ESPERIENZE
• L’assistenza infermieristica ai pazienti con piede diabetico
L’assistenza infermieristica
ai pazienti con piede diabetico
di Immacolata Concetta Del Prete¹, Angela Marsicovetere², Rosaria Tripaldi¹, Daniela Forte¹,
Claudia Briamonte¹, Maria Antonietta Giuzio¹, Carmela Langerano¹, Maria Vittoria Candela¹,
Simona Notargiacomo¹, Rosaria Alleva¹, Vito Mancusi¹, Rosa Quinto, Feliciano Lo Pomo³
infermiere; 2infermiera coordinatrice; 3medico-chirurgo responsabile dell’U.O.
1
Unità Operativa di endocrinologia, Malattie Metaboliche e Nutrizione Clinica.
Azienda Ospedaliera Regionale “S. Carlo”, Potenza
Corrispondenza: [email protected]
pazienti che hanno più difficoltà nell’autocontrollo della
patologia in modo da ridurre la percentuale di sequele invalidanti e di amputazioni maggiori.
Materiali e metodi
Introduzione
Una delle complicanze sempre più rilevanti del diabete
mellito è il cosiddetto piede diabetico. L’entità del problema, l’alto numero di ricoveri, il rischio di amputazioni,
l’elevata percentuale di morbilità e mortalità, oltre alle
ripercussioni sul piano sociale e agli elevati costi di gestione, rappresentano ancora oggi una problematica di
difficile soluzione.
La gestione del paziente diabetico richiede l’azione di
un’équipe sanitaria multidisciplinare, di cui l’infermiere è
un elemento fondamentale, ma, soprattutto, è in stretta relazione con la capacità del paziente di recepire e accogliere le
indicazioni fornitegli in merito all’autocontrollo della propria patologia e alla modificazione del suo modus vivendi.
Gli Autori descrivono la propria esperienza nell’Unità Operativa (U.O.) di Endocrinologia nella gestione delle complicanze del diabete e i risultati dell’azione educativa condotta
sull’autocontrollo della patologia, in una Regione, la Basilicata, che presenta una popolazione media di età avanzata e
per una quota considerevole di estrazione rurale.
Lo studio proposto ha come obiettivo l’individuazione dei
Per ogni paziente già affetto da piede diabetico e afferente
all’U.O. dal gennaio 2009 al gennaio 2010 sono state raccolte notizie di tipo anagrafico-anamnestico, utili a inquadrare lo stesso e la sua domanda assistenziale. Queste le
informazioni ritenute rilevanti: la data della prima medicazione e di eventuali recidive, l’anamnesi del piede, l’esame obiettivo vascolare, l’esame obiettivo del piede (forma
del piede, delle dita, atteggiamenti patologici delle stesse),
la descrizione della patologia in atto, esami strumentali e
di laboratorio effettuati, i fattori favorenti di tipo neurologico, vascolare e misto, i fattori precipitanti e quelli di
rischio. Per una precisa e dettagliata descrizione delle lesioni trofiche del piede è stata utilizzata la classificazione
di Wagner e il Texas Wound Classification System (Wagner,
1987, Oyibo, 2001; Tabella 1 e Tabella 2).
Ai fini dello studio sono state prese in considerazione, tra
le altre cose, anche opinioni e sensazioni dei pazienti sulle
Tabella 1 - CLASSIFICAZIONE DI wAGNER
Grado 0
Grado 1
Grado 2
Grado 3
Grado 4
Grado 5
Assenza di ulcerazioni attive
eventuale edema
Deformità
Cellulite
Lesioni preulcerative
Ulcera superficiale
Ulcera profonda fino al tendine
fino alla capsula articolare
fino all’osso
Ulcera profonda con ascesso
Osteomielite
Artrite settica
Gangrena localizzata all’avampiede
Gangrena localizzata al tallone
Gangrena di tutto il piede
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Tabella 2 - TExAS wOUND CLASSIFICATION SySTEM
Stadio A
Grado 0
Zona non ulcerata o
completamente riepitelizzata
Grado 1
Ulcera superficiale che
non coinvolge tendini,
Grado 2
Ulcera penetrante in
tendini o capsule
capsule o ossa
Grado 3
Ulcera penetrante in
ossa o articolazioni
Stadio B
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Stadio C
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Stadio d
Con infezione e ischemia
Con infezione e ischemia
Con infezione e ischemia
Con infezione e ischemia
dei calli e sul taglio delle unghie ed è stato consegnato uno
schema illustrativo facilmente comprensibile.
È stata successivamente effettuata una valutazione in Day
Hospital dei suddetti pazienti a cadenza trimestrale.
Risultati
cause d’insorgenza della lesione, la partecipazione o meno
a corsi educativi annuali organizzati presso l’Associazione
Lucana Assistenza Diabetici (ALAD-FAND Basilicata) o
le A.S.L., il livello di conoscenza della malattia, lo status
sociale, l’età avanzata.
