Effetti della “Primavera araba” sugli arrivi degli harraga in Sardegna di Arianna Obinu La rivolta sociale e politica che ha investito il mondo arabo durante i primi mesi del 2011 non sembra aver prodotto, sul breve termine, risultati confortanti dal punto di vista dello sviluppo democratico dei Paesi coinvolti. Egitto e Tunisia, dopo il ribaltamento politico dei rispettivi leader storici non sembrano trovare la via della pacificazione effettiva; la Libia appare chiusa nel silenzio febbrile del dopo Al-Qadhafi; la Siria è attualmente in preda ad una guerra che potrebbe assumere dimensioni inattese e ancor più drammatiche; la popolazione del Bahrain riunita a più riprese in piazza della Perla a Manama, ha tentato timidamente di far sentire la sua voce, approfittando anche della visibilità internazionale offerta dal Gran premio di Formula1, in programma nel marzo 2011 e poi rinviato a causa delle sommosse; in Marocco la situazione sembra essere contenuta sotto l'ala regale della monarchia regnante. E l'Algeria? Interessante, in una recentissima pubblicazione dell'intellettuale Tahar Ben Jelloun che racconta con lucidità la caduta dei regimi di Ben Ali e di Moubarak schiacciati dalla “rivolta per la dignità” dei popoli arabi - più nota al pubblico occidentale come “Primavera araba” -, il titolo riservato al capitolo dedicato all'Algeria: “Algeria: sarà dura”.1 In effetti, il più grande Paese d'Africa non ha subito il contagio rivoluzionario e prosegue indisturbato nella sua specifica transizione verso la modernità. “Quello che è successo in Tunisia e in Egitto – scrive Ben Jelloun -, è una protesta morale ed etica. È un rifiuto assoluto e senza mezzi termini dell’autoritarismo, della corruzione, del furto dei beni del paese, rifiuto del nepotismo, del favoritismo, rifiuto dell’umiliazione e della illegittimità che è alla base dell’arrivo al potere di questi dirigenti il cui comportamento prende a prestito molti metodi dalla mafia. Una protesta 1 Ben Jelloun, T.: La rivolta dei gelsomini. Il risveglio della dignità araba, Bompiani, Milano 2012, 144 pp. 1 per stabilire un’igiene morale in una società che è stata sfruttata e umiliata fino all’inverosimile. È per questo che non è una rivoluzione ideologica. Non c’è un leader, non c’è un capo, non c’è un partito che porta avanti la rivolta. Milioni di persone qualunque sono scese in strada perché quando è troppo è troppo! È una rivoluzione di tipo nuovo: spontanea e improvvisata. È una pagina della storia scritta giorno per giorno, senza una pianificazione, senza premeditazione, senza intrallazzi, senza trucchi. È come una poesia che sgorga dal cuore di un poeta che scrive sotto dettatura della vita, che si ribella e vuole giorni migliori”.2 A dimostrazione che il Maghreb raggruppa Paesi molto differenti tra loro e non monoliticamente inquadrabili entro un'unica cornice, l'Algeria non rientra nel novero dei Paesi in cui la rivoluzione ha avuto uno sviluppo culminato con il sovvertimento del potere vigente. I motivi sono rinvenibili, in parte, nell'analisi sopra citata di Ben Jelloun. Anzitutto, sebbene gli algerini soffrano anch'essi, come i loro correligionari, dell'ingiustizia, del nepotismo, dell'umiliazione quotidiana, della corruzione radicata, dell'immobilismo socio-economico, è evidente che la spinta all'“igiene morale” sia stata frenata da fattori interni ed esterni agli algerini stessi. Da un lato, potremmo parlare del prevalere del buon senso - o della paura? -, che hanno lavorato come deterrenti della violenza. Le immagini traumatiche del decennio nero del terrorismo sono troppo nitide e dolorose per gli algerini, perché rimettano in causa la relativa pax sociale raggiunta. D'altro canto, però, il governo stesso ha mediato ed è intervenuto promettendo nuovi aiuti e nuove riforme, onde evitare il renversement