A SOCIAL MARKET ECONOMY AND EUROPEAN ECONOMIC AND MONETARY UNION SEMINAR, PAVIA, ALMO COLLEGIO BORROMEO 16‐17 APRILE 2013 Illustrissimi Ministri, Esimi professori, Signore e Signori Sono estremamente contento di essere qui oggi in un tale qualificato consesso e di poter portare il mio contributo al dibattito. Vorrei anzitutto ringraziare per avermi invitato e per avermi concesso l’opportunità di offrire il mio punto di vista su un cosi fondamentale argomento quale ritengo essere l’Europa della Difesa. Ho deciso di focalizzare l’intervento sulla “policy” delle Difesa Italiana in Europa, argomenti che ho già ampiamente trattato in diverse circostanze quando ho operato all’interno sia dello Stato Maggiore Difesa che del Ministero della Difesa, molte delle quali sotto la sapiente direzione e guida del Sig. Ministro DI PAOLA che saluto qui oggi. Pertanto, andrò a sottolineare alcune considerazioni personali che riguardano la strategia italiana per lo sviluppo di una efficace integrazione europea nel settore della Difesa. Nel corso dell’ultimo decennio l’Unione Europea ha svolto un ruolo sempre più importante quale attore principale nella gestione delle crisi riguardanti la sicurezza, sia a livello regionale che globale. Con la creazione e successiva evoluzione dell’attuale politica comune di sicurezza e Difesa, l’UE ha acquisito dei nuovi strumenti operativi e istituzionali per la gestione delle crisi. Sin dal 2003, quando l’organismo ESDP è divenuto operativo, l’EU ha condotto all’incirca 30 operazioni differenti, comprendendo operazioni civili o di cooperazione civile‐militare (alcune delle quali ancora in corso). Il modello “comprehensive security” che ha ispirato l’EU, mira non solo a gestire i conflitti, ma anche alla loro prevenzione. Quest’ultimo comprende un ampio spettro di attività di “peace support”: la tradizionale attività di peacekeeping, policing, la promozione dello Stato di Diritto, la riforma del settore sicurezza e lo sviluppo “post‐conflict”. Questo approccio, che è alla base della strategia europea di sicurezza adottata nel dicembre 2003, è stato rafforzato da una serie di nuove disposizioni contenute nel trattato di Lisbona, che, come noto, è entrato in vigore dal 1 dicembre 2009. Tuttavia, a seguito delle mutate relazioni internazionali derivanti dai nuovi equilibri geopolitici dovuti alla ”Primavera Araba”, si è vissuta un’accelerazione al processo di cambiamento del quale solo la storia detiene il segreto, che ha messo in discussione la coerenza e la consistenza delle strutture e delle disposizioni riguardo la Sicurezza Europea. Senza addentrarmi in un pericoloso gioco di nuovi equilibri e nuove prospettive geopolitiche, vorrei comunque darVi le mie impressioni sugli sviluppi strategici, dalle quali trarrò alcune conclusioni in merito alla Difesa europea, la nostra Difesa. Ho identificato un certo numero di orientamenti strategici che vale la pena di prendere in considerazione, soprattutto in un momento in cui è imminente la nomina di un nuovo Governo nazionale che dovrà tenere in conto i futuri sviluppi internazionali ed europei. Il primo trend: l’importanza della nozione di ”sorpresa strategica”in un mondo complesso, vulnerabile e pericoloso. Il termine “sorpresa strategica” non è una parola vuota. Basta guardare alla storia degli ultimi 20 anni: una serie di crisi che hanno due elementi in comune. Nessuno le aveva previste o le aveva ritenute possibili; ‐ Hanno definito un modello di mondo fragile in cui la durata della stabilità è un parametro aleatorio. Il non aver identificato o anticipato questi cambiamenti, è probabilmente dovuto alla nostra iniziale visione esclusivamente geo‐centrica o semplicemente euro‐centrica; ma è anche dovuto alla nostra incapacità ed inadeguatezza nel “guardare oltre” secondo un ragionamento più complesso, poiché la nostra visione risulta più statica che dinamica, obbligata a considerare solo “una fotografia istantanea”, senza preoccuparsi dell’intero sviluppo degli eventi. Abbiamo sempre molti problemi nel metterci in discussione e quindi non siamo pronti a reagire alle novità derivanti da un nuovo modello di società più complessa e, allo stesso tempo, più vulnerabile. ‐ Il secondo trend riguarda il consolidamento delle aree di crisi caratterizzate da una cronica instabilità nel prossimo