ANNO 3 - NUMERO 15 - Ottobre/Novembre 2010
15 FREEPRESS di ENOGASTRONOMIA ABRUZZESE
15
C COME SPECIALE AUTUNNO
L’Abruzzo in vigna e in treno: dall’uva alle castagne
C COME MIRCO D’AMICO
La tavolozza nel piatto
C COME VI CONSIGLIAMO
Avete pensato al Natale? Un regalo per provincia
C COME EVENTO
A Teramo cuochi stellati per “Gustè”
>> Editore
Modiv s.n.c.
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>> Direttore responsabile
Cristina Mosca (non fumatrice)
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(ex atleta) per Teramo e provincia
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Registrazione presso il Tribunale di Pescara n° 7/08 del
31/03/2008
>> Ufficio fotografico
Modiv. Hanno collaborato: Mario Sabatini, Alessandro
Castiglione, Roberto De Viti, Piergiorgio Greco, Jenny
Pacini, Lara Paternoster, Franco Persia, Max Schiazza,
Valerio Simeone.
>> Stampa
AGP Arti Grafiche Picene - Maltignano (Ap)
Per questo numero si sono impiastricciati, appiccicati,
“sguazzati”, affaccendati, inventati, raccontati, inseguiti, affrettati insieme a noi: Monica Andreucci, Roberto
Ardizzi, Luana Di Lorito, Maura Di Marco, Jenny Pacini,
Anita Righetti, Ludovica Persichitti, e i cuochi Vincenzo
De Sanctis, Lorenzo Ferretti, Silvestro Ruggieri e Sergio
Savaglia.
Errata Corrige: le foto a pag. 54 di “C come magazine” n.
14 sono di Sergio Pasqual.
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magazine 4
C come RUBRICHE
05 >> C come Sommario
07 >> C come Editoriale
8 >> C come Fotoeventi
13 >> C come Informazione
14 >> C come Food Design
16 >> C come Mirco D’Amico
61 >> C come Libro
62 >> C come Ricette
64 >> C come News
C come SPECIALE AUTUNNO
26 >> C come Vendemmia
34 >> C come Treno
56 >> C come Donne Vino
C come ABRUZZO
24 >> C come Novità
40 >> C come Vi consigliamo
46 >> C come Tradizione
50 >> C come Olio
C come REPORTAGE
20 >> C come Estate
Foto copertina: Mario Sabatini
Cosa c’è nel numero QUINDICI
C COME SOMMARIO
52 >> C come Gustè
magazine 5
C COME EDITORIALE
di Cristina Mosca, direttore responsabile C come magazine
C COME AUTUNNO
Quella pioggia lanuginosa, quella “uazza” che il vendemmiatore dice Proprio non ci voleva, quel vento che ulula e che ci
fa rimpiangere l’afa estiva, quel cambio di stagione nell’armadio che Proprio non c’è tempo di farlo. La coltre umida
dell’autunno ci è calata di nuovo addosso, dopo l’inatteso
interludio di giugno, e stavolta ha intenzione di rimanere. Ve
lo raccontiamo attraverso la vendemmia, inzaccherandoci
le scarpe tra le vignacce e i raspi, scansando moschette,
con il naso che prude per l’“aspro odor dei vini”. Ve lo raccontiamo con le testimonianze delle Donne del Vino, queste
imprenditrici che si aggirano invisibili nel mondo vitivinicolo
come mamme nelle case, e di cui ci si accorge solo quando
mancano perché le cose smettono di funzionare. Ve lo raccontiamo nel primo dei viaggi in treno che vogliamo proporvi
stagione per stagione, lanciando un’idea alternativa di turismo enogastronomico sostenibile e divertente, corredato
dalle castagne della Valle Roveto. E insieme alle solite ricette, a qualche piccola scoperta, fermandoci un attimo a fare
merenda.
Noterete che in questo numero manca il controeditoriale dell’ultima pagina. Abbiamo espresso il desiderio che la
neo-ricostituita associazione Qualità Abruzzo si presentasse
a testa alta ai suoi interlocutori, cioè voi, e sfatasse una volta
per tutte quei falsi miti e quei pregiudizi rimasti ingarbugliati
addosso al suo nome. L’associazione invece vuole fare fatti,
non perdersi in parole. Ci sono in serbo dei grandi eventi.
E noi non vediamo l’ora di potervi raccontare anche questi.
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C COME FOTOEVENTI
di Daniele Di Vittorio - Foto: Modiv
La terza edizione di Degusta
Si è svolta dal 13 al 16 agosto al Palaghiaccio di Roccaraso,
con la collaborazione dell’Arsa la terza edizione di
Degusta. Il motto di della manifestazione dell’edizione
2010, è stato “Scegli Abruzzo, Mangia Sano e Solidale”,
l’iniziativa promossa attraverso l’ARSSA (Agenzia di
Sviluppo Agricolo) per incrementare l’acquisto dei prodotti
abruzzesi nei più importanti centri della grande distribuzione
organizzata. Dal canestrato di Castel del Monte alle
ventricine del Vastese e del Teramano, passando per la
seconda edizione della rassegna dedicata all’artigianato
artistico, l’Abruzzo è stato riassunto tra gli espositori nel
Palaghiaccio. Il gourmet Santino Strizzi ha dato il meglio
con le sue scultre di vegetali, i suoi originalissimi risotti e
i suoi insegnamenti sulla degustazione del vino.
San Lorenzo all’Enoteca Europea
Non è stato un caso se è stato scelto il 10 agosto per la
degustazione dei vini San Lorenzo all’Enoteca Europea.
Lo storico locale, rilanciato da Roberto Ardizzi, ha dato
un chiaro segnale alla città della voglia di ricollocarsi
al centro dell’attenzione con una re…inaugurazione
all’inizio di settembre. È stata presentata una serie di
eventi che si svolgeranno presso l’enoteca, come quello
del 1 novembre, dedicato al “Novello e Castagne”.
Norbert Kostner a Les Paillotes
A settembre è stato organizzato al ristorante
Les Paillotes un evento in onore dello chef
Norbert Kostner, chef originario della Val
Gardena e scelto dalla casa reale thailandese per
un piano di coltivazione di piantagioni occidentali
per risollevare gli equilibri del Paese. L’executive
chef del “Mandarin Oriental” di Bangkok si è
messo ai fornelli insieme allo chef “resident”
Antonio Strammiello. (foto Mario Sabatini)
Tornareccio Regina di miele
Sabato 25 e domenica 26 settembre nella “capitale abruzzese del miele” ci sono stati due
giorni di festa tra stand, degustazioni, pranzi e cene a tema, cultura, dibattiti, spettacoli,
musica e concorsi nell’incantevole scenario del centro storico. Cinquemila partecipanti
nonostante il maltempo. Grande successo per il ricchissimo programma: in particolare, molto
apprezzato è stato il convegno di domenica mattina “La promozione e la tutela dei prodotti
tipici: da soli o in rete?”, che ha visto la partecipazione di Marco Gatti, vicepresidente
del Club di Papillon. Il concorso Dolce Massaia ha visto trionfare Rita Carbonetti, di
Tornareccio, premiata da Federico Anzellotti, presidente nazionale della Confederazione
pasticceri italiani. (Foto Piergiorgio Greco)
magazine 55
Del Verde day
I presidente del consiglio d'amministrazione
Dino Gazzola
Il nuovo amministratore delegato Luca Ruffini.
Guida
di Identità Golose
Per la quarta edizione della Guida ai Ristoranti
d’autore di Italia, Europa e Mondo di “Identità
Golose” è Niko Romito lo chef dell’anno, mentre
il cuoco sorpresa dell’anno, con menzione
speciale Sognatori del Gusto, è Valerio Centofanti
dell’Angolo d’Abruzzo di Carsoli (Aq). Quali
ristoranti abruzzesi sono rientrati quest’anno
nell’unica guida che non dà voti? Mediterraneo
ad Alba Adriatica (Te), Elodia ad Camarda
(Aq), L’Angolo d’Abruzzo a Carsoli (Aq), Il
ritrovo d’Abruzzo a Civitella Casanova (Pe), La
Bandiera a Civitella Casanova (Pe), Zunica 1880
a Civitella del Tronto (Te), Zenobi a Colonnella
(Te), Beccaceci a Giulianova (Te), Villa Maiella
a Guardiagrele (Ch), La Conca alla vecchia posta
a L’Aquila, Café Les Paillotes a Pescara, Reale
a Rivisondoli (Aq), La vecchia marina a Roseto
(Te), Al Metrò di San Salvo marina (Ch),
L’angolino da Filippo a San Vito Chietino (Ch).
(foto Alessandro Castiglione)
Una nuova vita per la Del Verde: dopo essere stata
acquisita dal gruppo Molinos Rio de la Plata, leader del
settore agroalimentare oltreoceano, l’azienda di Fara
San Martino sta implementando la nuova strategia che
mira a rafforzare il proprio posizionamento premium in
un mercato difficile e competitivo come quello italiano,
ma anche alla crescita dei mercati esteri come Usa,
Canada e America Latina. A parlarne sono il presidente
del consiglio d’amministrazione Dino Gazzola e il nuovo
amministratore delegato Luca Ruffini. I primi interventi
riguardano il restyling del logo e i nuovi pacchetti di
pasta, più resistenti e capaci di preservare meglio la
croccantezza della pasta. Ad allietare tutti gli ospiti
presenti ci ha poi pensato la famiglia Tinari con tutto
lo staff del ristorante “Villa Maiella”, preparando tre
piatti di pasta con diversi condimenti.
Eurochocolate a L’Aquila
In attesa che cominci l’edizione perugina, dal 15
al 24 ottobre, Eurochocolate si è traferita il 9
e 10 ottobre, per la prima volta, nel capoluogo
abruzzese per “Ricostruire l’Aquila con dolcezza”
come recita il claim della due giorni realizzata
con il sostegno della Regione Abruzzo, della
Provincia e del Comune dell’Aquila. (Foto Lara
Paternoster)
A Villa Santa Maria la rassegna dei Cuochi
La gastronomia di qualità ancora è stata ancora
una volta di scena a Villa Santa Maria, dove si è
tenuta la “Rassegna dei cuochi”, una gustosa tre
giorni all’insegna di pranzi, degustazioni, maestri di
cerimonia e geniali barman. L’evento enogastronomico
principale è stata la serata “A cena con i Grandi della
terra”, in cui è stata riproposto il menu che è stato
servito nel luglio 2009, all’Aquila, durante la cena di
gala del G8. (Foto Egercu)
magazine 55
Dai semi migliori
I raccolti migliori
I mangimi migliori
www.sagem.coop - [email protected]
C COME INFORMAZIONE
di Roberto Ardizzi, consulente SGQ
LA SICUREZZA ALIMENTARE
Ogni livello della filiera dovrebbe saperla gestire
I requisiti per la progettazione e l’applicazione di un sistema
di gestione della sicurezza alimentare in ogni azienda della
filiera agro-alimentare sono definiti dalla norma internazionale
“ISO 22000: Food Safety Management Systems –
Requirements for any organization in the food chain”. Questa
norma ha lo scopo di armonizzare a livello internazionale i
diversi standard volontari sviluppati in ambiti nazionali per lo
sviluppo e la gestione della sicurezza alimentare attraverso
il metodo Haccp.
La sicurezza alimentare è una responsabilità che può essere
assicurata principalmente attraverso gli sforzi combinati di
tutte le figure coinvolte all’interno della filiera agro-alimentare.
Dal momento che i pericoli per la salute umana derivanti
dal consumo di alimenti possono essere introdotti ad
ogni livello della filiera, è indispensabile uno specifico
controllo ad controllo di ogni stadio.
A questo scopo la norma introduce il fondamentale concetto
della comunicazione interattiva tra le diverse figure. La
comunicazione lungo la filiera è essenziale per assicurare che
tutti i pericoli per la sicurezza alimentare siano identificati ed
adeguatamente controllati in ogni fase della filiera. Questo
implica una comunicazione tra le organizzazioni verso monte
e verso valle, lungo tutta la filiera.
La norma conferma inoltre la validità dei principi del Codex
Alimentarius per lo sviluppo del sistema Haccp e crea un
elemento di congiunzione tra i sistemi di gestione della
qualità implementati in accordo alla ISO 9001, e i sistemi di
autocontrollo aziendale sviluppati ai sensi del D. Lgs. 155/97
e del più recente regolamento comunitario reg. 852/04 in
vigore dal 2006.
La norma è applicabile a tutte le organizzazioni,
direttamente o indirettamente coinvolte nella filiera
agro-alimentare: produttori di mangimi, produttori primari,
industrie di prima e seconda trasformazione, operatori
del trasporto e della logistica, distributori, produttori di
attrezzature e impianti per l’industria alimentare, di materiale
per il confezionamento, di prodotti per la detergenza e la
disinfezione. Con la certificazione ISO 22000 le aziende
hanno la possibilità di pianificare, attuare, rendere operativo,
mantenere e aggiornare un sistema per la gestione della
sicurezza alimentare focalizzato ad ottenere prodotti che,
secondo l’uso previsto, siano sicuri per il consumatore,
assicurando al contempo la conformità ai requisiti di legge
applicabili per la sicurezza alimentare. Questo permette
di valutare e definire i requisiti del cliente e dimostrare la
conformità con quei requisiti mutuamente concordati con
il cliente che riguardano la sicurezza alimentare al fine
di aumentare la sua soddisfazione; inoltre si organizza e
finalizza verso la sicurezza alimentare la comunicazione con
i propri partner commerciali, ottimizzando le risorse interne e
lungo la filiera nell’ottica di una “comunicazione efficace” a
tutti i portatori di interesse. La comunicazione interattiva “a
monte” e “a valle” della filiera (con i fornitori e con i clienti)
deve essere basata sulle informazioni scaturite dalla analisi
dei pericoli e finalizzata ad una maggiore efficacia nella
gestione della sicurezza alimentare: il Sistema di gestione
attivo ed efficace deve essere costantemente aggiornato e
revisionato, secondo i principi HACCP ISO 22000 e secondo
i 7 principi del Codex. I recenti casi delle mozzarelle “blu”
e “rosa” sono indicativo: cosa giunge nei piatti dell’utente
finale (cioè noi consumatori)? Ci si attenderebbe che i vari
“controlli Qualità” siano completi e svolti nel rispetto delle
regole enunciate sopra: ecco perché le aziende di questo
settore (e contestualmente tutte quelle coinvolte a varia
ragione nella filiera) non possono più esimersi da uno
standard di qualità di livello internazionale.
magazine 13
magazine 14
C COME FOOD DESIGN
di Ludovica Persichitti - [email protected]
CENTELLINARE E...RICICLARE
Del vino non si butta via niente!
