CURIOSITA' VA MIANE
I -
Parole polacche nei dialoghi di Vanini.
Per il lettore polacco c'è nei dialoghi di Vanini una piacevole sorpresa di trovare due parole polacche: zeli t a t t a r s chi — De admirandis, ed. 1616, pag. 210 — cioè nell'ortografia polacca: t a t a r s k i e
ziel e, il nome popolare della pianta Acorus calamus L. chiamata oggi
t a t a r a k. Luigi Corvaglia ha indicato la fonte nel capitolo 140 del De
subtilitate di Giulio Cesare Scaligero. Ma nel testo scaligeriano leggiamo: « Acorus Lituani tartaricam herbam, sua lingua tattarschi zeli ...
nominant ». Ora, Vanini ha giustamente lasciato i « Lituani », perché
non si tratta delle parole lituane, bensì delle polacche — confusione
spiegabile con il fatto, che dal Quattrocento al Settecento Polonia e Lituania formavano uno stato federato
II -
Es. 47 et Gal. 4.
La pagina 59 dell'Amphitheatrum — ed. 1615 — comincia dalle
misteriose abbreviature « Es. 47 et Gal. 4 » chiamate da Luigi Corvaglia « interpolazione inesplicabile » (Le opere di Giulio Cesare Vanini, Milano 1933, pag. 34, nota 2). Nel contesto Vanini parla del
culto delle stelle — syderum cultus — e ciò aiuta a risolvere il significato dell'Es. e Gal. Vanini indica i passi della Bibbia sull'argomento
analogo. « Es. 47 » significa: E s aia s, capitolo 47, verso 13, dove il
profeta parla sugli astrologhi babilonesi. « Gal. 4 » significa Pauli Apostoli epistola ad Gala t a s, capitolo 4, dove in versi 3, 8, 9 e 10 sono
bollate le superstizioni astrologiche.
III -
Vanini aiuta a risolvere un enigma di Schopenhauer.
Nei manoscritti del famoso filosofo Arthur Schopenhauer
1788 1860 — è stata trovata una curiosa osservazione: « Spinoza morì il 21
febbraio 1677, io invece sono nato il 22 febbraio 1788, cioè esattamente
111 anni dopo la sua morte — (Pythagoras wiirde sagen - - »
Handschriftlicher Nachlass, vol. 4, Neue Paralipomena, Leipzig 1893,
629, pag. 338). L'osservazione è interrol ta e non si poi ebbe indovinare il seguito, ma l'enigma è da risolvere con l'aiuto del lesto vaniniano. Sappiamo che Schopenhauer Fu un ammiratore di Vanini e citava spesso i diversi brani delle opere vaniniane. Ora l'espressione le161
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riesca « Pythagoras wiirde sagen » è, fuori ogni dubbio, la traduzione
iniana « Pythagoras iudicasset ».
dell'espressione vaniniana
Vanini scrive che Pomponazzi interpretava tanto bene le opere di
Averroes, che Pitagora direbbe, che l'anima di Averroes sia passata nel
corpo di Pomponazzi — Pomponatius ... in cuius corpus animam Averrois commigrasse Pythagoras iudicasset (Amphitheatrum, 1615, pag. 36).
Usando l'espressione vaniniana, e interrompendo la frase, Schopenhauer ha nascosto in questo modo il suo pensiero di essere legato tanto strettamente con la filosofia dello Spinosa, che Pitagora direbbe
che l'anima dello Spinoza sia passata nel corpo di Schopenhauer.
IV - La salentinità del Vanini.
Chi vuole conoscere perfettamente un pensatore, deve visitare il
suo paese. Seguendo questo consiglio di Goethe ho inserito i viaggi per
Nola, Stilo e Taurisano nel mio piano di studi sul pensiero dei maggiori
esponenti della filosofia italiana del cinquecento e seicento. In tutti e
tre i casi il condizionamento geografico è sbalorditivo. Il Nolano ricevette dal suolo patrio il temperamento « vesuviano ». In molti dialoghi,
poemi, sonetti osserviamo le eruzioni del pensiero bruniano, legato inscindibilmente con i dintorni del Vulcano.
Visitando la casa dello Stilese, situata un po' sopra tutto il villaggio,
ho capito come nacque la sua meravigliosa visione della Città del Sole.
