbarramento all’interno del castello in caso
di pericolo. Nel documento le immediate
vicinanze prendono il nome di Contrada alla
Porta Vecchia (ad portam veterem).
2. Nell'Estimo del 1672 la contrada
compresa fra la porta e Cimavilla
(attuale piazza Mercanti) è chiamata Contrada di Stagnadello.
3. Il nome oggi è scomparso, ma dovrebbe stare per Azzone, come si
verifica in diversi documenti del tempo per altre località.
4. Questa località in quel periodo viene detta Vischiavati.
A fianco: murature relative alla vecchia cinta muraria nelle cantine di un
edificio di villa Damioli-Galli.
Sotto: della Porta Vecchia rimangono solo le spalle, inglobate negli edifici ai fianchi di via Torrazzo.
La terza porta identificabile, che aveva
sostituito quella vecchia come secondo accesso al castello, è rivolta ad est, verso la
mon ta gna. Oggi è no ta co me Por ta dei
Monti, ma il nome con cui è chiamata alla fine del XIII secolo, Porta de Stagnagis, fa probabilmente riferimento ad un’area paludosa
che doveva essersi formata in corrispondenza del vecchio fossato, poco fuori dalla
Porta Vecchia2. La porta è conservata e in
buono stato e sarà un elemento importante, grazie alla leggibilità della struttura e al
termine ante quem stabilito dalla citazione
ad essa nel documento del 1299, per ipotizzare una datazione dell’ampliamento della
fortificazione.
Scenden do ver so il la go tro viamo la
Contrada di Azo, termine la cui origine si può
forse ricondurre ad un nome proprio di una
persona3, mentre direttamente sul lago si
trova il Mercatello, che effettivamente dalla
ricostruzione parrebbe essere un’area libera su cui probabilmente si poteva svolgere
qualche attività commerciale, surrogata da
quelle primarie che avevano certamente luogo nelle piazze principali.
All’esterno delle mura i toponimi verificati sono Torricella, che qui ipotizziamo potesse essere riferito ad un piccolo edificio
che doveva concludere la cinta nei pressi
del lago, Pozzachera, ancora legato ad una
zona paludosa, e Borna, che sopravvive ancora oggi nelle aree limitrofe al torrente
Trobiolo. Ad est, salendo verso la Pieve,
troviamo invece diversi terreni che, si dice
nel documento, si trovano In Galgo, nome
ancora parzialmente in uso nella seconda
metà del Seicento4 ma probabilmente can-
51
cellato dalla sovrapposizione della nuova seguenti bregni di case una volta posseduti dai
chiesa parrocchiale.
seguenti uomini che pagavano le seguenti
quote di affitto ...”.
Un elemento che appare dalle ricostruzioni della toponomastica è la presenza,
Come è stato accennato nei capi toli
nelle zone più vicine al lago, di aree paludo- precedenti, da questo brano si estraggono
se o comunque legate all'acqua: da sud a le notizie forse più interessanti, che dobbianord troviamo Pozzachera, Stagnagis, Poz- mo analizzare con attenzione poiché costizo e, documentato nell'estimo seicentesco, tuiranno la base fondamentale per la ricoPozza (Puda). Ancora verso la fine dell'Otto- struzione.
cento troviamo progetti di bonifica di terreni a nord di Pisogne adiacenti il lago.
Per le osservazioni che seguono faremo
riferimento alla mappa ricostruttiva di pag.
L'edificato
70, in particolare rimandando al numero
che identifica ogni bene stabile individuato.
L’episcopato possiede in Pisogne “per Il numero, a sua volta, consente di leggere
prima cosa un palazzo, con il piede di una tor- la descrizione del bene tratta dal registro e
re, e un palazzetto, diruti e devastati, e una resa schematicamente nella tabella 5 a pag
pezza di terra ortiva, in cui una volta si trova- 72.
va un brolo, con molti bregni di case e orti,
giacente nel borgo di Pisogne sopra il mercato
Innanzitutto notiamo come l’area deentro le seguenti coerenze: a mattina Venturi- scritta nel passo iniziale sia totalmente di
no Oldofredi, a monte Dota de Morentoni per proprietà dell’episcopato e, come già visto,
conto dell’episcopato di Brescia e la braida corrisponda al borgo di Pisogne, probabildell’episcopato, a sera il lago, a mezzogiorno mente il primo nucleo formatosi a partire
il mercato di Pisogne e la macelleria e il bre- dalla piazza (numeri da 1 a 33). Nella villa, a
gno della casa di Caprario, entro i quali confini sud, troveremo ancora diversi beni dati in
si trova un bregno degli eredi del fu Giovanni affitto, ma saranno alternati a nuclei ed ediDeganoni ed è posseduto dal suddetto Dota e fici propri di abitanti di Pisogne.
non ne paga il fitto se non 2 imperiali per un
muro a monte, entro i cui confini si trovano i
È particolarmente importante il riferi-
Sotto: i fondi di proprietà del comune di Pisogne da bonificare in una
mappa dell'ingegnere Diego Damioli, anno 1880 (A.C.P., fondo separato Disegni).
Nella pagina a fianco, sopra: veduta
di Pisogne in un'immagine di Simone Magnolini dalla zona della Rocchetta (A.E.S.S., fondo Simone Magnolini, n.8716).
52
53
FOTO LINO OLMO
A.E.S.S., fondo Simone Magnolini, n. 8716
54
Vista prospettica della ricostruzione
ipotetica dell'abitato di Pisogne come descritto nel designamento del
1299.
55
mento agli edifici che costituiscono l’insediamento vescovile: il palazzo, il palazzetto
e la torre. I primi due sono in rovina (dirupti), non a causa del naturale degrado ma per
azione umana (devastati). Dobbiamo inoltre dedurre che il palazzo sorga in connessione diretta o molto vicino alla torre, che
qui appare costituita solo da un basamento
(il piede). Sull’interpretazione di questo termine non pare esserci dubbio: pur non potendo determinare con precisione quale
potesse essere l’altezza di questo basamento, nell'anno 1299 la costruzione della torre
è ben lontana dall'essere terminata. L’esame delle murature porta ad escludere decisamente che ci potesse essere stata una
torre più antica, magari distrutta insieme ai
palazzi, dal momento che la muratura appare del tutto omogenea, se non per alcuni
rimaneggiamenti nella parte terminale. La
presenza di blocchi di pietra di maggiore dimensione nei corsi inferiori è del tutto normale in edifici del genere, sia perché il materiale migliore doveva essere impiegato
nelle parti che avrebbero sostenuto il peso
La base della torre sulla piazza del
mercato.
56
maggiore, sia perché oltre una certa altezza
diventava più difficile sollevare conci di peso rilevante, e non può quindi essere addotta come prova di due fasi costruttive distinte.
L’uso poi del termine bregno per il riferimento ai numerosi edifici presenti nel borgo lascia intendere che anche questi fossero in cattive condizioni di conservazione,
anche se si può affermare che solo uno di
questi, quello che era stato affittato a Giovanni Deganoni (n. 29), fosse effettivamente diroccato, tanto da essere escluso dal pagamento se non per un utilizzo parziale che
veniva fatto del muro verso nord.
Anche il vecchio brolo (n. 14), una volta
probabilmente associato ai palazzi, era stato a quest’epoca ormai suddiviso per creare degli orti. Nonostante quest'area fosse
stata edificata, viene chiamata ancora Ortaglia alla metà dell’Ottocento, come si vede
sulla mappa della toponomastica tratta dal
catasto Lombardo-Veneto.
Le condizioni in cui versano in particolare proprio i beni del vescovo di Brescia in
Pisogne sembrano indicare che gli eventi
bellici di cui si ha notizia, risalenti al 1287 e
aventi come epicentro proprio Pisogne,
avessero provocato le distruzioni estese
nel castello e, forse, anche nel territorio
circostante. Sappiamo che i ghibellini guidati da Federici e Celeri assaltarono in quell’occasione Pisogne, spingendosi poi fino ad
Iseo per inseguirne i fuoriusciti di parte
guelfa. Per numerosi terreni verso il Trobiolo è riportata la memoria della presenza di
viti, non più esistenti nel 1299. Potrebbe essere un altro segno di scorrerie nel territorio di Pisogne, tese a provocare i maggiori
danni possibili con azioni veloci5, e alle quali
il comune di Brescia rispose con il bando
per le famiglie camune protagoniste della
rivolta augurandosi a sua volta che “i territori che sono nelle loro mani possano essere devastati e distrutti nella misura più grande che
ci sarà data”6.
no si inserisce nel quadro politico, e, come
già accennato, una torre con le caratteristiche di quella in costruzione a Pisogne doveva costituire un importante segnale, anche
simbolico, dell’interesse che l’episcopato
attribuiva a questo territorio.
Si è anche recentemente ipotizzato che
il luogo dove viene materialmente scritto il
de si gna men to fosse proprio la torre sul
mercato7. In realtà il documento è redatto
“nella casa-torre del vescovo signore sita in
terra di Pisogne sulla piazza”. Le caratteristiche della attuale torre portano ad escludere decisamente che, ammesso fosse già in
uso a quell’epoca, potesse ospitare anche
funzioni residenziali, e che quindi fosse stata in grado di accogliere almeno una ventina
di persone per la stesura di un atto così importante. Si tratta di un edificio di carattere
prettamente militare, per dimensioni planimetriche interne e tipologia delle aperture,
e d’altra parte il termine con cui vi si fa riferimento nel documento è torre. Sono inveEcco quindi come la missione di Cazoi- ce cen si te due ca se-tor ri fra i be ni del
5. Per una illustrazione di questa
tattica bellica si può vedere SETTIA
2003.
6. Cfr. LORENZI 1991, pag. 164.
7. Cfr. FONTANA 2007, pagg.
161-162 e LORENZI 2006, pag. 9.
Veduta di Pisogne dal lago ad inizio
Novecento. A sinistra la ex chiesa di
S. Clemente con il campanile.
57
scheda: la Torre
1
a Torre, che dai documenti risulta essere in costruzione nel
1299, venne edificata contestualmente ad un processo di riaffermazione del potere dell'episcopato su Pisogne e sulla Valle
Camonica voluto da Berardo Maggi, vescovo di Brescia.
Oltre che avere caratteristiche tipiche di un edificio militare,
adatto alla difesa, ebbe certamente anche una funzione simbolica, sorgendo in testa al punto nodale del territorio di Pisogne (la
piazza del mercato) e affacciandosi direttamente sul lago, che in
quel periodo arrivava quasi a lambirla. Sostituì in questa funzione
un precedente palazzo che il vescovo aveva in corrispondenza
dell'attuale vicolo S. Clemente e che alla fine del Duecento, probabilmente a causa di attacchi di fazioni rivali, era in rovina.
La nuova costruzione, una volta completata, doveva essere dotata
da parte degli uomini di Pisogne di una scala, di un pontile e di un
piccolo edificio, probabilmente tutti in legno. L'edificazione venne
certamente condotta da maestranze altamente specializzate:
in primo luogo c'era probabilmente da superare il problema costituito dal terreno paludoso, in riva al lago, tanto più serio se si
considera il tipo di edificio da costruire, e inoltre l'opera richiedeva
lavori da scalpellino per la squadratura e la lavorazione dei blocchi
di pietra.
La costruzione è certamente attribuibile ad un'unica fase, fatta eccezione per alcuni lavori eseguiti nel coronamento. La Torre è raffigurata in un affresco della fine del XV secolo presente presso la
vecchia canonica della Pieve (f. 2), insieme a parte del borgo. Nel dipinto è priva del tetto. La torre è raffigurata con una fitta merlatura, sembra costituita da 5 merli per ognuno dei quattro lati. Il
tetto era quindi sicuramente contenuto all'interno del coronamento. Al di sotto dei merli si distingue una fila di fori, che servivano per
lo scolo delle acque dal tetto, che doccioni, ancora in parte
conservati, poggianti sulla cornice a profilo toroidale immediatamente sottostante, provvedevano ad allontanare dal filo esterno
dei muri (f. 4). È del tutto probabile che la raffigurazione sia il ritratto fedele dell'edificio così come venne concepito e costruito inizialmente.
Due secoli più tardi la torre è dipinta nella pala d'altare fatta per
la chiesa di S. Clemente (f. 3). La parte alta ora è cambiata: sono stati eliminati alternativamente alcuni merli, in modo da ottenere una
pilastratura a tre elementi per lato per sostenere il nuovo tetto
che si vede nella raffigurazione. Questa evoluzione è ancora chiaramente visibile osservando con attenzione la parte terminale della
L
5
FOTO LINO OLMO
2
3
4
torre: tutti i pilastri presentano un sopralzo, realizzato in pietra
tufacea, mentre la parte inferiore è riferibile ai merli originali, costruiti con la stessa pietra del resto dell'edificio alternata a tratti in
mattoni (f. 4).
All'interno, visitabile dopo i recenti lavori di recupero, si accede dal
piccolo cortile a nord (f. 5), attraverso una porta posta al primo
piano (f. 11), com'è frequente in questo tipo di fortificazioni, costruita con un arco a tutto sesto in pietra a 7 elementi. Ogni concio
ha un listello su tutto il perimetro e la lavorazione è simile in questo
a quella che si ritrova nell'arco della Porta dei Monti, mentre le
spalle, che sono giunte a noi rovinate per tentativi di ampliamento
della luce, piuttosto ridotta, sono ricavate direttamente dai corsi
della muratura, senza elementi verticali. Le feritoie arciere (f. 8), vi-
sibili dall'interno (f. 9), sono tutte costruite secondo lo stesso modello, con una serie di 7 archi degradanti in mattoni all'imbotte, e
con luci interne e piani d'appoggio di grandi dimensioni. Ai primi
due livelli le feritoie sono state tamponate in seguito alla costruzione degli edifici addossati alla Torre.
La piazza del mercato nella configurazione odierna, con i portici e
l'espansione verso il lago, è visibile nella pianta del progetto (non
realizzato) di costruzione di una scala esterna per l'accesso ad una
terrazza dell'edificio adiacente di inizio Ottocento (f. 6).
(segue)
scheda: la Torre
8
9
6
10
7
11
vescovo, una nel borgo (n. 29) e una nella
contrada a sud del mercato (n. 37). La prima tuttavia risulta in rovina, e quindi possiamo affermare con sicurezza che è la seconda il luogo sede del designamento. In base
alla ricostruzione effettuata è poi sicuro che
questa casa-torre corrisponda a quella nota
successivamente con il nome di Torrazzo, di
cui rimangono solo alcuni resti visibili all’imbocco della via omonima.
In base a tutto quanto esposto finora si
può ipotizzare un nucleo di proprietà del
vescovo posto in riva al lago, che da tutti i
riferimenti del designamento appare molto
più avanzato verso l'entroterra rispetto al
limite attuale, e costituito da un palazzo di
residenza, da un palazzetto, forse ancora
per la residenza di altre figure legate all’amministrazione della curia locale, da una cappella privata, già intitolata a S. Clemente, e
probabilmente più piccola dell’attuale edificio, che cessò la funzione religiosa all’inizio
del XIX secolo, e dal brolo verso nord fino
alle mura. Un nucleo organizzato che trova
confronto con quanto verificato ad Iseo8,
dove è localizzabile un altro forte caposaldo del dominio vescovile, e a Cividate Camuno, con il torrazzo del vescovo ospitato
all’interno del castello della Pieve8.
8. Per le ipotesi ricostruttive sull'insediamento vescovile presso la Pieve
di Iseo si veda ARCHEOLOGIA
URBANA IN ISEO 1993.
9. In BIANCHI - MACARIO ZONCA 1999, pagg. 148-149.
I palazzi distrutti non verranno riedificati
con la stessa funzione. In un primo momento la casa-torre sulla piazza (il futuro Torrazzo) assume la funzione di edificio di rappresentanza, e il designamento indica chiaramente che a quell'epoca l'edificio è tenuto direttamente dall'episcopato, mentre la
torre, che probabilmente sarà stata com-
In basso: un tratto dei probabili resti
del palazzo del vescovo su vicolo S.
Clemente (altre parti sono visibili
ma non documentabili qui a causa di
un cantiere edilizio in corso al momento dei sopralluoghi).
In alto e al centro: due aperture riferibili alla ricostruzione all'inizio del
Trecento di alcune case sulle rovine
del palazzo.
62
pletata di lì a poco, assumerà una funzione
militare e simbolica. Quello che resta del
palazzo grande, di cui alcune strutture di
base sono tuttora individuabili lungo il vicolo San Clemente, verrà riutilizzato poco
dopo nell’edificazione di una casa con carbonile da parte di Glisente, figlio di Oberto
Preveti, come indicato da una nota di aggiornamento dei primi anni del XIV secolo
presente nel documento, e più o meno nello stesso periodo saranno ridotti ad orto altre aree nelle adiacenze della chiesa di S.
Clemente e del palaz zetto. Nel caso di
quest’ultimo non abbiamo dalle carte indicazioni circa un suo riuso nel periodo immediatamante successivo alla ricognizione,
ma si può facilmente individuare una fase ricostruttiva dal confronto fra i due portali rivolti verso il lago, che ora si trovano nell’andito di passaggio fra la piazza e la contrada
della Puda: il primo, più antico, presenta
evidenti segni di dissesto strutturale, mentre l'altro è databile alla seconda metà del
XIV secolo.
Il borgo si sviluppò lungo l'attuale via S.
Marco. Il nome della contrada, al 1299, è
ancora legato al mercato, mentre di Contrada di S. Marco si parlerà per questa zona
nell'Estimo del 1672. Anche la porta a nord,
qui detta dell'Ospedale, assumerà più avanti il nome di Porta di S. Marco. La posizione
della porta si intuisce dal disegno relativo
alla strada Pisogne-Angone, realizzato alla
fine del XVIII secolo dall'ingegnere Girolamo Barilli, pubblicata a pag. 84.
Strutture riferibili al palazzetto vescovile citato nella ricognizione del
1299: in alto il cantonale con conci
lavorati con bisellatura; in basso i
due portali sotto l'androne, il primo
probabilmente databile con la prima
costruzione dell'edificio e il secondo
da attribuire a una ricostruzione
verso la fine del XIV secolo; qui sotto alcune finestre con ghiera in mattoni e bardellone riferibili sempre alla ricostruzione trecentesca.
Seguendo la ricognizione, che procede
in modo ordinato ad indicare gli edifici presenti sulla via, si giunge alla notizia sulla casa-torre diroccata, che è possibile localiz-
63
La ricostruzione ipotetica di alcune
fasi dell'evoluzione dei palazzi e della torre del vescovo.
In alto: la situazione prima dell'attacco a Pisogne del 1288.
Al centro: i palazzi rovinati e l'inizio
della costruzione della torre all'epoca del designamento.
In basso: la torre completata e il palazzo riconvertito ad abitazioni attorno al 1310.
6
zare nell'edificio d'angolo fra via S. Marco e
la Piazza Corna Pellegrini (n. 29). Una verifica sul posto ha permesso di ritrovare alcune strutture sicuramente riferibili ad una
casa fortificata, intuibili nello spessore di alcuni muri e visibili in uno spigolo al primo
piano e in una porta di accesso, ora murata,
prospiciente l'antica piazza del mercato.
della Pieve di Iseo, Bonaventura e il dominus
Ziliano de Sucis, sempre di Iseo. Non è
escluso che la costruzione sia dovuta a una
ripartizione del lotto necessaria per realizzare una nuova residenza (n. 5).
La piazza del mercato appare organizzata con una sorta di divisione in due settori:
Nel documento non c'è invece traccia
dell'edificio noto come Torricello di vicolo S.
Clemente, e l'esame degli elementi ancora
visibili di questo edificio, oggi pesantemente coperto con intonaco di cemento, fa
pensare ad una sua realizzazione a Trecento
inoltrato, insieme all'apertura di nuovi accessi proprio dal vicolo, un tempo evidentemente impossibili a farsi per la presenza
del palazzo del vescovo dirimpetto. Il lotto
in cui venne poi costruito il Torricello era
assegnato a più persone, fra cui l'arciprete
Il torricello di vicolo S. Clemente.
Sotto: portale d'accesso al Torricello. L'apertura originale è quella ad
arco acuto (in giallo), databile a Trecento inoltrato. Compaiono poi
due rinfianchi (in verde) che riducono la luce dell'accesso, realizzati
probabilmente in occasione del
consolidamento dell'edificio con i
contrafforti che si vedono parzialmente ai lati dell'immagine (forse a
metà del XV secolo). L'ultima fase
(in rosso) concerne la tamponatura
della porta e la sua sostituzione con
la finestra in pietra di Sarnico, seicentesca. L'accesso al piano terra
venne sostituito da una nuova porta
sul lato ortogonale, vicino all'accesso da vicolo S. Clemente.
Sopra: la porta d'ingresso al primo
piano della torre. Per il tipo di materiale e lavorazione è del tutto analoga alla porta su vicolo S. Clemente,
e databile quindi con buona precisione alla metà del Trecento. Anche
in questo caso venne tamponata
probabilmente per la costruzione
dei contafforti.
65
quello più vicino al lago, con il complesso
del vescovo ed altri edifici (nn. 1-3) lungo il
lato settentrionale e una serie di residenze
a sud (nn. 34-38), con ogni probabilità tutte
dotate di fondaci e botteghe, concluse verso ovest dalla casa sede della Vicinia di Pisogne (il Comune), e quello superiore, verso
est, che viene chiamato nel documento platea comunis, piazza del Comune. Fra i due
settori abbiamo collocato, in base all’esame
dei confini, la presenza della beccheria comunale, proprio di fronte alla casa-torre diroccata, e quindi in posizione centrale rispetto alle due piazze. Il lato verso est era
poi chiuso da alcuni edifici, che vennero demoliti solo verso la fine del Settecento per
consentire uno sfondamento della piazza e
la costruzione della nuova chiesa parrocchiale10.
A sud della piazza, come detto, le proprietà dell’episcopato si fanno via via più rade, e la ricostruzione un po’ più difficoltosa.
È stato tuttavia possibile stabilire alcune caratteristiche del tessuto edilizio, come la
presenza di un vicolo, detto dei Cortivi, il cui
accesso venne in seguito murato in seguito
all'unificazione di alcune proprietà nella villa
Damioli11, ed il fatto che l’attuale Vicolo degli Asini non aveva sbocco su via Torrazzo,
limitandosi a dare l’accesso ai cortili posteriori delle case a sud della piazza, e per questo era definito nella ricognizione come un
ingresso. Ancora nel Seicento risulta come
vicolo cieco (la tresenda morta) ad una prima lettura degli estimi di quel periodo.
10. Sulla vicenda della costruzione
della nuova chiesa si trova un'ampia
illustrazione in BERTOLINI PANAZZA 1994, pagg. 35 e segg.
La casa con brolo demolita era alla
fine del Settecento di proprietà di
Virginia Passaglia Rossetti. È verificato che si tratta della casa e brolo
che nell'Estimo del 1672 risulta fra i
beni di Giovanni Battista Pessalio,
nel luogo dove sorgeva nel 1299 le
case di Caprario e del notaio Ardizzone (nn. 39 e 40). BERTOLINI PANAZZA 1994 ipotizzarono che
la casa demolita potesse essere il
palazzo del vescovo, che evidentemente non avevano individuato.
Nella parte sud abbiamo ipotizzato anche la localizzazione del dongione (n. 63).
Come detto nel capitolo precedente, pur
citato nella parte introduttiva del designamento, il dongione non compare nelle coerenze e tanto meno nelle descrizioni degli
edifici dell’episcopato, e quindi per identificare il luogo dove poteva sorgere ci si può
basare solo su alcuni indizi. In primo luogo
nella pala di S. Clemente si nota, nella raffigurazione dell’abitato di Pisogne, nella parte alta dell'abitato e verso sud, un edificio di
notevoli dimensioni, forse un torrione. La
posizione potrebbe essere identificata nella
zona della Porta di Stagnagis, e una verifica
sulla ricostruzione ci fa scoprire che l’ultima
proprietà individuata, adiacente proprio alla porta, era assegnata al ministeriale Maffeo
(detto Bellicoso). Il ministeriale è il rappresentante del vescovo a Pisogne, un agente
sul territorio, direttamente investito dal signore dei compiti di amministrazione economica e giudiziaria su uomini e cose del
territorio. È certamente plausibile che questo personaggio disponesse di un alloggio in
posizione eminente e con caratteristiche
adatte ad immagazzinare e proteggere i
11. Il vicolo, con alcune porte delle
case che vi affacciavano, è tuttora
leggibile visitando gli scantinati di villa Damioli-Galli.
In vicolo S. Clemente si trovano
due portali, aperti sul lato opposto
rispetto al vecchio palazzo del vescovo. In basso quello carrale che
dà accesso al cortile del Torricello,
totalmente in mattoni e con arco
acuto. In alto una porta in pietra, ad
arco ribassato, con bisellatura doppia, del tutto simile alla porta d'accesso al primo piano del Torricello.
La datazione alla metà del Trecento
circa porta a ritenere che il vicolo si
fosse formato poco prima, e comunque solo dopo che l'abbandono del palazzo del vescovo e il suo
reimpiego per la costruzione di alcune residenze.
66
prodotti delle terre del vescovo, specie
quelle che alcuni coloni lavoravano per conto dell'episcopato e che rendevano al proprie ta rio la me tà del la pro du zio ne (nn.
90-94).
Si spiegherebbe così oltretutto come le
prescrizioni impartite da Cazoino contemplino il mantenimento in efficienza di una
casa presso il dongione dove doveva risiedere il portinaio del comune, che aveva il
compito di organizzare la guardia del castello. Sembra anche significativo che il lotto immediatamante a valle delle case date a
Maffeo sia descritto come una pezza di terra
su cui una volta c’era una casa (n. 62). È l’unico caso nel designamento in cui siamo in
presenza di un edificio completamente demolito (non diroccato o semplicemente
danneggiato), e questo fa pensare che fosse
preesistente alla costruzione del ridotto
fortificato presso la nuova porta, realizzato
in occasione dell’ampliamento della cinta
muraria che andava a racchiudere le case
della villa: sarebbe stato per questo eliminato, con l’intento, frequente in questo tipo di
strutture, di evitare ogni addossamento al
nuovo dongione12.
L'espansione di fine Duecento della cinta muraria si attesta lungo il fronte settentrionale dell'attuale piazza Mercanti, ovvero quella che verrà chiamata piazza di Cimavilla o, significativamente, ancora nella
prima metà dell'Ottocento, Piazza Nuova. È
probabile che nel corso del XIV secolo l'abitato si sia ulteriormente spinto più a sud,
fino a comprendere l'attuale piazza Berlai e
sull'allineamento della Porta Nuova (ora in
forme settecentesche). Forse però la porta
verso sud aperta in questo nuovo tratto di
cinta poteva trovarsi presso la torre di piazza Berlai, che potrebbe effettivamente essere datata alla seconda metà del Trecento.
12. La localizzazione del dongione
alla Porta de Stagnagis è, fra le varie ipotesi, quella che ci pare più
probabile, ma, dal momento che oggi non rimangono resti della struttura, non può essere presentata come
sicura. Nella seconda metà del Seicento tutta l'area è di proprietà di
Paolo Bono, per un'estensione che è
già circa quella dell'attuale villa Damioli-Galli, e il parco attuale è descritto come brolo.
La torre di piazza Berlai: a sinistra in
una immagine di parecchi anni fa, a
destra in una recentissima a restauro
appena concluso.
67
scheda: le case-torri
sulla piazza
1
ra i beni inventariati nel designamento del 1299 compaiono
due case-torri, entrambe poste sul Mercato. È stato possibile, in base alla ricostruzione effettuata, localizzare gli edifici e
ritrovarne le tracce.