L’emergenza ecologica ed il problema dello sfruttamento
delle risorse sono argomenti che anche nel design e nello
studio del prodotto hanno una rilevanza notevole. Talvolta
si propongono come obiettivo di partenza nella fase di
progettazione, altre volte sono stimolo per i designer nella
sperimentazione e nella ricerca. L’idea di riciclare, di creare
nuovi oggetti dagli imballaggi o dai materiali di scarto è
sicuramente molto affascinante ma anche stimolante: è infatti
una piattaforma di lavoro in cui la creatività deve concretizzarsi
in un compromesso tra funzionalità ed etica ambientalista.
Inoltre il nuovo oggetto si carica di un valore aggiunto dato
dalla memoria del prodotto di provenienza. Pensate al vino,
alle barrique non più utilizzabili e al ricordo delle annate
più pregiate. Pensate a poltrone, tavolini e chaise longue
realizzati riutilizzando le botti del vostro barolo preferito, con
le scritte di fabbricazione, le etichette e tutta la storia che quel
materiale porta con sé lasciata inalterata. Questo è il progetto
de “Lesediedeltorchio”, un’ idea dell’ architetto piemontese
Marco Torchio promossa dalla società di progettazione KEO
(www.keoproject.com) che si occupa dell’organizzazione di
filiere che valorizzino i materiali di scarto: oggetti ed eleganti
complementi d’arredo dal recupero delle barrique, pezzi
unici dal design contemporaneo ed espressione allo stesso
tempo della tradizione artigianale delle realizzazioni e agroalimentare trasmessa dal vino. Con gli scarti provenienti
dalle cantine non sono state riciclate solo le botti, ma c’è chi
ha ben pensato di utilizzare i residui della vinificazione come
metodo di colorazione di pelli, fili e carta. Nasce dall’idea
di Tommaso Cecchi De’ Rossi il progetto di Piel y Vino: un
metodo esclusivo ed ecologico di colorazione con le vinacce
su scarpe e borse in pelle, cuscini in cotone, foulard e scarpe
da ginnastica di tela, a cui corrispondono i marchi: PellEVino,
CartaEVino e FiloEVino treatments (www.pellevino.it).
Passando dalla cantina alla propria dispensa, anche la
bottiglia di vino, nei suoi scarti, può essere rivista e riciclata in
nuovi oggetti. I tappi di sughero delle bottiglie, ad esempio,
potrete collezionarli conservando il ricordo degli avvenimenti
in cui avete stappato la bottiglia.
A questo ha pensato lo studio spagnolo di design sostenibile
Ciclus: da una semplice base metallica, supporto al cui
interno incastrare i tappi di sughero, è possibile ricavare
un’originale sottopentola, per la cucina minimalista ma
carica di emozioni.
Lo stesso studio si è adoperato in un’altra proposta di riciclo
del vino, più precisamente del packaging. Infatti la scatola
regalo contenente la bottiglia racchiude al suo interno una
lampadina con filo e supporto in cartone a cui incastrare la
custodia esterna, disegnata di sottili feritoie, e trasformarsi
in una lampada da tavolo: un dono eco-friendly dall’effetto
sorpresa assicurato (www.ciclus.com).
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C COME MIRCO D’AMICO
di Cristina Mosca – Foto: Mario Sabatini
LA TAVOLOZZA NEL PIATTO
A Pescara uno chef punta alle stelle
Il suo nome non rimbalza sulle pagine dei giornali, la sua
persona non dà nell’occhio, lo stesso ingresso del suo
ristorante, in via Conte di Ruvo a Pescara, lo si deve cercare
perché non è direttamente sul marciapiede: ma una volta
entrati nel suo mondo non se ne esce più. Da Mirco D’Amico,
chef 28enne di Rosciano, non si sta stretti, ma in intimità;
non si ha freddo, ma si gode di un arredamento scelto da lui,
che trasmette gioia ed eleganza. Una cucina delicata, ironica
ed allegra, com’è lui quando esce dalla cucina e ti sorride.
In due anni di esperienza in proprio (a giugno ha festeggiato
il secondo compleanno) il giovane Mirco si è fatto le idee
già chiare: «Avere un locale tuo ti permette di fare ciò che
più ami e come ami farlo. Subito dopo il diploma all’istituto
alberghiero mi sono affrancato dai lavoretti stagionali ed ho
fatto esperienza fuori regione, fino a spingermi in Svizzera.
Cesenatico, Rimini, Porto Ercole, Livigno, Saint Moritz:
tra i 20 ai 24 anni mi si è aperto un mondo. Stare accanto
a chef stellati mi ha fatto scoprire che l’arte non era solo
nella musica. La mia fantasia poteva avere un ruolo anche
in cucina». Un diploma in solfeggio e la passione per l’arte
rivelano una vocazione artistica che oggi nei suoi piatti sfida
le aspettative delle persone e ama stupirle. «La tradizione
va conosciuta per poterla reinterpretare – è la sua filosofia –
giocando sui contrasti e sulle consistenze, sui sapori acidi,
sapidi e dolci, e soprattutto sui colori, partendo dal verde,
dal rosso e dal giallo. Anche l’occhio vuole la sua parte!».
E siccome Mirco ama stupire anche se stesso, dopo anni
di esperienza sulla carne si è dato al pesce: «Era una cosa
nuova per me: con i principi della nouvelle cuisine riesco a
creare qualcosa che prima non c’era, qualcosa di nuovo, che
a volte è difficile anche far accettare, ma che emoziona». La
sua è una cucina fusion che riesce a proporre una grigliata
mista scomponendola in bicchiere, proponendo una tipologia
di pesce per ogni bastoncino, di alloro o di finocchio; che
serve il crudo con frutti esotici, il pesce con la zucca e le
castagne. «Con materia prima rigorosamente fresca, anche
una frittura può cambiare sapore». Una cucina mari e monti
che punta all’equilibrio e alle stelle, e che alla sua prima
partecipazione a Lu carrature d’ore, lo scorso marzo, gli ha
già meritato il premio del consorzio di tutela Vini d’Abruzzo
per il miglior abbinamento cibo/vino per il suo sgombro
alla confit (scapece) con involtino di scorfano e la sua pelle
croccante su cialda di solina, crema di patate di Avezzano
al farfallone e spuma d’olio agrumato: «Tornato dalle grandi
cucine non riuscivo a trovare un ambiente simile qui in
Abruzzo, neanche nelle esperienze a Pescara e a Giulianova,
perciò a 26 anni ho deciso di provare da solo. Non mi sento
un ristoratore, ma uno chef: voglio dare qualità ed emozioni,
e continuare a migliorarmi e a mettere in discussione,
proponendo continuità e rinnovamento insieme».
magazine 17
Panzerotti variegati di baccalà
mantecato al ragù di granchio e zucca
Ingredienti per 4 persone:
1 granchio di 500 g; mezza cipolla; 200 g di zucca; 50 g di nero di seppia; 500 g di farina “00”; 4 uova; 300 g di baccalà; 1 l di latte; sale, pepe e maggiorana.
Preparazione:
Per il panzerotto: mettete in ebollizione per circa 10 minuti il baccalà precedentemente bagnato e spinato, quindi sgocciolate e
emulsionate con olio extravergine di oliva q.b. Per ottenere una mousse omogenea impastate ora metà della farina con 2 uova e
un cucchiaio di acqua e l’altra metà con le rimanenti uova e il nero di seppia. Ottenuti i due impasti, tagliateli a rondelle e posizionateli uno sull’altro intercalando i 2 colori,ora tagliate in modo che la pasta prendi un colore strisciato e affinate alla macchina
per pasta, poi tagliate a quadratini e farcite in modo da chiudere le quattro punte e creare una piramide.
Per la salsa: lessate per 10 minuti il granchio e spolpatelo mentre in una teglia da forno tagliate la zucca; condite e infornate a
180° per circa 15 minuti. Ora fate un soffritto con la cipolla e saltateci il granchio e la zucca a cubetti, aggiustate di sale e pepe e
posizionatela a specchio su un piatto con i ravioli lessati sopra e la maggiorana come guarnizione.
magazine 18
Insalatina tropicale di gamberi rossi
al vapore in salsa guacamole
Ingredienti per 4 persone:
500 g di gamberi rossi, 1 melograno, 1 mango, 1 avocado, 1 pompelmo rosa,100 g di insalata, sale, pepe, limone, aglio, cipolla.
Preparazione:
Sgusciate i gamberi e tagliateli dalla parte più grande dividendo le code in tre parti, poi adagiateli nella vaporiera o nel forno a
vapore e lasciate cuocere per 5 minuti. A parte sgranate il melograno e tagliate a striscioline il mango, quindi aprite il pompelmo
a vivo e mischiate il tutto con l’insalata precedentemente lavata e asciugata. Ora a parte sbucciate l’avocado e tagliatelo a cubetti,
mettete nel frullatore insieme a mezzo limone spremuto, aglio, cipolla sale e pepe, ed emulsionate con l’olio fino ad ottenere una
salsa. Mettetela ora a specchio su un piatto e posizionateci l’insalatina precedentemente ottenuta e i gamberi conditi sopra.
magazine 19
C COME ESTATE
Comunicazione istituzionale – Foto: Valerio Simeone
UN BILANCIO DI SUCCESSO
PER LA CAMERA DI PESCARA
Oltre 100mila persone hanno visitato le fiere organizzate nel 2010
Per la Camera di Commercio di Pescara è il momento di bilanci. Circa 125000 persone hanno visitato le fiere organizzate
dall’ente, quest’estate, al porto turistico Marina di Pescara. Cinque eventi per promuovere le eccellenze regionali tra curiosi,
turisti ed appassionati con un occhio attento ai contatti business. La nuova amministrazione camerale ha ampliato il ventaglio
dei suoi appuntamenti, riconfermando eventi storici come Mediterranea e L’Oro d’Abruzzo, ampliando le opportunità offerte da
Emergìe, fiera sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili ed introducendo due novità, come la Mostra del fiore ed il raduno
europeo delle Harley Davidson, che hanno avuto degli effetti più che positivi sulle strutture ricettive e turistiche della città.
Vediamole nel dettaglio.
Evento: Emergìe - Rassegna sul risparmio energetico e
le fonti rinnovabili – III edizione
Quando: dal 10 al 13 giugno
Numero di espositori: 45
Numero di visitatori: 15.000
La mostra mira a sensibilizzare professionisti, imprenditori
e cittadini sul caldo tema del risparmio energetico e del
rispetto ambientale. Ampio il ventaglio di opportunità offerto
dai 45 espositori provenienti da tutt’Italia: nello spazio della
fiera, c’erano possibilità legate a tutte le fonti di energia, dal
solare al fotovoltaico fino ad arrivare alle biomasse.
Tra gli espositori illustri dell’evento, l’Enea (agenzia nazionale
per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile) che ha condiviso uno spazio di 75 mq con le
Università d’Annunzio e de L’Aquila, il COTIR (Consorzio per
la divulgazione e la sperimentazione delle tecniche irrigue), il
Parco scientifico e tecnologico d’Abruzzo e l’Eco-foudation.
Per gli amanti delle novità ci sono state, inoltre, una pista
dedicata ai mezzi elettrici ed un punto verde mobile per un
check-up gratuito del proprio consumo energetico, di casa
o d’azienda. Grande attenzione, infine, alla formazione con
una serie di workshop a cura dell’Enea e dell’Ente camerale
pescarese.
magazine 20
Evento: Mostra del fiore – XXXIV edizione
Quando: dal 30 aprile al 2 maggio 2010
Numero di espositori: 38
Numero di visitatori: 30.000
La XXXIV edizione della Mostra del fiore è
stata organizzata dall’ARFA (Associazione
regionale del florovivaismo abruzzese) in
collaborazione con la Camera di Commercio,
Industria, Artigianato e Agricoltura di Pescara,
il porto turistico Marina di Pescara, la Scuola
d’arte internazionale floreale, la CIA Pescara
e la Coldiretti Abruzzo. Camminando fra i 38
espositori presenti nell’area mostra, è stato
possibile riscoprire manualità e tradizioni che
rischiano di scomparire: molto affascinanti
si sono rivelate le dimostrazioni della
lavorazione del giunco, del legno, della paglia
e della pietra di montagna che danno vita a
splendidi complementi d’arredo per giardini.
Sorprendenti le composizioni protagoniste
del IX concorso d’arte internazionale floreale
“Fiori ed emozioni”, organizzato dall’E.a.f.a.