Il giovane Gian Domenico Campanella ha avuto — per molti anni —
dinanzi agli occhi come sul palmo della mano tutto il villaggio. Il sole
ardente sul cielo, tutto il villaggio sulla montagna, e sotto la montagna
il mare senza confini, e niente più. Ciò costringeva la mente a centralizzare i pensieri sulla « città » vista sempre con un solo getto d'occhio,
isolata quasi totalmente dal mondo e soggetta alla ragione plasmatrice
come un pugno di argilla, il quale può essere trasformato in un'opera
d'arte.
Dieci anni fa, visitando la prima volta la Penisola Salentina, ho cominciato la faticosa ricerca intenta a strappare il segreto della formazione del pensiero vaniniano anche dal punto di vista del possibile condizionamento geografico. Ed ora desidero avanzare una ipotesi.
La storia della filosofia conosce molti pensatori ai quali piacciono
le posizioni medie, e la loro opera tende a conciliare le correnti diverse.
Sono gli antipodi del carattere di. Vanini. Il posto della filosofia vaniniana nella storia della cultura dei primi decenni del Seicento è nettamente caratterizzato per la sua posizione e s t r e m a. Proprio come
il posto del Salento nell'Italia è caratterizzato come F i n i b u s t e r r e.
Nel libro dedicato a questo « ultimo lembo d'Italia » Ernesto De Martino ha ricordato che «il senso del carattere estremo di
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questa terra traspare nel romanzo Finibusterre di Luigi Corvaglia
(Firenze 1936)».
Nella casa di questo illustre studioso delle opere vaniniane, situata
al Capo di Leuca, ho visto una significante iscrizione: « ALLE DEITA'
DEGLI ESTREMI ». Il Capo di Leuca è la punta estrema, oltre la quale
non c'è niente più. Nella filosofia europea dei primi decenni del Seicento
il Vanini è la punta estrema della sinistra.
Nessuno dei Salentini ha realizzato fin ora — tanto profondamente
e coraggiosamente, quanto Vanini — questa congruenza fra la posizione
estrema del Salento e l'estremismo delle proprie opinioni.
E' la prova che i « grandi uomini » — benché appartengano al mondo intero — sono radicati nel suolo nativo molto più profondamente
degli altri. Nessuno più Nolano del Bruno, nessuno più Stilese del Campanella, nessuno più Salentino del Vanini.
V - Vanini e le tarante.
Il mio scolaro ha recentemente tradotto in polacco « La terra del
rimorso », scritta da Ernesto De Martino, il quale ha studiato il tarantismo salentino osservando le danze dei tarantisti a Nardò e nella Cappella di Galatina e sfruttando una enorme letteratura sulle tarante dal Rinascimento ai nostri giorni.
Parlando con De Martino il 12 gennaio 1964 gli ho segnalato una
imperdonabile lacuna nel suo libro, che apprezzo tanto. De Martino che
sembrava di sapere tutto sul tarantismo non ha conosciuto il brano del
Vanini sulla cura musicale dei pugliesi morsi dalla taranta (De admirandis, 1616, cap. 57, pagg. 444-448). La morte prematura dell'eminente
studioso (il 5 maggio 1965) gli ha impedito di sfruttare il testo vaniniano che gli ho fornito subito. Certo, Vanini conosceva ciò che sul tarantismo hanno scritto Pomponazzi, Cardano e Scaligero (lo provano le
fonti pubblicate da Corvaglia anche accanto al brano sulle tarante),
ma, essendo Salentino, Vanini certamente conosceva il tarantismo dalla
propria osservazione e così le sue pagine hanno il peso che non dovrebbe
essere trascurato dagli studiosi di questo fenomeno, caratteristico per
la cultura religiosa del Salento.
VI - La farfalla e il granchio.
Sul frontespizio dell'Anfiteatro Va n iniano (Lione 1615) vediamo
un curioso disegno: una sottile farfalla catturata da un mostro. Sembra
un simbolo profetico della sorte del Vanini: un genio, un sottile gioiello
modellato dalla Natura Orefice, catturato dai mostri del Tribunale di
Tolosa.
Dalle ricerche che ho fatto per chiarire il segreto di questo disegno
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segue che il motivo del granchio con la farfalla appare nella stampa già
quaranta anni prima della nascita del Vanini.
Nelle biblioteche polacche ho trovato, fino ad oggi, 18 libri (vecchie
stampe lionesi) che portano sul frontespizio il granchio e la farfalla disegnati in sei modi diversi.