politique. L'Algeria, Paese ricco di idrocarburi e petrolio, per mettere a tacere i malumori ha sempre l'asso nella manica dell'elargizione di aiuti economici alle masse, sistema ben funzionante laddove un intero popolo è stato educato sin dagli anni '70 in questo senso. Una giovane universitaria algerina mi ha raccontato: “Tout est gratuit en Algèrie et l'être humain s'habitue à la gratuité! Alors puisque tout est gratuit, alors c'est pas la peine que je me caisse la tête à travailler, à avoir un salaire qui est très bas...on s'en fiche! Et donc ça encourage la médiocrité. Il n'y a rien qui est fait très très bien! Tout est fait de façon à ce que, si tu veux, l'algérien moyen ne supporte plus son pays”. In secondo luogo, i moti algerini del febbraio-marzo 2011 non erano scevri da orditure politiche. Il frazionamento partitico ed etnico algerino, ha dato per l'ennesima volta prova dell'incapacità della popolazione di unirsi al di là delle distanze ideologiche o 2 Ivi, p. 15. 2 culturali, votando i sabati in piazza nella capitale al fallimento. Inoltre, hanno concorso al mancato decollo della rivoluzione in Algeria altri fattori, esposti con chiarezza dal sociologo Nadji Safir: la conquista nel 1989 di una relativa libertà di associazione, stampa e del multipartitismo; il controllo dell'esercito e dei servizi segreti, invisibile ma performante; la convinzione che stia per aver fine l'era Bouteflika a causa della sua malattia; la tolleranza governativa nei riguardi del settore informale che permette a tanti giovani di “cavarsela”; i favoritismi di Bouteflika all'islam e la conseguente assenza in piazza di ribelli etichettabili come “religiosi”; 3 la cultura delle piccole rivolte, in nome della quale l'abitudine a rivoltarsi è quasi cronica e percepita come sfogo periodico di frustrazioni e malesseri che non hanno preso dimensioni macro; la violenza generalizzata che si respira nella società e che non è diretta essenzialmente contro obiettivi politici.4 Il Maghreb, intanto, nel 2011, ha conosciuto il caos (al-fawDà, in arabo), e l'estate italiana del 2011 è stata inaugurata dai copiosi sbarchi di migranti e profughi dalla Tunisia e dalla Libia: le nazionalità rappresentate sono tra le più varie, eritrei e sudanesi, egiziani e libici, tunisini e nigerini, congolesi e nigeriani. Probabilmente, tra i tanti che hanno approfittato dell'assenza di controlli lungo le coste tunisine e libiche per raggiungere Lampedusa, si sarà inserito sui barconi qualche algerino, mimetizzandosi tra i profughi in fuga dall'anarchia e dalle vendette sanguinose in corso nel piccolo Stato ex feudo appannaggio della famiglia Ben Ali – Trabelsi. A giudicare dalle pagine dell'attualità sarda, la Sardegna ha perso d'attrattiva agli occhi degli harraga algerini5. Dopo gli oltre quattromila arrivi sull'isola a partire dal 3 Il giornalista algerino Mohamed Benchicou ha affermato che “a Bouteflika piace la gonna della Messaoudi e la barba dell'islamista”, per sottolineare questo atteggiamento che scorre sul duplice binario delle concessioni ora ad un gruppo ora ad un altro. Purtroppo però, come si evince da una ricerca effettuata dal CIDDEF - Centre d'information et de documentation sur les droits de l'enfant et de la femme, la situazione della donna è nettamente peggiorata dal 2000 alla fine del decennio. Alcuni esempi: se nel 2000 il 27% degli intervistati algerini si dichiarava d'acordo sull'uguaglianza dei sessi, la percentuale è scesa al 16% nel 2009; nel 2000, un algerino su due avrebbe acconsentito all'equa spartizione dell'eredità tra uomo e donna, mentre nel 2009 neanche uno su tre; la metà degli intervistati nel 2000 si diceva pronto ad accettare una donna come presidente della Repubblica, invece nel 2009 tale dato passa ad un terzo del campione; il 38% poi, afferma la propria contrarietà al lavoro femminile. Cf. http://www.presse-dz.com/info-algerie/version-imprimable/9141-les-acquis-sontserieusement-menaces.html (Le soir d'Algérie, 02/03/2009). 