----------------------------------------------------Ulcera Cutanea e Diabete –19 Giugno 2003 -- FURLINI S. & SOMA’ K.---
ULCERA CUTANEA E DIABETE: Approccio Multidisciplinare
RAZIONALE
CUTE E DIABETE
Nell’esperienza quotidiana di tutti gli operatori sanitari è ben presente la drammaticità che
pervade l’iter dei processi ulcerativi, e ben note sono le conseguenze sul piano umano ed
economico, relative all’ancor troppo elevato, e non sempre giustificato, numero di
amputazioni maggiori a cui sono sottoposti i soggetti diabetici.
Secondo Stadelmann W.K. (1998) il 70% delle lesioni ulcerative croniche cutanee è
sostenuto da ulcere da decubito, ulcere venose e ulcere dei piedi nei soggetti diabetici.
Diabete e riparazione tissutale patologica
I dati disponibili dimostrano che i fibroblasti derivati dalle ulcere croniche hanno una ridotta
proliferazione. Tale fenomeno è presente con maggiore intensità nelle cellule derivate da
ulcere diabetiche. Di grande interesse sperimentale e clinico sono i risultati finora acquisiti
in merito agli effetti dell’eparina sulla proliferazione dei fibroblasti. Studi clinici hanno
dimostrato che eparine a basso peso molecolare somministrate per via s.c. a pazienti
diabetici con ulcere croniche agli arti inferiori, hanno migliorato il processo di guarigione.
(Jorneskog G. et al -1993- Low molecular weight heparin seems to improbe local capillary
circulation and healing of chronic foot ulcers in diabetic patients. Vasa 22: 13-142).
Studi recenti hanno identificato alterazioni a livello cellulare tali da compromettere la fase
proliferativa della guarigione nel paziente diabetico. Le cellule implicate sembrano essere i
macrofagi. La glicosilazione non enzimatica delle proteine pare essere coinvolta nelle
alterazioni della matrice extracellulare del diabetico a tutti i livelli, e quindi anche nella cute
con evidenti danni alla fase riparativa dell’ulcera.
Le lesioni cutanee croniche in generale, e ancor più nel paziente diabetico, sembrano
congelate in uno stato infiammatorio cronico a basso grado, nel senso che il
completamento della fase digestiva ed il passaggio a quella proliferativa non si compiono.
Sebbene il grande interesse che circonda la patologia ulcerativa agli arti inferiori nel
soggetto diabetico si sia tradotto in un notevole numero di lavori di ricerca, la realtà di tutti i
giorni testimonia quanto ancora si sia molto lontani dall’avere compreso l’intimo
meccanismo che conduce al difetto di riparazione tissutale.
Nel paziente diabetico l’argomento LCC si centra sulla porzione distale dell’arto inferiore,
identificando una vera e propria forma morbosa: “il piede diabetico”. Si verifica a questo
livello un duplice danno che vede come causa primigenia le elevate concentrazioni di
glucosio ematico: la microangiopatia e la neuropatia.
A tutto ciò si deve sommare l’effetto negativo della macroangiopatia che non è altro che
una arteriopatia obliterante ad insorgenza precoce, bilaterale e maggiormente aggressiva.
Per facilità didattica, si è soliti distinguere un “piede neuropatico” da un “piede
microangiopatico”.
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IL PIEDE DIABETICO NEUROPATICO
La neuropatia diabetica è definita come un danno a carico del sistema nervoso periferico,
somatico o vegetativo, attribuibile unicamente al diabete. Si può manifestare con diversi
quadri clinici ma la forma più frequente è la polineuropatia distale simmetrica, forma che
sta alla base del piede neuropatico e determina la compromissione di tutte e tre le
componenti: sensitiva, motoria e vegetativa.
Neuropatia sensitiva
Inizia con la riduzione della sensibilità vibratoria a cui segue la dolorifica e termica con
completa anestesia del piede.
