MODULO 7 – LA REGOLAZIONE DEL METABOLISMO, GLI ORMONI NATURA CHIMICA E MECCANISMI D’AZIONE DEGLI ORMONI Introduzione Negli organismi multicellulari esiste un complesso sistema di comunicazione inter-cellulare e tra cellule e ambiente esterno, che consente di adeguare l’attività di ogni singola cellula alle esigenze dell’intero organismo e, al tempo stesso, ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Il sistema nervoso e il sistema endocrino esplicano ruoli fondamentali in quest’opera di modulazione e mantenimento dell’omeostasi. Mentre il sistema nervoso agisce rapidamente attraverso impulsi nervosi che si propagano lungo i nervi e portano messaggi dal centro alla periferia e viceversa, il sistema endocrino è relativamente più lento e agisce attraverso molecole di diversa natura, definite ormoni. Si tratta di molecole che, liberate nel sangue da parte di cellule specifiche (ghiandole endocrine), sono in grado di essere selettivamente captate da altre cellule (organi bersaglio), che rispondono a tale segnale con modifiche del proprio metabolismo e della propria attività. La specificità dell’interazione ormone-cellula bersaglio è mediata dalla presenza nella cellula bersaglio di molecole proteiche con funzione recettoriale, capaci di riconoscere e legare con altissima sensibilità e specificità determinate molecole di natura ormonale. Gli organismi complessi, quali quelli dei mammiferi, producono più di cento ormoni diversi, ciascuno dei quali interagisce specificamente con uno o più tipi cellulari. Obiettivi La lezione descrive: la natura chimica degli ormoni, i principi generali dei processi di trasduzione del segnale operati dalle molecole ormonali, i meccanismi molecolari con cui le cellule attuano la risposta al segnale ormonale, i diversi tipi di interazione ormone-recettore. Il “controllo sociale” negli organismi multicellulari Crescita/proliferazione di organismi multicellulari. Negli organismi cellulari l’elemento fondamentale che determina le possibilità di crescita, moltiplicazione e sopravvivenza è rappresentato pressoché esclusivamente dalla disponibilità di nutrienti. Invece negli organismi multicellulari, specie se particolarmente complessi come l’organismo umano, la crescita la differenziazione e la sopravvivenza stessa delle singole cellule dei vari organi e dell’organismo in toto dipende non solo dalla disponibilità di nutrienti, ma anche dalla stretta interazione tra cellula e cellula, organo ed organo, organismo ed ambiente. Esempio eclatante di questo fatto è rappresentato proprio dalla proliferazione cellulare, che negli organismi multicellulari è sottoposta ad una sorta di “controllo sociale” da parte delle altre cellule dell’organismo, vicine e non. La presenza di peculiari fattori di proliferazione, in associazione alla disponibilità di nutrienti, è un elemento fondamentale per consentire la duplicazione cellulare. Fattore di crescita. Così come la proliferazione, molti altri fenomeni cellulari quali la differenziazione, la crescita, la sopravvivenza e il mantenimento dell’omeostasi (quindi l’insieme delle vie cataboliche e anaboliche) sono regolati da interazioni tra cellula e cellula, tra organo ed organo, tra organo ed ambiente esterno. Questi fanno sì che il metabolismo e l’attività di ciascuna cellula siano adeguate alle esigenze dell’intero organismo e alle necessità di adattamento ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Il venir meno o la disregolazione di tali meccanismi di comunicazione è causa di stati patologici di diversa natura. Rimanendo all’esempio della proliferazione, generalmente la trasformazione tumorale di una cellula si associa allo svincolamento dal “controllo sociale” della crescita, e quindi all’acquisizione di capacità proliferative non più regolate da segnali extracellulari, ma unicamente dipendenti dalla disponibilità di nutrienti. Le modalità della comunicazione tra cellule Comunicazione tra cellule . I meccanismi con cui le cellule scambiano informazioni e comunicano tra loro sono diversi. Una prima possibilità messa in atto tra cellule adiacenti è quella delle “gap junctions”, ovvero di veri e propri pori, costituiti da proteine presenti sulla membrana delle cellule. Quando il poro proteico di una cellula si giustappone perfettamente ad un’analoga struttura della cellula adiacente, si realizza un vero e proprio canale, che mette in comunicazione le due cellule e le accoppia dal punto di vista elettrico e metabolico. Tali canali consentono infatti il passaggio di ioni inorganici quali il Ca2+ (segnali elettrici) e di molecole con peso molecolare inferiore ai 1000 dalton. Hanno un ruolo fondamentale in tessuti contenenti cellule eccitabili elettricamente, dove consentono la rapida propagazione intercellulare di un segnale elettrico portato da una terminazione nervosa. Tuttavia sembrano esplicare una funzione importante anche in tessuti non contenenti cellule sensibili a segnali elettrici: consentendo lo scambio di molecole che possono agire da messaggeri intracellulari (es.: cAMP) rendono possibile la coordinazione metabolica di cellule adiacenti nell’ambito di aree omogenee per struttura e funzione. Comunicazione tra cellule: segnali e recettori. Nella maggior parte dei casi la comunicazione cellulare prevede la presenza di due componenti: 1. la molecola segnale, 2. il recettore specifico per tale molecola. Negli organismi multicellulari sono state identificate centinaia di molecole segnale diverse, includenti: proteine, piccoli peptici e amminoacidi liberi, nucleotidi, steroidi, retinoidi, derivati di acidi grassi ed anche gas disciolti nell’ambiente acquoso, quali l’ossido nitrico (NO) e l’anidride gassosa. Generalmente sono liberate dalle cellule “segnalatrici” attraverso meccanismi di secrezione specifica (esocitosi) o di diffusione attraverso la membrana. Tali segnali sono captati da cellule target attraverso l’interazione con strutture generalmente di natura proteica, definite recettori. Tali molecole sono capaci di riconoscere con elevata affinità e specificità la molecola segnale ed iniziare una cascata di fenomeni biochimici intracellulari che determinano la risposta cellulare al segnale pervenuto. Esiste anche la possibilità che il segnale rimanga adeso alla superficie di una cellula “segnalatrice” (spesso capace di muoversi nell’organismo) e venga captato attraverso un contatto fisico, recettore mediato, con la cellula target. Tale modalità è particolarmente utilizzata nel corso dello sviluppo embrionale e nel sistema immunitario. Le molecole segnale secrete dalla cellula “segnalatrice” possono agire nelle immediate vicinanze della sede di produzione oppure diffondersi a distanza considerevole, generalmente attraverso il torrente ematico. Quando la molecola segnale agisce da mediatore locale e circoscritto si parla di comunicazione autocrina cioè se il recettore