decennio; sono quattro le regioni da ritenersi critiche: la regione del Sahara‐Sahel e il Corno d'Africa, il Medio Oriente e il Mediterraneo orientale, il Golfo Persico e la penisola arabica, l’ Afghanistan e il subcontinente indiano. Il terzo trend: il rischio di un’Europa che non sia in grado di esprimersi quale potenza unitaria sulla scena internazionale. La crisi libica è stato un episodio indicativo delle divisioni interne all’ UE relative al concetto più generale di Difesa e allo sviluppo nell’utilizzo del potere. Si tratta di un dibattito sostanziale che non è ancora terminato e paralizza gli sforzi per costruire una difesa europea comune. Da un lato ci sono i sostenitori di un’Europa definita "hard power" nel senso del termine. Tale concetto potrebbe essere espresso nella cooperazione franco‐britannica, ovvero tra due paesi che intendono avere uno strumento completo militare, una deterrenza nucleare e posseggono un seggio nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. Dall'altra parte, ci sono i sostenitori di un’ Europa legata al concetto di "soft power", ovvero un’Europa pur sempre sensibile alle sirene pacifiste, che si basa sul potere economico e sull'influenza che possa avere nel difendere gli interessi nazionali. Estremizzando il concetto, si tratterebbe di un Europa quasi come una Confederazione che non è disposta ad accettare alcun onere in termini di difesa e di influenza internazionale. Tale differenza di vedute, dovrebbe essere superata in quanto, in futuro, la questione potrebbe non essere più la "difesa europea", ma la "difesa dell’Europa". L'Europa non può continuare ad evitare l’argomento senza rischiare che in futuro possa non esistere né una "potenza europea" e neppure una sola "influenza europea". Il rischio concreto è quello di ritrovarsi solo un’ Europa incapace e inconsistente. Quarto trend: Il “Riposizionamento degli Stati Uniti” nello scacchiere geopolitico si presenta sullo sfondo della politica di Obama che promuove un mondo in stile "multi‐partner". Gli Stati Uniti sembrano costruire nuove partnership strategiche. L’Europa appare solo come uno dei partner e ciò va tenuto in considerazione. Quinto trend: l'affermazione di "potenze emergenti". Le "potenze emergenti" (BRIC) non sono un gruppo omogeneo, piuttosto si tratta di paesi che rivendicano, a modo loro, uno specifico status nell’ organizzazione mondiale delle nazioni. Dal punto di vista militare, quest’ultime hanno compreso che l'affermazione del loro potere, anche a livello regionale, richiederebbe l’adeguamento dello strumento militare, nell’insieme di tutte le capacità, a quello del mondo occidentale. In sintesi, il mondo sta cambiando dinanzi a noi. Tuttavia, l’argomento “capacità militari dell'Unione Europea” rimane piuttosto singolare ed irrisolto. Da un lato, alcuni critici attribuiscono pur sempre la colpa agli Stati membri nel non fornire le capacità militari che promettono, impedendo in tal modo all'Unione Europea di diventare un “attore militare” credibile. Allo stesso tempo, altri sono convinti, in maniera non meno aggressiva, che la crescente militarizzazione della gestione delle crisi europee, possa mostrare come l'Unione Europea non sia, in realtà, così a corto di capacità militari. Dall’analisi precedente, si possono dunque far scaturire delle considerazioni principali, delle quali analizzerò Pro e Contro: Pro Tutti gli Stati membri affrontano le stesse minacce alla sicurezza, in tal modo possono agire sinergicamente per proteggersi a vicenda; Gli Stati Uniti non possono più sopportare l’onere della Difesa attraverso la sola NATO ‐ l'Unione Europea ha necessità di farsene carico anch’essa. PSDC consente all'Europa di gestire un proprio programma di difesa, piuttosto che mantenere quella prevista e dettata dagli Stati Uniti. Contro I rappresentanti eletti democraticamente dovranno prendere decisioni in tempo di pace e di crisi\guerra. L’organismo CSDP è guidato da un Alto rappresentante non eletto e con minori responsabilità e, di conseguenza, minori poteri decisionali; CSDP potrebbe distogliere alcune risorse dalle organizzazioni esistenti quali la NATO. A chi credere? Lascio a voi le considerazioni. Tuttavia, come detto finora, rimangono i fatti: negli ultimi 20 anni, si sono verificati vari eventi che hanno messo in pericolo la