Prima cornice – i superbi Premessa: Canto IX Al termine della sua prima giornata, trascorsa nell’antipurgatorio, Dante si è addormentato e sogna un’aquila che lo porta in volo oltre la stessa montagna del Purgatorio. In realtà, mentre dormiva, santa Lucia lo prese in braccio e lo portò sino alla porta del Purgatorio, dove il poeta si risveglia il mattino dopo. Canto IX: la porta del Purgatorio Davanti alla porta del purgatorio sta l’angelo guardiano, seduto sopra tre gradini che precedono la porta (chiusa). I tre gradini sono di tre colori diversi e simboleggiano i tre momenti della Confessione: •Bianco lucido – esame di coscienza •Grigio screpolato – dolore dei peccati •Rosso – l’amore e la volontà di fare bene che segue il perdono L’angelo è vestito di sacco, come i penitenti e ha in mano due chiavi e una spada, con cui segna sette P sulla fronte del poeta, simbolo dei sette peccati capitali che Dante espierà nelle sette cornici del Purgatorio. Con le due chiavi che ha ricevuto da san Pietro, una d’oro (simbolo dell’autorità di rimettere i peccati) e una d’argento (simbolo della capacità di riconoscere il bene e il male), l’angelo apre infine la porta del Purgatorio. Canto X: la struttura del Purgatorio •Nel Canto X, dopo l’ingresso nel Purgatorio, Dante spiega l’ordinamento delle sette cornici. •In ogni cornice le anime si purificano con pene regolate dal contrapasso . •Per i superbi, che in vita tennero alta la testa, il contrapasso è rappresentato da un macigno che devono portare e che li costringe a stare con la testa in giù. •In ogni cornice, inoltre, vi sono esempi di virtù premiata e di peccato punito. •Nella prima cornice, quella dei superbi (il peccato più grave), questi esempi sono rappresentati da sculture sulle pareti di pietra (umiltà premiata) e da pitture sul pavimento (superbia punita). Inizio dell’XI canto 1. Il canto si apre con una parafrasi del Padre nostro, che i penitenti cantano in coro, suscitando l’approvazione di Dante (vv. 1-36) 2. Virgilio chiede alle anime la strada per salire alla cornice successiva (vv. 37-45) 3. La voce di un penitente li invita a seguirli e si presenta: è Umberto Aldobrandeschi, senese, che in vita fu molto arrogante (vv. 44-72) 4. Dante si accorge che un’altra anima vuole parlargli e che lo chiama: è Oderisi da Gubbio, un miniaturista Esempio di codice miniato: l’inizio della Commedia (Inferno, I canto) Oderisi riconosce il suo peccato (vv. 79-102) «Oh!», diss'io lui, «non se' tu Oderisi, l'onor d'Agobbio e l'onor di quell'arte ch'alluminar chiamata è in Parisi?». «Frate», diss'elli, «più ridon le carte che pennelleggia Franco Bolognese; l'onore è tutto or suo, e mio in parte. Ben non sare' io stato sì cortese mentre ch'io vissi, per lo gran disio de l'eccellenza ove mio core intese. Di tal superbia qui si paga il fio; e ancor non sarei qui, se non fosse che, possendo peccar, mi volsi a Dio. Di Gubbio. “Alluminare” deriva da enluminer, dipingere miniature in francese (a Parigi) Fratello Probabilmente un allievo di Oderisi L’eccellenza è la presunzione di essere il più bravo, a cui Oderisi dedicò tutta la sua vita (verso cui rivolsi il mio cuore) La pena Quando ero ancora vivo e potevo ancora peccare Oderisi riflette sulla gloria terrena (vv.91-102) Oh vana gloria de l'umane posse! com'poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l'etati grosse! Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura: così ha tolto l'uno a l'altro Guido la gloria de la lingua; e forse è nato chi l'uno e l'altro caccerà del nido. Non è il mondan romore altro ch'un fiato di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, e muta nome perché muta lato. capacità La fama dura poco come le foglie verdi in cima agli alberi Se non è seguita da un’epoca di decadenza Famoso pittore del Duecento Allievo di Cimabue, pittore ancora più famoso Si riferisce a Guido Cavalcanti e a Guido Guinizzelli Dante stesso La fama Da una parte o dall’altra Direzione Oderisi parla di Provenzan Salvani (vv. 109-126) Colui che del cammin sì poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, ond' era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo sì com' ora è putta». La vostra nominanza è color d'erba, che viene e va, e quei la discolora per cui ella esce de la terra acerba». E io a lui: «Tuo vero dir m'incora bona umiltà, e gran tumor m'appiani; ma chi è quei di cui tu parlavi ora?». «Quelli è», rispuose, «Provenzan Salvani; ed è qui perché fu presuntüoso a recar Siena tutta a le sue mani. Ito è così e va, sanza riposo, poi che morì; cotal moneta rende a sodisfar chi è di là troppo oso». Tutta la Toscana parlò di colui… Che cammina così lentamente Bisbiglia, parla piano Capo Quando furono sconfitti i fiorentini Firenze prima era valorosa (superba), ora si vende per denaro (putta) E la fa scolorire quello (il sole) che la fa nascere dalla terra Le tue parole sincere mi mettono nel cuore… E riduci la mia grande superbia Ebbe la presunzione di Andato Deve ripagare così (deve fare questa penitenza) Come si salvò Provenzan Salvani (vv. 127-142) E io: «Se quello spirito ch'attende, pria che si penta, l'orlo de la vita, qua giù dimora e qua sù non ascende, L’ultimo momento prima di morire Resta nell’antipurgatorio se buona orazïon lui non aita, prima che passi tempo quanto visse, come fu la venuta lui largita?». Come gli fu data la possibilità di stare già qui, dentro il Purgatorio? Aveva raggiunto il massimo della fama Piazza del Campo, al centro di Siena Si pose Carlo d’Angiò, re di Sicilia Si ridusse a tremare tutto (per l’umiliazione, cioè chiese l’elemosina) Non chiaramente Passerà Concittadini, i fiorentini Interpretarlo Quelli dell’antipurgatorio «Quando vivea più glorïoso», disse, «liberamente nel Campo di Siena, ogne vergogna diposta, s'affisse; e lì, per trar l'amico suo di pena, ch'e' sostenea ne la prigion di Carlo, si condusse a tremar per ogne vena. Più non dirò, e scuro so che parlo; ma poco tempo andrà, che ' tuoi vicini faranno sì che tu potrai chiosarlo. Quest' opera li tolse quei confini».