è posto sulla stessa cellula secernente il segnale, oppure ci si riferisce alla comunicazione paracrina quando il recettore è su cellule vicine a quella che ha prodotto il mediatore locale. I mediatori locali sono rapidamente metabolizzati dall’ambiente circostante la cellula che li genera, sia tramite la rapida captazione cellulare sia tramite la veloce degradazione extracellulare. Mediatori di tipo paracrino sono: le citochine, le prostaglandine, i leucotrieni. Comunicazione tra cellule: segnalazioni a lunga distanza tramite il torrente circolatorio e la secrezione endocrina. Negli organismi multicellulari di maggiori dimensioni la comunicazione locale non è sufficiente per garantire la coordinazione metabolica dei diversi tessuti e il rapido adeguamento alle variazioni dell’ambiente esterno. Si sono evoluti meccanismi capaci di connettere tra loro cellule e strutture distanti. La comunicazione endocrina realizza tale obiettivo attraverso la produzione di molecole segnale da parte di cellule specifiche (generalmente nel contesto di ghiandole endocrine). Tali molecole, chiamate ormoni, vengono liberate nel sangue e, seppur estremamente diluite, sono in grado di essere riconosciute da recettori su cellule bersaglio localizzate anche a notevole distanza, determinando un’adeguata e specifica risposta cellulare. Poiché i segnali endocrini richiedono il trasporto nel torrente ematico determinano risposte biochimiche nelle sedi bersaglio in tempi piuttosto lunghi. Comunicazione tra cellule: segnalazioni a lunga distanza tramite neuroni e neuro-ormoni . Una modalità di comunicazione inter-cellulare alternativa è quella che si realizza nell’ambito del sistema nervoso; cellule specializzate, i neuroni, inviano sottili prolungamenti a distanza notevole e tramite essi sono in contatto con cellule bersaglio. Quando segnali esterni o altri neuroni stimolano il neurone, un impulso elettrico si propaga lungo l’assone fino alla terminazione nervosa (sinapsi) adiacente alla cellula bersaglio. L’arrivo dell’impulso determina: la liberazione di molecole segnale nello spazio sinaptico, denominate genericamente neurotrasmettitori, la loro captazione da parte della cellula bersaglio, la conseguente risposta biochimica. La delimitazione spaziale della trasmissione del segnale (spazio sinaptico) rende la comunicazione estremamente specifica e rapida. Alcuni neuroni si comportano come cellule endocrine, ovvero liberano molecole segnale in corrispondenza di terminazioni nervose adiacenti a vasi sanguigni; le molecole, definite neuroormoni, sono quindi immesse nel sangue e, tramite esso, raggiungono le cellule bersaglio. Secrezione endocrina e trasmissione nervosa. Oltre alla diversa velocità con cui realizzano la comunicazione con la cellula bersaglio (molto più rapida a trasmissione del segnale nervoso rispetto a quello endocrino), secrezione endocrina e trasmissione nervosa hanno anche una versatilità diversa. Infatti, nel caso degli ormoni, la specificità della comunicazione si realizza attraverso specifiche coppie segnale-recettore. Di conseguenza cellule endocrine diverse devono utilizzare molecole ormonali diverse per stabilire comunicazioni specifiche. Nel caso della trasmissione nervosa invece dipende dalla connessione anatomica tra neurone e cellula bersaglio. Pur utilizzando lo stesso neurotrasmettitore, cellule diverse rispondono specificamente a neuroni diversi. Regolazione della secrezione ormonale La secrezione endocrina ha un ruolo fondamentale nel garantire la coordinazione metabolica e funzionale tra i diversi tessuti ed organi del nostro organismo. Gli ormoni sono le molecole attraverso le quali si realizza la comunicazione tra cellule segnalatrici e cellule bersaglio, nelle ghiandole endocrine. Dal punto di vista chimico sono molecole molto eterogenee: alcuni ormoni sono semplici derivati di amminoacidi (adrenalina e triiodotironina, per esempio, derivano dalla tirosina), altri sono invece polipeptidi o proteine (insulina e glucagone). Numerosi ormoni derivano dal colesterolo (ormoni steroidei: corticosterone, testosterone). Infine prostaglandine e leucotrieni, che possono essere inclusi nella famiglia degli ormoni, sono degli eicosanoidi. Caratteristica comune alla maggior parte degli ormoni è quella di essere liberati nel sangue e di raggiungere, in tal modo, le cellule bersaglio. La loro concentrazione ematica è sempre molto bassa, variando tra 10-15 e 10-9 M e spesso sono caratterizzati da una emivita breve. La combinazione di questi due aspetti rende conto della possibilità per l’organismo di modificare rapidamente il segnale (concentrazione dell’ormone) di cui ha bisogno: è una sorta di interruttore che può essere acceso rapidamente, ma che poi, si spegne automaticamente e torna disponibile per una nuova accensione. ORMONI Sostanze chimiche presenti nel sangue che esercitano un EFFETTO REGOLATORE SUL METABOLISMO e sull’ATTIVITA’ di specifici organi, tessuti, celule. GHIANDOLE ENDOCRINE -> -> TESSUTI BERSAGLIO -> -> EFFETTO Struttura chimica ETEROGENEA: DERIVATI DI A.A. (adrenalina, tiroxina) POLIPEPTIDI o PROTEINE (insulina, glucagone) STEROIDI Eicosanoidi (prostaglandine e leucotrieni) Agiscono a bassissime concentrazioni (10-15-10-9 M) Hanno emivita piuttosto corta Spesso agiscono su più organi o tessuti (dotati ei recettori specifici) Meccanismo di “feedback” quale sistema principale di regolazione. Essendo molecole capaci di produrre effetti molto importanti su numerose cellule dell’organismo, è necessario che la produzione degli ormoni venga finemente regolata e risulti sempre adeguata alle esigenze dell’organismo. Il meccanismo fondamentale attraverso cui si estrinseca tale controllo è quello del “feedback”, paragonabile a quello che interviene nel controllo di vie enzimatiche in cui il prodotto finale del percorso agisce da inibitore dell’enzima che catalizza la prima tappa della catena. In questo caso è il prodotto finale di una cascata di eventi indotti sulla cellula bersaglio dall’arrivo dell’ormone specifico che agisce da inibitore sulla ghiandola endocrina, bloccando la liberazione dell’ormone stesso. A questa regolazione a feedback di tipo negativo, si può associare una regolazione di tipo positivo, in cui la mancanza del prodotto finale innesca la produzione dell’ormone da parte della ghiandola endocrina. Il circuito ipotalamo-ipofisi-tiroide illustrato nella figura è un esempio paradigmatico di questi meccanismi. L’ipotalamo produce ormone TRH e, attraverso l’ipofisi, stimola la tiroide a produrre gli ormoni T3 e T4. Questi liberati in circolo agiscono sulle cellule bersaglio ma, al tempo stesso, vengono captate dall’ipotalamo, che reagisce riducendo o bloccando la riduzione di TRH (feedback negativo). Quando la concentrazione di T3 e T4 scende al di sotto di determinati livelli, il blocco viene meno e l’ipotalamo riprende a produrre