Inoltre nell’U.O. è stata proposta ai pazienti l’educazione
sull’igiene, sul tipo di calzatura da indossare, sulla cura
Tabella 3 - RISULTATI DEI CONTROLLI
AMBULATORIALI EFFETTUATI SU 55 PAZIENTI
AFFETTI DA PIEDE DIABETICO
Pazienti presentatisi a tutti i controlli ambulatoriali
n. 21 (38,1%)
Miglioramento della patologia
n. 20 pazienti (36,3%)
Aggravamento della patologia
n. 13 pazienti (23,6%), di questi n. 10 (18,1% del totale dei
pazienti) inviati al chirurgo per amputazione maggiore
Concause principali individuate per i pazienti con aggravamento del piede diabetico (alcune da considerarsi
in associazione):
Calzatura inadatta: n. 12 (92%)
mancata rivascolarizzazione: n. 12 (92,3%)
errata terapia delle callosità: n. 4 (30,7%)
Traumi ripetuti: n. 7 (53,8%)
Taglio unghie errato: n. 1 (7,6%)
Scarsa igiene: n. 10 (77%)
reinfezioni: n. 9 (69%)
fattori socio-economici n. 9 (69%)
fattori comportamentali n. 3 (23%)
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Sono stati seguiti 55 pazienti, di cui 35 maschi e 20 femmine, tutti già affetti da diabete mellito tipo 2 e da piede
diabetico al primo controllo, di età compresa tra 48 e 86
anni (media 72,3). La terapia antidiabetica prescritta era:
insulinica per 52 pazienti, con ipoglicemizzanti orali in 6
casi. Il 76% dei pazienti non aveva mai effettuato ricoveri
ospedalieri per lo studio del diabete sino alla complicanza
evidente, ma si era sottoposta saltuariamente a visite presso ambulatori specialistici del territorio. Tutti i pazienti
hanno partecipato all’attività educativa. Nella Tabella 3 è
descritto l’andamento dei pazienti ai controlli previsti.
L’analisi dei fattori favorenti le lesioni (sul totale dei pazienti) ha evidenziato come la maggioranza delle complicazioni sia di tipo misto neurovascolare (n. 24 – 43,6%);
seguono le complicanze neurologiche (n. 18 – 32,7%) e
vascolari (n. 14 – 25,4%).
Discussione
L’evoluzione dell’assistenza infermieristica in diabetologia
si è sviluppata attraverso le varie esperienze professionali
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4 scarpe extrafonde con altezza di almeno 4 cm nella regione anteriore per il posizionamento delle dita a martello;
5 possibilità di introdurre solette (Mayfield, 1998, Ficorelli, 2005, Uccioli, 1995).
Le competenze educative dell’infermiere in questo ambito prevedono conoscenza, perizia, capacità comunicativa
e di adattamento alle risorse psicologiche, sociali economiche e familiari del paziente. In accordo con la teoria del
self-care di Orem (Marriner, 1996), il paziente deve essere
gradualmente condotto all’autovalutazione e autogestione della sua malattia globalmente intesa, considerando la
quasi unicità della patologia diabetica nell’ambito medico
vista la sua lunga durata e le molteplici complicanze che
insorgono per una cattiva gestione della malattia stessa.
Conclusioni
e si è focalizzata, almeno negli ultimi anni, sull’educazione
e sui bisogni di autogestione del paziente diabetico.
La funzione dell’infermiere di diabetologia ha come punto essenziale la persona diabetica in un sistema di cura e
di educazione all’interno del quale l’infermiere valuta sia
gli aspetti educativi sia quelli psico-sociali, identifica una
diagnosi infermieristica e facilita i cambiamenti nei comportamenti dei pazienti (Caligiore, 2004).
Fondamentale è il momento in cui il paziente accede in
reparto, sia che si tratti di un primo accesso sia che si tratti
di un controllo a distanza di tempo.
Si pone particolare attenzione alla calzatura da consigliare al
paziente. Le caratteristiche ideali della scarpa da calzare sono:
1 soletta multistrato: strato A di materiale morbido tale
da assorbire la pressione del piede; strato B di materiale
elastico sufficientemente stabile nella forma, anche sotto
carico del peso; strato C rigido di supporto, utile soprattutto per un miglior controllo funzionale del piede;
2 scarpa con tomaia in pelle morbida, possibilmente deformabile, senza cuciture;
3 suola rigida con angolo di battuta anteriore rialzato per
permettere il rotolamento del passo e ridurre la forza di
frizione a livello dell’articolazione metacarpo-falangea;
La prevenzione del piede diabetico e la riduzione dell’aggravamento della patologia già eclatante sono determinate da un’attività multidisciplinare, di cui l’infermiere è un
rilevante mediatore. Tale impegno, se non accompagnato
dalla giusta informazione e collaborazione del paziente,
può dimostrarsi infruttuoso. Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che lo screening per il piede diabetico è in
grado di ridurre il rischio di amputazioni maggiori. Molto
c’è ancora da fare per sensibilizzare il paziente diabetico
e i suoi familiari allo scopo di ridurre la morbilità e i costi
sociali delle complicanze.
Bibliografia
Wagner FW Jr (1987) The diabetic foot. Orthopedics, Jan
10(1): 163-172.
Oyibo SO, Jude EB, Tarawneh I, Nguyen HC, Harkless
LB, Boulton AJ (2001) A comparison of two diabetic
foot ulcer classification systems: the Wagner and the
University of Texas wound classification systems. Diabetes Care, Jan, 24 (1): 84-88.
Caligiore C (2004). Il piede diabetico: competenze infermieristiche. SIAPAV - XXVI Congresso Nazionale – Messina.
Mayfield JA, Reiber GE, Sanders LJ et al. (1998) Preventive foot care in people with diabetes. Diabetes Care, 21:
2161-2177.
Ficorelli CT, Edelman M (2005). Patient education series. Foot
care for patients with diabetes. Nursing, Oct, 35 (10): 43.
Uccioli L, Faglia E, Monticone G et al. (1995). Manufactured shoes in the prevention of diabetic foot ulcers. Diabetes Care, 18: 1376-1378.
Marriner-Torney A (1996) I teorici del nursing e le loro
teorie. Milano: McGraw - Hill.
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