I primi disturbi sensitivi si manifestano alle dita coinvolgendo successivamente tutto il
piede e le gambe con tipica disposizione “a calza”. In alcuni casi si ha presenza di dolore
urente o dolore profondo, sordo e lancinante (neuropatia dolorosa). Tipiche le parestesie e
le disestesie. La perdita della sensibilità è “conditio sine qua non” per sviluppare un’ulcera:
il piede diviene insensibile agli elementi lesivi esterni.
FATTORI DI LESIONE
ESTRINSECI Calzature non appropriate
Cammino a piedi scalzi
Cadute ed incidenti
Oggetti all’interno delle scarpe
INTRINSECI Prominenze ossee
Limitata mobilità articolare
Deformità articolare
Callo
Precedenti amputazioni
Precedenti ulcere
Charcot
Neuropatia motoria
Responsabile delle modificazioni morfologiche e funzionali del piede.
Determina perdita del tono e progressiva atrofia dei muscoli intrinseci del piede.
• Iperestensione dorsale della articolazione metatarso-falangea
• Accentuazione dell’arco plantare
• Dita a martello o ad artiglio
• Piede cavo
• Alluce valgo
Ciò comporta una alterazione dei carichi con creazione di aree di abnorme carico
pressorio con comparsa di ipercheratosi quale meccanismo di difesa Æ formazione di
callo. Questo costituisce un corpo estraneo, traumatizzando i tessuti cutanei e
sottocutanei. La diretta conseguenza del trauma è la formazione di raccolta a contenuto
sieroso o siero-ematico che si estende progressivamente in profondità per poi aprirsi
all’esterno, determinando l’ulcera.
La lesione può essere di piccole dimensioni esternamente, ma molto estesa in profondità.
Appare con bordo fibrotico, bianco, circondato da tessuto ipercheratosico.
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Neuropatia autonomica
Il sistema nervoso vegetativo esercita un controllo sulla circolazione cutanea.
Fisiologicamente il sistema simpatico determina una vasocostrizione arteriolare. Con la
perdita del tono simpatico si ha aumento del flusso cutaneo, aumento della temperatura,
aumento della permeabilità capillare con formazione di edema.
Inoltre, nella neuropatia si ha una apertura degli shunt AV con passaggio di sangue
arterioso direttamente nel distretto venoso e aumento del contenuto di ossigeno nel
sangue refluo della gamba.
La denervazione simpatica porta ad una alterazione della sudorazione con completa
anidrosi della cute del piede che si presenta:
• anelastica
• secca
• desquamata
• fissurata (specie in regione calcaneare)
• ricca di flora batterica a maggiore potenzialità patogena (da modificazioni del pH
per anidrosi)
Altra conseguenza del mancato controllo simpatico è la comparsa sulla parete arteriosa di
calcificazioni lineari della tunica media (sclerosi di Monkeberg) con conseguente aumento
della rigidità vascolare.
IL PIEDE DIABETICO
Caldo
Dita ad artiglio
Distensione vene del dorso
Alluce valgo
Cute anidrosica e fissurata
Dita a martello
Atrofia dei muscoli interossei
Dita sovrapposte
Arco plantare accentuato
Teste metatarsali prominenti
Piede di Charcot
Processo patolologico che sconvolge l’architettura osteoarticolare e la morfologia del
piede creando le condizioni che favoriscono l’insorgenza di ulcere. Le alterazioni
interessano le ossa tarso-metatarsali con:
• osteoporosi diffusa
• micro-macro fratture con frammentazioni
• articolazioni lussate
• dislocazione frequente del cuboide o del cuneiforme
• Si ottiene:
• sublussazione delle ossa tarsali verso il basso
• inversione della volta plantare (“suola a dondolo”).
• Scomparsa delle teste metatarsali per riassorbimento
• avampiede assottigliato, piede accorciato
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Conclusioni meccaniche
Neuropatia motoria Æ atrofia muscoli intrinseci Æ deformità
Æ ipercarichi (teste metatarsali) Æ aree ipercheratosiche
Æ accentuazione del carico localizzato.
Come migliorare la situazione?