e liberare TRH (feedback positivo). Aspetti generali della trasmissione del segnale ormonale Esempio delle onde radio. Un aspetto peculiare della comunicazione intercellulare in generale, e in particolar modo di quella mediata da ormoni, è il fatto che quando un segnale esterno, rappresentato da una singola molecola ormonale, raggiunge la cellula bersaglio, dà luogo ad una specifica e complessa serie di fenomeni ed effetti, che modificano le condizioni iniziali della cellula. Il segnale captato dalla cellula viene quindi notevolmente amplificato e trasformato in un’articolata varietà di reazioni biochimiche. Il fenomeno può essere paragonato al processo attraverso cui onde radio, emesse da una centrale emittente, vengono captate da una radio, e da essa trasformate ed amplificate per generare onde sonore, che percepiamo come musica o parole. Senza la radio, capace di elaborare il segnale iniziale, le onde generate dall’emittente sarebbero inutili. Le cellule bersaglio sono “la radio” capace di captare il segnale ormonale e di trasformarlo e amplificarlo in reazioni biochimiche. Il concetto di amplificazione del segnale. I sistemi che consentono alla cellula di captare, amplificare e trasformare il segnale ormonale sono piuttosto complessi e la ricerca biomedica sta via via delucidando i dettagli molecolari che sottendono la cosiddetta “traduzione del segnale”. Si possono comunque individuare componenti e principi generali. Essenziale è ovviamente la capacità di captare il segnale, ovvero la presenza di un recettore proteico, spesso ma non sempre posto sulla membrana della cellula, in grado di riconoscere con elevata sensibilità e specificità l’ormone presente nel sangue, distinguendolo tra una complessa varietà di molecole. L’interazione ormone-recettore dà luogo ed eventi intracellulari che realizzano l’amplificazione e la trasformazione del segnale. Questi eventi sono essenzialmente una serie di attivazioni enzimatiche successive, che, per le proprietà catalitiche stesse degli enzimi, portano all’espansione del segnale ed alla sua trasformazione in attività biochimica. Da una molecola (ormone) giunta all’esterno della cellula, si generano migliaia di molecole all’interno della cellula. La trasduzione del segnale. Uno schema valido per molti tipi di ormoni di natura peptidica o derivati di amminoacidi (ma non per quelli steroidei) e che può quindi essere utilizzato per descrivere il principio generale prevede che il recettore, attivato dall’ormone, inneschi un primo enzima adiacente, che può essere considerato l’enzima amplificatore. Questo produce molecole che agiscono da messaggi intracellulari (l’ormone è il messaggio extracellulare) e che solitamente attivano protein chinasi, capaci di fosforilare e quindi attivare o inattivare, altri enzimi. Si realizza così una cascata di eventi, in cui il prodotto di una reazione enzimatica (spesso una fosforilazione) attiva l’enzima che catalizza la tappa successiva. Poiché ciascun enzima è in grado di trasformare molte molecole di substrato, si ha in questo modo una progressiva espansione e trasformazione del segnale. Amplificazione del segnale ormonale: il meccanismo a cascata. Un esempio ci consente di comprendere meglio il fenomeno. La lipolisi (degradazione dei trigliceridi) è mediata dall’enzima trigliceride-lipasi, attivata tramite fosforilazione ATP dipendente ad opera di una chinasi specifica (Ck in figura). La glicogenolisi segue lo stesso principio, ma l’attivazione finale dell’enzima fosforilasi, che degrada il glicogeno a glucosio, è preceduta da due eventi di attivazione tramite fosforilazione, il primo sulla fosforiliasi chinasi, il secondo sulla fosforilasi stessa. Questa modalità di organizzazione a cascata dei processi di regolazione biochimica è fondamentale per l’amplificazione del segnale ormonale. Infatti, quando l’ormone che regola la lipolisi raggiunge l’adipocita, interagisce con lo specifico recettore. Questo determina l’attivazione di un enzima amplificatore (adenil ciclasi) che produce AMP ciclico (messaggero intracellulare). Supponendo che una sola molecola di adenil ciclasi venga attivata, si possono generare 100 molecole di cAMP. Ciascuna di queste attiva una protein chinasi cAMP-dipendente. L’attivazione di 100 molecole di Ck (una per ogni cAMP) consente di attivare 104 molecole di trigliceride lipasi e queste possono degradare 106 molecole di trigliceridi. Quindi, attraverso questa cascata di eventi, 1 molecola ormonale provoca la lisi di 1.000.000 di molecole lipidiche. Se seguiamo il processo della glicogenolisi, che prevede una tappa di attivazione in più, possiamo osservare che una molecola ormonale provoca il distacco di 108 molecole di glucosio dal glicogeno. Anche se i numeri dell’esempio sono solo indicativi, descrivono la modalità con cui le cellule (le nostre radio) realizzano la trasformazione ed espansione del segnale ormonale. Da una rapporto 1:1 (1 ormone:1 recettore) si passa, tramite mediatori intracellulari diversi, ad un rapporto 1:10n (1 ormone:10n molecole generate). Interazione Ormone - Tessuto Bersaglio I recettori rappresentano le molecole che fanno da ponte tra messaggio ormonale extracellulare e risposta cellulare. Ciascun recettore presenta in genere almeno due domini funzionali: uno di riconoscimento che lega l’ormone, l’altro di attivazione o accoppiamento che inizia la serie di eventi intracellulari che sottendono la risposta biochimica. Dovendo interagire con ormoni diversi, i recettori presentano ovviamente domini di riconoscimento diversi; essi si distinguono tuttavia anche per le diverse modalità con cui danno luogo alla trasduzione del segnale. Gli stessi ormoni possono quindi essere distinti in base alla tipologia di recettore con cui interagiscono e in base al meccanismo con cui esercitano la propria azione sulla cellula. Possiamo distinguere due grosse categorie di ormoni: 1. quelli di natura polipeptidica, proteica e le catecolamine che interagiscono con recettori posti sulla membrana plasmatica della cellula e danno origine a risposte cellulari secondo meccanismi generali decritti in precedenza. 