Ritiro anticipato dell'alunno? Richiesta di intera retta non è vessatoria
Tribunale Reggio Emilia, sez. II civile, sentenza 19.12.2013 n. 1983 (Riccardo Bianchini)
Con una recente pronuncia, il Tribunale di Reggio Emilia ha avuto modo
di affrontare lo specifico caso relativo all'interruzione del rapporto fra alunno e scuola privata, sotto il
profilo della liceità della richiesta dell'istituto di ottenere il pagamento dell'intera retta annuale.
In punto di fatto era avvenuto che l'alunno, dopo aver corrisposto la sola prima rata mensile, aveva
interrotto la frequentazione dell'istituto privato, contestando alla scuola una serie di inadempimenti
contrattuali che avrebbero condotto alla risoluzione del rapporto.
L'istituto, contestando la sussistenza di inadempimenti a proprio carico, aveva preteso il pagamento
dell'intera retta annuale, in forza di una specifica previsione contrattuale regolante proprio l'ipotesi di
recesso dal rapporto
L'istituto otteneva quindi l'emanazione di un decreto ingiuntivo a proprio favore e il genitore esercente
la patria potestà dell'alunno (ancora minorenne) proponeva opposizione ad esso deducendo, in primo
luogo, la risoluzione del contratto per inadempimento dell'istituto e, in via subordinata, la nullità della
clausola contrattuale che prevedeva il pagamento dell'intera annualità per l'ipotesi di recesso dal
contratto ritenendo tale clausola vessatoria e, dunque, attratta alle previsioni di cui all'art. 1341 c.c.
Il Giudice ha affrontato la questione esaminando, in primo luogo, la domanda di risoluzione del rapporto
contrattuale, giungendo però alla constatazione che i supposti inadempimenti posti in essere
dall'istituto, in realtà, consistevano in circostanze già conosciute da parte dell'attore opponente al
momento della stipula del contratto (infatti, il medesimo alunno aveva seguito le lezioni in tale istituto
anche per l'anno precedente, e dunque era ben noto all'attore che le circostanze, poi addotte come
inadempimento contrattuale, si sarebbero verificate anche nel corso dell'anno in cui il rapporto si è
interrotto): di conseguenza, nessun inadempimento poteva ascriversi alla condotta tenuta dall'istituto
privato.
Così sgombrato il campo dalla questione relativa alla risoluzione per inadempimento del contratto, il
Giudice ha potuto concentrarsi su quello che risulta essere il tema di maggior interesse della pronuncia:
ossia la possibilità di ritenere illecita la previsione secondo cui, in ipotesi di recesso dal contratto,
l'alunno sia obbligato a pagare per intero la retta annuale.
Invero, il tema è stato affrontato nella pronuncia sotto due distinte prospettive.
In primo luogo, infatti, posta la domanda dell'attore opponente, ha dovuto valutare se una tale
previsione rientrasse o meno fra quelle previste all'art. 1341, comma 2, c.c.: la disposizione ultima
citata, infatti, prevede che per una serie di clausole contrattuale debba essere predisposta una
apposita approvazione scritta ai fini della validità della clausola stessa.
Ora, al riguardo, il Giudice ha ritenuto che la clausola che impone il pagamento dell'intera annualità per
l'ipotesi di recesso anticipato da parte dell'alunno sia riconducibile ad una clausola che limita il libero
esercizio del recesso comportante, in ipotesi di recesso, il pagamento di una penale.
Detto ciò, il Giudice ha poi ricordato come in giurisprudenza, posto il principio della tassatività
dell'elencazione inserita nel comma 2 dell'art. 1341 c.c., è stato escluso che rientri fra le clausole
vessatorie di cui alla predetta norma sia una clausola che limiti il diritto di recesso, sia la clausola
penale.
Risolto questo primo aspetto della questione, il Giudice – sebbene non espressamente sollecitato da una
domanda di parte – ha poi voluto verificare se la clausola in contestazione non fosse comunque da
ritenersi invalida in forza della previsione di cui all'art. 33 del d.lgs. 205/2006 (recante il Codice del
Consumo). In particolare, la disposizione di cui il Giudice ha “sospettato” la violazione è quella di cui al
comma 2, lett, f) della disposizione citata: “1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il
professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico
del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di:
... f) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di
una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo
manifestamente eccessivo”.
Al riguardo, il Giudice ha però ritenuto che la clausola contestata non possa essere ritenuta
“manifestamente eccessiva” in quanto il prezzo richiesto all'alunno corrisponde effettivamente a
quanto la controparte contrattuale, cioè la scuola privata, avrebbe ricavato nel caso di corretta
esecuzione del contratto validamente stipulato: in altri termini l'importo della penale non sarebbe
affatto “eccessivo” in quanto è, invece, proporzionato al costo che l'alunno avrebbe dovuto
corrispondere.