• Togliere il callo (riduzione 30% del carico)
• Uso di plantari (ridistribuzione dei carichi)
Alterazioni biomeccaniche dell’arto inferiore:
• modificazione del passo
• instabilità posturale
• compromissione della articolazione tibio-tarsica (dovuta alla neuropatia motoria che
interessa anche i muscoli della gamba ed in particolare quelli della loggia anteriore)
• riduzione in ampiezza dei movimenti del piede (tendinopatia diabetica dei flessori
dorsali e plantari del piede).
IL PIEDE DIABETICO VASCOLARE
Domina in questa forma morbosa l’arteriopatia obliterante periferica (AOP) che nel
diabetico assume le seguenti caratteristiche:
• più frequente
• più precoce
• più rapidamente progressiva
• non risparmia le donne anche in età fertile
• prevalentemente distale e bilaterale
Si calcola che nel diabetico il rischio di ischemia cronica critica degli arti inferiori sia
aumentato di 5 volte rispetto la popolazione generale.
E’ considerata il fattore patogenetico della non guarigione del 60% delle ulcere e motivo
del 40% delle amputazioni maggiori.
“Un’ulcera puramente neuropatica, se ben curata, deve guarire. Se non guarisce le ipotesi
sono due:
1. il trattamento è stato inidoneo
2. quell’ulcera non è puramente neuropatica” (E. Faglia, Milano)
E’ stato ampiamente dimostrato che procedure di rivascolarizzazione anche molto distali,
sia con angioplastica che con by-pass, sono fattibili più di quanto ritenuto possibile in
passato, e sono in grado di modificare la prognosi amputativa.
NB= Trascurare l’accuratezza diagnostica di questa patologia significa rischiare di privare
alcuni pazienti di una opportunità terapeutica di indiscussa efficacia.
Importante nel diabetico è sempre la considerazione riguardo alla presenza di neuropatia,
quindi di ridotta sensibilità agli stimoli dolorosi. Questo determina una sostanziale difficoltà
nella diagnosi d’ischemia funzionale, in quanto molto spesso la malattia diabetica si
accompagna ad AOP in assenza di claudicatio.
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In uno studio del 1998 di E. Faglia et all. è stato evidenziato come in 104 pazienti
ospedalizzati per grave ulcera del piede, ben 103 presentavano AOP all’arteriografia ma
solo nel 27% di questi, era presente una claudicatio.
Di qui la necessità di programmare un iter diagnostico vascolare il più accurato possibile in
tutti i pazienti diabetici affetti da Lesione Cutanea Cronica (angiografia).
Grazie alle nuove tecniche angiografiche ed alla messa a punto di precisi protocolli di
idratazione prima e dopo l’esame, il rischio di tossicità renale è divenuto molto basso
anche nei diabetici.
Dalla letteratura risulta importante sottoporre ad arteriografia tutti i diabetici con ulcera al
piede che abbia le seguenti caratteristiche:
• grado 2 Wagner che non guarisce in 30 gg. di cure
• grado > 2
Screening dell’AOP
Diabetici ad alto rischio di AOP
TIPO 1
TIPO 2
> 20 anni di malattia
> 40 < 70 anni d’età
> 40 < 70 anni d’età
Con
- Cardiopatia ischemica e/o cerebrale
- Proteinuria
Oppure con 2 dei seguenti fattori
- Colesterolo tot >250 mg/dl
- Trigliceridi >400 mg/dl
- Colesterolo HDL <45 se F; <35 se M
- Ipertensione Arteriosa
- Tabagismo
Su questi pazienti è utile effettuare lo screening con angiografia.
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Diagnosi
DIABETICO – ULCERA
DIABETICO + ULCERA
Ispezione del piede
Polsi assenti, soffi
Claudicatio
Wagner 2 senza miglioram 30 gg
Wagner >2
Alto rischio vascolare
>0,9
ABPI
<=0,9 >0,5
ANGIOGRAFIA
<=0,5
F.U.