2. gli ormoni steroidei e tiroidei che, essendo lipofili, sono in grado di superare la membrana cellulare e interagire con recettori localizzati nel citosol o direttamente nel nucleo. Il complesso recettore/ormone migra nel nucleo e, interagendo con il DNA, attiva o inattiva processi di trascrizione genica, che si traducono poi in una risposta biochimica. Meccanismi D’azione. Considerando più nel dettaglio il meccanismo con cui il recettore di membrana trasduce il segnale all’interno della cellula possiamo distinguere gli ormoni del primo tipo in ulteriori sottocategorie: 1. quelli che utilizzano la via dell’AMP ciclico (cAMP), quali il glucagone, l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), la calcitonina, l’ormone paratiroideo (PTH); 2. quelli che utilizzano la via del fosfatidilinositolo o dello ione calcio (o entrambi), come l’ossitocina, l’ormone antidiuretico (ADH), l’ormone di rilascio della tirotropina (TRH); 3. quelli che utilizzano direttamente una cascata chinasica o fosfatasica (senza secondo messaggero), come l’insulina, la prolattina, l’ormone della crescita. Un meccanismo diverso è quello del controllo diretto della trascrizione genica realizzato dagli ormoni steroidei e tiroidei tramite l’interazione con recettori citoplasmatici e nucleari. Tipologie di Recettori. Due tipologie di recettori di membrana realizzano le tre modalità di trasmissione del segnale ormonale all’interno delle cellule: 1. i recettori accoppiati alla proteina G, 2. i recettori dotati di attività chinasica. I recettori accoppiati alle proteine G sono molecole con sette domini transmembrana, capaci di regolare l’attività di altre proteine bersaglio adiacenti nella membrana e rappresentate da enzimi o canali ionici. L’interazione tra recettore e proteina bersaglio è mediata dall’intervento di una terza proteina, capace di legare GTP, e denominata proteina G. La proteina bersaglio, attivata dal recettore tramite la proteina G, rappresenta l’enzima amplificatore, con cui inizia il processo di trasformazione ed espansione intracellulare del messaggio ormonale captato dal recettore. I recettori dotati di attività chinasica sono invece una classe più eterogenea di molecole proteiche, caratterizzate dal fatto di rispondere al legame con un ormone specifico inducendo, direttamente o mediante l’interazione con un enzima dotato di attività chinasica, la fosforilazione di uno specifico set di proteine intracellulari, che danno successivamente luogo alla risposta biochimica della cellula all’ormone. Nel complesso, qualunque sia la modalità di interazione ormone-recettore e di inizio della cascata di trasmissione del segnale all’interno della cellula, la maggior parte dei processi di trasduzione del segnale è accomunato dal reclutamento di un’insieme di proteine/enzimi che si attivano e disattivano tramite eventi di fosforilazione/defosforilazione oppure quello di legame con GTP/GDP. Risultato finale di questa cascata di eventi sono l’attivazione diretta di enzimi coinvolti nei processi metabolici e/o l’invio di segnali al nucleo per modulare la trascrizione genica e quindi l’espressione di specifici enzimi/proteine. Via dell'AMP ciclico (cAMP) La via dell’AMP ciclico è innescata da ormoni che legano recettori accoppiati a proteine G. Il legame con l’ormone induce, tramite la proteina G, l’attivazione (o talora l’inibizione) dell’enzima adenilato ciclasi, che a sua volta catalizza la trasformazione dell’ATP in cAMP. Il cAMP funge da secondo messaggero attivando l’enzima protein chinasi cAMP dipendente (PKA). Questa inizia processi di fosforilazione a carico di altre chinasi ed altri enzimi che culminano in una risposta biochimica adeguata. L’attivazione dell’adenilato ciclasi ad opera della proteina G avviene in seguito al legame di questa con una molecola di GTP (da qui il nome di proteina G). Questo fenomeno dissocia la subunità α, attivata dalle altre subunità, e ne consente l’interazione con l’adenilato ciclasi. La subunità α stessa è dotata del meccanismo che spegne il segnale, ripristinando quindi la situazione di partenza e rendendo il recettore in grado di rispondere ad un nuovo stimolo. Essa infatti provoca l’idrolisi del GTP legato, trasformandolo in GDP. In questo nuovo stato la subunità α non è più attiva e si riassocia alle altre subunità della proteina G e, quindi, al recettore. Attivazione della protein chinasi A da parte del cAMP. Anche il meccanismo con cui il cAMP attiva PKA è ben conosciuto nei dettagli molecolari e anch’esso presenta un meccanismo di spegnimento del segnale, necessario per far tornare il sistema di risposta allo stimolo alle condizioni basali. 4 molecole di cAMP sono necessarie affinché la subunità regolatrice di PKA possa staccarsi da quella catalitica, che diviene così attiva. Questa esercita la propria attività chinasica su diverse proteine ed enzimi, regolando in questo modo processi quali glicogenolisi e glicogenosintesi, lipolisi e la sintesi di acidi grassi e di colesterolo. Un enzima specifico, la fosfodiesterasi, trasforma il cAMP in AMP, che, distaccandosi dalla subunità regolatrice, ne consente il riassemblaggio con quella catalitica, ricostituendo il complesso iniziale, inattivo della PKA. Via del fosfoisonitolo (PIP2) Anche la via dell’inositolo fosfato è innescata da recettori accoppiati a proteine G. In questo caso l’interazione ormone-recettore provoca l’attivazione (quale proteina bersaglio) dell’enzima fosfolipasi C. Questo idrolizza un fosflipide presente nella membrana, il fosfatidilinositolo-bifosfato, liberando due molecole che agiscono da secondi messaggeri: il diacil-glicerolo, l’inositolo-fosfato. La prima molecola attiva la Protein Chinasi C, che dà quindi luogo alla successiva cascata di eventi di fosforilazione. L’inositolo-3-fosfato provoca invece un incremento della concentrazione intracellulare del Calcio (Ca2+), liberandolo soprattutto dal reticolo endoplasmatico. L’incremento di questo ione è in grado di attivare una serie di proteine ed enzimi calcio-dipendenti. La via delel tirosin chinasi L’enzima amplificatore del segnale La via di trasduzione del segnale ormonale che sfrutta i recettori con attività chinasica è molto più variegata rispetto a quella dei recettori accoppiati alle proteine G. L’evento fondamentale indotto dall’interazione tra ligando e recettore è rappresentato dall’attivazione di processi di fosforilazione mediati direttamente o indirettamente dal recettore stesso. Molto spesso il legame con l’ormone induce l’avvicinamento di due molecole del recettore (dimerizzazione), cui segue la autofosforilazione del recettore stesso, spesso in corrispondenza di residui di tirosina (tirosin chinasi). In questo modo o viene avviata l’attività chinasica diretta del recettore, oppure vengono reclutate proteine che, attraverso fosforilazioni successive o scambi GTP/GDP, danno luogo alla cascata del segnale intracellulare. Complessità dei percorsi di traduzione del segnale Dal recettore di membrana all’evento finale. Quando si analizzano nei dettagli molecolari gli insiemi di proteine ed enzimi che vengono attivati e/o reclutati nell’ambito di una risposta ad un ormone ci si trova di fronte a network molto complicati, che spesso presentano notevoli sovrapposizioni tra coppie ormone/recettore diverse. Un ruolo fondamentale nella specificità dell’azione ormonale è esercitato dalla capacità di selezionare con assoluta precisione le cellule che devono rispondere allo stimolo. Tuttavia esistono numerosi tipi cellulari che presentano recettori per diversi ligandi, spesso con pattern di traduzione del segnale intracellulare molto