La prima casa-torre citata nel documento non era probabilmente nota finora (nessuna pubblicazione vi fa cenno). È descritta
come bregno casaturis, affitata a
Giovanni Deganoni, ma tenuta,
come altri beni di quest'ultimo,
da Albertino de Morentoni di
Iseo, detto Dota, e situata fra la
macelleria del comune sulla
piazza a sud, la strada ad ovest
e un vicolo (via viciniora) a
nord. Importante l'uso qui del
termine bregno di casa-torre,
che consente di stabilire senza
ombra di dubbio che in quest'epoca l'edificio è in rovina (il
fitto è in effetti molto basso), e
anzi utilizzato solo per alcuni
muri. In base alla descrizione
dei confini, è stata subito ipotizzato che la casa-torre si trovasse all'angolo fra la piazza e il
lato est di via S. Marco, e in effetti la supposizione si è rilevata esatta: all'interno delle
strutture e del portico si trova
una porta con arco in pietra forse della prima metà del
Duecento (f. 4) e, al piano superiore, un cantonale in diorite con bisello (f. 5, ma in questo caso, visto il tipo di materiale impiegato, potrebbe già trattarsi una
fase ricostruttiva trecentesca). Altre
tracce si trovano all'esterno, sul vicolo
posteriore (f. 3), e in questo caso le caratteristiche della muratura dello spigolo ancora visibile fanno pensare alla prima fase costruttiva dell'edificio.
La seconda casa-torre è la "casaturis domini
F
4
2
episcopi" in cui viene redatto il designamento. Nel documento è descritta come una casa-torre supra mercatum,
che era stata affittata ancora ai Deganoni e in seguito a
Stefano Mazzucchi, e che ora è tenuta dall'episcopato. In
questo caso fra i confini indicati ci sono a nord il mercato
e ad est la strada. La localizzazione coincide con quella
dell'edificio che tradizionalmente viene
chiamato Torrazzo, all'imbocco
3
della via omonima. Nel documento tuttavia il termine
torrazzo non viene usato. Compare invece in un atto di
cessione in affitto dell'edificio del 14 ottobre 1447
(A.V.B., sezione Mensa, reg. 19, ff. 12-13; edito in
PUTELLI 1915, pagg. 111-112) con cui l'episcopato affida
ad Onofrio Acchiappati il Toracium Episcopatus Brixiae che
si trova nella parte superiore della piazza, vicino ad un olmo. L'atto è importante perché contiene notizie sulle
condizioni del Torrazzo, che a quest'epoca appare privo
del tetto (discoperto), anche se con volte in pietra al livello inferiore. Nel contratto, anzi, allo stesso Onofrio è
prescritto di ricostruire la copertura con buon legname e coppi, e di lasciare l'edificio alla fine della locazione,
dopo 9 anni, con il tetto ben in ordine. Anche se non è
chiaro se la mancanza del tetto sia da imputare ad una
parziale demolizione o crollo della parte superiore della
casa-torre, al 1447 la struttura doveva aver assunto le
caratteristiche che si ritrovano in molti torrazzi, una
pianta rettangolare, un'altezza in genere di due piani e la
presenza al livello inferiore di due porte gemellate che
danno accesso a due ambienti voltati indipendenti. Oltre
a quello di Cividate Camuno, pure del vescovo di Brescia, se ne conoscono diversi: a Zorzino, a Riva di Solto, a
Casazza. Oggi l'edificio è molto manomesso, e si riconosce immediatamente come originale solo un tratto di
muro sotto il portico in cui si trovano le due porte affiancate, delle quali una è parzialmente distrutta (f. 1). Solo un'operazione attenta di rilievo architettonico, anche
del piano superiore, potrebbe forse chiarire le dimensioni e la morfologia della casa-torre e spiegare la presenza
di una spalla, riferibile ad una porta, che si trova all'imbocco di via Torrazzo, in corrispondenza di quello che
potrebbe essere il limite verso sud dell'edificio (f. 2). Potrebbe trattarsi di una porta costruita per regolare il
passaggio fra la piazza e la via verso sud, controllata quindi dal Torrazzo, e in questo caso, ma è naturalmente solo
un'ipotesi, la presenza dell'altra casa-torre all'imbocco
della via verso nord potrebbe lasciar immaginare una
eventuale chiusura anche in quel punto, a formare quindi
una sorta compartimentazione dell'abitato, da attivare in
caso di pericolo.
5
Tab. 5: trascrizione schematica del designamento del 1299 ( a cura di Riccio Vangelisti)
affittuario
contrada
bene affitatto
valore
una casa
6 imperiali
2
Girardo del fu signore Alberto de Gastaldi
di Iseo e Alberto del fu signore Giacomo
del detto fu Alberto
Mercato
a mane (Est)
a meridie (Sud)
Mercato
una “stazione”
20 soldi imperiali
Giovanni Isnardi (3)
il mercato
3
Giovanni del fu signore Isnardo
Mercato
una casa
5 soldi imperiali
la via
il mercato
4
Eredi di Imberto Ventroni di Iseo ed eredi
di Stefano Mazzucchi
Mercato
una casa
14 imperiali
la via
Giovanni Isnardi (3)
5
Signore prete Bonaventura, arciprete
della pieve di Iseo, signore Ziliano de Suci
di Iseo, eredi del fu Redolfo Rateri e
Nicola Bianchi da Riva
Mercato
un bregno di casa
11 mezzani
la via
eredi Imberto Ventroni
e Stefano Mazzucchi (4)
6
Eredi di Bergamasco e Genesio di Pisogne
Mercato
un bregno di casa
22 imperiali
la via
la casa che era di
Ottebono Zuchinzuc (5)
7
Signore Munto da Breno
Mercato
un bregno di casa
9 mezzani
la via
la casa che era di
Bergamasco e Genesio
(6)
8
Bovo de Homis (da Ome)
Mercato
un bregno di casa
7 imperiali
la via
il signore Munto da
Breno (7)
9
Antonio notaio de Huno (da Ono ?)
Mercato
un bregno di casa
6 imperiali
la via
Bovo da Ome (8)
10
Zuffo da Bienno
Mercato
un bregno di casa
12 imperiali
la via
Antonio notaio da Ono
(9)
11
Eredi di Giovanni Cornicla
Mercato
un bregno di casa
6 imperiali
la via
Zuffo da Bienno (10)
12
Eredi di Teutaldo Feratori
Mercato
[non specificato]
6 imperiali
la strada
13
Eredi di Bonaventura detto Besotto ed
eredi di Pietro Revioli
Mercato
un bregno di casa con orto
annesso
4 soldi imperiali
Antonio notaio di Ono,
Zuffo da Bienno (9),
eredi di Giovanni
Cornicla (11) ed eredi di
Teutaldo Feratori (12)
un orto
4 soldi imperiali
n
1
Lazzarino Beccari da Breno
un orto
4 soldi imperiali
Giacomo Miletti
un orto
4 soldi imperiali
Beno de Bechis
un orto
8 imperiali
Martino da Monte
Mercato
14
Ognibene Revioli (13)
il palazzetto del vescovo
Venturino Oldofredi
tramite il fossato
vecchio
Salvatore da Bienno per
conto dell'Episcopato
(21)
15
Marco da Artogne
Mercato
due bregni di casa
12 imperiali
16
Giacomo Gualdrigelli
Mercato
un bregno di casa
2 imperiali
17
Rebusca
Mercato
un quarto di una casa
5 imperiali
18
Isnardo Imbiavati
Mercato
un quarto di una casa
5 imperiali
19
Tomasina del fu Lazzarino Vachera
Mercato
un quarto di una casa
5 imperiali
20
Dota a nome degli eredi di Giovanni
Deganoni e Salvatore della Piazza da
Bienno
Mercato
un quarto di una casa
5 imperiali
21
Signore Salvatore [della Piazza] da
Bienno
Mercato
un bregno di casa
4 imperiali
il fossato vecchio
Rampollo da Menico
(22)
22
Rampollo di Menico
Mercato
una casa
8 imperiali
Guglielmo Speziari (24)
Pilato Speziari (23)
23
Pilato Speziari
Sopra il Mercato
un bregno di casa
4 soldi imperiali
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
Guglielmo Speziari (24)
24
Guglielmo Speziari
Sopra il Mercato
un bregno di casa con orto
annesso
4 soldi e 2 imperiali
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
Guglielmo Speziari (25)
72
a sero (Ovest)
a monte (Nord)
note
affittuario precedente
affittuario successino (1301-1313)
Giovanni Mochi
- lo tiene Maffeo Petteni e paga tutto il fitto
- al posto di Maffeo è investito Teutaldo da Toline in cambio di 8 imperiali, come appare dall'atto rogato da Viniale Cilincicei
la via
eredi della signora Zoga
(4)
Girardo e Alberto
Gastaldi (1)
ererdi del fu Imberto
Ventroni ed eredi di
Stefano Mazzucchi per
la signora Zoga (4)
la via e il fu Griffo
Lecatete (?)
la casa che era di
Ottebono de Zuchinzuc
(5)
signora Zoga
- ne sono investiti Suta da Iseo e Ghidino Cantoni, al prezzo di 15 imperiali all'anno
la via
eredi di Bergamasco e
Genesio (6)
Ottebono Zuchinzuc
- ne è investito Glisente il calzolaio dal signore Cazoino per 5 soldi imperiali
la chiesa di S. Clemente
e l'Episcopato
il signore Munto da
Breno (7)
la chiesa di S. Clemente
eredi di Bovo da Ome
(8) e l'Episcopato
quelli di Sachino
- lo tiene Giovanni Belaneti e rende 14 imperiali
- lo tiene Glisente [...]
i beni dell'Episcopato
Antonio notaio da Ono
(9)
Terlino
- ne sono investiti Clemente fu matallo e fratelli per 2 soldi imperaili
della moneta cottente a Brescia
- ne è investito Venturino figlio del fu Giovanni Isnardi
- lo tiene Boccaccino da Riva
- ne è investito Maffeo fu Giovanni Roba, notaio, il giorno 21 dicembre
1301 dal signore Cazoino da Capriolo
Zuffo da Bienno (10)
- lo tiene Bonafemmina moglie del fu Pasino Blusca
i beni dell'Episcopato
i beni dell'Episcopato
tramite Giovanni
Cornicla (11)
- lo tiene Pietro di Bonone Zogolo
- lo tiene Russotto
i beni dell'Episcopato
lo possiede per conto
dell'Episcopato
eredi di Pietro Revioli
(13)
la braida dell'Episcopato
il brolo dell'Episcopato
la braida
sopra il fossato
Bellavita Oberti
- lo tiene Tidollo figlio di Oldofredo Maltraversi
- lo tiene Alberto detto Bottaccio
il lago
la braida
- lo tiene Bottaccio
- li tiene Loteto
- ne è investito Guidino fu Gualdrigello di Gratacasolo, e rende 12 imperiali
Adamo Bastardo
- lo tiene Glisente il calzolaio
- lo tiene Giovanni fu Matallo
la via
Dota per conto
dell'Episcopato
- Nasetto
Lazzarino Vachera
la via
la casa che era di
Lazzarino Vachera (19)
la strada
Salvatore della Piazza da
Bienno (21)
la strada
Rampollo di Menico (22)
la strada
Pilato Speziari (23)
- è investito Pasino Brusatezze delle parti di Lazzarino e di Dota e di
Salvatore
- lo tiene Isannio
- ne è investito Francesco Zalio
Ventura Bastardo da Palazzolo
- lo tiene e ne è investito Francesco Zalio, per 4 soldi imperiali e 2 imperiali
(segue)
73
Tab. 5: (segue) trascrizione schematica del designamento del 1299
n
affittuario
contrada
bene affitatto
valore
a mane (Est)
a meridie (Sud)
25
Guglielmo Speziari
Mercato
un bregno di casa
4 soldi imperiali
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
eredi di Pietro detto
Timono (26)
26
Pietro detto Timono
Mercato
un bregno di casa
6 imperiali
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
eredi di Pietro de
Gastaldi (27)
27
Pietro de Gastaldi da Iseo
Mercato
un bregno di casa
7 imperiali
la via
la via
28
Guglielmo Speziari a nome di Griffo
Lecatete
Mercato
un orto
5 imperiali
il fossato vecchio
la casa con orti che era
di Girardo Aimellini (33)
29
Giovanni Deganoni
Mercato
per il muro della parte a nord
del rudere della casa torre
2 imperiali
Paolo sarto (30)
la beccheria del mercato
30
Paolo sarto
Mercato
una casa
5 mezzani
Nicolino Castagnola per
il signore Giacomo del
Lago da Iseo (31)
il mercato
31
Nicolino Castagnola
Mercato
una casa
5 soldi imperiali
Maifredo Censi (32)
il mercato
32
Eredi di Maifredo Censi
Mercato
una casa
6 imperiali
Maifredo Censi
il mercato
33
Girardo Aimellini
Mercato
una casa con orto
6 imperiali
Dota da Iseo
Caprario (39)
34
Piviono
A sud del Mercato
una casa
26 soldi
il signore Foresto da
Castro (35)
l'ingresso
35
Eredi del fu signore Foresto da Castro
A sud del Mercato
una casa
2 soldi imperiali
Gambera de Morentoni
da Iseo (38)
36
Eredi di Glisente da Lovere
A sud del Mercato
una casa ovvero un portico di
casa
4 imperiali
la casa-torre del signore
vescovo che fu di
Stefano Mazzucchi (37)
37
Episcopato di Brescia
A sud del Mercato
una casa-torre sul mercato
38
Albertino detto Dota, notaio ed eredi di
Stefano Mazzucchi
A sud del Mercato
una casa sul mercato
12 imperiali
39
Eredi di Caprario di Pisogne
A sud del Mercato
un bregno di casa sul mercato
6 imperiali
40
Eredi di Ardizzone, notaio
A sud del Mercato
un bregno di casa
12 imperiali
41
Bontempo del fu Maffeo da Lavia
A sud del Mercato
due bregni di casa sul mercato
12 imperiali
42
Signore Bontempo
A sud del Mercato
un campo sul mercato
43
Eredi del signore Foresto da Castro
Pozzo
44
signore Maifredo da Portegno
45
la strada
Foresto (43)
eredi del signore
Foresto da Castro
l'ingresso
Ardizzone, notaio (40)
eredi di Bontempo da
Lavia (42)
eredi di Bontempo da
Lavia (41)
12 imperiali
Albertino detto Dota
Rebusca
una casa
12 imperiali
la strada
Dota
Pozzo
una casa
10 imperiali
la via
la via
Eredi di Alberto da Parre
Pozzo
una casa
4 imperiali
Il signore Maifredo da
Portegno (44)
la via
46
Eredi di Alberto e di Ottebono da Parre
ed eredi di Guadagnino Mizardi
Pozzo
una casa
10 imperiali
eredi di Alberto da
Parre (45)
la via
47
Eredi di Ognabene Belotti
Pozzo
una casa
5 imperiali
48
Scutella di Pisogne
Pozzo
una casa
5 soldi imperiali
la via
Uguzone il pescatore
49
Nicolino Castegnolo
Pozzo
una casa
11 mezzani
Scutella (48)
la via
50
Eredi di Saiotto, notaio, di Pisogne
Pozzo
un bregno di casa
4 soldi imperiali
eredi di Beneamato (51)
eredi di Castagnola (49)
74
la via
a sero (Ovest)
a monte (Nord)
note
la strada
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
la strada
Guglielmo Speziari
tramite gli orti di Griffo
Lecatete (28)
la via
Pietro Timono (26)
Pietro Gastaldi (27),
Guglielmo Speziari (24,
25), Pilato Speziari (23)
e molti altri
quelli che lo tengono
per conto di Lazzarino
Vachera (19)
la strada
la via viciniale
Dota per conto degli
eredi di Giovanni
Deganoni (29)
la via
Paolo il sarto (30)
la via
Nicolino Castagnola
(31)
la via
Maifredo Censi (32)
Guglielmo Speziari (28)
della quale casa spetta a Dota una
certa parte per via di sua moglie
il comune di Pisogne per
conto dell'Episcopato di
Brescia
il mercato
affittata secondo la volontà del
signore vescovo
la casa che era di
Cazzago e Calvo,
podestà di Iseo (34)
affittuario precedente
affittuario successino (1301-1313)
- ne è investito Ghidino Cantoni (...) e rende 12 imperiali ogni anno
- lo tiene Ghidino Cantoni
è tenuto da Dota
i Maresini da Iseo
- lo tiene Suta
- lo tiene Suta
il signore Giacomo del Lago
- lo tiene Suta
- lo tiene Suta
- Teutaldo da Toline (rende 12 imperiali)
Cazzago, fratello di Caprario, e
Calvo, podestà di Iseo
- lo tiene la signora Pecora moglie del fu Segne
il mercato
Buza
- lo tiene Paganino
eredi di Besotto da
Lacho
il mercato
Manente Sartori e poi il signore
Borghesio da Iseo
- lo tiene la signora Rosa
eredi di Glisente da
Lovere (36)
il mercato
Agogi de Deganoni e poi Stefano
Mazzucchi
il mercato
Stracerio de Mandugasegni di
Pisogne
- lo tiene Pecino Cantoni
- suo fratello Girardo
il comune di Pisogne
eredi di Girado Aimellini
(33)
- Teutaldo da Toline (rende 12 imperiali)
la piazza del comune
eredi di Caprario (39)
- ne è investito Guidino fu Guadrigello
il signore Borghesio
eredi di Girado Aimellini
(33)
Martino Roba e poi i Manente
Sartori e suo fratello Ventura
Ghidino Cantoni (37?)
Faustino de Mandugasegni e poi
Musio Racardi e Bellavite sua
moglie e poi Maifredo di Giovanni
Aspari
eredi di Alberto da
Parre (45)
Obicino Otta
- lo tiene Giovanni de Boccacci
eredi di Alberto da
Parre (45) e Guadagnino
Mizardi (46)
la via
Girardo Frasca
- lo tiene Boccaccino de Boccacci ovvero i suoi eredi
eredi di Guglielmo
Guadagni
la via
Girardo Frasca
- lo tengono gli eredi di Boccaccino de Boccacci
il lago
eredi del fu signore
Guglielmo Guadagni
Saiotto
Nicolino Castagnola
(49)
la via
- ne è investito Giovanni Temella da Niardo da Suta da Iseo dietro pagamento di 5 soldi imperiali della moneta corrente ora a Brescia, il
giorno 23 febbraio 1315
eredi di Beneamato (51)
la via
il signore Ricabone
erano tre case
Ottone Scaioli (erano tre case)
(segue)
75
Tab. 5: (segue) trascrizione schematica del designamento del 1299
n
affittuario
contrada
bene affitatto
valore
a mane (Est)
51
Eredi di Beneamato
Pozzo
un bregno di casa
6 imperiali
la casa di Uguzone il
pescatore
52
Giovanna moglie del fu Imbertino
Pozzo
una casa
28 imperiali
la casa che fu di
Ottebono de Buganelli
(53)
la via
53
Ottebono de Buganelli
Pozzo
una casa
12 imperiali
Nicola Musio (54)
la via
54
Nicola Musio
Pozzo
una casa
4 soldi imperiali
Martino Maltraversi
la via
55
Ghidino Cantoni
Pozzo
un bregno di casa
6 imperiali
Dota
la via
56
Traina de Pescheris e Alberto della Rocca
Pozzo
una casa
32 imperiali
eredi Caffi da Portegno
Ventura Bazzini (57-58)
Pozzo
una casa
11 mezzani
una casa
13 mezzani
eredi di Giovanni Aspari
(59)
la via
Pozzo
57
Ventura de Bazzini
58
a meridie (Sud)
59
Eredi di Giovanni Aspari
Pozzo
un bregno di casa con orto
19 imperiali e mezzo
Alberto Zucchelli
la via
60
Alberto Strazaghi
Pozzo
un bregno di casa
13 imperiali
Masera Accorsini (62)
la via
61
Salvetto genero di Ghislace
Pozzo
una casa
12 imperiali
Giovanni Aspari (59)
Ventura Bazzini (58)
62
Masera Accorsini
Stagnagis (Stagno)
un terreno su cui una volta
c'era una casa
6 imperiali
Maffeo Bellicoso,
ministeriale (63)
la via
63
Maffeo detto Belincose, ministeriale
Stagnagis
due case
15 imperiali
Blezone
la strada
64
Bertolino fu Bondo della Rocca
Stagnagis
una pezza di terra seminativa
6 imperiali
Episcopato di Brescia
Roba
65
Pasino Greppi
Stagnagis
un bregno di casa
12 imperiali
Bertolino fu Bondo della
Rocca (64)
66
Eredi di Cazolo
Stagnagis
un bregno di casa
6 imperiali
Dota
67
Venturino Oldofredi
Stagnagis
un bregno di casa
6 soldi imperiali
68
Pietro e Mizardo, fratelli, e figli del fu
Guadagnino Mizardi
Stagnagis
una casa
4 imperiali
la via
69
Martino da Monte
Stagnagis
una casa
11 mezzani
Dota
70
Eredi del signore Foresto da Castro
Stagnagis
una casa
12 imperiali
71
Eredi di Giovanni Coazio e Giovanni
Besotto
Azo
una casa
6 imperiali
la via
72
Roba di Giovanni Belotti
Azo
una casa
6 imperiali
il sognore Corrado da
Portegno
la via
73
Dota
Fuori dal borgo presso la
porta dell'Ospedale
una pezza di terra
2 soldi imperiali
Venturino Oldofredi
i beni dell'Episcopato,
ovvero il culmine del
fossato del borgo
Dota
Fuori dal borgo presso la
porta dell'Ospedale
una pezza di terra seminativa
6 imperiali e mezzo
Alberto della Torre
Fuori dal borgo presso la
porta dell'Ospedale
Venturino Oldofredi e
gli eredi di Bontempo da
Lavia
una pezza di terra seminativa
7 mezzani
75
Eredi di Frogerio e Glisente Spezia
Fuori dal borgo presso la
porta dell'Ospedale
una pezza di terra
6 imperiali
l'Episcopato e
l'Ospedale
Roba per conto
dell'Episcopato (74)
76
Eredi di Brigata da Castro
Galgo
una pezza di terra
6 imperiali e 3 quarte
e mezzo di castagne
secche pestate
l'Episcopato
l'Episcopato
74
76
Pasino Greppi (65)
Piviono per conto di
Bulpatto da Iseo
la via
a sero (Ovest)
a monte (Nord)
eredi di Saiotto, notaio,
di Pisogne (50)
la via
la via
Dota
Giovanna moglie del fu
Imbertino (52)
Dota
- lo tiene Ghidino Cantoni
Ottebono de Buganelli
(53)
Dota
- lo tiene Giovanni de Boccacci
Martino Maltraversi
Dota
Civino fu Amatore
- lo tiene Pietro Cantoni
la strada
la via dei cortivi
Rivanello della Rocca
- ne è investito Belottino da Vestone
- il signore Plebano fu signore Manzio paga il detto fitto
la via
Traina de Pescheris e
Alberto della Rocca (56)
Ventura Bazzini (58)
note
erano due case
affittuario precedente
affittuario successino (1301-1313)
Ottone Scaioli
- ne é investito Martino da Monte per 2 soldi imperiali
- ne è investito Trivella per 5 soldi imperiali e mezzo
Confortato de Mandugasegni
(una) e Guidone de Albertazzi
(l'altra)
- lo tiene Venturino filgio del fu Arnoldo, investito dal signore Cazoino,
il giorno 21 dicembre 1310
- lo tiene il signore Crotto da Fo[...]
- Giovannino de Mergotti di Sedergnò
Ghiroldo detto Ginosio
- lo tiene Teutaldo da Toline e lo teneva Stefanina moglie del fu Matallo
eredi Caffi da Portegno
eredi di Giovanni Aspari
(59)
Ventura Bazzini (57)
- ne è investito Piccardo al prezzo di 5 soldi imperiali
- Pietro Guadagini
eredi Bondo della Rocca
(56)
- Giovanni de Mergotti
eredei di Alberto
Zucchelli (60)
- Pietro Guadagini
Masera Accorsini (62) e
Giovanni Isnardi
- Teutaldo da Toline
la via
la piazza
Faustino de Mandugasegni
- ne è investita Rosa moglie del fu Giacomo detto Anzetto in nome di
suo figlio Bonacorsino
Dota
la via
- ne è investito lo stesso Pasino
- lo tiene Isacco detto Sulta
- lo tiene la signora Rosa
la strada
Venturino Oldofredi
- ne è investito lo stesso Venturino
Dota e gli eredi del
signore Caracosa de
Maltraversi
la via
- ne tengono la metà gli eredi del fu Guercio e Clemente per metà
- lo tiene Paganino per metà
- gli eredi del fu Pecino ne tengono un quarto
eredi di Gosatto
la via
- lo tengono gli eredi del fu Muto Lazzarini
la via
Dota
Giovanni Bosio di Mercatello e poi
Frogerio di Govine
- lo tiene Paganino
eredi di Martino Zoppi
Oldofredo Maltraversi
ed eredi di Bondo de
Boccacci
Ghiroldo Molinari
- lo tiene Romelio figlio di Giovanni
- lo tiene Odolino Petteni per conto di Giovanni Besotti
Giovanni Parisi
signore Corrado da
Portegno
Alberto fu Teutaldo Isola
- lo tiene Paganino Bertaccia
la strada
Dota per conto
dell'Episcopato
la strada
eredi di Frogerio di
Govine per conto
dell'Episcopato (75)
Sachino da Pontasio e Tuttabona
sua moglie
la strada
l'Ospedale
Gionasio di Pisogne
l'Episcopato
eredi di Guadagnino
Mizardi
- ne è investito Oldofredo sulla parola di suo padre dal signore Cazoino
- lo tiene Francesco Zalio per 7 mezzani
- lo tiene la signora Rosa
- lo tiene Suta
- lo tiene Boccaccino da Riva
- lo tiene Vachera per una quarta di castagne
(segue)
77
Tab. 5: (segue) trascrizione schematica del designamento del 1299
n
affittuario
contrada
bene affitatto
valore
a mane (Est)
a meridie (Sud)
77
Eredi di Gregorio e Giovanni di Toline
Galgo
una pezza di terra
2 imperiali e mezza
quarta di castagne
secche
eredi di Brigata (76)
l'Episcopato
78
Eredi di Stefano Mazzucchi
Galgo
eredi Petteni di
Grignaghe (80)
la via
4 imperiali e 2 quarte
di castagne secche
pestate
una pezza di terra seminativa
4 imperiali e 2 quarte
di castagne secche
pestate
79
Eredi di Federico Mizardi
Galgo
80
Eredi Petteni di Grignaghe
Galgo
una pezza di terra
4 imperiali e 2 quarte
di castagne secche
pestate
Giovanni Isnardi
la via
81
Glisente Spezia
Galgo
una pezza di terra
6 imperiali
Dota
eredei di Bondo della
Rocca per conto
dell'Episcopato (82)
82
Eredi di Bondo Della Rocca
Sopra la Porta di Stagnagis
una pezza di terra seminativa
6 soldi imperiali
Dota
la via
83
Martino detto Matallo
Alla porta di Stagnagis
una pezza di terra seminativa
7 soldi imperiali
l'Episcopato
la via
84
Glisente Spezie ed eredi di suo fratello
Alla Torricella
una pezza di terra
2 imperiali
l'Ospedale di Pisogne
la via
85
Moreschino Traina
Alla Torricella
una pezza di terra
13 imperiali
eredi di Stefano
il Trobiolo
86
Ghidino Cantoni
Alla Torricella
una pezza di terra seminativa
3 imperiali
Giovanni Parisi
Glisente Spezia (84)
87
Eredi di Stefano Mazzucchi
Pozzacchera
un campo
3 imperiali
Federico di Giovanni
Spiga (93?)
eredi del detto Stefano
88
Omezzolo
Al Mercatello
una pezza di terra
30 imperiali
la via
Nicolino Castagnola
Alla Porta Vecchia
una pezza di terra
3 imperiali
la via
Giovanni Besotti
90
[non specificato]
Alla Porta dell'Ospedale
una pezza di terra
la via
il brolo e i beni
dell'Episcopato
91
[non specificato]
Galgo
una pezza di terra seminativa
la via
Rebusca
92
[non specificato]
Galgo
una pezza di terra
eredi di Mizardo ed
eredi di Stefano per
conto dell'Episcopato
(78-79)
93
[non specificato]
Alla Torricella
una pezza di terra una volta
con vigna
rende la metà (di
quanto produce)
eredi di Bonaccorso
Maltraversi (84) e
Gidino Cantoni (86)
la via
94
[non specificato]
Alla Torricella
una pezza di terra una volta
con vigna
rende la metà (di
quanto produce)
eredi di Stefano
Mazzucchi
Moreschino Traina per
conto dell'Episcopato
(85)
95
Nicolino Castagnola
Borna
una pezza di terra seminativa
12 imperiali
Ghidino Cantoni
la via
(...)