Å Ecodoppler Æ Angio. Æ
annuale
Procedure vascolari
Terapia vasoattiva
L’aspetto diagnostico deve ruotare intorno al paziente di 360 gradi. Poiché la malattia
diabetica interessa non solo i vasi dell’arto inferiore, risulta indispensabile operare uno
screening generale diabetologico completo con:
• equilibrio glico-metabolico
• studio del cuore
• studio vascolare cerebrale (ecodoppler TSO)
• studio della situazione renale (clearances e AER)
• studio retinico
• quadro lipidico
• stato infiammatorio-coagulativo
• EMG
Terapia
Scopi della terapia dell’AOP sono:
• Migliorare l’autonomia di marcia del claudicante
• Rallentare la progressione distrettuale della malattia al fine di prevenire l’ischemia
critica
• Prevenire la diffusione della malattia e ridurre il rischio di eventi cardio-vascolari
maggiori
• Perseguire il salvataggio dell’arto nei pazienti giunti all’ischemia cronica critica.
AUTONOMIA DI MARCIA
Esercizio fisico (camminare resta il presidio fondamentale !!)
Abolizione del fumo
Riduzione dell’obesità
Farmaci: pentossifillina e buflomedil Æ attivi sulla viscosità ematica
ticlopidina Æ antiaggregante
antitrombotici “minori” Æ sulodexide, mesoglicano, defibrotide
propionil-L-carnitina Æ attiva sul metabolismo muscolare
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PROGRESSIONE DELLA MALATTIA
Controllo dei fattori di rischio modificabili: fumo, diabete, ipertensione, obesità,
dislipidemia, sedentarietà
Farmaci antiaggreganti: ASA, ticlopidina, clopidogrel, statine
SALVATAGGIO DELL’ARTO
Procedure chirurgiche o interventistiche
Farmaci vasodilatatori: prostaglandine
Medicazione delle lesioni ulcerative
Terapia del dolore: Il paziente ischemico presenta un livello di dolore spesso
drammaticamente più elevato, pertanto si consiglia l’applicazione di elastomeri sottocute,
cateterini peridurali, pompe infusionali e morfinici a dosaggi terapeutici da subito.
Particolare attenzione va posta all’equilibrio cardio-vascolare in quanto la ben nota scarica
adrenergica dovuta al dolore causa l’instaurarsi di un circolo vizioso peggiorativo con
frequente decesso del paziente per IMA, scompenso cardiaco acuto, EPA, ictus cerebri.
CLASSIFICAZIONE DELLE ULCERE NEL DIABETICO
Occorre definire prima di tutto due entità spesso compresenti all’ulcera vera e propria:
LESIONI PRE-ULCERATIVE: paracheratosi, onicodistrofie,
ipotrofia cutanea, disidrosi
LESIONI POST-ULCERATIVE: cicatrici, lesioni di trasferimento
(modificazioni di struttura dovute
ad interventi terapeutici)
CLASSIFICAZIONE DI WAGNER
GRADO 0
Assenza di ulcerazioni attive
Eventuale edema
Deformità
Cellulite
Lesioni pre-ulcerative
GRADO 1
Ulcera superficiale
GRADO 2
Ulcera profonda fino al tendine
Fino alla capsula articolare
Fino all’osso
GRADO 3
Ulcera profonda con ascesso
Osteomielite
Artrite settica
GRADO 4
Gangrena localizzata all’avampiede
Gangrena localizzata al tallone
GRADO 5
Gangrena di tutto il piede
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Importanza delle unghie: spesso distrofiche e colonizzate da miceti, possono costituire il
punto di partenza dai margini (perionichia) di un processo infettivo che si localizza sotto il
letto ungueale dando origine a veri e propri ascessi, soprattutto nei pazienti ischemici.