4 Safir, N.: “L'Algérie et le “printemps arabe”: un contexte singulier, à court terme et des perspectives communes, à long terme”, rinvenibile sul sito IEMedObs – Observatory of Euro-Mediterranean Policies, settembre 2011, 8 pp. 5 Harraga (lett. bruciatori) è il termine dialettale in uso in Algeria e Marocco per indicare coloro che partono verso l'Europa privi dei documenti necessari al viaggio, che partono in modo irregolare. Questi giovani uomini sono bruciatori di tappe, di identità (poiché distruggono i propri documenti per non essere identificabili), di vita (poiché aspirano ad una nuova vita, ad una rinascita!). Purtroppo, occorre sottolinearlo, queste avventure per mare terminano spesso in tragedia. 3 2006, i dati relativi al 2011 evidenziano il calo netto del fenomeno: quattro gli sbarchi tra gennaio e maggio, per un totale di una settantina di persone; due sbarchi appena durante l'estate, per un totale di 48 persone (45 uomini, una donna e due bambini) giunte in Sardegna il 14 agosto, e 25 giovani approdati il 13 settembre a Porto Pino, spiaggia del comune sulcitano di Sant'Anna Arresi. 6 L'ultimo tragico tentativo di harga del 2011 risale al 17 novembre, fatale ad un minore, la cui vita è stata strappata dal mare. Le riflessioni di fronte a tale sensibile riduzione degli arrivi sono le seguenti: – i potenziali harraga algerini hanno scelto la Tunisia come porto di partenza, sull'onda della notizia del rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari. Non è difficile intuire che, all'atto dell'identificazione dei giovani sbarcati a Lampedusa, possa sfuggire la distinzione tra un algerino dell'est e un tunisino, come del resto è avvenuto in Grecia, altra meta dei migranti irregolari algerini, pronti in quel contesto a dichiararsi palestinesi;7 – l'Algeria, al riparo dai rivolgimenti sociali avvenuti negli altri Paesi a maggioranza arabo-islamica, sta forse vivendo una fase di ripresa e sta mettendo in atto politiche serie di contrasto ai problemi sociali che spingono i suoi giovani a cercare la fuga in Europa;8 – la situazione sociale permane la stessa dei mesi addietro, ma lo Stato algerino, incoraggiato dall'UE, ha infine dispiegato le sue forze di polizia ottenendo il risultato di impedire ai propri connazionali di prendere il largo, svolgendo quel ruolo di “fossato” 9 6 Cf. “Immigrazione, sbarcati 48 clandestini a Sant'Antioco”, in La Nuova Sardegna online (14/08/2011). Cf. anche “”Sbarcati a Porto Pino 25 immigrati del Nord Africa”, in La Nuova Sardegna online (15/09/2011). Occorre sottolineare che i migranti, una volta fermati dalle forze dell'ordine, non sempre si dichiarano di nazionalità algerina. Per quanto concerne gli sbarchi del primo semestre 2011 (20 gennaio, 3 febbraio, 4 aprile e 27 maggio), per esempio, i 32 migranti giunti sulla spiaggia di Chia, nel comune di Domus de Maria, sono stati definiti tunisini dalla stampa. Questo contrasta con la notizia di 8 del gruppo datisi alla fuga. Il decreto “Misure di protezione temporanea per i cittadini stranieri affluiti dai Paesi Nordafricani” firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi, infatti, stabiliva la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, di validità sei mesi, a tutti i nordafricani in fuga dalle rivolte locali e arrivati in Italia nel periodo compreso tra il 1 gennaio ed il 5 aprile. Appare bizzarro, pertanto, di fronte all'opportunità di ottenere il prezioso lasciapassare, il tentativo di fuga dei giovani maghrebini, che a questo punto, proprio tunisini non erano. 7 Cf. Ait Mouhoub, Z.: “Grèce: le nouveau chemin des harragas”, in El Watan (8/10/2010). 