(...)
(...)
89
(...)
(...)
78
a sero (Ovest)
a monte (Nord)
note
affittuario precedente
affittuario successino (1301-1313)
l'Ospedale
- vacante
l'Episcopato di Brescia
Martino Zoppi
- ne tiene metà Venturino di Frogerio con Mizardo, e l'altra metà Negro Bonapace
eredi di Federico e
Stefano per conto
dell'Episcopato (92)
Giovanni di Pace Ardizzoni
la via
Rebusca e la via
Civetino
- lo tiene la signora Rosa e ne è investita con atto di Pietro Desuato, il
giorno 30 gennaio 1313
la via
Glisente Spezie (81)
Omobono de Mandugasegni
- notaio Bontempo da Lavia
Bondo della Rocca (64)
e Roba
la via
Bondo della Rocca
- lo tiene in affitto Boccaccino de Boccacci
l'Episcopato
Ghidino Cantoni per
conto dell'Episcopato
(86)
Pietro Tolinelli
- lo tiene la signora Rosa
eredi di Stefano
l'Episcopato
Alberto Ceresoli
- ne è investito Ghidino Cantoni
l'Episcopato
la via
Cazzago fratello di Caprario
- lo tiene Pecino Cantoni
Girardo da Toline
Pietro Pelazia
il lago
eredi di Stefano
Giacomo Zorli
- lo tengono gli eredi del detto Omezzolo
il comune
il comune
Ventura Bazzini
- lo tiene Teutaldo da Toline
la via
la via
la terra che era di
Frogerio da Govine
eredi di Brigata da
Castro per conto
dell'episocpato e
l'ospedale di Pisogne
(76)
un certo sentiero
ovvero gli eredi di
Brigata da Castro (76)
eredi del detto Stefano
Pietro Pelazia per conto
dell'Episcopato
la via
viene lavorata per conto
dell'Episcopato
della Torre e una volta di Martino
Belcarro e Giovanni Aspari
(rendeva 6 quarte di vino per fitto)
eredei di Stefano
Mazzucchi
la via
ora è lavorata da Giacomo da
Toline
Manente Sartori (rendeva una
quarta e mezzo di mosto)
la via
Uguzone
- lo tiene Giovannino figlio di Pasino Cacciavali
- ne sono investiti Isacco per 5 anni, Stefanino Goioni e Pietro de Boccacci
eredi di Girardo Forsio e poi
Giovanni Speziari
- lo tiene Loteto e ne è investito per 14 quartari di frumento e miglio
per la metà, con atto di Pietro di Sovere del 30 gennaio 1313; poi 12
imperiali di moneta vecchia per il prato in detta investitura
- lo tiene in affitto Boccaccino de Boccacci per 3 some di frumento e
miglio per la metà
79
Le persone
Fra le pagine del designamento è possibile individuare un fitto elenco di persone, in
alcuni casi descritte con la specificazione
del luogo di provenienza e la professione
esercitata, in base al quale è possibile tracciare un profilo delle comunità presenti sul
territorio di Pisogne. Uno dei primi dati che
emergono è la massiccia presenza, fra coloro che vantano interessi economici a Pisogne, di persone provenienti da Iseo, probabilmente, oltre che per motivi commerciali
(Iseo e Pisogne costituivano i terminali della
via d'acqua fra la Valle Camonica e il bresciano e i rispettivi mercati lo testimoniano
chiaramente), a causa di una azione di reinsediamento di famiglie fedeli al vescovo in
Pisogne dopo i fatti di alcuni anni prima.
Fra le figure di provenienza iseana spicca
senza dubbio quella di Albertino de Morentoni (o Maresini), di Iseo, chiamato anche
con il nome di Dota, che è fra coloro che ricevono Cazoino al suo arrivo a Pisogne e
che detiene in affidamento numerose proprietà vescovili, fra cui significativamente
diversi tratti dei fossati delle mura del castello, oltre a possedere beni propri in diversi punti dell'abitato. Figlio di Bolpatto di
Iseo, e sposato con una donna di Pisogne
(come appare sempre dalla ricognizione), è
padre di un Oldofredo, che gli subentra nei
primi anni del Trecento nell'affitto di una
pez za di ter ra nei pres si del la por ta
dell'Ospedale (n. 73). Da notare anche che
gli è affidata la casa-torre sulla piazza all'imbocco dell'attuale via S. Marco (n. 29), sia
pure ridotta a rudere, che in precedenza
era già stata di alcuni suoi antenati (i Marexinorum de Iseo). Esercita la professione di
notaio, e il suo legame con l'episcopato di
Brescia appare evidente se si considera che
fra il 1299 e il 1303 è autore degli "Istrumenti per livelli in valle Camonica", un registro che contiene contratti notarili di livello
o la registrazione e il rinnovo di atti precedenti aventi come oggetto i possedimenti
del vescovo di Brescia in Valle, steso di concerto con lo stesso Cazoino da Capriolo e,
nel 1303, con il vicario vescovile Marchesio
de Fugacis14. Si tratta insomma di una famiglia e di un personaggio fortemente legata
all'episcopato Bresciano, con cui intrattiene
proficui rapporti sia economici che professionali.
Fra i nomi registrati troviamo i Ronzoni,
i Besotti, i Ventroni, i Suci, i Gastaldi, tutti
provenienti dal centro del basso lago, dove
spesso mantenevano la residenza, oltre allo
stesso arciprete della pieve di Iseo, Bonaventura, e ad un dominus Borghesio, che
era stato nunzio del vescovo a Pisogne, ovvero ne aveva amministrato gli interessi in
loco, ottenendo per questo l'uso di alcuni
edifici sulla piazza del mercato. Il fatto che il
nu o vo mi ni ste ria le, Maf feo il Bel li co so,
avesse ora la residenza presso la porta di
Stagnagis, suggerisce forse che anche l'ampliamento delle mura verso sud potesse essere stato messo in atto contestualmente
alla costruzione della Torre o poco prima,
come sembra confermare un confronto tipologico e tecnologico fra le finestre al piaAltri personaggi provenienti dalle terre
no superiore di quest'ultima e l'arco della della parte meridionale del Sebino sono Boporta, e compreso quindi in un disegno vo de Homis (da Ome), Ventura Bastario da
complessivo di consolidamento del potere Palazzolo e Guglielmo da Adrara.
dell'episcopato su Pisogne.
Nel 1299 ar ci pre te del la pie ve di
La presenza di numerosi immigrati da Pisogne è Giacomo da Zone, che come DoIseo spiega perfettamente anche alcuni ca- ta accoglie presso la casa-torre Cazoino, e
ratteri delle architetture di Pisogne che pa- componente, secondo Sina, della famiglia
iono in netto contrasto con quanto si verifi- de Moris, legata sempre al vescovo di Breca in aree anche vicine della Valle Camoni- scia per i possedimenti in Zone15.
ca. In particolare è significativo l'uso del
mattone per archi (soprattutto) e piedritti
Ancora, fra le persone presenti alle fasi
(in alcuni casi) di porte e finestre, assai dif- della ricognizione sono da segnalare Viviafusi per questo e i successivi periodi ad Iseo no, figlio di Pietro de Madiis, proveniente da
e in Franciacorta, dove evidentemente c'e- Conchis de Valle Renovata, località di Sale
ra disponibilità di materia prima per la fab- Marasino16, e Moreschino, figlio del signore
bricazione dei laterizi13.
Raimondo da Gratacasolo, con ogni proba-
13. Sull'architettura medievale di
Iseo si veda ARCHEOLOGIA
URBANA 1993; molti esempi relativi ad Ome e vari centri della Franciacorta in GALLINA - BREDA
2003.
14. Cfr. REPERTORIO 1984, pag.
48.
15. In SINA 1919.
16. Ancora oggi, nel comune di Sale
Marasino, esiste una chiesa denominata S. Giovanni a Conche, probabilmente in riferimento all’antica località di Conche, oggi frazione del
comune di Sale Marasino e da cui
trae probabilmente origine il cognome dei da Conchis.
80
bilità identificabile come esponente della
famiglia Brusati. Si tratta di due famiglie, i
Madii (o Conchi) e i Brusati, legate da vinco li di con san gui ne i tà, che com pa io no
spesso in momenti importanti della storia
della Valle Camonica. La parentela sembra
dimostrata da un documento del 1177, da
cui appare che Alberto Brusati e il fratello
Girardino Madius rivendicano il distretto su
un certo Aimerico di Pratellis di Piano17. Da
Girardino deriverebbero quindi i Madii de
Conchis.
diritti, in opposizione alla fazione orientata
ad ottenere una forte autonomia per la Valle Camonica.
E ancora legati alla parte guelfa sembrano altri uomini investiti di beni stabili del vescovo, come Foresto da Castro, del quale
al 1299 compaioni gli eredi, e che darà il nome a vari e importanti rami della famiglia
presenti poi a Solto, Sovere e Predore, oppure Brigata, dalla cui discendenza prenderanno origine nel corso del XV secolo i Marinelli di Lovere. Non a caso provenienti da
Castro, centro del guelfismo bergamasco
dell'alto Sebino, dove dovevano peraltro
continuare a risiedere, mantenedo a Pisogne alcuni interessi commerciali, fra cui un
forno per il ferro nella valle di Fraine.
Nel 1200 Martino Conchi sottoscrive a
Darfo, con i maggiori rappresentanti della
nobiltà locale, l’accordo tra i nobili di Montecchio e i vicini della corte di Darfo18. Fra
XIII e XIV secolo i de Conchis sembrano saldamente insediati a Sale Marasino, dove nel
1310 il vescovo di Brescia investe un LanteDa segnalare anche la presenza di Venrio de Conchis di Valle Renovata di un ter- tura de Basinis, dal momento che si tratta
reno in contrada di Maspiano19.
della più antica citazione di un membro della famiglia Bazzini23, che all’inizio del XV seGiovanni Mozzo, detto Brusato, teneva colo si stanzierà in Lovere con un Bertolino
in feudo dal vescovo di Brescia il castello di figlio di Venturino de Clixione, un notaio che
Volpino, che in seguito a contrasti per que- vi si trasferi prima del 1405 per aprire una
stioni di confine con alcuni consanguinei scuola. È significativo che ancora nel 1430
(probabilmente gli antenati dei Capitanei di suo figlio Giovanni viene indicato come reSovere e dei Celeri di Lovere) cedette nel sidente di Pisogne e abitator di Lovere. Va
1125 ai bergamaschi scatenando un’accesa inoltre sottolineato come le fortune di quelite confinaria tra Brescia e Bergamo e dan- sta famiglia, a differenza dalle altre loveresi
do origine ad una spaccatura famigliare20: i impegnate nella produzione dei pannilana,
discendenti di Federico Brusati, che assun- si debbano all'attività imprenditoriale nel
sero il nome di Federici, si schierarono da campo della lavorazione e della commerallora in poi contro la città di Brescia, men- cializzazione del ferro. Risulterà infatti protre i discendenti di Ghirardo Brusati con- prietaria di forni fusori in Val di Scalve e in
servarono il nome della famiglia e vi rimase- Val Camonica, in particolare nella zona di
ro fedeli. Alcuni componenti di questo ra- Cemmo, dove poi se ne insedierà stabilmo si ritrovano a Gratacasolo (e prende- mente un ramo.
ranno il nome di Gratacasolei), forse favoriti
in questo insediamento dall'elezione della La popolazione
sorella Elena alla carica di badessa del monastero di S. Giulia21, che deteneva vasti
Per il periodo medievale è spesso diffipossedimenti fra Pisogne e Piancamuno. La coltoso stimare la consistenza della popolapresenza in Gratacasolo dei Brusati è testi- zione insediata in un dato luogo24. Le fonti
moniata almeno sino al 1331 quando Ghi- primarie per questo scopo rimangono i
rardo, figlio di Arrighetto Brusati, cedette i censimenti, i documenti fiscali, le rilevaziopropri beni in Artogne, Piano e Gratacasolo ni occasionali di nascite e decessi e infine le
a Zenone, figlio di Boiaco Federici22, uscen- cronache. Una fonte privilegiata è costituita
do sconfitto dallo scontro con i suoi con- dagli elenchi di nominativi di capifamiglia
sanguinei e trasferendosi a risiedere stabil- presenti in assemblee, come quelle viciniali,
mente in Brescia. La presenza in qualità di la cui valutazione numerica consente, sulla
testimoni di questi personaggi indica come base dell'utilizzo di numeri moltiplicatori
la locale consorteria nobiliare fosse stata messi a punto nella pratica della ricerca e
schierata a fianco del vescovo a ribadirne i legati a particolari periodi storici, di ottene-
17. Si tratta della stessa località di
Piancamuno, Bradelle, citata nel
Polittico di S. Giulia (875-906).
Il documento è pubblicato in Codice
Diplomatico della Lombardia medievale, http://cdlm.unipv.it/edizioni.
Originale in A.S.Vat., FV, II, Registro
96, c. 23r.
18. Cfr. SINA 1938, pag 35 e
BIANCHI 1997, pag 7.
19. Cfr. SINA 1938, pag 35.
20. In BIANCHI 1997, pag 8.
21. Cfr. SINA 1933, pag 10;
DUINA 1995, pag. 16; SINISTRI
1975, tav. I.
22. SINA 1933, pag. 9.
23. Cfr. GUALENI 2008.
24. Si veda COMBA 1994;
MENANT 1993.
81
re un calcolo approssimativo della popolazione. Per il 1299, anno del designamento,
utilizzeremo il numero 5 come coefficiente
per determinare il numero dei componenti
di ogni singolo fuoco (il nucleo famigliare)25.
Naturalmente si tratta di un valore medio
indicativo: la dimensione del nucleo poteva
infatti variare a seconda di componenti sociali, economiche, culturali e geografiche.
Il designamento si chiude con l'elenco, in
qualità di sottoscrittori, dei consoli del comune e di tutti gli uomini di Pisogne e della
plebanìa, suddivisi in base alle terre. Sono
costoro i vicini residenti nei vari nuclei della
pieve e in quanto tali soggetti all’autorità del
vescovo di Brescia. Intendiamo con il termine vicini esclusivamente i rappresentanti
dei nuclei famigliari originari costituenti le
varie comunità, che non corrisponde ai nuclei famigliari effettivamente residenti nel
territorio: ciò appare evidente se compariamo questo elenco con le persone che
figurano nel designamento in qualità di affittuari e proprietari di case e terreni. Nel caso di Pisogne, ad esempio, l'elenco conta 34
uomini, in rappresentanza di altrettanti fuochi, ma i nuclei famigliari riscontrati nell'invetario dei beni sono 89. Di questi 34 fuochi, 10 sono identificabili direttamente negli
elenchi degli affittuari, per altri 5 questa
identificazione non è sicura, mentre per i rimanenti 9 si può affermare che non avessero in uso beni stabili dall'episcopato. Per
due fuochi si può in particolare aggiungere
qualche dettaglio, poiché risultano indirettamente citati nella prima parte del documento: si tratta di quelli costituiti dai discendenti di Anzetto figlio di Girardo di
Summavalle e di Rampollo de Menico, ovve ro del le due per so ne in ca ri ca te di
eseguire le sentenze di condanna commi-
25. Come proposto da ROTA
CAFARO 1995, pagg. 77 e segg.
Per calcolare la popolazione di Lovere nel Quattrocento, invece, SILINI
1992 utilizza il coefficiente 4.
Tab. 6: stima degli abitanti per le terre di Pisogne nel 1299
fuochi stimati
abitanti stimati
Fraine, Zenzese e Sonvico
47
235
Toline
17
85
Sedergnò
15
75
Grignaghe, Siniga e Pontasio
32
160
Pisogne
60*
300
TOTALE
166
855
* dato stimato sulla base delle considerazioni sui forestieri esposte nel testo
82
nate dal vescovo o dal suo rappresentante,
e che detenevano per questo l'uso di un
mulino in località Sommavalle. Giacomo
detto Anzetto, figlio di Venturino di Anzetto, appare tra i firmatari di Pisogne del 1299
ma non tra gli affittuari: sarà solo dopo il
1300 che sua moglie Rosa e i suoi eredi (i figli Bonacorsino, Venturino e il figlio di quest’ultimo Giacomo) entreranno in possesso
di beni stabili nell'abitato di Pisogne. La specificazione di Summavalle, fa in effetti pensare che la famiglia risiedesse, ancora nel
1299, in questa località, nel mulino o in un
edificio annesso.
D’altro canto un Rampollo da Menico
appare tra i proprietari di case in Pisogne
(n. 22), ma non tra i firmatari di Pisogne.
Probabilmente, come in altri casi il notaio
ha omesso di scrivere che gli aventi diritto
sulla casa erano gli eredi di Rampollo, che
vanno quindi identificati con (….)olino Pezatti figlio di Rampollo da Pontasio, che era
stato proprietario di un mulino nella valle
del Rizzolo poi ceduto entro il 1299 ai de
Grillis e ai Petteni, ma che non sono di facile
identificazione tra i sottoscrittori del designamento. Il nome della famiglia deriva probabilmente dalla località ancora registrata
nelle mappe del XIX secolo, Menico appunto, situata ad est della Pieve, nella valle del
Trobiolo, ovvero nella parte alta della valle
rispetto a Pisogne (Summavalle), dove quindi doveva trovarsi il mulino che deteneva in
comune con Anzetto.
Da queste osservazioni possiamo ipotizzare che l’abitato di Pisogne non si limitasse
al le abi ta zio ni com pre se al l'inter no del
castello, e che in origine già il borgo a nord
della piazza doveva essersi formato attirando parte della popolazione, in precedenza
insediata in un abitato sparso. La stessa ubicazione del nucleo della Pieve, assai decentrata rispetto all’abitato fortificato, e quella
dell’ospedale a nord confermano questa
impressione. È del tutto probabile che esistessero altri piccoli nuclei esterni al castello, nel territorio di Pisogne, ad esempio
Renzò, già documentato nel designamento,
e lo stesso Govine, che nel 1299 compare
come semplice contrada di Pisogne e dove
alcune persone risiedavano stabilmente,
forse già in relazione ad un utilizzo con finalità artigianali produttive dell'acqua della
valle, ma le notizie a riguardo rimangono da 80 edifici residenziali, e ipotizzando che
piuttosto vaghe.
ad ognuno di questi corrispondesse un fuoco otterremmo una computo della popolaCalcolando il numero degli abitanti sulla zione insediata pari a 400 abitanti29, ma ocbase del numero dei capifamiglia registrati correrà mettere in atto dei correttivi che
moltiplicato per il coefficiente 5 otterremo tengano conto delle case rovinate e danun totale riferito ai componenti delle fami- neggiate, delle case la cui esistenza non è
glie degli originari, con l’esclusione quindi certa (ovvero quelle proprietà non vescovidelle persone facenti capo a famiglie di fore- li che appaiono nelle coerenze e per le quali
stieri, pur se residenti. I risultati dell'elabo- non viene indicata se si tratti di edifici o aprazione sono presentati nella Tabella 6. Se pezzamenti), della possibilità che alcuni afper le frazioni tali numeri sembrano realisti- fittuari non risiedessero stabilmente a Pisoci, è evidente che per Pisogne siamo in pre- gne, ma vi mantenessero solo un presidio
senza di una situazione particolare, su cui commerciale. Pare corretto quindi ridurre
vale la pena di soffermarsi.
prudenzialmente del 50% il numero degli
edifici descritti come bregni e di quelli inL’abitato ci appare in lenta ripresa dopo certi, e in totale effettuare il calcolo sulla
le distruzioni subite alcuni anni prima: mol- base di questi numeri: 39 case certe, 14
te case sono ancora in cattivo stato, di una danneggiate e 7 incerte, per un totale di 60.
casatorre restano solo le murature perime- La popolazione insediata in Pisogne, in quetrali, gli stessi edifici di rappresentanza del sto caso, risulta di circa 300 persone, un davescovo sono in rovina, sostituiti tempora- to che può aiutare a immaginare la profonneamente dalla casa-torre sulla piazza, la da crisi che aveva attraversato l’abitato dogrande torre è in costruzione. Coerente- po le distruzioni subite, e che porterebbe il
mente con questo quadro la popolazione totale degli abitanti insediati nel territorio
originaria appare scarsa, ma bisogna consi- nel 1299 a una cifra compresa fra gli 850 e
derare che dal documento risultano 63 fuo- 950 abitanti.
chi di forestieri, evidentemente richiamati
dal vescovo per ripopolare l’abitato26.
Sebbene le informazioni sulle persone
non siano omogenee, è inoltre possibile riOltre alle già citate sei famiglie prove- cavare alcune informazioni sulle professionienti da Iseo, di cui una (i de Suciis) risulta ni. Oltre al console del comune, impegnato
già accolta tra gli originari della vicinia di fra l'altro nelle attività imprenditoriali legate
Fraine, troviamo immigrati da Ome e da al ferro nella Valle di Fraine, troviamo perPeschiera, in Monte Isola, mentre dalla Val sone con incarichi dalla curia di Brescia (il
Camonica giungono due famiglie da Bien- ministeriale che amministra il patrimonio in
no, una da Breno, una forse da Ono, una da loco e le due persone incaricate di eseguire
Artogne, una da Gratacasolo. Una famiglia le sentenze, che lavorano come mugnai),
arriva dalla Val Trompia, per la precisione tre preti (due di Pisogne e uno di Iseo), tre
da Portegno, località di Gardone. Dalla ber- notai, due speziari30, un sarto, due macellai
gamasca una da Castro, una della Rocca e un pescatore. Gli abitanti delle altre vici(forse di Castro), una da Lovere, una da nie sembrano invece più legati ad attività
Parre. Sono quattro le famiglie, compresa manifatturiere, come l'estrazione e la lavoquella oriunda di Iseo, che provengono da razione di minerali, delle cave di macine e
Fraine, Zenzese e Sonvico. Anche fra gli della molitura, oltre che naturalmente aloriginari alcuni mantengono nel nome un ri- l'agricoltura. In definitiva, è l'immagine di un
ferimento alla provenienza (Lavia27, Breno, centro che ha appena intrapreso un perVolpino, Riva28). Una famiglia, quella degli corso di forte ripresa demica, economica e
Isnardi, risulta, con due nuclei distinti, sia sociale, e che si svilupperà pienamente nel
tra gli originari di Pisogne che tra quelli di XIV secolo, quando diventerà il principale
Fraine, da cui forse proviene.
mercato metallurgico lombardo, dove i Visconti faranno incetta di ferro per migliaia
Complessivamente si può notare come di fiorini d’oro31.
al 1299 l’abitato di Pisogne risulti costituito
26. Tra questi va evidenziata una
strana coincidenza: un gruppo di
queste famiglie porta dei cognomi tipici della zona della bassa Val Cavallina: i Greppi (Trescore Balneario-Gorlago); Bechi (Tresolzio di Gorlago, l’attuale Carobio degli Angeli),
Soppi (forse gli Zoppi di Costa di
Mezzate), mentre gli Zucchelli sono
una famiglia della zona di Sarnico
(dove erano anche proprietari di una
rocca).
Ovviamente può trattarsi solo di
omonimie, ma il dato dovrà essere
approfondito.
27. Località non identificata.
28. Forse l’attuale Riva di Solto.
29. Il che consentirebbe di calcolare
una popolazione prima del 1288
sull’intero territorio (ammettendo
stabili i valori per gli altri nuclei) in
una cifra compresa tra 955 e 1100,
considerando anche altri nuclei di
forestieri residenti in altre vicinie, gli
addetti alla pieve e all’ospedale.
30. Farmacisti, ma in senso lato
commercianti di prodotti chimici.
31. Cfr. MAINONI 1994.
Nella pagina seguente: l'abitato di
Pisogne in Girolamo Barilli, Disegno
della Strada Postale che incomincia
al Porto di Pisogne [...] e arriva fino ad
Erbanno, [1797-1801], f. 1 (particolare), in A.C.P., sezione separata
Disegni.
83
84
capitolo 5
Immagini sui muri
nota da tempo la presenza presso la
vecchia canonica della Pieve di Pisogne di un dipinto ad affresco che ritrae una chiesa in primo piano e un paesaggio urbano sullo sfondo1. Fino ad oggi, tuttavia, non è mai stato possibile indicare con
sicurezza se vi sia raffigurato un paesaggio
immaginario piuttosto che luoghi reali. Grazie alla ricostruzione elaborata sulla base
dei dati del designamento possiamo qui proporre una interpretazione della pittura, vista nel confronto con altri dipinti conservati
all’interno della chiesa di S. Maria in Silvis.
con vela centrale e portale con lunetta, e
con un campanile nella parte posteriore.
Alla scena partecipa una figura di frate, intento, sulla porta della chiesa, a suonare la
campana nella vela. La chiesa è separata dal
resto della scena da una campitura in verde
che termina con un profilo lancelolato, a
rappresentare forse un bosco. Dietro a
questa si trova dipinto un borgo cinto da
mura merlate, in cui spiccano una torre,
una chiesa con un piccolo campanile e altri
edifici raffigurati con dimensioni maggiori
rispetto ad alcune case lungo le mura, che
sembrano far parte dell’edilizia minuta delL’affresco
l’abitato. Ancora più sullo sfondo, ma in posizione elevata su un colle o un monte è diIl soggetto in primo piano si trova de- pinto un altro borgo fortificato, con l’eviscritto accuratamente nelle fonti bibliogra- dente presenza di un grande torrione, di
fiche: si tratta di una chiesa, a tre navate, una porta d’ingresso dotata di ponte levato-
È
Cfr. BERTOLINI - PANAZZA 1994,
pag. 373 e la scheda n. 6 fra quelle
redatte per i cartelloni di visita a Pisogne, presenti sul sito del Comune.
Veduta di S. Maria in Silvis. In primo
piano il complesso della canonica.
85
scheda: la canonica
della Pieve
1
2
3
6
4
5
7
8
l complesso dove si trova l'affresco con la raffigurazione di Pisogne alla fine del XV secolo sorge a
fianco della chiesa di S. Maria in Silvis, l'antica
Pieve. In questo nucleo spicca per caratteristiche un
grande edificio (f. 1), il più antico oggi riconoscibile, a pianta rettangolare, con murature costituite da
grandi blocchi squadrati d'angolo e con i resti di un
portale in pietra bianca al centro del lato maggiore (f.
3). Anche nei vani interni del complesso si ritrovano
strutture pertinenti a questo edificio (ff. 2, 4, 5), evidentemente rimaste inglobate in seguito a fasi di
ampliamento succedutesi nel corso dei secoli. La
costruzione doveva essere la residenza dell'arciprete della Pieve, e l proprietà doveva comprendere anche terreni verso sud: il giuramento, atto finale
delle operazione di recupero dei beni vescovili in Pisogne del 1299, ha luogo nel chioso della Pieve,
che potrebbe proprio essere uno di questi, forse un
brolo recintato.
L'attuale chiesa, in occasione del recente restauro, è
stata interessata da una indagine archeologica
che ha permesso di ritrovare le strutture pertinenti
l'edificio di culto precedente (f. 8), di epoca romanica (i risultati dello scavo sono in fase di pubblicazione). Si è soliti interpretare l'istituzione della pieve
a Pisogne come filiazione da quella di Rogno, in seguito alle tensioni sul confine fra Bergamo e Brescia.