IMPOSTAZIONE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICA
GRADO
DIAGNOSI
TERAPIA
Grado 0
E. O. mirato
Educazione
Calzature adeguate
Grado 1
E. O. mirato
RX del piede
Scarico della lesione
Medicazione avanzata
Grado 2
RX del piede
Esplorazione lesione
Valutazione circolo
Toeletta
Scarico della lesione
Event. rivascolarizzazione
Grado 3
RX del piede
Colturale
Valutazione circolo
Drenaggio-detersione
ATB sistemici
Event. rivascolarizzazione
Grado 4
Come nel grado 3
Come nel grado 3 +
Seccare la necrosi
Amputazioni minori
Grado 5
Come nel grado 4 +
Valutazione sistemica
Come nel grado 4 +
Amputazioni maggiori
Poiché la classificazione di Wagner non teneva in considerazione le condizioni vascolari
locali e quindi la presenza o meno di ischemia, fattore che condiziona maggiormente
l’evolutività delle lesioni, è stato recentemente messo a punto un sistema di
inquadramento e classificazione che valutasse in modo più completo la lesione.
(Classificazione Texas University)
Grado 0
Grado 1
Grado 2
Grado 3
Stadio A
Zona non
Ulcera
ulcerata o zona superficiale che
completamente non coinvolge
riepitelizzata
tendini capsule
o ossa
Ulcera
penetrante in
tendini o
capsule
Ulcera
penetrante in
ossa o
articolazioni
Stadio B
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Con infezione
Stadio C
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Con ischemia
Stadio D
Con infezione e
ischemia
Con infezione e
ischemia
Con infezione e
ischemia
Con infezione e
ischemia
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Clinica della lesione
Quando il piede assume visibilità ischemica, si è già in presenza di una AOP di grado
severo.
Piede vascolare
Piede neuropatico
Atrofico
Deforme
Cute
Sottile
Ipercheratosica
Colorito
Pallido
Rossastro
Temperatura
Ridotta
Aumentata
Vene
Esili
Turgide
Polsi
Iposfigmici
Assenti
Presenti
Aspetto
Quadro clinico tipico:
• gangrena delle dita
• ulcerazioni in qualsivoglia parte del piede
Gangrena secca Æ richiede la mummificazione da cui, talvolta, si ha
autoamputazione
Gangrena umida Æ dal principio o per evoluzione da secca per cause
infettive
L’infezione è la minaccia più infausta per una lesione vascolare: i tessuti ipossici sono un
ottimo pabulum per i germi, soprattutto per gli anaerobi.
Terapia
Nelle lesioni diabetiche è ancora più pregnante l’approccio globale al paziente:
• raggiungere e mantenere l’equilibrio glico-metabolico
• terapia antinfettiva
• terapia chirurgica
• scarico delle lesioni con calzature apposite o apparecchi gessati
Viene coinvolta quindi una costellazione di specialisti:
• diabetologo
• angiologo
• neurologo
• ortopedico
• fisiatra
• chirurgo
• angio-chirurgo
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DETERSIONE
Rimozione del materiale inerte e necrotico dal contesto della lesione.
Chirurgica : rimozione con mezzi fisici (tipico esempio del bisturi) dei tessuti necrotici e
apertura di tramiti fistolosi e formazioni ascessuali; manovra indispensabile nel caso delle
tilectomie per ridurre i carichi locali e nel caso di infezioni profonde peraltro assai frequenti
nel paziente diabetico.
Ulcerectomia: asportazione chirurgica della zona ulcerata con rimodellamento
osteoarticolare. Si asportano così i margini cronicamente infiammati lasciando spazio a
tessuto sano e più facilmente riepitelizzante. Laddove nel fondo fossero presenti segmenti
ossei o articolari, è possibile attuare un rimodellamento o asportazione, nel caso di
compresente infezione, consentendo al fondo di ferita di granuleggiare su tessuto sano.
Autolitica: mediante idrogel che attiva le proteinasi del fondo di ferita, garantendo una
colliquazione dei tessuti necrotici. Tale tecnica può essere quindi adottata anche al
domicilio, ma non in caso di infezione.
Enzimatica: apposizione sulla lesione di collagenasi, proteasi in preparazione topica.
Frequenti le sensibilizzazioni, l’inattivazione rapida da parte degli enzimi tissutali e la
durata del trattamento è spesso molto lunga e costosa.