(European Athenaeum of Floral Art), che
quest’anno ha premiato il bouquet da sposa
più bello. Vincitrice la Finlandia, seconda
classificata l’Italia, terza invece la Spagna.
Evento: Harley Davidson H.o.g. Party
Quando: dal 4 al 6 giugno 2010
Numero di espositori: 25
Numero di visitatori: 20.000
Un evento di fama europea che ha fatto rumore nella città di
Pescara: 7500 splendide moto hanno sostato per tre giorni
nel parcheggio dedicato all’interno del porto turistico; ben
3200 hanno partecipato alla parata. Sono intervenuti club
Harley provenienti praticamente da tutta Italia con presenze
anche dall’Austria, dalla Germania e dalla Svizzera. L’evento,
oltre a richiamare migliaia di visitatori, ha fatto registrare il
tutto esaurito a molti degli alberghi della città, con effetti
positivi su tutto l’indotto commerciale.(Foto Max Schiazza)
magazine 21
Evento: L’Oro d’Abruzzo – L’artigianato d’arte e di tradizione abruzzese dai monti alla marina – XII edizione
Quando: dall’8 all’ 11 luglio
Numero di espositori: 58
Numero di visitatori: 25.000
La storica kermesse valorizza le tradizioni dell’Abruzzo, dando un’adeguata visibilità a tutti i settori manifatturieri: 58 gli espositori
in mostra, con opere che hanno spaziato dalla pietra alle ceramiche, dai ricami e merletti agli strumenti musicali fino ad arrivare
alla lavorazione del ferro, del legno e del cuoio. Grandissima attenzione è stata riservata all’arte orafa, che ha brillato all’interno
del padiglione espositivo e che è andata in scena con una sfilata di gioielli presso l’area eventi della mostra. Rappresentando
l’artigianato artistico una leva importante per la promozione e per lo sviluppo economico dell’Abruzzo, le associazioni di
categoria, di concerto con l’Ente camerale, hanno deciso di organizzare una serie di incontri b2b (business to business) capaci
di far incontrare l’offerta degli espositori con le richieste dei buyer presenti su tutto il mercato nazionale.
magazine 22
Evento: Mediterranea – Rassegna sui tipici agroalimentari
d’Abruzzo – XXV edizione
Quando: dal 29 luglio al 1° agosto
Numero di espositori:
Numero di visitatori: 35.000
L’iniziativa ha raggiunto il prestigioso traguardo del quarto
di secolo e rappresenta la mostra di riferimento del settore
agroalimentare abruzzese.
La principale novità di quest’edizione è stata la presenza
di tre delegazioni estere provenienti da Brasile, Serbia e
Bosnia Erzegovina. In particolare, hanno partecipato la
Feabra (Federazione delle associazioni abruzzesi in Brasile),
la Città e l’Ente Fiera di Mostar e la Camera di Commercio
della Serbia. Sono, inoltre, intervenuti: il Ministro per lo
sviluppo economico e le attività produttive della Federazione
di Bosnia ed Erzegovina, Velimir Kunic; il segretario per
gli affari economici dell’ambasciata Repubblica di Serbia
in Italia, Igor Culafic; il segretario generale della Camera
di Commercio serba dipartimento agricoltura Milan
Prostran. La nuova strategia fieristica dell’Ente, orientata
al potenziamento dei contatti commerciali, ha trovato un
largo consenso da parte delle imprese partecipanti: è stato,
infatti, realizzato un fitto calendario di appuntamenti b2b
presso il padiglione espositivo ex-Cofa. Particolare risalto è
stato dato, poi, al vino e all’olio abruzzese, vere eccellenze
dell’enogastronomia locale, con due interessanti iniziative: la
prima a cura del comitato professionale dell’Ente camerale
per l’assaggio dell’olio extra-vergine di oliva, la seconda in
collaborazione con l’Associazione italiana sommeliers.
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Casadonna com’è
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C COME NOVITÀ
di Daniele Di Vittorio – Foto: Modiv/www.casadonna.it
A SCUOLA DI STELLE
Casadonna: un sogno che diventerà realtà
È molto tempo che ne parla. È moltissimo tempo che la
sogna. Il 2011 forse diventerà l’anno della svolta. Si, perché è
prevista per il prossimo giugno l’apertura della nuova struttura
di Niko Romito, o perlomeno di una buona parte. Nascerà
in un ex convento cinquecentesco di Castel di Sangro (Aq)
“Casadonna”, la promettente ed imponente struttura ricettiva/
scuola professionale/ristorante a cui lo chef abruzzese sta
lavorando ormai da più di due anni.
Il progetto finale prevede la creazione di un hotel 5 stelle con
circa dieci camere, una scuola di cucina di alto livello, uno
spazio bar/eventi e, in un secondo momento, lo spostamento
del ristorante Reale che attualmente si trova a Rivisondoli. La
struttura è corredata da 6 ettari di terreno, dove sono previste
la piantagione di un frutteto e la coltivazione di un orto e di una
vigna sperimentale di Riesling, ampia un ettaro.
Tutti questi prodotti della terra saranno poi naturalmente
usati per la ristorazione. In quest’operazione di recupero lo
chef stellato sta cercando di non lasciare nulla al caso: ogni
dettaglio è curato nei minimi particolari. Molti dei materiali
che facevano parte del convento originario verranno infatti
recuperati e riutilizzati nella nuova struttura. Pareti di cristallo,
legno, tegole in coppo napoletano, arredamento moderno
in cui regnerà il rovere e il legno massello È l’architetto Lelio
Oriano Di Zio, lo stesso che ha curato il recupero del borgo
di Santo Sefano di Sessanio, ad occuparsi della costruzione,
affiancato dall’interior design Leonardo De Carlo per la scuola
di cucina.
L’attività che più sta a cuore a Niko è sicuramente la
scuola professionale di cucina: solo 10 giovani chef per
volta potranno imparare i segreti del bistellato Michelin,
per un minimo di 8 mesi, con laboratori su carne, pesce,
panificazione e pasticceria, lezioni di teoria e pratica e – si
spera – un accreditamento dalla Regione. Le buone premesse
del successo sono stabilite dall’alto numero di richieste che
arrivano già oggi, quando la struttura è solo poco più di uno
scheletro in cemento armato.
I presupposti lasciano dedurre che ci siano gli stessi valori
della cucina di Niko (tradizione, modernità, ricercatezza e
semplicità) alla base del progetto Casadonna: se così sarà,
potremo registrare un altro successo dello chef di Rivisondoli.
Un successo che non potrà che giovare a tutto l’indotto del
turismo enogastronomico legato all’Abruzzo.
Casadonna come sarà
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Speciale Autunno
C COME VENDEMMIA
di Jenny Pacini – Foto: Mario Sabatini/Jenny Pacini
TRA ACINI, TRALCI E RASPI
“Gita” in vigna ad ottobre
Il tepore settembrino di mezzogiorno, il cielo azzurro
picchiettato di nuvolette sparse, il silenzio della campagna,
il mare che si vede in lontananza, il Gran Sasso che si
staglia nitido dal lato opposto, l’ulivo che abbraccia la vite.
L’Abruzzo riassunto in una veduta. Io e Stefania Bosco
abbandoniamo la vettura sulla strada per calpestare la
morbida terra che ci conduce alla vigna, dove cresce il
Montepulciano gelosamente custodito dai corposi grappoli
scuri, che fanno capolino tra i tralci e i pampini, voluttuosi
e turgidi, quasi pronti per la vendemmia. Ed è in questa
fase che si cela un mondo di conoscenze da cui dipende
l’intero procedimento di vinificazione sino al calice. Il
momento della vendemmia è molto delicato e strettamente
correlato a diversi fattori, a cominciare dal clima, dalla zona
di produzione e di esposizione delle uve, dalla tipologia di
queste ultime, ed infine dal tipo di vino che si vuole ottenere,
determinato dalla maggiore o minore presenza di zuccheri,
acidi e componenti aromatici. Un sapere centenario che va
appreso con l’esperienza, la passione e la conoscenza.
Per assistere alla vendemmia, Stefania mi conduce in
un’altra vigna chiamata “Cigno”, come il torrente che le
scorre vicino. Un particolare appezzamento dove le chiare
uve Moscato crescono e maturano in filari. Qui, un gruppo
di raccoglitori chiacchiera allegramente con imbuto e forbici:
con una mano reggono il grappolo e con l’altra tagliano il
peduncolo, mentre nuvole di acini ancora aggrappati al
raspo giacciono in attesa, ma non troppa, ammucchiati nel
rimorchio del trattore, per poi essere trasportati in cantina.
«Ricordo da piccola il tempo della vendemmia – racconta
Stefania Bosco – e lo associo al profumo intenso delle uve
depositate in cantina, che si diffondeva alla sera, verso
l’imbrunire, e mio padre rimaneva sveglio tutta la notte per
controllare la fermentazione». Più tardi, in azienda, vedo gli
acini appena raccolti saltellare nel diraspatore, pronti per
divenire mosto, e proseguire il percorso di vinificazione:
una lunga operazione sotto la costante osservazione di
esperti, che curano nei minimi dettagli la bacchica e atavica
trasformazione delle uve in vino. «Quest’anno – spiega
Nestore Bosco – siamo una settimana in ritardo rispetto alle
annate precedenti: quando l’uva è sana conviene aspettare
che raggiunga un grado di maturazione in più e non ci si
affretta a raccoglierla».
Una “gita” del genere non poteva non essere conclusa da
un buon pasto annaffiato dalle migliori bottiglie: bruschette,
pasta e ceci, porchetta e salsicce, misticanza e pomodori
dell’orto abbinati a vino da tavola bianco, Pecorino,
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I finlandesi che vendemmiano
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Speciale Autunno
Chardonnay e Montepulciano d’Abruzzo. Andandomene,
con le guance arrossate dal sole e le scarpe ancora sporche
di terra, penso a quanto questo mondo di antica dedizione e
legame con la campagna sia lontano da noi giovani di città.
A dimostrazione della mia riflessione mi tornano in mente
le parole di Nestore Bosco, che racconta come la ricerca
del personale extra in tempo di vendemmia sia sempre più
difficile. I ragazzi che avrebbero bisogno di lavorare ignorano
questa possibilità, perché tra vespe, appiccicume e fatica
preferiscono fare altro e si perdono veramente tanta bellezza.
«La vendemmia oggi viene fatta da operai per lo più anziani e
pensionati o da stranieri – mi spiega in un secondo momento
Angela Acquaviva, responsabile esteri dell’azienda Masciarelli
– è facile vedere in vigna soprattutto polacchi e serbi». Una
sorprendente eccezione: di giovani che vendemmiano ne ho
visti, tuttavia non erano affatto abruzzesi, né italiani, bensì...
finlandesi! Proprio così, un gruppo di nordici dalla candida
pelle e dagli occhi azzurri vendemmiavano Trebbiano nella
vigna cosiddetta a tendone del “Castello di Semivicoli”,
grazie alla quale Masciarelli svetta tra tutti gli abruzzesi
nella classifica dei vini d’eccellenza nella Guida dei vini
dell’Espresso 2011, con – per l’appunto – il Trebbiano
D’Abruzzo “Castello di Semivicoli 2008”.
Felix Bertschinger, storico rappresentante di “Slow Food
Finland” è in vigna con i ragazzi e ci spiega che «si tratta
di un impegno che questi quindici studenti e aspiranti
conoscitori del vino si sono presi per più di una settimana,
proprio per apprendere tutti i processi di vinificazione». I
finlandesi lavorano secondo orari e ritmi serrati, allietati
da degustazioni in cantina senza trascurare gli aspetti
tecnici, con il supporto di agronomi ed enologi. Sono felici
e si lasciano trasportare dalla meccanica e appassionante
raccolta dell’uva. «È un modo per rilassarci, ci divertiamo
lavorando - mi confida la loro insegnante, Anu Elomaa – otto
ore al giorno in vigna sono faticose ma utili per comprendere
la wine-philosophy. Dalla Finlandia all’Italia il cambiamento
è così profondo che ci esalta: il clima, la consistenza del
suolo, i profumi, il cibo». Armati di guanti, cappello e forbici,
i giovani finlandesi sanno bene che i grappoli vanno adagiati
lentamente, senza essere troppo pressati nelle cassette o
bagnarole, le quali non possono contenere più di 20 kg di
uva, perché il grappolo deve stare “comodo” e non si deve
surriscaldare. Ogni tanto, durante la vendemmia, non si
può non cedere alla tentazione di un assaggio, lasciando
scrocchiare sotto i denti l’acino che, schiacciata la buccia,
rilascia un gustoso succo dolciastro. Si sta all’aria aperta,
con le mani appiccicate, le braccia stanche ma appagate,
si lavora, si raccoglie il frutto della terra, ci si sente parte del
percorso che da millenni compie il vino. Si vendemmia.
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Speciale Autunno
E C’È CHI LO FA… CON I PIEDI!