Inoltre, a riprova della correttezza della clausola, viene osservato nella pronuncia come “la parte più
significativa delle spese che la scuola deve affrontare per l’esecuzione di tale contratto, cioè
principalmente l’assunzione dei docenti e la locazione degli immobili, è già sostenuta al momento
dell’inizio dell’anno scolastico e non può quindi diminuire se uno studente recede dal contratto dopo
l’inizio della sua esecuzione.”
In sostanza, secondo il ragionamento del giudicante – il quale sembra fare coerente applicazione delle
disposizioni che disciplinano il recesso in materia di appalto e di prestazione d'opera – poiché la scuola
privata aveva già sostenuto costi proporzionati al numero di alunni iscritti per quell'annualità, e poiché il
ritiro dalla scuola non consentiva di porre rimedio ai costi per strutture e insegnanti, risultava
conseguente ritenere che la penale così calcolata non potesse ritenersi manifestamente eccessiva.
Da ciò il rigetto della domanda dell'attore e la conferma del decreto ingiuntivo concesso all'istituto.
(Altalex, 23 gennaio 2014. Nota di Riccardo Bianchini)
/ ritiro anticipato / retta scolastica / scuola privata / Riccardo Bianchini /
Tribunale di Reggio Emilia
Sezione II Civile
Sentenza 19 dicembre 2013, n. 1983
N. R.G. 1548/2011
TRIBUNALE ORDINARIO di REGGIO EMILIA
SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Gianluigi Morlini ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la
seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 1548/2011 promossa da:
A. L. (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. LOLLI ALESSANDRA, elettivamente domiciliato in VIA P.
BORSELLINO 2, 42100 REGGIO NELL’EMILIA. presso il difensore avv. LOLLI ALESSANDRA
ATTORE/I
contro
ARS ET LABOR GROUP S.R.L. (C.F. ***), con il patrocinio dell’avv. BASSI CLAUDIO, elettivamente
domiciliato in VIA SESSI 1 42121 REGGIO EMILIA presso il difensore avv. BASSI CLAUDIO
CONCLUSIONI
L’attrice conclude come da foglio allegato all’odierna udienza; parte convenuta come da comparsa di
costituzione.
FATTO
E’ pacifico tra le parti e comunque risulta per tabulas che A. L., in qualità di madre esercente la potestà
genitoriale sulla figlia F. S., all’epoca minorenne, ha iscritto la figlia stessa alla scuola privata Ars et
Labor per l’anno scolastico 2010-2011, obbligandosi al pagamento di un complessivo prezzo annuale di €
7.500 (cfr. all. 2 fascicolo di parte opponente); ma che, dopo un mese di frequenza ed il pagamento di €
850 a titolo di quota d’iscrizione iniziale e di retta del primo mese, ha poi ritirato la figlia dalla scuola e
l’ha iscritta ad una scuola pubblica, comunicando ad Ars ed Labor che riteneva risolto il contratto per
inadempimento di controparte nell’organizzazione dell’orario delle lezioni e dell’utilizzo dei laboratori
(cfr. all. 4 fascicolo di parte opponente).
Ciò premesso, Ars et Labor ha ottenuto nei confronti della L. il decreto ingiuntivo meglio indicato in
dispositivo per il pagamento di € 6.650, pari al saldo spettante per la frequenza dell’intero anno
scolastico, invocando il disposto dell’articolo 2 del contratto stipulato tra le parti, che legittima la
scuola ad esigere l’intero importo nel caso in cui l’alunno abbandoni la frequenza “prima dell’ultimazione
dell’anno scolastico”.
Proponendo la presente opposizione, la L. eccepisce per un verso l’illegittimità della clausola, in quanto
ritenuta vessatoria e non specificamente approvata per iscritto ex art. 1341 comma 2 c.c., e per altro
verso l’inadempimento di controparte, così concludendo per la revoca del decreto ingiuntivo opposto e
per la restituzione della somma di € 850 già pagata.
Resiste Ars et Labor, deducendo che la clausola non è vessatoria e comunque è stata ritualmente
approvata ex art. 1341 c.c.; e deducendo poi che nessun inadempimento può essere riscontrato nel
comportamento della scuola.
La causa è istruita dal Giudice allora procedente con l’esame di tutti i testi indotti dalle parti.