8 Poiché l'attenzione dei media italiani non si focalizza sull'Algeria oramai dagli anni neri del terrorismo e dai tentativi di mediazione posti in essere dalla Comunità di Sant'Egidio, si riscontra una cattiva informazione sul Paese e sulla sua situazione socio-economica e politica. Il desiderio di fuga dall'Algeria non è appannaggio dei giovani marginalizzati delle periferie delle grandi città, si fa largo tra categorie insospettate: dai ballerini del Balletto Nazionale di Algeri al nipote dell'ex presidente della Repubblica Chadli (notizia poi smentita). Cf. “Algérie: 9 membres du Ballet national ne sont pas rentrés près une tournée au Canada”, in Le temps d'Algérie online (14/11/2010); cf. Lassal, Gh.: “Le petit-fils de Chadli quitte le Pays. Les harragas vus per les Etats-Unis”, in El Watan online (24/01/2011). 9 Zeghbib, H.: “Les étrangers en Algérie: quel statut juridique?”, in Naqd n.26/27 (autunno-inverno 2009), p.75. 4 della “fortezza” tanto anelato dagli Stati membri dell'UE.10 La prima riflessione appare plausibile, ma non riscontrabile, se non informalmente tramite interviste privilegiate con i gli stessi harraga o con i mediatori linguistici di lingua araba partecipanti all'accoglienza dei presunti profughi. Una rapida analisi della stampa algerina esclude la validità della seconda riflessione, ritenendola un'opzione irreale visto lo status quo. La terza riflessione è avvalorata dalla cronaca riportata sui principali quotidiani locali: la guardia costiera algerina nell'ultimo biennio ha frenato numerosissimi harraga che avevano preso il largo. D'altro canto, le espulsioni di algerini dall'Europa sono diminuite rispetto al passato: la Spagna, al primo posto per le espulsioni di algerini, nel primo semestre del 2011 ne ha registrate 215, contro le 609 dell'anno passato e le 798 del 2009. 11 Secondo una fonte ufficiale del Segretariato di Stato che segue la Comunità algerina all'estero, oltre 2000 algerini sarebbero stati arrestati da unità della Marina europee nel tentativo di raggiungere le coste spagnole o italiane, mentre 4536 sarebbero stati gli arresti in mare di harraga effettuati dalla Guardia Costiera algerina.12 Anche sul fronte Est, dunque, non è diminuita l'appetibilità dell'approdo in Europa attraverso la Sardegna, come testimoniano sia le scritte sui muri di taluni quartieri 10 L'Agenzia dell'UE Frontex ha stanziato più di 100 milioni di euro nel 2011 contro gli 87 del 2010 e i 42 del 2007, per l'implementazione del sistema di sicurezza delle zone di frontiera marittima. Con un effettivo di 700 guardie costa del gruppo Rabits (Rapid Border Intervention Teams) e un migliore coordinamento tra i partner italiani ed algerini, si è verificato l'innalzamento dei livelli dei controlli ed in generale, l'effettivo abbassamento a sud della frontiera della fortezza Europa, ha di fatto dato luogo ad un classico fenomeno in materia di analisi dei flussi migratori, ossia lo spostamento dei punti di partenza e la nascita, conseguentemente, di nuove rotte verso L'Eldorado europeo, spesso più lunghe e tortuose, indi più rischiose per chi le percorre. Significativo è che la rotta Algeria-Sardegna sia nata a seguito dei controlli ispessiti nella fascia di mare condivisa da Algeria, Marocco e Spagna. Altrettanto significativo è che la partenza della via per l'Europa si sia spostata attualmente fino in Senegal, e che abbia per obiettivo primariamente le Isole Canarie. Cf. Fall, P.D.: “Le mbëkk ou migration clandestine des Subsahariens vers les iles Canaries”, in Chabita, R.(a cura di): Migration clandestine africaine vers l'Europe, L'Harmattan, Paris 2010. 