STERILIZZAZIONE
Eradicazione dell’infezione dai tessuti ma anche a livello sistemico. Prevede l’uso di
antibiotici sistemici e medicazioni antisettiche.
Fase acuta: irrigazione con acqua ossigenata, iodopovidone e fisiologica (in questo ordine
rispettando intervalli di qualche minuto tra un presidio e l’altro); posizionamento di garza
allo iodopovidone.
Fase sub-acuta: irrigazione con fisiologica e posizionare garza allo iodopovidone.
Fase cronica: possibile continuare fino alla formazione di tessuto di granulazione con
garza allo iodopovidone o passare a garze grasse (valutare idrocolloidi).
Importante: gli antisettici vanno cambiati almeno una volta al giorno nella fase cronica;
nella fase acuta e spesso anche nella sub-acuta, è indispensabile un cambio ogni 12 ore,
se non ogni 8, in quanto il rischio di osteomielite e quindi di elevata probabilità di
amputazione, è elevatissimo.
STIMOLAZIONE DEI PROCESSI RIPARATIVI
Meccanica: abrasione del fondo e bordi di ferita con garza (ndr: sigh !?!) o con bisturi e
curette (ndr 2: sigh sigh, ahii !!??) fino al sanguinamento del tessuto di granulazione.
(Sistema MAI adottato durante lo studio né contemplato dalla scuola del Prof.Ricci alla
quale questo lavoro si ispira).
Fattori di crescita: applicazione di PDGF sul fondo di ferita. Tecnica in corso di studio.
Ingegneria tissutale: fibroblasti e cheratinociti autologhi su supporto di acido jaluronico,
applicati più volte sulla lesione, stimolano la rigenerazione dei tessuti attraverso la
liberazione di fattori di crescita.
Medicazioni avanzate: schiume di poliuretano, idrofibre, alginati.
Autoinnesto cutaneo: indicata nelle vaste lesioni superficiali in fase di avanzata
granulazione.
Secondo A. Piaggesi (Pisa), “…è utile stabilire un limite massimo di tempo, o meglio una
finestra temporale, per valutare se le diverse fasi stanno correttamente procedendo nel
senso della guarigione.
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FASE ACUTA
Con infezione
7-21 giorni
FASE ACUTA
Post infettiva
3-15 giorni
FASE SUB-ACUTA
Pre-proliferativa
5-15 giorni
FASE CRONICA
Proliferativa
Fino a 6 mesi
(Dipende dall’entità della
perdita di sostanza)
LE INFEZIONI NEL PIEDE DIABETICO
Nei pazienti diabetici è stata dimostrata un’incidenza maggiore di malattie infettive dell’arto
inferiore. Le infezioni del piede costituiscono infatti la più comune causa di
ospedalizzazione per malattie infettive nei diabetici.
Patogenesi
I soggetti con vasculopatia periferica presentano un deficit nella capacità di sviluppare
un’appropriata risposta infiammatoria a causa della scarsa perfusione dei tessuti, con
conseguente alterazione dei processo di guarigione dei tessuti.
Immunità umorale Æ normale
Immunità cellulare Æ diminuzione delle funzioni dei PMN e Mo.
Nel diabetico si ha una alterazione della attività battericida, chiaramente correlata allo
scompenso metabolico e che si normalizza soltanto dopo 48 ore di euglicemia.
Caratteristiche cliniche
Le infezioni al piede sono correlate, nella quasi totalità dei casi, alla neuropatia più che alla
vasculopatia.
Spesso i sintomi ed i segni dell’infezione possono essere confusi con i segni della
neuropatia o dell’angiopatia e perciò misconosciuti. In tal modo, è frequente che
un’infezione sia in realtà più estesa di quanto non appaia.
TESSUTI MOLLI : ogni infezione dei tessuti molli può diffondersi lungo le fasce
interessando tutto l’arto. Stafilococchi e streptococchi producono enzimi angiotossici che
provocano trombosi “in situ” con necrosi e gangrena.