Il passaggio fondamentale tra la vigna e la botte è la pigiatura dell’uva. I più usano presse artificiali, che permettono di
ottimizzare tempi, risorse umane ed energetiche con lo stesso risultato di una volta. Ma c’è chi crede ancora che nella
fase della pigiatura sia fondamentale l’energia che si trasmette all’uva: nella cantina di Stefania Pepe a Torano Nuovo
(Te), infatti, è così che fanno. Le cassette di uva, coltivata in maniera biologica e biodinamica, vengono rovesciate in una
specie di catino di legno in cui le si schiaccia come quando si fa step in palestra. Si lavora di talloni, indossando stivali
di gomma (proprio così, le norme igieniche e sanitarie non permettono più il contatto con i piedi, per evitare di trasmettere infezioni): si parte dagli angoli e si procede camminando di lato, in senso orizzontale, come seguendo lo schema
di un lavoro ad uncinetto. «Se a farlo sono i giovani innamorati – spiega Stefania Pepe – il vino trae beneficio ancora di
più dalla loro energia positiva e viene brillante. Perché è fatto così, lo si deve coccolare, ci si deve parlare, come con
le piante». La pigiatura – noi abbiamo assistito al turno del Cerasuolo – permette al mosto fiore di non mescolarsi con
la polpa che resta nei vinaccioli, più acida, che viene spremuta in un secondo momento con la pressa a membrana.
«Tendiamo a tenere mosto fiore e polpa proprio separati – conclude – Quando facciamo il rosso puntiamo su una
microfermentazione chicco per chicco: gli acini passano per la pressa elettronica dopo essere stati in botte!» (C.M.)
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Speciale Autunno
C COME TRENO
di Monica Andreucci– Foto: Franco Persia
TUTTI IN CARROZZA!
Un turismo enogastronomico alternativo: in ferrovia.
Il turismo enogastronomico internazionale sta raggiungendo
quote di movimento finanziario davvero interessanti: è
calcolato infatti che, nel totale del mercato turistico, il flusso
monetario di chi fa gite e vacanze “golose”, scegliendo
quindi le mete facendosi guidare dalle opportunità
enogastronomiche più che culturali e naturalistiche, ha
raggiunto i 5 miliardi di €. Anche su questo fronte, oltre che
su quello artistico, l’Italia ha enormi potenzialità, in quanto
l’unica nazione al mondo che può vantare 176 produzioni
certificate e perciò tutelate e 4.396 specialità tradizionali
censite a livello regionale.
Il nostro Paese, precisazione dedicata ai turisti buongustai
indecisi sui percorsi da seguire, possiede 142 “strade dei
sapori” che toccano località dove si coltivano e si apprezzano
le meraviglie dell’agroalimentare, tra le quali è bello – e tanto
buono! - perdersi. Solo riguardo ai vini, per esempio, si
contano ben 477 DOC e DOCG a livello nazionale…
L’idea che vi vogliamo dare, per alcune peculiarità tutte made
in Abruzzo, è quella di scoprire in treno alcune contrade
nostrane più selvagge, là dove si annidano proprio le Doc,
Docg, Igt ed Igp migliori.
Valle Roveto in treno: un viaggio nei sapori d’autunno.
“La linea (ferroviaria) Avezzano-Roccasecca è una delle
più pittoresche d’Italia…km 80, solo accelerati leggeri, in
poco più di due ore”. I turisti migliori sono quelli per i quali
è importante pure il viaggio, oltre alla meta, e che quindi,
appena è possibile, evitano le superstrade e l’auto privata.
Si riconoscono perché, prima di partire, si informano per
bene sui luoghi da visitare, sugli orari dei mezzi pubblici
(nei quali caricano spesso la bici al seguito), e se perdono
una coincidenza trovano l’occasione per nuove scoperte
locali. I consigli del Touring Club Italiano sono da sempre
tra i più “gettonati”; e quanto abbiamo appena ripreso
dalla “Guida Rossa” edizione 1938 è oggi ancora valido,
visto che questa zona d’Abruzzo in cui vale la pena godere
la magia dell’autunno si mostra dal finestrino del treno
sostanzialmente com’era all’inaugurazione, classe 1902.
Quel tronco di linea è passata indenne dalla scure che negli
anni ’90 stava per recidere i bracci meno redditizi delle allora
Ferrovie dello Stato. Su di essa un itinerario bellissimo fianco
a fianco, per la maggior parte, del fiume Liri, presentando
soluzioni ingegneristiche tutt’ora ammirevoli. Ha potenzialità
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Speciale Autunno
turistiche straordinarie, che comunque il passeggero
meno distratto può godere ogni giorno, sui convogli che
percorrono con servizio regolare questa valle dalla storia
tanto tormentata quanto ricca.
Sulla cresta dei Monti Ernici-Simbruini, ancora molto tempo
dopo l’avvenuta unità d’Italia, continuava di fatto a passare il
confine tra due mondi diversi quali si erano contrapposti, per
lunghi secoli, il Papato ed i Borbone. Le sanguinose storie di
briganti, che tra quelle frasche si nascondevano dalla vita
civile, non si erano infatti estinte con la conseguente stabilità
politica, e sconsigliavano chiunque dal tornare a frequentare
boschi rovetani. Boschi in cui ancora oggi si trovano i dolci
frutti dell’autunno, le castagne qui talmente particolari
da meritare la certificazione di specialità tutelata come
“Roscetta della Valle Roveto”. A onor del vero, nella nostra
regione c’è un’altra saporita drupa, anch’essa riconosciuta a
livello europeo, e si tratta del marrone di Valle Castellana, che
cresce all’ombra dei Monti della Laga, nel teramano; questa
zona però non ha una linea ferroviaria che, attraversandola,
ne permetta una visione privilegiata.
“Da Capistrello in poi essa (linea) discende la ridente valle del
fiume Liri, che traversa 16 volte. Fra stazione Capistrello e
staz. Sora, numerose gallerie e viadotti permettono di vincere
un dislivello di 463 m. in un percorso di appena 32 km. La
vista è bella su entrambi i lati: collocarsi però preferibilmente
a destra, salvo nel tratto da Avezzano a Civitella Roveto.”
Di nuovo le parole del TCI dell’epoca; scorrendo più avanti
la descrizione viene fuori molto altro che può, in modo
straordinario, interessare il turista curioso.
Non sarà quindi solo la voglia di assaggiare le castagne
locali a motivare il viaggio: in Valle Roveto sta, per esempio,
una delle sorgenti d’acqua minerale più apprezzate, la Santa
Croce di Canistro, adeguatamente sfruttata negli impianti
termali della cittadina. Ancora l’acqua si rende protagonista
della vallata a Morino, dov’è una delle cascate più alte
d’Italia: “Zompo lo Schioppo”, con i suoi 80 metri di salto
merita davvero una escursione (tra l’altro, passando proprio
tra le belle piante di castagno locali). Di questa cascata lascia
testimonianza anche lo scrittore latino Febonio : “vulgus ex
strepitu descendentum aquarum lo schioppo appellat”.
Se poi ci si vuole “accontentare” di quel che passa dal
finestrino, vale ancora ciò che di questa linea ferroviaria
diceva la Guida Baedeker nel 1903, “Italie Méridionale”,
edizione francese dell’originale tedesco, strumento
fondamentale per i turisti provenienti da oltr’Alpe: “Le trajet
est un des plus beaux qu’on puisse faire en Italie” (“il tragitto
è uno dei più belli che si possono fare in Italia”).
Riguardo alle presenze famose che hanno operato qui, si
può iniziare citando l’imperatore “Claudio, (che) nel 43 d.C.,
magazine 37
si accinse all’opera (di prosciugare il lago Fucino e) pensò
di smaltire le acque in quelle del Fiume Liri scavando una
galleria sotterranea (5.653 m) attraverso il Monte Salviano.
I lavori durarono 11 anni e richiesero l’opera di 30.000
schiavi” (1). Poi qui venne anche Ferdinando II di Borbone,
per controllare di persona se potesse davvero passare
una ferrovia che collegasse Napoli agli “Abruzzi”. Sono
testimoniati inoltre i passaggi di Ferdinando Gregorovius,
Keppel Craven, Edward Lear, i Reali Borbone appunto – di
cui Dumas racconta un gustoso episodio accaduto in zona
S. Vincenzo – e molto probabilmente anche il geografo greco
Strabone vissuto tra il 65 a.C. ed il 24 d.C.
E oggi? Fare il biglietto per questa linea è promessa di
un vero e proprio viaggio nel paesaggio, insomma, tra
quinte montuose rimaste selvagge ed aspetti geologici
incontaminati, tanto più che entrambi i fronti sono protetti.
Voltando lo sguardo al versante orografico sinistro, con la
sorgente alle spalle, c’è la propaggine estrema del Parco
Nazionale d’Abruzzo; sul lato destro della riva fluviale, si erge
l’area tutelata che prende nome dagli stessi monti ErniciSimbruini.
Tutt’intorno l’ambiente è notevole, se viene così descritto:
“Non accenno neppure lontanamente all’aria che si respira
tra i castagneti del Codardo (da dove scaturisce la sorgente
IL MARRONE DELLA VALLE ROVETO
Il Marrone della Valle Roveto presenta caratteristiche morfologiche simili al Marrone Fiorentino, dal quale differisce leggermente per la diversa azione esercitata dal clima, dal terreno e dall’agricoltore. Viene comunemente chiamata Roscetta, per il colore rossiccio brillante dell’epiderma; produce frutti dalla polpa soda e consistente, profumata, resistente alla
cottura e particolarmente dolce. I castagneti, costituiti da piante in prevalenza secolari, coprono ormai una superficie di
soli 200 ettari, raggruppati in nuclei sopravvissuti all’abbandono colturale ed agli attacchi di cancro corticale (Cryphonectria Parasitica) e distribuiti nei comuni di Civitella Roveto, Capistrello, Canistro, Morino e Balsorano. Il terreno argilloso–arenaceo della Valle Roveto, decalcificato dall’azione dilavante degli agenti atmosferici, la buona disponibilità idrica
associata ad una altrettanto buona capacità drenante, offrono le condizioni podologiche favorevoli al suo sviluppo.
Condivide lo stesso territorio con varietà Porcina, destinata, come fa intuire il nome, all’alimentazione animale, e quindi
di scarso interesse commerciale. Differisce dalla più pregiata Roscetta per i frutti di piccole dimensioni, di colore più
scuro e per la forma dell’occhio (la parte inferiore della castagna) che nella porcina é grande e tondeggiante, mentre nella
Roscetta è piccolo e di forma rettangolare. È una cucina semplice quella di Canistro, fatta di gnocchi e sagne della nonna, pizza bianca con verdure e salsiccia, pizza rossa, polenta, frittelle e i tipici “quagliategli”, pasta senza uova con brodo
di fagioli. Le castagne sono prodotto tipico, preparate nei modi più diversi: “casciole” (caldarroste), “vallani”(bollite),
“remonne” (bollite senza buccia). Tipiche anche di Morino sono le castagne ‘Roscette”, consumate sbucciate e lessate
al fuoco del camino con il finocchio selvatico. (M.A.)
magazine 38
Speciale Autunno
minerale), ma debbo ricordare che il territorio di Canistro dà
ottime e saporite castagne, le famose roscette (…) però di
ottima qualità sono i frutti dei castagneti di tutto il versante
occidentale di Valle Roveto.” (2). Ma pure un’altra zona
è ammirevole: “È una conca di rara bellezza. L’orrido e il
pittoresco, il rupestre e il verde, le cime lontane dei monti
e gli strapiombi delle rocce vicine (…) la ferrovia che si
nasconde nelle gallerie e poi riappare improvvisa (…) fanno
di questa valletta un luogo straordinario che pochi sanno (…)
e soltanto la conosce chi scende dal treno alla stazione di
Pescocanale”.(3)
Di Civita d’Antino, poi, si legge che “è stato, per lo passato,
senza dubbio, un soggiorno delizioso per stranieri amanti
del panorama. Infatti numerosi artisti svedesi, norvegesi
e tedeschi venivano, or sono oltre 15 anni, a dipingere le
bellezze di questa Svizzera d’Abruzzo.” (4)
Parlando di prodotti caratteristici, che di questa stagione sono
senza dubbio le castagne locali, è d’obbligo citare Civitella
Roveto, centro geografico della Valle Roveto e capoluogo
morale per quantità di drupe raccolte ogni autunno. Non
a caso, infatti, delle sagre dedicate alle ‘roscette’ la più
frequentata si svolge qui, alternandosi nelle domeniche
d’ottobre con Canistro. Chissà se Dante, nei riferimenti che
fa sulla Divina Commedia, pensava alle rive civitellesi... se
è vero infatti che il nome Liri deriva dal latino Viridis (verde,
con chiaro riferimento al colore delle sue acque), per ben due
volte lo ricorda: nel Purgatorio (III, 131), Manfredi imperatore,
parlando delle sue ossa insepolte, lamenta: ‘or le bagna la
pioggia e move il vento / di fuor dal regno, quasi lungo il
Verde, / dov’e’ le trasmutò a lume spento; e poi nel Paradiso
(Vili, 63, colloquio con Carlo Martello d’Angiò).
Più di recente, lo stupore che ha colto tanti celebri viaggiatori
si ripete, ancora oggi, a chi si volge ammirato a guardare
il panorama offerto, nel complesso, dai luoghi rovetani. “Si
tratta di un’angusta valle –dice la “Cartoguida DeAgostini del
1992 – che poi si allarga progressivamente, singolare anche
per il forte contrasto tra il versante sinistro, nudo e brullo, e
quello destro, coperto da un fitto manto boschivo. Essa è
circondata in ogni parte da una catena di montagne maestose,
dall’aspetto incredibilmente severo e fosco, coperte nella
loro sommità da densi boschi, dove fino all’ultimo quarto di
secolo, com’è noto, vivevano gli orsi”. Insomma, un ambiente
che possiamo definire wilde, autenticamente selvaggio:
straordinaria l’esplosione di colori autunnali!
L’ultima stazione in territorio abruzzese è Balsorano.