simili. Anche se alcuni meccanismi sono stati delucidati, le modalità con cui viene raggiunta la specificità della risposta in questi casi è tuttora argomento della ricerca scientifica. La trasduzione del segnale degli ormoni steroidei Controllo "diretto" della trascrizione genica. Molto importante e diffusa è anche la modalità di trasmissione del segnale adottata da ormoni steroidei (cortisolo, ormoni sessuali, la vitamina D) e tiroidei. La loro capacità di superare la membrana plasmatica, fa sì che essi entrino nelle cellule e riconoscano nel citoplasma lo specifico recettore. Il complesso recettore-ormone rappresenta in questo caso la molecola segnale, che migra nel nucleo e, interagendo con regioni specifiche del DNA, riconosciute da domini del recettore, regola in senso negativo o positivo la trascrizione di geni specifici. In alcuni casi l’interazione ormone-recettore avviene direttamente nel nucleo. Anche in questo caso, la natura della risposta cellulare, ovvero il tipo di geni indotti o repressi da un ormone, dipende sia dal tipo di ormone sia dalle caratteristiche della cellula bersaglio. Cellule diverse ma dotate dello stesso recettore per ormoni steroidei rispondono allo stimolo in modo molto diverso. La natura della risposta cellulare (trascrizione genica) richiede più tempo (ore) rispetto a quella che si realizza con gli eventi di attivazione enzimatica fosforilazione o GTP dipendente, che si manifestano nello spazio di secondi o minuti. Questo fatto, in associazione all’emivita più lunga degli ormoni derivati dal colesterolo, spiega perché l’azione degli ormoni liposolubili determini risposte cellulari che durano nel tempo, mentre gli ormoni peptidici idrosolubili danno generalmente luogo a risposte rapide, ma di breve durata. Riepilogo La comunicazione tra cellule è un evento imprescindibile per gli organismi multicelluari, in cui l’attività di ciascuna cellula e ciascun organo deve essere correlata a quella delle altre cellule dell’organismo. Nei sistemi complessi come quello umano, si sono evoluti meccanismi specifici di comunicazione intercellulare, che consentono la regolazione degli eventi metabolici e funzionali dei vari organi e tessuti in base alle esigenze dell’organismo e ai cambiamenti dell’ambiente esterno. La trasmissione nervosa, mediata da neurotrasmettitori, e la secrezione endocrina, mediata da ormoni, sono le principali modalità biochimiche attraverso cui si realizza il mantenimento dell’omeostasi dell’organismo. La secrezione endocrina si basa su un sistema costituito da una cellula che libera il segnale (ormone) nel sangue e da una cellula che, tramite un recettore specifico e sensibile, capta tale segnale. L’interazione omone-recettore è quindi l’evento iniziale e fondamentale della comunicazione intercellulare endocrina. Il segnale extracellulare viene poi amplificato e trasformato nel contesto della cellula, così che l’arrivo di una singola molecola ormonale si traduce in una complessa serie di processi biochimici e spesso nella produzione di un numero elevato di molecole. I meccanismi attraverso cui si realizza tale amplificazione del segnale sono diversi: ormoni solubili in acqua (peptidi e derivati di amminoacidi) interagiscono con recettori posti sulla membrana della cellula bersaglio e innescano, con modalità diverse, rapidi fenomeni di attivazione di enzimi (già presenti, in forma inattiva, nella cellula) tramite eventi di fosforilazione e/o scambio di GTP. Ormoni liposolubili (steroidei e tiroidei) entrano invece nelle cellule target e, nel citoplasma o direttamene nel nucleo, riconoscono il recettore specifico. Il dimero attiva o inattiva la trascrizione di geni specifici, producendo quindi nuovi enzimi e molecole che realizzano la risposta biochimica della cellula all’ormone. Nel complesso gli ormoni idrosolubili determinano risposte rapide, ma brevi; quelli liposolubili, risposte più lente, ma persistenti nel tempo. L’AZIONE DI ORMONI SPECIFICI Introduzione Il metabolismo e la coordinazione delle funzioni dei diversi organi e tessuti dell’organismo umano sono regolati dall’azione di numerosi ormoni prodotti da ghiandole endocrine. Gli ormoni sono molecole di diversa natura chimica presenti nel liquido extracellulare a concentrazioni molto basse; grazie all’interazione con recettori specifici raggiungono le cellule bersaglio e innescano cascate di trasduzione del segnale che portano agli adeguamenti biochimici necessari. Alterazioni della produzione o dell’azione dei singoli ormoni determinano l’insorgenza di stati patologici con caratteristiche di gravità e complessità spesso elevata. Obiettivi La lezione presenta funzione e meccanismi d’azione dei seguenti ormoni: 1. ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisario; 2. ormoni tiroidei; 3. ormoni del pancreas; 4. ormoni che regolano il metabolismo del calcio; 5. ormoni della corteccia del surrene e delle gonadi. Le ghiandole endocrine Gli ormoni sono sintetizzati da ghiandole che riversano il loro prodotto nel torrente circolatorio e sono definite ghiandole endocrine o a secrezione interna, per distinguerle da quelle che riversano il loro prodotto all’esterno o in cavità (intestino, stomaco) dette ghiandole esocrine (per esempio: pancreas esocrino). Le principali ghiandole endocrine dell’organismo umano sono: l’ipotalamo e l’ipofisi, la tiroide, le ghiandole surrenali, il pancreas endocrino, i testicoli e le ovaie. Molti ormoni contribuiscono al controllo e alla coordinazione delle attività dei diversi organi e tessuti, ma altri agiscono direttamente su ghiandole endocrine modulandone l’attività. Gli ormoni prodotti dall’ipofisi regolano per esempio l’attività di tiroide, corticale del surrene e gonadi. A sua volta l’ipofisi è sotto il controllo neuroendocrino dell’ipotalamo. Si crea così un sistema complesso di interazioni, in cui interviene anche il sistema nervoso centrale, che consente all’organismo di comportarsi come un’unica entità coordinata. Neuroormoni ipotalamici Il sistema ipotalamo-ipofisario comprende: l’ipotalamo, l’ipofisi anteriore (adenoipofisi), l’ipofisi posteriore (neuroipofisi). L'ipotalamo rappresenta la regione del sistema nervoso centrale deputata al controllo delle funzioni viscerali. Questa struttura, posta alla base dell'encefalo, riceve afferenze dal sistema nervoso centrale come anche dati sulla temperatura, volemia e osmolarità del plasma, e sulla concentrazione degli ormoni prodotti dalle ghiandole endocrine. A sua volta, l'ipotalamo manda efferenze a vari distretti del sistema nervoso centrale e all'ipofisi posteriore. I neuroni dell’ipotalamo possono rilasciare peptidi nel circolo portale ipotalamo-ipofisario (glossario) i quali raggiungono l’ipofisi anteriore e ne modulano l’attività. Oppure inviano i propri assoni alla neuroipofisi, dove riversano nel circolo ematico i propri peptidi ad attività neuroormonale. I