Un documento risalente all'anno 1045 (in
A.S.Vat., FV, I, 2628; edito in Codice Diplomatico della
Lombardia medievale, http://cdlm.unipv.it/edizioni;
cfr. anche ARCHETTI 1998, pag. 216) conserva un
atto di vendita a Vualperto, prete nel luogo di Pisogne,
da parte di Domenica, figlia di Viviano, di un terreno
coltivo e in parte vitato della superficie di 20 tavole.
Fra i confinanti indicati (ad est Arlembaldo, a sud
Martino, ad ovest una strada) spicca a nord Sancti
Marii, ovvero un terreno di proprietà della chiesa di
S. Maria, se non addirittura la chiesa stessa. La località dove si trova il terreno è chiamata Plubicha, che
potrebbe essere inteso come Publicha o, forse, Plebicha. Abbiamo quindi molto probabilmente la prima
attestazione della presenza della chiesa e di un reli-
I
gioso a Pisogne, con ogni probabilità già istituita
come pieve. E se il terreno confinasse effettivamente a nord con la chiesa di S. Maria, piuttosto che
con un semplice terreno di proprietà dell'istituzione
a cui la chiesa faceva capo, sarebbe identificabile
esattamente come il luogo dove ora sorgono le
strutture della canonica. È da notare come in questo
caso risulterebbe corretta anche l'identificazione del
confine occidentale con la strada, come si vede dalla
mappa. Se questa ipotesi fosse corretta, si potrebbe
forse inoltre immaginare che la chiesa fosse stata costruita in epoca non molto precedente e che l'acquisto del terreno fosse stato effettuato per completare l'insediamento con la costruzione della residenza per l'arciprete.
Questo naturalmente non vuol dire che le strutture
più antiche oggi riconoscibili nel complesso della canonica risalgano alla seconda metà dell'XI secolo,
potendo benissimo trattarsi di una (ri)costruzione
avvenuta più avanti nel tempo. Per confronto è
però possibile paragonare la canonica antica con
quello che rimane del palazzo del vescovo in Pisogne (cfr. l'immagine a pag. 62), sia per le caratteristiche delle murature che per la posizione e le dimensioni della porta posta in posizione centrale nel lato
maggiore degli edifici. Qui il portale in pietra bianca è
formato da conci con superficie quasi piana, con bugnatura poco pronunciata e con bisellatura molto
larga, e le caratteristiche appaiono simili anche in ciò
che resta di una finestra soprastante (spalla sinistra).
Insieme all'esame della muratura in grandi blocchi ai
lati e in corsi di conci minori al centro, tutto ciò fa
pensare ad una costruzione dell'edificio databile alla
seconda metà del XII secolo. Un tipo edilizio,
quello della canonica, poi ripreso nel palazzo del vescovo vicino al lago.
Anche il questo caso le evidenti tracce di crollo (o
distruzione) sono ricomposte già in antico, con una
muratura più irregolare e minuta, di cui si leggono
però facilmente gli accostamenti a quella più antica sia all'esterno che ispezionando la struttura al suo
interno (f. 2).
88
io, di alcune torrette lungo una cinta murata, e con una strada che sale tortuosa dal
piano. A fianco di questo centro fortificato,
sulla destra, si vedono poi due edifici, forse
una chiesa e una cappella, nello stesso colore rosso della chiesa in primo piano.
L’affresco è visibile solo in parte: a sinistra il supporto sembra perduto, mentre a
destra sarebbe forse recuperabile un altro
riquadro, in cui ora si distigue a fatica solo
un viso umano. In ogni caso un intervento di
restauro potrebbe migliorare la leggibilità
dell’insieme, in particolare delle due figure
incappucciate in primissimo piano e di altre
eventuali che potrebbero essere nascoste
da residui dell’intonaco che ricopriva la pittura.
Nell'affresco non si leggono iscrizioni
che possano contribuire ad una sua datazione: a tal fine è necessario fare riferimento agli affreschi all’interno della chiesa, già
studiati e per i quali la datazione è precisa2.
In particolare è possibile istituire un confronto con l’architettura dipinta sullo sfondo della Natività sulla parete nord. Anche in
questo caso è presente la campitura verde
con lo stesso profilo dell’affresco dell’androne. Inoltre le figure minori che popolano lo sfondo sono del tutto simili a quelle
che si trovano sulla strada che sale alla fortezza alta e anche la torre merlata è resa
con forme analoghe. Il ciclo, attribuito a
Giovanni Pietro da Cemmo e scuola, è stato datato ai primi anni ‘90 del Quattrocento3, e sulla base dei confronti è quindi possibile ipotizzare una datazione coeva anche
per l’affresco dell’androne della canonica.
La pala di S. Clemente
Un altro elemento di grande interesse
per i fini della ricostruzione delle vicende
legate all’evoluzione dell’abitato di Pisogne
è costituito dalla pala dell’altare della chiesa
di S. Clemente. La chiesa, che, come abbiamo visto, si trovava in pieno centro storico
ed era parte integrante del primo insediamento vescovile, venne abbandonata al culto dopo alterne vicende all’inizio del XIX
secolo, e utilizzata per scopi diversi (magazzino, caserma, ed infine residenza), e
quindi alcuni oggetti artistici che vi erano
conservati furono recuperati e traslocati4.
Della Pala, che è databile alla fine del Seicento o all’inizio del Settecento, cui si trovò
una sistemazione presso la Pieve, le immagi ni pub bli ca te sul le fonti bi blio gra fi che
consultate evidenziano il cattivo stato di
conservazione5. Un recente restauro ha
però fatto riemergere, al centro della scena, fra S. Clemente e S. Stefano, una veduta
di grande realismo di Pisogne e della montagna retrostante . Vi si distinguono chiaramente il fronte a lago, la Torre, il Torricello,
la chiesa di S. Clemente, la Pieve sullo sfondo, la chiesa di Pontasio a mezza costa e l’abitato di Grignaghe in alto. Il tutto è collocato nella giusta posizione geografica, anche se gli edifici in secondo piano sono ingranditi in modo da renderli leggibili. Il dipinto è per noi importante proprio a motivo dell’esattezza dei particolari raffigurati,
dal momento che questo consente di utilizza re l’im ma gi ne per un con fron to con
quanto emerso dalla ricostruzione del designamento del 1299 e con l’affresco dell’androne della canonica. Per non parlare poi
2. Cfr. MULAZZANI 1972.
3. Per MULAZZANI 1972, la data
di realizzazione è posteriore al
1493; per MARUBBI 1992 sarebbero da anticipare al periodo
1486-1490.
4. Fra questi probabilmente anche
un affresco strappato con una crocefissione, ora nella sala consiliare
del Municipio.
5. Cfr. ARTE IN VALLE CAMONICA
1994, pagg. 280-281.
La Natività, affresco attribuito a G.
Pietro da Cemmo in S. Maria in Silvis, 1490 circa.
Nella pagina a fianco: l'affresco nell'androne della canonica con l'identificazione dei soggetti raffigurati.
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del ruolo chiave che potrebbe avere per la veduta del borgo sia presa da nord-ovest.
corredare uno studio sull’Estimo del 1672, La cinta muraria corrisponde allora esattadi cui è quasi coevo.
mente con quanto si è ipotizzato nella ricostruzione del castello di Pisogne. Qui è repIdentificazione
presentata con merli a coda di rondine,
piuttosto fitti, e con una muraglia in cui si
Nell’affresco l’elemento più facilmente identifica chiaramente una cornice a mezidentificabile è la Torre, e in base alla sua z’altezza e forse con base a scarpa. All’inposizione nella scena si può ipotizzare che terno delle mura pare evidente la rappresentazione della chiesa di S. Clemente, dipinta con un piccolo campanile e in cui si
identifica l’abside quadrangolare, mentre
per i due edifici più a sinistra il riconoscimento si fa più difficile. Ammettendo, com’è evidente, che l’affresco non rispetti rigidi
criteri prospettici, l’edificio più esterno,
che pare avere un campanile a fianco (anche se poco leggibile a causa dei danni al
sup por to pit to ri co) po treb be es sere la
chiesa di S. Rocco, oggi scomparsa, ma che
le fonti attestano nella parte più elevata della piazza del mercato di allora6, e immediatamente a destra, più piccola ad indicarne la
lontananza, forse la Pieve.
La chiesa in primo piano allora, pensando ad una esecuzione dell’affresco fra la fine degli anni ‘80 e l’inizio dei ‘90 del Quattrocento, e considerando la presenza del
monaco, che alcuni studiosi identificano
come agostiniano, dovrebbe corrispondere a S. Maria della Neve, eretta come noto
da quest’ordine e il cui portale riporta la
data “1508" come presumibile termine dei
lavori. Si potrebbe trattare quindi di un affresco che in qualche modo celebri la decisione di costruire una nuova chiesa, che poi
venne effettivamente costruita di lì a poco
anche se con forme diverse rispetto a quelle del dipinto. L’identificazione è compatibile con la presenza della strada, visibile nell’affresco a fianco della chiesa (lo stradello
delle Longhe), in corrispondenza dell’attuale
che compiendo una curva attorno alla chiesa sale poi verso la Pieve.
6. Nell'Estimo del 1672 la parte alta della piazza si chiama proprio
Contrada di S. Rocco. Ad un primo
esame è stato possibile ottenere una
ricostruzione delle case e dei terreni
presenti in questa contrada, ma non
rilevare la presenza della chiesa
(nemmeno fra i confini). Per questo
motivo si potrebbe ipotizzare che la
chiesa fosse interna alla piazza e
non confinasse con nessun'altra proprietà.
Rimane da spiegare l’abitato fortificato
nella parte superiore dell’affresco, e per
farlo, scartando in prima analisi l’ipotesi che
si possa trattare della Rocca (una struttura
del genere di quella raffigurata avrebbe lasciato indubbiamente tracce più cospicue
rispetto agli edifici che si trovano oggi nella
località Rocchetta), occorrerà dapprima effettuare un confronto con l’immagine della
L'affresco nell'androne della canonica, particolari: in alto la Torre, la
chiesa di S. Clemente e le case del
borgo, al centro le mura, in basso la
chiesa in primo piano, forse S. Maria
della Neve.
Nella pagina a fianco: la pala d'altare
proveniente dalla chiesa di S. Clemente, ora in S. Maria in Silvis con
l'identificazione dei soggetti raffigurati.
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Pala. In quest’ultima abbiamo la certezza
che l’abitato in alto, sopra Pisogne, corrisponda a Grignaghe. E in questa raffigurazione di Grignaghe si trova un torrione all’interno delle case, che può essere confrontato con quello dell’affresco. L’identificazione con Grignaghe è naturalmente un’ipotesi, su cui si potrà lavorare in futuro, ma,
come si vedrà più avanti nella scheda dedi-
Confronto fra il borgo fortificato
nella parte superiore dell'affresco e
la rappresentazione di Grignaghe
nella pala di S. Clemente.
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cata a questo centro abitato, alcuni elementi sembrano confermare che in quel luogo,
probabilmente nel corso del Trecento, potrebbe effettivamente essere stata realizzata una cinta muraria con ponte levatoio all’ingresso e con una torre posta all’interno.
capitolo 6
Frazioni
ra i numerosi centri abitati minori
che costellano il territorio di Pisogne, molti conservano architetture
medievali. Quelli sulla montagna nacquero
probabilmente come insediamenti legati allo sfruttamento delle miniere, e di questa
attività si trova traccia nei documenti: il più
famoso e studiato è il cosiddetto Polittico di
S. Giulia di Brescia1, risalente al periodo
compreso fra la fine del IX e l'inizio del X
secolo, in cui sono registrate le circa 80 curtes dipendenti dal monastero, dalle prealpi
all'appennino modenese. Immediatamente
prima di quelle camune, compare la curtis
di Vuassaningus, che viene dagli studiosi generalmente identificata con Siniga. Se altrove i prodotti di questi insediamenti controllati dal monastero sono di natura prevalentemente agricola con qualche apporto di
artigianato, qui troviamo valori percentualmente più alti legati all'attività estrattiva,
con una fornitura annua alla casa madre da
parte dell'amministratore locale, un certo
Pietro, della considerevole quantità di130
libbre di ferro2. La struttura del centro amministrativo della curtis era limitata a due
case con alcuni terreni e una selva per l'allevamento di una ventina di maiali.
F
casolo, anche se questa località è come noto legata alla produzione di macine da mulino.
Nelle pagine seguenti le parti medievali
sopravvissute di alcuni di questi centri vengono presentate sotto forma di scheda, in
cui si troverà anche la mappa della toponomastica desunta, come per Pisogne, dal Catasto Lombardo-Veneto. Gli elementi individuati sono localizzati su una mappa di riferimento e corredati da brevi commenti.
Le schede non sono frutto di un lavoro
approfondito sulle strutture come quello
condotto per Pisogne per il periodo della fine del XIII secolo, ma costituiscono una
sorta di sommario, di prima ricognizione degli ele men ti in teres san ti in di vi dua ti e in
qualche modo suggeriscono una linea per il
lavoro da sviluppare su questi centri. Certamente la documentazione di partenza sarà
diversa, perché abbiamo visto che per alcuni di questi il designamento non dà notizie
sufficienti per intraprendere il lavoro di ricostruzione come per Pisogne, ma, almeno
per epoche più recenti, l'Archivio Comunale e gli estimi potranno consentire di ottenere risultati altrettanto significativi.
1. Il documento si trova pubblicato
in PASQUALI 1979. Si veda per la
trascrizione delle curtes camune anche LORENZI 1991, pagg.
137-139.
2. Cfr. FUMAGALLI 1980.
Gli insediamenti di Fraine, Grignaghe,
Sonvico, Siniga e Pontasio sembrano quindi
legati, almeno in origine, a queste attività, a
cui successivamente si possono essere accostate quelle di sfruttamento dei boschi e
dell'allevamento, in relazione forse anche
all'esaurirsi delle vene.
All'attività estrattiva e di lavorazione del
ferro è legato anche Govine, in posizione
molto più prossima al lago, ma sorto nel luogo dove la morfologia del terreno e la presenza di una valle consentivano un impiego
utile dell'acqua come forza motrice, mentre per Toline e Sedergnò si può pensare
più ad abitati basati su pesca e agricoltura.
La componente agricola avrà giocato un ruolo importante anche per l'origine di GrataFOTO LINO OLMO
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FOTO LINO OLMO
scheda: Grignaghe
L’identificazione proposta nel capitolo precedente dell’abitato fortificato presente in alto nella scena dell’affresco della canonica della
Pieve, oltre al confronto con la rappresentazione di Grignaghe presente nella Pala di S. Clemente, ha trovato alcuni riscontri nelle strutture esistenti. L’elemento forse più interessante è una costruzione
che venne reimpiegata nell'edificazione della chiesa di S. Rocco, sulla
piazza. Si tratta probabilmente della base di una torre (f. 2), su cui
venne costruita la cappella laterale della chiesa, ora dedicata alla Madonna di Lourdes. La chiesa di S. Rocco, in effetti, è documentata a
partire dalla seconda metà del Cinquecento, e in essa non sono riconoscibili strutture precedenti a questo periodo. La base della torre è
compatibile con il disegno nell’affresco della porta di ingresso alla
fortificazione, dotata di ponte levatoio, e forse la grande porta che
vi si trova rivolta a valle, sia pure sistemata in epoca relativamente recente, ha sfruttato la precedente apertura, che doveva essere la porta di accesso al paese. Naturalmente bisogna immaginare che l’attuale
piazza della chiesa sia stata creata innalzando il terreno per la costruzione della chiesa nel XVI secolo, forse impiegando per il riempimento anche macerie di costruzioni più antiche (fra cui quindi anche
la parte superiore della torre di ingresso). Il che spiega fra l’altro come sia possibile trovare, nei muri di sostegno della piazza, i quattro
frammenti scultorei che sono forse gli oggetti più conosciuti di
Grignaghe: due archi e un piedritto provenienti probabilmente da
porte, e un altorilievo mutilo raffigurante un cavaliere, la cui provenienza è invece ignota (ff. 3-5). A questi si aggiunge un ulteriore elemento, ancora un piedritto con lavorazioni a semisfere a rilievo,
forse di una finestra emerso nell’area di Cimavilla da edifici che si accostavano al muro di contenimento della chiesa di S. Michele, nella
parte più elevata dell’abitato (f. 6).
Si deve a BERTOLINI - PANAZZA 1994 l’importante identificazione
su uno di questi dello stemma visconteo, costituito dal biscione
con il bambino fra le fauci. L’arco monolitico in pietra simona faceva
forse parte della stesso elemento architettonico con il piedritto in cui
si trova raffigurato S. Cristoforo (ipotesi di ricostruzione alla f. 3). Gli
stessi autori correttamente ipotizzano la provenienza di questi elementi da un edificio civile e non religioso, e una loro collocazione
cronologica alla seconda metà del Trecento. Sembrano così prive di fondamento le ipotesi formulate in passato circa una loro realizzazione in epoca longobarda (cfr. LORENZI 1991, pagg. 106-108). La
datazione proposta è in effetti compatibile con l’epoca in cui si diffuse
l’utilizzo della pietra simona negli elementi decorativi, il cui impiego, almeno in questa prima fase, costituisce spesso il biglietto da visita
dei Federici, che dalla cava di Gorzone iniziavano ad impiegarla soprattutto per gli elementi di pregio delle proprie costruzioni in diversi punti della Valle Camonica. Si aggiunga che la presenza di esponenti
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di questa famiglia del ramo di Gorzone e di Angolo è documentata a Grignaghe nel corso del Quattrocento (cfr. BERTOLINI PANAZZA 1994, pag. 520).
È anche evidente che, nonostante il tipo di lavorazione delle figure nella pietra non sia dei più raffinati, elementi di questo tipo associati ad edifici civili non sono consueti per la Valle Camonica, e
ciò lascia intendere che ci troviamo di fronte ad un insediamento di una certa importanza: simbolo dei Visconti di Milano,
che nel Trecento agiscono sul mercato di Pisogne anche in qualità
di commercianti del ferro, presumibile presenza dei Federici,
stretti alleati dei signori milanesi, e presenza di un abitato fortificato, rappresentato nell’affresco (anche presupponendo una
certa enfatizzazione nel dipinto), sono indizi che suggeriscono in
futuro di approfondire l’argomento, sicuramente con ricerche
d’archivio e con una attenta lettura, anche planimetrica, degli edifici che formano attualmente l’abitato storico di Grignaghe.
Intanto si può notare come, ancora nella toponomastica ottocentesca, compaiano le contrade di Cimavilla per la parte alta e
Nimavilla per la parte bassa dell’abitato e come siano ben localizzati una cisterna e un pozzo. In particolare la cisterna si collocava a fianco di un nucleo in Cimavilla in cui ancora oggi si leggono i
resti di una torre (f. 7), con annessi altri edifici di costruzione
chiaramente medievale. Della torre rimangono i lati nord ed est,
anche se mozzati in altezza, e in quest’ultimo si leggono chiaramente due feritoie, dalla parte di quello che in origine era il loro
lato interno, oltre al sottostante gradino di restringimento dello
spessore del muro (f. 17). In assenza di immagini storiche che ritraggano la torre non è possibile affermare con sicurezza che
questa possa corrispondere al torrione dell’affresco, anche se la
posizione all’interno dell’abitato sembra compatibile. L’esistenza
della cisterna nelle vicinanze potrebbe suggerire la presenza di un
nucleo fortificato, incentrato appunto sulla torre, che doveva
trovarsi nella parte alta di Grignaghe e comprendere anche altri
edifici.
Resta da chiarire l’eventuale rapporto di questo nucleo con l’area
soprastante dove sorge la chiesa di S. Michele. Per edifici di culto
con questa dedicazione si ipotizza una costruzione in epoca longobarda all’interno di un castello. A Berzo Inferiore, ad esempio,
la chiesetta di S. Michele si trova sul colle del castello, dove recenti scavi archeologici hanno rivelato importanti strutture. Il sito di
Grignaghe sarebbe certamente compatibile con la presenza di un
castello, la cui localizzazione in quest’area spiegherebbe oltretutto l’impianto dell’abitato, ma il muro d’ambito verso valle è stato
completamente ricostruito alla fine del Novecento e non ci sono
notizie di ritrovamenti archeologici in loco. La chiesa attuale è di
impianto seicentesco con importanti rifacimenti di fine Ottocento. Della chiesa precedente sopravvivono solo due frammenti
scultorei (ff. 8-9), murati all'esterno della sacrestia.
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Magister Zoan Petr. de Osteno fecit
(segue)
scheda: (segue) Grignaghe
Il nucleo di Grignaghe si sviluppa su tre vie trasversali al pendio naturale,
con andamento quindi nord-sud, intersecate da altre due vie ortogonali. A
valle le due piazze, con la chiesa di S. Rocco costruita in accostamento e sovrapposizione alla torre di ingresso (f. 11). Sulla piazza superiore è documentata anche la casa della vicinia di Grignaghe, Siniga e Pontasio, dove venivano tenute le riunione dell’assemblea. Per l’individuazione della casa
sarà tuttavia necessario lo studio e la ricostruzione dell’abitato sulla base
degli estimi seicenteschi.
Partendo dalla piazza la via centrale dell’impianto conduce a Cimavilla, e attraverso la contrada della Cologna, costeggiando il muro che cinge la chiesa, si giunge a S. Michele. Lungo questo percorso si incontrano diverse strutture medievali ben leggibili, come un cantonale in Cimavilla che presenta
grossi conci fortemente bugnati (f. 19) o la porta dell’edificio accostato a
monte alla torre dimezzata (f. 16), con arco ricavato in un unico elemento di
grandi dimensioni, con croce incisa al culmine, simile per costruzione ad alcuni elementi che vedremo a Sonvico e databile forse a fine XIII - inizio XIV
secolo. Il complesso imperniato sulla torre giungeva poi fino alla via che sale
a S. Michele, dove sono ancora visibili alcuni cantonali delle strutture originali. La torre venne demolita negli anni ‘70 del XX secolo, ma è probabile
che fosse a quell’epoca già stata mozzata, come si intuisce da una fotografia
d’epoca (cfr. BERTOLINI - PANAZZA 1994, pag. 520), che ritrae il complesso dalla spianata della chiesa di S. Michele.
Dalla piazza procedendo verso sud si incontra a destra un edificio restaurato recentemente in cui sono abbondanti le tracce di murature medievali
(ff. 12-14), e, sull’altro lato della via, un altro corpo con tre porte a livello
stradale con archi in mattoni, in due casi lievemente acuti, e spalle in pietra (ff. 20-21), molto simili a quella vista a Pisogne in vicolo S. Clemente
(cfr. a pag. 66) e databili quindi alla fine del XIV secolo. Come già accennato
nei capitoli precedenti, sono questi gli elementi, abbastanza inusuali in Valle
Camonica, che risentono della massiccia presenza di persone provenienti
dalle aree del basso Sebino, dove l’edilizia con aperture di questo tipo è
molto diffusa.
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FOTO LINO OLMO
scheda: Fraine
Come Grignaghe, l’insediamento di Fraine dovrebbe essersi formato in relazione allo sfruttamento minerario della zona, lungo una delle antiche strade di accesso
alla Valle Camonica da Brescia, attraverso la Val Trompia
ed il Colle di S. Zeno. È significativo che sia proprio la valle di Fraine il luogo dove nel 1299 sono indicate le principali attività legate all’estrazione del ferro: vi sono presenti 1 forno fusorio e 6 fucine, oltre a 3 mulini.
L’abitato ha una certa estensione, e già nel 1299 doveva
essere relativamente ampio, se all’atto finale del designamento dei beni e dei diritti vescovili a Pisogne intervengono, da Fraine e Sonvico, 47 capifamiglia. In quest’epoca
risulta console del comune di Pisogne Alberto Paci
della Torre di Fraine, citato anche fra gli artigiani del
ferro (risulta co-proprietario del forno e proprietario di
due fucine).
Fra le strutture materiali quelle attribuibili ad epoca medievale sono diffuse in tutto l’abitato, facendo pensare ad
un periodo di popolamento relativamente intenso, protrattosi fino al Quattrocento, e ad un successivo rallentamento, con un conseguente calo dell’attività edilizia e un
arresto dell’espansione dell’edificato.
Dalla mappa della toponomastica, derivata come di consueto dai documenti del Catasto Lombardo-Veneto, si
ricava indirettamente la notizia di una frana che aveva interessato la parte occidentale dell’abitato (la località Rovina), mentre è documentata la presenza di un pozzo e di
un torchio, anche se in questo caso, data la quota e l’e-
1
sposizione a nord di Fraine, è improbabile che si tratti di
una macchina legata alla viticoltura: potrebbe trattarsi invece di un torchio per noci, usato per estrarre olio per
uso domestico, come verificato frequentemente nelle
zone montane. Si conoscono torchi da noci di piccole dimensioni ed esempi più grandi, simili a frantoi, in cui le
noci, preventivamente macinate, venivano pressate da dischi in pietra.
Importante è la considerazione che si può fare sulla contrada del Dosso, che alla metà dell’Ottocento presenta un
intero isolato costituito da case diroccate (questo nucleo è evidenziato nella mappa nelle pagine seguenti).
Probabilmente i documenti del catasto conservano la
memoria di una distruzione dovuta ad un incendio, anche se non abbiamo notizie su un tale evento. Sembra comunque meno probabile che si fosse verificata una frana,
perché a questa soglia storica è conservato l’uso delle
strade che circondano le case distrutte. Tuttora il nucleo
non è stato ricostruito, se non in alcuni punti con edilizia
minuta, ed è ancora ben individuabile nelle immagini aeree al centro dell’abitato.
La contrada centrale è quella della Piazza, dove si trova
un bassorilievo del Leone di S. Marco, secondo
BERTOLINI - PANAZZA 1994 l’ultima icona della dominazione Veneziana rimasta il Valle Camonica, ritrovato
nel 1926 durante lavori ai muri di sostegno della chiesa
parrocchiale e collocato alcuni anni dopo sul muro esterno dell’edificio a sud (f. 3).
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Nella contrada Pozzo spicca la presenza di due portali ad arco
con iscrizioni. Il primo, ora in un esterno, è stato con ogni probabilità rimontato a formare un arco ribassato su una porta più
larga dell’originale e sicuramente recente, come testimoniano le
spalle in cemento (ff. 4-5, con ipotesi ricostruttiva della situazione
originale). L’esame degli allineamenti delle curvature dei tre elementi rivela che in origine l’arco era a tutto sesto e che nel rimontaggio è stato rimodellato l’intradosso. L’arco doveva quindi essere molto simile all’altro noto a Fraine (f. 6), che si trova all’interno
dell’edificio (non ispezionabile nel momento in cui è stato effettuato il sopralluogo). Interessanti anche le iscrizioni, che datano
alla prima metà del Quattrocento questo tipo di elementi architettonici. Un altro elemento architettonico datato, di poco
successivo, è presente in edifici vicino alla chiesa (f. 7).
Uno degli edifici più interessanti è la casa che si trova nella parte
di nord-est, all’imbocco di Fraine. Secondo BERTOLINI PANAZZA 1994 si tratta di una casa-torre, presupponendo un’altezza in origine maggiore. Al piano terra verso monte (lato sud)
si trovano due porte affiancate, con grandi piedritti monolitici ed
archi in due pezzi accostati in chiave, in asse con le due porte superiori, su ballatoio, affiancate a loro volta da due finestre. I conci
sono completamente spianati e privi di bugne, con sottile bisello,
e questo è un tipo di lavorazione piuttosto tardo, forse databile
ad inizio Quattrocento: si tratterebbe quindi di un edificio costruito in quel periodo rievocando esempi più antichi. Anche la
posizione, abbastanza esterna rispetto all’abitato, fa pensare ad
una costruzione di tale epoca.