sicurezza e la stabilità europea in prossimità delle frontiere esterne, minandone gli interessi vitali ed evidenziando la necessità per l'Europa di affrontare la situazione di cambiamento nella sicurezza in modo più efficace, all’interno della comunità europea stessa, della nostra regione e conseguentemente in tutto il mondo. Personalmente, sono convinto che l'Italia è, in linea di principio, fermamente consapevole che l'integrazione europea è necessaria per reagire efficacemente contro le minacce in questi tempi difficili, quasi sospinta dal mondo globalizzato;ciò per una serie di motivi: L'Europa svolge pur sempre un ruolo importante quale attore globale nelle relazioni internazionali, anche in considerazione delle difficoltà esistenti; La strategia europea di sicurezza stabilisce i principi e fissa obiettivi chiari per promuovere gli interessi dell'UE in ambito sicurezza sulla base dei nostri valori fondamentali; Il Trattato di Lisbona segna una tappa importante per la comune politica estera e per la politica di sicurezza, presentando rilevanti novità nella struttura istituzionale; Le istituzioni europee ed il trattato di Lisbona stesso riconoscono che in ambito Sicurezza e Difesa europea, il rapporto con la NATO, tradizionale struttura di sicurezza e di difesa, è essenziale per l’Italia; L'importanza degli strumenti in possesso dell’UE può essere utilmente confrontata con la consistenza del ruolo della Nato sulla Difesa. Le due organizzazioni possono e devono quindi rafforzare le reciproche iniziative, realizzando le migliori sinergie tra ciò che la NATO ha creato fino ad oggi e ciò che l'Europa saprà creare, tutto ciò considerando una prospettiva in evoluzione del concetto Difesa. In questa prospettiva, l'Italia è sempre stata generalmente favorevole allo sviluppo delle capacità per una politica di Sicurezza e Difesa Comune, anche se l'efficacia delle missioni e operazioni “PESD” si basa soltanto su di una politica collettiva ancora in una fase piuttosto fragile e frammentata. A tutt’oggi, ovviamente, qualsiasi discussione sulla Politica di Difesa deve tener conto dei vincoli imposti dalla crisi finanziaria. I Governi degli Stati membri dell’UE stanno attuando misure di austerità e le risorse disponibili stanno diminuendo notevolmente, pertanto le risorse dovranno essere utilizzate nella maniera più efficace possibile. Gli strumenti militari di una qualsiasi nazione europea, inoltre, dovrebbero essere caratterizzati da un adeguato livello di interoperabilità, essere pronti ad un rapido “deployment”, caratterizzati dal concetto di sostenibilità, ed essere tecnologicamente avanzati. Ciò consentirebbe di garantire il finanziamento all'interno dell'UE solo per quegli investimenti in settori non già finanziati dalla NATO, ricercando quindi ogni possibile sinergia. In linea di principio, tali criteri sono stati accettati in Italia, e le disposizioni sono state identificate e adeguatamente inserite nella direttiva ministeriale di politica militare firmata dal ministro Di Paola. I vincoli di bilancio ci impongono di mantenere i livelli di spesa entro un volume equilibrato e sostenibile negli anni, essendo questa una linea guida comune per una più stretta collaborazione tra i membri dell'UE. La cooperazione sarà anche l'occasione per le nazioni europee per provvedere congiuntamente a ciò che è economicamente fuori portata di un singolo Stato; "si possono trarre enormi vantaggi dalla condivisione delle spese e degli oneri". A tal proposito, le iniziative di “Pooling and Sharing” and “Smart Defence” rappresentano importanti strumenti per lo sviluppo di comuni capacità, e danno adito ad alcune preziose opportunità sulle quali mi soffermerò di seguito: L’European Defence Agency(EDA) offre una struttura comune per lo scambio di informazioni e conoscenze, per promuovere quindi la cooperazione nel settore della difesa che è il presupposto per cui gli obiettivi "P & S" possono essere raggiunti; Le iniziative P&S sono strumenti essenziali per fornire capacità avanzate e compensare i tagli ai bilanci della Difesa; Molte innovazioni tecnologiche trovano applicazioni sia in ambito civili che militare. La “Difesa” non può essere considerata in maniera isolata solo come qualcosa di militare, piuttosto la distinzione tra le tecnologie militari e quelle civili è