Il primo intitolato « In antidotarium Ioannis filii Mesuae censura
è stato stampato « Lugduni, apud Ioannem et Franciscum Frelionios
fratres 1546 », il secondo « Icones mortis, Lugduni 1547 », il terzo « Icones
historiarum Vcteris Testamenti, Lugduni, apud Ioannem Frellonium
1547 », poi « Aristotelis Stagiritae Peripateticorum Principis Ethocorum
ad Nicomachum libri decem (...) cum Donati Acciaioli Fiorentini cornmentariis, Lugduni, apud Ioannem Frellonium 1554 », poi « Ioan. Baptistae Montani Medici Veronensis I libros Galeni de arte curandi ad Glauconem explanationes, Lugduni, apud Ioannem Frellonium 1556 »; è il libro
con una epistola dedicatoria indirizzata « Serenissimo (...) Sigismundo
Augusto Dei gratia Regi Poloniae, magno Duci Lithuaniae, Rusiae, Pru161
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siae, Mazoviae, Samogitiae », scritta da un medico e filosofo polacco
Valentinus Lublinus Polonus dalla Padova, il 1 febbraio 1554. Vale la
pena di ricordare che questo re polacco è stato figlio di una principessa
italiana, Bona Sforza, regina della Polonia e duchessa di Bari.
Il nono libro è « De morborum internorum curatione
Dionysio Fontanono Authore, Lugduni, apud Ioannem Frellonium
1560 ». Poi, dopo 14 anni, lo stesso disegno riappare nei libri
francesi « Oeuvres poetiques de Mellin de S. Gelais, Lyon 1574 » e « Les
oeuvres francoises de loachim Du Bellay, Lion 1575 », stampati « apud
Antonium de Harsy » il quale ha sposato la figlia di Jean Frellon. Fra
i libri stampati da Harsy troviamo « Isaaci Casauboni Animadversionum
in Athenaei Dipnosophistas libri XV, Lugduni 1600 ». Dall'epistolario
di Casaubon sappiamo che Antonio de Harsy è stato il suo amico, che
funzionava come «cassetta postale» per le lettere indirizzate al Casaubon.
Il disegno i d e n t i c o a questo, che vediamo sull'Anfiteatro, ho
trovato solo su due altri libri: uno, parzialmente in greco, « Theophrasti
Notationes morum Isaacus Casaubonus recensuit, Lugduni, apud Antonium de Harsy 1599 », con una epistola dedicatoria indirizzata « Nicola()
Br u l a r do a Sileri », il ministro francese, che conosciamo bene come
p r o t e t t or e del Vanini, il quale lo menziona nel De admirandis
(« nobilissimus dominus meus », pag. 489). Altro libro, stampato — probabilmente dopo la morte di Antonio de Harsy — « pour Paul Frellon »
nel 1607 è altrettanto interessante. Si tratta di « Les lettres d'Estienne
P a s qui e r » (1528-1615), bollato come « ateo e impio » dal gesuita
Francois Garasse sulla stessa pagina dove si parla del Vanini. Vanini è
per Garasse il maestro dei libertini e Pasquier è per lui « un altro libertino » (pag. 988).
Il libro di Vanini è stato stampato, come sappiamo, dalla vedova di
kntonio de Harsy nel 1615. Sospetto, che appunto questa figlia di Jean
Frellon ha consigliato al Vanini di stampare un altro libro presso Adrian
Perier, dato che le due tipografie hanno collaborato. Ho trovato che la
stessa opera (un libro di Jean Bodin) è stata pubblicata nello stesso anno 1598 presso due tipografi: a Lione presso Antoine de Harsy e a Parigi
presso Adrian Perier.
Sul « De admirandis » (1616) vediamo un altro disegno: il compasso
noto dalle edizioni plantiniane di Anversa. Il segreto è semplice: Adrian
Perier ha sposato una delle cinque figliole di Christophe Planin. Madeleine è stata una vedova con nove figli, ma Perier, grazie a questo matrimonio, è diventato proprietario della « bouticque de Plantin », situata
a « rue S. Iacques » a Parigi.
I rapporti fra Perier e l'officina plantiniana a Anversa spiegano
forse la rapida distribuzione dei dialoghi vaniniani in vari paesi europei,
prima che gli inquisitori abbiano potuto clistruggerli
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Un esemplare unico del De admirandis porta un frontespizio diverso
dagli 87 altri esemplari registrati. Invece del compasso plantiniano vediamo (sull'esemplare di Copenaghem) un mietitore con la divisa: Aliis
serentibus, aliis meto. Una bella divisa per il tipografo, il quale stampa
le opere degli altri (aliis serentibus) « per gli altri » (aliis). Il disegno
proviene dalla S l e s i a, cioè dalla tipografia Sartoriana a L eg n i c a non lontano da Wroclaw).
ANDRZEJ NOWICKI
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