Originariamente era chiamato Vallis Sorana (dalla città di cui
ben chiara l’influenza, Sora, scalo successivo), con il centro
abitato dominato dall’imponente mole del Castello, che si
pone quasi a sentinella del confine con il Lazio, una sorta
di ingresso sommerso da natura lussureggiante: proprio
una “porta verde” dell’Abruzzo. La linea prosegue poi verso
Roccasecca, dove confluisce nella Roma-Cassino-Napoli.
Quel piccolo trenino che oggi quasi si mimetizza col
paesaggio, quindi, porta con sé un enorme carico di storia e
di civiltà. Che un turismo intelligente e rispettoso (ancorché…
goloso!) può ancora scoprire.
(1) (Luigi Braccili –“Conoscere l’Abruzzo”–ed. ATLAS per Costantini Pescara 1983)
(2) (Don G. Squilla “Panorami e sorgenti della Valle Roveto”, Casamari 1982)
(3) (ibidem “Valle Roveto”, Ente Fucino 1966)
(4) (Enrico Abbate “Guida dell’Abruzzo” CAI Roma 1903)
LA FERROVIA IN ABRUZZO
Nel rapporto tra abitanti e sviluppo delle linee ferroviarie, l’Abruzzo vanta un primato nazionale perché le abbondanti
1.200.000 anime che lo popolano sono servite da ben 600 km di binari. Certo incidono l’estensione del territorio regionale
(10.794 kmq) ed un’orografia accidentata (appena l’1% è pianeggiante!), come la posizione sia di cerniera tra nord e sud
d’Italia, sia transappenninica; per non parlare del ruolo politico-logistico rivestito nel periodo pre e post-unitario nazionale,
quand’era il momento cruciale della storia dei treni in Italia. Allora, per collegare le varie zone dello “Stivale” si doveva bypassare lo Stato della Chiesa: già re Ferdinando II di Borbone aveva pensato di far redigere il progetto“per una Ferrovia da
Napoli ai confini romani”, primo esempio di pianificazione della mobilità su vasta scala, sul percorso ancor oggi disegnato
dalla linea Sangritana con snodo a Castel di Sangro verso Carpinone. Per riparlare di treno in Abruzzo occorrerà aspettare il
dopo-Teano, quando si progetteranno binari di civiltà oltre che di cultura, mediando continuamente tra le risorse scarse in
un’Italia tutta da fare e le aspettative di crescita giustamente cullate dalla popolazione, quella abruzzese, tra le più emigranti.
Sono le parole degli atti parlamentari del barone G. Andrea Angeloni, possidente terriero deputato e grande uomo di cultura
da Roccaraso (dove nacque nel 1826), a raccontare lo slancio per cercare di dare una personalità, una credibilità, un futuro
alla nuova nazione unita quale “ponte” proteso sul Mediterraneo. D’altro canto non va dimenticato che, grazie all’apertura del
Traforo Frejus quasi contemporaneo al Canale di Suez, dalla Gran Bretagna alle colonie Indiane il viaggio passò da 100 giorni
a 18, con la ‘Valigia delle Indie’ che aveva tra le fermate più importanti proprio la stazione di Pescara-Castellamare. (M.A)
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C COME VI CONSIGLIAMO
Redazionale
UN REGALO PER OGNI PROVINCIA
Metti un prodotto abruzzese sotto l’albero!
Il territorio abruzzese è composito e ricco di sapori e di
tesori da scoprire. Regalarne un pezzetto per Natale, che
sia un frutto, un prodotto della terra, un’opera artigianale
o un dolce, sarà uno dei più bei gesti che i vostri amici, i
vostri fornitori e i vostri clienti, specialmente di fuori regione,
potranno ricevere.
La scelta è ardua. Tutti i produttori abruzzesi si danno sempre
un bel da fare per ottenere e dare il meglio. Noi abbiamo
fatto una piccola selezione, per voi, con l’intenzione di darvi
delle buone idee per i vostri pacchi di Natale. Abbiamo
scelto un rappresentante per ogni provincia: la pasta Verrigni
per il Teramano, i prodotti Ursini per il Teatino, il vino Chiusa
Grande accompagnato dal cd “DiWine Jazz” per quanto
riguarda la provincia di Pescara e infine i torroni Nurzia per
l’Aquila. Un minuscolo prontuario per raccontarvi in poche
parole cosa c’è di buono per voi per questo Natale 2010.
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Teramo
LA PASTA VERRIGNI
L’UNICA TRAFILATA IN ORO
Dal 1898 ad oggi, in cui festeggiano il terzo anno della nuova
gestione, l’Antico Pastificio Rosetano della famiglia Verrigni
ha compiuto un lungo cammino sulla strada della qualità e
dell’innovazione. Da quella piccola Rosburgo, oggi Roseto
degli Abruzzi, quella pasta ottenuta dalla macinatura dei
grani con macine a pietra, impastata con l’acqua del Gran
Sasso ed essiccata all’aria, appesa alle canne di bambù,
oggi mantiene il suo standard di alta qualità. Accanto
ai ventidue formati di pasta di semola ci sono una linea
biologica che comprende il kamut semolato e integrale, il
farro integrale e il grano duro Senatore Cappelli, e una linea
aromatizzata al peperoncino, al nero di seppia, al pesto, al
basilico e al limone. Gli ultimi arrivati in casa Verrigni sono lo
Spaghettoro e Fusilloro, unica pasta trafilata in oro: prodotti
innovativi che si differenziano dalla pasta secca tradizionale
per la diversa consistenza, che grazie al minore stress che
l’impasto subisce a contatto col metallo nobile hanno una
nuova ruvidezza, una dolcezza e una nota distintiva che non
resta indifferente al palato. Per questo motivo questa pasta è
scelta da molti chef come base dei loro piatti! A Natale 2010
la confezione regalo sarà molto sfiziosa. Un altro prodotto
originale è il profumo “00 Oro” che tramite le essenze della
mandorla della vaniglia e del lievito riproduce proprio l’aroma
della pasta Verrigni.
A chi regalarla: agli amanti della buona cucina; agli
sperimentatori; ai palati fini.
Perché regalarla: perché grazie alla pasta Verrigni
tutti possono avere l’ebbrezza di cucinare un piatto da
professionisti nella propria casa!
Contatti: www.verrigni.com; email: [email protected];
tel 085.9040269.
La scatola regalo “Sua Pastità” in rovere
Scatola con 1kg Spaghettoro rifinita a mano
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Il profumo “00 Oro”
Pescara
I VINI CHIUSA GRANDE:
ED È SUBITO JAZZ
“DiWine Jazz, vinosophy collection” è un vero e proprio
sodalizio di intenti tra vini, parole e musica. Un cd jazz
concepito da Franco D’Eusanio, agronomo, bio-innovatore
e “vinosofo”, in cui la musica del sestetto del pianista Tony
Pancella interpreta nove vini Chiusa Grande, descritti dalla
voce di Gio Gio Rapattoni e dai testi di Simone D’Alessandro.
Cosa scegliere per Natale? C’è l’imbarazzo della scelta,
da Vinofollia a Vinosophia, “ammiccante e sorprendente”
l’uno, “brioso” l’altro; al Natura bianca, “una forza libera
da condizionamenti”, per passare alla serie di tendenza
dedicata ai generi Is-Ea-Id e alla coppia Perla bianca e Perla
nera, il vino dell’amore eterno e il vino dell’amore impossibile.
Un vino che custodisce i saperi della tradizioni e che porta
ancora il soprannome degli avi (Mattè, Tatà, Roccosecco) e
che non teme il confronto con l’esoterismo (Ciferette, Spera
di sole, Ulevio e Arcaserene, derivanti dal dialetto arcaico
abruzzese). Le ultime novità? I vini della linea Natura, senza
solfiti, perché, come scrisse Francesco Bacone, “Alla
natura si comanda solo ubbidendole”. Non a caso la Tenuta
Chiusa Grande di Nocciano è una delle realtà vitivinicole più
certificate in Europa nel campo dell’agricoltura biologica.
A chi regalarli: agli amanti della schiettezza.
Perché regalarli: perché hanno la colonna sonora!
Contatti: www.chiusagrande.com;
email: [email protected] tel 085.847460
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Chieti
UNA “MELODIA” DI SAPORI
URSINI
Non bastava il suo olio da solo o in compagnia di ortaggi,
vegetali e agrumi per la preparazione dei Sott’Olio e dei
Pestati. Non bastavano i cinque sughi dedicati ai colori
della vita (il verde, il rosso, il viola, il bianco, il dorato) e
neppure i manicaretti, dai fagottini di zucchine, di melanzane
e di radicchio ai cachi e le mele cotogne. L’azienda Ursini
di Fossacesia propone anche per questo Natale 2010 la
confezione di “Melodia dei sapori Ursini”, con cui riscoprire
i sapori dell’Aquila grazie alla sinergia con la famiglia
Moscardi del ristorante Elodia a Camarda. Manualità e
sapienze gastronomiche raccontano una forte identità e
l’appartenenza ad una realtà che, seppur lacerata nel suo
intimo, è ancora viva e rigogliosa. “Melodia dei sapori
Ursini” è un messaggio di gusto ma anche un progetto per
ridare linfa ad un patrimonio culinario che non può andare
perduto. In una sola scatola c’è il contenuto per un pranzo
di eccellenza, dall’antipasto al dolce. Si può cominciare
con i pestati di legumi (i fagioli di Paganica e le lenticchie
di Santo Stefano di Sessanio) e i primi conditi dal sugo
bianco al baccalà e zafferano de L’Aquila, accompagnare
con manicaretti di finocchi, agrumi e nocciole e concludere
con la marmellata di zucca e amaretto o con una pera al
Montepulciano e cannella.
A chi regalarla: a chi sa mettersi in gioco e scoprire sapori
nuovi.
Perché regalarla: perché è un regalo unico, etico, buono,
elegante e giusto.
Contatti: www.ursini.it; email: [email protected]
tel. 0872.579060.
I vasetti presenti nella confezione
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L’Aquila
I TORRONI DELLE SORELLE
NURZIA
Il nuovo, morbidissimo torrone bianco mandorle e pistacchi,
o il classico torrone al cioccolato; o quello con arance candite
e mandorla; o il bianco tenero ricoperto di cioccolato, avvolto
nel fine incarto confezionato a mano. È questo il Natale che
offre la Casa Sorelle Nurzia, fondata ad Arischia (Aq) nel
1835 e portata avanti con spinta innovativa per oltre 150
anni. Con la stessa passione di Ulisse, figlio del fondatore
Gennaro, oltre a torroni teneri di vario genere e di vari formati
oggi viene prodotta una vasta gamma di prodotti prelibati
e genuini (biscotti, panettone, cioccolato) per meritare la
sempre crescente preferenza da parte dei consumatori
sia vecchi sia nuovi. «La propulsione data da Ulisse fece
in modo che accanto al torrone bianco classico nascesse
anche quello al cioccolato – precisa Rita Farroni, titolare di
Sorelle Nurzia – A lungo è stato il core business dell’azienda:
oggi noi siamo anche molto altro. Solo quest’anno abbiamo
presentato tre nuovi torroni bianchi teneri: con mandorle
e pistacchi, con nocciole e con mandorle e amaretti, che
impazzano soprattutto all’estero». Spettacolari i torroni
vassoi: tre chili di bontà nei variegati al cioccolato fondente
extra e i bianchi classico, alla nocciola e con mandorle e
pistacchi. In occasione di Natale 2010 è stata elaborata
una confezione regalo che contiene dolci Sorelle Nurzia (da
scegliere sul catalogo) che le aziende possono utilizzare
come regalistica per le prossime festività.
A chi regalarli: sono i preferiti di bimbi e anziani, quindi
perfetti per le famiglie.
Perché regalarli: perché con loro il Natale sarà più …tenero.
Contatti: www.sorellenurzia.it; email: [email protected];
tel. 0862.441088.
I torroni e gli altri prodotti da regalo di Sorelle Nurzia
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C COME TRADIZIONE
di Anita Righetti – Foto: Mario Sabatini
IL CIBO NATURALE?
CE L’ABBIAMO GIÀ IN TAVOLA!
Ecco le vere merende abruzzesi
Se l’odore delle madeleines sta alla ricerca del tempo
perduto, l’odore delle merendine sta alla ricerca del tempo
attuale.
Sì, la ricerca, perché osservando la pubblicità che
accompagna qualsivoglia merendina di qualsivoglia marca
è lampante il rimando ad una qualità della vita che sa molto
di antico e poco di nuovo. Il tutto poi ruota attorno a pane
lievitato, marmellata e zucchero. Presente o assente, lo
zucchero è il vero protagonista della merendina industriale
proposta, con tutti i danni che ne consegue. E non basta
leggere l’etichetta per mettersi al riparo, perché oggi
anche la merendina si è fatta furba e sa far passare per
buoni alimenti invece pericolosi per la salute di un adulto e
micidiali per la salute di un bambino. Come possiamo fare
quindi per evitare il consumo o almeno contenere i danni? È
chiaro che dobbiamo tenere conto di molti fattori che sono
sociali e logistici. Lo spirito di emulazione dei bambini e degli
adolescenti è difficile da piegare al consumo di prodotti
diversi da quelli preferiti dal “gruppo”. Resta lo spazio privato
casalingo che permette un risultato ottimo con un impegno
risibile rispetto alla qualità della vita che sviluppa.
Allora cominciamo dal pane.
Pane, olio e qualche grano di sale.
Pane, olio e zucchero.
Pane, olio e peperone dolce secco tritato.
Pane, tostato olio e peperone dolce secco tritato.
Pane, olio, qualche grano di sale e fichi freschi.
Pane, olio e qualche grano di sale con fichi secchi e noci.