diventata sempre meno accentuata;. L’EDA costituisce una struttura comune per poter costruire una cooperazione diversa in molti settori. Ogni sforzo volto a facilitare la cooperazione all’interno degli stati e tra i vari Stati membri deve essere perseguito per accrescere la competitività globale e l'efficienza dell'industria della difesa europea. Una struttura di base fortemente competitiva di difesa europea nel settore industriale e tecnologico è quindi essenziale per garantire all'Europa di reagire alle sfide della sicurezza e della Difesa. Tuttavia, una forte industria europea deve essere sostenuta da un mercato competitivo, e questo oggi non sembra essere sempre il caso. Se è certamente vero che P&S potrebbe essere un modo per soddisfare budget sempre più ristretti, P & S non è l'unica opportunità. Una linea guida comune o un argomento comunemente sentito in Europa tra i detrattori dei militari in genere, o di una forte difesa militare europea, risulta essere quello per cui il denaro speso per progetti di difesa potrebbe essere meglio utilizzato per il miglioramento della società; ovvero creare nuovi posti di lavoro, aumentando il tenore di vita, e risolvendo i problemi del quotidiano. In realtà, quattro millenni di esperienza umana rinforzano la tesi secondo cui la spesa per lo sviluppo di nuove tecnologie militari serve, da un’analisi attenta, a beneficio della società, probabilmente riuscendo ad alleggerire le maggiori difficoltà in tempi di contrazione del budget piuttosto che aggravarle. Guardando alla storia, il primo esempio noto dell’applicazione di questo principio è l'adozione da parte egiziana del carro, che ha notevolmente innovato la tecnologia nel trasporto durante il secondo millennio aC. Difatti, se non fosse stato per l'invasione degli Hyksos nel 1670 aC, che inflissero agli Egiziani un colpo brutale con la loro cavalleria munita di carro, la civiltà egizia non avrebbe potuto adottare il carro. Già nell’800 aC, gli Assiri introdussero dei concetti fondamentali di logistica, una componente rilevante nel business moderno, includendo i rifornimenti dei beni essenziali come parte fondamentale dello sforzo nell’ equipaggiare le truppe imperiali. Due secoli più tardi, il concetto di servizio postale è stato introdotto quando gli imperatori persiani cercarono di mantenere la comunicazione con i comandanti sul campo. I Romani poi hanno sviluppato le loro strade, che in definitiva, hanno costituito l’avvio del progetto per un moderno sistema stradale, di per sé un concetto introdotto nel 1950 dal presidente Dwight D. Eisenhower tenendo a mente le esigenze militari. Intorno al 100 aC, gli eserciti cinesi iniziarono ad usare la carriola, un “pezzo di tecnologia” ritenuto così vitale nel trasporto di materiale militare che l'imperatore ne mantenne il suo design segreto per molti anni. L'elenco delle scoperte tecnologiche militari con applicazioni civili continua fino ai programmi spaziali (che in Italia derivano dal centro Sperimentale dell’ Aeronautica Militare Italiana di Guidonia e dal progetto San Marco, guidato dal Generale dell’Aeronautica italiana Luigi Broglio) della fine del ventesimo secolo; senza di essi la moderna comunicazione satellitare ‐per citare solo un esempio‐ non sarebbe stata possibile. La tecnologia satellitare, a sua volta, ha facilitato il sistema di posizionamento globale militare (GPS), oggi utilizzato da civili per la navigazione nei sistemi di bordo dei veicoli/velivoli e per i telefoni cellulari. Inoltre, la comunità intelligence statunitense e i militari hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo di Internet, oggi usato in tutto il mondo. Continuando si può citare il sistema l'ABS, le tecnologie aerodinamiche applicate alle utilitarie e alle auto sportive, i motori a reazione, i materiali ad alte prestazioni, i materiali compositi, i razzi spaziali, la propulsione nucleare e l'energia nucleare, l'elettronica avanzata e molte altri dispositivi che usiamo quotidianamente, derivano dalla ricerca militare. La Ricerca Operativa, sviluppata durante la seconda guerra mondiale per poter prevedere le possibili azioni dei nemici, ha notevolmente migliorato le tecniche di analisi dei problemi complessi, con conseguente sviluppo di applicazioni dell’analisi computerizzata in tutti i settori, in particolare