Il margine verso valle dell'abitato conserva alcuni edifici con molte delle caratteristiche originali. Ad esempio la casa che si affaccia all’estremità occidentale del centro abitato (ff. 8-9), anche
se con alcune ricostruzioni e modifiche (cfr. anche l’immagine a
pag. 10), appare come un tipico edificio di fine Trecento, costruito sovralzando un corpo precedente, di cui è ancora leggibile il
profilo delle falde del tetto (f. 8). Sono certamente spiccati i caratteri rurali, ma non mancano alcuni elementi più raffinati, come la
porta ora murata ad est, con arco a sesto acuto in mattoni e cristogramma di Bernardino inciso sul concio in verrucano, la pietra
rossa largamente diffusa nella bassa valle Camonica e che caratterizza fortemente, nel territorio di Pisogne, soprattutto l’edilizia di
Fraine. Osservando le immagini della scheda si nota anzi chiaramente che tutti gli edifici presentano elementi dove è caratteristico l’accostamento fra questa pietra e la diorite grigia a inclusi neri,
pure ben documentata nella geologia di quest’area.
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MCCCCXXXXIIII · IHS · S[...] [...]anoli fecit fieri
MCCCCXXXVI · hoc opus · IHS · fecit fieri Domenicus Adamini
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(segue)
scheda: (segue) Fraine
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scheda: Sonvico
È costituito da due piccoli abitati, quello Superiore e quello Inferiore. Fra i
documenti dell’archivio comunale di Pisogne (cfr. BONTEMPI 1999, v. 1, tt.
1-2), quelli che lo riguardano parlano, almeno fino al 1763, di una vicinia che
comprendeva gli abitati di Sonvico, Zenzese e Gratacasolo. La vicinia
possedeva una casa a Zenzese, dove venivano tenute le riunioni. Il toponimo
compare anche nell’Estimo del 1672, dove si trova un capitolo con l’elenco
dei beni dei residenti a Sonvigo e Zenzeze, ma partire dal 1780 circa non appare più fra gli atti, e si parlerà d’ora in poi solo della vicinia di Sonvico e Gratacasolo. Più che ipotizzare un evento catastrofico, di cui non c’è traccia nei
documenti, che possa aver distrutto l’abitato, dobbiamo pensare ad un accorpamento di Zenzese in Sonvico: dalla seconda metà del Settecento Zenzese viene semplicemente chiamato Sonvico Inferiore.
In Zenzese troviamo documentata indirettamente una torre all’inizio del Settecento: in un estimo la chiesa di S. Martino possiede una casa alla Torre con
un orto e un brolino (BONTEMPI 1999, v. 1, t. 4, pagg. 46-47). La torre, che
qui identifica una contrada, corrisponde con ogni probabilità all’edificio ancora visibile, per quanto molto rimaneggiato, a Sonvico Inferiore (ff. 1-2), a
cui si accosta un altro corpo di fabbrica in cui sono ancora visibili tracce di
murature medievali sotto i recenti intonaci (f. 6). Altre case sono censite in
Zenzese in questo periodo e appartengono alle famiglie Rossi e Rizzi, e potrebbero corrispondere ad un altro edificio che conserva tracce tardo-medievali, pure recentemente restaurato (ff. 3-4).
A Sonvico Superiore spicca certamente la presenza di una torre (ff. 7-11),
che nei documenti del Catasto Lombardo-Veneto è registrata come rudere
fra i beni del Comune di Pisogne. È probabile che a quest’epoca fosse priva
del tetto e forse già della parte superiore. L’edificio oggi visibile, restaurato
all’inizio degli anni ‘90, è certamente di altezza inferiore rispetto a quello originario. Nelle immagini risalenti a prima del restauro appare già ridotto in altezza (Cfr. BERTOLINI - PANAZZA 1994, pag. 656). È possibile che la parte
superiore sia stata rimossa, essendo l’edificio in rovina, per il timore di crolli
sull’edificio a fianco, e in effetti le tracce della demolizione si vedono tuttora
nel lato ovest, verso valle. Le aperture sono rivolte a sud: al piano terreno un
unico portale (f. 10) con conci fortemente bugnati per le spalla (la destra è
parzialmente coperta da un altro edificio) e con arco impostato simmetricamente su due grandi elementi di base e completato con tre conci, di cui quello in chiave più alto; al primo piano due porte gemellate con archi monolitici in pietra grigia, impostati su spalle ancora con forti bugnature e larghi biselli. Le porte davano accesso ad un ballatotio che, a differenza di quello attuale, occupava tutta la larghezza della facciata, come dimostrano le mensole
superiori ancora conservate, che alloggiavano una trave in legno a cui si appoggiava la copertura del balcone (f. 9). In genere la presenza di porte e finestre di questo tipo in edifici fortificati presuppone che il lato in cui si trovano
fosse protetto da una struttura di recinzione più esterna.
L’edificio, sicuramente uno dei più interessanti dell’intero territorio comunale, è databile al XIII secolo. Solo con l’analisi completa deglie estimi sei-settecenteschi sarà forse possibile capire come, ancora alla metà dell’Ottocento,
si trovasse fra i beni del Comune.
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FOTO LINO OLMO
scheda: Govine
Le prime notizie della località derivano dal designamento
del 1299. La contrada de Gogeno si distingue già allora
per una serie di acquedotti, ovvero canali artificiali derivati dalla valle che convogliavano l’acqua verso edifici che
ospitavano macchine in grado di sfruttarne la forza, il cui
utilizzo doveva essere pagato al vescovo di Brescia, che
deteneva i diritti sull’utilizzo idrico di tutto il comprensorio di Pisogne. Nel documento non sono citate esplicitamente fucine o forni in Govine, ma non possiamo escluderne l’esistenza. Viene citato indirettamente un fornellus fra le coerenze di alcuni terreni nella parte bassa del
territorio di Govine, verso la località Predalba, ma non
possiamo essere sicuri che si tratti effettivamente di una
piccola struttura per effettuare qualche lavorazione sul
minerale.
Sappiamo invece sicuramente della presenza di un mulino, ed esaminando la descrizione fornita in base agli elementi che vi confinavano, è possibile identificarlo in un
edificio nella parte superiore del villaggio (f. 8). Qui è rimasta visibile una parte della struttura di un portale, probabilmente in origine doppio, con spalla centrale formata
da grandi blocchi di pietra, con una caratteristica bugnatura all’imposta e il primo tratto dell’arco di sinistra, che ora
presenta un tamponamento per la costruzione di una finestra. Verso destra la porta deve essere stata ridotta e l’arco sostituito da un architrave, non più visibile a causa delle
intonacature. I resti del portale sono certamente compatibili con la datazione del mulino al XIII secolo. L’edificio
è testimoniato ancora in uso come mulino da grano ad
acqua alla metà dell’Ottocento.
Nelle pagine successive è riportata una elaborazione che,
basandosi sui documenti del Catasto Lombardo-Veneto,
evidenzia le attività legate alle attività artigianali lungo il
corso della Valle di Govine. Già a quest’epoca Govine si
configura come un’area proto-industriale organizzata,
con la presenza di diverse fasi della lavorazione del ferro:
dal forno, ai diversi tipi di fucina (da ferro, da taglio, da
chiodi) e una pestaloppa, ovvero una macchina adatta a
frantumare la scoria di lavorazione del forno (la loppa) che
poi poteva essere utilizzata come inerte per lavori edilizi
o stradali. Nell’estimo del 1672 è registrata un Bartolomeo, residente a Pisogne nella contrada Cimavilla, che
viene detto Pestaloppo: evidentemente l’attività legata al
forno era già attiva in questo periodo. E l’analisi dell’esti-
mo consentirebbe di chiarire alcuni aspetti del funzionamento del forno di Govine, dal momento che vi sono riportati tutti i compartecipi nella gestione, con le quote in ore e zerle (per le epoche più recenti si vedano
invece FRANZONI 2000 e ANDREOLI - TORRI 2001).
Il disegno nella pagina a fianco (f. 2) testimonia che per
questo centro produttivo ci si preoccupò, negli anni ‘30
dell’Ottocento, di costruire un approdo per barche e
zattere, evidentemente per il carico dei prodotti lavorati
negli opifici (disegno di Carlo Celeri, 1832, in A.P.C.).
I documenti del catasto registrano anche il passaggio dal
periodo antico, in cui veniva utilizzato il forno tradizionale nella parte alta dell’abitato, che è qui indicato come
forno abbandonato, a quello moderno, con l’impianto del
nuovo forno più a valle. Anche le strutture accessorie
dovettero essere adeguate, e così i magazzini per il
carbone nei pressi del vecchio forno vengono abbandonati e ne vengono costruiti di nuovi in basso, utilizzando
sempre la disposizione a schiera, che evidentemente
consentiva di ospitare il materiale in compartimenti per
una maggiore sicurezza.
Del forno vecchio rimangono alcune strutture (ff. 6-7):
una parte del forno vero e proprio, realizzata con blocchi
perfettamente squadrati in verrucano, che era contenuto
all’interno di un edificio ridotto ormai ad un rudere, accostato alla valle, da dove traeva acqua mediante condutture
per l'alimentazione della pompa idraulica necessaria al
funzionamento del forno.
L’abitato di Govine risulta nettamente diviso dalla strada
Valeriana proveniente da Pisogne, che proseguiva per
Toline, Sedergnò e saliva poi a Zone. Govine Inferiore e Govine Superiore sono le due contrade principali individuabile
nei documenti catastali storici, con al centro un piccolo
slargo con pochi edifici a formare la contrada della Piazzuola. In questa contrada si trova anche quello che fu l’ultimo mulino attivo a Govine, di cui rimane visibile la ruota in ferro (f. 4). L’edificio poi conserva una porta (f. 5),
murata in antico, con piedritti e arco a sesto leggermente
acuto in pietra tufacea, e con soglia più alta del livello del
terreno attuale, che consente di datare la struttura ai primi decenni del Quattrocento.
Nei pressi di Govine, raggiungibile da una ripida strada
dalla parte alta dell’abitato, si trovano poi gli edifici che al
1299 costituivano la Rocca del vescovo, oggi molto modi-
ficati. Come la zona artigianale antica, la rocca sfruttava
l’acqua proveniente dalla montagna e che veniva convogliata nella cisterna attraverso canalizzazioni, che poi probabilmente scaricavano nella Valle Musone (cfr. il disegno a
pag. ...).
Non è stato invece possibile identificare, né nella toponomastica storica né negli edifici esistenti, il castello a cui fanno brevi cenni BERTOLINI - PANAZZA 1994 (pag. 432).
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(segue)
scheda: (segue) Govine
Il sistema produttivo di Govine al 1853. Ricostruzione dai documenti del Cataslo Lombardo-Veneto
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FOTO LINO OLMO
scheda: Toline
I riferimenti a Toline nel designamento del 1299 compaiono in coda al documento, a conferma che questa era l’ultima terra nel territorio di Pisogne. I fondi vescovili nella plebanìa trovano il loro confine meridionale nella Val
Finale, attuale confine del comune, che compare come
limite alle sorti assegnate agli uomini di Toline. Il riferimento alle sorti, come si verifica anche a Sedergnò, indica
che i fondi vescovili erano stati suddivisi in appezzamenti, che venivano poi assegnati (estratti a sorte) agli
abitanti. Si tratta di poderi liberi da costruzioni, e questo
tipo di organizzazione aveva costituito in epoche più antiche la base della struttura fondiaria della curtis, l’organismo che regolava la conduzione dei possedimenti dei
grandi proprietari terrieri nell’Alto Medioevo.
Per questi terreni gli uomini di Toline pagavano annualmente alla curia bresciana un fitto di 18 soldi imperiali,
ma ancora al 1299 sopravvivevano alcuni canoni in natura nel caso del fitto di una località detta Corna, per la
quale lo stesso Comune di Toline corrisponde 6 sestari,
secondo la misura di Iseo, in cereali vari (frumento, miglio, scandella, panìco) e altri due uomini, Benvenuto di
Ottone Levate e l’erede di Zanno di Toline, danno una
gallina ogni quattro anni. Le sorti confinano con quelle
analoghe degli uomini di Sedergnò ad est, con la Valfinale
a sud, con il lago e, a nord, con l’aqua alba, che potrebbe
essere individuata con la valletta che scorre immediatamente a sud rispetto all’abitato di Toline.
Fra i 17 capifamiglia che sottoscrivono il documento spicca senz’altro, e d’altra parte è il primo della lista, il notaio
Teutaldo. È una figura che assumerà un ruolo rilevante
a Pisogne nei primi anni del Trecento. Alcuni fatti lasciano pensare che a quest’epoca avesse assunto la carica di
amministratore della curia di Pisogne per conto del
vescovo: in primo luogo subentra al ministeriale Maffeo
nell’uso delle case presso la Porta di Stagnagis, che
nell’ipotesi ricostruttiva sull’abitato di Pisogne corrisponderebbero al dongione del castello, e inoltre nel 1304
trasmette a Brescia il pagamento annuale per l’ammontare di 4 lire e 10 soldi imperiali per i fitti delle possessioni
vescovili (cfr. BONTEMPI 2004, pag. 17).
È già documentata alla fine del XIII secolo la presenza di
un mulino a Toline, posseduto da Pasetto e da altri
compartecipi. Nell’estimo del 1672 il mulino si trova a
fianco della chiesa di S. Gregorio, dove lo si identifica
nelle mappe catastali ottocentesche, ed è di proprietà
della Vicinia di Toline.
La mappa della toponomastica ottocentesca consente di
localizzare la contrada Castello nella parte alta dell’abitato, all’imbocco della strada che sale verso Sedergnò, e da
lì conduce poi verso Zone e Brescia. Non possiamo dire
molto su questo sito, dal momento che gli edifici che vi si
trovano oggi risultano in gran parte di nuova costruzione,
se non segnalare che in presenza di una denominazione
simile è praticamente certa l’esistenza in epoca medievale di strutture fortificate. La disposizione degli edifici nella
mappa catastale, che riporta certamente una situazione
molto vicina a quella dell’epoca in cui il castello doveva
essere attivo, in effetti fa pensare ad una struttura che
potesse proteggere l’abitato rispetto all’accesso
da monte, come forse si puà ipotizzare anche dall’osservazione dell'immagine aerea in questa pagina.
Altra contrada il cui nome non si è riusciti ancora a spiegare (cfr. anche BONTEMPI 2004, pag. 15) è quella di S.
Maria: non si hanno notizie di una chiesa con questo titolo in questo luogo, e d’altra parte non sembra probabile che la denominazione derivi da qualche possedimento
della pieve di Pisogne.
L’abitato è impostato sull’asse della via Valeriana, che
supera la valle nei pressi della chiesa di S. Gregorio (affresco esterno di inizio Cinquecento raffigurante S. Cristoforo alla f. 2), e su un asse ortogonale a questa. All’incrocio di queste due strade si trova la contrada della Piazza,
anche se già nelle mappe catastali è arduo identificare anche solo uno slargo che possa giustificare questo nome. Il
toponimo in ogni caso è documentato nell’estimo del
1672. In questa contrada o nelle immediate vicinanze si
trovano le strutture più antiche fra quelle ancora leggibili
a Toline, facendo pensare che l’abitato possa essersi sviluppato a partire da questo punto. Notevole ad esempio
è una porta con spalle in grossi conci di pietra fortemente bugnati, con arco in mattoni a doppia ghiera (è l’unico caso verificato a Pisogne) e dotato di bardellone supe-
1
riore (f. 3). Si trova nella parte più antica di un edificio di
notevoli dimensioni, che venne ampliato, presumibilmente nel corso del XVII secolo, con la costruzione del porticato verso sud. La porta si trova ora quindi in posizione
arretrata rispetto al filo esterno della casa, ma in origine il
muro in cui è inserita era quello perimetrale dell’edificio.
In base alle caratteristiche si può confermare che questo
edificio esisteva al tempo del designamento, potendosi
proporre una datazione della porta circa alla metà del
Duecento. Nelle vicinanze si trova anche un forno per
pane (f. 4) , probabilmente in origine interno ad un cortile adiacente alla casa.
Una porta simile, anche se con arco semplice, si trova poco più a monte (f. 5), sotto un piccolo portico pure
seicentesco. Diversa è qui però la realizzazione delle
spalle, in elementi verticali, e anche la muratura esterna
denota un periodo di costruzione di molto successivo. È
mantenuto tuttavia l’uso del bardellone (la fascia più esterna di mattoni disposti di piatto sopra la ghiera dell’arco).
D’altra parte è stato notato in un recente studio su Ome
(cfr. GALLINA - BREDA 2003, pagg. 134-137) che questo elemento persiste nell’uso per almeno due secoli, a
partire dal XIII.
Salendo ancora, nella zona immediatamente sottostante
l’area del castello, si trova un edificio, peraltro in cattive
condizioni di conservazione, con cantonali e resti di finestrelle in tufo (ff. 9-11), con ampi rifacimenti di muratura
in pietrame, ma forse databile al XIV-XV secolo. La stessa
pietra tufacea è utilizzata in un portale, murato, visibile
ancora lungo la via interna principale dell’abitato (f. 7).
Tornando verso la chiesa si trova la casa Macario-Tempini, il complesso di maggior rilievo in Toline,
frutto di un intervento settecentesco su strutture preesistenti di cui rimangono alcune tracce (ff. 6).
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(segue)
scheda: (segue) Toline
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Appendice
da Gabriele ARCHETTI, Berardo Maggi, vescovo e signore di Brescia, Brescia 1994, pagg. 507-539.
L’INVENTARIO DEI DIRITTI EPISCOPALI SULLA CURIA imbreviature e delle scritture sui beni, sui possedimenti e sui diDI PISOGNE
ritti dell’episcopato di Brescia nel territorio di Pisogne, redatto
nell’anno 1299 dal pubblico notaio Benvenuto Rescazi (f. 2r).
L’inventario dei beni e dei diritti vescovili sul territorio di Pisogne proviene dal fondo Odorici della Biblioteca Queriniana di 1299, giugno 19, nella casatorre vescovile di Pisogne.
Brescia1 e fa parte del materiale preparatorio raccolto da Federico Odorici per la pubblicazione del «Codice Diplomatico» in Cazoino di Capriolo, camerlengo vescovile, consegna al consoappendice ai volumi delle sue Storie Bresciane2. Si tratta di un le del comune di Pisogne, Alberto Delacurri di Fraine, una lettefascicolo pergamenaceo, redatto nel 1299 dall’amministrazio- ra del vescovo Berardo Maggi del 16 giugno 1299 in cui si ordine della Mensa vescovile, che doveva essere rilegato in forma na di verificare, designare e recuperare tutti i beni, i possedidi codice e conservato insieme ad altri fascicoli in saculo carta- menti e i diritti episcopali sulla curia di Pisogne. A questo scorum. Esplicita a questo riguardo risulta una registrazione archi- po, Cazoino chiede che vengano scelti alcuni esperti designavistica del 1450: "In Christi nomine, amen. Exemplum breviatu- tores del luogo, fino ad un massimo di dodici (anche se poi ne
rarum et scripturarum episcopati brixiensis in terra et territorio vengono nominati due in più), per la preparazione e la stesura
de Pisoneis, factum manu Benevenuti Rescatii, currente mille- dell’indagine patrimoniale (ff. 2r-v).
simo CCLXXXXVIIII°, indictione XIIa"3. Il fascicolo contiene il
testo originale di una parte del registro cartaceo n. 8 della 1299, giugno 20, ibidem.
Mensa4, che è una copia della metà del XIV secolo di un altro
registro della Mensa, il n. 5 compilato tra il 1296 ed il 1299, re- Alberto Delacurri e Martino Monti, consoli del comune di Pisolativo alle proprietà vescovili in Valcamonica (Iseo, Cividate, gne, eleggono quattordici abitanti per la descrizione dei beni e
Cemmo, Edolo-Mu), ma nel quale è assente proprio la docu- dei diritti episcopali sul loro territorio (f. 2v). Questi incaricati
mentazione sulla curia di Pisogne5. Nel registro 8 la parte rela- concordemente e dopo un giuramento dichiarano, tra le varie
tiva a Pisogne è costituita dai ff. I-X, dei quali però risultano cose, che al vescovo spetta interamente l’honor curie di Pisomancanti il primo, il secondo e il decimo. Un’altra copia della gne; che gli abitanti sono tenuti al giuramento di fedeltà nei sustessa documentazione invece, compilata alla fine del Sette- oi confronti come «homines de districtu, guadia et fodro»; che a
cento, è attualmente conservata presso l’Archivio Parrocchiale lui compete la giurisdizione sulle questioni civili e penali, ammidi Pisogne6.
nistrative ed economiche; sua è tutta la decima; suoi sono pure
i diritti di caccia e pesca, di mercato e di molitura, mentre gli
Le numerose annotazioni presenti nel manoscritto queriniano abitanti della curia devono provvedere alla custodia e alla mastanno ad indicare chiaramente il largo impiego che venne fatto nutenzione della rocca, delle fortificazioni, delle strade, dei canel corso del XIV secolo del manoscritto dai funzionari vescovili nali e della cisterna (ff. 3r-4r). Segue l’elenco dei fitti e dei possia in sede amministrativa e probatoria che per la gestione con- sedimenti in Lovere e Volpino (f. 4v), nel borgo di Pisogne (ff.
creta del patrimonio della mensa. In particolare si deve, tutta- 4v-9r), nei dintorni del borgo (ff. 9r-llv), a Fraine, Pontasio, Sevia, rilevare che: 1) la documentazione veniva aggiornata ogni dergnò e Toline (ff. llv-12r).
volta che intervenivano dei mutamenti o delle revisioni nei rapporti contrattuali; 2) l’esemplare in questione doveva essere 1299, giugno 21, nelle chiusure del pievato di Pisogne.
quello usato presso la curia o il pievato di Pisogne dal gastaldo
vescovile (cioè, dall’amministratore della curia), il quale prov- Convocati da Cazoino, i consoli ed i vicini confermano davanti
vedeva a registrare puntualmente i cambiamenti che avveniva- al rappresentante vescovile il «designamento» presentato dai
no nel possesso di fitti, livelli o censi concessi dall’episcopato, quattordici sapientes viri il giorno precedente (f. 12v); segue
e non quindi quello conservato presso l’archivio della mensa l’elenco di 147 capifamiglia che giurano, secondo una formula
vescovile (andato perduto); 3) il fatto, poi, che il manoscritto stabilita che viene riportata per intero, la loro dipendenza e la
sia quello proveniente dal pievato di Pisogne, spiega come sia fedeltà al vescovo (ff. 12v-13v).
stato possibile che possa essere pervenuto nella collezione
Odorici dove non sono presenti documenti provenienti diretta- 1299, settembre 4, nella curia vescovile di Brescia.
mente dall’archivio della curia vescovile7.
I designatori affermano, davanti al vescovo, che nel pievato di
EXEMPLUM BREVIATURARUM ET SCRIPTURARUM
Pisogne la decima piscium et pullorum appartiene all’episcopato e che i ministeriali sono esenti dagli oneri collettivi; inoltre,
Regesto: Nel fascicolo viene riportato il testo originale delle confermano che quanto da loro indicato nella deposizione giu1
2
3
4
Cfr. B.C.Q., Ms. O.VII.l, doc. 17, attualmente depositato e consultabile presso l’Archivio di Stato di Brescia.
Cfr. F. Menant, Due registri della Mensa Vescovile, p. 143.
A.V.Bs, sez. Mensa, busta 29, registro 5, f. 3v.
A.V.Bs, sez. Mensa, registro 8, «1299 usque 1304. Designamenti de Beni e Sorti del Vescovato in Vallecamonica al tempo del Vescovo Berardo Maggi», codice cartaceo di fogli n. 47, suddiviso in due fascicoli e con
gravi mutilazioni.
5 Cfr. G. Archetti, Chiesa e società, II, pp. 24-32.
6 Archivio Parrocchiale di Pisogne (Bs), Filza Prima, n. 14, 2°, «Designamento 1299 Vescovado di Brescia Ven. Domino Berardo Maggi Vescovo di Brescia Communità di Pisogne Trascritto da una copia esistente
nell’Archivio Parrocchiale di Pisogne, dalla quale lo trasse pure pel Comune Giacomo Francesco Fanzago nell’anno 1799»; questa copia, rispetto al manoscritto queriniano, presenta numerose nuove note di
aggiornamento e tralascia alcune delle aggiunte più antiche; inoltre, anche rispetto al testo presente nel registro 8 dell’A.V.Bs, sono registrate numerose annotazioni e variazioni dei nomi dei concessionari assenti nel
codice cartaceo trecentesco conservato presso l’Archivio Vescovile.
7 Scrive riguardo a questo manoscritto e su come sia giunto in suo possesso, l’Odorici: «Codice pergam. autografo presso di me, n. 179 della mia Raccolta, del compendio delle Carte Bighelli passate al fu Lor.
Gilberti» (F. Odorici, Storie Bresciane, VI, pp. 264-265 n. 1; cfr. anche F. Menant, Due registri della Mensa Vescovile, pp. 143-144).
112
rata è esatto e conforme a quanto contenuto nel documento ro- po scrittorio; la foratura di guida è nei margini esterni del foglio; al cengato il 30 novembre 1234, al tempo del vescovo Guala, dal no- tro del bifoglio sono chiaramente distinguibili i fori di una rilegatura che
taio Belacatto Corgolo (f. 14r).
doveva tenere unito in forma di codice l’intero fascicolo ed altri fogli ora
perduti.
Segue, in scrittura minuscola gotico notarile e di mani diverse,
l’elenco di alcune sortes presenti nel territorio di Pisogne e te- Articolazione e struttura del fascicolo
nute dagli abitanti «de Tolinis»; alcune di queste annotazioni sono su rasura, altre invece sono molto sbiadite e di difficile lettu- Il testo è scritto con inchiostro nero ed è opera dello stesso scriba,
ra (f. 14v).
tranne il testo del f. 14r che è opera di un altro copista e così pure quello al f. 1v, mentre le rubriche sono in inchiostro rosso, talvolta anche in
Originale: B.C.Q., Ms. O.VII.l, documento 17, anno 1299, ma- forma calligrafica; la scrittura è minuscola gotica libraria, regolare e
noscritto inedito.
spaziosa; le numerose note marginali, invece, redatte in scrittura minuNotizia: F. Odorici, Storie Bresciane, VI, pp. 263-265; Idem,
Brescia ne’ tempi, pp. 27-29; G. Rosa, La Valle Camonica nella storia, Breno (Bs) 1881, pp. 52-53; R. Putelli, Valle Camonica, pp. 165-166; A. Bettoni, D. Silini, Pisogne prima terra di Val
Camonica, pp. 14-16; F. Menant, Due registri della Mensa Vescovile, pp. 143-145; G. Archetti, Chiesa e società, II, pp.
27-32, 65-102.