neurormoni prodotti dall’ipotalamo che agiscono sull’adenoipofisi sono: l’ormone di rilascio della corticotropina (CRH), l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH), l’ormone di rilascio della gonadotropina (GnRH), l’ormone di rilascio dell’ormone della crescita (GHRH), l’ormone di inibizione del rilascio dell’ormone della crescita (GHRIH). O. Ipotalamico Stimolante la liberazione di: Adrenocorticotropo Tireotropo Luteinizzante e follicolo stimolante Prolattina Melanotropo Somatotropo Sigla O. controllato CRH TRH LHRH/FSRH PRH MRH GHRH ACTH TSH LH e FSH PRL MSH SH o GH Ormoni ipofisari L'ipofisi ha una funzione guida nel sistema endocrino: essa infatti "impartisce ordini" alle altre ghiandole endocrine. Sotto stretto controllo dell'ipotalamo, l'ipofisi secerne ormoni che a loro volta vanno a stimolare le altre ghiandole endocrine affinché riversino i loro ormoni nel circolo sanguigno. L'ipofisi si divide in due porzioni, anteriore e posteriore, che secernono diversi ormoni: Ormone somatotropo (o della crescita) GH, Prolattina (PRL), Gonadotropine (LH e FSH), Ormone tireotropo (TSH), Ormone adrenocorticotropo (ACTH), Ormone antidiuretico o vasopressina (ADH), Ossitocina. La coordinazione tra attività dell’ipotalamo, dell’ipofisi e delle altre ghiandole bersaglio da essa dipendenti è garantita dall’esistenza di circuiti di controllo a feedback, che realizzano la modulazione della produzione dei singoli ormoni in base alle esigenze periferiche. Variazioni della concentrazione ematica degli ormoni prodotti dalle ghiandole periferiche sono “percepite” dall’ipotalamo e dall’ipofisi, che reagiscono conseguentemente: diminuzioni della concentrazione stimoleranno il rilascio di fattori favorenti la neosintesi degli ormoni periferici, aumenti della concentrazione bloccheranno il rilascio di tali fattori o indurranno il rilascio di fattori inibenti la neosintesi. GH. Il GH è prodotto dal lobo anteriore dell’ipofisi (cellule somatotrope). È una catena peptidica di 191 aminoacidi che interagisce con un recettore posto sulla membrana di numerose cellule. Esercita un importante controllo sulla crescita, stimolando la divisione cellulare e la sintesi delle proteine in tessuti come l'osso e la cartilagine. Inoltre ha effetti sul metabolismo dei carboidrati (antagonizza l’insulina con effetto iperglicemico) e dei lipidi (facilita la liberazione di acidi grassi dal tessuto adiposo). Un deficit di GH provoca ridotto accrescimento scheletrico ed un ritardato sviluppo sessuale; al contrario un'eccessiva produzione porta a fenomeni di gigantismo (acromegalia nell’adulto). La sua produzione è strettamente regolata tramite meccanismi di regolazione a feedback. La Prolattina è un ormone strutturalmente simile al GH ed è secreta anch'essa dal lobo anteriore dell’ipofisi. Regola lo sviluppo del seno nella donna e grazie allo stimolo provocato dalla suzione del lattante induce la produzione del latte. Ormoni ipofisari glicoproteici. L’ipofisi anteriore secerne un gruppo di ormoni di natura glicoproteica che presentano caratteristiche strutturali simili. Sono costituiti da due subunità: l’α, che è comune a tutti questi ormoni, e la β, che è invece specifica. Controllano diversi processi biologici interagendo con recettori di membrana coniugati a proteine G e attivando l’adenilato ciclasi, con conseguente aumento del cAMP. Tra essi ricordiamo: Ormone luteinizzante e follicolostimolante (LH e FSH): contribuiscono al controllo delle gonadi. L'ormone LH stimola la formazione del corpo luteo nelle ovaie e la secrezione del testosterone nei testicoli, stimola la crescita delle ossa, dei muscoli e contribuisce allo sviluppo sessuale. L'FSH stimola la maturazione del follicolo nelle ovaie e la secrezione dello sperma nei testicoli. Ormone tireotropo (TSH) stimola la tiroide a produrre tiroxina e ha un effetto trofico sulla ghiandola stessa. Ormoni ipofisari. Altri ormoni prodotti dall’ipofisi sono: L'ormone adrenocorticotropo (ACTH) prodotto dall’ipofisi anteriore stimola la secrezione di cortisone da parte della corteccia delle ghiandole surrenali. La sua eccessiva produzione è responsabile della sindrome di Cushing. Ormone antidiuretico (ADH): immesso in circolo in corrispondenza dell’ipofisi posteriore, è in realtà prodotto da ormoni ipotalamici. Esso modifica la ritenzione idrica a livello renale: riduce la quantità di acqua allontanata con le urine e controlla l'equilibrio idrico complessivo dell'organismo. Deficit nella produzione o azione dell’ormone causano il diabete insipido, caratterizzato dall’emissione di un enorme volume di urine. Ossitocina, prodotta da neuroni il cui corpo è nell’ipotalamo, entra in circolo nell’ipofisi posteriore e stimola la contrazione della muscolatura liscia uterina (è utilizzata per indurre le contrazioni uterine del travaglio) e la secrezione del latte dalla ghiandola mammaria. Ormoni tiroidei La triiodotironina (T3) e la tetraiodotironina (T4) sono gli ormoni prodotti dalla tiroide. Dal punto di vista biochimico sono sostanze particolari dato che richiedono la presenza di iodio per la loro attività biologica. Un meccanismo biologico complesso realizza l’incorporazione dello iodio in composti organici da cui derivano gli ormoni tiroidei. La tireoglobulina è la proteina precursore. È prodotta dalle cellule acinari della tiroide e secreta nello spazio follicolare. Qui lo iodio, accumulato nella tiroide tramite un meccanismo di trasporto attivo che consuma ATP, viene legato ai residui di tirosina contenuti nella tireoglobulina, formando monoiodotirosina (MIT) e diiodotirosina (DIT). Il successivo accoppiamento di due molecole di DIT dà luogo a T4, quello di DIT con MIT a T3. La tireoglobilina è poi fagocitata dalle cellule e idrolizzata nei lisosomi, con liberazione di T3 e T4, che vengono così riversati nel sangue. Gli ormoni tiroidei sono trasportati nel sangue in associazione a proteine specifiche. Esplicano la loro azione interagendo con recettori nucleari delle cellule bersaglio. La T3 ha un’affinità per tali recettori 10 volte superiore a quella di T4. L’interazione con i recettori attiva o disattiva la trascrizione di numerosi geni. L’effetto principale degli ormoni è quello di incrementare la sintesi proteica, favorendo un bilancio positivo dell’azoto. Inducono un generale aumento del metabolismo basale e del consumo di ossigeno. Sono inoltre importanti modulatori dei processi di sviluppo. La loro carenza durante la vita intrauterina o dopo la nascita può portare a ritardo mentale. Ormoni tiroidei: fisiopatologia Con il termine di gozzo si definisce un qualsiasi aumento di volume della ghiandola tiroide. È associato ad una ridotta produzione o attività degli ormoni tiroidei, con conseguente incremento della produzione di TSH da parte dell’ipofisi e eccessiva stimolazione dei tessuti tiroidei. Il gozzo endemico è tipico