nell’ambito economico, determinando anche la cosiddetta telematica moderna. Molti prodotti della chimica e della biologia moderna e molti dei processi scientifici in uso spesso hanno una sorta di origine militare. Oggi, senza dubbio, l’intelligenza artificiale utilizzata per il controllo di sistemi complessi, spesso non gestibili con sistemi tradizionali, deriva principalmente da esigenze militari (i “droni” moderni potrebbero rappresentare un esempio di tutto ciò). Quindi, i cittadini europei non devono temere i programmi di investimento in generale, ne quelli militari in particolare, dal momento che di norma essi comportano una spinta industriale ed economica. Ancor più, le risorse economiche assicurate per i programmi di investimento di norma non sono pienamente responsabili del deficit economico di uno Stato. Senza addentrarmi in teorie economiche complesse ed articolate, tra le tre spese principali di uno Stato, beni di consumo, personale e di beni capitali, l'investimento per i beni capitali, nel disavanzo dello Stato, pesa per una minima parte. Storicamente e statisticamente, mentre i beni di consumo primari sono una perdita completa nel bilancio dello Stato (o, se si preferisce, un peso gravoso sul deficit dello Stato), le spese per il personale in genere gravano sul deficit statale per circa il 50% del loro valore e gli investimenti capitali più o meno per il 30% del loro valore. Questo mi permette di esprimere una considerazione: i programmi di investimento militari portano una preziosa innovazione tecnologica rispetto ad una minore penalizzazione nel bilancio dello Stato, oltre a rendimenti positivi in termini di lavoro e di nuovi capitali associati alle vendite di alta tecnologia. Certamente in tale maniera, si alimenta un virtuoso ciclo economico e si definisce, al momento e per il futuro, ciò che rappresenta la differenza tra i paesi avanzati ed quelli in via di sviluppo. Di conseguenza, è necessario sottolineare che la ricerca associata all’innovazione tecnologica militare non deve essere vista come una responsabilità, ma più come un gratificante, strategico vantaggio per lo sviluppo di un paese. Le Nazioni che “riescono a dominare” le nuove Tecnologie derivanti dalla ricerca militare hanno dimostrato di essere in prima linea anche nella crescita economica. La ricerca Militare scientifica e tecnologica storicamente è quindi stata un fattore fondamentale per lo sviluppo di applicazioni in campo industriale, scientifico e sociale. E’ di tutta evidenza che il salto tecnologico importante del mondo occidentale è stato il risultato di una ricerca militare svolta durante la Seconda Guerra Mondiale, e l'Europa ha sicuramente giocato un ruolo importante. Si dovrà pertanto cercare di non ricadere in una fase di involuzione del processo a causa del timore del “militare” o a seguito della mancanza di investimenti nel settore militare: come ho evidenziato prima, molti concorrenti sono là fuori pronti a riempire il vuoto dovuto alla mancanza di performances dell’industria militare europea, pronti anche a beneficiarne. Di certo la componente industriale è una parte importante per il futuro dell'Europa della Difesa, ma non è l'unica e comunque ha bisogno di un giusto indirizzo di governance generale, sia dal punto di vista politico che militare. Sarebbe invece poco prudente investire in nuove capacità sviluppate in comune, quindi nuovi investimenti, condividere risorse, se tutto il sistema europeo non fosse supportato da un efficiente, puntuale e pragmatica struttura di governance. Abbiamo già visto in passato come in occasione di molti programmi multinazionali, che in un certo senso possono considerarsi un primo progetto embrionale della futura iniziativa di Pooling & Sharing, le non chiare volontà nazionali, gli inaspettati e non coordinati ritiri dai programmi già avviati da parte di singole nazioni, la mancanza di autorizzazioni nazionali per quanto riguarda l'utilizzo di uomini, mezzi e risorse nei programmi multinazionali, hanno ritardato o, in taluni casi, negato la disponibilità delle capacità comuni alle nazioni partner. Un investimento sulla difesa comune deve essere preceduto da un impegno europeo unanime e convinto, che consenta l'accesso illimitato e l’impiego di comuni, e/o condivise capacità in presenza di una crisi internazionale