Pane, olio e qualche grano di sale con un grappolo d’uva
bianca, come ad esempio il pergolone (la mia merenda
preferita, insieme anche al pane con la mortadella).
Pane, olio e qualche grano di sale con le arance a fette
grosse.
Naturalmente più sono freschi e buoni i prodotti base, più la
merenda sarà gradita.
Ad avere tempo, il pane (sì, sempre lui) si può farcire con una
frittata, dalla più semplice solo con le uova alla frittata con
i peperoni o con le patate. Le frittate si possono preparare
anche in anticipo e siccome in Abruzzo si può dire che ogni
paese ha il suo tipo di pane è facile trovare un’ottima qualità
di pane fresco a portata di mano.
La regina di tutte le merende per noi abruzzesi è, e resta,
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pane e pomodoro. L’aggiunta di peperoncino piccante
dipende solo dall’età del commensale.
Da fine giugno a settembre inoltrato i pomodori freschi e
succosi con le loro mille varietà non mancano sulla nostra
tavola. C’è chi preferisce un pomodoro acerbo e chi maturo,
chi lo preferisce a fette grosse, all’antica, o sottili, come si
usa adesso, e chi schiacciato sulla fetta del pane solo a dare
colore e semi, oppure solo colore. C’è chi anche d’inverno si
prepara pane e pomodoro con i pomodorini a grappoli che
mantengono le proprietà nutritive essendo stati raccolti in
piena estate. Comunque sempre conditi con olio e sale.
Passiamo alle patate.
Le patate lesse si schiacciano a lungo con una forchetta in
una padella di ferro, la ferzore, appena unta e, a chi piace,
con un niente di cipolla tritata finissima. Col fuoco allegro e la
forchetta veloce le patate diventano una crema e cominciano
a fare una crosticina dorata. Si da la forma di una “pizza”
alta un paio di centimetri e si lascia dorare da ambo le parti.
Di solito si prepara per cena e si lascia volutamente per la
merenda del giorno dopo, come si usava un tempo lontano
…e neanche poi così tanto. I ragazzi di una volta ne erano
ghiotti, chissà quelli di oggi.
Ad averci tempo, però, la merenda tipica-tipica è il
ciambellone. Con o senza cacao.
Occorrono 400 grammi di farina, 300 gr di zucchero
semolato, la buccia grattugiata e succo spremuto di 1
limone, 1 bicchiere d’olio d’oliva extravergine, e 1 bustina di
lievito chimico per dolci. Si sbattono uova e zucchero fino a
mescolarli bene e si aggiungono gli ingredienti in sequenza,
si cuoce nel forno per 45 minuti a 200° e per 15 minuti a
180°. Il cacao (100 gr) si mescola alla farina che va ridotta
a 300 gr. Grazie all’olio, il ciambellone resta morbido anche
per qualche giorno conservato in una busta di carta. E piace
anche agli adulti, ancor più se inzuppato con un bicchierino
di liquore punch abruzzese prodotto con le erbe medicinali
che crescono sulla Maiella.
Potrebbe diventare un rito corale prepararlo la sera tutti
insieme, padre, madre e figli: ci si stanca di meno, loro
imparano, tutti si amano di più… mentre la televisione parla
da sola.
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C COME OLIO
di Maura Di Marco .
PANE AL PANE, OLIVA ALL’OLIVA
Occhio all’etichetta…
L’Abruzzo, ad ottobre, si fa ancora più bello. Le grandi
distese di olivi brulicano di passione: quella dei piccoli
contadini che da anni, se non da secoli, ripercorrono
le antiche tecniche di lavorazione appena sfiorate dalla
tecnologia. Perché l’estrazione dell’olio – buono a sapersi –
è fatta con mezzi esclusivamente meccanici, che sfruttano
semplici principi fisici applicati a frantoi a pressione e
continui. L’eccezione sfugge alla regola quando pensiamo
che l’olio è uno dei pochi alimenti direttamente commestibili:
il succo di frutta più prezioso del Mediterraneo può essere
degustato nell’immediato, rivelando con il suo amaro ed
il suo pizzicore l’importanza che riveste per una sana e
corretta alimentazione.
Stranamente, però, non tutte le proprietà dell’olio extra
vergine di oliva possono essere riportate sulle etichette delle
bottiglie che campeggiano tra gli scaffali dei supermercati.
Come ci racconta in un’intervista Luciano Brancone il capo
panel del Comitato d’assaggio dell’olio extravergine di oliva
della Camera di Commercio di Pescara, esistono normative
europee relative all’etichettatura dei prodotti alimentari
che stabiliscono, in maniera ferrea, cosa può essere
scritto e cosa no. Tra le cose importanti che non possono
essere scritte ci sono una serie di termini auto-celebrativi
e salutistici che potrebbero fuorviare o “trarre in inganno il
consumatore”: un esempio sono, nel caso dell’olio, le sue
capacità anti-ossidanti in grado di prevenire le malattie
tumorali e cardio-vascolari e difendere l’apparato digerente.
Viene da chiedermi: perché non spiegare cotante virtù ad
una società come la nostra, ossessionata dalla ricerca
dell’elisir di giovinezza, schiava delle diete, ipocondriaca ed
iper-salutista?
Per rispondermi e rispondervi, devo fare un salto indietro
e ripartire dall’abc: la legislazione (per l’esattezza il
regolamento CE 2568/91) ha stabilito i parametri chimicofisici ed organolettici per distinguere gli oli in olio extra
vergine di oliva, olio vergine di oliva ed olio lampante di oliva.
Il primo ha un’acidità pari allo 0.8%, il secondo uguale o
minore del 2%, l’ultimo, non commestibile eppure prodotto
in grandi quantità (chissà perché), maggiore del 2%.
Tanto più alto sarà il senso di pizzicore e di amaro, unito
al profumo evocativo di un frutto sano e fresco, tanto
più alte saranno, all’esame organolettico (cioè olfattivo
e degustativo), le proprietà salutistiche e nutrizionali. Di
fatto, però, ed è bene specificarlo, l’esame organolettico è
obbligatorio solo per gli oli d.o.p.
Chiedo a Luciano Brancone come può il consumatore
orientarsi tra gli scaffali dei supermercati per riconoscere un
buon olio. Sapete cosa mi ha risposto? Il prezzo («a meno che
non si scelga direttamente un olio dop», tiene a specificare).
Eh già, perché è proprio il prezzo a dirci se le olive sono frutto
di una coltivazione attenta e l’olio il risultato di un processo di
produzione eccellente. Ecco allora spiegata la differenza di
prezzo tra una confezione d’olio di una grande major ed una
acquistata dal frantoiano o dal venditore diretto. La prima
avrà un costo che si aggirerà sui due/tre euro, la seconda,
invece, non scenderà mai sotto i 5 euro. La prima sarà frutto,
spesso, di una coltivazione intensiva, effettuata nei paesi
emergenti del bacino del Mediterraneo, in cui la qualità cede
il passo alle grosse quantità; la seconda sarà il prodotto di
selezione, eccellenza e predilezione al lavoro.
A questo punto non posso non chiedere al mio intervistato
se le grosse major c’entrano qualcosa con le etichettature.
Lui non mi risponde ma il guizzo nei suoi occhi la dice lunga:
a buon assaggiator, poche parole.
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Salvatore Tassa, Mauro Uliassi, il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, Ciccio Sultano e Niko Romito
Marcello Schillaci, Alessandro De Antoniis, Antonio Paolini,
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Francesco Auricchiella e Alessandro tribuna
C COME EVENTO
Redazionale – Foto: Modiv
GUSTÈ: TERAMO COOKING SHOW
I piatti della tradizione interpretati dai grandi chef
È stato un bellissimo week end quello del 16 e 17 ottobre a
Teramo: un fine settimana all’insegna del gusto e della cucina
teramana. Quattro cuochi di fama nazionale e internazionale
si sono alternati sul palco per rivisitare altrettante ricette
locali, messe subito a confronto con la versione tradizionale
ad opera dei ristoratori locali.
Ecco che Salvatore Tassa, il “cuciniere” del ristorante
“Colline ciociare” in provincia di Frosinone, ha scomposto
e ricomposto la classica tiella di verdure, proposta nella
versione originale da Francesco Auricchiella del ristorante
Duomo.
Ciccio Sultano, anche lui del ristorante Duomo ma di Ragusa,
ha invece preparato delle singolari mazzarelle riempiendo di
verze dei ravioli e proponendo la coratella a parte, mentre
Marcello Schillaci de La Cantina di Porta romana preparava
le reali mazzarelle teramane.
Stupefacente l’assaggio di pane e porchetta proposto da
Mauro Uliassi, caldo e croccante, assolutamente alla pari
con il panino di porchetta preparato da Alessandro Tribuna
de Il Cantinone, che ne ha illustrato tutte le fasi preparatorie:
il pubblico ha potuto seguire tutte le procedure dal maxi
schermo, grazie anche all’abile conduzione dei giornalisti
enogastronomici Roberta Corradin e Antonio Paolini.
La dolcissima conclusione del cooking show è stata
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affidata alle mani esperte di Niko Romito e di tutto lo staff
del Reale, che ha proposto ed illustrato una personalissima
“pizza dogge” a più strati, mentre Alessandro De Antoniis
del ristorante teramano Cipria di Mare ne ha presentata una
enorme, altissima come tradizione vuole, insieme al “pan di
Spagna vivente” maestro cioccolataio Concezio Centini di
Bisenti.
Oltre 1250 piatti sono stati serviti alle centinaia di persone
che si sono prenotate ad un prezzo assolutamente popolare,
5 euro, e che si sono alternate all’interno del parco Regina
Margherita di piazza Dante allestito a dovere dalla Emmelle
Comunicazione.
La serata è riuscita pienamente, ha attirato l’attenzione
della stampa nazionale e ha confermato come la cucina
teramana sia una componente fondamentale della cultura
enogastronomica abruzzese. Fondamentale è stato anche
l’apporto dell’Istituto alberghiero “L. Di Poppa” di Teramo,
presente con i suoi studenti in sala e in cucina.
Domenica 17, sempre nella stessa location la manifestazione
ha proseguito con la fiera delle eccellenze locali “La Città dei
Sapori”: un expo-mercato che ha accolto numerosi produttori
locali, veri artigiani del gusto, depositari delle eccellenze che
rendono unico il paniere enogastronomico di questo angolo
di Abruzzo. Molto soddisfatto il sindaco Brucchi, che è stato
parte integrante nell’organizzazione dell’evento e che ha già
annunciato l’edizione 2011, allargata a più ristoratori e non
solo ai “fab 4” del Teramo Team: “Cucine aperte”. .
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C COME ASSOCIAZIONE
Redazionale – Foto: Modiv/Mario Sabatini
VINO, IL TUO NOME È DONNA
Ecco il lato femminile del settore
Sono brillanti, meticolose, appassionate. Sono le donne
che promuovono la cultura del vino grazie alla loro attività,
riunite nella delegazione abruzzese “Le donne del vino”.
Per la maggior parte sono produttrici, ma non mancano le
sommelier, le ristoratrici, le enotecarie e le giornaliste. Si
fanno strada con grazia, con maggiore o minore difficoltà,
alcune hanno il loro destino già scritto nella storia della loro
famiglia, altre fanno da factotum così come si possono
occupare esclusivamente di amministrazione, commercio
estero o relazioni pubbliche. Sono sorridenti, concentrate,
determinate. Ironiche verso un settore che fino a pochi
decenni fa era appannaggio degli uomini, e che si sta
ingentilendo proprio grazie a loro. «Le donne nel settore
vinicolo forse oggi sono più numerose degli uomini,
soprattutto nel marketing – spiega Katia Masci, dell’azienda
agricola Valle Martello e delegata regionale de Le donne
del Vino – Probabilmente non c’è più nemmeno bisogno di
sgomitare. In alcuni casi credo che le donne siano anche più
convincenti degli uomini, non solo per il fatto di essere tali,
ma anche perché si sono formate, hanno studiato, hanno
preso seriamente questo lavoro e il mercato ha riconosciuto
loro un ruolo. Non credo comunque che ci sia stato regalato
nulla, tutto è stato abbondantemente meritato con l’impegno
personale».
«Nel mondo del vino, per tanto tempo le donne sono state
impegnate in secondo linea, vicino ai padri o ai mariti –
commenta Federica Morricone, titolare di Villa Medoro ad
Atri (Te) – Oggi che le nuove generazioni si sono fatte avanti
è più facile trovare donne che si occupano dell’azienda,
seguono il marketing o il commerciale, ma sono ancora
poche ad essere proprietarie. Mi sento prima di tutto mamma
e poi imprenditrice e affronto tutto con grande senso di
determinazione e responsabilità, come la presidenza di
Confagricoltura Abruzzo e il mio ruolo nella Tercas. Occorre
solo una grande organizzazione e tanta determinazione».
Essere una donna del vino, infatti, nel terzo millennio è
uguale a dire essere donna lavoratrice, e quindi dover
conciliare carriera e casa. «L’unica rinuncia che ho fatto –
ammette Angela Di Crescenzo, moglie di Peppino Tinari,
che provvede ai primi piatti e alla pasticceria del ristorante
Villa Maiella a Guardiagrele – è crescere i miei figli in un
appartamento più piccolo di quello che avremmo potuto,
perché più vicino al ristorante: ma almeno non ho perso
niente di loro, dai primi passi ai successi scolastici, e la
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famiglia è sempre rimasta unita. Sono stata privilegiata.