Descrizione: Fascicolo membranaceo composto da 14 fogli non nu-
scola gotica notarile, sono opera di diversi scriptores intervenuti nel
corso della prima metà del XIV secolo; il bifoglio iniziale, prima di essere utilizzato come copertina del fascicolo su Pisogne, era già stato impiegato: al f. 1v reca, infatti, un altro testo precedente databile intorno
al 1280, relativo ai possedimenti vescovili a Torri del Benaco, località
posta sulla sponda veronese del Garda, di cui abbiamo reso conto sopra al cap. II pp. 98-998, mentre il f. 1r è bianco; parallelamente, il f. 14r
presenta un testo coevo che è stato inserito in un secondo momento
nel fascicolo di Pisogne, mente al f. 14v sono aggiunte diverse registrazioni, compilate da mani diverse, in scrittura minuscola gotica notarile
nei primi anni del 1300. Lo stato di conservazione è complessivamente
buono, anche se sono presenti alcune lacune dovute a macchie, fioriture di muffe, abrasioni e tagli che abbiamo segnalato di volta in volta nel
corso della trascrizione.
merati delle dimensioni di mm 400x300 circa; il campo scrittorio è di
mm 310x200 circa, linee lunghe 36 per foglio circa; la posizione dei fogli
segue regolarmente la scansione che inizia con il lato carne all’esterno,
seguita da pelo-pelo, carne-carne, pelo-pelo, ecc.; la rigatura è a secco,
eseguita su un bifoglio per volta sul lato carne; la rigatura verticale è
semplice ed è posta nel margine esterno del foglio e al termine del cam- Criteri di edizione: Nella trascrizione abbiamo cercato di rispettare la
coerenza strutturale e l’impostazione redazionale del fascicolo9. Le «rubriche», redatte con inchiostro rosso nel manoscritto, e le iniziali rubri1
2 Exemplum breviatarum et scripturarum
cate sono state evidenziate concaratteri in neretto nella trascrizione10;
3
le abbreviazioni sono state sciolte, mentre la punteggiatura è stata mo4 Infrascripta sunt ficta et possessiones domini episcopi
dificata secondo i criteri moderni, così pure l’uso delle lettere maiusco5
6
le e minuscole; abbiamo evitato di porre tra due puntini i numeri romani
7
presenti nelle registrazioni del codice, in quanto questo uso è impiegato saltuariamente nel manoscritto. La lettera J dei numeri e delle parole è stata resa con I. Nella trascrizione delle annotazioni marginali e interlineari non è stato possibile seguire criteri univoci nello scioglimento
8
delle abbreviazioni e dei compendi, data la diversità della tipologia e
9
delle mani che le hanno apposte. Ci siamo di volta in volta regolati con
10
11
confronti e considerazioni di carattere paleografico. Nell’apparato so12
no scritti in corsivo i nostri interventi, con i quali abbiamo segnalato i
13
14 Fidelitas in Pisoneis et eius plebatus
pentimenti e le correzioni dello scrìptor, la sovrapposizione delle mani,
la posizione delle diverse annotazioni e la loro eventuale scansione
temporale.
8 Cfr. B.C.Q., Ms. O.VII.l, doc. 16; anche F. Menant, Due registri della Mensa vescovile, p. 145.
9 Abbiamo seguito, adattandolo alla diversa tipologia della documentazione su Pisogne, il criterio usato nell’edizione del «Catastico» di S. Giustina di Monselice (cfr. L. Caberlin, Il Catastico di S. Giustina di Monselice
detto di Ezzelino, con Introduzione di G. Rippe, Padova 1988, pp. XXXV-LV; anche, G. Archetti, Le decime vescovili, pp. 45-55).
10 In questo senso abbiamo ritenuto utile adottare il criterio usato da A. Masetti Zannini per l’edizione degli Statuti del Comune di Tignale, Biblioteca Civica di Tignale, Brescia 1989, pp. 25-26, 77 e segg.
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|f. 2r| In Christi nomine, amen. Exemplum breviaturarum et scriptura- et omnes homines de plebatu iurant et iurare debent fidelitatem
rum episcopatus Brixie in terra et territorio de Pisoneis, factarum ma- domino episcopo brixiensi et ecclesie brixiensi tamquam homines
nu Benvenuti Rescatii, currente millesimo CCLXXXXVIIII, indictione de districtu, guadia et fodro, sed dicunt quod dant pro comuni toduodecima.
Hec est designatio omnium honorum, possessionum, fictorum, drictorum, decimarum, honorum et iurium facta tempore venerabilis patris
domini Berardi, Dei grada episcopi Brixie, marchionis, ducis et comitis, millesimo et indictione predicts.
IN PISONEIS
Die iovis XVIIIIor iunii in casaturi domini episcopi et episcopatus siti
in terra de Pisoneis super platea, presentibus domino pre Iacobo
archipresbitero plebis de Pisoneis, Dotha filio Bulpatti de Yseo et
Corino de Cora, famulo domini episcopi. Dominus Cazoynus de
Margottis de Capriolo, clericus camarlengus venerabilis patris domini Berardi de Madiis, Dei gratia episcopi brixiensis, marchionis,
ducis et comitis, presentavit infrascriptas litteras Alberto Delacurri
de Fraginis consuli dicti comunis et hominum plebatus Pisonearum,
quarum tenor talis est. Berardus, Dei gratia episcopus brixiensis,
marchio, dux et comes, consulibus, offitialibus et comuni ac singularibus personis montis et plani de Pisoneis et plebatu, salutem in
Domino Yehsu Christo. Providum virum Cazoynum de Capriolo,
camerarium nostrum pro inquirendis, recuperandis, designandis et
confirmandis bonis, possessionibus, fictis, drictis, honoribus, iurisdictionibus, decimis, venationibus, piscationibus, venaticis, molaticis, corathura, usanciis et aliis pertinentibus episcopatui Brixie in
loco, terra et terratorio et pertinentiis de Pisoneis et plebatu ad
partes vestras presentialiter transmittentes tenore presentium vobis sub pena et banno ad voluntatem nostram precipiendo mandamus quatinus precepta ipsius camerarii nostri pro predictis debeatis in omnibus et singulis attendere tamquam nostra bamna quidem
et precepta que vobis dederit et fecerit pro predictis ex nunc plenam habere volumus firmitatem. Data Brixie XVI iunii millesimo
CCLXXXXVIIIIor, indictione XII. Quibus litteris presentatis et lectis dicto Alberto Pacis, consuli diete terre et plebatus nomine dicti
comunis, ipse dominus Cazoynus, camarlengus dicti domini episcopi, precepit dicto Alberto Pacis consuli dicte terre et plebatus
Pisonearum, quod pena et bamno centum soldorum imperialium et
I imperialis debeat eligere ex bonis hominibus terre et plebatus Pisonearum usque ad summam XII hominum dicte terre ex illis qui |f.
2v| melius veritatem siant, qui debeant spetiali sacramento eidem
designare omnia bona, possessions, ficta, dricta, decimas, honores, iurisdictiones et iura que dominus episcopus et ecclesia brixiensis habent in terra et territorio et plebatu de Pisoneis secundum quod in dictis litteris sibi presentatis plenius continetur.
Die sabbati XX iunii mensis predicti in casaturi domini episcopi et
episcopatus brixiensis suprascripti, presentibus domino pre Iacobo
de Zono, archipresbitero plebis de Pisoneis, pre Georgio presbitero ecclesie Sancti Cipriani de Artognis, fra tre Philippo Merzoline,
Viviano filio condam Petri de Madiis de Conchis Vallis Renovate,
Moreschino filio condam domini Raymundi de Gratacaxolo, Iohannino filio condam domini Iacobi Ronzoni de Yseo et Iohanne Besotti
de Yseo, testibus rogatis. Albertus Delacurri et Martinus de Montibus, consules comunis et hominum plebatus Pisonearum et volentes adimplere precepta sibi facta per dictum dominum Cazoynum
nomine dicti comunis elegerunt et designaverunt infrascriptos homines de Pisoneis et eius plebatu dicto domino Cazoyno dicto modo et nomine ad designandum bona, iura, onores, iurisdictiones et
possessiones, ficta et dricta que habent dominus episcopus et ecclesia brixiensis in terra, territorio et pertinentiis Pisonearum et
plebatus, videlicet Salvuldeum Oprandi Maze, Rubeum Guale, ambos de Pontasio, Caspam Karuli, Salvum Petri de Nuvolinis, ambos
de Grignagis, Ambroxium Alberii, Bonacursum Mathaye, Guiscardum condam Albertatii de Fraginis, Federicum Artusii de Zinzeziis,
Garattum et Marochetum, ambos de Tolinis, Ravam de Sethergno,
Iohannem Ysnardi, Robam et Benum Lechi de Pisoneis. Qui quidem omnes predicti iuraverunt ad Sancta Dei Evangelia corporaliter tactis scripturis designare et manifestare totas et integras rationes, consuetudines, iura et possessiones curie de Pisoneis,
montis et plani, que pertinent ad dominum episcopum et ecclesie
brixiensis, tam per dicta suorum antecessorum et veterum quam
per ea que viderunt et audiverunt remotis hodio, amore, timore,
precio et precibus spetiali dampno et utilitate, tam in diviso quam
in comuni, et si quid occultum est vel detentum de hiis que pertinent ad iura domini episcopi et episcopatus Brixie et ecclesie Brixie. Qui quidem omnes predicti concorditer dicunt et manifestant
in presentia dictorum testium dominum episcopum brixiensem esse universalem dominum omnium honorum curie de Pisoneis, scilicet de toto plebatu Pisonearum in monte et plano, in terra et aquis
cius plebatus in Saneto Martino centum soldos imperiales ficti pro
fodro et dant similiter pro comuni annuatim domino episcopo pro
una albergaria quam solebat facere comune domino episcopo
XXVIII soldos imperiales. Item, pro comuni de Lungis ultra Oleum
XL soldos imperiales denarios, brixiane monete, seu equipolenti, ut
continetur in carta investiture facta per Robertum condam Petri de
Canonica notarium, die iovis |f. 3r| VIII mensis decembris MCCV,
indictione VIII. Item, pro domo comunis iuxta lacum XV soldos imperiales annuatim pro fictis; item, dicunt et manifestant quod dominus episcopus habet talem iurisdictionem quod quicumque tam
de plebatu Pisonearum quam de extra plebatu undecumque sit offenderit in dicto vel in facto alicui in toto plebatu et curia Pisoneraum et illi de Pisoneis et plebatu etiam si extra plebatum offenderint
dant et dare debent guadiam domino episcopo vel suis nunciis et
iurant de hoc stare et attendere precepta domini episcopi et nunciorum eius, et dominus episcopus punit eos secundum offensionem ad suam voluntatem in avero et personis et specialiter suspendendo homines et in eruendo oculos alteri et alios fustigando
et alios in berlinando et in carcerando et aliis penis eos affligendo;
et solebant esse speciales homines qui exercebant offitium penarum pro feudo quod habebant inde ab episcopatu, scilicet pro quodam molendino de Summavalle, quod molendinum consueverat tenere Anzettus condam Girardi de Summavalle et heredes Rapoli
de Menico de Pisoneis et de quolibet contractu qui fit in tota curia
et plebatu Pisonearum per aliquem hominem sive de plebatu sit sive aliunde undecumque sit dominus episcopus vel eius nuncii facit
exinde rationem et accepit inde dathias et retornatas; et si quis vitaverit super hoc venire et stare mandatis eius facit ei dari bamnum et deinde intromitti bona sua que invenit in toto plebatu et curia de Pisoneis, et satisfacit inde conquerentibus de debito de quo
constat et dat tenutam conquerentibus de bonis immobilibus hominum huius plebatus et facit rationem de omnibus contractibus hominibus huius plebatus et curie et accepit inde dathias et retornatas ubicumque sint facti contractus illi et bamna exigit que imponit
si permittunt se cadere ad bamnum. Item, dicunt et manifestant
quod dominus episcopus habet et habere debet in toto plebatu et
curiaa de Pisoneis decimam in integrum de omnibus seminatis et
fructibus arborum et vino et nascentibus et feno et piscibus et venis vel ab eo tenentur. Item, dicunt et manifestant quod in curia de
Pisoneis talem iurisdictionem habet dominus episcopus et talis
consuetudo observatur et observari debet in eligendo potestatem
comunis Pisonearum et tocius plebatus et curie Pisonearum, videlicet quod sine eius consensu, verbo et voluntateb non debet eligi
nec eligitur nec accipitur potestas in terra de Pisoneis et eius plebatu, et curia et electores qui eliguntur pro comuni prius vadunt ad
dominum episcopum et nominant ei ilium de quo concordant ante
quam publicent eum alicui et si placet domino episcopo quod accipiant ilium de quo concordant, dat eis verbum eligendi illum et ipsi
electores postea eligunt illum et deinde veniunt nuncii comunis et
accipiunt illum de manu domini episcopi, et dominus episcopus investit illum de potestaria usque ad certum terminum et dat ei auctoritatem fatiendi illam potestariam, reservato sibi semper dorninio illius |f. 3v| regiminis nec tantum ratio fit nec fieri debet in terra
ilia nisi per dominum episcopum vel eius nuncios excepto de raxis
que ponuntur pro custodiendis terris et buschis et blavis. Item, dicunt et manifestant quod dominus episcopus habet et accepit corathuram salis in die sabbati ab omnibus vendentibus salem in terra
de Pisoneis ad minutumc, scilicet unam manum culmam de arcivallo
vel sacco vel alio vase in quo vendatur, et dat et dare debet pensas
et mensuras et pro eo dantur et tenentur pense et mensure et ponuntur superstantes furnariorum, tabernarum in terra de Pisoneis,
et buschatiarum et armorum vetitorum. Super facto roche dicunt
et manifestant quod homines de Pisoneis montis et plani solent et
debent custodire suis expensibus rocham, ad voluntatem et preceptum domini episcopi et nunciorum eius, per pacem et per guerram, veruntamen per pacem solent custodire illam per VI guardas
tantum et solent et debent retinere et aptare viam de dosso que
vadit ad rocham, ita quod brocia possint conduci honerata ad rocham et est et esse debet alia via qua itur ab aree ad blebem que
vadit de sub clauso domini Branche et est esse debet alia via per
quam veniunt illi de Pontasio et de monte ad rocham; et similiter
debent conducere et retinere per canales aquam suffitientem a
Cornu sive Saxo ubi oritur seu unde exit usque in cisternam roche
semper suffitientem ad usum hominum et equorum et bestiarum
existentium in ipsa rocha, et illam cisternam retinere curatam et
solatam ut sit apta ad aquam tenendam; et debent facere et retinere stathiolum et scalas turis et pontile que sunt iuxta turrim extra et
retinere et reficere murum castellaris a degnono inferius si murus
a Sul margine destro dello stesso copista: Decima.
b Sul margine destro dello stesso copista: Potestas.
c Nota nel margine sinistro dello stesso copista: Corathura.
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rueret vel minaretur ruinam vel indigeret reparationem, et si expediret per guerram debent munire castellarium et murum a degnono
inferius cum bethfredis et aliis munitionibus ad preceptum domini
episcopi et nunciorum eius, et debet esse scala levatoria cum cathenis et debent habere et retinere unam domum pro comuni in castellari inferius a degnono in qua debet stare portinarius quem ponit dominus episcopus ad voluntatem suam, qui portinarius vadit
precipere guardas omni die et habet pro suo merito unam de guardis et est excusatus ab omni honere comunis et habet a comuni
omni anno IIIIor soldos imperiales quando exercet offitium et quando non exercet etiam tunc est excusatus ab honeribus comunis,
sed non dantur ei IIIIor soldos, et illi de Sethergno et de Tolinis pro
sortibus suis debent facere et afferre et dare vuminas et grates
suffitientes ad munitionem turris et roche a dignono supra ad preceptum domini episcopi et nunciorum eius et hec omnia que dicta
sunt de rocha et ad defensionem roche debent facere suis expensibus et si non facerint ad preceptum domini episcopi et nuntiorum
eius bamnuntur inde per dominum episcopum vel eius nuncios ad
eius voluntatem. Item, dicunt et manifestant quod nullus homo de
hac terra nec de alia terra debet nec potest levare turim vel domum
de batallia seu fortezam in terra de Pisoneis nec in toto plebatu et
curia de Pisoneis contra voluntatem et interdictum domini episcopi
|f. 4r| et nunciorum eius, et quod unam domum Martini Robe fuit
destructa et prosternata per ipsum Martinum precepto domini episcopi totum quod levaverat in villa contra interdictum domini Borgesii tunc nuncii domini episcopi. Item, dicunt et manifestant quod
dominus episcopus solet habere de qualibet mola formentera duos
imperiales et de miliaria unum imperialem que fit in toto plebatu de
Pisoneis, et de bamno ordinamenti molarum debet habere dominus
episcopus tertiam partem et solet habere medietatem intrature
molarum qui incipiunt facere molas, que intratura est quinque soldos imperiales. Item, dicunt et manifestant quod aqua Turbioli est
domini episcopi et per eum tenetur et debet habere et accipere dominus episcopus illam aquam Turbioli inferius a molendino plebis
per unam bucam mole ad conducendam illam ad braydam suam et
plus si adesset aqua in tanta quantitate quod posset illam accipere
sine detrimento furnorum, molendinorum et similiter tota aqua Vallis Gugeni est domini episcopi et per eum tenetur ab eo loco ubi oritur usque in lacum, et quicumque habet de illa aqua debet habere
per dominum episcopum. Item, dicunt et manifestant quod honor
piscationum et venationum tocius plebatus et curie Pisonearum
est domini episcopi, et debet habere dominus episcopus de catia
ursi bragutum cum capite et plottis et butello et spallam dextram
quandocumque et ubicumque capiant, et per unam diem debent
homines de Pisoneis et blebatu ire ad caziam ad voluntatem domini
episcopi et eius nunciorum. Item, dicunt et manifestant quod si
quis deposuerit querimoniam de aliquo et aliqua illicita re, quod primo dat guadia de ratione curie et si subcumbuerit ille qui conqueritur punit eum dominus episcopus ad suum arbitrium. Item, dicunt
quod de lignis pacherarum et de lignis de focho, de buchis, de paleis caretti sive carettus comunis dominus episcopus et eius nuncii
habent potestatem accipiendi pro se et familia sua ad suam utilitatem, pro sua necessitate et usu suffitientem in hac terra sive sint
afictata seu ingazata vel non. Item, dicunt quod preter hec supradicta dominus episcopus habet alia iura in dicta terra et plebatu et
ficta et prata et possessiones.
rius de Luarro II soldos imperiales, pro ficto decime de Bulpino,
Avostino et Batpanigo, que decima dividitur in octo partes hoc modo: domini Teutaldus et Iohannes et heres condam domini Iacobi
condam domini Liazari, omnes de Celleriis, habent de octo partibus
dicte decime quinque partes; Iacobus, Berinus et Teutaldus fratres
et filii condam domini Gratiadei condam domini Bonfatii Beri de
Celeriis habent de octo partibus duas partes dicte decime; Marinonus et Appollonius fratres, filii condam domini Maphey de Celeriis,
habent de octo partibus dicte decime unam partem.
In Pisoneis in contrata mercati usque in fossatum vetus
Primo unum palatium cum pede unius turris et unum pallatiolum dirupti et devastati et unam peciam terre ortive in qua consueverat
esse brolum cum multis et pluribus bregnis domorum et peciis terre
ortivis, iacentibus in burgo de Pisoneis supra mercatum infra istas
coherentias: a mane Venturinus Oldefredi, a monte Dotha de Morentonibus pro episcopatu Brixie et brayda episcopatus, a sero lacus, a meridie mercatum de Pisoneis et becharias et bregnum domus Caprarii, inter quas confines est unum bregnum domus heredum condam Iohannis de Deganonibus quod fuit Marexinorum de
Yseo et possidetur per Dotham suprascriptum et non tenetur in ficto nisi tantum murum, a monte parte II imperiales, inter quas confines sunt infrascripta bregna domorum que olim possidebantur per
infrascriptos homines et consueti erant solvere infrascriptam
quantitatem ficti pro quolibet ut inferius scriptum apparebitd.
|f. 5r| Girardus condam domini Alberti de Castaldis de Yseo,
Albertus condam domini Iacobi condam dicti domini Alberti, VI imperiales de una domo in mercato que fuit Iohannis Mochie.
Item, predicti XX soldos imperiales de una statione de supra mercatum, coheret de supertoto a mane Iohannes Ysnardi, a monte
heres domine Zoge, a meridie mercatum, a sero viaf.
Iohannes condam ser Ysnardi quinque soldos imperiales de una domo, in dicta contrata mercati, coherent a mane via, a meridie mercatum, a sero suprascripti Girardus et Albertus de Gastoldis, a
monte heres condam Ymberti Ventroni et heredes Stephani Mazuchi pro domina Zogag.
Heres Ymberti Ventroni de Yseo, heres Stephani Mazuchi, XIIIIor
imperiales de una domo in dicta contrata, que fuit domine Zoge,
coheret a mane via, a monte domus que fuit Otteboni de Zuchinzuch, a meridie Iohannes Ysnardi, a sero via et fuit Griffi Lechateteh.
Dominus pre Bonaventura, archipresbiter plebis de Yseo, dominus
Zilianus de Suciis de Yseo, heredes condam domini Redulfi de Rateriis, Nicolaus Blanci de Ripa, XI mezanos ex ficto unius bregni domus in dicta contrata, coheret a mane via et a sero similiter, a monte heredes Bergamaschi et Zenoesii, a meridie suprascripti heredes Ymberti et Stephani; quod bregnum domus fuit Otteboni Zuchinzuchi.
Heres Bergamaschi et Zenoesii de Pisoneis XXII imperiales ex ficto
unius bregni domus in dicta contrata, coheret a mane via, a meridie
|f. 4v| Infrascripta sunt ficta et possessiones domini episcopi et domus que fuit Otteboni Zuchinzuch, a monte dominus Muntus de
episcopatus brixiensis in terra et territorio de Pisoneis in monte et Breno, a sero ecclesia Sancti Clementis et episcopatusj.
plano designata et manifestata per dictos XIIIIor sapientes electos
ad hoc inde speciali sacramento astric-tos per dictum dominum Dominus Muntus de Breno VIIIIor mezanos de uno bregno domus in
Cazoynum de Capriolo, camerarium domini episcopi, et etiam in dicta contrata que fuit illorum Sachini, coheret a mane via, a meridie domus que fuit Bergamaschi et Zenoesii, a monte heredes Bovi
Luarro et Vulpino.
de Homis in parte et in parte episcopatus, a sero ecclesia Sancti
In primis, ecclesia Sancti Georii de Luarro V soldos imperiales pro Clementisk.
medietate decime novalium de Luarro.
Bovus de Homis VII imperiales de uno bregno domus in dicta conHeredes domini Stephani de Ceno V soldos imperiales de alia me- trata, coheret a mane via, a meridie dominus Muntus de Breno, a
monte Antonius notarius de [Hu]no, a sero res episcopatus et fuit
dietate decime novalium de Luarro.
T[er]linil.
Dicti heredes VI imperiales pro decima novalium Coste et sunt in|f. 5v| Antonius notarius de Huno VI imperiales de uno bregno dode vasalli.
mus in dicta contrata, coheret a mane via, a meridie Bovus de HoAmbroxius Celerius de Luarro II soldos imperiales, Castellus Celed Note in fondo al folio: Glesentus condam Oberti Preveti VIII soldos imperiales ex ficto unius domus edificata in palatio predicto cum una carbonile. Ortum quod tenet Massera uxor condam
Iohannis Bertoloti, II soldos imperiales, iacet apud ecglesia Sancti Clementis. I ortum quod tenet Iacobus de Ripa, III soldos [imperiales], iacentem super [.....] palatioli. Ortum quod tenet
Gislina uxor condam Zani de La[....]ciis supra palatiolum, XX imperiales. Item, [........] ab heredibus Bocacini de Se[......] pro una domus a monte parte turis domini episcopi.
e Note nel margine destro del folio di mani diverse: Mapheus Peteni tenet, solvit totum fictum. Loco dicti Mafey investitus est Tetholdus de Tollinis pro Vili imperiales ut continetur in carta
rogata per Vinialem de Cilincinceys.
f Nota a destra: Item, MI soldos imperiales pro staziunzella ut continetur in carta investiture facta per dictum Viniallem.
g Nota a destra: Investitus est Venturinus filius condam dicti Iohannis de dicta domo. Bocacinus de Ripa tenet.
h Nota a destra: Investiti fuerunt Suta de Yseo et Gidinus Cantoni, precio XV imperialium pro quolibet anno.
i Aggiunta coeva nel margine di destra: Investitus Glisentus Caligarius per dominum Cazoynum per V soldos imperiales. Tenet Paganinus Bertucie.
j Nota coeva a destra: Mapheus condam Iohannis [Robe notarius] et est investitus [...] facta fuit die XXI decembris millesimo [CCCI] per dominum Cazoynum de [Capriolo et cetera].
k Nota a destra: Iohannes Belaneti tenet et redit XIIIIor imperiales [ut dicit]. Tenet Glisentus [Ce....].
l Nota a destra: Investiti fuerunt Clemens condam Matalli et fratres per II soldos imperiales anuatim monete currentis in Brixia.
116
mis, a monte Zuffus de Buennom.
Lechatetez.
Zuffus de Buenno XII imperiales de uno bregno domus penes suprascriptum, coheret a mane via, a meridie Antonius notarius de
Huno, a sero res episcopatus, a monte res episcopatus pro Iohanne Cornician.
Guielmus Spetiarius IIIIor soldos et II imperiales pro uno bregno domus supra mercatum quod fuit Venture Bastario de Pallazolo cum
orto secum tenente, coheret a mane idem Guielmus pro ortibus suprascripti Griffi, a monte Pilatus suprascriptus, a sero strata et a
meridie idem Guielmusaa.
Heredes Iohannis Cornicle VI imperiales de uno bregno domus in
dicta contrata, coheret a mane via, a monte possidetur pro episco- Dictus Guielmus IIIIor soldos imperiales de uno bregno domus in
patu, a meridie Zufus de Buenno, a sero res episcopatus.
dicta contrata, a mane suprascriptus Guielmus pro ortis suprascripti Griffi, a monte similiter, a meridie heredes Petri cui dicebaHeredes Teutaldi Feratoris VI imperiales supra fossatum, coheret tur Timonus, a sero strataab.
a mane strata, a monte braida episcopatus, a sero heres Petri Revioli.
Petrus qui dicitur Timonus VI imperiales de uno bregno domus in
dicta contrata, coheret a mane dictus Guielmus pro suprascripto
Heres Bonaventure qui dicitur Bexotus, heredes Petri Revioli IIIIor Griffo, a monte similiter, a meridie heres Petri de Gastaldis, a sero
soldos imperiales de uno bregno domus et orto secum tenente in strata.
dicta contrata, que fuit Belavite Oberti Denariorum, coheret a mane Antonius notarius de Huno et Zuffus de Buenno et heredes Io- Petrus de Gastaldis de Yseo VII imperiales de uno bregno domus in
hannis Cornicle et heredes Teutaldi Feratoris, a monte brayda, a dicta contrata, coherent a monte Petrus Timonus, a mane, a merisero brolum episcopatus.
die et a sero via.
Item, una pecia terre ortive in qua consueverat esse brolum, cui coheret a mane heredes Ognabeni Revioli, a sero lacus, a meridie palatiolum domini episcopi, a monte brayda, inter quas confines possidetur per infrascriptos et reddunt infrascriptam quantitatem ficti
non livellariio.
Gui(e)lmus Spetiarius pro Griffo Lechatete quinque imperiales de
uno orto supra domumac |f. 6v| antedicti Petri de Gastaldis, a mane fossatum vetus, a monte tenentes pro Lazarino Vachere, a meridie domus cum ortibus que fuit Girardi Aymeline, a sero suprascripti Petrus et Guielmus et Pillatus et plures alii.
Lazarinus Bechariusp de Breno IIIIor soldos imperiales, Martinus de Iohannes Deganonumad II imperiales pro muro bregni casaturis
Monteq IIIIor soldos imperiales, Iacobus Miletti IIIIor soldos imperia- quod fuit Marexinorum de Yseo, a monte parte iacens in dicta conles, Benus de Bechisr VIII imperiales ex ficto ortorum dicti brolis. trata, coherent dicto casaturi de supertoto, a mane Paulus Sartor,
a meridie becharias mercati, a sero strata, a monte via vicinoria et
Marchus de Artognist XII imperiales de duobus bregnis domorum tenetur per Dotham.
penes illum Iacobi Gualdrigelli.
Paulus Sartor quinque mezanos de una domo in dicta contrata, coIacobus Gualdrigelli II imperiales de uno bregno domus penes illosu. heret a mane Nicolinus Castegnole pro domino Iacobo de Lacu de
Yseo, a monte via, a meride mercatum, a sero Dotha pro heredibus
Rebuscha V imperiales pro quarta parte domus que fuit Adami Ba- Iohannis Deganonumae.
stardiv.