Le lesioni cutanee necrotizzanti si presentano in tre modi:
Cellulite necrotizzante: sottocutanea, progressiva
Fascite necrotizzante: fino ai muscoli, cute risparmiata, ampi ascessi infiltranti e fistolizzati,
stato tossico
Cellulite crepitante: gas nei tessuti, secrezione scura e fetida
OSTEOMIELITE: la complicanza più grave. Può insorgere per contiguità d’infezioni
trascurate o maltrattate. Interessa ogni porzione dell’impalcatura ossea del piede con
predilezione delle teste metatarsali e le piccole ossa delle dita. Eseguire RX in ogni
paziente diabetico febbrile con dolore localizzato.
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Microbiologia
Numerosi organismi sono implicati nell’eziologia delle infezioni del piede diabetico. Il
miglioramento delle tecniche di coltura ha dimostrato la genesi polimicrobica con
partecipazione frequente di germi anaerobi.
Anaerobi: associati a lesioni profonde, necrotizzanti ed associate a focolai di osteomielite.
Clinicamente si assiste ad:
• odore fetido
• enfisema sottocutaneo
• secrezione purulenta e di colore rosso scuro
Il 20% delle infezioni locali può evolvere in batteriemia. I patogeni in causa sono più
frequentemente aerobi (S. Aureus) ma anche anaerobi (B. Fragilis).
Specie microbiche
GRAM +
Staph.Aureus
S. Coagulasi neg
Strepto Agalactiae
Enterococchi
Corynebacteri
GRAM -
Pseudominas Aeruginosa
Proteus
Enterobacter
Escherichia Coli
Terapia
Prevede quattro momenti fondamentali:
1. DIAGNOSI essenzialmente clinica dell’infezione
2. VALUTAZIONE dell’interessamento osseo mediante RX
3. TERAPIA ANTIBIOTICA sistemica
4. ANTISETTICI locali previo accurato debridment
Ascessi e raccolte profonde:
• drenaggio chirurgico
• asportazione dei tessuti necrotici
• primo e unico passaggio con acqua ossigenata
• lavaggio con iodopovidone
• lavaggio con fisiologica (non indispensabile al primo intervento in quanto lo
iodio lasciato in loco agirebbe per un tempo maggiore)
• garze allo iodopovidone / medicazioni all’argento / garze alla clorexidina
• nei tragitti fistolosi si ottiene una buona detersione utilizzando idrogel (E.
Ricci)
• medicazione necessariamente effettuata una volta al dì
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Osteomielite:
• intervento chirurgico di pulizia locale
• medicazione con garze alla clorexidina o iodopovidone
• cambio medicazione quotidiano
Infezioni superficiali:
• asportazione tessuti necrotici
• medicazione con garze alla clorexidina o iodopovidone
• cambio medicazione quotidiano
Scelta dell’antibiotico:
L’antibiotico terapia locale non viene praticata a causa della scarsa efficacia, dei frequenti
fenomeni di sensibilizzazione e di resistenza.
Inoltre, data l’alta frequenza di disseminazione ematica di alcuni batteri, si preferisce
rivolgersi all’antibioticoterapia sistemica.
OSTEOMIELITI : proposti più schemi terapeutici combinati. La terapia va eseguita
necessariamente ev e per tempi molto lunghi (anche 30-40 giorni). Il trattamento delle
osteomieliti è di competenza specialistica. Buoni risultati con:
NB = Alla terapia antibiotica va associata obbligatoriamente:
• correzione dello stato glico-metabolico Æ usare insulina
• correzione delle alterazioni coagulative del microcircolo (si verifica una CIL=
coagulazione intravasale localizzata)Æ eparina bpm
• correzione dello stato infiammatorio
• terapia del dolore
• anabolismo spinto (E. Ricci)
LA PREVENZIONE
Prevenzione
PRIMARIA
Obiettivi
- Prevenire la comparsa di
neuropatia e vasculopatia
SECONDARIA
- Prevenire l’insorgenza di lesioni ulcerative
in presenza di neuropatia/vasculopatia
TERZIARIA
-Prevenire le amputazioni e conservare
l’integrità anatomica del piede in presenza
di ulcera.
- Prevenire le recidive.