DIRITTO
a) Per evidenti ragioni di logica giuridica, va previamente scrutinata la domanda di risoluzione formulata
da parte attrice per inadempimento ex adverso, giacché il suo accoglimento consentirebbe di definire il
giudizio in senso favorevole alle domande attoree con assorbimento della questione relativa alla validità
della clausola ritenuta vessatoria.
Tanto premesso, la L. prospetta sostanzialmente quattro inadempimenti di controparte, ed in
particolare l’inizio delle lezioni una settimana dopo quello delle scuole pubbliche; un orario scolastico
ridotto nei primi giorni, quelli di vigenza dell’orario cosiddetto provvisorio; la mancanza di laboratori
nella scuola; la necessità di raggiungere periodicamente Pomigliano D’Arco, a proprie spese, per svolgere
esercitazioni e completare la preparazione anche con attività di laboratorio.
Ciò posto, trattasi di rilievi che non colgono nel segno, e che sono inidonei a fondare un inadempimento
di controparte.
Infatti, evidenziato che F. S. frequentava per il secondo anno la Ars et Labor, e quindi vi era perfetta
conoscenza del sistema didattico e dell’organizzazione interna, si osserva che:
· con riferimento all’inizio delle lezioni una settimana dopo quello delle scuole pubbliche, deve replicarsi
che le scuole private non sono tenute ad iniziare l’anno scolastico la stessa settimana delle scuole
pubbliche; e che non risulta che Ars et Labor abbia mai comunicato alla L. che avrebbe iniziato le lezioni
la stessa settimana delle scuole pubbliche. Anzi vi era certamente piena consapevolezza da parte
dell’attrice del fatto che le lezioni sarebbero iniziate una settimana dopo l’inizio delle scuole pubbliche,
atteso che ciò è sempre capitato ed era così successo anche l’anno precedente, allorquando la S. già
frequentava l’Istituto (in questi esatti termini cfr. la deposizione della teste professoressa Iorio);
· quanto poi all’orario ridotto nei primi giorni di lezione, trattasi notoriamente di prassi del tutto
comune in qualunque genere e grado di scuola, anche pubblica, e pertanto deve escludersi un
inadempimento contrattuale di parte convenuta, tenuto conto che detto orario provvisorio venne
“portato avanti per non più di due settimane” (sempre teste Iorio);
· circa l’assenza di laboratori, nuovamente deve evidenziarsi che Ars et Labor mai ha assicurato la
presenza degli stessi, ciò che esclude un inadempimento di parte convenuta, tanto più che la
circostanza dell’assenza di laboratori era perfettamente nota alla S. (lo stesso teste Francesco S.,
marito dell’attrice e dalla stessa indotta, riconosce che “anche l’anno precedente mia figlia non aveva
frequentato i laboratori”);
· relativamente infine alla previsione di trasferte a Pomigliano a spese degli studenti per il
completamento del programma di studi, va ulteriormente ribadito che trattasi di circostanza sempre
chiarita dall’Istituto e perfettamente nota all’attrice (conferma il teste Francesco S. che “Le spese
erano intermente a carico degli studenti… Preciso che anche l’anno precedente si era recata a
Pomigliano a spese nostre”, e la stessa F. S. riconosce che era sempre stato detto che i viaggi
sarebbero stati “a carico degli allievi”).
Sulla base di tutto quanto sopra, devono ritenersi insussistenti i dedotti inadempimenti di parte
convenuta, ciò che impone il rigetto della domanda attorea di dichiarare la risoluzione del contratto per
inadempimento ex adverso, nonché della domanda di condannare la controparte a restituire quanto
pagato al momento dell’iscrizione e per il primo mese di frequenza.
b) Deve allora muoversi all’esame della domanda, logicamente subordinata a quella di risoluzione per
inadempimento, di nullità, sul presupposto della natura vessatoria e della mancata approvazione
specifica ex articolo 1341 comma 2 c.c., della clausola contrattuale che consente a Ars et Labor di
ottenere il pagamento dell’intero importo previsto per un anno di frequenza, laddove lo studente
abbandoni il corso prima della fine dell’anno scolastico.
Anche tale domanda è infondata.