Nicolinus Castegnole quinque soldos imperiales de una domo in
Ysnardus Imblavati quinque imperiales de alia quarta partew.
dicta contrata que fuit domini Iacobi de Lacu, coheret a mane Mayfredus Censii, a sero Paulus Sartor, a monte via, a meridie merca|f. 6r|x Tomasina condam Lazarini Vachere V imperiales de alia tumaf.
quarta parte.
Heredes Mayfredi Censii VI imperiales de una domo in eadem conDotha pro heredibus Iohannis Deganonum, Salvator de plaza de trata, coheret a mane dictus Mayfredus, a meridie mercatum, a seBuenno, V imperiales de alia quarta parte pro domo que fuit Lazari- ro dictus Nicolinus, a monte viaag.
ni Vachere, coherent omnibus predictis, a monte Dotha pro episcopatu, a sero via, a meridie Salvator de Buenno pro episcopatu, a Girardus Aymelineah VI imperiales de una domo et orto in dicta conmane Venturinus Oldefredi pro dicto fossato vetero.
trata, coheret a mane Dotha de Yseo, a meridie Caprarius, a sero
dictus Mayfredus, a monte Guielmus Speciarius de qua domo est
Dominus Salvator de Buenno IIIIor imperiales de uno bregno domus Dotha certa pars pro uxore suaai.
in mercato, coheret a monte domus que fuit Lazarini Vachere, a
mane fossatum vetus, a sero via, a meridie Rampolus de Menicoy. In contrata mercati a meridie parte
Rampolus de Menico VIII imperiales de domibus suis in mercato, Una domus in dicta contrata que reddit XXVI soldos omni anno que
coheret a mane Gui(e)lmus Spetiarius, a monte Salvator de plaza fuit Cazagi fratris Caprarii et Calvi potest(atis) de Yseo, coheret a
mane domini Forestri de Castro, a monte mercatum, a sero comude Buenno, a meridie Pilattus Speciarius, a sero strata.
ne de Pisoneis pro episcopatu Brixie, a meridie ingressus, afictata
Pilattus Speciarius IIIlor soldos imperiales de uno bregno domus su- Piuvono usque ad voluntatem domini episcopiaj.
pra mercatum coheret a monte Rampolus de Menico, a sero strata,
a meridie, Guielmus Spetiarius, a mane similiter pro ortibus Griffi Heredes condam domini Foresti de Castro II soldos imperiales pro
m
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Nota a destra di altra mano: Tenet Bonafemina condam uxor Paxini Blussche.
Aggiunta a destra: Tenet Petrus Bononis Zogoli. Et tenet Russotus.
Nota a destra relativa ai tre testi precedenti: Domina Rosa tenet.
Nota a destra: Tidollus flius Oldofredi Maltraversi tenet.
Nota di seguito, cancellata con tratto di penna: [Gisla] eius uxor tenet. Sostituita con la nota: Franciscus tenet.
Nota di seguito su rasura: Tenet Albertus qui dicitur Botacius.
Aggiunta nel margine destro: Tenet Botacius.
Nota a destra su rasura: Lothetus tenet.
Nota a destra espunta con tratto di penna: Investitus est Guythinus condam Gualdrigelli de Gratacaxollo. Nota di seguito dì altra mano: Et redit XII imperiales. Guyelmus de Ad[raria]
tenet.
Nota di seguito su rasura: [Tenet Glisentus Caligarius].
Nota di seguito su rasura: Tenet Iohannes condam [Matalli].
Aggiunta a sinistra in alto al folio: Nasetus.
Nota a destra: Investitus est Pasinus Brusateze de parte Lazarine et Dothe et Salvatoris. Tenet Ysannius.
Nota a destra: Investitus est Franciscus Zall[...]o imperiales.
Nota a destra: Et tenet et investitus est Francescus Zalii, IIIIor soldos imperiales et II imperiales.
Nota nell’interlinea sotto il testo: Investitus fuit Gidinus Cantoni (...) et auctoritate et iacet dictos seduminos seu brigna domorum predicti Guielmi Pilati, coheret a sero suprascripti
Guielmus et Pilatus, a mane Teutaldus et Faustinus de Tolinis, et a meridie strata et a monte heredes Pasini Brusateze pro episcopatu et redit omni anno XII imperiales pro ficto livelo.
Nota nel margine destro: Gidinus Cantoni tenet.
Nota a destra: Et tenet Suta.
Nota a destra: Et tenet Suta.
Nota a destra: Et tenet Suta.
Nota a destra: Et tenet Suta.
Nota sopra il testo: Teutaldus de Tolinis.
Nota a destra: Reddit XII imperiales.
Aggiunta nel margine destro: Domina Pecora uxor condam Segne tenet
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una domo in dicta contrata, que fuit Buze cui coheret a mane Gam- Scuthella de Pisoneis quinque soldos imperiales de una domo in
bera de Morentonibus de Yseo, a monte mercatum, a sero domus dicta contrata, coheret a mane et a meridie via, a monte Uguzonus
que fuit Cazagi et Calvi potest(atis) de Yseoak.
Piscator, a sero Nicolinus Castegnoleav.
Heredes Glixenti Lovere quatuor imperiales pro una domo sive porticu domus in dicta contrataal, |f. 7r| coheret a mane casature domini episcopi quod fuit Stephani Mazuchi, a sero heres Besotti de
Lotho, a monte mercatum quem porticus sive domus fuit Manuelli
Sartoris et postea domini Borgesii de Yseo.
Nicolinus Castegnole XI mezanos de una domo in dicta contrata
que fuit domine Richabone, coheret a mane Scuthella, a meridie
via, a monte heredes Benamati.
Heredes Saiotti notarius de Pisoneis IIIIor soldos imperiales de uno
bregno domus, que fuerunt tres domus et fuerunt Ottonis Scayole,
Unum casaturim supra mercatum quod fuit Agogi de Deganonibus coheret a monte via, a meridie heredes Castegnole, a mane hereet postea Stephani Mazuchi, coheret a mane strata, a monte mer- des Benamati.
catum, a sero heres Glexenti Lovere, a meridie Foresti et possidetur per episcopatum Brixie.
Heredes Benamati VI imperiales de uno bregno domus in dicta
contrata que fuit Ottonis Scayole, a mane domus Uguzonis PiscaAlbertinus qui dicitur Dotha notarius, heredes Stephani Mazuchi, toris, a monte via, a sero heredes dicti Saiottiaw.
XII imperiales de una domo supra mercatum que fuit Stracerii de
Mandugasegnis de Pisoneis, coheret a mane heres domini Foresti In contrata Putey et de Scagnagis de supra viam
de Castro, a monte mercatum, a meridie ingressusam.
Zoanna uxor condam Ymbertini XXVIII imperiales de una domo in
Heredesan Caprarii de Pisoneis VI imperiales pro uno bregno do- contrata Putei, que fuerunt due domus: una quarum fuit Confortati
mus supra mercatum, coheret a monte heredes Girardi Aymeline, de Mandugasinis, alia vero fuit Guidonis de Albertaciis, coheret a
mane domus que fuit Otteboni de Buganellis, a monte Dotha, a
a sero comune de Pisoneis, a meridie Ardezonus notariusao.
meridie et a sero viaax.
Heredes Ardezoni notarius XII imperiales de uno bregno domus in
dicta contrata, coheret a meridie et a mane heredes Bontempi de |f. 8r| Ottebunus de Buganellisay XII imperiales de una domo in dicta contrata, a mane Nicolaus Musii, a meridie via, a sero supraLavia, a sero platea comunis, a monte heredes Caprariiap.
scripta Zoanna, a monte Dothaaz.
Bontempus condam Maphei de Lavia XII imperiales de duobus breNicolaus Musii IIIIor soldos imperiales de una domo in dicta contragnis domorum supra mercatum que fuerunt domini Borgesiiaq.
ta, a mane Martinus Maltraversi, a meridie via, a sero suprascripDominus Bontempus XII imperiales de uno campo supra mercatum tus Ottebonus, a monte Dotha [...]ba.
quod fuit Martini Robe et postea manentis Sartoris et Venture eius
fratris, coheret a mane Albertinus, qui dicitur Dotha, a monte here- Gidinus Cantoni VI imperiales de uno bregno domus in dicta contrata, que fuit Civini condam Amatoris, coheret a mane et a monte
des Girardi Aymeline, a meridie Rebuschaar.
Dotha, a meridie via, a sero dictus Martinus Maltraversiibb.
In contrata Putey
Trayna de Pescheriis, Albertus de Laroca XXXII imperiales de una
Heredes domini Foresti de Castro XII imperiales de una domo in domo in contrata Putey, que fuit Rivanelli de Larocha, coheret a
contrata Putei, coheret a mane strata, a monte Gidinus Cantoni, a sero strata, a monte via Cortivi, a mane heres Caffi de Portegno, a
meridie Dotha, que domus fuit Faustini de Mandugasenis et po- meridie Ventura de Basinisbc.
stea Musii Racharde et Belavite eius uxoris et postea Mayfredi Iohanis Aspari.
Ventura de Basinis XI mezanos de una sua domo in dicta contratabd.
|f. 7v| Dominus Mayfredus de Porteno X imperiales de una domo
in dicta contrata que fuit Obicini Otte, coheret a mane et a meridie Dictus Ventura XIII mezanos de una alia domo in dicta contrata,
via, a sero heredes Alberti de Parroas.
que fuit Giroldi qui dicitur Ginoxius, coheret a mane heredes Iohanis Aspari, a sero et a meridie via, a monte suprascripti Trayna et
Heredes Alberti de Parro IIIIor imperiales de una domo in dicta con- Albertusbe.
trata que fuit Girardi Frasche, a mane dominus Mayfredus de Portegno, a monte et a meridie via, a sero dicte heres et heredes Heredesbf Iohannis Aspari XVIIIIor imperiales et dimidium de uno
Guathagnini Mizardiat.
bregno domus cum uno orto in dicta contrata, coheret a mane
Albertus Zuchelli, a sero Ventura Basini, a meridie via, a monte heHeredes dicti Alberti et Otteboni de Parro, heredes Guathagnini redes Caffi de Portegnobg.
Mizardi, X imperiales pro una domo in dicta contrata que fuit Girardi Frasche, coheret a mane heredes dicti Alberti, a monte et a me- Albertusbh Strazagi XIII imperiales de uno bregno domus in dicta
ridie via, a sero heredes Guielmi Guathagniau.
contrata, coheret a mane Massera Acorsini, a meridie via, a sero
heres Iohanis Aspari.
Heredes Ognabeni Belotti quinque imperiales de una domo in contrata Putei, que fuit Saiotti, coheret a sero lacus, a meridie via, a Salvettusbi gener Gislace XII imperiales de domo sua in dicta conmonte heres condam dicti domini Guielmi.
trata, coheret a mane heres Iohannis Aspari, a monte heredes
ak Nota a destra: Paganinus tenet pro [e]a.
al Nota di seguito a destra: Tenet domina Rosa.
am Nota a destra: Pecinus Cantonus tenet. Su rasura: Girardus eius frater.
an Nota sopra il testo: Teutaldus de Tolinis.
ao Nota a destra: Reddit XII imperiales.
ap Nota di seguito: Investitus est Guythynus condam Gualdrigelli.
aq Nota a destra: Respondit.
ar Nota a destra: Respondit.
as Nota a destra: Iohannes de Bocaciis tenet.
at Nota a destra: Et tenet Bocacius de Bocaciis sive heredes.
au Nota a destra su rasura: Tenent heredes Bocacini de Bocaciis.
av Nota di seguito a destra: Investitus fuit Iohannes qui dicitur Temella de Niardo per Sutam de Yseo ad solvendum V soldos imperiales monete tunc currentis per civitatem Brixie, die XXIII
februario millesimo CCCXV.
aw Nota di seguito a destra: Investitus est Martinus. Espunto: de Monte. Segue espunto, di altra mano: per II soldos imperiales. Di altra mano: Investitus est Trivella pro V soldos imperiales
et dimidium.
ax Nota a destra su rasura, espunta: Venturinus filius condam Arnoldi tenet et est investitus a domino Cazoyno, die XXI decembris MCCCX. Tenet dominus Crotus de Fo[...].
ay Nota in alto a sinistra: Gidinus Cantoni.
az Nota a destra su rasura: Gidinus Cantoni tenet.
ba Nota di seguito a destra: lohannes de Bocaciis tenet.
bb Aggiunta a destra: Et su rasura: tenet di seguito: Petrus Cantoni.
bc Nota a destra: Investitus est Belotinus de Vestono. Di altra mano: Respondit. Di altra mano: Dominus Plebanus condam domini Manzii redit dictum fictum.
bd Nota sopra il testo a sinistra: Iohanninus de Mergotis de Seth(ergno).
be Nota a destra: Investitus est Picardus de dictis bregnis precio V soldorum imperialium.
bf Nota in alto a sinistra: Iohannes predictus.
bg Nota a destra: Teutaldus de Tolinis tenet et solebat tenere Stephanina uxor condam [Ma]talli.
bh Nota sopra il testo a sinistra: Petrus Guathagini.
bi Nota in alto a sinistra: Iohannes de Mergotis.
118
Bondei de Larocha,a sero et a meridie Ventura Basine.
Tutabone eius uxoris, coheret a mane Venturinus Oldefredibv et heres Bontempi de Lavia, a monte heres Frogerii de Gogeno pro epiMasserabj Acorsini VI imperiales de terra sua super qua esse con- scopatu, a sero strata, a monte dictusbw Dotha pro episcopati! Brisueverat domus in contrata de Scagnagis, coheret a mane Maphe- xiebx.
us Belicose ministralis, a sero heredes Alberti Zuchelli, a meridie
via.
Heredes Frogerii, Glexentus Spetie VI imperiales de una pecia terre ibi prope, que fuit Ionasii de Pisoneis, a mane episcopatus et ho|f. 8v| Mapheusbk qui dicitur Belincose ministralis XV imperiales spitale, a meridie Roba pro episcopatu, a sero strata, a monte hode duabus domibus in contrata predicta, coheret a mane Blezonus, spitaleby.
a meridie strata, a sero suprascripta Massera et Iohannes Ysnardi.
In contrata Galgi
Bertolinus condam Bondiei de Larocha VI imperiales de una pecia
terre campive in dicta contrata que fuit Fostini de Mandugasenis, a Heredes Brigate de Castro VI imperiales et tres quartas et dimidiam castanearum pistarum, siccharum de I pecia terre que fuit Pemane episcopatus Brixie, a meridie Roba, a monte viabl.
tri Aymeline, iacentis in Galgo, cui coheret a mane episcopatus, a
Paxinus Greppi XII imperiales pro uno bregno domus in dicta con- meridie et a sero episcopatusbz, a monte heres Guathagnini Mazartrata, coheret a mane dictus Bertolinus, a monte Dotha, a sero pla- dica.
tea.
Heredes Grigorii et Iohannis de Tolinis II imperiales et mediam
Heredes Cazoli XII imperiales de uno bregno domus in dicta con- quartam castanearum siccarum de una pecia terre sub predicta, a
trata, coheret a mane suprascriptus Dotha, a monte via, a meridie mane heredes dicti Brigathe, a sero hospitale, a meridie episcopatus.
predictus Paxinusbm.
Venturinus Oldefredi VI imperiales de una domo in dicta contrata, Heredes Stephani Mazuchi IIIIor imperiales et duas quartas castacoheret a meridie Pivionus pro Bulpatto de Yseo, a sero strata, a nearum pistarum, siccarumcb.
monte dictus Venturinusbn.
Heredes Federici Mizardi IIIIor imperiales et duas quartas castanePetrus et Mizardus fratres et filii condam Guathagnini Mizardi IIIIor arum pistarum, siccarum de I pecia terre campive, iacentis in Galimperiales de una domo in dicta contrata Putei, coheret a mane et go, que fuit Martini Soppi, a mane heredes Peteni de Grignagis pro
a monte via, a sero Dotha et heredes domine Caracose de Maltra- episcopatu, a sero episcopatus Brixie, a meridie viacc.
versiisbo.
Heredes Peteni de Grignagis IIIIor imperiales et duas quartas castaMartinus de Monte XI mezanos pro una domo in contrata Putei, nearum pistarum, siccarum de una pecia terre ibi prope que fuit IoStancharii Codezochi et Oprandi Maze, coheret a mane Dotha, a hanis Pacis Ardezoni, coheret a mane Iohannes Ysnardi, a sero heredes dictorum Federici et Stephani pro episcopatu, a meridie
monte via, a sero heres Gosattibp.
viacd.
Heredes domini Foresti de Castro XII imperiales de una domo in
contrata Putei, que fuit Iohannis Bosii de Marchatello et postea Glexentus Spetia VI imperiales de I pecia terre in Galgo, coheret a
Frogerii de Gogeno, coheret a sero et a meridie via, a monte Dot- mane Dotha, a montece |f. 9v| Rebuscha et via, assero via, a meridie heredes Bondiei de Larocha pro episcopatu, que terra fuit Cihabq.
vethini.
In contrata de Azo
Heredes Bondiei de Larocha VI soldos imperiales de una pecia terHeredes Iohannis Coaziibr, Iohannes Bexottibs VI imperiales de una re campive iacentis penes predictam de supra portam de Schagnadomo que fuit Giroldi Molinarii in dicta contrata, a mane via, a mon- gis, coheret a mane Dotha, a meridie et a sero via, a monte Glexente Oldefredus Maltraversii et heredes Bondiei de Bochatiis, a sero tus Spetia, que fuit Omenboni de Mandugaseniscf.
heres Martini Soppi.
Martinus qui dicitur Matallus VII soldos imperiales de una pecia
|f. 9r| Roba Iohannis Belotti VI imperiales de una domo que fuit terre campive, iacentis in brolo prope portam de Schagnagis, coheAlberti condam Teutaldi Ysole, coherent a mane et a monte domi- rent a mane episcopatus, a monte et a meridie via, a sero heredes
nus Coradus de Portegno, a meridie via, a sero Iohannes Parixiibt. Bondiei de Larocha et Roba, que terra fuit Bondiei de Larochacg.
Extra burgum prope portam hospitalis
In contrata de Renzo
Dotha II soldos imperiales de una pecia terre que fuit Zenoesii et
Bergemaschi, coheret a mane Venturinus Oldefredi, a meridie res
episcopatus sive culmen fossati burgi, a sero strata, a monte dictus Dotha pro episcopatubu.
Anzettus condam Venturini Anzetti VIII imperiales de una pecia
terre iacentis ad Ranzo, coheret a mane Teutaldus de Tolinis, a meridie via, a monte heredes Brigate de Castro, a sero heredes Peteni de Grignagisch.
Dictus Dotha VI imperiales et dimidium, Albertus de Lacuri VII me- Heredes Deganonum IIIIor imperiales de uno nemore supra clausum
zanos de una pecia terre campive, que fuit Sachini de Pontasio et plebis, coheret a mane via, a sero plebes, a monteci Oldefredus
bj Nota a sinistra: Petrus Guathagini.
bk Aggiunta in alto a sinistra: Teutaldus de Tolinis.
bl Nota sotto il testo: Investita fuit Rosa uxor condam Iacobi qui dicebatur Anzetus nomine Bonacorsini filii sui et dicti Anzetti de dicta pecia terre.
bm Nota a destra su rasura: Investitus fuit dictus Pasinus. Aggiunta di seguito: Ysascus qui dicitur Sulta tenet. Di altra mano: Et tenet domina Rossa.
bn Nota a destra: Investitus est dictus Venturinus.
bo Aggiunta a destra: Heres condam Guercii tenet medietatem. Varie mani, su rasura: Clemens pro dicta parte per medietatem. Investiti fuerunt. Tenet Paganinus pro medietate. Investitus
quartam partem. Heredes condam Pecini tenent quartam partem.
bp Nota a destra: Heredes condam Mutti Lazarini tenent.
bq Nota a destra: Paganinus tenet. Su rasura: Tenet [... ...].
br Nota a destra: Romelius filius dicti Iohannis tenet.
bs Aggiunta a destra: Odolinus Peteni tenet pro Iohanne Bexotti.
bt Nota a destra: Tenet Paganinus Bertacie.
bu Nota di seguito: Investitus Oldefredus verbo patris sui per dominum Cazoynum.
bv Nota a sinistra: Tenet Francescus Zallii.
bw Nota di seguito a destra: Tenet Francescus per VII mezanos.
bx Nota a sinistra: Tenet domina Rossa. Nota espunta: Suta tenet.
by Aggiunta a destra: Bocacinus de Ripa tenet. Di altra mano: Investitus Franciscus de medietate.
bz Espunto nel testo: In parte et in parte.
ca Nota a destra: Vachera tenet [per unam] quartam cast[anerum ...].
cb Nota nel margine sinistro: Vacat.
cc Nota a destra: Venturinus F[roger]i cum Mizardi tenent medietatem, Niger Bonapacis et fratres tenent aliam medietatem.
cd Nota a destra: Bontempus, Boscinus, Iacobus fratres et filii condam [Petri] Peteni, tenent.
ce Nota a destra: Domina Rosa tenet et est investita facta di seguito su rasura: carta per Pet[rum] Desuato die p[e]nultimo ianuarii MCCCXIII.
cf Nota a sinistra: Bontempus de Lavia notarius.
cg Nota di seguito a destra: Bocacinus de Bocaciis tenet ex ficto de.
ch Aggiunta a destra: Rosa tenet.
ci Espunto nel testo: Plebes.
119
Maltraversi, a meridie Paxinus Greppicj.
In contrata Roche
Heredes Musini XII imperiales de una pecia terre iacentis in Valle
de la Rocha, que fuit Ambroxii generis Farine, coheret a mane via, a
Glexentus Spetie, heredes fratris dicti Glixenti II imperiales de una meridie et a monte Oldefredus Maltraversii.
pecia terre iacentis ad Torrexellum, que fuit Petri Tolinelli, coheret
a mane hospitalle de Pisoneis, a meridie via, a sero episcopatus, a In contrata Prethalbe et de Gogeno, ultra Oleum versus Tolinas
monte Gidinus Cantoni pro episcopatuck.
In contrata Torrexelle
Moreschinus Trayne XIII imperiales de una pecia terre iacentis in Dotha XII imperiales de una pecia terre iacentis ad Prethalbam,
dicta contrata, coheret a mane heredes Stephani, a meridie Tor- que fuit Cavrette, coheret a mane heredes Frogerii, a monte herebiolum, a sero dicti heredes, a monte episcopatus et de uno casta- des Spagalie, a sero viacv.
gnedo iacentis ad Renzo, quod fuit Alberti Cerexolicl.
|f. 10v| Heres Frogerii de Gogeno XII imperiales de una pecia terGidinus Cantoni III imperiales de una pecia terre campive in dieta re ronchive et castegnate, iacentis in dicta contrata, a mane herecontrata, que fuit Cazagi fratris Caprarii, coheret a mane Iohannes des Mangalotti, a monte heredes Spagalie, a sero Dotha.
Parixii, a sero episcopatus, a monte via, a meridie Glexentus SpeGidinus Cantonicw, Glixentus Spetiecx XVIII imperiales de uno rontiacm.
cho ad Gogeno, coheret a mane Tosottus, a meridie heredes Mangalotti, a sero heres Spagalie, a monte Fornellus et fuit Civethini
In contrata Turbioli. Rubrica
de Gogeno.
Robacn Iohannis Belotti VI imperiales de una pecia terre iacente ad
Torbiolum, que fuit Teutaldi Otte, coheret a mane via, a monte he- Fabous filius Spagalie, Paxettus condam Grigorii de Tolinis XXV
redes Petri Sachini, a meridie Torbiolum et heredes Uguzonis Pi- imperiales de I pecia terre campive iacentis ad Prethalbam, que fuit Moroni, coheret a mane dictus Gidinus Glisentinus, a meridie
scatoris, a sero viaco.
Dotha et heres Frogerii, a sero via, a monte heres Bonacursi Mal|f. 10r| Heredes Stephani Mazuchi, Civinus Amatori VI imperiales traversicy.
de una pecia terre campive iacentis ibi prope, que fuit Giroldi Molinarii, coheret a mane dictus Roba, a sero domini Foresti, a meridie Heredes Bonacursi Maltraversi XXVIII imperiales de una pecia terre in eadem contrata que fuit Bernardi de Gogeno, coheret a mane
heres Oberti de Portegno, a monte Turbiolumcp.
Fornellus, a meridie dicti Fabous et Paxettus, a sero heredes PaHeredes Bonetti de Tolinis XXVII imperiales de una pecia terre ia- xetti Mizardi in parte et in parte Moronus et a monte viacz.
centis in dicta contrata, que fuit Lafranchi Adami Bastardi, coheret
a mane et a meridie Roba, a monte via, a sero heredes Brigate de Heredes Stephani Mazuchi I imperialem de una pecia terre iacentis
ultra Vallem de Gogeno, que fuit Frogerii et postea Mizardi, coheCastro in parte et in parte dictus Robacq.
ret a meridie heres Spagalie, a sero viada.
Dictus Roba XXI imperiales de una pecia terre ibi prope, que fuit
Manenti Sartoris, coheret a monte via, a mane heredes Peteni pro Heredes dicti Stephani VIIIIor mezanos de uno campo ad Prethalepiscopatu, a meridie dictus Roba, a sero heredes dicti Bonetti pro bam, coheret a mane via, a sero lacus, a meridie heres Bonacursii
Maltraversi, a monte heredes Grigorii de Tolinisdb.
episcopatucr.
Robacs, Iohannes Ysnardict XVIII imperiales de una pecia terre in In contrata Pozachare et de Marchatello. Rubrica
dicta contrata, que fuit Mayfredi domini Casarii de Portegno, coheret a mane via, a meridie heredes Oberti de Portegno, a monte Heredes Stephani Mazuchi III imperiales de uno suo campo qui fuit
Salvetti et postea Bosii de Merchatello, coheret a mane Federicus
Turbiolum.
Iohanis Spige, a meridie heres dicti Stephani, a sero Girardus de
Tolinis, a monte Petrus Pelatiadc.
In contrata Borne prope Turbiolum
Heredes Petegni de Grignagis XII imperiales de una pecia terre Homezolus XXX imperiales de una pecia terre ad Marchatellum,
campive iacentis ad Bornam, coheret a mane heredes Iohannis Co- que fuit Iacobi Zorli, a mane via, a monte heredes Stephani, a sero
atii, a sero Roba pro episcopatu, a monte via, a meridie dictus Roba lacusdd.
et fuit Iohannis Ferarii de Puzo.