11 Cherifa, K.: “215 harraga expulsés depuis janvier”, in El Watan online (24/07/2011). Il funzionamento del sistema di sicurezza delle frontiere algerine, il cui irrigidimento è stato ufficializzato con la Legge n.8-11 del 25/06/2008 caldeggiata dall'UE e relativa alle condizioni di ingresso, soggiorno e circolazione degli stranieri in Algeria, è inoltre affiancato dall'accordo di associazione sottoscritto tra la Repubblica Algerina e l'UE entrato in vigore il 1 settembre 2005, che prevede la riammissione di cittadini algerini irregolarmente presenti nell'area Shengen. Secondo un articolo comparso su El Watan (19/01/2011), nel 2010 sarebbero occorse 1400 espulsioni di harraga dalla Spagna verso l'Algeria. Oltre ai dati riguardanti le espulsioni di cittadini algerini, un altro problema passa troppo spesso in sordina, ovvero quello dei numerosi harraga algerini imprigionati nelle strutture detentive tunisine e marocchine senza che ai familiari pervenga alcuna notizia sul loro stato di salute. Sarebbero circa 500 i detenuti algerini in Marocco colti in mare durante la harga,300 quelli presenti in Tunisia. Per quanto concerne questi ultimi, molteplici appelli sono stati lanciati dal collettivo delle famiglie degli haraga dispersi in mare, per il tramite del portavoce Kamel Belabed. Cf. Alilat, Y.: “Harragas. Des familles algériennes veulent connaitre le sort de leurs enfants disparus en Tunisie”, in Le quotidien d'Oran (18/07/2011). 12 Cf. “2000 harragas algériens retenus dans les centres de détention européens”, in Algerie-Focus online (16/06/2011). 5 popolari delle grandi città dell'est algerino: “Sardinia”,13 sia le parole di diverse canzoni rap di Lofti Double Canon o di Karim El Gang. 14 Resta da verificare se le partenze continuano ad essere ascrivibili al dominio dell'autonomia nell'organizzazione e nella realizzazione del viaggio per mare, o se, al contrario, una rete di trafficanti, i cosiddetti “passeurs”, abbia in mano la gestione della harga verso l'isola italiana.15 Pare plausibile una trasformazione delle dinamiche migratorie in questione. L'indagine sul campo effettuata nel mese di settembre 2011 nel Sulcis, infatti, ha fatto emergere la transizione da una modalità di viaggio auto-organizzato - in cui piccoli gruppi di conoscenti si decidevano all'acquisto di barca, motore, giubbotti di salvataggio e GPS e si mettevano in mare -, ad una nuova modalità che prevede, per evitare i controlli della Guardia Costiera, di affidarsi a reti di passatori professionisti, con il concorso di mercantili che darebbero un passaggio agli harraga e alle loro barchette in vetroresina fino a una quindicina di miglia dalle coste sarde, come testimonierebbero i GPS rinvenuti e lo stato fisico dei migranti, affatto reduci, stando alle testimonianze dei sulcitani, da una provante traversata.16 Di fatto, il 2011 sulla stampa algerina ha rappresentato un altro anno di drammatici avvenimenti su quest'autostrada del mare. Proviamo a darne conto, affinché si diffonda la consapevolezza che la rotta migratoria in questione non è stata accantonata, bensì permane in piena attività, anche se noi, dalla sponda Nord, non ne siamo a conoscenza, a causa della diffusa opinione che non sia un problema di nostra pertinenza finché i barconi non si materializzano all'orizzonte. Soprattutto, è bene ribadire, non è intenzione 13 Chena, S.: “Exil et Nation. Said, Merleau-Ponty et les harragas”, in Naqd, op.cit., p.229. 14 Karim El Gang, giovane rapper di Souk Akhras, unito artisticamente ai Soldats de l'Est, ha dedicato una canzone molto nota al tema degli harraga, intitolata Haraga Sardinia. 