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Punti cardine
• Ispezione ed esame del piede
• Identificazione del piede a rischio
• Educazione del paziente e del caregiver
• Calzature idonee
• Trattamento della patologia non ulcerativa
AMBULATORIO INFERMIERISTICO
E’ un sistema organizzato, destinato alla prevenzione e cura della patologia ulcerativa nel
diabetico. Obiettivi:
• ottimizzazione delle risorse
• identificare i pazienti ad alto rischio, educandoli alla prevenzione
• diagnosi delle specifiche lesioni
• rapido e corretto trattamento della lesione
• fornire visite di controllo regolari ed a breve distanza di tutte le lesioni, possibilità di
accesso senza prenotazione per emergenza
• prevenire la comparsa di recidive e nuove problematiche nel paziente guarito
“Il piede diabetico è una patologia multifattoriale e come tale richiede la collaborazione di
diversi specialisti attraverso un sistema organizzato.
L’ambulatorio del piede diabetico si pone come centro organizzativo e terapeutico, trait d’
union fra le differenti aree di interesse”. (E.Ricci)
ATTIVITA’ INFERMIERISTICA
Esame clinico
• Ispezione
• Palpazione
• Valutazione della sensibilità
-vibratoria
-termica
-tattile
• Controllo delle scarpe
• Controllo della situazione generale (PAOS, FC, peso)
Provvedimenti
• Educazione
• Tilectomia
• Taglio delle unghie
• Indice di Windsor
Ispezione
•
•
•
•
•
Forma
Trofismo della cute (disidrosi)
Presenza di calli
Annessi cutanei (unghie e peli)
Spazi interdigitali
• Consumo della calzatura
Palpazione
• Termia cutanea
• Arteria pedidia e
tibiale posteriore
• Aree di colliquazione
• Prominenze ossee
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----------------------------------------------------Ulcera Cutanea e Diabete –19 Giugno 2003 -- FURLINI S. & SOMA’ K.---
E’ molto importante prendere confidenza con le sensazioni tattili che danno i piedi dei
pazienti diabetici: la rugosità dell’ipo-anidrosi, la macerazione interdigitale, la tensione
cutanea, la sensazione termica da comparare bilateralmente.
ISPEZIONE + PALPAZIONE
Identificazione del piede a rischio
PIEDE A RISCHIO
CONTROLLI
FREQUENTI
PIEDE NON A RISCHIO
CONTROLLI
DILAZIONATI
CURA ED IGIENE DEL PIEDE
• Autoispezione (impiego di specchi o collaborazione dei familiari)
• Controllo delle ipercheratosi
• Mantenere la cute ingrassata
• Corretto taglio delle unghie
• Evitare la macerazione
• Evitare di camminare senza calzature
• Controllo delle infezioni interdigitali
• Disinfezione e sorveglianza delle piccole lesioni
• Evitare l’eccessivo uso di antisettici
CONTROLLO DELLE SCARPE
• Confortevole
• Tomaia morbida
• Suola rigida a barchetta
• Plantare su misura in materiale soffice
• Dimensioni congrue
• Tacco di 3-4 cm
• Senza aree di possibile conflitti
Il taglio delle unghie deve avvenire evitando di creare curvature che pieghino sugli angoli.
L’unghia infatti presenta maggior crescita nei punti di taglio. Effettuando un accorciamento
squadrato, si evita la crescita verso l’interno e quindi la genesi di lesioni cutanee
periungueali, porta d’ingresso sicura per batteri e miceti.
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Di fronte a fatti infettivo-infiammatori, linfangitici o improvvisi peggioramenti dell’ulcera o
ancor più evidenti raccolte ascessuali nella compagine del piede, è importante un’attenta
osservazione delle unghie e dei calli presenti sulle zone di carico digitali, in quanto spesso
sede di piccoli processi infettivi sub-clinici che fanno da ingresso all’agente infettante i
tessuti profondi.
GENESI DEL DANNO
AREE DI IPERCARICO
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ULCERA CUTANEA E DIABETE: Approccio