Pensare che quando sono arrivata dalla Svizzera, negli anni
’80, anche prendere l’auto ed andare da sola a Pescara
per una donna poteva essere un problema». Oggi la
situazione è cambiata, la donna è discriminata molto meno,
e fortunatamente si contano sulla punta delle dita i casi
in cui non solo si riceve poca considerazione, ma si viene
anche trattate con poco riguardo, per la serie fammi-parlarecon-tuo-padre. «Ogni volta che mi viene chiesto come mi
sento da Donna del Vino in un mondo a prevalenza maschile
sorrido – racconta Perla Maria Pasetti, la più giovane delle
Donne del vino sia all’anagrafe, con i suoi appena 27 anni,
sia professionalmente, visto che è responsabile marketing
e comunicazione nell’azienda Contesa solo da 24 mesi – e
penso che se smettessimo di parlare del maschilismo nel
mondo del vino, forse smetterebbe davvero di esistere.
Questo divario tra uomini e donne nel settore vinicolo non
è poi così grande quanto si pensa. Io mi sono avvicinata a
questo lavoro con la passione e la carica di chi vuole veder
crescere qualcosa che sente proprio. L’equilibrio tra di noi
dell’azienda e il rispetto per il mio lavoro è una costante, ma
il fatto che io sia una donna non mi fa guadagnare sconti in
nessun modo, e a dire la verità non mi dispiace affatto, anzi
sono fiera di contribuire con il massimo delle mie energie alla
crescita dell’azienda e in questo ci metto in più, rispetto agli
altri, un’attenzione ai particolari, derivante proprio dal mio
essere donna».
«Al liceo i miei compagni di classe mi prendevano in giro
perché avevo il trattore. Oggi mi cercano perché tutt’ad un
tratto il mio mondo li affascina… eppure io quel trattore ce
l’ho ancora! – racconta Valentina Di Camillo de La Tenuta
i Fauri – Nessuno mi ha mai detto di dover continuare il
mestiere di famiglia, ma in fondo quel mestiere di famiglia
era un modo di vivere. Sono una ragazza fortunata e lo sono
sempre stata, anche perché sfido chiunque abbia un’attività
trentennale alle spalle ad affidare un’azienda ai figli “giovani
e senza esperienza”. Mio padre e mia madre lo hanno fatto,
e con mio fratello Luigi abbiamo costruito un equilibrio
perfetto nato dalla volontà di crescere. La difficoltà più
grande di essere donna? Ottenere la credibilità. L’enologia
abruzzese è ancora appannaggio di figure maschili. Ma io
sono fiduciosa».
Per qualcun’altra il posizionamento in questo settore è stato
una sfida, e il segreto è stato farsi apprezzare prima come
persona, e poi come lavoratrice, con maturità, buon senso
ed una giusta dose di umiltà, caratteristiche che vanno oltre
le differenziazioni di genere. È il caso di Anna Illuminati,
dell’omonima azienda agricola di Controguerra (Te), che
spiega: «Se sei innamorata del tuo lavoro non fai esattamente
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rinunce, piuttosto sei circondata di stimoli, sollecitazioni ed
approcci verso un mondo che impari a considerare il tuo e
di cui non potresti più farne a meno. Grazie al mio lavoro
ho e continuo ad avere la possibilità di conoscere gente
stupenda, con storie e vissuti affascinanti, pieni zeppi
d’insegnamenti. È come se frequentassi una sorta di palestra
umana!». Con la delicatezza propria delle donne, ci si fa
forza con la Fede e con l’Amore quando le cose diventano
più difficili: «Se è faticoso? Si la fatica è sovrumana, chi è
fuori non può capirlo... Io che sono dentro non so nemmeno
come faccio a fare tutto quello che è necessario... – racconta
Stefania Pepe, rimasta sola a condurre l’azienda che porta
il suo nome e che ha messo su insieme a suo marito Adone
– Per questo affido a Lui tutto, e mi ritrovo con una forza
che nemmeno immaginavo di avere. La più grande gioia l’ho
provata quest’anno quando con le mie bimbe sono andata in
vigna a “scacchiare” e diradare i grappoli Vederle allungare
le loro manine per raccogliere l’uva più bassa e mettersela
in bocca facendo “ummm, che delizia!” è stata la conferma
che tutti i sacrifici che sto facendo ...devo continuare a farli!».
«Il “tocco femminile” fa la differenza anche in questo ambito
perché la donna è perfezionista, cura i particolari e nota con
la sua sensibilità anche le sfumature meno evidenti – spiega
Nadia Moscardi, sommelier e chef di Elodia a Camarda – Ci
sono stati cambiamenti anche nel mondo delle consumatrici:
vino “al femminile” significa oggi, sempre di più, desiderio di
saper scegliere un prodotto di alta qualità, piacere di gustare
in modo consapevole, conoscere le caratteristiche dei vini
per arrivare ad abbinarli correttamente ai cibi. Rinunce? La
vita privata viene necessariamente un po’ bistrattata, ma
quanto è bello dedicarcisi quando si è raggiunti i propri
obiettivi». Quando il destino è scritto da una famiglia dalla
storia importante alle spalle, il minimo che possa capitare
è fare gavetta sin dall’adolescenza, lavando bicchieri alle
mostre del vino: «Sia io che mio fratello Nestore siamo
cresciuti con la responsabilità di quello che avremmo fatto
da grandi – racconta Stefania Bosco – Una volta entrata
ufficialmente negli uffici dell’azienda mi sono messa in
gioco diversificando i miei ruoli. La mia figura piano piano
si è evoluta anche agli occhi degli esterni e così dal venire
considerata segretaria, “hostess” e “figlia del titolare” negli
anni in cui di donne titolari alle fiere se ne vedevano proprio
poche, ho raggiunto negli anni un ruolo di riferimento sia per
i “miei uomini”, che per i nostri collaboratori. Il tempo per te
stessa e per la tua famiglia? Te lo devi ricavare. Quando sono
stata incinta di mia figlia ho lavorato in ufficio fino alla sera
prima del parto ed ho ripreso dopo una settimana esatta,
con mia figlia neonata in ufficio con me. Oggi a distanza di
sette anni penso proprio di essere stata troppo dura con me
stessa e con lei».
Donna del Vino è anche Paola Ippoliti, sommelier non
professionista, che opera maggiormente nel mondo del
formaggio: «Il mio percorso in questi due mondi è stato di
studio e di impegno, e oggi si traduce nel cercare di farli
incontrare, come attività di volontariato sì, ma anche con
tanta professionalità».
«Una donna deve farsi strada con femminilità, questa
dote che le è congenita e che rappresenta un’integrità da
raggiungere – ha commentato la neopresidente nazionale
Elena Martusciello, campana e prima donna del Sud a
venire investita di questo ruolo, in occasione della serata
degustativa “In vino vanitas” lo scorso giugno – Si può
arrivare ad un obiettivo con grazia, non con aggressività.
L’associazione in Italia per adesso conta 150 iscritte, di cui
in Abruzzo circa 20».
A “In vino vanitas”, organizzato insieme all’Ais, hanno
partecipato le Donne del vino dell’azienda vinicola Bosco
Nestore, dei Tenimenti del Grifone, della Tenuta i Fauri, e delle
aziende agricole Dino Illuminati, Valle Martello, Masciarelli,
Villa Medoro, Orlandi Contucci Ponno, Contesa, Pepe
Stefania. Dall’Italia hanno partecipato le donne lombarde
(F.lli Berlucchi), piemontesi (Braida), valdostane (Les Cretes),
campane (Grotta del Sole), siciliane (Donnafugata), friulane
(Livio Felluga) e pugliesi (Vigne e Vini).
Le altre donne abruzzesi del vino sono Marina Orlandi
Contucci, Katharine Francesca Mac Neil Meschi, e l’enologa
Francesca Festa.
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C COME LIBRO
di Luana Di Lorito
“IL PIACERE” DI MANGIARE ABRUZZESE
I sapori dannunziani per Enrico Di Carlo
Si legge tutto d’un fiato il nuovo libro di Enrico Di Carlo su
“Gabriele d’Annunzio e la gastronomia abruzzese” (Verdone
Editore, Castelli Te, aprile 2010) presentato nell’ambito della
quinta edizione di “Buon Gusto - i formaggi d’Abruzzo” a
Gessopalena lo scorso 11 settembre.
Come
a
sbirciare
golosamente
nell’epistolario di un’inedita storia di famiglia,
la sua lettura apre la porta su uno spaccato
di vita, personaggi e pietanze, legati ai
luoghi dannunziani abruzzesi a cavallo
tra l’Ottocento ed il Novecento. La verità
su d’Annunzio e il cibo è probabilmente
condensata nell’incipit del secondo capitolo,
quando, attraverso le parole di Mario
Vecchioni, l’autore ci informa che «Gabriele
non era né un mangiatore né un ghiottone
né un buongustaio; per lui non c’era che
l’essenzialità, per così dire, storica della
cucina abruzzese; in altri termini per lui tutta
la cucina nostrana consisteva e compendiava
nel sapore in generale, quel sapore fatto di calore umano, di
ricordi di tempi lontani, di sentimenti, di affetti familiari, di
nostalgia per il tempo perduto e non ritrovato».
La lettura procede interessante, tra versi dialettali del poeta
e stralci di epistolari, non perché riveli l’immagine di un
d’Annunzio diverso ed inedito rispetto al personaggio noto
(con tutte le sue sfaccettature e contraddizioni) quanto per
la vivida rappresentazione che Di Carlo fa di alcuni vissuti
dannunziani, che lo mostrano indissolubilmente legato alla
sua terra, all’essenza dei suoi sapori e, in definitiva, alla sua
infanzia. Un uomo, prima di un letterato o di un comandante.
Ci scorrono davanti agli occhi le forme di pecorino, il
brodetto di pesce, la pasta alla chitarra,
la porchetta, l’olio novello, il “lazzaretto”, i
fiadoni e il pane croccante appena sfornato;
le tavole imbandite con semplicità e gusto
durante i ritrovi del cenacolo michettiano,
gli esperimenti di cucina e le frittate rapite
dall’angelo e moltissime istantanee dei
ricordi gastronomici del poeta per lo più
rapportati alla figura materna; poiché,
come ricorda Mimmo D’Alessio nella
presentazione, «l’espressione la cucina
di mamma è la più buona del mondo!
(…) doveva valere anche per Gabriele
d’Annunzio».
Scopriamo un Vate ruzzolante che si
cimenta nel lancio del formaggio… e della frittata; lo sponsor
ante litteram di prodotti divenuti nel tempo tipicità come
il Parrozzo e il Senza Nome della pasticceria D’Amico, o
l’Aurum e la Cerasella realizzati nell’officina di Amedeo
Pomilio, nella pineta di Pescara. Operazione che non riuscì,
per una serie di circostanze sfortunate, ai maccheroni alla
chitarra della ditta De Cecco.
magazine 61
C COME RICETTE
a cura delle associazioni cuochi della FIC
INVOLTINI DI BACCALÀ FARCITI CON MOUSSE DI CIPOLLA
IN CROSTA DI PEPERONE SECCO E SPUMA DI ZAFFERANO
di Silvestro Ruggieri, ass.ne cuochi Pescara
Ingredienti per 4 persone: 600 g di baccalà dissalato, 100 g di cipolle bianche, 30 g di peperone secco tritato, 200 g di panna, 3 g di fecola di patate,
70 g d’olio extravergine d’oliva, 2 g di agar agar (gelatina vegetale) 1 g
di zafferano dopo di L’Aquila, 50 g di pesto di basilico, 4 pomodorini cotti
inforno, sale q.b.
Lasciare in ammollo il baccalà per 2 giorni cambiando l’acqua diverse volte. Bollire la panna con lo zafferano, unire l’agar agar, passare al colino,
mettere nel sifone, caricare con due bombolette di gas e lasciare riposare in
frigorifero per 4 ore. Tagliare le cipolle in julienne, appassirle in 50 g d’olio, cuocere con dell’acqua, aggiungere la fecola, salare e frullare. Spinare
e spellare il baccalà, con un batticarne appiattirlo tra due fogli di carta da
forno e realizzare 8 rettangoli. Farcirli con la mousse di cipolle, arrotolarli,
ungerli, passarli nel peperone e cuocerli in forno a 200° per 6 minuti. Mettere al lato dei piatti 2 involtini per porzione, davanti sifonare la spuma,
guarnire con i pomodorini e il pesto.
FETTUCCELLE AL SUGO
DI PANNOCCHIE
di Vincenzo De Sanctis, ass.ne cuochi Valle del Sangro
Ingredienti per 4 persone: 500 g di fettuccelle all’uovo, 8 pannocchie (cicale di mare), 500 g di filetti di pomodoro fresco,1 spicchio d’aglio, 0,5 g di
peperoncino, 20 g di Cerasuolo d’Abruzzo, 60 g d’olio extravergine d’oliva,
sale e prezzemolo q.b.
Rosolare nell’olio le pannocchie, aggiungere l’aglio, il prezzemolo e il peperoncino
tritati, sfumare con il vino, unire il pomodoro, salare e lasciare cuocere per 10 minuti.
Cuocere la pasta al dente e mantecarla con la salsa. Mettere al centro dei piatti le fettuccelle con sopra le pannocchie e guarnire con dei pezzetti di peperoncino.
magazine 62
MAZZOLINA AL TREBBIANO D’ABRUZZO CON ORTAGGI
CROCCANTI
di Lorenzo Ferretti, ass.ne cuochi Teramo
Ingredienti per 4 persone: 4 mazzoline da g 250; 1 dl di trebbiano d’Abruzzo; 100 g di carote; 100 g zucchine; 100 g di sedano rapa; 200g di patate;
1 spicchio d’aglio; 60 g olio extravergine d’oliva; olio d’arachidi per frittura; aglio, prezzemolo e sale q.b.