15 Rahim, S.: “La nouvelle méthode des passeurs de harragas”, in Tsa-algerie.com (27/08/2011). Un informatore racconta dell'aumento del prezzo da pagare a queste “reti mafiose” che detengono il monopolio delle partenze irregolari dalla costa di Annaba: da 100000 a 150000 dinari algerini. L'aumento sembrerebbe giustificato da una nuova strategia messa in atto dai trafficanti che prevede l'utilizzo di una barca “appât”, ossia di un'imbarcazione esca con a bordo dei finti harraga, che svii i controlli della Guardia costiera e lasci il mare libero ai veri migranti in rotta verso la Sardegna. Si tratta di una strategia nota ai passatori di migranti clandestini. Il termine passatore, benché non di ampia diffusione, è preferibile al termine trafficante, che indurrebbe ad una confusione di senso. Mentre la lingua inglese distingue tra smuggler e trafficker, l'italiano per pigrizia d'inventiva traduce entrambi preferenzialmente con “trafficante”, facendo sì che si perda il significato di passatore di migranti consapevoli del loro status illegale, e trafficante vero e proprio di esseri umani, vittime di coercizione da parte di criminali senza scrupoli. 16 L'indagine sul campo ha consentito di raccogliere 250 testimonianze tra gli abitanti dei comuni di Pula, Teulada, Sant'Anna Arresi, Giba e Sant'Antioco. È stato somministrato un questionario che ha indagato la percezione del fenomeno harga attraverso le cronache giornalistiche; la conoscenza delle cause scatenanti le migrazioni clandestine dall'Algeria; il giudizio sull'operato delle Istituzioni preposte alla gestione della cosiddetta “emergenza sbarchi”. Parallelamente, sono state raccolte interviste privilegiate con i sindaci, gli operatori volontari della Protezione Civile, gli educatori dei Centri che accolgono minori stranieri non accompagnati, mediatori culturali della Provincia di Carbonia-Iglesias. 6 dell'autrice redigere una cronaca sterile delle morti in mare o della risvegliata efficienza della Guardia Costiera algerina, quanto piuttosto cercare di dare dignità alla dura decisione che porta giovani e meno giovani ad imbarcarsi in quest'avventura dalle tinte fosche. Già nel mese di dicembre 2010, quando i malumori sociali cominciavano ad esplodere in Algeria, 19 harraga di Annaba, di età compresa tra i 15 e i 36 anni avevano invano tentato di raggiungere la Sardegna, fermati dalle autorità tunisine. Stessa sorte è toccata ad altri 17 giovani originari di Skikda, altra città dell'est algerino noto vivaio di una gioventù sventurata. Ancora 36 migranti, partiti da Sidi Salem,17 una località vicina ad Annaba, sono stati intercettati dalla Guardia costiera tunisina a Tabarka e subito rimpatriati e chiamati a comparire di fronte al giudice per rispondere del reato di “sortie illégale du territoire national”.18 Il nuovo anno è stato inaugurato dall'intercettazione di 25 ragazzi di Annaba, El Tarf e Skikda, colti in flagranza di reato a sette miglia dalla costa di Oued Bagrat da cui erano partiti per raggiungere la Sardegna su un'imbarcazione di fortuna. 19 Negli stessi giorni da Mostaganem, ad ovest della capitale, lasciava perplessi l'intercettazione di una barca con a bordo 12 ragazzi minorenni, alcuni dei quali frequentanti il ciclo secondario di studi, trovati soli e probabilmente attori protagonisti di una traversata verso la Spagna improvvisata che poteva rivelarsi mortale. La notte del 17 gennaio, a largo di Annaba, la Guardia Costiera ha dovuto mettere in salvo diciotto harraga che all'intimazione di arrestare la loro corsa verso l'Italia, hanno dato fuoco – nomen omen (sic!)20 - all'imbarcazione su cui viaggiavano, con il risultato che alcuni dei passeggeri sono caduti in mare, in piena notte, finendo dispersi. Il 16 agosto è la volta di 23 candidati all'emigrazione clandestina: 18 uomini, 2 donne e 3 bambini, tutti intercettati dalla Guardia costiera di Annaba che, a distanza di due giorni, ha infranto il sogno di altri 13 migranti. Originari di Annaba, Guelma e Costantina, intendevano raggiungere “cieli più clementi”, come hanno raccontato. Dopo 17 Sidi Salem è il punto di partenza principale degli harraga che intendono raggiungere la Sardegna. Questo quartiere è tristemente famoso per le misere condizioni di vita dei suoi abitanti. Definito “ghetto vivent”, a Sidi Salem “le cadre de vie est catastrophique, tout n'est que pénurie et désolation”. Cf. “Des quartiers envahis par les détruits”, in El Watan online (24/02/2009). 