di aree in cui l’ambiente (acqua) è povero di iodio. Nell’ipotiroidismo si ha in genere una diminuzione del metabolismo basale con: bradicardia, sonnolenza, costipazione, intolleranza al freddo, cute e capelli secchi. Negli adolescenti causa nanismo e ritardo mentale. La condizione opposta è quella dell’ipertiroidismo, spesso di natura autoimmunitaria (ovvero provocato da autoanticorpi che attivano il recettore tiroideo per il TSH). L’eccessiva produzione di ormoni tiroidei porta ad una sintomatologia complessa con: tachicardia, ansia, insonnia, perdita di peso, eccessiva sudorazione, sensibilità al caldo. Ormoni del pancreas Il pancreas endocrino è formato dagli isolotti di Langherans, che producono diversi tipi di ormoni. Tra questi i principali sono insulina e glucagone. L’insulina è un polipeptide costituito da due catene, A e B, collegate da due ponti disolfuro. È sintetizzata come preproormone, che in seguito a due successivi tagli proteolitici, diventa prima proinsulina, e poi, in seguito alla rimozione del peptide C, insulina. Insulina e peptide C si accumulano nei granuli secretori delle cellule β degli isolotti di Langherans, che, quando opportunamente stimolate, liberano entrambi i peptidi nel sangue. La secrezione di insulina è strettamente regolata; l’aumento della concentrazione plasmatica di glucosio è il fattore stimolante più importante, ma anche alcuni ormoni (es.: adrenalina) hanno effetti favorenti o inibitori. Effetti dell’Insulina sul metabolismo dei Carboidrati e dei lipidi. L’azione dell’insulina inizia con il legame al recettore specifico posto sulla membrana delle cellule bersaglio. Il recettore è formato da due subunità (α e β) e la porzione intracellulare è dotata di attività tirosin-chinasica. L’interazione con l’ormone induce dimerizzazione del recettore e innesco dell’attività chinasica, che dà il via alla trasduzione del segnale all’interno della cellula attivando meccanismi di fosforilazione di proteine, di cambiamento della concentrazione di cAMP e di attivazione della trascrizione genica. Insulina e diabete. Gli effetti indotti dall’insulina sono numerosi e spesso diversi in cellule bersaglio di tessuti diversi. Uno degli effetti principali è quello di abbassare la glicemia, stimolando l’assorbimento di glucosio da parte del muscolo scheletrico, attraverso il reclutamento del trasportatore per il glucosio Glut4 sulla membrana. Nel fegato lo stesso effetto è ottenuto inducendo la sintesi di glucochinasi, enzima che fosforila il glucosio a glucosio-6-fosfato. L’insulina influenza l’utilizzazione del glucosio, stimolando la glicolisi in molti tessuti, facilitando la sua trasformazione in lipidi (lipogenesi) nel tessuto adiposo e in glicogeno nel fegato e nel muscolo. Contemporaneamente blocca le vie biochimiche opposte, ovvero la lipolisi e la glicogenolisi. L’insulina ha poi un effetto anabolico sul metabolismo delle proteine, stimolandone la sintesi e rallentandone la degradazione, e anche un effetto favorente la proliferazione cellulare. Insulina: meccanismo d’azione. Il deficit di insulina o la resistenza all’azione dell’insulina si manifesta clinicamente nel diabete mellito. Si distinguono due forme di diabete: tipo I o giovanile o insulino-dipendente, più raro è legato alla mancata produzione di insulina; tipo II o insulino-indipendente, legato all’insensibilità dei recettori, pur in presenza di elevati livelli di insulina. Dal punto di vista biochimico lo stato patologico si caratterizza per: iperglicemia, glicosuria e diuresi osmotica, perdita di elettroliti, aumento dei livelli di amminoacidi e acidi grassi nel sangue. Il glucagone è una singola catena peptidica di 29 amminoacidi, secreta dalle cellule α del pancreas endocrino. La sua secrezione è inibita dal glucosio, direttamente o tramite l’insulina. È un antagonista dell’insulina che agisce principalmente sul fegato, attraverso recettori posti sulla membrana plasmatica degli epatociti, con conseguente incremento del cAMP intracellulare e modulazione dell’attività dei seguenti enzimi (anche tramite induzione della neosintesi): fosforilasi -> incremento della glicogenolisi glicogeno sintasi -> arresto della glicogeno sintesi PEP carbossichinasi -> stimolazione della gluconeogenesi Glucosio-6-fosfatasi -> facilitazione del rilascio di glucosio Negli adipociti la captazione di glucagone si traduce in un incremento della lipolisi, tramite attivazione della lipasi ormono-sensibile. Ormoni del surrene La ghiandola surrenale è composta da due parti: la corteccia surrenalica; la midollare del surrene. La prima produce ormoni di natura steroidea; la seconda produce catecolamine. La corticale del surrene produce tre tipi di ormoni: glucocorticoidi; mineralcorticoidi; precursori degli androgeni. I glucocorticoidi rappresentano una componente importante dell’adattamento dell’organismo alle condizioni di stress. Il glucocorticoide principale è il cortisolo, la cui sintesi è sotto il controllo del ACTH ipofisario e quindi del CRH ipotalamico, tramite un tipico sistema di regolazione a retroazione negativa. L’azione degli ormoni glucocorticoidi si realizza tramite l’interazione con recettori specifici posti nel citoplasma delle cellule bersaglio. Il complesso recettore-ormone è capace di migrare nel nucleo e attivare la trascrizione selettiva di alcuni geni. Gli effetti dei corticosteroidi sul metabolismo sono numerosi e tutti volti a mettere l’organismo nelle migliori condizioni per affrontare una situazione di stress: aumentano la produzione di glucosio (aumentando la disponibilità di amminoacidi per la gluconeogenesi e la velocità di questa via metabolica); favoriscono la glicogenosintesi (attivazione della glicogeno sintasi); aumentano la lipolisi; stimolano il catabolismo proteico. Agiscono inoltre da immunosoppresori ed inibiscono la risposta infiammatoria. I mineralcorticoidi sono rappresentati essenzialmente dall’aldosterone, la cui sintesi è regolata da molecole coinvolte nella regolazione della pressione sanguigna e del bilancio idro-elettrolitico e dai livelli di potassio ematico. Aumenti anche minimi della potassemia favoriscono la liberazione dell’ormone steroideo. L’azione principale dell’aldosterone è quella di regolare il trasporto attivo del sodio a livello del tubulo renale, con l’effetto di favorire la sua ritenzione e, quindi, quella di acqua. Ormoni della midollare del surrene: le catecolamine. La midollare del surrene sintetizza e secerne gli ormoni catecolamminici, ovvero: adrenalina, noradrenalina, dopamina. Sono composti derivati dalla tirosina, attraverso tappe biochimiche sequenziali. La loro secrezione è regolata da impulsi nervosi che raggiungono la midollare del surrene attraverso il nervo splancnico. La loro azione si manifesta su numerosi tessuti e cellule dell’organismo attraverso recettori posti sulla membrana plasmatica. Si possono