Pulire le mazzoline e spinarli dalla schiena lasciando attaccato la coda e la
testa . Con le lische fare un fumetto profumato al Trebbiano. Pulire gli ortaggi, tagliarli a julienne , saltarli in padella con l’olio e l’aglio, lasciando da
parte le patate. Riempire con gli ortaggi le mazzoline dopo averli conditi e
cuocere al forno per 15 minuti bagnandoli con il fumetto. Friggere le patate.
A cottura ultimata fare addensare la salsa sul fornello.
Mettere la salsa al centro dei piatti, sopra sistemare una nuvola di patate,
poggiare sopra le mazzoline e guarnire con prezzemolo e un fiorellino di
carota.
MILLEFOGLIE CON RICOTTA E SALSA
AI LAMPONI
di Sergio Savaglia, ass.ne cuochi L’Aquila
Ingredienti per 4 persone: Per la pasta sfoglia: 200g di farina 150gr di
burro, 1 dl di acqua, 5 g di sale; per la salsa di lamponi: 200 g di lamponi, 1
cucchiaio di rhum, 0,1 dl di succo di limone, 50g di zucchero; per la crema:
250 g di ricotta, una bustina di vaniglia in polvere, 100 g di zucchero, la
buccia grattugiata di 1/2 limone.
Per la pasta sfoglia: impastare la farina con l’acqua e il sale. Farne un panetto, avvolgere nella pellicola e lasciare in frigorifero per 30 minuti. Stendere
l’impasto, sistemare il burro al centro, ripiegare sul burro i 4 angoli della
sfoglia in modo da racchiuderlo completamente. Infarinare leggermente la
spianatoia e tirare la pasta, delicatamente e velocemente, fino a ottenere
una striscia lunga 30 cm circa, ripiegare a panetto, e ripetere l’operazione
per 5 volte. Stendere, con un tagliapasta ricavare dei dischi, bucherellarli,
spennare con del tuorlo d’uovo e cuocere a 180°c per 30 minuti. Per la salsa
di lamponi: mondare 100 g di lamponi, frullarli assieme allo zucchero, al
rhum e al succo di limone, cuocere per qualche minuto a fiamma bassa. Per
la crema: frullare tutti gli ingredienti e aggiungere i lamponi tenuti da parte
tagliati a cubetti. Alternare 3 strati di pasta sfoglia una con la ricotta. Mettere
le millefoglie al centro dei piatti e accompagnare con la sala nei cucchiai.
C COME NEWS
Cantina Tollo migliore cooperativa italiana
Nel 50esimo anniversario dalla sua
fondazione la Cantina Tollo risulta essere la migliore delle venti cooperative italiane analizzate dalla rivista di
riferimento per i professionisti del vino
tedeschi “Weinwirtschaft”. Le analisi
sono state effettuate su un massimo di
sei vini attualmente in commercio: con
una media di 88 punti su 100 la Cantina
Tollo si presenta come migliore Cantina cooperativa di Italia, in una top 20
costituita in prevalenza da cooperative
del Nord (Alto Adige, Trentino e Piemonte), mentre dell’Italia centrale sono
presenti solo Tollo per l’Abruzzo e due
cooperative toscane. Con 0,7 punti si
posiziona inoltre davanti alla migliore
cooperativa francese, e di 2,7 punti
davanti alla vincitrice tedesca: «Un risultato – dichiara Giancarlo Di Ruscio,
direttore della Cantina Tollo – che ci
riempie di orgoglio perché il riconoscimento rappresenta il premio svolto da
tutti i soci dell’azienda, che oggi sono
quasi mille». I vini Tollo rientrati nella
top 15 con oltre 89 punti sono il Trebbiano Menir del 2006 e due Montepulciano d’Abruzzo del 20007, l’Aldiano e
il Cagiòlo.
magazine 64
Villa Cervia oro a MUNDUSVini
Donna alla Camera
Il Montepulciano d’Abruzzo doc 2007
Rocca dei Bottari di Villa Cervia, cantina di Notaresco (Te), ha ottenuto la
medaglia d’oro al Gran premio internazionale del vino MUNDUSvini che
si è svolto a Monaco di Baviera dal
27 agosto al 5 settembre. L’obiettivo
del Concorso è promuovere la qualità
e la commercializzazione dei vini partecipanti. Quasi 300 esperti enologi
provenienti da 49 paesi si sono incontrati a Neustadt sulla Weinstraße per
esaminare i 5.883 campioni anonimi
sottoposti al loro giudizio. Quasi 1800
vini hanno conquistato il consenso dei
degustatori e sono stati premiati con
una medaglia: il Montepulciano d’Abruzzo Doc 2007 della linea Rocca dei
Bottari ha ottenuto la medaglia d’oro.
Il Gran Premio Internazionale del Vino
MUNDUSvini è il più grande concorso
enologico internazionale ufficialmente
riconosciuto e patrocinato dall’Organisation Internationale de la Vigne et
du Vin (OIV) e dall’Union Internationale
des Oenologues (UIOE). È stato istituito nel 2001 dall’Accademia MUNDUSvini, società affiliata della casa editrice Meininger Verlag di Neustadt.
Si è insediato il 12 ottobre il Comitato
per l’imprenditoria femminile della Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Pescara. La carica
di Presidente è stata assegnata ad Elena Petruzzi in rappresentanza del settore commercio e quella di segretario a
Paolo Di Lullo (Camera di Commercio
di Pescara).
Le neo-componenti del Comitato nominate dalla giunta camerale sono
Sonia Di Naccio e Leila Kechoud per
il commercio, Eloisa Liberatoscioli e
Alessandra Fiore per l’agricoltura, Simona De Thomasis per l’industria, Pina
Di Peco e Linda D’Agostino per l’artigianato, Luigia Piccaluga per il sindacato. Il Comitato provinciale per l’imprenditoria femminile riveste un ruolo
importante per la promozione ed il raccordo sul territorio delle diverse attività
ed iniziative per il triennio 2010 – 2013,
nel rispetto delle pari opportunità. «Ci
auguriamo – ha affermato il presidente
della Camera Daniele Becci – che questo nuovo Comitato si adoperi affinché
si possano trovare della nuove iniziative che valorizzino il nostro territorio ed
il nostro tessuto imprenditoriale»
C COME NEWS
Biancomangiare
Allarme cinghiali
In diecimila per Buon gusto
A partire dallo scorso 10 ottobre ogni
domenica presso il ristorante Incanto di
Città Sant’Angelo si svolgono cene-incontri sull’alimentazione alternativa, sia
essa vegetariana, macrobiotica o semplicemente naturale. L’appuntamento
di presentazione di “Biancomangiare”
che ha avuto luogo il primo settembre
ha visto come protagonisti Anna Villarini, biologa, specialista in Scienza del’alimentazione e ricercatrice presso la
“Cascina Rosa”, il dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, e lo
chef Giovanni Allegro, specializzato in
cucina naturale, entrambi attualmente
in tv tutte le domeniche su Raitre nella
trasmissione “Pronto Elisir”. Argomento della serata: “Mangiare sano senza
rinunciare al gusto”, tema seguito seguendo il loro libro “Prevenire i tumori
mangiando con gusto”. Il menu della
serata? Zuppa di miso, riso integrale
con i porri, tempeh con carote allo zenzero, seitan con vellutata di tofu, misticanza al sesamo, dessert alla crema di
nocciole. Per informazioni sui prossimi
appuntamenti: [email protected]
o 328/8018220.
Con una lettera inviata ai quattro prefetti abruzzesi, alla Regione, alle Province,
ai sindaci del Pescarese e all’ambito
territoriale di caccia “Pescara”, l’assessore alla caccia della provincia di
Pescara Mario Lattanzio lancia l’allarme sulla presenza «imponente e ormai
incontrollabile» dei cinghiali, con danni
alle colture per 2 milioni di euro l’anno.
Le segnalazioni degli agricoltori per i
danni alle colture sono quotidiane. Nonostante nel 2005 sia stato istituito un
gruppo apposito di lavoro dal “Tavolo
tecnico regionale sul problema cinghiali”, l’assessore sottolinea che i Parchi hanno ritenuto di dover procedere
autonomamente e hanno fatto ricorso
alla cattura con recinti. Stando all’assessore, però, le aree liberate vengono occupate velocemente dagli altri
cinghiali. Lattanzio suggerisce di cambiare metodo e sottolinea, nella lettera, che «l’abbattimento selettivo da
postazione fissa sarebbe l’opzione più
efficace, meno conflittuale ed anche
economicamente meno onerosa, tanto
che gli abbattimenti selettivi all’interno
di parchi e riserve sono previsti dalla
normativa vigente».
Al giro di boa del quinto anno la manifestazione “Buon Gusto: I formaggi
d’Abruzzo” a Gessopalena ha confermato a settembre il successo della sua
formula. A conclusione, i numeri esaltano nuovamente Buon Gusto come
momento privilegiato di incontro tra
produttori e i consumatori: quaranta i
produttori/espositori presenti, esperti Arssa, Ara e Onav, e circa diecimila
presenze. L’obiettivo è educare il consumatore alla consapevolezza. Le produzioni casearie abruzzesi, realizzate
spesso in caseifici artigianali di piccole
dimensioni, possono infatti vantare un
grande pregio: essere ottenute con latte
proveniente da animali allevati in zone
di grande interesse ambientale, spesso
situate all’interno di parchi e riserve che
caratterizzano il 30% del territorio regionale. L’attenzione nei confronti della
genuinità delle materie prime interessa
non solo le caratteristiche ambientali
(clima, suolo, microflora) e zootecniche
(razze animali allevate , tecniche di allevamento, alimentazione) ma anche la
tecnologia casearia utilizzata, spesso
derivante dal bagaglio culturale e tradizionale locale.
magazine 65
C COME NEWS
Mattia Chef emergente
Il 19 ottobre il 22enne Mattia Spadone
è stato incoronato giovane chef emergente del Centro Italia all’interno della
manifestazione Cooking of Art organizzata dal critico enogastronomico Luigi
Cremona a Roma. Il figlio di Marcello
Spadone, che insieme al fratello gemello Alessio e alla mamma Bruna forma il team del ristorante La Bandiera,
ha stupito la giuria prima con la sua
rilettura della pizz’e foje e la sua crema catalana in bolla fatta di zucchero
temperato e soffiato come vetro di Murano, mettendo in mostra anche la tecnica e la manualità apprese nella lunga
esperienza in terra catalana nel ristorante dei fratelli Roca; poi con un gallo
ripieno con erbe aromatiche e pistilli di
zafferano ed una tartare di baccalà con
acqua di pomodoro, arancia e finocchietto. Hanno partecipato anche L’angolo d’Abruzzo (Valerio Centofanti ha
preparato i rigatoni Verrigni alla gricia
con carciofi di montagna e un piatto a
base di baccalà) e Zunica 1880 di Civitella del Tronto con il giovane Leonardo
Di Teodoro (vellutata di zucca con quadrucci al tartufo, guanciale e granella di
parmigiano). (Foto Roberto De Viti)
magazine 66
L’Abruzzo sulla Guida Ristoranti
2011 dell’Espresso
“Pranzo dell’anno” e “Tre cappelli”: è
questo il bottino raccolto da Niko e Cristiana Romito del “Reale” alla presentazione della “Guida Ristoranti dell’Espresso 2011”.
Al secondo posto in Abruzzo si conferma La Bandiera dello chef Marcello
Spadone con 16 punti; al terzo posto,
stabile con 15,5 punti, Villa Maiella di
Peppino Tinari, che è raggiunto dal
Caffè Les Paillotes con 15,5 punti rispetto ai 15 dell’anno. Seguono a 15
punti: L’angolo d’Abruzzo, Beccaceci
e L’Angolino da Filippo, tutti e tre con
voti stabili rispetto all’anno scorso.
A 14,5 punti: Il Ritrovo d’Abruzzo, l’Hostaria L’Arca, Mediterraneo, Elodia,
Osteria degli Ulivi di Montorio al Vomano, tutti con voti stabili, e Al Metrò di
San Salvo (in salita).
A 14 punti: Taverna dei Caldora di
Pacentro, Conchiglia d’oro di Pineto,
Cantina di Epicuro, Vecchia Marina di
Roseto e Cipria di mare di Teramo.
L’Abruzzo sulla guida Gambero rosso
Collezione di premi in Abruzzo per la
guida del Gambero rosso ai ristoranti di
Italia 2011 presentata all’inizio di ottobre presso la Città del gusto di Roma. Il
premio Qualità/prezzo è andato a Peppino Tinari di Villa Maiella (Guardiagrele – Chieti), mentre Valerio e Valentina
Centofanti de L’angolo d’Abruzzo di
Carsoli (Aq) hanno ritirato il premio Tradizione per la regione Abruzzo.
Unico ristorante abruzzese a ricevere i
tre gamberi tra 16 è La vecchia marina
di Roseto degli Abruzzi (Te): scopriamo
dal blog di Vincenzo Pagano Scattidigusto.it che al momento della premiazione è scattata la hola da un settore
alla sinistra del banco della premiazione.
I punti? Due in più al Reale di Niko Romito, che giunge a 93 (lo stesso punteggio dell’anno scorso de La Pergola
di Heinz Beck a Roma, ora quotata 94),
posizionandosi al secondo posto della
classifica nazionale insieme al Combal.
zero e al Don Alfonso e conseguendo
quindi le tre forchette, tra i più alti riconoscimenti per la guida.
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C come Magazine n. 15