In contrata Ruine. Rubrica
Heredes dicti Petegni XVIII imperiales pro parte illorum VI soldoHeredes Oldefredi Maltraversi XIII imperiales de una pecia terre
rum imperialiumcu.
campive et castegnate, iacentis in Ruina, que fuit Strazarii de ManGidinus Cantoni IIIIor soldos imperiales et dimidium pro parte dicto- dugasenis.
rum VI soldorum imperialium de I pecia terre campive iacentis ad
Bornam, coheret a mane episcopatus, a monte Torbiolum, a sero Unumde pratum in dicta contrata quod fuit Girarde uxoris Petri Fornarii et postea Andrioli et reddebat IIIIor soldos imperiales ficti, coRoba pro episcopatu, a meridie via.
heret a mane via, a sero Glixentus Specia, a monte heredes Girardi
Nicolinus Castegnole XII imperiales de una pecia terre campive ia- Stremenati, a meridie comunedf.
centis ad Burnam, coherent a mane dictus Gidinus, a meridie via, a
monte heredes Uguzonis et a sero similiter via.
cj Aggiunta a destra: Iohana uxor Odolini de Petenis tenet, heredes condam Petri Cantoni.
ck Aggiunta a destra: Domina Rosa tenet.
cl Aggiunta a destra: Investitus Gidinus Cantoni.
cm Aggiunta a destra: Tenet Pecinus Cantoni.
cn Nota a sinistra: Blancus de Tolinis.
co Nota a destra: Tenet Guielminus Blanci et heredes Venturini eius fratris.
cp Nota a destra: Tenet Venturinus Arnoldi. Tenet Bugattus de Tolinis pro dominis de Forestis.
cq Aggiunta a destra: Tenet domina Rosa. Di seguito nota espunta: [...] et Mafeus de Bocaciis ipse nomine solvit. Mafeus di altra mano: de Bocaciis totum.
cr Nota a destra su rasura: Tenet domina Rosa.
cs Aggiunta a destra su rasura: Gidinus Cantoni pro medietate.
ct Nota a destra: Imblavatus tenet.
cu Nota di seguito a destra: Tenet Bertolinus Cazacavallus. Altra mano: Romeilus Iohannis Cohacii tenet aliam medietatem.
cv Nota a destra: Heres Pascti de Tolinis tenet.
cw Nota a destra: Gidinus Cantoni tenet di altra mano: per medietatem.
cx Nota a destra: Domina Albertina tenet di altra mano: per medietatem.
cy Aggiunta nel margine destro: Bondies et nepoti et Bontempus Vulpi et heredes Venturini Blanchi possident.
cz Nota di seguito: Tenet Teutaldus de Tolinis.
da Nota nell’interlinea sopra il testo: Nicolinus posidet.
db Nota a destra su rasura: Tenet domina Rossa. In interlinea sotto il testo: Heredes Iacobi Robe V imperiales pro una pecia terre campive, cui coheret a mane heredes Bonacussii, a meridie
heredes Mizardi, a sero et a monte [......] quam modo tenet Glissentinus Specia.
dc Nota a destra: Iohaninus filius Pasini Cazavali tenet.
dd Nota di seguito: Tenent heredes dicti Omezoli. Nota a destra: Teutaldus tenet.
de Nota a sinistra: Heredes Anzetti.
df Nota a destra: Tenet [...]. Espunto nel testo, di altra mano: domina Rossa.
120
In contrata Morenzoli et porte Veteris
Vallisdm.
|f. llr| Hospitale de Pisoneis tredecim imperiales et dimidium de Item, omnes aquaductus Valli de Gogeno et omnes alie aque tocius
uno runcho olivato et buschivo in contrata Morizoli, coheret a mane plebatus de Pisoneis sunt domini episcopi et episcopatus Brixie et
heres Brigate, a sero via, a monte Teutaldus de Tolinis.
pro ipso tenentur.
Nicolinus Castegnole III imperiales de una pecia terre ad portam In Fraginis plebatus Pisonearum
Veterem, que fuit Venture Basini, coheret a mane via, a meridie Iohannes Bexotti, a sero et a monte comunedg.
Heredes Delaydi Tramalini, heredes Sucii Alberii, heredes Delacurri, Mapheus Peteni, dominus Aricus de Forestis, II soldos impePossessiones de Pisoneis. In contrata de Lungis ultra Oleum riales ex ficto aquaducti unius furni in Valle de Fraginis.
Prata que appellantur Lunge Carbonile et campus Malus, coherent
a mane Oleum vivum, a monte comune de Pisoneis pro episcopatu,
a sero consueverat habere heredes Deganonum de Pisoneis, a meridie in parte comune de Pisoneis et plures alii de Pisoneis et de
Luarro.
Iohannes Parixii, XII imperiales de aquaductu unius foxine in Valle
de Fraginisdn.
In contrata hospitalis de Pisoneis prope portam
Heredes Delaydi Tramalini, XII imperiales ex ficto aquaductus
unius foxine in dicta valledo.
Raynaldus filius Alberti de Lacurri, XII imperiales de aquaductu
unius foxine in dicta valle que fuit heredum Sucii.
Una pecia terre que appellatur Brayda Episcopatus Brixie aput
portam hospitalis, coheret a mane, a sero et a monte via, a meridie Albertus de Lacurri, XII imperiales ex ficto aquaductus unius foxine
Brolum et res episcopatusdh.
in dicta valle.
Item, I pecia terre campive in Galgo que fuit heredum Girardi Frosii Paxinus Pothera XII imperiales ex ficto aquaductus foxine sue in
et postea Iohannis Spetiarii, coherent a mane via, a meridie Rebu- dicta valle.
scha, a monte heredes Brigate de Castro pro episcopatu et hospitale de Pisoneis, a sero terra que fuit Frogerii de Gogeno.
Ottebonus Sagimbeni, XII imperiales ex ficto aquaductus foxine
sue in dicta valledp.
Item, una alia pecia terre ibi prope cui coheret a mane heredes Mizardi et heredes Stephani Mazuchi pro episcopatu, a monte heres Heres Oberti Baffe, XII imperiales de aquaductu unius sui molendidicti Stephani pro episcopatu, a sero quoddam senterium sive he- ni in dicta valledq.
res Brigate de Castrodi.
Heres Alberti de Castiono, XII imperiales ex ficto aquaductus moliQue omnes suprascripte due pecie terre fuerant Guielmi Froxii et ni sui in dieta valledr.
consueverant solvere ex ficto XVI imperiales et unum sextarium
ysensem castanearum sicharum, pistarum et nunc laborantur per Ambroxius Alberti, Albertinus Tramalini, XII imperiales ex ficto
episcopatum Brixie.
aquaductus molendini sui in dieta valleds.
Item, una pecia terre campive iacentis ad Torrexellam, que consueverat esse vithata, que fuit de Lacurri condam Martini Belcarri et
Iohanis Aspari et reddebat VI quartas vini ficti, coheret a mane heredes Bonacursi Maltraversi et Gidinus Cantoni, a meridie et a
monte via, a sero Petrus Pellacia pro episcopatu, et reddit medium
et laboratur pro episcopatu.
In Pontasio plebatus Pisonearum
Mapheus Peteni et participes II soldos imperiales de aquaductu
unius fumi in valle de Rizollo.
Dictus Mapheus, Marchonus de Griliis, V soldos imperiales de
aquaductu et vase molendini quod fuit [...]olini Pezatti condam
Item, I pecia terre campive que consueverat esse vithata in dicta Rampoli de Pontasio iacentis in dicta valle de Rizollodt.
contrata, que fuit Manenti Sartoris et reddebat unam quartam et
dimidiam musti, coheret a mane et a sero heredes Stefani Mazu- |f. 12r| Heredes Peteni de Grignagis, XII imperiales ex ficto aquachi, a meridie Moreschinus Traine pro episcopatu, a monte via et ductus molendini sui in Valle Ruinatadu.
nunc laboratur per Iacobum de Tolinis et reddit mediumdj.
In Sethergno plebatus Pisonearum
In contrata Gogeni
Comune de Sethergno XVIIIIor soldos imperiales et I mezanum pro
Item, I pecia terre campive que consueverat esse vithata et tene- ficto sortarum de Sethergno, que iacent infra has coherentias, cobatur per Iacobum Robam et Catanium et reddebat duas quartas herent a mane homines de Zono, a meridie similiter homines de Tomusti, et iacet in contrata Gogeni, coheret a mane, a meridie et a linis, a sero homines de Tolinis pro episcopatu, a monte comune de
sero viadk, |f. llv| a monte Homezolus et laboratur per episcopatum Pisoneis.
et reddit de quinque partibus duas.
Item, comune et homines de Sethergno XIII soldos imperiales ex
Item, I pecia terre buschive et castegnate cum seduminibus et cum ficto decime de Sethergno.
edifitio unius roche que appellatur Rocha et Gazium, coheret a mane comune, a monte similiter et Torbiolum, a meridie Vallis de Go- Bonaventura de Bochaciis de Sethergno, XII imperiales ex ficto
geno et heredes Catanii Deganonum et via et plures alii et Gidinus aquaductus unius sui molendini in Valle de Sethergno.
Cantoni pro episcopatudl.
Item, unum molendinum in Valle Gogeni, a monte via, a meridie
dg Nota di seguito: Tenet Teutaldus de Tolinis.
dh Nota a destra: Investiti sunt per dictum Ysachus ad V annos Stefaninus Goyonus et Petrus de Bocaziis.
di Nota a destra: Lothetus tenet et est investitus per XIIIIor quartarios frumenti et millii pro medietate, facta carta per Petrum de Suaro penultimo ianuarii MCCCXIII; item, XII imperiales
monete veteris pro prato in dicta investitura.
dj Nota a destra: Bocacinus de Bocaciis tenet ad fictum III sommas frumenti et milii pro medietate et eum in alia pecia terre que condam fuit Matalli et eum fosatum veterum aput dictas
pecias terre.
dk Nota a destra: Tenet Gidinus Cantoni sive heredes eius.
dl Nota a destra: Et tenet Bocacius de Bocaciis precio VIII librarium imperialum monete nove.
dm Nota di seguito: Et tenet Zampognus precio VI librarum imperialum monete nove.
dn Nota a destra: Et tenent Stefanus et Mafeus Peteni.
do Nota a destra: Tenet Imbevatus.
dp Aggiunta a destra: Et tenet Betinus Tramalini. Nota nell’interlinea sotto il testo: Item dictus Otebonus XII imperiales ex ficto aquaducti cuiusdam molendini et aquaducti eidem iacentis in
dicta valle iuxta dictam foxinam, a mane vallis, a meridie via, assero dictus Otebonus.
dq Nota a destra: Pecinus, filius Lafrana Baffe, tenet.
dr Nota a destra: Petrus Oberti Baffe et fratres tenent.
ds Nota a destra: Et tenet Betinus Tramalini. Nota nell’interlinea sotto il testo, di altra mano: Albertus Tramalini et socii duos soldos imperiales pro aquaducto fumi novi de Fraginis de Supra.
Di altra mano: Mayfredus Sozii XTT imperiales ex ficto aquaducti molendini sui de novo edificato, investitus per dominum Cazoynum, nomine domini episcopi.
dt Nota a destra: Tenet dictus Mapheus in toto. Aggiunte in fondo al folio: Dictus Mapheus Peteni II soldos imperiales de aquaducto fumi de subtus in Valle Tizolli. Altra mano: Aquaductum
molendini habet Pet[rus] Peteni, iacet in valle de Gogeno, XII imperiales. Aquaductum molendini Glisenti de Zinzeziis, iacet in Valle de Zinzeziis, XII imperiales. Aquaductu molendini
[lacomini] iacet in Valle de Zinzeziis XII imperiales.
du Nota a destra: Bontempus, Bosettus, Iacobinus fratres tenent.
121
In Tolinis plebatus Pisonearum
Homines de Tolinis, XVIII soldos imperiales et II imperiales pro ficto
terrarum sortarum iacentium in dicta terra de Tolinis, coherent a
mane homines et vicini de Sethergno, a meridie Valfinalis, a monte
aqua alba, a sero lacusdv.
Comune de Tolinis, XII imperiales ex ficto decime arborum.
Paxetus de Tolinis et participes sui XII imperiales de aquaductu
molendini sui in terra de Tolinis.
Benvenutus Ottonis Levate dat omni quarto anno unam galinam,
heres Zanni de Tollinis dat omni quarto anno unam galinam, de ficto Corne.
Comune de Tolinis dat VI sextarios ad sextarium Ysei biadi pro decima dicte terre, videlicet frumenti, scandelle, milii, panici et milicedw.
DIE dominico XXI iunii, in clausuris plebatus de Pisoneis, presentibus pre Iacobo de Zono archipresbitero plebis de Pisoneis, pre
Ventura filio condam Zugni Vallis Renovate, presbitero dicte plebis, pre Iacobo presbitero ecclesie de Eseno, fratre Philippo
M(er)zoline de Brixia, Benvenuto qui dicitur Manzasius de Buenno
et Albertino de Morentonibus de Yseo, testibus rogatis. Ibique in
publica vicinia tocius plebatus comunis de Pisoneis, montis et plani, citatione ministralis, more solito congregaverunt omnes infrascripti consules et vicini terre de Pisoneis et eius plebatus, speciali
sacramento astricti per dictum dominum Cazoynum de Capriolo,
clericum et camarlengum domini episcopi Brixie, quod sacramento
deberent designare et manifestare |f. 12v| totas et integras rationes et consuetudines de Pisoneis, et etiam omnes et singulas possessiones que pertinent ad dominum episcopum et ecclesiam Brixie, tam per dicta suorum veterum quam per ea que et viderunt et
audiverunt remotis hodio, amore, timore, precio et precibus spetiali dampno et utilitate, tam in diviso quam in comuni, et omnibus aliis
si quid occultum est vel detentum de hiis que pertinent ad iura domini episcopi et episcopatus Brixie et ecclesie brixiensis comuniter
et in concordia, sacramento speciali sibi super hoc prestito, dixerunt, manifestaverunt et confirmaverunt suprascriptas totas et integras rationes, consuetudines et iura curie de Pisoneis, ficta, dricta, possessiones, honores et iurisdictiones, venationes, piscationes, designatas et manifestatas per antedictos XIIIIor sapientes homines de Pisoneis et eiusdem curie ad hoc electos et inde sacramento astrictos per dictum dominum Cazoynum, die sabbati predicto XX iunii, millesimo predicto, ut superius scriptum et notatum
est de verbo ad verbum infrascripta consignatione per eos facta
esse dicti domini episcopi et ecclesie brixiensis et eo modo (et) forma ut dicti XIIIIor sapientes dixerunt et manifestaverunt ita dicebant, asserebant et manifestabant verum esse et omnes et singuli
de Pisoneis et eius plebatu, quorum nomina sunt hec:
Zuccus Delaydi
Zannus Delaydi
Martinus Coiotti
Paxinus Poterà
Stefanus Iohannis Sagimbeni
Ottebonus Aroni
Civinus Amatoris
Mayfredus Bertolamei
Obertinus Baffe
Baffa eius frater
|f. 13r|
Martinus Benvezuti
Bonaventura Mutti Meliani
Iacobinus Mathaye
Iohanninus Ambroxii
Iohannes de Castiono
Bonomus de Castiono
Bonacursus Mathaie
Mapheus Petri
Iohannes Bertolamei
Iohannes Menalosii
Iohannes Parixii
Mapheus Belleze
Albertinus Iohannis Albertoni
In Pisoneis
Roba Iohannis Belotti
Paxinus Greppi
Bontempus de Lavia
Nicolinus Castegnole
Iohannes Cazacavallus
Paxinus Cazacavallus
Benus Bechi
Iohannes Ysnardi
Iacobus Muletti
Gidinus Cantoni
Lazarinus Becharius
Venturinus Oldefredi
Galoppus Gatamuce
Montenarius de Bulpino
Malerba
Pecinus Oldefredi
Petrus filius Durdi
Paxinus Bruxateze
Betinus eius nepos
Fredriginus, qui dicitur Lothettus
Segna Lutii
Bochacinus de Ripa
Iacobus, qui dicitur Picardus
Iohannes Bellaverii
Albertinus, qui dicitur Mallapellus
Fabous Spigallie
Girardus Begnus
Iacobus, qui dicitur Ancettus condam Venturini Anzetti
Coxa de Riolo
Gratiolus, qui dicitur Sguanzatus
Legattus Becharius
In Fraginis, Zinzeziis et Sumvico
In Tolinis
Albertus Pacis de Fraginis, Martinus de Monte consules comunis
de Pisoneis et Plebatu.
Federicus Artusii
Iacominus Bosii
Martinus Otteboni de Monte
Arnaldus Venturini Arnoldi
Rundus Aze
Iohannes Berte
Iacobum Berte
Petrus Mazochi
Iohannes, qui dicitur Bonzolinus
Vitalis de Sumvico
Burzaga
Petrus Lafranchi Tramalini
Bonaventura Guiscardi
Guido Guiscardi
Benaduxius Guiscardi
Albertinus Tramalini
Bertolinus Tramalini
Martinus Maphei
Lafranchinus, qui dicitur Mucius
Niger Andrioli
Mayfredus Sucii
Albertus Sucii
Ymblavatus Iohannis Ysnardi
Ottebonus Sagimbeni
Paxettus de Castiono
Raynaldus Alberti Delacurri
Girardinus Fathi
Teutaldus Notarius
Carabonus condam Martini
Blancus Guielmi
Iacobinus Iunii
Marochus Zuffarelli
Fachinus Garatti
Bondies Grigorii
Paxettus eius frater
Bontempus Vulpi
Beccus Adami
Bugattus filius Bogni
Lazarinus Lazari
Iohannes, qui dicitur Andave[rem]
Iacobus Venture
Girardus Richelde
Albertinus, qui dicitur Rubeus
Sucinus Garatti
In Sethergno
Bontempus Margotti
Iohannes Margotti
Albertinus Constantii
Bertolameus, Niger, Martinus, filii condam Alberti Bochatii
Girardus Furnii
Mapheus, qui dicitur Merlinus
Albertus Agnelli
Petrus Lanzonus
dv Aggiunta a destra: XIII soldos et III imperiales.
dw Note aggiunte nell’interlinea sotto il testo: Fostinus condam ser Iohannis Bondi de Tolinis XII imperiales pro aquaducto molendini suo, in Valle de Tolinis de Subtus. Di altra mano: Heredes
Grigorii de Tolinis XII imperiales per aquaductum molendini sui iacentis ad calcheram. Teutaldus de Tolinis XII imperiales pro aquaducto molendini sui in Tolinis.
122
Salvettus
Bochacinus, Martinus, filii condam Bondiei Bochatii
Mapheus filius Rave
Bonaventura condam Iacobi
In Pontasio et Grignagis
Baccus Gualengi
Iacobum Savuldei
Petercinus eius frater
Pecinus Munzardi
Petercinus Trini
Iohannes, qui dicitur Bursattus
Venturinus eius filius
Marionus filius Guarnerii
Iacobum Some
Crexottus Some
|f. 13v|
Iohannes Capelli
Iudex de Portegno
Gidinus Camutii
Mayfredinus Zaponi
Raymundinus Capre
Rubeus Guale
Iohannes Bunzii
Delaydus lachi
Iannuarius Marie
Bontempus Bunzii
Salvus Petri Nuvoloni
Iohannes Nuvoloni
Petrus condam Peteni
Segnorinus, Belomus, condam Ognabeni Traversii
Vendumia
Salvator Bunzii
Caspa Kazuli
Mapheus Iohanis Kazuli
Blancus Cortesii
Petrus Rangetti
Petrus, qui dicitur Cavalla
Fidelitas in Pisoneis et eius plebatus
In Christi nomine. Anno a nativitate Eiusdem MCCLXXXXVIIIIor,
indictione XII, die dominico predicto XXI iunii, in predicto loco de
Pisoneis, in presentia suprascriptorum testium. Ibi in continenti coram domino Cazoyno de Capriolo, vicario et camarlengo venerabilis patris domini Berardi, Dei gratia episcopi brixiensis, marchionis,
ducis et comitis, omnes consules et suprascripti vicini plebatus terrarum de Pisoneis, congregati de mandato dicti domini vicarii, iuraverunt fidelitatem dicto domino Cazoyno vicario, recipienti nomine
et vice dicti domini episcopi et ecclesie Brixie, tamquam homines
de districtu, fodro et guadia dicti domini episcopi et episcopatus
Brixie et ecclesie brixiensis, secundum formam fidelitatis cuius tenor talis est. Iuro ego ad Sancta Dei Evangelia quod amodo in antea ero fidelis vasallus et homo de districtu, fodro et guadia domino
meo domino Berardo, Dei gratia episcopo Brixie, marchioni, duci et
corniti, contra omnem personam, et quod non ero in facto, dicto vel
Consilio aliquo modo quod perdat vitam vel membrum vel honorem
seu aliquod ius sibi vel episcopatui competens vel quod aliquod detrimentum patiatur in persona vel rebus. Et si scivero aliquis velle
ledere dictum dominum meum episcopum vel eius nuncios aut honores et iura, bona fide, prohibebo toto meo posse, et si prohibere
non potero ipsi domino meo episcopo vel eius certo nuncio quam
citius esse potero manifestabo verum conscilium si a me postulaverit bona fide, pro posso meo dabo, remotis hodio, amore, timore,
precio et precibus, credentias si quas mihi comiserit per se vel per
alium aut per litteras secretas habebo et tenebo nec alicui pandam
in dampnum vel detrimentum ipsius domini episcopi vel episcopatus Brixie; si vocatus fuero ab ipso domino episcopo aut eius nomine vel per nuncios aut per litteras veniam quam citius potero nisi iusto Dei impedimento fuero impeditus eius nuncios, defendam et
salvabo et ad salvandum ipsius domini mei personam et eius honores et possessiones et iura conscilium et auxilium pro posse meo
dabo. In super ipsi domino meo obediam in omnibus in quibus va-
sallus de districtu, fodro et guadia tenetur obedire domino suo.
Item, iuro ad Sancta Dei Evangelia quod non occultabo nec occultari fatiam per me vel per alium honores et iura ipsius domini mei
episcopi et episcopatus Brixie, sed ad voluntatem ipsius domini
episcopi et nunciorum eius illa manifestabo et si scivero aliquem
velie occultare honores et iura episcopatus Brixie bona fide pro
posse prohibebo et si prohibere non potero manifestabo ipsi domino meo et eius nuntiis.
|14r| In Christi nomine. Anno a nativitate Eiusdem, millesimo
CCLXXXXVIIIIor, indictione XII, die veneris IIIIor septembris, in curia
episcopatus Brixie, presentibus domino pre Azone, archipresbitero
plebis de Ydolo, domino Guidotto de Arcellis de Placentia, vicario
venerabilis patris domini Berardi, Dei gratia [episcopi Brixie]dx, et
domino Iacobo Ferarini notario, domino Oldefredo de Leno, preposito ecclesie Maioris Brixie, et Levisto de Incuzeno, testibus rogatis. Cum per venerabilem patrem dominum Berardum, Dei gratia
episcopum brixiensem, marchionem, ducem et comitem, transmisse fuerunt littere speciales consulibus officialibus et comuni ac singulis personis montis et plani de Pisoneis et tocius plebatu inter cetera continentes sicut mittebat providum virum Cazoynum de Capriolo, camerarium suum pro inquirendis, recuperandis, designandis et confirmandis bona, possessiones, ficta, dricta, honores, iurisdictiones, venationes, piscationes, venatica, molatica, corathuras, usantias et alias pertinentias episcopatui brixiensi, in loco, terra et territorio et pertinentiis de Pisoneis et tocius plebatu, et propter predicta fatienda et complenda precepta dicti eius camerarii
deberent attendere tamquam sua; et ipse dominus Cazoynus predictus ex vigore dictarum litterarum precepit Alberto Pacis, consuli
dicte terre et tocius plebatus Pisonearum, quod pena et banno C
soldorum et I imperialis eligere deberet ex bonis hominibus tferris]
et tocius plebatus Pisonearum usque ad summam XII hominum ex
illis qui melius veritatem scirent, qui deb[erent] designare predicta
iura, honores et iurisdictiones domini episcopi et episcopatus Brixie; qui quidem consul predictus elegit infrascriptos homines de Pisoneis ad dictam consignationem fatiendam, qui iuraverunt ad
Sancta Dei Evangelia, tactis scripturis, designare omnia bona,
possessiones, ficta, dricta, decimas, honores, iurisdictiones et iura
que dominus episcopus et ecclesia brixiensis habet in terra et territorio de Pisoneis et eius plebatu, videlicet Salvoldeum Oprandi
Maze, Rubeum Guale, ambos de Pontasio, Caspam Kazuli, Salvum
Petri Nuvolinis, Ambroxium Alberii, Bonacursium Mathaye, Guiscardum condam Albertacii, Federicum Artusii, Garattum et Marochum Ravam de Sethergno, Iohannem Ysnardi, Robam et Benum
Lechi, omnes de Pisoneis et eius plebatu; qui quidem designaverunt omnia et singula suprascripta pro ut superius continetur, et
postmodum die predicta infrascripti, videlicet, Marochus et Garattus Zuffaroli, ambo de Tolinis, Rubeus Guale, Salvoldeus Oprandi
Maze de Pontasio, Salvus Petri Nuvolinis, Federicus Artusii, Bonacursus Mathaye, Guiscardus Guidonis et Ambroxius Alberii, venerunt coram dicto domino episcopo die veneris predicta in episcopatu brixiensis in presentia dictorum testium et dixerunt et designaverunt ac confessi fuerunt, sacramento specialiter astricti, quod
decima piscium et pullorum est domini episcopi et episcopati brixiensis in tota terra et plebatu de Pisoneis, et etiam quod minístrales curie de Pisoneis sunt excusati ab honeribus omnibus comunis,
et etiam vera esse omnia et singula que continentur in instrumento
facto per condam Belacattum Corgulum notarium, die iovis ultimo
exeunte novembri millesimo CCXXXIIII, in palatio de Pisoneis episcopatus brixiensis, presentibus domino fratre Rogerio, ordinis
Predicatorum, Ogerio Bonolli clerico de Tusculano, coram domino
fratre Guala, Dei gratia episcopo brixiensi, et ita omnia et singula
seriatim designant et dicunt esse vera ut in dicto instrumento plenius continetur.
|14v|dy
dx Aggiunta interlineare sopra il testo dello stesso copista.
dy Seguono alcune note posteriori in scrittura gotica notarile, compilate da diversi scribi, alcune delle quali sono su rasura e di difficile lettura: Hec sunt sortes hominum de Tolinis, videlicet
in Pisoneis. XIII soldos imperiales et dimidium per sortem Ricardi Zane cum sociis. XIII imperiales et dimidium per sortem Levate [...] de Bocaciis. IIIIor soldos et dimidium imperiales per
sortem Guarnerii [...]. [...] Iacobi Ventura Villi imperiales [...]. III soldos imperiales per sortem Lazarini condam Lazarii [...]. Tenet Lazarina. Item, V soldos imperiales et II imperiales per
sortem Ricabele Laurencii cum participibus. Et tenet Gusetus Rubey. Item, XVIII imperiales et dimidium per sortem Ricardi. Item, VIII imperiales per fictum Come, solvit Sal[...], II
imperiales et Stefaninus II imperiales. Item, solvit Mafeus [...].
123
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Biblioteca Civica Queriniana di Brescia
A.V.B.
Archivio Vescovile di Brescia
A.P.P.
Archivio Parrocchiale di Pisogne
A.S.B.
Archivio di Stato di Brescia
A.C.P.
Archivio Comunale di Pisogne
A.S.M.
Archivio di Stato di Milano
A.E.S.S.
Archivio di Etnografia e Storia Sociale della Regione Lombardia, Milano
B.C.B.
Biblioteca Civica di Breno
B.C.P.
Biblioteca Civica di Pisogne
A.S. Vat.
Archivio Segreto Vaticano, Roma
b.
busta
cfr.
confronta
f.
foglio
n.
numero
r
recto
reg.
registro
t.
tomo
v
verso
vol.
volume
125
Indice
Prefazione
G. P. Calza Ricostruire il passato, interpretare il presente
Introduzione
pag.
5
7
Capitolo 1
DOCUMENTI DI CARTA E DOCUMENTI DI PIETRA
11
Capitolo 2
UN PIANO DI LAVORO: LA CARTOGRAFIA CATASTALE OTTOCENTESCA
17
Capitolo 3
IN PISONEIS
31
Capitolo 4
DALLA RICOGNIZIONE ALLA RICOSTRUZIONE
45
Capitolo 5
scheda:
la Torre
58
scheda:
le case-torri sulla piazza
68
IMMAGINI SUI MURI
scheda:
Capitolo 6
la canonica della Pieve
FRAZIONI
85
86
93
scheda:
Grignaghe
94
scheda:
Fraine
98
scheda:
Sonvico
102
scheda:
Govine
104
scheda:
Toline
108
Appendice
112
Bibliografia e abbreviazioni
124
126
Scarica

In lo co de Pi so ne is