che richieda l'impiego di mezzi militari. Ad oggi non è sempre stato così, anche all'interno della stessa NATO. Questo è il motivo per cui un giusto indirizzo di governance politica e militare risulta essere il prerequisito fondamentale per una difesa europea credibile, anche nel supporto industriale associato. Ma come è possibile realizzare tutto ciò? Essendo un Ufficiale dell’Aeronautica, mi asterrò dal suggerire soluzioni politiche che appartengono al mio Ministro e agli altri rappresentanti politici nazionali. Da un punto di vista personale, credo fermamente che gli Stati membri dell'UE dovrebbero impegnarsi nel presentare idee serie e concrete sulle modalità attraverso le quali implementare la cooperazione in ambito difesa e sicurezza. La cooperazione in ambito difesa è parte del trattato di Lisbona, è stata analizzata in modi differenti; varie opzioni sono state considerate, compresi quei parametri di performance e di convergenza, poi messi da parte e considerati poco pratici e in un certo senso obsoleti. Tante speculazioni in materia, ma i risultati concreti devono ancora essere espressi chiaramente. Credo che ciò che ha portato l'euro, la nostra moneta europea, nei nostri portafogli abbia avuto inizio da meccanismi di cooperazione simili e, probabilmente, la cooperazione merita più attenzione e merita di essere affinata; può assumere anche denominazioni diverse da quelle esistenti ad oggi. Tale cooperazione potrebbe diventare un strumento di sviluppo per gli Stati membri che sono disposti a “rischiare” e dimostrano di essere in grado di progredire più rapidamente ed efficacemente nello sviluppo delle nuove capacità. Per accelerare il processo, le nazioni europee potrebbero partire dai progetti di cooperazione già esistenti, in particolare quelli volti a porre rimedio a gravi carenze capacitive. Un opportuno punto di partenza, potrebbe essere la European Air Transport Fleet (EATF), che ad oggi sta orientandosi verso un meccanismo di sempre più ampia partecipazione. Gli Stati che contribuiscono all’ EATF stanno condividendo le funzionalità e capacità operative di uno stesso velivolo, avvalendosi del Comando Europeo del trasporto aereo che svolge un ruolo di guida e coordinamento sia per quelle missioni tipicamente del settore trasporto che in quelle specifiche di rifornimento in volo. Altro esempio per una nuova iniziativa basata sulle capacità già esistenti, potrebbe essere quella di accomunare le capacità nazionali delle Forze Aeree delle nazioni europee per utilizzarle in ambito di AIR Policing, ovvero "difesa dello spazio aereo europeo", utilizzando i velivoli già disponibili e mettendone a fattor comune le capacità operative. La richiesta di poter “accomunare le risorse” militari esiste anche nel settore dei velivoli a pilotaggio remoto (UAV), nel settore dell' addestramento dei piloti e degli elicotteri da trasporto. Non ho citato volutamente i settori terrestre, marittimo e di polizia nei quali non ho competenze specifiche, ma sono sicuro che ci sono aree di cooperazione da esplorare anche in questi ambiti. In conclusione, l'Italia ha sempre sostenuto l'importanza dell'integrazione europea e la convinzione che la cooperazione di successo richieda allo stesso tempo una volontà politica, una direzione politica e una visione politica a lungo termine. Per rispondere efficacemente alle nuove minacce alla sicurezza, abbiamo bisogno di un’Europa più capace, più coerente e più attiva. Le iniziative dell'UE rappresentano inoltre valide alternative per far fronte alla crisi economica. In più, nel sostenere una difesa europea più solida, si farebbe un passo avanti anche nello sviluppo dell’ economia dell'Unione Europea. L'Europa deve imparare a considerare la ricerca militare e l'industria militare come una delle principali guide del progresso, considerandole un forte sostegno allo sviluppo di prodotti innovativi altamente tecnologici e di valore, certamente di grande utilità per tutto il mondo industriale in generale. Il mondo sta cambiando dinanzi a noi, cerchiamo di non dimenticarlo. In un mondo che cambia, gli uomini vivono di ambizioni future, legate quindi a ciò che il futuro riserva: i risultati conseguiti nel passato non garantiranno per sempre la stabilità futura, né gli uomini saggi vivono e si adagiano sui ricordi del passato.