18 Djafri, A: “Arretés la semaine dernière, 36 harraga devant la justice à Souk Akhras”, in El Watan online (17/12/2010). 19 Cf. “Des harragas interceptés au large d'Annaba”, in El Watan online (8/01/2011). 20 Il riferimento è qui al termine harrag, che in dialetto algerino indica “colui che brucia” la propria vita, i propri documenti per evitare l'identificazione immediata, i tempi di ottenimento del risultato atteso, il semaforo, intendendo qui il rischio che si corre in mare, simile a quello di chi in auto passa con il rosso bruciando, per l'appunto, il semaforo. Cf. Peraldi, M. e Rahmi, A.: “Migrations marocaines, vieilles routes, nouveaux destins”, in Naqd, op.cit., pp. 90-91, 99. 7 le visite mediche di rito, ad attenderli c'era un'aula di tribunale e, presumibilmente, una multa salata (sui duecento milioni di centimes) se non addirittura l'arresto. Tali misure entrate in vigore l'8 marzo 2009, non distolgono gli algerini dall'idea di partire. C'è anzi chi può fregiarsi di diversi tentativi di harga, divenendo, così, un recidivo di mestiere. Il 2012 ha fatto quasi dimenticare il fenomeno, fino all'autunno. Il 5 ottobre, infatti, quattro persone di nazionalità algerina, tra cui due donne, sono state intercettate sulla spiaggia del Poligono militare di Teulada, in Sulcis.21 Nel frattempo, sulla sponda sud del Mediterraneo, gli aspiranti harraga, nonostante i rischi penali e le disavventure per mare22, non hanno cessato i tentativi di lasciare il Paese, nemmeno nel corso del 2013. A fronte dell'unico sbarco di cui si ha notizia, avvenuto il 10 luglio, 23 le cronache di Annaba raccontano di numerosi casi di ragazzi sorpresi in mare nell'atto di fuggire via dall'Algeria. Due giorni prima di questo ultimo episodio, la Guardia Costiera algerina in pattugliamento si è imbattuta nelle prime ore del mattino in due imbarcazioni di harraga con 23 giovani a bordo. Dopo un inseguimento al largo di Ras El Hamra, una delle due barche avrebbe virato dirigendosi a tutta velocità in direzione dell'unità della Guardia Costiera, che avrebbe aperto il fuoco. Il bilancio è stato di due morti e cinque feriti. Ancora, nella notte tra il 23 e il 24 settembre 2013, il GTGC (Groupement territorial des Garde-cotes) ha bloccato due barche su cui viaggiavano ben 27 candidati all'emigrazione verso la Sardegna. Tutti giovani tra i 16 e i 30 anni, tra cui anche un ragazzo disabile, sono stati ricondotti al porto di Annaba.24 È evidente che i fattori di spinta (push factors) all'emigrazione restino copiosi, ed in ogni caso preponderanti. Nulla pare ancorare gli algerini al loro Paese. La popolazione è oramai dégoutée, e il disgusto nasce dal malessere sociale, dal senso di provvisorietà, dall'indecenza delle condizioni di vita, dalla sete di libertà repressa, dalla cosiddetta “moushkilation” (dall'arabo mushkil, “problema”),25 ovvero dalla tendenza capillare a rendere difficile, problematica, inaccessibile qualsiasi cosa. Ciò che non si riesce ad avere o a trovare in Algeria, lo si cerca all'estero, finanche la propria dignità, la propria 21 Cf. http://lanuovasardegna.gelocal.it/carbonia/cronaca/2012/10/04/news/immigrazione-clandestina-4algerini-sbarcano-a-capo-teulada-1.5802988. 22 L'11 maggio 2013 sono stati 25 i candidati all'emigrazione irregolare portati in salvo da un'imbarcazione tunisina dopo 48 ore in preda del mare. http://news.annabacity.net/breve_7885_annaba+emigration+clandestine+25+harraga+sauves+dune+m ort+certaine.html?PHPSESSID=c76b97ea362f63adb6d90bba8c6665a5. 23 Cf.http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca_sardegna/2013/07/10/barcone_alla_deriva_vicino_a_ca po_teulada_soccorsi_17_migranti_dopo_tre_giorni_in_mare-6-321759.html 24 Cf. G.M. Faouzi: “Les harraga continuent à braver la mort”, in El Watan (13/10/2013). 