distinguere 4 tipi di recettori per le catecolammine (α 1, α 2, β 1, β 2) con distribuzione tissutale diversa e diversi effetti finali. Tutti traducono il segnale all’interno della cellula attraverso l’innesco di proteine G. Gli ormoni della midollare non sono necessari per la vita, ma hanno un ruolo importante nell’adattamento a situazioni di stress acuto o cronico. Essi provocano modificazioni di molti processi in organi direttamente coinvolti nella reazione allo stress (cervello, muscolo, sistema cardiopolmonare e fegato). La tabella: Azione delle catecolamine tramite i diversi tipi di recettori adrenergici: Recettori α 1: incremento della Glicogenolisi contrazione della muscolatura liscia dei vasi sanguigni e del tratto urogenitale Recettori α 2: rilassamento della muscolatura liscia del tratto gastrointestinale Inibizione di lipolisi, secrezione d insulina, aggregazione piastrinica Recettori β 1: incremento Lipolisi, frequenza e forza della contrazione miocardica Recettori β 2: incremento gluconeogenesi epatica incremento glicogenolisi epatica rilassamento muscolatura liscia bronchi, vasi ematici Elenca alcuni effetti innescati dall’attivazione dei diversi tipi di recettori adrenergici. In termini generali gli effetti principali sono: l’incremento di glicogenolisi e lipolisi, la stimolazione dell’attività cardiaca, con aumento della frequenza e della forza del battito e aumento del consumo di ossigeno. Ormoni delle gonadi: testosterone Le gonadi sono organi con una doppia funzione: producono le cellule germinali e gli ormoni sessuali. In particolar modo i testicoli producono gli spermatozoi e gli androgeni mentre le ovaie producono gli oociti, gli estrogeni e il progesterone. In particolar modo nei testicoli, le cellule di Leydig producono testosterone in risposta alla stimolazione dell’ormone ipofisario LH. Le cellule del Sertoli, sotto controllo del FSH, contribuiscono alla formazione dei tubuli seminiferi e alla maturazione degli spermatozoi. Il testosterone è un ormone steroideo prodotto dai testicoli e trasportato nel sangue legato ad una proteina (β globulina) secreta dal fegato. La sua azione sulle cellule bersaglio si esercita grazie all’interazione con recettori citoplasmatici, alla successiva migrazione nel nucleo e la conseguente regolazione dell’attività trascrizionale di numerosi geni. L’azione ormonale stimola la spermatogenesi e contribuisce alla differenziazione e alla maturazione sessuale maschile. Ormoni delle gonadi: estrogeni e progesterone. Gli estrogeni sono una famiglia di ormoni steroidei dei quali il 17- β –estradiolo è il principale. Derivano dal testosterone attraverso un processo di aromatizzazione che avviene essenzialmente nell’ovaio, sotto l’influsso del FSH, ma in parte anche in altri organi (fegato, adipe, etc) che agiscono sul testosterone circolante (questa via è la principale nei maschi). Sono trasportati nel sangue combinati alla stessa proteina che lega il testosterone. L’ovaio produce anche il progesterone, un altro ormone derivato dal colesterolo. Anche gli ormoni ovarici agiscono sulle cellule bersaglio attivando e disattivando la trascrizione di geni specifici. La funzione principale degli ormoni ovarici è la maturazione e la conservazione del sistema riproduttivo femminile, contribuendo: alla maturazione degli oociti, alla regolazione del ciclo ovulatorio, allo sviluppo dei tessuti che partecipano all’impianto del feto, al mantenimento della gravidanza, al parto, all’allattamento. Ormone paratiroideo, calcitonina e vitamina D Il controllo della concentrazione ematica dello ione calcio (Ca++) è un fenomeno importante in quanto lo ione è coinvolto in numerosi processi biochimici, quali la mineralizzazione delle ossa, l’eccitabilità neuromuscolare, la coagulazione del sangue e varie reazioni enzimatiche. Due ormoni: il paratormone e la calcitonina, e la vitamina D partecipano alla regolazione dell’omeostasi del calcio. Il PTH è un ormone polipeptidico prodotto dalle ghiandole paratiroidi. È sintetizzato come precursore di 124 amminoacidi e successivi tagli proteolitici portano alla secrezione di una molecola attiva di 84 residui, ma anche di frammenti più brevi inattivi. La sua secrezione è controllata dai livelli plasmatici del calcio. Una riduzione della concentrazione dello ione stimola la sintesi dell’ormone e probabilmente anche una minore degradazione intracellulare, aumentandone la secrezione. L’ipocalcemia e anche la vitamina D hanno effetto contrario. Il PTH secreto interagisce con un recettore di membrana delle cellule bersaglio legato a proteina G e provoca una tipica cascata del segnale cAMP dipedente. La sua azione principale è quella di contrastare ipocalcemie acute, agendo direttamente sul rene e sulle ossa e indirettamente, tramite la vitamina D, sull’intestino. Riduce l’eliminazione renale dello ione, stimola il riassorbimento della matrice ossea con conseguente rilascio di calcio nel liquido interstiziale e infine facilita l’assorbimento intestinale di calcio. Quest’ultimo effetto è ottenuto grazie all’induzione della sintesi di diidrossicolecalciferolo, la forma attiva della vitamina D3. La vitamina D3 prodotta a livello cutaneo entra in circolo, viene idrossilata in posizione 25 a livello del fegato (25-idrossi-colecalciferolo (25[OH]-D3) ed in posizione 1 nel rene (1,25-diidrossi-colecalciferolo (1,25(OH)2-D3)). La forma attiva è capace di stimolare fortemente l’assorbimento di Ca ++ da parte della mucosa intestinale. Il deficit di vitamina D è causa di alterata mineralizzazione delle ossa, che sfocia nel rachitismo nell’infanzia e nell’osteomalacia nell’adulto. La calcitonina è un peptide di 32 amminoacidi prodotto dalla cellule C della tiroide. La sua azione non è ancora chiara. Sembra possa antagonizzare il PTH, aumentando l’eliminazione del Ca ++ a livello renale, facilitando il suo deposito nelle ossa, con conseguente riduzione della calcemia. Riepilogo In questa ultima unità del corso abbiamo affrontato il tema dell’azione di ormoni specifici. Abbiamo visto come questi vengano prodotti da ghiandole endocrine e vadano a regolare il metabolismo e a coordinare le funzioni dei diversi organi e tessuti dell’organismo umano. Grazie all’interazione con recettori specifici, gli ormoni raggiungono le cellule bersaglio e innescano cascate di trasduzione del segnale che portano agli adeguamenti biochimici necessari. Nelle lezioni dell’unità sono state presentate le funzioni e i meccanismi d’azione degli ormoni dell’asse ipotalamo-ipofisario, degli ormoni tiroidei, degli ormoni del pancreas, degli ormoni della corteccia del surrene e delle gonadi e infine degli ormoni che regolano il metabolismo del calcio. Abbiamo visto come alterazioni della produzione o dell’azione dei singoli ormoni determinino l’insorgenza di stati patologici con caratteristiche di gravità e complessità spesso elevata.