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Cammello
Fantasia
La cappa color
cammello
doppio petto
di Dsquared2.
tra
lamoda
parentesi
animali
Pelliccia
Pallini e strisce di
pelle di diverso colore
per la cappa di
Valentino, lunga con
cappuccio e pencil
skirt coordinata.
La versione
“plaid”, nei toni
del grigio, di
Roberto Cavalli.
Affascinante, misteriosa, rétro...
la cappa torna a far parlare di sé
LINDA D’ADDIO
A
ffascinante, misteriosa, dal sapore vagamente retrò, la cappa è sicuramente
un capospalla di “carattere”. Proposto e
rivisitato da moltissimi marchi nelle collezioni di mezza stagione, è praticamente una costante degli ultimi anni, una variante al classico giaccone, o addirittura al cappotto nelle
declinazioni più lunghe e pesanti, che ogni
trendsetter che si rispetti aspira ad annoverare fra i capi del proprio guardaroba.
Più costruita del mantello, corta o lunga,
con o senza cappuccio, la versione più tradizionale la vuole senza maniche, con due
aperture per far passare le braccia. Indossata
come mantello da sera dai gentiluomini all’inizio dell’Ottocento, nel XII secolo aveva
due grandi spacchi per far uscire le braccia
ed era completata da una corta mantellina; il
XVI secolo, invece, la voleva “alla spagnola”,
lunga fino ai piedi, con un ampio cappuccio e
una striscia di panno ripiegata sulla spalla
destra.
Fedele alle origini oppure completamente rinnovata nelle forme, nei materiali e nelle
proporzioni, lunga o cortissima, sfila su moltissime passerelle della prossima stagione
autunnale. Di ispirazione fiabesca, bon ton,
sportiva o seducente, la cappa diventa un capospalla versatile, da usare a tutte le ore e in
moltissime occasioni.
In cammello, la più classica, in pelle
patch o superimbottita le più nuove. Ma le
varianti e le derivazioni sul tema “cappa” sono davvero infinite e non finiscono di stupire.
Le più sportive potranno tranquillamente
portarle con i jeans e se volessero pure con il
tacco 12; le più romantiche non sapranno in-
Si porta di giorno e pure
la sera, lunga o corta,
sportiva o superchic
vece resistere alla versioni lunghe con cappuccio e farfalle, o in materiali preziosi e setosi. Alle freddolose consigliamo i modelli
plaid dall’appeal superchic o i “morbidosi” in
caldissimo cashmere oppure doubleface per
farsi coccolare nelle giornate più rigide.
Da quelle classiche in panno nero a quelle con il collo di pelliccia, da quelle con forme
ben sagomate a quelle bianche con ricami
neri, fino ai modelli in lana multicolor, in fantasie tartan e agli inserti con le borchie. Militare, satin, in velluto o bon ton l’importante è
“averla” e indossarla come più vi piace.
È morbidissima e avvolgente quasi come una coperta la cappa di The Row, rigida stile “coat” la versione di Sportmax. Come un poncho, ma totalmente ripulito, in
versione iper minimal e geometrica quella
di Gareth Pugh. Ironica, quella di Moschino,
che la trasforma in un sacchetto di popcorn.
Preziosa quella di Roberto Cavalli, decorata
con pelliccia. Fantasia a pallini, ripresa anche su abiti e pencil skirt, la proposta in pelle
al polpaccio con cappuccio di Valentino; più
romantica declinata su tessuto prezioso e tema farfalle. Simile ad un trench in color cammello la versione di Dsquared2 abbinata ad
una bag in maculato. Superimbottita la cappa viola e nera di Comme des Garçons.
E ancora, in pelliccia il modello antifreddo di Michael Kors. Arancio, simile ad un
cappotto, con cintura e collo dai revers superampi, la proposta di Mark Fast. Corta con
colletto e ricami preziosi la proposta di Luisa
Beccaria. Nera con balza di pizzo la cappa in
velluto di Erdem. Nel colore di stagione, rosa
polvere, il modello di Chloé. Tocca a terra la
cappa con ricami dorati di Blumarine; con
strascico e look tono su tono la proposta di
Elie Saab.
[email protected]
Uomo
Da vero gentleman
la cappa
in abbinamento
perfetto al
completo.
Di Ports 1961.
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
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Potete scrivergli anche entrando nella
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cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
La leucemia dei gatti è un rischio,
l’arma migliore è la vaccinazione
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
icuramente lei ha detto una verità sacrosanta affermando che tale malattia è ancora ben presente nella
realtà dei gatti di strada che vivono liberi e si muovono a piacimento. Da un punto di vista prettamente
scientifico, l’agente patogeno della leucosi felina è un
“retrovirus” la cui trasmissione può avvenire sia per
via orizzontale, che per via verticale, e cioè tra madre
e feto.
La trasmissione per via orizzontale avviene soprattutto per mezzo della saliva, in cui la concentrazione virale è superiore a quella del sangue; da
ciò ne consegue che il leccamento e la condivisione di ciotole e lettiere assume una notevole importanza. La trasmissione per via verticale può avvenire per via transplacentare o attraverso il leccamento dei piccoli. Una volta entrato in contatto con
l’organismo, le possibilità sono due: circoscrizione
ed eliminazione del virus, oppure ingresso nella fase
viremica e sviluppo della malattia. Purtroppo in questo
secondo caso, si innescano meccanismi carcinogenetici
gregio dottore, sono perfettamente conscio che la
leucemia felina è argomento
trito e ritrito da riviste più o meno
specializzate, internet e allevatori vari.
Tuttavia, nonostante tutte queste informazioni, la leucemia mi sembra sia una
patologia sempre presente, soprattutto
nei gatti che hanno la libertà e la
fortuna di muoversi all’aperto e
sono a contatto con altri felini
più o meno randagi. Personalmente ho avuto la sfortuna di
imbattermi in questo “flagello”
per ben due volte e quindi l’argomento mi interessa molto. Vorrei perciò conoscere il punto di vista
scientifico sul decorso e sulle nuove strategie per la profilassi e la terapia di tale
patologia.
S
caratterizzati dallo sviluppo di linfomi o leucemie con le
conseguenze ben conosciute sia ai veterinari che ai proprietari. Devo solo ricordare anche una possibile presenza di anemie e neutropenie persistenti o cicliche e disturbi tipo enteriti gravi, problemi epatici e neurologici.
La diagnosi di tale patologia si effettua anche a livello
ambulatoriale con test ematici rapidi oppure con test Pcr
effettuati da laboratori. Il problema a mio avviso più importante è rappresentato dal cosiddetto “periodo finestra”, ovvero un tempo durante il quale non è possibile
evidenziare la presenza del virus anche se esso ha già infettato l’animale. Come sempre la prevenzione è l’arma
più importante e valida che si può mettere in campo e
quindi la vaccinazione è una valida protezione. Per la terapia, l’obiettivo principale è la lotta contro la malattia indotta dal virus e le varie coinfezioni che si possono instaurare. Negli ultimi anni l’unica sostanza che ha ottenuto risultati incoraggianti è l’interferone felino a dosi di
1 milione di unità/kg per 5 giorni e ripetuto dopo due settimane e ancora dopo due mesi.
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Affascinante, misteriosa, rétro... la cappa torna a far parlare