25 Il neologismo è citato in Chena, S.: op.cit., p.228. 8 identità. Troppi algerini si muovono nel territorio pericoloso della non-appartenenza vivendo un inner exile26 come dei veri e propri esuli in patria, dei clandestini in patria, degli harraga nel Paese natale: la rottura con la terra natia si è consumata, l'estraneità dal proprio nucleo familiare si va intensificando, la solitudine impone la sofferenza. Immaginare un futuro non è possibile, mancando dei tasselli necessari alla ricostruzione del passato e alla ricomposizione del presente. Ricucire lo strappo tra il cittadino e lo Stato (incarnato dalle sue Istituzioni) richiede una seria stagione di riforme che facciano riguadagnare la fiducia reciproca, la serenità e il rispetto umano. L'Algeria allo stato attuale non ha capacità di resilienza: i suoi cittadini soffocano nella violenza, unico linguaggio universalmente compreso. Quali sono le origini della aggressività insita dell'algerino e come si manifesta questa violenza ce lo indica in termini semplici e chiari il prof. Ighemat.27 Secondo il professore, il primo luogo in cui si sviluppa la violenza è la famiglia, colpevole di non assolvere più al suo ruolo educativo e di trasmissione di valori; seconda concausa è rappresentata dal sistema educativo, inadeguato, qualitativamente scadente, isolato dal contesto in cui opera. In terzo luogo, partecipa alla fertile crescita della violenza il sistema politico, corrotto sin dall'epoca coloniale tanto da non suscitare più le attenzioni del popolo, bensì il suo disprezzo che di quando in quando si scatena in rivolte di piazza (culture des émeutes). Quarto fattore implicato è il sistema economico, anch'esso incancrenito come quello politico e da esso intimamente dipendente: d'altri tempi non si poteva ottenere un posto di lavoro, un prestito bancario, una licenza commerciale se non si apparteneva al partito unico. Con l'introduzione del sistema multipartitico, tuttavia, la situazione non è cambiata. Così per i giovani non esistono sbocchi lavorativi e le uniche alternative sono la rassegnazione, la ribellione vandalica o la fuga. Il terroir è propizio alla riorganizzazione di frange di estremismo religioso che nell'era Bouteflika si credevano estirpate. Lo scontento gioca a favore di gruppi di estremisti come i membri dell'Aqmi (Al-Qa'ida nel Maghreb Islamico), così il governo si trova a dover gestire contemporaneamente più piaghe sociali, senza trovare soluzioni appropriate, ma rimandando il crack definitivo grazie a politiche tampone28 atte a lenire il dolore, ma 26 Cf. Drouet, P. e Brailowsky, Y.: “Le bannissement et l'exile”, Presses Universitaires de Rennes, 2010, www.pur-editions.fr, p.8. 27 Ighemat, A.: “Pourquoi l'algérien est-il agressif?”, in El Watan online (28/08/2011). 28 Il riferimento è all'erogazione di credito attraverso le iniziative dell'ANSEJ (Agenzia Nazionale di Sostegno all'Impiego), della CNAC (Cassa Nazionale di Assicurazione per i Disoccupati) e dell'Angem (Agenzia Nazionale di Gestione del Microcredito), che non danno luogo ad uno sviluppo economico duraturo né ad assunzioni stabili in settori trainanti dell'economia. Altra misura nata a contrasto delle partenze di harragas, nell'oranese, è la creazione di un Numero verde che risponda alle 9 non a garantire al male rimedi reali sul medio e lungo periodo. chiamate dei giovani afflitti da disperazione e intenzionati per questo a prendere il mare. Pur lodando l'iniziativa, se non è supportata da azioni concrete di possibilità lavorative o di recupero della gioventù sfiduciata, risulta difficile intravederne l'utilità. Il contrasto a questo fenomeno sociale che la harga rappresenta sembra trovare para-soluzioni oscillanti unicamente tra l'apparato punitivo costruito ad hoc, e la mera solidarietà. 10