Infatti, da una prima angolazione deve evidenziarsi che, per pacifica giurisprudenza, l’eccezionalità
della norma della specifica approvazione per iscritto, derogando alla generale libertà di forma, rende le
ipotesi dell’art. 1341 comma 2 c.c. tassative e a numero chiuso, insuscettibili quindi di applicazione
analogica, ma al più solo estensiva (Cass. n. 14038/2013, Cass. n. 11757/2006, Cass. n. 9646/2006, Cass.
n. 4036/2003, Cass. n. 1833/2003, Cass. n. 10425/2002, Cass. n. 14912/2001, Cass. n. 14302/1999,
Cass. n. 5777/1990, Cass. n. 8062/1987, Cass. n. 7524/1987, Cass. n. 999/1987, Cass. n. 22/1987 e
Cass. n. 3835/1984). Pertanto, atteso che la clausola per cui è processo per un verso esclude la facoltà
di un libero recesso del contraente, e per altro verso prevede una clausola penale, deve concludersi che
la clausola stessa non rientra nella tassativa elencazione di cui all’articolo 1341 comma 2 c.c., che non
contempla né l’ipotesi di esclusione della facoltà di recesso, né quella di previsione di clausola penale (in
questi stessi termini, cfr. Cass. n. 6558/2010, Cass. n. 23965/2004, Cass. n. 20744/2004 e Cass. n.
9295/2002 in ordine alla non necessità di specifica approvazione per iscritto di una clausola penale, e
Cass. n. 14038/2013 in ordine alla non necessità di specifica approvazione per iscritto della clausola che
esclude la facoltà di recesso).
Da altra angolazione e comunque, anche a volere in mera ipotesi diversamente opinare, dovrebbe
comunque ritenersi che la specifica approvazione scritta sia in ogni caso stata effettuata, atteso che il
contratto agli atti vede sia una firma di stipula, sia una firma di specifica approvazione delle clausole
ritenute vessatorie, tra le quali è vi è quella per cui è causa, chiaramente indicata con il numero e con la
rubrica ‘obbligo del pagamento dell’intero importo in caso di mancata frequenza o abbandono del corso
frequentato’ (cfr. all. 2 fascicolo della stessa parte attrice).
Infine e solo per completezza espositiva, va evidenziato che la clausola de qua neppure potrebbe essere
censurata sulla base del disposto di cui all’articolo 33 comma 2 lettera f) D.Lgs. n. 206/2005, cd.
Codice al Consumo, norma peraltro nemmeno invocata dalla difesa di parte attrice.
In proposito, si osserva che, ad avviso di questo Giudice, non può essere ritenuta “manifestamente
eccessiva” una clausola che, in caso di immotivato recesso dell’alunno durante l’anno scolastico, preveda
la corresponsione a favore della scuola dell’intero prezzo pattuito per la frequenza annuale.
Infatti, per un verso detto prezzo corrisponde effettivamente a quanto la controparte contrattuale,
cioè la scuola privata, avrebbe ricavato nel caso di corretta esecuzione del contratto validamente
stipulato; per altro verso, le parte più significativa delle spese che la scuola deve affrontare per
l’esecuzione di tale contratto, cioè principalmente l’assunzione dei docenti e la locazione degli immobili,
è già sostenuta al momento dell’inizio dell’anno scolastico e non può quindi diminuire se uno studente
recede dal contratto dopo l’inizio della sua esecuzione.
Pertanto, lungi dall’essere “manifestamente eccessiva”, la clausola penale in oggetto consente
semplicemente alla scuola di trovarsi nelle medesime condizioni economiche in cui si sarebbe trovata
laddove il contratto fosse stato correttamente eseguito da controparte, e quindi di non essere
penalizzata a seguito dell’illegittimo comportamento di controparte stessa.
Discende allora in conclusione che la richiesta di pagamento azionata in sede monitoria deve ritenersi
fondata.
c) In ragione di tutto quanto sopra, l’opposizione va integralmente rigettata, con conseguente conferma
del decreto ingiuntivo qui opposto.
Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite,
che, liquidate come da dispositivo in assenza di nota e con riferimento al D.M. n. 140/2012, in ragione
della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 ed atteso che l’attività degli avvocati si è
esaurita dopo la caducazione delle tariffe il 23/7/2012 (cfr. Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012, Cass. nn.
18473/2012, 18551/2012, 18920/2012), sono quindi poste a carico della soccombente parte opponente
ed a favore della vittoriosa parte opposta, tenendo a mente il valore medio per ciascuna delle quattro
fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito dello scaglione entro il quale è
racchiuso il petitum di causa.
P.Q.M.
il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
- rigetta l’opposizione, e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 3971/2010 emesso dal Tribunale
di Reggio Emilia il 1-2/12/2010;
- condanna L. A. a rifondere a Ars et Labor Group s.r.l. le spese di lite del presente giudizio, che liquida
in € 50 per rimborsi, € 2.100 per compensi, oltre Iva e cpa.
Reggio Emilia, 19/12/2013.
Il Giudice
dott. Gianluigi MORLINI
( da www.altalex.it )
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Richiesta di intera retta non è vessatoria Tribunale